CASO 1 (calcolo della pena - dispositivo) · Un caso apparentemente semplice richiede, invero, di...

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1 CASO 1 (calcolo della pena - dispositivo) Tizio, Caio, Sempronio e Mevio, imputati dei reati, commessi tutti la sera dell’8/6/2013 in concorso fra loro, A) furto pluriaggravato (artt. 110, 624 e 625 nn. 2, 5 e 7 > autovettura rubata in strada con forzatura della portiera da quattro persone), B) furto con strappo (artt. 110 e 624 bis c.p. > borsetta contenente la somma di 10.000 euro in contanti, carta di credito e bancomat, documenti vari, effetti personali, strappata alla ragazza Y che non riusciva ad opporre resistenza, ATTENZIONE, C’E’ L’AGGRAVANTE IN FATTO DEL NUMERO DELLE PERSONE CHE FINGIAMO DI POTER IGNORARE. C) appropriazione indebita (artt. 110 e 646 c.p. > mancata restituzione dell’autovettura presa a noleggio per un giorno). Tizio è incensurato, confessò in sede di interrogatorio di garanzia (mentre i coimputati si avvalsero della facoltà di non rispondere), ha risarcito integralmente il danno alla persona offesa del reato sub 3 prima del giudizio e solo parzialmente quello subito dal proprietario dell’autovettura (reato sub 1). Caio è incensurato, ma ha due recenti precedenti di polizia per furto e ricettazione. Sempronio, al quale è stata contestata la recidiva reiterata “semplice” (art. 99 comma 4 prima parte), ha due riportato due precedenti condanne a pena detentiva nel 1987 (per spendita di monete false) e nel 1990 (per sostituzione di persona), la prima delle quali a pena sospesa. Mevio, cui è contestata la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, ha riportato dieci precedenti condanne, delle quali le ultime tre due per rapina ed una per furto divenute irrevocabili fra il 2010 ed il 2012, con applicazione della recidiva reiterata (come risulta dal certificato del casellario giudiziale). La difesa della parte civile Y presenta conclusioni scritte, chiedendo la condanna degli imputati in solido al risarcimento del danno nella sua integralità, quantificato in € 30.000, ed al pagamento di una provvisionale di € 10.000 . La responsabilità di tutti gli imputati, ad esito del giudizio abbreviato, è stata ampiamente dimostrata in ordine a tutti i reati loro ascritti, così come contestati. Senza motivare in ordine al trattamento sanzionatorio (quantificazione della pena, eventuale riconoscimento di attenuanti, ecc….), si rediga direttamente il dispositivo: in questa sede viene privilegiato l’aspetto inerente il corretto calcolo della pena, immune da errori, rispetto alla valutazione sulla più consona applicazione del potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena, sul quale verranno comunque fornite alcune indicazioni, con richiamo della giurisprudenza su vari profili di interesse.

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CASO 1 (calcolo della pena - dispositivo)

Tizio, Caio, Sempronio e Mevio,

imputati dei reati, commessi tutti la sera dell’8/6/2013 in concorso fra loro,

A) furto pluriaggravato (artt. 110, 624 e 625 nn. 2, 5 e 7 > autovettura rubata in strada con

forzatura della portiera da quattro persone),

B) furto con strappo (artt. 110 e 624 bis c.p. > borsetta contenente la somma di 10.000

euro in contanti, carta di credito e bancomat, documenti vari, effetti personali, strappata

alla ragazza Y che non riusciva ad opporre resistenza, ATTENZIONE, C’E’

L’AGGRAVANTE IN FATTO DEL NUMERO DELLE PERSONE CHE FINGIAMO DI

POTER IGNORARE.

C) appropriazione indebita (artt. 110 e 646 c.p. > mancata restituzione dell’autovettura

presa a noleggio per un giorno).

Tizio è incensurato, confessò in sede di interrogatorio di garanzia (mentre i coimputati si

avvalsero della facoltà di non rispondere), ha risarcito integralmente il danno alla persona

offesa del reato sub 3 prima del giudizio e solo parzialmente quello subito dal proprietario

dell’autovettura (reato sub 1).

Caio è incensurato, ma ha due recenti precedenti di polizia per furto e ricettazione.

Sempronio, al quale è stata contestata la recidiva reiterata “semplice” (art. 99 comma 4

prima parte), ha due riportato due precedenti condanne a pena detentiva nel 1987 (per

spendita di monete false) e nel 1990 (per sostituzione di persona), la prima delle quali a

pena sospesa.

Mevio, cui è contestata la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, ha riportato dieci

precedenti condanne, delle quali le ultime tre – due per rapina ed una per furto – divenute

irrevocabili fra il 2010 ed il 2012, con applicazione della recidiva reiterata (come risulta

dal certificato del casellario giudiziale).

La difesa della parte civile Y presenta conclusioni scritte, chiedendo la condanna degli

imputati in solido al risarcimento del danno nella sua integralità, quantificato in € 30.000,

ed al pagamento di una provvisionale di € 10.000 .

La responsabilità di tutti gli imputati, ad esito del giudizio abbreviato, è stata ampiamente

dimostrata in ordine a tutti i reati loro ascritti, così come contestati.

