CASO 1 (calcolo della pena - dispositivo) · Un caso apparentemente semplice richiede, invero, di...
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CASO 1 (calcolo della pena - dispositivo)
Tizio, Caio, Sempronio e Mevio,
imputati dei reati, commessi tutti la sera dell’8/6/2013 in concorso fra loro,
A) furto pluriaggravato (artt. 110, 624 e 625 nn. 2, 5 e 7 > autovettura rubata in strada con
forzatura della portiera da quattro persone),
B) furto con strappo (artt. 110 e 624 bis c.p. > borsetta contenente la somma di 10.000
euro in contanti, carta di credito e bancomat, documenti vari, effetti personali, strappata
alla ragazza Y che non riusciva ad opporre resistenza, ATTENZIONE, C’E’
L’AGGRAVANTE IN FATTO DEL NUMERO DELLE PERSONE CHE FINGIAMO DI
POTER IGNORARE.
C) appropriazione indebita (artt. 110 e 646 c.p. > mancata restituzione dell’autovettura
presa a noleggio per un giorno).
Tizio è incensurato, confessò in sede di interrogatorio di garanzia (mentre i coimputati si
avvalsero della facoltà di non rispondere), ha risarcito integralmente il danno alla persona
offesa del reato sub 3 prima del giudizio e solo parzialmente quello subito dal proprietario
dell’autovettura (reato sub 1).
Caio è incensurato, ma ha due recenti precedenti di polizia per furto e ricettazione.
Sempronio, al quale è stata contestata la recidiva reiterata “semplice” (art. 99 comma 4
prima parte), ha due riportato due precedenti condanne a pena detentiva nel 1987 (per
spendita di monete false) e nel 1990 (per sostituzione di persona), la prima delle quali a
pena sospesa.
Mevio, cui è contestata la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, ha riportato dieci
precedenti condanne, delle quali le ultime tre – due per rapina ed una per furto – divenute
irrevocabili fra il 2010 ed il 2012, con applicazione della recidiva reiterata (come risulta
dal certificato del casellario giudiziale).
La difesa della parte civile Y presenta conclusioni scritte, chiedendo la condanna degli
imputati in solido al risarcimento del danno nella sua integralità, quantificato in € 30.000,
ed al pagamento di una provvisionale di € 10.000 .
La responsabilità di tutti gli imputati, ad esito del giudizio abbreviato, è stata ampiamente
dimostrata in ordine a tutti i reati loro ascritti, così come contestati.
Senza motivare in ordine al trattamento sanzionatorio (quantificazione della pena,
eventuale riconoscimento di attenuanti, ecc….), si rediga direttamente il dispositivo: in
questa sede viene privilegiato l’aspetto inerente il corretto calcolo della pena, immune
da errori, rispetto alla valutazione sulla più consona applicazione del potere discrezionale
del giudice nell’applicazione della pena, sul quale verranno comunque fornite alcune
indicazioni, con richiamo della giurisprudenza su vari profili di interesse.
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POSSIBILE DISPOSITIVO CORRETTO
P.Q.M.
Visti gli artt. 438, 533, 535, 538-541 c.p.p.,
dichiara Caio, Tizio, Sempronio e Mevio colpevoli dei reati loro ascritti, uniti dal vincolo
della continuazione, e per l’effetto:
1) condanna Tizio, riconosciute le attenuanti generiche e – in relazione al solo reato sub
C) – quella prevista dall’art. 62 n. 6 c.p., con la diminuente per il rito, alla pena di anni uno
e mesi quattro di reclusione ed euro 400 di multa. Pena sospesa e non menzione della
condanna;
2) condanna Caio, applicata la diminuente per il rito, alla pena di anni due e mesi quattro
di reclusione ed euro 400 di multa;
3) condanna Sempronio, esclusa l’applicazione della recidiva e con la diminuente per il
rito, alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 400 di multa;
4) condanna Mevio, applicata la recidiva e con la diminuente per il rito, alla pena di anni
tre e mesi quattro di reclusione ed euro 360 di multa.
Condanna gli imputati al pagamento delle spese processuali, di quelle di mantenimento
durante la custodia cautelare e – in solido tra loro – al risarcimento del danno subito dalla
parte civile, da liquidare in separato giudizio civile, nonché al pagamento in favore della
stessa parte di una provvisionale di 10.000 euro, immediatamente esecutiva ex lege.
Condanna gli imputati in solido al pagamento delle spese di assistenza e difesa sostenute
dalla parte civile, liquidate in complessivi € 2.000, oltre spese forfettarie (15%), C.P.A. ed
I.V.A. come per legge.
MOTIVAZIONE DEL TRATTAMENTO SANZIONATORIO, ALLA LUCE
ANCHE DEI PRINCIPI GIURISPRUDENZIALI.
Un caso apparentemente semplice richiede, invero, di affrontare numerose questioni, tutte
inerenti il trattamento sanzionatorio.
1. Tre reati contro il patrimonio, commessi a distanza di poche ore > applicabile la
disciplina della continuazione…
…anche se l’identità del disegno criminoso non può essere confusa con il generico
proposito di commettere reati, derivante da una scelta di vita deviante: infatti, perché possa
essere ritenuta la continuazione, è necessario che i vari reati siano stati programmati sin
dall’inizio nelle loro linee essenziali e, a tal fine, l’esistenza di un’ideazione preventiva e
unitaria deve essere provata con una serie di elementi dai quali possa desumersi che sin
dalla commissione del primo reato esistesse un programma criminoso diretto alla
commissione di altri reati: anche da ultimo – Cass. 17/11/2015, Hamami A.S., RV 266179
– la Suprema Corte ha statuito che, “ai fini dell'unicità del disegno criminoso, è necessario
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che le singole violazioni, concepite almeno nelle loro caratteristiche essenziali,
costituiscano parte integrante di un unico programma deliberato per conseguire un
determinato fine (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 5599/14 del 03/10/2013, Hudorovich, Rv.
