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Fondazione Cardiocentro Ticino - Lugano Stefanos Demertzis, caposervizio e sostituto primario di Cardiochirurgia, è ora cattedratico a Berna. CCT M A G A Z I N E 11 ANNO VI - aprile 2012 via Tesserete 48 CH-6900 Lugano [email protected] www.cardiocentro.org UN (ALTRO) PROFESSORE AL CCT LA GENETICA FORENSE AL CCT RIPARTONO I CORSI DI ECOCARDIOGRAFIA 3D RACCONTARE IL CARDIOCENTRO

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Fondazione Cardiocentro Ticino - LuganoStefanos Demertzis, caposervizio e sostituto primario di Cardiochirurgia, è ora cattedratico a Berna.

CCTM A G A Z I N E

11

ANNO VI - aprile 2012

via Tesserete 48CH-6900 [email protected]

UN (ALTRO) PROFESSORE AL CCT

LA GENETICA FORENSE AL CCT

RIPARTONO I CORSIDI ECOCARDIOGRAFIA 3D

RACCONTARE IL CARDIOCENTRO

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foglio la bozza di questo nuovo numero delnostro magazine e, come sempre, trovospunti e sollecitazioni che mi spingerebbe-ro lontano, inseguendo la visione di un

Cardiocentro sempre più aperto al confronto inter-nazionale, sempre più consapevole del proprioruolo e dei propri doveri verso il paziente ticine-se, sempre meglio integrato nel territorio, luogodi cura e luogo di cultura. Pensieri chemi portano ben oltre lo spazio di que-sto editoriale. Mi limito dunque a sot-tolineare due dei temi affrontati inquesto CCT Magazine: il tema della for-mazione e il tema della sicurezza. Laformazione, e la ricerca che ne rappre-senta l’irrinunciabile complemento,sarà al centro del prossimo numerodella rivista, ma già qui si capiscequanto la condivisione delle esperien-ze e la trasmissione delle conoscenzesiano nel DNA del Cardiocentro. Il per-corso accademico del Prof. Demertzis –al quale rinnovo i complimenti di tuttinoi – testimonia una continua osmosi tra lavoroclinico e insegnamento universitario, resa certa-mente possibile da un ambiente aperto e sensibi-le. I corsi di Ecocardio-3D del Dr. Faletra, che con-tinuano ad avere riscontri molto positivi, sonol’ennesimo segnale del prestigio raggiunto e con-fermano la nostra volontà di mettere a disposizio-ne dei giovani cardiologi i nostri progressi, le no-stre tecnologie, le nostre migliori professionalità.In questo dinamico processo di crescita, insiemecon la qualità delle cure cresce anche la comples-sità, e diventano dunque sempre più centrali lapreoccupazione della sicurezza e il dovere del con-trollo. Tutto deve essere sorvegliato e sottopostoa severe verifiche, sia interne che esterne (audit):i protocolli di ricerca farmacologica, le proceduree le indicazioni di posa dei devices, le metodicheinterventistiche. C’è poi, e non certo meno importante, l’attenzio-ne per la sicurezza di chi lavora e per la qualitàdell’ambiente di lavoro. I nostri collaboratori –che tutti i giorni dedicano le loro energie, semprecon un sorriso, alla cura dei nostri pazienti – han-no voluto votarci tra le migliori 10 aziende sviz-zere: un risultato di cui andiamo orgogliosi, nonmeno che dei successi e dei riconoscimenti in am-bito medico.

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Sommario - n. 11 / aprile 2012NOMINE

• Un (altro) Professore al Cardiocentro

QUALITÀ• Gli audit al Cardiocentro

NEWS• Al Cardiocentro per sport

FORMAZIONE• Ripartono i corsi di Ecocardiografia 3D

PREVENZIONE• Ci sta a cuore anche la salute del personale curante!

Al Cardiocentro il registrosvizzero delle MitraClip

SINERGIE• La genetica forense al Cardiocentro

RICONOSCIMENTI• Fra i migliori ci siamo anche noi

ALTRI CONGRESSI• La mia esperienza a Durban

EVENTI• La medicina tra umanesimo e tecnologia

VISTI DA FUORI• Raccontare il Cardiocentro• Problemi di cuore• Ciak si gira!

App Store CCT Magazine

PROGETTI• La Telepresenza

SOLIDARIETÀ• Guinea Bissau: il Cardiocentro rilancia

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Consiglio di Fondazione:Presidente: Arch. Giorgio GiudiciMembri: Dir. Luigi Butti, Sig. Claudio Massa, Prof. dr. med. Tiziano Moccetti, Sig. Paolo Sanvido,Lic. jur. Max Spiess Editore: Fondazione Cardiocentro Ticino, Lugano Direttore responsabile: Fabio Rezzonico Redazione: L. Gilardoni, A. Boneff, M. Boneff Stampa: Fontana Print, Lugano Impaginazione: studio grafico Boneff, Lugano Copyright: Fondazione Cardiocentro Ticino, Lugano

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Prof. Dr. med.Tiziano Moccetti

Direttore medico e Primario diCardiologia

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Un (altro) Professoreal Cardiocentro

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NOM

INE

rofessor Demertzis, come si diventa “professore”?

Non c'è un’unica ri-cetta. Prima di tutto,secondo me, ci vuolela passione per la pro-

pria materia. È la passione la fonte d'energiae di creatività da cui scaturiscono le idee edè la passione il carburante per la tenacia, cheè la seconda parola chiave, dopo la passione.Poi ci vuole una buona preparazione di base,scientifica oltre che pratica, che fornisce glistrumenti e la metodologia per lavorare inmodo corretto ed efficace. Aggiungiamo chia -ramente la voglia e la capacità di nuotare nel-le acque a volte molto mosse e ostili del mon-do accademico, dove si trova tutto quello checaratterizza un microcosmo competitivo: al-leati (raramente amici), nemici, invidia, fair

Prof. Dr. med. Stefanos Demertzis,Caposervizio e sostituto primariodi Cardiochirurgia

Pe anche unfair play. Il kit di sopravvivenza inquesto mondo è composto secondo me dallacompetenza e dall’impegno di mantenere uncomportamento collegiale, integrativo e one-sto. Infine, deve chiaramente anche esserciun po’ di fortuna.

Io ho avuto la fortuna di conoscere da vec-chi tempi il Professor Carrel, ordinario di car-diochirurgia dell'Università di Berna e diret-tore della clinica di cardiochirurgia all'In -

Ratificando la decisione della Facoltà di Medicina del 9 agosto 2011, alla fine dello scorso anno laDirezione dell'Università di Berna ha nominato il PD dr. med. Stefanos Demertzis Professore Titolare.

Un traguardo professionale importante, una grandesoddisfazione, un’ulteriore conferma dell’eccellenzaCardiocentro: ne parliamo con il diretto interessato.

Stefanos Demertzis,caposervizio sostituto primariodi Cardiochirurgia, è ora cattedratico a Berna.

Il Prof. Dr. med. Stefanos Dermertzis durante la sua relazione al IV congresso infermieristico organizzato dal Cardiocentro Ticinolo scorso 19 novembre.

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diochirurgia in generale, quindi unvantaggio per il paziente del Car -diocentro. Una fecondazione reci-proca direi, che va molto bene.

Lei è al Cardiocentro dall’ottobredel 1999, quindi quasi dall'inizio.Come è finito a Lugano? Cosa ricorda dei primi contatticon la realtà ticinese?

Sono finito a Lugano grazie al mioPrimario Francesco Siclari, che hoavuto la fortuna conoscere durantela mia formazione specialistica adHannover. Lui era tra i cardiochirur-ghi responsabili della clinica univer-sitaria sotto un grande nome dellacardiochirurgia mondiale, il Prof.Hans Borst. Poi le nostre strade sisono separate, lui è diventato pri-mario e ha messo in piedi la cardio-chirurgia a Oldenburg. In seguito,durante un ritrovo professionale, miha offerto di venire con lui a Lu ga -no. Il Cardiocentro era ancora a li-vello di piani architettonici e di co-struzione. Ho accettato, ho cono-sciuto anche il Professor Moccettied eccomi qui!

Devo dire che mi sono trovato su-bito bene in Ticino. La gente mi èstata subito simpatica nonostantela barriera linguistica (le mie cono-

scenze dell'italiano erano minime).Sia dentro che fuori dal Cardio cen -tro ho percepito un atteggiamentopositivo nei miei confronti. Il mini-mo che potevo fare, oltre che dareil mio meglio a livello lavorativo, eradi cercare di smantellare la barrieralinguistica il più presto possibile edi muovermi verso la gente cercan-do di capirla e di conoscerla meglio.

Le polemiche nei confronti delCardiocentro mi hanno fatto vedereanche la brutta faccia della realtàticinese, ma per fortuna è prevalsadecisamente quella bella! Ho cono-sciuto tante persone, sono natenuove e vere amicizie (con gli annipassati ora posso confermarlo) e hoconosciuto la persona che è diventa-ta mia moglie, Cristiana Crivelli, unaticinese "doc", se posso dire, che miha aiutato molto a conoscere moltomeglio la gente e il territorio. Mi ren-do conto, e mi fa tanto piacere, disentirmi emotivamente molto attac-cato al Ticino e alla sua gente.

In sala operatoria da più di 20anni: cosa è cambiato nella suaprofessione? Come vede il futurodella cardiochirurgia?

I miglioramenti sono impressio-nanti. Da una parte si è straordina-

Un’immagine d’archivio (2007) che ritrae il Prof. Demertzis insieme con un gruppo di laureandi dell’Università di Homburg, in formazione al Cardiocentro Ticino.

Con gli studenti

selspital. Quando mi ha chiesto didare una mano in una situazione dicarenza di cardiochirurghi espertiall'Inselspital, essendo io già un"Privatdozent" ("PD" ovvero docen-te universitario) ho visto l'opportu-nità di ri-agganciarmi al mondo del-la ricerca e dell'accademia.

Avevo già delle idee e col suo so-stegno ho potuto portarle avanti.Così, oltre ad operare e a dare il mioaiuto ai cardiochirurghi più giovaniall'In sel spital, mi sono trovato dinuovo a stretto contatto con straor-dinari bio-ingegneri e studenti vo-lenterosi: la scalata era ripartita.

Eviden temente ho potuto faretutto questo col sostegno del-la Direzione Medica e Am mi -nistrativa del Cardio centro edel mio Primario, che mi han-no permesso di svolgere que-sta attività a Berna.

È altrettanto evidente che tutta laparte scientifica e accademica sisvolgeva (e continua a svolgersi) inaggiunta all'impegno clinico, cioènel tempo che rimane e nel tempolibero. D’altra parte, dicono gli ame-ricani, no pain, no gain, niente sa-crifici, niente guadagno.

Dal punto di vista dei pazienti, più disagi o più vantaggi?