Senza motivare in ordine al trattamento sanzionatorio (quantificazione della pena,

eventuale riconoscimento di attenuanti, ecc….), si rediga direttamente il dispositivo: in

questa sede viene privilegiato l’aspetto inerente il corretto calcolo della pena, immune

da errori, rispetto alla valutazione sulla più consona applicazione del potere discrezionale

del giudice nell’applicazione della pena, sul quale verranno comunque fornite alcune

indicazioni, con richiamo della giurisprudenza su vari profili di interesse.

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POSSIBILE DISPOSITIVO CORRETTO

P.Q.M.

Visti gli artt. 438, 533, 535, 538-541 c.p.p.,

dichiara Caio, Tizio, Sempronio e Mevio colpevoli dei reati loro ascritti, uniti dal vincolo

della continuazione, e per l’effetto:

1) condanna Tizio, riconosciute le attenuanti generiche e – in relazione al solo reato sub

C) – quella prevista dall’art. 62 n. 6 c.p., con la diminuente per il rito, alla pena di anni uno

e mesi quattro di reclusione ed euro 400 di multa. Pena sospesa e non menzione della

condanna;

2) condanna Caio, applicata la diminuente per il rito, alla pena di anni due e mesi quattro

di reclusione ed euro 400 di multa;

3) condanna Sempronio, esclusa l’applicazione della recidiva e con la diminuente per il

rito, alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 400 di multa;

4) condanna Mevio, applicata la recidiva e con la diminuente per il rito, alla pena di anni

tre e mesi quattro di reclusione ed euro 360 di multa.

Condanna gli imputati al pagamento delle spese processuali, di quelle di mantenimento

durante la custodia cautelare e – in solido tra loro – al risarcimento del danno subito dalla

parte civile, da liquidare in separato giudizio civile, nonché al pagamento in favore della

stessa parte di una provvisionale di 10.000 euro, immediatamente esecutiva ex lege.

Condanna gli imputati in solido al pagamento delle spese di assistenza e difesa sostenute

dalla parte civile, liquidate in complessivi € 2.000, oltre spese forfettarie (15%), C.P.A. ed

I.V.A. come per legge.

MOTIVAZIONE DEL TRATTAMENTO SANZIONATORIO, ALLA LUCE

ANCHE DEI PRINCIPI GIURISPRUDENZIALI.

Un caso apparentemente semplice richiede, invero, di affrontare numerose questioni, tutte

inerenti il trattamento sanzionatorio.

1. Tre reati contro il patrimonio, commessi a distanza di poche ore > applicabile la

disciplina della continuazione…

…anche se l’identità del disegno criminoso non può essere confusa con il generico

proposito di commettere reati, derivante da una scelta di vita deviante: infatti, perché possa

essere ritenuta la continuazione, è necessario che i vari reati siano stati programmati sin

dall’inizio nelle loro linee essenziali e, a tal fine, l’esistenza di un’ideazione preventiva e

unitaria deve essere provata con una serie di elementi dai quali possa desumersi che sin

dalla commissione del primo reato esistesse un programma criminoso diretto alla

commissione di altri reati: anche da ultimo – Cass. 17/11/2015, Hamami A.S., RV 266179

– la Suprema Corte ha statuito che, “ai fini dell'unicità del disegno criminoso, è necessario

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che le singole violazioni, concepite almeno nelle loro caratteristiche essenziali,

costituiscano parte integrante di un unico programma deliberato per conseguire un

determinato fine (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 5599/14 del 03/10/2013, Hudorovich, Rv.

258862); ancora più specificamente si è aggiunto che l'identità del disegno criminoso

deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale

riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale

da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto

l'occasionalità di uno dei due”.

1 bis. Quale il reato più grave? La risposta è ovvia se non si riconosce alcuna attenuante.

Non lo è nel caso in cui, ad esempio, si intendano riconoscere le attenuanti generiche a

Tizio (che – come si vedrà – le merita).

Soccorre una nota pronuncia delle Sezioni Unite > Cass. n. 25939 del 28/02/2013

Cc. (dep. 13/06/2013) Rv. 255347 Presidente: Lupo E. Estensore: Cassano M. Relatore:

Cassano M. Imputato: P.G. in proc. Ciabotti e altro. P.M. Izzo G. (Conf.)

“In tema di reato continuato, la violazione più grave va individuata in astratto in base alla

pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze

in cui la fattispecie si è manifestata e all'eventuale giudizio di comparazione fra di esse” 1.

Con la stessa decisione la Suprema Corte ha ribadito altri importanti principi di diritto:

1.“…è indubbio che, nel concorso fra tali reati [delitto e contravvenzione], debba essere

ritenuta più grave la violazione costituente delitto, anche se la contravvenzione è punita

edittalmente con una pena che, riguardata sotto il profilo della conversione, risulti

maggiore quantitativamente rispetto a quella stabilita per il delitto”.

2.“In caso di concorso di reati puniti con sanzioni omogenee sia nel genere che nella

specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l'individuazione del

concreto trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto dal giudice più grave non può

comportare l'irrogazione di una pena inferiore nel minimo a quella prevista per uno dei

reati-satellite” 2.