258862); ancora più specificamente si è aggiunto che l'identità del disegno criminoso
deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale
riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale
da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto
l'occasionalità di uno dei due”.
1 bis. Quale il reato più grave? La risposta è ovvia se non si riconosce alcuna attenuante.
Non lo è nel caso in cui, ad esempio, si intendano riconoscere le attenuanti generiche a
Tizio (che – come si vedrà – le merita).
Soccorre una nota pronuncia delle Sezioni Unite > Cass. n. 25939 del 28/02/2013
Cc. (dep. 13/06/2013) Rv. 255347 Presidente: Lupo E. Estensore: Cassano M. Relatore:
Cassano M. Imputato: P.G. in proc. Ciabotti e altro. P.M. Izzo G. (Conf.)
“In tema di reato continuato, la violazione più grave va individuata in astratto in base alla
pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze
in cui la fattispecie si è manifestata e all'eventuale giudizio di comparazione fra di esse” 1.
Con la stessa decisione la Suprema Corte ha ribadito altri importanti principi di diritto:
1.“…è indubbio che, nel concorso fra tali reati [delitto e contravvenzione], debba essere
ritenuta più grave la violazione costituente delitto, anche se la contravvenzione è punita
edittalmente con una pena che, riguardata sotto il profilo della conversione, risulti
maggiore quantitativamente rispetto a quella stabilita per il delitto”.
2.“In caso di concorso di reati puniti con sanzioni omogenee sia nel genere che nella
specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l'individuazione del
concreto trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto dal giudice più grave non può
comportare l'irrogazione di una pena inferiore nel minimo a quella prevista per uno dei
reati-satellite” 2.
1 precisa in proposito la sentenza: “…allorché occorra individuare il reato più grave, deve farsi
riferimento alla pena edittale, ovvero alla gravità "astratta" dei reati per i quali è intervenuta condanna,
dandosi rilievo esclusivo alla pena prevista dalla legge per ciascun reato, senza che possano venire in
rilievo anche gli indici di determinazione della pena di cui all'art. 133 cod. pen. che possono contribuire
alla determinazione di quella da infliggere in concreto. Ciò posto, però, occorre considerare che la
nozione di "violazione più grave" ha una valenza "complessa", che muovendo dalla sanzione edittale
comminata in astratto per una determinata fattispecie criminosa, implica la valutazione delle sue
concrete modalità di manifestazione….Di conseguenza, una volta che sia stata riconosciuta la
sussistenza delle circostanze attenuanti e che sia stato effettuato il doveroso giudizio di bilanciamento
delle stesse rispetto alle aggravanti, l'individuazione in astratto della pena edittale non può prescindere
dal risultato finale di tale giudizio, dovendosi calcolare nel minimo l'effetto di riduzione per le
attenuanti e nel massimo l'aumento per le circostanze aggravanti”.
2 ad esempio, in caso di continuazione fra i reati di violenza privata (punito con la reclusione fino a
quattro anni) e truffa semplice (punita con la pena da sei mesi a tre anni, oltre a quella pecuniaria), pur
essendo più grave il primo reato, la pena base non potrà essere determinata in misura inferiore ai sei mesi
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3.“Anche se essa deve essere il risultato di una operazione unitaria, occorre tuttavia che
sia individuabile la pena stabilita dal giudice in aumento per ciascun reato-satellite…
4.“In presenza di più reati uniti tra loro con il vincolo della continuazione, se il giudice
non ha espressamente indicato le imputazioni in relazione alle quali sono state
riconosciute le circostanze attenuanti generiche, queste ultime debbono intendersi
riferite, sulla base di una valutazione globale del complesso dei fatti funzionale ad
accertare aspetti fondamentali ai fini del complessivo trattamento sanzionatorio (quali la
capacità a delinquere, l'intensità del dolo, la condotta del reo antecedente,
contemporanea e susseguente al singolo fatto, etc.) e in assenza di specifici elementi di
segno contrario, a tutti i reati in contestazione per il principio del favor rei e tenuto conto
della natura stessa di tali circostanze, basate su considerazioni attinenti alla personalità
dell'imputato”.
Nel caso specifico, ipotizzando di riconoscere a Tizio le attenuanti generiche equivalenti
alle aggravanti del furto dell’autovettura (a maggior ragione se prevalenti), il reato più
grave diventerà quello sub B) (la pena del 624 bis va da 1 a 6 anni, mentre quella
dell’ipotesi base del 624 c.p. da sei mesi a 3 anni).
A quel punto, però, divenuto più grave il reato sub B), non aggravato, le attenuanti
generiche non entreranno più nel giudizio di comparazione con le aggravanti del furto ex
art. 624-625 c.p., in quanto questo è divenuto reato-satellite: infatti, secondo
giurisprudenza consolidata 3, il giudizio di comparazione fra circostanze trova
applicazione solo con riguardo al fatto considerato come violazione più grave e con
riferimento alle sole aggravanti ed attenuanti che allo stesso specificamente si riferiscono,
cosicché delle circostanze riguardanti ciascuno dei reati satellite si deve tener conto
esclusivamente ai fini dell’aumento di pena ex art. 81 codice penale.