A me sembra più vantaggi, decisa-mente. Prima di tutto il mio lavoropresso l'In sel spital è stato valutatoe apprezzato ormai per più di dueanni, e questo ritengo possa dareanche ai nostri pazienti un’ulteriorecertezza di essere trattati a un altolivello. Poi è stato importante ave-re delle conferme circa la qualità delnostro lavoro in Ticino, sia nell'am-bito cardiologico che in quello car-diochirurgico. Tante volte dal Car -dio cen tro venivano idee e approccipiù elaborati di quelli che trovavo li;altre volte, al contrario, a Berna hovisto e imparato cose che ho poi in-trodotto nella mia pratica operativapersonale. Sono convinto che l’e-sperienza ha portato un migliora-mento importante della qualità dellavoro, non solo mio ma della car-

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Un (altro) Professore al Cardiocentro

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riamente evoluta la tecnologia cheutilizziamo quotidianamente fuori edentro la sala operatoria. Basti pen-sare all'ecografia, che ci permette dimonitorare le reazioni del cuore e irisultati del nostro operato in tem-po reale. Significa avere tutte lepossibilità di valutare quando pos-siamo ancora reagire, per ottimizza-re oppure correggere la nostra tera-pia. Durante la mia formazione que-sta possibilità non esisteva proprio,oggi non è concepibile di operaresenza. È cambiato, d’altra parte, an-che il ruolo del cardiologo, che è di-ventato anche intervenzionalista equindi non è più “solo” diagnostico.

Questo ci porta alla seconda partedella domanda, relativa al futurodella cardiochirurgia. Prevedo cheandrà sempre più a fondersi con lacardiologia. Manterrà lo zoccolo du-ro degli interventi aperti, classici,ma la expertise e il patrimonio dicompetenze accumulato dal lavoropionieristico delle prime generazio-ni di cardiochirurghi si mescoleràcon le innovazioni del mondo delcatetere. Alla fine vedo anche quimuri "territoriali" che cadono, a -prendo la strada a una individualiz-zazione delle terapie cardiovascola-ri su misura del paziente, quindi ainterventi "ibridi" (una parte car-diochirurgica, un'altra cardiologica)e scelte più accurate.

Vedo anche una gestione interdi-sciplinare orien tata alle malattiespecifiche del sistema cardiovasco-lare e non alla tradizionale separa-zione cardiologia-cardiochirurgia,quindi alle malattie valvolari, allamalattia coronarica, alle malattiedell'aorta, al controllo dei fattori dirischio cardiovascolari e così via.

Usciamo dalla sala operatoria e dal Cardiocentro: cosa la appas-siona nel tempo libero?

Tante cose. Leggo volentieri dei li-bri, testi o blogs su Internet chetrattano argomenti sul manage-ment, strategia, creatività e innova-zione nel mondo aziendale, tecno-

logico, scientifico e politico. Li leg-go dove e quando posso, in formacartacea, sull'iPad o iPhone, in ora-ri "morti", durante viaggi o prima didormire. Questi input mi danno tan-to e credo che si trasformino in co-noscenze attive nella mia vita.

Il mio sfogo preferito è lo sport.Mi appassiona il triathlon, quindi il"pacchetto" nuoto, bici e corsa. Maanche questo, come mi critica amo-revolmente mia moglie Cristiana,una vera sportiva e "colpevole"principale del mio orientamento su-gli sport di terra ferma, lo approccioin modo "chirurgico": non possoevidentemente dedicare al triathlontutto il tempo che mi piacerebbe,quindi cerco di fare allenamenti mi-rati, basati sull'analisi delle mie pre-stazioni e sull'evidenza della fisiolo-gia dello sport.

Cerco di allenarmi almeno due vol-te alla settimana se possibile. Par -tecipo volentieri a una o due gare ditriathlon, soprattutto per la bellis-sima atmosfera e per migliorare lemie prestazioni dell'anno passato!

A par te le gare, correre insieme aCristia na e al nostro cane (un bra-vissimo Weimaraner) mi fa ri trovarela pace e calmare la mia mente sem-pre in movimento…

La consacrazione accademica ècerto motivo di grande soddisfa-zione professionale. Un traguardoimportante, ma non crediamo sial’ultimo. C’è un sogno nel casset-to? C’è un progetto da realizzare,magari in Ticino?

È vero, la consacrazione accade-mica è una grande soddisfazionepersonale. Penso che onora anche lastruttura e le persone che mi hannodato la loro fiducia e il loro soste-gno. Sogni nel cassetto? Sì, e uno inparticolare vorrei tanto realizzarloin Ticino, al Cardiocentro. Mi piace-rebbe iniziare una collaborazionecon una università attiva nel campodella ricerca in bioingegneria car-diovascolare e, perché no, creare alCardiocentro una nucleo di ricercaapplicata nel campo di bioingegne-ria. Il campo cardiovascolare è mol-to ampio e molto favorevole all’in-novazione. Sarebbe un arricchimen-to enorme sia per i giovani mediciche passano dal Cardiocentro, siaper la struttura stessa, sia per lacittà di Lugano e per il Ticino. Com -pleterebbe la collaborazione con laSUPSI e potrebbe diventare una fon-te di nuove idee che arriverebberoda chi è implicato direttamente nel-la cura dei pazienti.

Siamo arrivati al Cardiocentro più o meno negli stessi anni,Stefanos ed io, giovani di buona volontà, due “pivelli” ine-sperti. Anzi, no, l’inesperto ero solo io; lui era già un bravocardiochirurgo, nonostante la giovane età. E aveva il corag-gio delle sfide. Senza quel coraggio non si sarebbe lanciato –lui che neppure capiva l’italiano – nell’avventura del Cardio -centro, allora poco più di una scommessa. Senza quel corag-gio non si diventa professori.

Negli anni, alla stima professionale si è aggiunta e conso-lidata un’amicizia che va al di là del lavoro, e che ci vede par-tecipare insieme a iniziative di solidarietà. Così il mio non èsolo il doveroso omaggio del direttore, ma la lode dell’amico.E con la lode l’augurio di tante altre soddisfazioni anche pro-fessionali, ovviamente con il Cardiocentro.

Fabio Rezzonico

Bravo Stefanos

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Gli audit al Cardiocentro

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Dr. med. Monya Bondio, Capoclinica Servizio di ricerca cardiovascolare

I più severi controlli per garantire la sicurezza nella sperimentazione clinica.

QUAL

ITÀ

l termine audit deriva dal la-tino audire che significaascoltare. Non è il semplicesentire, ma comporta il pre-stare attenzione, tanto chegli auditores erano i giudiciistruttori, mentre l’audito-rium era il tribunale.

Oggi questa parola è comunemente usata inambito economico e finanziario per indicarela verifica dei dati di bilancio e delle proce-dure messe in atto da un’azienda con lo sco-po di controllarne la correttezza. Lo scopo diun audit è proprio quello di valutare che sioperi in conformità agli standard, agli ordi-namenti, alle regole o alle pratiche approva-te e accettate.

Gli audit possono essere suddivisi in due ti-pologie: audit interni e audit esterni. Questiultimi sono effettuati da organismi o entiterzi, indipendenti, sulla base di criteri espli-citi. Vengono condotti da organizzazioni spe -cializzate e indipendenti che, al termine del-la valutazione, rilasciano un apposito certifi-cato attestante il livello di qualità.

In ambito medico esiste l’audit clinico, cheè un processo con cui medici, infermieri e al-tri professionisti sanitari effettuano una re-visione regolare e sistematica della propriapratica clinica e, dove necessario, la modifi-cano.

Sempre in ambito sanitario, degli auditvengono regolarmente effettuati anche pergli studi clinici, cioè in quelle ricerche con-dotte per raccogliere dati sulla sicurezza esull’efficacia di farmaci sperimentali o di nuo-vi dispositivi medici.

Lo sviluppo di un nuovo farmaco nell’uomoviene condotto secondo una metodologia co-dificata internazionalmente, in accordo allanormativa regolatoria nazionale. Esistono di-verse autorità che controllano in modo indi-pendente e sistematico le attività e i docu-menti relativi a un protocollo di studio clini-co, ad esempio il Comitato Etico, SwissMedic(l’istituto svizzero per gli agenti terapeutici),l’EMEA (Agenzia europea per i medicinali) e,negli Stati Uniti, la FDA (Food and DrugAdministration).

Lo scopo di un audit di uno studio clinico èdunque quello di compiere un esame sistema-

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Gli audit al Cardiocentro

tico e indipendente delle attività edella documentazione inerenti lostudio. Questo determinerà se unostudio è stato condotto adeguata-mente e se i dati clinici sono statiregistrati, analizzati e riportati ac-curatamente in accordo al protocol-lo, alle procedure operative stan-dard, alle linee guida internaziona-li e nel rispetto della Good ClinicalPractice.

In pratica durante un audit vengo-no verificati tutti i documenti ine-renti lo studio, viene verificata laconsistenza tra dati inseriti nellaCRF (scheda di raccolta dei dati) e iSource Document (i documenti ori-ginali forniti dall’ospedale), viene

valutata la contabilità e la conser-vazione dei farmaci studiati, vengo-no svolti dei colloqui con gli inve-stigatori per appurare il metodo dilavoro, vengono controllati i certifi-cati dei laboratori e la conformitàdegli apparecchi utilizzati, vengonovisitati tutti gli spazi in cui si svol-ge lo studio per capire l’adeguatez-za della struttura accogliente.

Condurre un audit nelle fasi inizia-li di un trial clinico può aiutare aidentificare le non conformità e quin-di aiutare a risolverle, ad esempio inrelazione al protocollo di studio.Tali audit sono molto importanti epermettono un tempestivo inter-vento e azioni correttive atte ad evi-tare ritardi e deviazioni rispetto alprotocollo e alle normative vigenti.

Anche nell’ambito della sperimen-tazione clinica effettuata al Cardio -centro sono stati eseguiti diversiaudit, sia da parte delle ditte spon-sor coinvolte in alcuni protocollifarmaceutici, sia da parte di Swiss -Medic e della Food and Drug Admi -nistration.

Il 24 e il 25 novembre scorso, adesempio, è stato fatto l’audit da par-te della ditta farmaceutica sponsordi uno studio mondiale a cui stiamopartecipando. Dopo un’attenta e mi-nuziosa valutazione di tutta la no-stra documentazione inerente lostudio e dopo lunghi colloqui contutti gli investigatori coinvolti, gliauditors hanno concluso che il no-stro Centro applica in modo severotutte le norme dettate dal protocol-lo e lavora in conformità e nel ri-spetto delle regole nazionali ed in-ternazionali.

La preparazione all’audit è stataper tutto il team del Servizio di Ri -cerca molto impegnativa e stressan-te, ma il sapere di essere un centrodi eccellenza nel campo della ricer-ca scientifica appaga e minimizzatutte le fatiche. Inoltre, lavorare sa-pendo che in qualunque momentopotremmo essere sottoposti a unaudit ci spinge a farlo con ancor piùdedizione.

Il team del Servizio di Ricerca Cardiovascolare del Cardiocentro.

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l progetto di medicina dellosport sul quale stiamo discu-tendo nasce sulla spinta di trecondizioni favorevoli. La pri-ma è il recente attestato diformazione complementare inmedicina dello sport consegui-

to dal Dr. med. Bruno Capelli, un nostro vali-dissimo capoclinica che potrebbe dedicare inquesta fase iniziale al progetto una parte delsuo tempo e del suo entusiasmo.

La seconda condizione è l’obiettiva scarsaofferta nel territorio luganese di un serviziodi profilassi cardiovascolare rivolta agli spor-tivi e in particolare ai giovani. Non esiste unservizio codificato e strutturato di prevenzio-ne cardiovascolare, presente invece nei pae-si che ci circondano – per esempio nella vici-na Italia – e questa è una lacuna che va cer-tamente colmata.

