Cè Del Marcio A Foggia

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1 C’È DEL MARCIO A FOGGIA di ROCCO TRIVENTI - Dannati gabbiani. Tutta colpa di quegli stupidi gabbiani! - <<< REWIND ……………………………………………………………………………………… E’ così che Tobia scoprì quel posto. Viaggiare per non pensare. Era il suo bisogno primario. Non quello di viaggiare… quello di non pensare. Mentre vagabondava in automobile amava cantare. Rigorosamente a finestrini chiusi. Gli dava fastidio che gli altri lo sentissero. Lui non sapeva cantare, voleva solo urlare e scappare da tutti i pensieri. In macchina aveva fisso il cd dei Clash. Il primo, quello del 1977, anche se Tobia nel 1977 non era neanche nato. Una delle sue canzoni preferita era “White Riot”, e nel ritornello urlava… Rivolta bianca… mi voglio ribellare Rivolta bianca… la mia rivolta personale Rivolta bianca… mi voglio ribellare Rivolta bianca… la mia rivolta personale Era fortemente quello il suo bisogno. Non ce la faceva più. Lo ripeteva sempre. Tobia aveva 24 anni e una compagnia di amici sbarellati. Cannabis e Borghetti… era il loro menù fisso giornaliero, il corso intensivo di collettiva solitudine serale. Da un po’ di tempo però Tobia non si fidava più di nessuno Era finito in un sistema di convinzioni ossessive a tema persecutorio. Ogni giorno, prendeva un po’ di fumo e diceva ai compari… - Stasera vado in quel posto... vado lì… a “Via da me” – Ci scherzava su. D’altronde dopo che la polizia l’aveva trovato con la roba addosso gli avevano tolto la patente e adesso poteva fare solo il ciclista. Era un periodaccio, e per non pensare aveva preso questa abitudine.

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C’È DEL MARCIO A FOGGIA

di ROCCO TRIVENTI

- Dannati gabbiani.Tutta colpa di quegli stupidi gabbiani! -

<<< REWIND………………………………………………………………………………………

E’ così che Tobia scoprì quel posto.

Viaggiare per non pensare. Era il suo bisogno primario.Non quello di viaggiare… quello di non pensare.

Mentre vagabondava in automobile amava cantare. Rigorosamente a finestrini chiusi.Gli dava fastidio che gli altri lo sentissero.Lui non sapeva cantare, voleva solo urlare e scappare da tutti i pensieri.In macchina aveva fisso il cd dei Clash. Il primo, quello del 1977, anche se Tobia nel 1977 non era neanche nato.

Una delle sue canzoni preferita era “White Riot”, e nel ritornello urlava…

Rivolta bianca… mi voglio ribellareRivolta bianca… la mia rivolta personale Rivolta bianca… mi voglio ribellareRivolta bianca… la mia rivolta personale

Era fortemente quello il suo bisogno.Non ce la faceva più. Lo ripeteva sempre.Tobia aveva 24 anni e una compagnia di amici sbarellati.Cannabis e Borghetti… era il loro menù fisso giornaliero, il corso intensivo di collettiva solitudine serale.Da un po’ di tempo però Tobia non si fidava più di nessunoEra finito in un sistema di convinzioni ossessive a tema persecutorio.Ogni giorno, prendeva un po’ di fumo e diceva ai compari…

- Stasera vado in quel posto... vado lì… a “Via da me” –

Ci scherzava su.D’altronde dopo che la polizia l’aveva trovato con la roba addosso gli avevano tolto la patente e adesso poteva fare solo il ciclista.Era un periodaccio, e per non pensare aveva preso questa abitudine.

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Usciva dopo pranzo, inforcava la vecchia Holland nera di sua sorella Elena e se ne andava in giro.In fondo cercava solo di apprezzare il panorama che la “guanocity” Foggia poteva offrirgli per distrarsi dalle sue paranoie.La città non era tanto grande, l’aveva esplorata quasi tutta, e così quel pomeriggio di giugno Tobia decise di spingersi oltre, di andare verso l’aperta campagna.L’aria era radiosa, appena sospinta da un sussurro di vento.Gambe rotolanti, braccia toniche e occhi socchiusi sul cerchio di fuoco spalancato di fronte.C'era il grano, tantissimo grano, un immenso mare di spighe giallo oro così intense da fare invidia alle pubblicità della pasta Barilla.