1 ter…Quale valore avrà il risarcimento integrale effettuato da Tizio per il reato sub C)?
Anche su questo punto si sono espresse le Sezioni Unite (Sentenza n. 3286 del
27/11/2008 Ud. (dep. 23/01/2009 ) Rv. 241755 Presidente: Carbone V. Estensore: Fiale
A. Relatore: Fiale A. Imputato: Chiodi. P.M. Palombarini G. (Conf.): “Va affermato,
conseguentemente, il principio secondo il quale i reati uniti dal vincolo della
continuazione, con riferimento alle circostanze attenuanti ed aggravanti, conservano la
loro autonomia e si considerano come reati distinti. Ne consegue che, rispetto
all'aggravante della rilevanza economica del pregiudizio patrimoniale (art. 61, n. 7, cod.
pen.) ed alle attenuanti della speciale tenuità (art. 62, n. 4, cod. pen.) e dell'intervenuto
risarcimento (art. 62, n. 6, cod. pen.), l'entità del danno e l'efficacia della condotta
riparatoria devono essere valutate in relazione ad ogni singolo reato e non al complesso
(e quindi la pena complessiva non potrà essere inferiore a sei mesi ed un giorno di reclusione).
3 cfr., ad es., Cass. 25/3/2014, Di Maggio e altro, RV 260057; Cass. 13/11/2013, Gelao, RV 258348;
Cass. 30/6/2011, Toldan, RV 251403.
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di tutti i fatti illeciti avvinti dal vincolo della continuazione. Ciò incide, ad evidenza: sulla
individuazione del reato più grave; sulla determinazione della pena-base, nel caso in cui
la sussistenza della circostanza riguardi la violazione ritenuta più grave; sulla
determinazione del "quantum" dei rispettivi aumenti di pena, in caso di circostanza
inerente ad uno ovvero a più tra gli altri reati posti in continuazione” (in senso conforme
cfr., più di recente, Cass. 12/10/2011, Salpietro, RV 251128).
Pertanto il riconoscimento dell’attenuante ex art. 62 n. 6 c.p. (per Tizio) andrà valutata
nella quantificazione della pena in aumento per il reato-satellite sub C).
1 quater…Aumento minimo ex art. 81 comma 4 c.p. (rinvio).
2. Riconoscimento delle attenuanti generiche, che “non possono essere intese come
oggetto di benevola e discrezionale "concessione" del giudice, ma come il riconoscimento
di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da
valutare ai sensi dell'art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto
rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della
quantificazione della pena” 4.
Avuto riguardo a questi principi, in ragione delle circostanze sopra evidenziate
(incensuratezza, comportamento processuale con la confessione e parziale risarcimento del
danno), solo Tizio appare meritevole della concessione delle attenuanti generiche.
L’unico elemento positivo per Caio è la sua incensuratezza, ma “il mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente
giustificato con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione
dopo la modifica dell'art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con
modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della
concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza
dell'imputato” 5.
Inoltre Caio ha precedenti di polizia ed in proposito va ricordato, che secondo costante
giurisprudenza (cfr., anche da ultimo, Cass. 22/2-15/3/2016 ord. n. 10900, non
massimata), fra gli elementi di valutazione utilizzabili ai fini del giudizio sul
riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale, sulla concessione delle
4 così Cass. 15/7-10/9/2015 n. 36729, non massimata; in senso conforme v., da ultimo, Cass. 12/11/2015-
15/4/2016 n. 15769 e Cass. 26/11/2015-8/4/2016 n. 14242. Inoltre, ai fini della concessione o del diniego
delle suddette attenuanti, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133
c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché
anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di
esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (ex plurimis v. Cass. 26/6/2013 n. 45672, Maniaci;
Cass. 19/3/2014, Lule, RV 259899; Cass. 4/12/2014, Masella, RV 262483; Cass. 15/7-21/8/2015 n. 3508,
non massimata; da ultimo cfr. Cass. 27/10/2015-20/1/2016 n. 2258 e Cass. 26/1-31/3/2016 n. 13090, non
massimate). Le attenuanti generiche, dunque, legittimamente possono essere negate anche solo alla
luce dei precedenti penali dell’imputato (Cass. 29/10-4/12/2015 n. 48226, non massimata). 5 così, da ultimo, Cass. 11/2-31/3/2016 n. 13022, non massimata.
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circostanze attenuanti generiche e sulla determinazione dell’entità della pena rientrano i
precedenti giudiziari e di polizia.
3. A fronte della contestazione della recidiva, aggravante inerente la persona del colpevole
(art. 70 comma 2 c.p.), il giudice ha il dovere di pronunciarsi, non potendo ignorarla.
In primo luogo si dovrà valutare se la stessa è stata correttamente contestata (non lo è, ad
esempio, se le precedenti condanne non si riferiscono a delitti dolosi ovvero sono divenute
irrevocabili dopo la commissione del reato per cui si procede ovvero si era estinto ogni
effetto penale della condanna 6; quindi dovrà verificare in concreto “se la reiterazione
dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità…., al di là del mero ed
indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali” 7 (anche per i reati
più gravi di cui all’art. 99 comma 5 c.p., per i quali l’applicazione della recidiva era
obbligatoria; ciò in seguito alla sentenza n. 185 dell’8-23/7/2015, con la quale la Corte
costituzionale, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del
codice penale, limitatamente alle parole «è obbligatorio e,”);
Nel caso di specie i due precedenti non gravi né specifici e risalenti nel tempo inducono a
non applicare in concreto la recidiva a Sempronio.