Infine, devo dire che l’idea di proporre unservizio di medicina dello sport ha trovato unforte impulso all’indomani del congressoSport e Cuore, organizzato in concomitanzacon i Mondiali di ciclismo nel settembre del2009. Il successo di quell’iniziativa, e il for-te interesse che registrammo in quell’occa-sione, ci spinsero ad assumere l’impegno didare un seguito pratico ai tanti stimoli chequel congresso era riuscito a trasmettere.Sono passati più due anni, ma non ci siamodimenticati ed è rimasto forte il nostro desi-derio di fare qualcosa per il mondo dellosport.

Va poi sottolineato che il Cardio centro di-

Sulla linea di partenza il progetto di Medicina dello sport.

NEW

S

Dr. med. Tiziano CassinaPrimario di Cardioanestesia e Cure intensive

I spone già di una parte dell’infrastruttura ne-cessaria al progetto, anche se in questa pri-ma fase l’utilizzo degli spazi e delle apparec-chiature dovranno essere ottimizzati per con-sentire l’inizio dell’attività, senza alcun in-cremento di costi. Per le risorse cercheremodi ritagliare qualche valenza grazie alla buo-na volontà delle persone implicate. Ci sonopoi le competenze, le professionalità, l’espe-rienza, in particolare all’interno del serviziodi riabilitazione cardiovascolare, con il qualeabbiamo già instaurato uno stretto rapportodi collaborazione.

Prologo Tour de Suisse, Lugano 2011.

L’evoluzione potrebbe portarci pure a se-guire degli atleti nella fase di preparazione amanifestazioni specifiche, ma questa è giàmusica per il futuro.

Abbiamo definito questo come un micro-progetto; lo avvieremo senza pubblicità, unpo’ in sordina, un passo alla volta, sfruttan-do il passaparola.

Incominceremo così: gli sportivi lo chiama-no “riscaldamento”.

Gli obiettivi, le finalità del progetto sono duplici:da una parte si intende offrire una servizio di con-sulenza al giovane atleta, sia nell’ambito dellaprevenzione cardiovascolare sia per il migliora-mento della prestazione atletica; dall’altro ci si ri-volgerà a quanti praticano uno sport in forma ama-toriale, o si affacciano per la prima volta alla pra-tica sportiva, e desiderano conoscere la fisiologiacardiovascolare e vivere lo sport in un modo piùconsapevole.

Al Cardiocentroper sport

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Al Cardiocentro per sport

Dr. Capelli, parliamo della suaformazione. Come si ottiene l’at-testato di medico dello sport?Qual è la sua formazione e qualisono le sue esperienze in questoambito?

Per ottenere il certificato di capa-cità in medicina dello sport SGSM,oltre ad essere membri della Fede -razione dei Medici Svizzeri (FMH),bisogna possedere un titolo di spe-cialista o avere una formazione po-stlaurea di almeno 5 anni. È neces-sario frequentare i corsi di formazio-ne complementare in medicina del-lo sport (8 corsi di ca 3-4 giorni), bi-sogna aver praticato per almeno 3anni come medico della federazioneo aver praticato per almeno 6 mesiin un centro di medicina dello sportriconosciuto dalla SGSM. Infine bi-sogna sostenere con successo l’esa-me finale orale e scritto. Poi, per laformazione continua, bisogna rin-novare l’attestato ogni 5 anni. Io hoottenuto questo certificato rispet-tando queste esigenze. Sono iscrit-to da 3 anni nella Federazione Sviz -zera di Hockey e seguo la nazionalemaschile dall’Under 16 all’Under 18.

Inoltre faccio parte del team me-dico di una squadra di Hockey diLega Nazionale A della Swiss Ho -ckey Ligue.

La sua attività principale alCardiocentro è e rimane quella dicapoclinica del Servizio di cardio -anestesia e cure intensive. Al di là di un suo interesse perso-nale, quali crede che siano, se cisono, i punti di contatto tra lamedicina sportiva e il lavoro incure intensive?

Direi che oltre al mio interessepersonale per lo sport vi è comun-que un legame diretto tra la medi-cina dello sport e la terapia intensi-va, soprattutto quando ci si occupadella prevenzione e della diagnosidelle patologie cardiovascolari e delpotenziale rischio di aggravamentonello svolgere l’attività sportiva. Interapia intensiva al Cardiocentrosiamo sempre confrontati con pa-zienti che presentano problemi car-diovascolari, molto spesso li sotto-poniamo a vari test con monitorag-gio intermittente o in continuo chepermettono di valutare la perfor-mance cardiaca dopo una sofferen-za, vuoi per un infarto miocardicovuoi dopo una rivascolarizzazionetramite bypass, e questo nell’otticadi ottimizzare la terapia. Questi te-st sono alla base anche della valu-tazione della performance cardiacain persone che diciamo per ora “sa-ne”, le quali vogliono sottoporsi adun controllo per l’idoneità sportivao per migliorare la propria presta-zione. In quest’ultimo caso possia-mo parlare di miglioramento dell’ef-ficienza cardiorespiratoria.

Torniamo agli “interessi persona-li”: pratica qualche sport?

Sì, personalmente come hobby pra -

tico sport amatoriale in una squadradi calcio regionale e nei ritagli ditempo faccio jogging regolarmente.

Secondo la sua esperienza da medico del Cardiocentro e medicodi atleti professionisti, quanto èimportante praticare sport e cherischi eventuali ci sono?

L’esercizio fisico svolge un impor-tante ruolo protettivo. Recenti me-tanalisi su diverse attività fisichecoinvolgenti oltre un milione di per-sone hanno evidenziato che l’atti-vità fisica ha una chiara relazionedose-risposta con le malattie car-diovascolari, in particolare con lamalattia coronarica. In pratica l’at-tività fisica diminuisce l’obesità, ilcolesterolo, il diabete tipo II, le ma-lattie cardiovascolari, l’ipertensio-ne, il tumore intestinale e la morta-lità per ogni causa portando ad unamigliore qualità di vita.

Tutto questo però dovrebbe esse-re fatto dopo una visita di idoneitàalla pratica sportiva per escludere irischi. Come purtroppo ci mostra lacronaca non sono rari i casi anchetragici legati a pratiche sportive. Èimportante per questo individuarele persone con un aumentato ri-schio, che presentano patologie ne-cessitanti una supervisione medicacon dei test accurati prima di inizia-re un programma di attività fisicasia essa a livello professionistico siaamatoriale. Ad ogni modo, i benefi-ci di un’attività fisica regolare sononettamente superiori ai rischi. Lostar bene nel nostro corpo implicaanche prendersene cura, come fac-ciamo con la nostra automobile.

Dr. med. Bruno Capelli,Capoclinica di Cardioanestesia e Cure intensive

Stralugano, 2009.

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Ripartono i corsi diEcocardiografia 3D

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FORM

AZIO

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a scuola di Ecocardio -grafia 3D, diretta dalresponsabile del Ser -vi zio di Imaging car-diaco del CCT, Dr. med.Francesco Faletra, ègiunta al primo giro diboa. Avviati a febbraio

2011, i corsi vengono proposto anche peril 2012 con la medesima formula, moltoapprezzata dai 12 cardiologi che hannofrequentato la scuola, provenienti Italia,Spagna, Austria, Ro mania, India.

Come sempre, il compleanno è occasionedi bilanci: ne parliamo con il direttore.

LDr. med. Franco Faletra, Responsabile servizio di Imaging cardiaco.

Dr. Faletra come mai le è venuta l’idea di un scuola di EcocardiografiaTridimen sionale?

In realtà l’idea della scuola di ecocardiogra-fia è abbastanza vecchia. Avevo avuto questaidea quando ero aiuto cardiologo e Respon -sabile del Laboratorio di Ecocardiografia, al -l’O spedale Niguarda negli anni ‘90. Pensi cheè stato proprio allora che ho avuto il primocontatto con il prof. Moccetti, perché la dr.Pasotti aveva frequentato proprio la nostrascuola. Dopo i contatti si sono intensificati edho incominciato a collaborare con il repartodi Cardiologia dell’Ospedale Civico come con-sulente esterno e adesso sono qui.

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tion. La difficoltà dell’ecocardiogra-fia tridimensionale, infatti, non stasolamente nell’acquisire buone im-magini durante l’esame, ma nel pro-cessarle (vale a dire pulirle, ruotar-le, metterle nella prospettiva più fa-vorevole per la diagnosi, eliminarele strutture inutili ecc.). La mattinaio assegno quindi loro i compiti (peresempio mostratemi in questo pa-ziente il setto interatriale, o la val-vola mitrale e fate la diagnosi). Èbello vedere come immediatamentei cardiologici si applicano sull’im-magine discutendo fra loro (perquesto due persone sono il numeroideale) e quindi chiedendo aiuto pervisualizzare una struttura e così via.Dopo i primi giorni si ha una certasoddisfazione nel constatare che es-si eseguono il post-processing senzachie dere più il mio aiuto. Durante ilcorso della giornata essi mi seguo-no ogni volta che bisogna fare unesame tridimensionale in modo chepossa illustrare loro i “segreti” peracquisire immagini diagnostiche.Infine la giornata finisce il tardo po-meriggio con una lezione teorica suun argomento spesso scelto daglistessi cardiologici.

Una settimana è sufficiente?No, non lo è. Una premessa essen-

ziale, infatti, è che il corso è intro-duttivo all’ecocardiografia tridimen-sionale. In altre parole io insegno ilmodo che ritengo corretto per avvi-cinarsi a questa nuova tecnica diImaging. Essi potranno poi iniziarea fare la loro esperienza negli ospe -dali di provenienza. Molti di loro,poi, una volta iniziata la loro perso-nale esperienza, mi chiedono di ri-tornare per affinarsi ancora di più.

Da quello che lei dice, il corso nonè indirizzato ai cardiologici gene-rici, ma a quelli che hanno giàuna esperienza di ecocardiografiabidimensionale.

Assolutamente sì, anzi devono es-sere cardiologici che hanno già nelloro ospedale una macchina ecocar-diografica provvista di sonda tridi-mensionale. In genere è così.

Il corso ha un certo prezzo.Dedico abbastanza tempo a loro

sottraendolo alle mie mansioni isti -tuzionali, quindi il corso ha un prez-zo che abbiamo concordato con l’am - ministrazione in una cifra pari a mil-

Ripartono i corsi di Ecocardiografia 3D

Oggi la scuola non è più diEcocardiografia bensì di Ecocar -dio grafia tridimensionale. Come mai?

L’ecocardiografia tridimensionaleè sicuramente differente dalla bidi-mensionale e richiede una sorta di“reset” mentale. L’esi gen za è natadal fatto che molti medici chiedeva-no di frequentare il laboratorio perconoscere l’ecocardiografia tridi-mensionale, ma questo avveniva inmodo disordinato e provocava uneccessivo affollamento. Abbiamoquindi pensato di regolare il flussodei cardiologi e di organizzare unavera e propria settimana di “tea-ching”.