In lontananza il rintocco abulico di un campanile.

Don don don don…- Un altro vecchiaccio che se ne va - beffardamente commentava.

Il silenzio era rotto dal caratteristico ronzìo cicalico che veniva fuori dal pignone della ruota posteriore tra una pedalata e l’altra.Man mano che i palazzi si perdevano dietro la sua maglietta sudata, un salutare gas verde saliva a irrorare i turbinati ingrossati dei pensieri del giovanotto scapigliato.Tracce di voci distese e perdute, flashback ingestibili di un pasticcio espressionista psichedelico: miraggio di uno sferzante mini tour di mezza estate.Superato il lungo viale dove si appartavano le coppiette, Tobia proseguì per una strada isolata e giunse al primo ponte fuori città.

Oltrepassato il ponte, alzò gli occhi al cielo e vide uno di quelli. Un gabbiano.

- Un gabbiano a Foggia?! Che ci fa un gabbiano così lontano dal mare? – Meditò.

E mentre cercava di darsi una spiegazione verosimile ecco che la risposta gli apparve in tutta la sua mastodonticità.Una montagna.Non era una montagna di roccia e sassi.No.Era un enorme cumulo di rifiuti… 50, 100, forse addirittura 200 tonnellate di spazzatura a pochi chilometri dal centro abitato.C’era una puzza tremenda. Si respirava a fatica, ma sulla cima di questa immonde cloaca all’aperto, noncurante delle esalazioni nocive, si faceva notare uno stormo di candidi uccelli starnazzanti.

- Evidentemente i gabbiani non ce hanno proprio l’olfatto - rimuginava Tobia.

Ne aveva sentito parlare al Tg.Era la discarica di Passo Breccioso, dove il Comune di Foggia depositava provvisoriamente i suoi scarti urbani in attesa di trovare un’altra mastodontica latrina da imbottire.

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Ogni tanto, una volta alla settimana circa, sulla cima del monte si sviluppavano degli strani incendi, l’odoraccio aumentava e una coltre di fumo nero si riversava in città.Che cosa prendeva fuoco una volta alla settimana nella discarica di Passo Breccioso?Tra gli esperti si propendeva per l’ipotesi dell’autocombustione, determinata dal forte caldo e dal vento sostenuto, ma c’era anche chi pensava alla mafia che smaltiva segretamente qualche rifiuto pericoloso.Tutto ciò era molto strano però.

In pochi minuti, seguendo quel gabbiano, Tobia arrivò fino alla discarica.

Il luogo era desolato perché momentaneamente non in uso.Un probabile quanto inevitabile pericolo di disastro ambientale aveva convinto gli assessori foggiani a sospendere l’attività di raccolta rifiuti.

- Tutto sommato è un bel posto per farsi un cannino…- pensò.

Si inerpicò sulla recinzione dondolante e con un balzo si ritrovò dentro quel postaccio fetente.Una volta dentro, il naso di Tobia si assuefò al tanfo e presto non ci fece più caso.

- E’ come quando entri in una stalla, dopo un po’ ti abitui alla puzza – rilevò.

Salì in alto sulla montagna, tirò fuori una cartina, un tocchetto di hashish, rullò e cominciò a fumare.

- Bellooo!!! È così che deve andare…- bofonchiava.

La sua folle discesa nella disillusione. Seduto su uno cumulo di languidi blocchi ricoperti di plastica, respirava l'aria inquinata che proveniva dal sottosuolo e guardava fisso a ovest, affascinato dalle luci della città.Ogni tanto, a scatti, come un robottino, girava il collo e scuoteva la testa.

Sentiva tutte quelle voci…

- Mamma, papà, Elena, la fidanzata, gli sbirri, l’università, il lavoro, il grasso, il ginocchio, la pubalgia…Lasciatemi perdere…non ce la faccio più… io sono un maniaco depressivo… e non voglio pensare a niente!