Conclusioni opposte vanno tratte per Mevio, in ragione degli indicati precedenti.
Per Mevio la recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, comportando un aumento di
2/3, è circostanza aggravante ad effetto speciale: le Sezioni Unite, nella nota sentenza
“Indelicato” (del 24/2/2011, RV 249664), che costituisce una sorta di vademecum in tema
di recidiva, hanno statuito che “la recidiva, che può determinare un aumento di pena
superiore ad un terzo, è una circostanza ad effetto speciale e, pertanto, soggiace, ove
ricorrano ad altre circostanze ad effetto speciale, alla regola dell’applicazione della pena
stabilita per la circostanza più grave, con possibilità per il giudice di un ulteriore
6 secondo il disposto dell’art. 106 comma 2 c.p. (ad esempio, in caso di riabilitazione ovvero di
declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni
previste dall'art. 445 c.p.: cfr., da ultimo, Cass. 29/1/2016, Mandri, RV 266119).
7 “della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qualità dei comportamenti, del
margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente fra
loro, dell'eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante
significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza (così le Sezioni Unite “Calibé e altro”
del 27/5/2010, RV 247839): “la recidiva reiterata di cui all'art. 99, quarto comma, c.p., opera quale
circostanza aggravante facoltativa, nel senso che è consentito al giudice escluderla ove non la ritenga in
concreto espressione di maggior colpevolezza o pericolosità sociale del reo; e che, dall'esclusione deriva
la sua ininfluenza non solo sulla determinazione della pena ma anche sugli ulteriori effetti commisurativi
della sanzione costituiti dal divieto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti di cui all'art.
69, quarto comma, c.p., dal limite minimo di aumento della pena per il cumulo formale di cui all'art. 81,
quarto comma, c.p., dall'inibizione all'accesso al "patteggiamento allargato" ed alla relativa riduzione
premiale di cui all'art. 444, comma 1 bis, c.p.p. 30”.
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aumento”, ai sensi dell’art. 63 comma 4° codice penale 8.
Pertanto, considerato che la circostanza ad effetto speciale più grave è quella prevista
dall’art. 625 ultimo comma c.p. (comportando un aumento di pena superiore al triplo per il
massimo e di sei volte per il minimo, rispetto ai 2/3 soltanto della recidiva), l’aumento di
pena per la recidiva, operato su quella prevista da detto articolo, non può superare il terzo.
Inoltre, il fatto che a Mevio sia già stato ritenuto recidivo reiterato in precedenza,
comporta l’applicazione dell’art. 81 comma 4 c.p.: “il limite di aumento minimo per la
continuazione, pari ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave (art. 81 c.p.,
comma 4 novellato dalla L. n. 251 del 2005, art. 5) trova applicazione nei soli casi in cui
l'imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa
antecedentemente alla data di commissione dei reati per i quali si procede” 9.
Va ricordato che detto aumento – che deve essere applicato, evidentemente, sulla pena già
aumentata per effetto della recidiva stessa (cfr., ad es., Cass. 14/11/2014, Youssef, RV
261055) – trova sempre un limite nel disposto dell’art. 81 comma 3° c.p., che vale per
tutte le ipotesi di applicazione della disciplina della continuazione o del concorso formale,
secondo il quale l’imputato non potrà subire un trattamento sanzionatorio deteriore rispetto
alla ipotesi in cui venisse applicato il regime del cumulo materiale.
Secondo la giurisprudenza nettamente prevalente, ai fini della operatività dei vari effetti
conseguenti all’ applicazione della recidiva (quindi anche per l’aumento ex art. 81 comma
4 c.p.) è sufficiente che la stessa sia stata riconosciuta, anche in assenza di un aumento
di pena per effetto del giudizio di equivalenza con circostanze attenuanti.
8 di recente, in senso conforme, v. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9365 del 13/02/2015 Ud. (dep. 04/03/2015 )
Rv. 263981 Presidente: Petti C. Estensore: Rago G. Relatore: Rago G. Imputato: Bellitto Grillo e
altri. P.M. D'Ambrosio : “va osservato che, mentre tutta la congerie di norme previste nell'art. 99 cod.
pen. trova la sua massima espansione nel momento in cui la recidiva è applicata singolarmente (o, in
concorso con altre aggravanti non speciali), al contrario, tutte le suddette peculiarità sfumano nel
momento in cui l'aggravante speciale della recidiva si trova a concorrere con altra aggravante speciale.
In questo caso, se la recidiva è ritenuta, ex art. 63 c.p., comma 4, aggravante speciale più grave, si
applicano tutte le regole dell'art. 99 cod. pen.. Ma, se la recidiva è ritenuta, fra le due o più aggravanti,
quella meno grave, allora perde ogni specificità ed è trattata come una "normale" aggravante speciale
secondo lo statuto previsto dall'art. 63 c.p., comma 4 che, sul punto, è sicuramente, norma speciale
valevole in ogni ipotesi di concorso fra aggravanti speciali. Il che comporta che, ove, come nel caso di
specie, l'aggravante speciale della recidiva, sia considerata meno grave, il giudice: a) può (e non "deve",
come stabilisce l'art. 99 c.p., comma 5) aumentare la pena determinata sulla base dell'aggravante
speciale più grave; b) ove il giudice ritenga di aumentare la pena anche per la recidiva, l'aumento va
determinato sulla base del combinato disposto dell'art. 63 c.p., comma 4 e art. 64 c.p., comma 1 e,
quindi, da un minimo di un giorno ad un massimo del terzo della pena base e non secondo gli
automatismi disciplinati dall'art. 99 cod. pen.”.