Come si svolge la settimana?Si tratta di una formula abbastan-

za innovativa. Innanzi tutto pren-diamo solo due medici a settimana.Poiché siamo consapevoli che perun cardiologo che lavora è difficileorganizzare una settimana, lascia-mo che siano loro a scegliere il pe-riodo più comodo. Abbiamo poi nelnostro data base centinaia di casiinteressanti che possono essere ri-visti e “processati” con la work-sta-

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le Euro. Non mi preoccupo: nel lamaggior parte dei casi il costo delcorso e dell’alloggio è pagato dalladitta che ha venduto l’apparecchioecocardiografico o dall’ospedale diprovenienza. Inoltre il Servizio e -ven ti e comunicazione (a questoproposito mi lasci ringraziare MariaConcetta Di Parenti e Alessandro To -mei per l’ottimo lavoro che fanno),propone loro alloggi a basso prezzoutilizzando gli appartamenti in cari-co all’Ospedale Civico. A questo pro-posito mi faccia raccontare un aned-doto. Abbiamo avuto un cardiologoche proveniva dall’India. Quasi com-mosso dal fatto che questo cardio-logo aveva affrontato un viaggio dimigliaia di chilometri e si era sob-barcato le spese del viaggio per fa-re il nostro corso, ho proposto al -l’am ministrazione (che ha accettato)di non farlo pagare. Abbiamo saputopoi che questo cardiologo (o megliola sua famiglia) possiede un interoospedale pri vato in India, ma oramaiera tardi per chiedere i soldi…

Un’ultima domanda. Lei è respon-sabile di tutto l’”Imaging” cardiaco quindi anche della TAC e della Risonanza Magnetica. In futuro ha intenzione di attiva-re una scuola anche per queste altre due tecniche?

Il Cardiocentro è uno dei pochissi-mi centri dove si possono impararele tre principali tecniche di immagi-ne, vale a dire l’ecocardiografia, la

tomografia assiale computerizzata ela risonanza magnetica. In realtàabbiamo già una specializzanda incardiologia proveniente dall’Uni ver -sità di Ferrara che farà la sua tesi dispecialità qui da noi sulla RisonanzaMagnetica Nucleare, ma che è giàadesso in grado di leggere la CardioTAC e di fare l’ecocardiografia ad unbuon livello. Abbiamo inoltre unadot toressa che abbiamo assunto perdue anni con il ruolo di ricercatriceche non appena finito il suo perio-do sarà anche Lei in grado di saperleggere correttamente tutte tre letecniche. Arriverà poi una dottores-sa proveniente dalla Lituania conuna borsa di studio dell’Unione Eu -

ropea per sei mesi. La dottoressa hascelto il nostro centro fra decine cheavrebbe potuto scegliere in tuttaEuropa proprio perché qui vi è laconcreta possibilità di imparare tut-te e tre le tecniche. Per risponderealla sua domanda ritengo che peruna scuola vera e propria occorre-rebbe la frequenza di molti mesi (ilperiodo giusto a mio avviso è di dueanni con un’esposizione giornalieraa tutte e tre le tecniche). Non so sepotremo farla. Certamente se andràin porto il progetto di portare a Lu -gano i secondi tre anni dell’U ni -versità di Medicina, si potrebberoavere al Cardiocentro dei corsi Uni -versitari sull’Imaging cardiaco.

(A) Immagine ecocardiografica tridimensionale del seno coronarico (CS) e (B) corrispondente pezzo anatomico. (C) Immagine ecocardiografica tridimensionale - e (D) corrispondente pezzo anatomico - dell'orifizio del seno coronarico che si apre in atrio destro con la valvola di Tebesio (ThV). MV valvola mitrale; TV valvola tricuspide.

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l Servizio di medicina del per-sonale, attivo presso il Car dio-centro Ticino da diversi anni,ha tra le sue diverse mansioniquella di identificare ed analiz-zare i rischi professionali pre-ponderanti nell’istituto. Rischi

che derivano dal l’in trinseca attività istituzio-nale e che possono avere gravi conseguenzesulla salute dei collaboratori. Uno di questirischi è l’esposizione accidentale a liquidibiologici.

Rientrano in questa categoria le esposizio-ni delle mucose e delle congiuntive a schizzidi sangue (sulla bocca o sugli occhi ad esem-pio), le ferite da puntura, da taglio, da graf-fi e le contaminazioni della cute lesa. Il ri-schio coinvolge tutte le categorie professio-nali (salvo il personale strettamente ammini-strativo), ciò significa che circa 253 collabo-ratori su 309 sono a rischio. Questo pericoloderiva dell’attività invasiva e tecnica del CCT,che richiede l’uso di strumenti taglienti epungenti. Variabili quali l’urgenza, i momen-

La prevenzione delle malattie infettive conseguenti a esposizioni accidentali a liquidi biologici.

IAnnick RumeauInfermiera Medicinadel personale

PREV

ENZI

ONE

Ci sta a cuore anche la salute del personale

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curante!

Esposizioni ai liquidi biologici

schizzo mucose-congiuntive

puntura durante prelievo di sangue/di cellule; posa Venflon

puntura ago sutura

puntura ago anestesia locale

rincapucciare ago

Sharp pieno

durante smaltimento strumento

dopo smaltimento (spazzatura)

40%9

22%5

18%4

4%14%

14%14%

14%1

Circostanze delle lesioni nelle esposizioni a liquidi biologici annunciate nel 2011 (n=23)

Esposizioni accidentali a liquidi biologici per categoria

professionale nel 2011 (n=23)

Ubicazione delle esposizioni accidentali ai liquidi biologici

nel 2011 (n=23)  

52%12

39%7

5%1

4%1

9%2

43%10

26%6

13%3

9%2

9%2

infermieri

medici

economia domestica

stagiaire

personale di laboratorio

laboratorio Horten

sala operatoria

camera paziente

letto paziente

laboratorio

ti di frenesia (pensiamo all’impor-tante movimento di pazienti tra ivari servizi durante un turno di la-voro) aumentano esponenzialmentetale rischio.

Gli eventi infortunistici hanno perconseguenza un rischio di trasmis-sione, dal paziente al personale, dimalattie infettive quali l’HIV, l’epa-tite B e l’epatite C. Questo rischiodipende da diversi fattori: tipologiadell’esposizione, liquido biologico

in causa, quantità di sangue conta-minato, stadio dell’infezione nellapersona (viremia), sierologia e sta-to vaccinale della persona esposta(epatite B).

È importante sapere che dopo unalesione percutanea con uno stru-mento contaminato da sangue in-fetto, il rischio medio di infezione èdello 0,3% per l’HIV, 0,5% per l’e-patite C e tra il 23% e il 62% perl’epatite B. Attenzione: se statisti-

camente il rischio è basso per le pri-me due, è invece relativamente altoper la terza e le conseguenze gravigiustificano l’attuazione di misuredi prevenzione.

La prima: la vaccinazione control’epatite B, perché protegge con ef-ficacia contro tale infezione.

Viene proposta ad ogni nuovo col-laboratore non vaccinato assuntopresso il CCT ed a rischio di conta-minazione.

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Ci sta a cuore anche la salute del personale curante!

Infortuni

Circostanze delle lesioni nelle esposizioni ai liquidi biologici annunciate nel 2010 (n=20)

Esposizioni accidentali a liquidi biologici per categoria

professionale nel 2010 (n=20)

Ubicazione delle esposizioni accidentali ai liquidi biologici

nel 2010 (n=20)  

30%6

25%5

25%5

10%2

5%1

5%1

43%9

42%8

5%1

5%1

5%1

50%10

35%7

15%3

puntura (ago rosa, Venflon, cat. arterioso, prelievo di sangue)

puntura ago sutura

schizzo mucose-congiuntive

contatto pelle non intatta

puntura ago anestesia locale

taglio (bisturi)

letto paziente

sala operatoria

laboratorio Horten 

medici

infermieri

assistente di cura

assistente di studio medico

stagiaire

• Il contenitore va sempre tenuto aportata di mano

• Il materiale tagliente e/o pungen-te va eliminato immediatamentedopo uso senza essere appoggiato

• Non si rincappucciano mai gli aghi • Chiudere ermeticamente il coper-

chio del contenitore prima di eli-minarlo

•Nelle situazioni a particolare ri-schio di proiezione di sangue oaltri liquidi biologici, è neces-sario indossare una mascheracon occhiali protettivi (oppureuna maschera a visiera)

• Gli occhiali da vista non sonouna protezione sufficiente

La seconda: riguarda le precauzioni standard che ogni collaboratore sanitario dovrebbe conoscere ed applicare:

•Non riempire il contenitore ol-tre la riga nera indicata sul co-perchio

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Dr. Pedrazzini, di cosa si tratta nel concreto?Occorre innanzi tutto dire che oggi per tutte le procedure com-

plesse e costose è di fondamentale importanza avere registri pro-spettici, cioè raccogliere in maniera scientifica tutte le informa-zioni relative alle specifiche procedure. Il perché è evidente: oc-corre predisporre rigorosi criteri di valutazione affinché una de-terminata procedura possa essere accolta come valida.

D’altra parte con l’entrata in vigore del sistema DRG, cioè delnuovo metodo di remunerazione delle prestazioni ospedaliere,operare nel quadro di un registro ufficiale è anche la condizionesine-qua-non affinché quelle procedure vengano rimborsate. Il re-gistro, al quale hanno aderito 6 centri in Svizzera, è stato ufficial-mente avviato lo scorso dicembre.

Perché il registro delle MitraClip al Cardiocentro?

Siamo stati proprio noi i promotori di questo registro perché sia-mo stati tra i primi a portare in Svizzera il sistema MitraClip. Comeprimo centro svizzero a proporre questa tecnica non abbiamo vo-luto sottrarci alle nostre responsabilità, che certo ci portano pre-stigio ma che si traducono anche in un impegno tutt’altro che tra-scurabile. Vanno infatti attivate procedure codificate e comples-se, abbiamo dovuto nominare un comitato scientifico e affidare laraccolta dei dati a un medico responsabile (il Dr. med. Daniel Sür -der); siamo consapevoli di esserci assunti un impegno oneroso…

Ma d’altra parte se si vuole stare in serie A…Proprio così, ma direi più correttamente che quello che voglia-

mo non è solo “stare” in serie A, ma offrire prestazioni da serie A.

Il Cardiocentro Ticino è ufficialmente il centro di riferimento in Svizzera per gli interventi di correzione percutanea transcatetere del rigurgitomitralico (MitraClip).

Un riconoscimento prestigioso, ma anche e soprattutto una responsabilità e un impegno.

Ne parliamo con il Dr. med. Giovanni Pe draz zini,responsabile del Servizio di cardiologia interventistica.

Al Cardiocentro il registro svizzero delle MitraClip

Indossare sempre i guanti per:

• proteggere la cute

• posizionare o togliere una viad’accesso intravascolare

• per punzione venosa, arteriosa,capillare

• per ogni contatto prevedi bilecon un liquido biologico

Il nostro obiettivo chiave è ridur-re a medio-breve termine gli infor-tuni professionali annunciati pres-so il nostro servizio. Questo non può avvenire senza lapiena collaborazione di ciascun di-pendente.

Difatti, non è sufficiente avere adisposizione i manufatti di sicurez-za e protezione, è necessario usarlisistematicamente ogniqualvolta sioperi prestazioni invasive o si mani-poli materiale biologico e, soprattut-to, vanno utilizzati nella maniera cor -retta… altrimenti la loro funzioneprotettiva e preventiva cade nel vuo-to. Su questo aspetto, abbiamo anco-ra un grande passo da compiere.