Chiuse gli occhi. Sospirò.Si fece un’altra canna.

- Forse sono diventato pazzo. Finalmente ci sono riuscito! – Rideva.

Ma cosa vuoi fare in questa cazzo di città?!I tuoi amici sono andati a studiare fuori e tu sei rimasto solo.

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Scendono a Natale, ti abbracciano felici ma dopo una settimana se ne tornano su.Se ne tornano di corsa e non si fanno più sentire.Tanto tu stai nella merda. Mica loro!Se qua non ti droghi devi impazzire per forza! O no?!

Tobia era poco più che adolescente ma nelle sue regolari serate di ribellione giovanile aveva già provato e mischiato di tutto: Valium, alcool, roypnol, LSD, allucinogeni, sonniferi, oppiacei…In una festa aveva sperimentato anche un malefico cocktail di sua invenzione. La miscela micidiale era composta da Vodka, Vivin C, Redbull, Ritalin, Assenzio e pistacchi tritati.L’aveva chiamato il “Volgarotto”. Ora la sua mente stava tornando a chiedere il conto.Schizofrenia.No, non una comune sindrome dissociativa. No. Era proprio una delirante vena che pulsava su per il cranio.Gli sembrava di avere un gatto nel cervello.Si. Avvertiva un fastidioso stridore come se all'interno della sua scatola cranica ci fosse un gatto che generava l'insopportabile verso.Tobia si era smarrito nelle stanze squilibrate dei suoi pensieri e ormai si era fatto buio.Ad un tratto gli parve di sentire una voce… Si sentì chiamare…

Guardò in alto e gli sembrò che un gemito provenisse da un varco tra le immondizie.Si avvicinò alla fessura, si chinò e vide un bagliore giallo e rosso che cambiava colore.

- C’è qualcuno lì? Chi c’è? -

Si sentì chiamare ancora…

…Ehi... Tobia… Vieni… Vieni…

Entrò nella cavità e si sentì invaso da una calda energia meravigliosa.

- Forse dentro questa montagna di rifiuti si nascondono gli alieni, ecco perché una volta alla settimana si verificano strani incendi – ipotizzò- Forse sono venuti qui per salvarci… ci ricaricano di energia vitale… quando non ce la facciamo più… quando siamo al limite… si… sono loro…me lo sento… –

La testa ora gli sembrava vuota e leggera.Si sentiva meglio senza quelle bolle ripiene di pensieri pesanti che rimbalzavano sulle pareti.E poi era tutta un’altra cosa senza le urla di quel gatto maledetto.

- Sono solo. Io ed il silenzio dei gabbiani che non ci sono più! -

Finalmente niente più voci nell'aria, ora non aveva più bisogno di alcool e droghe.

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Su di un proscenio fatto di fuliggine corrotta e infiammata da un tramonto tossico, in un subisso di scarti e residui decomposti e ricomposti, bruciati e ricompattati, Tobia avvertivauna trascendentale sensazione di benessere che portava a termine il suo piccolo viaggio.Nella sua notte angusta, strafatto e inconsapevole, alla ricerca di un dolore perfetto, diluito nel suo abbraccio sorridente, unicamente per fermare le voci, Tobia si addormentò per salvarsi da tutti i pensieri e per ritrovare se stesso.

FAST FORWARD>>>>……………………………………………………………………………………………..

- Pronto… Buongiorno assessore… sono Gianni, il custode della discarica…si, volevo dirle che stamattina ho trovato un’altra bicicletta vicino la recinzione.Si… E’ la quarta questo mese… e sono tutte nuove... chi le viene a buttare deve esser proprio scemo.... Non li capisco proprio.Ah… assessore… stanotte la gente a Foggia ha sentito di nuovo quella puzza tremenda… deve essere qualche gabbiano finito nel fuoco.Vengono attirati dai colori, arrivano sulla cima, rimangono storditi dalle esalazioni e finiscono bruciati vivi.E’ un peccato… sono esseri così belli, bianchi, splendenti…e invece di volare in alto nel cielo vengono a morire da soli nell’immondizia…-

- Dannati gabbiani!Tutta colpa di quegli stupidi gabbiani! -