9 così Cass. 1/7/2010, Samuele, RV 248095; in senso conforme cfr. Cass. 28/9/2011, Guerreschi, RV
251883; Cass. 22/4/2010, Caniello, RV 247048; Cass. 2/7/2009, Delfino, RV 244843. Più di recente v.
Cass. 26/3/2013, De Luca, RV 256011.
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Tuttavia, da ultimo (Sez. 5, Ordinanza n. 18935 del 2016 udienza: 12/04/2016
Deposito: 05/05/2016), è stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione: se il
limite di aumento di pena non inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più
grave, di cui all'art. 81, quarto comma, cod. pen. nei confronti dei soggetti ai quali sia
stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99, quarto comma, stesso codice, operi anche
quando il giudice consideri la recidiva stessa equivalente alle riconosciute attenuanti”.
4. Per la determinazione della pena, può essere ricordato che, secondo costante
giurisprudenza, “la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra
inoltre tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la
pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il
cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei
quali sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 c.p.” (così, da ultimo, Cass. ord. 4/3-
21/4/2016 n. 16488, non massimata. In senso conforme cfr., ad es., Cass. 8/1-14/3/2016 n.
10462, non massimata; Cass. 12/3/2014, Del Toso, RV 260022; Cass. 20 /3/2013,
Serratore, RV 256197).
5. Possibile quantificazione della pena:
Tizio: (range del 624 bis c.p.: 1-6 anni e 309-1.032) > concesse le attenuanti generiche,
pena base per il più grave reato sub B) 1.6 di reclusione e 450 euro di multa, diminuita con
le generiche ad un anno e 300, aumentata per la continuazione a 1.6 di reclusione e 450
euro di multa (4 mesi e 100 euro per l’altro furto e 2 mesi e 50 euro per l’appropriazione
indebita, considerata l’attenuante del danno risarcito), ridotta per il rito a un anno di
reclusione e 300 euro di multa.
Per gli altri: range del 625 ultimo comma c.p. > 3-10 anni e 206- 1.549
Caio: pena base per il più grave reato sub A) 3 anni di reclusione e 300 euro di multa,
aumentata per la continuazione a 3.6 di reclusione e 450 euro di multa (3 mesi e 100 euro
per l’altro furto e 3 mesi e 50 euro per l’appropriazione indebita), ridotta per il rito a due
anni e quattro mesi di reclusione e 300 euro di multa.
Sempronio: pena base per il più grave reato sub A) 3 anni di reclusione e 300 euro di
multa (esclusa l’applicazione della recidiva), aumentata per la continuazione a 3.6 di
reclusione e 450 euro di multa (3 mesi e 100 euro per l’altro furto e 3 mesi e 50 euro per
l’appropriazione indebita), ridotta per il rito a due anni e quattro mesi di reclusione e 300
euro di multa.
Mevio: pena base per il più grave reato sub A) 3 anni di reclusione e 300 euro di multa,
aumentata per la recidiva (fino a un terzo, ex art. 63 comma 4 c.p.) a 3.9 e 400, aumentata
per la continuazione (minimo un terzo, ex art. 81 comma 4 c.p.) a 5 anni di reclusione e
540 euro di multa (10 mesi e 100 euro per l’altro furto e 5 mesi e 40 euro per
l’appropriazione indebita), ridotta per il rito a tre anni e quattro mesi di reclusione e 360
euro di multa.
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Non va applicata la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici
perché, nell’applicazione delle pene accessorie, in caso di reato continuato, si deve fare
riferimento all’entità della pena principale inflitta per il reato più grave e non già a quella
individuata dopo l'aumento per la continuazione 10.
6. Giudizio prognostico favorevole per Tizio, che può beneficiare della sospensione
condizionale della pena. Può essere riconosciuto anche il beneficio della non menzione
della condanna, che però non è un diritto dell’imputato incensurato. Detto beneficio è
fondato sul principio dell’emenda, mediante cui si tende a favorire il processo di recupero
morale e sociale e che i presupposti per il suo riconoscimento sono diversi da quelli della
sospensione condizionale della pena perché, mentre quest’ultima ha l’obiettivo di sottrarre
alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di costituire,
attraverso la possibilità di revoca, una efficace remora ad ulteriori violazioni della legge
penale, il primo persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante
l'eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato, sicché
non è contraddittorio il diniego di uno dei due benefici e la concessione dell’altro 11.
Per gli altri imputati si è al di fuori dei limiti previsti dall’art. 163 c.p.; in ogni caso,
quand’anche la pena fosse stata inferiore ai due anni, i recenti precedenti giudiziari (o di
polizia) di Caio non avrebbero consentito di formulare un giudizio prognostico favorevole.
Per Mevio la presenza di due precedenti condanne a pena detentiva per delitto, delle quali
una a pena sospesa, sarebbe stata in ogni caso ostativa alla reiterazione del beneficio 12.
Si potrebbe anche ipotizzare di subordinare la sospensione condizionale al pagamento da
parte di Tizio della provvisionale (art. 165 comma 1 c.p.), da eseguire – secondo il
prevalente orientamento della giurisprudenza – entro un termine da indicare, successivo al
passaggio in giudicato della sentenza.