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el 2004 il Dr. GianniSoldati e il Dr. ArioConti hanno conce-pito e messo in pro-getto la creazione dilaboratori che fosse-ro in grado di ese-

guire con tutti i carismi dell’ufficialità leanalisi di chimica, tossicologia e geneticaforense.Il Labo ra to rio di Diagnostica Molecolare(LDM) avrebbe ospitato il centro per le ana-lisi di genetica forense ed era dunque neces-sario attivarsi per creare all’interno della no-stra struttura le condizioni necessarie perquesto scopo. Il progetto è stato portato acompimento e finalmente, il 29 dicembrescorso, abbiamo ottenuto l’autorizzazione fe-derale per l’esercizio delle analisi di geneti-ca forense. Il processo di messa in opera,

funzionamento e cer tificazione (l’Unità di ge-netica forense è accreditata presso l’IstitutoFederale di Me trologia) ha richiesto sette an-ni di lavoro e oltre mezzo milione di franchidi investimenti da parte del LDM.

L’ottenimento nel marzo 2011, da parte dichi scrive, del titolo di genetista forense dal-la Società Svizzera di Medicina Legale (SSML),ha consentito dapprima l’accreditamento delLaboratorio di Diagnostica Mole colare (ISO17025, secondo il Servizio d’AccreditazioneSvizzero del Dipartimento Federale di Eco -nomia) e in seguito la possibilità di inoltrareal Dipartimento Federale di Giustizia e Poliziala richiesta di svolgere le analisi a livello pe-nale.

Tale permesso federale è stato rilasciato il29 dicembre 2011, permettendo quindi all’U -nità di Genetica Forense di cominciare la pro-pria attività ad inizio del 2012.

SIN

ERGI

E

Con l’autorizzazione da parte del DipartimentoFederale di Giustizia e Polizia è pienamente operativa l’Unità di Geneticaforense del Laboratorio diDiagnostica Molecolare.

NDr. Ph.D. Michel Bottinelli

La genetica forenseal Cardiocentro

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Il Laboratorio di Diagnostica Molecolare (LDM)

Fondato nel 1998 e guidato dal Dr. Gianni Sol -dati e dal Dr. Mauro Gola, è il punto di riferimen-to nel Cantone per la diagnostica molecolare.

LDM opera in collaborazione con istituzioni sviz-zere ed estere. La struttura, ubicata presso ilCardio centro Ticino, è anche la sede del serviziodi Genetica Forense, centro di competenza per leanalisi di genetica forense per il Cantone Ticino.

La genetica forense

È quella scienza che si occupa di mettere in evi-denza le tracce lasciate sui luoghi di crimini daparte di individui, di ottenere dei profili geneticida sospetti che verranno poi inseriti nella bancacentrale dei profili genetici di Berna, insommatutto quello che ruota attorno al ruolo del DNA ri-trovato sui luoghi del crimine. Questo DNA puòessere messo in evidenza attraverso tecnologiemolto sensibili che sono in grado di evidenziareanche delle piccolissime tracce di DNA lasciate daquesti individui. Ha inoltre la competenza di for-nire degli elementi obiettivi sia nei casi di proce-dure giudiziarie (mandati ufficiali) sia civili, os-sia a persone interessate a conoscere la propriafiliazione (accertamenti di paternità private).

Superato l’esame per l’ottenimen-to del diploma di genetista forense,il Dr. Bottinelli è oggi l’unico deten-tore di un titolo simile nel CantoneTicino. Il percorso per conseguirequesto Diploma è lungo e impegna-tivo e prevede un periodo di cinqueanni da svolgere in un Istituto diMedicina Legale accreditato, dove ilcandidato impara la scienza dellagenetica forense sotto la stretta su-pervisione di specialisti che già pos-siedono il diploma. Grazie a un cre-dito di formazione di 250'000 CHF

ripartito su cinque anni da parte delConsiglio di Stato del Canton Ticino,Michel Bottinelli ha potuto condur-re la sua formazione a Losanna,presso l’attuale Institut Romand deMédecine Légale diretto dal Prof.Patrice Mangin.

Oltre al completamento della pro-pria formazione, in questi anni Mi -chel Bottinelli ha allestito nella se-de del Laboratorio di DiagnosticaMolecolare di Lugano le strutturenecessarie per lo svolgimento dellasua attività di genetista forense,

preparando i laboratori, gli stru-menti, le procedure e le validazioni.

Questa attività si integra nelCluster Cardiocentro per le LifeSciences come attività di serviziodel Laboratorio di Diagnostica Mo -lecolare.

Frammenti di DNA separati tramite elettroforesi su gel di agarosio.

Dr. Ph.D. Michel Bottinelli

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o Swiss Arbeitgeber Awardè un sondaggio sulla sod-disfazione del personale,che si rivolge a tutte leaziende svizzere con più di100 dipendenti. È organiz-zato dalla Unione Svizzera

degli Imprenditori in collaborazione con la ri-vista “Bilanz” e la GfK Switzerland (societàdi ricerche di mercato) ed è gestito dai con-sulenti della icommit di Küsnacht (leader neisondaggi fra i dipendenti). Da 11 anni lo Swiss Arbeitgeber Award è il piùgrande sondaggio fra i dipendenti in Sviz -zera: in pratica l’azienda viene giudicata nonda consulenti esterni o economisti, ma daipropri dipendenti.

Abbiamo scelto di partecipare perché datempo a livello di direzione si avvertiva la ne-cessità di avere un quadro più chiaro sullasoddisfazione del personale, tanto più che fi-no a un anno fa sembrava che la soddisfazio-ne del personale sarebbe diventato uno deicriteri di qualità da rispettare nell’ambito del-le nuove regole del finanziamento ospedalie-ro (cosa che io trovo assolutamente sensata,in realtà poi non se ne è fatto nulla e ancorami domando perché: la soddisfazione del per-sonale permette al datore di lavoro di scopri-

re lacune, di sfruttare meglio le proprie po-tenzialità, insomma di essere più efficace edefficiente e questo in un ospedale è ancorapiù importante perché – come dice il Dir. – laqualità del lavoro ed il benessere organizzati-vo significano molto in termini di qualità del-la cura ai pazienti). Ci sono ovviamente diver-se alternative per condurre indagini di que-sto tipo, molte aziende per esempio si rivol-gono a consulenti esterni.

Lo Swiss Arbeit geber Award ci ha convintiper diversi motivi:1. Fra tutte le alternative, era quella di gran

lunga più economica e sinceramente nonavevamo il budget per rivolgerci a una dit-ta di consulenza esterna (avremmo dovu-to rimandare)

2. È un sondaggio assolutamente anonimo eil nostro obiettivo era proprio quello di fa-

Il Cardiocentro è tra le migliori aziende svizzere, al decimo posto nella classifica dello Swiss Arbeitgeber Award 2011.

RICO

NOS

CIM

ENTI

Cristina Largader,Vicedirettrice responsabile areafinanze

L

Fra i migliorici siamo anche noi

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re in modo che chi voleva “togliersi un sassolino dal-la scarpa” lo potesse fare senza timore di essere in-dividuato: un conto è compilare un formulario ano-nimo a casa propria, un altro è prendere parte alleinterviste di consulenti esterni pagati ed invitati inazienda dal proprio datore di lavoro, magari sotto gliocchi del caporeparto…

3. Abbiamo trovato interessante la possibilità di con-frontarci a livello nazionale (…visto che già lo fac-ciamo con le nostre prestazioni mediche… vedi bi-lancio sociale), infatti la segnalazione del sondag-gio ci è arrivata da H+ (l’associazione degli ospeda-li CH), ma mai ci saremmo aspettati il 10.posto!

La segnalazione di H+ ci è arrivata a metà maggio, iltermine per la partecipazione e l’invio delle risposte erafine giugno, perciò con Stefeano Bernasconi e KatiaValoti abbiamo dovuto organizzare tutto molto veloce-mente, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. A distanza di unmese è arrivata una lettera da Icommit, in cui ci dice-vano: “siete fra i primi 25, perciò l’8 settembre vi aspet-tiamo a Baden alla cerimonia di premiazione, non di-vulgate la notizia fino a quella data”. Ho fatto fatica atenere la notizia riservata, perché questo era già ungrande risultato per una realtà come la nostra: in que-sto sondaggio ci si confronta con le migliori aziendesvizzere, aziende che hanno una storia, una struttura euna dimensione (anche economica) molto diversa dal-la nostra… poi l’8 settembre alla cerimonia abbiamoscoperto di essere arrivati al 10. posto, primo ospeda-le e prima azienda ticinese a classificarsi così in alto.

Sinceramente quindi non mi ha stupita l’arrivo a di-stanza di una settimana della lettera di congratulazio-ni da parte del Consiglio di Stato.

La fase successiva è stata quella di “sviscerare” il ri-sultato, il benchmark con altri ospedali e con altreaziende, sia a livello generale, sia per singolo reparto(cosa tuttora in corso), perché qualche “zona di soffe-renza” è stata individuata e alcuni necessari approfon-dimenti sono ancora in corso. L’indagine si sta rivelan-do utile non solo per la direzione, vedo che anche i ca-pi reparto sono interessati ad approfondire i messaggiricevuti attraverso il sondaggio.

Vale la pena di sottolineare che icommit lavora congrande rigore e con solide basi scientifiche (prossima-mente vorrei che questi metodi e questi sondaggi di-ventassero argomento di una tesi di laurea, ho presocontatto con l’USI e sto aspettando una risposta). Inparticolare vorrei sottolineare che vengono presi inesame sia il capitale umano che il capitale organizza-tivo. Con “capitale umano” si intende il commitment(=il rapporto fra il collaboratore e l’azienda), l’identifi-cazione, il livello di impegno quotidiano e la proposi-tività delle persone. Il “capitale organizzativo” è inve-ce fatto dalle strutture organizzative, i processi inter-ni, la cultura (es: l’orientamento al paziente), il com-

Agenzia Generale LUGANOGiuseppe CassinaAgente GeneraleVia R. Simen 5 - 6904 LuganoTel. 058 471 17 17

Agenzia Principale MANNOIvo SoldatiAgente PrincipaleVia Violino 11 - 6928 MannoTel. 058 471 16 88

Agenzia Principale

Agenzia Generale

MANNOLUGANO

portamento della direzione, oltre che ovviamente la re-munerazione e la valorizzazione del personale (che nonpassa solo dallo stipendio - i soldi sono un ottimo ane-stetico ma solo a breve termine - contano anche il coin-volgimento, la formazione, il trasferimento di cono-scenze e molto altro ancora). Secondo gli esperti diicommit bisogna avere entrambi questi “capitali”, per-ché anche il personale più motivato, messo a confron-to con un capitale organizzativo carente, perde veloce-mente quota, non funziona. E questo rafforza il risul-tato che abbiamo ottenuto: sapevamo già di avere per-sonale motivato e di ottimo livello, mentre spesso sia-mo molto critici nei confronti delle nostre capacità or-ganizzative, che invece evidentemente esistono.

Il Signor Bühler della icommit ci raccomanda di an-dare avanti così e di ripetere il sondaggio nel 2013,sperando di arrivare almeno fra i primi 25. Nel frattem-po infatti siamo entrati nella “bufera” del nuovo finan-ziamento ospedaliero che sta mettendo a dura prova inostri nervi oltre che la nostra organizzazione, diffici-le immaginare come usciremo dalla “bufera” e quantodurerà, in ogni caso credo che tutto il nostro persona-le sia fortemente motivato a difendere il Cardiocentro,con il capitale umano e organizzativo che ha costruitoin questi 12 anni.

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o scorso mese di luglio aDurban (Sud Africa) si è svol-to il 16° Congresso Mondiale

dei Sordi e la SGB-FSS (FederazioneSvizzera dei Sordi) mi ha scelta co-me delegata, unitamente a un miocollega di Zurigo, per partecipare aquesto importantissimo evento.Erano presenti sordi provenienti datutto il mondo (più di 2000 perso-ne!), a discutere della “Global DeafRenaissance”, che significa rinasci-

ta globale delle perso-ne sorde. Nel mondo, le personesorde hanno dovuto edevono tutt’ora lottareper ottenere la parità eil riconoscimento dellalingua dei segni. Esseresordi non significa es-sere handicappati: lanostra lingua dei segni,deve essere riconosciu-ta alla pari di tutte lealtre lingue del mondo,

così come la nostra cultura e la no-stra identità. Nella nuova Conven -zione dell’ONU sui Diritti delle per-sone con disabilità, la lingua dei se-gni viene menzionata e molti pae-si stanno adattando le loro legisla-zioni.A Durban, la comunità dei sordi si èsentita rafforzata, con una maggio-re consapevolezza della sua sordità.Era la prima volta che incontravo

così tante persone sorde provenien-ti da ogni angolo del pianeta ed èstato molto emozionante riuscire acomunicare con tutti. La comunica-zione avveniva in lingua dei segni,senza problemi di comprensione;potevo conversare ad esempio conun sordo cinese, africano o russo,senza alcuna difficoltà. Era bellissi-mo vedere i sordi di tutto il mondouniti in armonia. Noi persone sordesiamo particolarmente predisposteal contatto fisico, a salutarci con lemani, con un abbraccio, questo in-dipendentemente dalla persona edalla cultura che ci troviamo di fron-te. Ho potuto notare il grande affet-to e la solidarietà delle persone sor-de, c’erano persone ricche e perso-ne povere riunite tutte insieme, manon si notava la differenza.Sono tornata da questo bellissimoviaggio molto arricchita. Sono an-cora più orgogliosa di essere unapersona sorda, di aver conosciutotante persone speciali e aver segui-to al congresso molte conferenzeistruttive. È impossibile spiegarebene la quantità di sensazioni cheho provato, ma questo viaggio mi haresa più forte. So che la lingua deisegni mi appartiene, è la mia lingua.Se qualcuno fosse interessato ad im-parare la lingua dei segni e la cultu-ra delle persone sorde, io sono vo-lentieri disponibile.Il prossimo Congresso mondiale sarà

nel 2015 a Istanbul. A settembre diquest’anno, invece, si terrà a Mon -treux un congresso a livello svizze-ro sul tema “Integrazione e Inclu -sione: opportunità e rischi nell'edu-cazione, nella formazione e sul la-voro”. Io parteciperò ancora unavolta come delegata. La Federazione Svizzera dei Sordi(SGB-FSS), http://www.sgb-fss.ch/,fondata nel 1946, è l'organizzazio-ne mantello di aiuto reciproco deisordi in Svizzera. La Federazione haun comitato direttivo formato da unpresidente e da sei membri. Io sonouno di questi sei membri, in qualitàdi rappresentante del comitato re-gionale della Svizzera italiana; inpratica rappresento i sordi ticinesi,i loro interessi e bisogni. Durantel’anno devo recarmi cinque volte al-le riunioni che si tengono in Sviz -zera interna.Desidero pertanto ringraziare tutti imiei colleghi, i responsabili e la di-rezione per la disponibilità e la fles-sibilità (turni, sostituzioni, ecc.)quando sono chiamata a recarmi al-le varie riunioni oltre Gottardo.Voglio inoltre ringraziare particolar-mente il Professor Moccetti, per ilsuo interesse rivolto alle personesorde e direttamente manifestatotre anni fa, in occasione di una con-ferenza che ha tenuto a Lugano,presso la Società silenziosa dei sor-di, sul tema del cuore.

In Sud Africa come delegata svizzera al 16° Congresso Mondiale dei Sordi.

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Dragana Veljkovic-RisticDelegata dellaFederazioneSvizzera dei Sordi

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La mia esperienzaa Durban

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La medicina tra umanesimo e tecnologia.Riflessioni con Leo’s Lab

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eo’s Lab è un’associazionenon a scopo di lucro che pro-pone eventi culturali e labo-

ratori didattici ispirati alla figura diLeonardo Da Vinci come innovatore.Da luglio a dicembre 2011, Leo’sLab, insieme al Di castero giovani edeventi di Lugano, ha allestito e coor-dinato una mostra sulle macchine diLeonardo Da Vinci all’ex-macello pub -blico. Durante la mostra sono statiorganizzati concerti, laboratori perbambini e incontri serali.

L’obbiettivo della collaborazionecon il Cardiocentro è di illustrare efocalizzare la forza e la libertà crea-tiva che si realizza quando esperti didiscipline diverse affrontano edesplorano argomenti insieme. Unapproccio in contrasto con l’iper-specializzazione che caratterizzanostri tempi.

I primi risultati di questa collabo-razione sono state le due serate pub-bliche organizzate in autunno inconcomitanza con la mostra “DaVinci al Macello”.

Natura Cultura Automa: 22 settembre 2011

Il Professor Carlo Sini ha svoltouna riflessione intorno al tema del-

la “Cultura come automa”, svilup-pando l’indagine presente nella suarecente pubblicazione L’uomo, lamacchina, l’automa. Lavoro e cono-scenza tra futuro prossimo e passatoremoto.

Il Professor Tiziano Moccetti ha ri-ferito con riguardo al tema “Naturae automa”, privilegiando la relazio-ne tra il lavoro dell’uomo e la tecno-logia. Gli interventi sono stati pre-ceduti dall’esecuzione ad opera del-l’ensemble Dhau (Luca Barbieri-Re -gi stri vocali; Luca Congedo-Per cus -sioni e elettrofonie) di I fiumi scor-

Thomas Eliot BrooksDirettore dell’as sociazione Leo’s Lab

Da maggio 2011, il Cardio centro collabora con l’associazione Leo’s Lab in una ricerca trasversale sul rapportotra l’uomo, il corpo umano e le macchine, con particolare attenzionealla salute e al benessere.

L

EVEN

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rono, brano di Finnegans Wake tra-dotto da James Joyce stesso e datoalle stampe in Venezia nel 1955.

Tecnica Prospettiva Figurazione:17 ottobre 2011

Il Dottor Francesco Faletra ha pre-sentato “Camminando per il cuore”,una panoramica sull’evoluzione del-la tecnica di visualizzazione del cuo-re dai disegni anatomici di Leo nardoda Vinci ad oggi. L’ensemble Dhau haeseguito un frammento di Hypne -rotomachia Poliphili, opera attribui-ta a Francesco Colonna e data allestampe da Aldo Manuzio nel 1499. Ilbrano racconta di Polifilo che, im-battutosi in una gigantesca statuabronzea adagiata al suolo, vi si ad-dentra per esplorarne il corpo.

Durante queste serate sono nateproposte di futuri progetti editoria-li, didattici e culturali che sono orain fase di progettazione.

Mostra sulle macchine di Leonardo da Vinci all’ex-macello pub blico.

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stata un’esperienza profes-sionale arricchente, la seriedi trasmissioni di “Medicina

in Corsia” realizzate con il Cardio -centro Ticino, che ho avuto il privi-legio di curare e condurre. Un’espe -rienza ben inteso non solo lavorati-va, ma anche umana. Parlare di me-dicina in televisione non è sempli-ce. Riuscire a trovare un equilibriotra informazione tecnica, quella perintenderci impiegata dagli addettiai lavori, e un linguaggio adatto algrande pubblico, è sempre un’artemolto delicata. Penso che nel corso

delle 5 puntate, però, siamo riusci-ti a proporre, senza banalizzare gliargomenti e il lavoro di tante perso-ne, un panorama completo dellostato della medicina e della ricercache previene, combatte e cura lemalattie cardiache.

Questo è stato possibile grazie allepersone meravigliose che ho avuto ilpiacere di incontrare in questo ospe-dale. Persone illuminate dalla pas-sione per il loro lavoro, dal fuocodella scienza e soprattutto dall’amo-re per il prossimo. Persone che conpazienza mi hanno aiutato ad entra-

re in un mondo non semplice, per-mettendomi di moderare in studioargomenti tutt’altro che scontati.

Tutto è cominciato la scorsa esta-te quando mi sono recato al Car -diocentro Ticino per il primo incon-tro. Lì ad attendermi, Marco Boneff,la persona che per l’istituto ospeda-liero ha coordinato in maniera im-peccabile non solo gli appuntamen-ti per le riprese in studio e quelleesterne, ma proponendo anche dipuntata in puntata interessanti spun-ti su cui discutere. Un lavoro da cer-tosino il suo, che ha permesso, gra-

Raccontare il Cardiocentro

Le cinque puntate di “Medicina in corsia” su Teleticino.

Gianfranco De Santis, Giornalista, curatore e conduttore del programma

È

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fine marzo compirà due annil’azzeccata collaborazione fraCar dio centro Ti cino e “Giornale

del Po polo”. Grazie ad essa ogni martedìi lettori del quotidiano possono trovarein bella evidenza, sull’ultima pagina, larubrica “Pro blemi di cuore”.

A dispetto del titolo scherzosamente si-billino, quelli che vengono affrontati inquesto spazio non sono certo temi sentimentali, bensì questionimedico-scientifiche che riguardano il muscolo cardiaco. Ad ap-profondirli sono specialisti del Cardiocentro che con i loro testicontinuano a suscitare un largo interesse fra i nostri lettori. A lo-ro si deve gran parte del crescente successo che la rubrica incon-tra. In nanzitutto per la competenza e l’autorevolezza con cui pre-sentano l’argomento, ma anche (risvolto non certo meno impor-tante sulle colonne di un giornale) per la chiarezza nell’esposizio-ne: riuscire a trasmettere al pubblico complesse nozioni medichenon è certo impresa da poco. Al punto che certe volte provo qua-si un senso d’invidia verso questi medici che sanno anche… “ru-bare il mestiere” a noi giornalisti. Lo stile accattivante della pre-sentazione favorisce certo la lettura. Ma sono specialmente i con-tenuti a “fare la differenza”. Si coglie chiaramente che ogni te-ma trattato settimanalmente è il frutto di un lavoro di ricerca edi concertazione dietro al quale sta sicuramente un’abile regia. Equi mi è di piacevole obbligo ringraziare il prof. Tiziano Moccetti,“padre” e “anima” del Cardiocentro che ha avuto l’intuizione diproporre questo progetto al nostro giornale. Ma vorrei anche rin-graziare il personale amministrativo col quale la nostra redazio-ne ha istaurato un’ottima collaborazione: ogni settimana il testo

PROBLEMI DI CUORELa rubrica settimanale del Cardiocentro sul Giornale del Popolo.

AClaudio Mésoniat,Direttore Giornale del Popolo

zie alla disponibilità di tutti i medi-ci, di realizzare in tempi stretti unprodotto televisivo ricco, non solodi parole, ma anche di straordinarieimmagini. Come quelle, solo per fa-re un esempio, di un intervento dicardiochirurgia, al quale la mia trou-pe ed io abbiamo avuto il piacere,con il permesso del professor Fran -cesco Siclari e del suo team di sala,di poter assistere. Un’esperienzaunica e indimenticabile.