Sul punto, però, come su altri in tema di sospensione condizionale subordinata
all’adempimento di obblighi 13, si registrano vari contrasti fra i giudici di legittimità.
10 giurisprudenza costante: v., ad es., Cass. 27/3/2008, Pizza e altri, RV 240067; Cass. 26/6/2007,
Servillo, RV 237118; Cass. 13/02/2006, Prestipino, RV 234496. In senso conforme, più di recente, cfr.
Cass. 24/5/2011, Di Cioccio, RV 250500, nonché Cass. 30/1/2013, Catapano, RV 254551.
11 in termini, ad es., cfr. Cass. 4/7/2012, Maione, RV 254681; Cass. 14/6/2012, Del Gatto, RV 253484;
Cass.14/7/2011, Allegra, RV 251509; di recente v. Cass. 3/4/2014, Cangemi e altro, RV 259667; da
ultimo v. Cass. 25/2-18/3/2016 n. 11642.
12 giurisprudenza costante (cfr. Cass. 27/6/2014, Timis, RV 260045; Cass. 20/11/2011, Marini, RV
251745; Cass. 25/10/2011, Rostas, RV 251553).
13 dispone il secondo comma dell’art. 165 c.p. che la concessione della sospensione condizionale per la
seconda volta, laddove ne sussistano gli altri presupposti, “deve essere subordinata all’adempimento di uno
degli obblighi previsti nel comma precedente” (in proposito, di recente, v. Cass. 30/9/2014 n. 43576,
Principali e altro): trattasi di una fra le norme più disapplicate nella prassi dai giudici di primo grado.
10
Le più recenti pronunce della Suprema Corte, su una questione ove vi era un forte
contrasto di giurisprudenza, hanno affermato che il beneficio della sospensione
condizionale della pena non può essere subordinato al pagamento della provvisionale da
effettuarsi anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza 14.
Contra altra recente sentenza, che ha fatto riemergere il contrasto.
Sez. 3, Sentenza n. 16893 del 30/10/2014 Ud. (dep. 23/04/2015 ) Rv. 263230
Presidente: Fiale A. Estensore: Gentili A. Relatore: Gentili A. Imputato: Ortolani.
Quanto al motivo di censura avente ad oggetto la subordinazione della sospensione condizionale
all'avvenuto versamento, in epoca anteriore al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, di una
somma liquidata in favore della parte civile a titolo di provvisionale, osserva la Corte, pur consapevole
della esistenza di un orientamento in seno a questa stessa Corte nel senso della illegittimità di tale
subordinazione (così, infatti, da ultimo ed inter alios Corte di cassazione, Sezione 4 penale, 11 luglio
2013, n. 29889), ritiene di doversi riportare al precedente indirizzo, secondo il quale il beneficio della
sospensione condizionale della pena può essere subordinato dal giudice, ove la condizione attenga al
pagamento di una provvisionale in favore della parte civile costituita, al versamento della somma dovuta
entro un termine anche anteriore al passaggio in giudicato della sentenza, essendo la condanna, nella
parte concernente la provvisionale, immediatamente esecutiva per legge (Corte di cassazione, Sezione 3
penale, 8 gennaio 2009, n. 126; idem Sezione 1 penale, 11 febbraio 2004, n. 5568).
Anche la questione del termine per l'adempimento dell'obbligo cui sia stata subordinata la
sospensione condizionale della pena, in assenza della indicazione in sentenza, è
diversamente risolto nella giurisprudenza della Suprema Corte, come evidenziato in questa
recente sentenza.
Sez. 1, Sentenza n. 24642 del 27/05/2015 Cc. (dep. 10/06/2015 ) Rv. 263974
Presidente: Giordano U. Estensore: Boni M. Relatore: Boni M. Imputato: Hosu.
In caso di sospensione condizionale della pena subordinata all'adempimento di obblighi, il termine entro
il quale l'imputato deve provvedere, qualora non sia stato fissato in sentenza, coincide con quello previsto
dall'art. 163 cod.pen., ossia con quello durante il quale è sospesa l'esecuzione della sanzione irrogata,
14 v. Cass. 5/4/2013, De Florentis, RV 257074; Cass. 16/10/2012, S., RV 254002; Cass. 31/1/2012, Frino e
altri, RV 251789: “occorre tenere distinti l'aspetto proprio delle implicazioni civilistiche dell'istituto della
provvisionale nel processo penale e quello invece afferente la sua sussunzione in un autonomo capo penale
della sentenza. L'efficacia civile della provvisionale esecutiva, in realtà, costituisce null'altro che
l'applicazione nel processo penale (e tuttavia nella pienezza delle caratteristiche di mera accessorietà e
subordinazione dell'azione civile in esso) dei generali principi del processo civile relativi a quella peculiare
tipologia di provvedimento (significativa, sotto questo aspetto, è la sent. 353/1994 della Corte costituzionale
che, dichiarando l'illegittimità dell'art. 600 c.p.p., comma 3 laddove prevedeva il grave e irreparabile danno
per la sospensione del pagamento della provvisionale, in luogo dei gravi motivi previsti in per l'inibitoria
del giudice d'appello civile, ha evidenziato l'omogeneità dei due contesti). Si tratta, pertanto, di una
conseguenza generale, tipica e propria del sistema processuale civile, senza che la sua previsione anche nel
processo penale possa - tantomeno debba - essere considerata legittimante peculiari e anomali
funzionamenti/applicazioni dei principi generali del processo penale….”
.