Nel corso delle puntate sono statimolti i temi trattati. Da come evol-ve la pratica clinica con l’evoluzio-ne della tecnica, all’insufficienzacardiaca cronica, dalla prevenzionealla riabilitazione dopo un infartomiocardico acuto, e ancora l’impor-tanza della ricerca e della formazio-ne e il suo rapporto con la qualitàdelle cure. Un tema, quello della ri-cerca, particolarmente caro al Pro -fessor Tiziano Moccetti e a tutto ilsuo staff, che giorno dopo giornolottano per curare al meglio e contecniche all’avanguardia i loro pa-zienti.

Nel mio piccolo, questa straordi-naria esperienza mi ha permesso dipoter entrare, anche se solo per unbreve momento, nel dietro le quin-te del lavoro di tanti professionisti.Un lavoro duro, senza orari, scandi-to da molti sacrifici. Sacrifici ripaga-ti appieno dalla più grande delle vit-torie. La vita che continua a pulsare.

Un grazie ancora di cuore a tut-ti i col laboratori del CardiocentroTi ci no.

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Ciak si gira!

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l corridoio del secondo piano erano tutti pronti. Attori,troupe, comparse. “Motore... Azione!”, e la scena 112avrebbe preso vita. Mancavo solo io. Andrea, l’aiuto regi-

sta, per i corridoi a cercarmi. “Niccolò? Dove sei? Siamo pronti a gi-rare!”. È raro che il regista si assenti dal set. Anche se per qualcheminuto ho una pausa perché bisogna sistemare una lampada o iltrucco a un attore, mi piace rimanere sul posto, osservare tutto lo

splendido e invisibile circo che sta dietro la mac-china da presa, pensare alle prossime inquadra-ture o distendere il cervello con qualche battu-ta con chi ha voglia di ascoltarmi. In quel mo-mento ero dato per disperso...

Mi hanno trovato poco dopo, ero nella stanza204, dove i collaboratori del Cardiocentro stava-no aiutando scenografi, truccatrici e costumistead allestire la scena che avremmo girato quel po-meriggio. Mi ero imbambolato lì, nella penom-bra, a guardarli lavorare. Avevamo chiesto loro

di simulare un letto di cure intense, sul quale nel film il nostro pro-tagonista Jullo riposa dopo un’operazione a cuore aperto. Medici,paramedici, infermieri, truccatrice, costumista, scenografo, attrez-zista: era una simbiosi perfetta di cinema e mondo reale. “Metti unpo’ di sangue finto qui... ecco lì! Perché se hanno aperto il toraceallora vedresti sotto alle bende la ferita!”. E ancora “Io lo farei piùpallido, e se tagliamo il tubo per la respirazione artificiale lui lo puòstringere coi denti e sembra che sia veramente inserito!”. Che spin-ta. Che energia. Il personale del Cardio centro avrebbe potuto limi-tarsi a portarci i macchinari ed accenderli, ma no, si sono messi adisposizione con le loro conoscenze e tanta passione. Mi brillavanogli occhi: il film che fino a quel momento esisteva solo sulla cartaprendeva vita davanti a me. Non riuscivo a scollarmi. Ero immobile

Una troupe cinematografica al Cardiocentro.

A

Raccontare il Cardiocentro

per la rubrica arriva puntuale, dellagiusta misura e pronto da… “cuci-nare” in pagina, come diciamo ingergo giornalistico. Sicuramente an -che questa è una dimostrazione del-l’efficienza con cui si lavora al Car -diocentro.

Considerato l’interesse suscitatonel primo anno di pubblicazione,dallo scorso giugno la rubrica si è ul-teriormente impreziosita. E’ diven-tata - per usare un termine che vaalla grande - “interattiva”, nel sen-so che possono essere anche i letto-ri stessi a chiedere di trattare unospecifico argomento. Una volta almese infatti lo spazio settimanaledel Cardiocentro sul “Giornale delPopolo” diventa “La posta del cuo-re”, denominazione anche questascherzosamente sibillina per indica-re che la rubrica si occupa dei pro-blemi cardiaci sottoposti dai suoilettori.

Le domande possono essere invia-te alla nostra redazione per lettera(casella postale 627, 6903 Lugano)oppure per e-mail ([email protected])che le gira immediatamente al teamredazionale della rubrica il quale de-signa lo specialista più indicato pertrattare un determinato argomento.Grazie a “La posta del cuore” si svi-luppa dunque una filo diretto con ilettori che permette sia al GdP, siaal CCT, di conoscere meglio i temiche stanno loro più… a cuore.

Dopo due anni è persino stupefa-cente costatare quanti aspetti, sem-pre interessanti e sempre trattabilia livello divulgativo, scaturiscanocontinuamente da un’unica fonte, ilcuore appunto. Ciò conferma la va-lidità della collaborazione strettafra il Cardiocentro e il nostro gior-nale e rafforza la convinzione che sidebba continuare su questa strada.Magari con qualche novità in più.Ma per il momento non togliamo ilgusto della sorpresa.

Niccolò Castelli, Regista e sceneggiatore

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Opera prima del giovane regista lu-ganese Niccolò Castelli, Tutti Giù è unacoproduzione Imago Film, Lu gano, eRSI Radiotelevisione svizzera. Per al-cune scene del film – “un viaggio in trerealtà giovanili, lontane, separate, chea tratti si sfiorano nella circoscrittageografia luganese” (Giulia Fretta -Pro duzione fiction RSI) – il Cardio cen -tro ha volentieri messo a disposizionei propri spazi e dispensato qualcheconsiglio per rendere più verosimile lafinzione.

Tutti giù

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a guardare quei due mondi, così di-stanti e così simili, collaborare. Ecosì è stato anche in sala operato-ria, in ambulatorio, tre giorni inten-si e appassionati.

Quel che noi amiamo chiamare“l’artigianato cinema” è un mondoun po’ misterioso costellato di unamoltitudine di persone appassiona-te e professionali, ognuna con unsuo ruolo ben preciso oscuro ai più,che si adoperano alla riuscita delfilm. Una troupe invisibile ma indi-spensabile, che ho avuto la fortunadi poter “coordinare” per la realiz-

zazione di questo mio primo lungo-metraggio “Tutti Giù”. In un ospe-dale non è molto diverso e ho potu-to constatarlo durante quei 3 gior-ni di novembre passati presso ilCardio centro. Una moltitudine diprofessionisti, appassionati del loromestiere, che con grande sintonia ecoordinazione si adoperano in ciòche di più nobile esiste al mondo:salvare delle vite, o quantomenorendere migliore la vita di chi nonsta bene. Mi hanno spesso chiestocome mai nei film c’è sempre unospedale. È vero, o c’è un ospedale

o c’è un cimitero. “Insomma - mi ri-petono - sempre a parlar di morte!”.Ebbene sì, perché probabilmente lamorte, come l’amore d'altronde, cifa sentire tremendamente vivi, con-creti, reali. Ci spinge a voler fare ilmeglio nella nostra esistenza. Noicerchiamo di raccontarlo in pellico-le di 90 minuti; coloro che ho incro-ciato per i corridoi, le stanze, le sa-le operatorie e gli ambulatori delCardio cen tro, lo ribadiscono con-cretamente 365 giorni l’anno. E perquesto ci tengo a ringraziarli. Sì,ringraziarli con tutto il cuore!

“Informare, promuovere, dare vo-ce”, così il Presidente della Fon -da zione, l’Arch. Giorgio Giudici,titolava il primissimo editorialedel nostro CCT Ma gazine, dato inpasto alle rotative nel gennaio diormai cinque anni fa.

Un titolo emblematico che ben il-lustrava l’obiettivo di questa pub-blicazione: approfondire la relazio-ne tra il Centro e il territorio, infor-mare i pazienti, promuovere la salu-te e dare volto e voce ai 300 e piùcollaboratori che ogni giorno dedi-cano il proprio lavoro e le proprieenergie ai nostri pazienti. Una mis-sione e un’ambizione sempre attua-li e che oggi, a 11 numeri da quella

prima pubblicazione, ci sentiamo diribadire attraverso il rilascio di unanuova edizione digitale per iPad, al-la quale seguirà presto una contro-parte per iPhone.

Sviluppato dal nostro Servizio e -venti e comunicazione, in collabo-razione con DOS Group, l’applicazio-

ne vuole proporre al nostro pubbli-co la possibilità di accedere, legge-re e conservare la rivista in modo di-gitale, senza più rischiare di perder-ne un numero e senza dover accu-mulare carta nella propria libreria.Un’innovazione che aprirà la stradaa nuovi servizi per il paziente at-tualmente in sviluppo e che popole-ranno l’App Store nei prossimi mesi.“Stay tuned” dunque: Aprite l’AppStore sul vostro iPad e digitate “CCTMagazine”. Il download è gratuito e disponi-bile da subito!

Marco Boneff e Moira Turini

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PROG

ETTI

sentire a una persona qualificata di“vedere” attraverso gli occhi di unsoggetto in loco, non altrettantocompetente, e di guidarne azioni emovimenti a distanza.

Se occorre riparare un ecocar-diografo che sta ad Addis Abeba,per esempio, avremo bisogno “so-lo” di due paia di questi partico-lari occhiali: con i suoi occhiali, iltecnico specializzato che si trovain Germa nia vedrà esattamentequello che sta guardano, con isuoi occhiali, la persona in Africa,e quest’ultima vedrà apparire nelsuo campo visivo, in tempo reale,le istruzioni operative più appro-priate. Non dovrà fare altro chemimare passo per passo le indica-zioni che riceve.

L’aspetto innovativo di questo si-stema sta nella semplicità di utiliz-zo e nella possibilità offerta all’u-tente remoto di immergersi comple-

tamente nell’ambiente dell’altro,con il quale interagisce direttamen-te e naturalmente con i gesti dellemani. Si può comprendere come sia-no molti i potenziali campi applica-tivi di questa tecnologia; pensiamo,in una prospettiva niente affatto re-mota, alla formazione a distanza,alla possibilità di offrire consulta-zioni mediche, per fare solo degliesempi.

Il nostro progetto è in dirittura diarrivo, è stato brevettato, e contia-mo di poter presto passare dalla fa-se di test all’applicazione vera e pro-pria. Devo dire, per concludere, chenon saremmo neppure partiti se nonavessimo trovato nel Cardiocentro enella sua direzione quell’attenzionee quell’incoraggiamento che sonocondizione necessaria all’avvio diqualsiasi progetto innovativo. Lapercezione di trovare un terreno fer-tile per la germinazione delle ideeaiuta a individuare le opportunitàche sempre si celano dietro e oltregli ostacoli. Se questo progetto ve-drà la luce è grazie a due persone:Dante Moccetti, che ha saputo co -in volgere e motivare i partner giu-sti, e Max Petraglia che, malgrado imezzi limitati, ha affrontato e risol-to brillantemente ogni ostacolo dinatura tecnica. Un ringraziamentoparticolare va anche a MaurizioCodoni che ha saputo coordinare econcretizzare un progetto altamentetecnologico e di difficile attuazione.

Non ipotesi fantascientifica ma tecnologia alla nostra portata.

Pietro VeragouthVice Presidente Fondazione Bambini Cardiopatici nel Mondo

l lavoro della FondazioneBambini Cardiopatici nelMondo è spesso ostacolato,

o addirittura vanificato, da quei nor-mali problemi che quando si verifi-cano in paesi molto poveri, lontanie/o resi insicuri da conflitti più omeno latenti risultano insuperabili.Pensiamo alla manutenzione o allariparazione di un dispositivo medi-co, per esempio un ecocardiografo,come è recentemente capitato.

Per far fronte a queste situazioni,da oltre due anni, con il contributodi vari partner e della SUPSI, stiamoportando avanti un progetto che mi-ra proprio ad annullare le distanzegeografiche, permettendo a un tec-nico specializzato di operare a di-stanza.

In pratica si tratta di un dispositi-vo ottico, simile nell’aspetto a deinormali occhiali, che collegato tra-mite Internet permette a una perso-na di essere “presente” in una datasituazione pur trovandosi fisica-mente in un altro luogo. È una par-ticolare applicazione della cosiddet-ta “realtà aumentata”, una tecnolo-gia dalle enormi prospettive di svi-luppo. Nello specifico, vogliamo con -

I

La telepresenza

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a anni il Cardio -centro e la Fon -dazione bam bi -ni cardiopaticinel mondo so-stengono e con-ducono iniziati-

ve umanitarie in Guinea Bissau, piccolo Statodell’Africa occidentale classificato tra i 20Paesi più poveri del mondo. Gli interventihanno riguardato la fornitura di materialeospedaliero e apparecchi diagnostici, il donodi un mezzo di trasporto per consentire a per-sonale medico di raggiungere villaggi e areeperiferiche del Paese, la presa a carico di bam-bini affetti da patologie cardiache operabili.

Ora un nuovo progetto, più strutturato ecomplesso, darà continuità agli interventi ecomporterà il coinvolgimento diretto dei va-ri servizi del Cardiocentro. Ne parliamo con ilDr. med. Giovanni Pedrazzini, sostituto prima-rio di cardiologia e artefice dell’iniziativa.

Dr. Pedrazzini, dunque si farà di più, in Guinea.

Sì. Il progetto Guinea Bissau segna per co-sì dire una maturazione del nostro impegnoa favore dei bambini cardiopatici della Gui -nea Bissau e, vorrei dire, a favore della popo-lazione della Guinea Bissau in generale.

In effetti abbiamo dato conto molto spes-so, su queste pagine, di iniziative umani-tarie in Guinea Bissau e soprattutto, ab-biamo mostrato i volti dei bambini curatie guariti grazie al Cardiocentro. Cosa c’è di nuovo ora?

Proprio l’esperienza di questi anni, le rela-zioni che sono state avviate e intensificate,l’acquisita consapevolezza di quello che pos-siamo fare ci hanno convinti che siamo ma-turi per un salto di qualità, cioè per un impe-gno più strutturato e intenso, molto più in-tenso.

SOLI

DARI

ETÀ

D

Guinea Bissau:il Cardiocentro rilancia

L’ingresso del centro di cardiologia pediatrica della clinica Ceu e Terras di Bissau.

Si intensificano gli sforzi percurare i bambini cardiopaticidel piccolo Stato africano.

Giovanni PedrazziniCardiologoCaposervizio dicardiologia

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2930 franchi. È questa la somma raccolta dalle ra-gazze e dai ragazzi della scuola di danza Paola Masera, esi-bitisi lo scorso 27 settembre al Teatro Cittadella di Lugano.Lo spettacolo, organizzato espressamente con lo scopo diraccogliere fondi per i bambini cardiopatici, è stato intito-lato “Con la danza nel cuore” e ha visto la partecipazione deiballerini professionisti Gianmarco Gallo e Caterina Marti -nenghi, Virgilia Uehlinger e Jeremy Pfisterer nonché – ovvia-mente - degli allievi della scuola: bambini, giovani e adulti.Gli artisti si sono cimentati in una rappresentazione vario-pinta, che ha spaziato dal canto alla danza classica interca-lando alla tradizione i ritmi energici e coinvolgenti dell’hiphop. Memorabile e commovente anche l’esibizione conclusi-va per la quale il vicepresidente della Fondazione BambiniCardiopatici nel Mondo Pietro Veragouth ha calorosamenteringraziato la direttrice e i ragazzi.

In fotografia la signora Paola Masera, ideatrice della se-rata e titolare della scuola mentre consegna il devolutodella serata a Fabio Rezzonico, direttore amministrativodel Cardiocentro Ticino.

Ridere fa bene al cuore: lo hanno dimostra-to i dieci vignettisti (Alberti, Boneff, Crivelli, Demarta, Mar -tinez, Meniconzi, Mordasini, Schafroth, Romano e Tognola)che tra l’8 e il 14 giugno scorsi, in occasione della secondaedizione del prologo del tour de Suisse a Lugano, hanno pre-sentato nel Patio del Palazzo civico una mostra di vignettea tema ciclistico, con lo scopo di regalare un futuro ad alcu-ni tra i bambini più poveri e sfortunati del mondo. Tramitela vendita di 50 cartelle numerate e autografate contenentiuna selezione delle migliori opere della mostra, i 10 vignet-tisti hanno difatti potuto donare alla Fondazione bambiniCardio patici nel Mondo ben 10'300 franchi.

In foto Armando Boneff, in rappresentanza dei gene-rosi vignettisti consegna l’assegno al presidente dellaFon dazione Max Spiess e alla direzione del CardiocentroTicino.

Prologo del Tour de SuisseMostra di vignette Ride the bike

Danza del cuore

Vale a dire?Vale a dire che il progetto presup-

pone l’attiva presenza di un team edunque parte perché ha alle spalle ilCardiocentro nel suo complesso – di -re zione, cardiologi, cardiochirurghi,cardioanestesisti, infermieri… – hail pieno supporto della Fonda zionebambini cardiopatici nel mondo e ilsostegno indispensabile del volon-tariato (come sempre possiamo con-tare sull’amica Patrizia Cameroni esulla sua impagabile dedizione).

Nel concreto, cosa contate di fare?

Il progetto si sviluppa essenzial-mente in due momenti e in due sce-nari completamente diversi. Il pri-mo prevede un supporto diagnosti-

co clinico-ecocardiografico diretta-mente in Guinea, con 3-4 missioniall’anno di 4 giorni svolte da un me-dico cardiologo supportato da gio-vani medici in formazione.

Lo scopo di queste missioni è quel-lo di valutare le cardiopatie sospet-te, di registrarle mediante l’eco por-tatile che abbiamo regalato un an-no fa, di trasmettere le registrazio-ni a Lugano in modo che possanoessere discusse e valutate dal teamdell’imaging del Cardiocentro e infi-ne, sulla base del referto, di proce-dere con il triage.

E una volta individuate le cardiopatie?

A quel punto sarà importante en-trare nel merito dei singoli casi, per

affrontarli in modo ottimale. I bam-bini con patologie congenite opera-bili verranno mandati nei centri car-diochirurgici pediatrici di Madrid,Lisbona, Milano, Bergamo e Novara,mentre noi ci concentreremo suiproblemi valvolari, sulle valvulopa-tie reumatiche.

E qui immagino si apra il secondo scenario.

Infatti. Le patologie valvolari ver-ranno operate al Cardiocentro. I pic-coli pazienti arriveranno a gruppi di2 o 3, insieme con il nostro cardio-logo di ritorno dalla sua missione.Verranno operati e torneranno inGuinea con la missione successiva,che rifarà il percorso della prima, ecosì via. In questo modo si ottimiz-

Guinea Bissau: il Cardiocentro rilancia

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FON

DAZIONEBAM

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ARDIOPATICINELMO

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Fondazione Bambini Cardiopatici nel Mondowww.bambinicardiopatici.ch

Tutto esaurito per lo spettacolo di beneficenza deltenore lirico di fama internazionale José Carreras e dellamezzosoprano ticinese Giuliana Castellani. Insieme e per laprima volta a Lugano i due artisti si sono esibiti al Palazzodei congressi in un recital natalizio intitolato “Grandi Vociper il Cuore”, un concerto organizzato dalla fondazione Bam -bini Cardiopatici nel Mondo e sostenuto da una lunga listadi sponsor tra i quali citiamo la Famiglia Malacalza, ilCardiocentro Ticino e la Schenini SA di Lu gano.Gli interpreti so no sta-ti accompagnati daigiovani del coro di vo-ci bianche “Clai riè re” edal l’Or chestra sin fo ni -ca del Conser va toriodella Sviz zera italiana,diretti per l’oc casionedal Mo. David Giménez.Acclamato dalla criticae dal pubblico il concerto ha proposto una selezione dei piùfamosi canti natalizi tra i quali l’Adeste Fidelis, Wiegenlieddi Brahms, Mille Cherubini in coro di Schubert e WhiteChristmas di Berlin. 16 brani più bis che hanno certamentelasciato un indelebile ricordo nei circa mille spettatori chesono riusciti ad aggiudicarsi un biglietto. E indelebili saranno anche gli effetti dell’iniziativa: grazie aquesto concerto, nel 2012 12 bambini della Guinea Bissau ri-conquisteranno un futuro grazie al trasferimento e alla curain Svizzera della propria malattia!

Il cuore TupperwareGrandi Voci per il cuore

zano i costi e si razionalizza la ge-stione del progetto.

Ma il Cardiocentro è attrezzato pereffettuare interventi pediatrici?

In realtà la selezione in Guinea deipazienti da operare avverrà attra-verso un colloquio cardiochirurgicoin team, valutando anche il pesocorporeo dei giovani pazienti.

Almeno in una prima fase, si por-teranno al Cardiocentro solo sog-getti di peso non inferiore ai 25 Kg,per i quali non occorrono strumen-tazioni particolari.

Una sfida difficile.Certamente. Per questo ho pre-

messo che il progetto si può affron-tare solo con la collaborazione e il

supporto di tutti i servizi del Car dio -centro. Devo dire che ho trovato neimiei colleghi tutta la sensibilità e ladisponibilità che sapevo di potertrovare. Tra l’altro, come si può im-maginare, l’impegno richiesto vaben al di là del Cardiocentro.

Ab bia mo il sostegno del reparto diPediatria del Civico – indispensabi-le durante la degenza –; ci sono lefamiglie affidatarie da coinvolgere eda selezionare mediante colloqui…

È anche un impegno economicoOvviamente. Chi va in Guinea Bis -

sau ci va a proprie spese, come sem-pre, ma il percorso di cura ha i suoicosti e pur potendo contare, comesempre, sulla Fondazione bambinicardiopatici nel mondo, occorre tro-

vare finanziamenti e reperire risor-se. Le iniziative di cui si dà conto inqueste pagine dimostrano che nonmanca né la buona volontà né lafantasia per trovarle.

E quando parte il progetto?È già partito: i primi due bambini

sono già arrivati, sono già stati ope-rati e stanno bene.

Da diversi anni l’azienda Tupperware dedica il me -se di gennaio al sostegno di progetti umanitari. Quest’annoha scelto il progetto Guinea Bissau e per l’occasione ha rea-lizzato un contenitore a forma di cuore e lo ha com mer cia -lizza to attraverso la sua rete vendita, impegnandosi a devol-vere il ricavato a beneficio dei bambini cardiopatici dellaGuinea Bissau.

L’idea di proporre questo progetto all’attenzione della Tup -perware si deve a Lorenza Soumaré – mamma, infermiera edimostratrice Tupperware – che venutane a conoscenza a se-guito di un incontro con Patrizia Cameroni, ha immediata-mente coinvolto la responsabile Tupperware Ticino, Dolo resTognetti. Il progetto Guinea Bissau è stato quindi sotto-posto al direttore Tupperware Svizzera, il quale, entusia-sta dell’iniziativa, lo ha immediatamente avallato.

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P.P.6900 Massagno