11
dopo il passaggio in giudicato della decisione. (Fattispecie relativa a sentenza di condanna con
sospensione condizionale della pena subordinata allo svolgimento di lavori di pubblica utilità).
Ad un orientamento più favorevole al reo, secondo il quale la mancata indicazione di un momento
preciso entro il quale l'imputato, cui sia stata accordata la sospensione condizionale della pena, debba
adempiere all'obbligo impostogli quale condizione di accesso al beneficio non costituisce violazione
dell'art. 165 c.p., comma 3, sicché in tale caso esso coincide con quello previsto dall'art. 163 c.p., pari a
due o cinque anni a seconda che si tratti di contravvenzione, oppure di delitto (Cass. sez. 2^, n. 10219 del
13/03/1991, Sperone, rv. 188600 e Cass. 18/6/1982, Vailatti; sez. 3^, n. 33933 del 05/07/2001,
Saglimbeni, rv. 220197; sez. 1^, n. 41428 del 07/10/2004, Raffo, rv. 229939; sez. 1^, n. 42109 del
19/06/2013, Damiano, rv. 256765), si è contrapposta altra linea interpretativa più rigorosa per la quale
(Cass., sez. 6, n. 8392 del 14/05/1996, Dal Cason, rv. 205562) in tale situazione il termine, se non
specificato con la sentenza di condanna, coincide con il passaggio in giudicato della sentenza.
Più di recente si è affermato come la tematica non si presti a soluzione generalizzate, essendo
condizionata dalla natura dell'obbligo al cui adempimento sia stato subordinato il beneficio, sicché in
materia urbanistica, quando la sospensione dell'esecuzione dipenda dalla previa demolizione delle
costruzioni abusive, si è affermato che, pur nell'omessa indicazione operata all'atto della condanna, il
termine di adempimento debba essere individuato alla stregua delle disposizioni che regolano l'attività
edilizia (Cass. Sez. 3^, n. 7046 del 04/12/2014, Baccari, rv. 262419; sez. 3^, n. 10581 del 06/02/2013,
Lombardo, rv. 254757; sez. 3^, n. 23840 del 13/05/2009, P.G. in proc. Neri, rv. 244078), mentre nel
diverso caso in cui sia imposto al condannato l'adempimento di obbligazioni civilistiche si è aderito alla
tesi più rigorosa della coincidenza del termine di adempimento con la data del passaggio in giudicato
della sentenza (Sez. 1^, n. 5217 del 22/09/2000, P.G. in proc. Bertoncello, rv. 217351).
1.2 Ritiene questa Corte di dover aderire alla linea interpretativa più favorevole al condannato; invero,
l'omessa specificazione del termine per realizzare l'avveramento della condizione cui è subordinata la
fruizione del beneficio crea oggettivamente una situazione di incertezza che non può pregiudicare la
posizione dell'obbligato, il quale, in difetto di puntuali indicazioni contenute nel titolo esecutivo,
- che conserva immutata la sua validità senza essere viziato di nullità, può sentirsi autorizzato ad
attendere per provvedere sino a che non sia spirato il termine di efficacia della sospensione condizionale.
Contrapposti orientamenti si registrano, anche da ultimo, su un ulteriore profilo. Di seguito
due recenti sentenze di segno opposto.
Sez. 2, Sentenza n. 26221 del 11/06/2015 Ud. (dep. 22/06/2015 ) Rv. 264013
Presidente: Esposito A. Estensore: Pellegrino A. Relatore: Pellegrino A. Imputato: Dammico, P.C..
P.M. Fodaroni MG. (Conf.)
In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato
all'adempimento dell'obbligo di risarcimento del danno, il giudice della cognizione non è tenuto a
svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell'imputato.
Contra
Sez. 5, Sentenza n. 21557 del 02/02/2015 Ud. (dep. 22/05/2015 ) Rv. 263675
Presidente: Bevere A. Estensore: Caputo A. Relatore: Caputo A. Imputato: Solazzo e altro. P.M. De
Augustinis U. (Diff.)
È illegittima la decisione con cui il giudice subordina la concessione della sospensione condizionale della
pena al risarcimento del danno contestualmente liquidato, senza procedere, con apprezzamento motivato,
alla valutazione, sia pure sommaria, delle condizioni economiche dell'imputato e della sua concreta
possibilità di sopportare l'onere del risarcimento pecuniario.
Un contrasto di giurisprudenza, esemplificato dalle due recenti sentenze che seguono,
sussiste anche in ordine alla possibilità di subordinare la concessione del beneficio
12
all’adempimento dell’obbligo di restituzione di beni conseguiti per effetto del reato, in
difetto della costituzione di parte civile (mentre è pacifico che la sospensione condizionale
della pena può essere subordinata al risarcimento dei danni nella sola ed esclusiva ipotesi
che la parte offesa si costituisca parte civile).
Sez. 2, Sentenza n. 12895 del 05/03/2015 Ud. (dep. 26/03/2015 ) Rv. 262932
Presidente: Petti C. Estensore: Gallo D. Relatore: Gallo D. Imputato: Pulpo. P.M. Viola AP. (Diff.)
Il giudice non può subordinare la sospensione condizionale della pena, in difetto della costituzione di
parte civile, all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni di beni conseguiti per effetto del reato, perché
queste, come il risarcimento, riguardano solo il danno civile e non anche il danno criminale, che si
identifica con le conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del
bene giuridico tutelato dalla norma penale e che assumono rilievo, a norma dell'art. 165 cod. pen., solo se
i loro effetti non sono ancora cessati. (In applicazione del principio, la Corte, con riferimento ad una
condanna per appropriazione indebita di denaro, ha annullato la sentenza impugnata nella parte cui aveva
subordinato la concessione del beneficio "alla restituzione della somma di denaro indebitamente
riscossa").
Contra
Sez. 3, Sentenza n. 1324 del 24/06/2014 Ud. (dep. 14/01/2015 ) Rv. 261778
Presidente: Fiale A. Estensore: Gentili A. Relatore: Gentili A. Imputato: Volturno
La concessione della sospensione condizionale della pena può legittimamente essere subordinata alla
eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante l'adempimento dell'obbligo di restituzione,
anche qualora manchi una richiesta in tal senso per la mancata costituzione di parte civile della persona
offesa. (Fattispecie di omesso versamento di contributi previdenziali, nella quale la Corte ha ritenuto
legittima la subordinazione del beneficio al pagamento in favore dell'Inps delle quote non versate, pur in
assenza di costituzione come parte civile dell'ente previdenziale).
7. Alla parte civile Y va assegnata solo una provvisionale (se non si è in grado di
quantificare il danno nella sua integralità).
Dal combinato disposto degli artt. 538, 539 e 540 c.p.p. risulta chiaro che il giudice di
primo grado, quando pronuncia sentenza di condanna ed accoglie la domanda della parte
civile, ha le seguenti possibilità:
nel caso in cui ritenga che le prove acquisite non consentano la liquidazione del danno
nel suo intero ammontare:
1. se non è stata raggiunta la prova in giudizio di alcun danno (oppure qualora la parte
civile non abbia richiesto una provvisionale 15), il giudice pronunzia solo la condanna
generica 16;
15 l'art. 539 comma 2 c.p.p. prevede che il giudice che abbia pronunciato condanna generica al
risarcimento del danno possa altresì condannare l'imputato al pagamento di una provvisionale “a richiesta
della parte civile”, cosicché è illegittima la decisione con cui il giudice (in primo grado o in appello)
disponga l'assegnazione della provvisionale in assenza di detta richiesta (in proposito cfr., di recente,
Cass. 7/11/2014, Richard, RV 260833).
13
2. se è stata raggiunta la prova in giudizio di un danno subito dalla parte civile, da
quantificare però nella sua integralità in sede civile, e vi è stata richiesta della parte civile,
il giudice pronunzia condanna generica e nel contempo condanna l’imputato al pagamento
di una provvisionale, che è immediatamente esecutiva ex lege (art. 539 comma 2 c.p.p.) 17;
qualora sia in grado di liquidare l’intero ammontare del danno subito,
indipendentemente dalla richiesta della parte civile 18, il giudice provvede alla liquidazione
e può dichiarare provvisoriamente esecutiva la condanna al risarcimento, solo “a richiesta
della parte civile, quando ricorrono giustificati motivi” (art. 540 comma 1 c.p.p.) 19.
E’ radicalmente da escludere, invece, che la parte civile possa chiedere – e soprattutto,
ovviamente, che il giudice possa accogliere la relativa istanza – sia la liquidazione del
danno in via definitiva sia l’assegnazione di una provvisionale.
Detta conclusione è imposta dalla lettura delle citate norme ed è comunque rinvenibile
nella giurisprudenza di legittimità 20, sia pure come affermazione incidentale, trattandosi
di una questione pacifica.
16 anche da ultimo (Cass. 23/3/2015, Bertini e altri, RV 265637) la Suprema Corte ha ribadito che la
condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il
giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non comporta alcuna indagine in
ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l'accertamento della
potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza - desumibile anche presuntivamente, con
criterio di semplice probabilità - di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato,
restando perciò impregiudicato l'accertamento riservato al giudice civile sulla liquidazione e l'entità del
danno, ivi compresa la possibilità di escludere l'esistenza stessa di un danno eziologicamente collegato
all'evento illecito (in precedenza, nello stesso senso, cfr., ad es., Cass. 3/4/2012, Piazze, RV 252683).
17 il dato è testuale; cfr., comunque, da ultimo, Cass. 4/2-7/4/2016 n. 14039, Adriani, non massimata. In
precedenza si è affermato che “l'assegnazione della provvisionale, esecutiva ex lege (art. 540 c.p.p.,
comma 2), in favore della parte civile, ha carattere meramente delibativo e non acquista efficacia di
giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell'ammontare della stessa è rimessa alla
discrezionalità del giudice di merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul punto; ne
consegue che il relativo provvedimento non è impugnabile per cassazione in quanto, per sua natura non
suscettibile di passare in giudicato, è destinato ad essere travolto dall'effettiva liquidazione dell'integrale
risarcimento” (così Cass. 27/3-18/6/2014, n. 26453, C.A., non massimata).
18 che potrebbe anche avere chiesto soltanto la condanna generica. La strada della liquidazione dell’intero
danno è quella “principale” e preferibile, atteso che in questo modo si evita una duplicazione di giudizi (si
pensi ai casi frequenti in cui il danno risarcibile sia solo quello morale).
19 nella prassi la domanda di provvisoria esecutività del capo civile è quasi sempre accolta, facendosi
spesso riferimento al tempo trascorso fra il fatto-reato e la decisione, anche in considerazione del fatto che
nel giudizio civile la sentenza di condanna è sempre provvisoriamente esecutiva (art. 282 c.p.c.).
20 cfr., ad es., Cass. 13/12/2012-19/3/2013 n. 12792, Frinchi ed altro, non massimata.