1 precisa in proposito la sentenza: “…allorché occorra individuare il reato più grave, deve farsi

riferimento alla pena edittale, ovvero alla gravità "astratta" dei reati per i quali è intervenuta condanna,

dandosi rilievo esclusivo alla pena prevista dalla legge per ciascun reato, senza che possano venire in

rilievo anche gli indici di determinazione della pena di cui all'art. 133 cod. pen. che possono contribuire

alla determinazione di quella da infliggere in concreto. Ciò posto, però, occorre considerare che la

nozione di "violazione più grave" ha una valenza "complessa", che muovendo dalla sanzione edittale

comminata in astratto per una determinata fattispecie criminosa, implica la valutazione delle sue

concrete modalità di manifestazione….Di conseguenza, una volta che sia stata riconosciuta la

sussistenza delle circostanze attenuanti e che sia stato effettuato il doveroso giudizio di bilanciamento

delle stesse rispetto alle aggravanti, l'individuazione in astratto della pena edittale non può prescindere

dal risultato finale di tale giudizio, dovendosi calcolare nel minimo l'effetto di riduzione per le

attenuanti e nel massimo l'aumento per le circostanze aggravanti”.

2 ad esempio, in caso di continuazione fra i reati di violenza privata (punito con la reclusione fino a

quattro anni) e truffa semplice (punita con la pena da sei mesi a tre anni, oltre a quella pecuniaria), pur

essendo più grave il primo reato, la pena base non potrà essere determinata in misura inferiore ai sei mesi

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3.“Anche se essa deve essere il risultato di una operazione unitaria, occorre tuttavia che

sia individuabile la pena stabilita dal giudice in aumento per ciascun reato-satellite…

4.“In presenza di più reati uniti tra loro con il vincolo della continuazione, se il giudice

non ha espressamente indicato le imputazioni in relazione alle quali sono state

riconosciute le circostanze attenuanti generiche, queste ultime debbono intendersi

riferite, sulla base di una valutazione globale del complesso dei fatti funzionale ad

accertare aspetti fondamentali ai fini del complessivo trattamento sanzionatorio (quali la

capacità a delinquere, l'intensità del dolo, la condotta del reo antecedente,

contemporanea e susseguente al singolo fatto, etc.) e in assenza di specifici elementi di

segno contrario, a tutti i reati in contestazione per il principio del favor rei e tenuto conto

della natura stessa di tali circostanze, basate su considerazioni attinenti alla personalità

dell'imputato”.

Nel caso specifico, ipotizzando di riconoscere a Tizio le attenuanti generiche equivalenti

alle aggravanti del furto dell’autovettura (a maggior ragione se prevalenti), il reato più

grave diventerà quello sub B) (la pena del 624 bis va da 1 a 6 anni, mentre quella

dell’ipotesi base del 624 c.p. da sei mesi a 3 anni).

A quel punto, però, divenuto più grave il reato sub B), non aggravato, le attenuanti

generiche non entreranno più nel giudizio di comparazione con le aggravanti del furto ex

art. 624-625 c.p., in quanto questo è divenuto reato-satellite: infatti, secondo

giurisprudenza consolidata 3, il giudizio di comparazione fra circostanze trova

applicazione solo con riguardo al fatto considerato come violazione più grave e con

riferimento alle sole aggravanti ed attenuanti che allo stesso specificamente si riferiscono,

cosicché delle circostanze riguardanti ciascuno dei reati satellite si deve tener conto

esclusivamente ai fini dell’aumento di pena ex art. 81 codice penale.

1 ter…Quale valore avrà il risarcimento integrale effettuato da Tizio per il reato sub C)?

Anche su questo punto si sono espresse le Sezioni Unite (Sentenza n. 3286 del

27/11/2008 Ud. (dep. 23/01/2009 ) Rv. 241755 Presidente: Carbone V. Estensore: Fiale

A. Relatore: Fiale A. Imputato: Chiodi. P.M. Palombarini G. (Conf.): “Va affermato,

conseguentemente, il principio secondo il quale i reati uniti dal vincolo della

continuazione, con riferimento alle circostanze attenuanti ed aggravanti, conservano la

loro autonomia e si considerano come reati distinti. Ne consegue che, rispetto

all'aggravante della rilevanza economica del pregiudizio patrimoniale (art. 61, n. 7, cod.

pen.) ed alle attenuanti della speciale tenuità (art. 62, n. 4, cod. pen.) e dell'intervenuto

risarcimento (art. 62, n. 6, cod. pen.), l'entità del danno e l'efficacia della condotta

riparatoria devono essere valutate in relazione ad ogni singolo reato e non al complesso

(e quindi la pena complessiva non potrà essere inferiore a sei mesi ed un giorno di reclusione).

3 cfr., ad es., Cass. 25/3/2014, Di Maggio e altro, RV 260057; Cass. 13/11/2013, Gelao, RV 258348;

Cass. 30/6/2011, Toldan, RV 251403.

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di tutti i fatti illeciti avvinti dal vincolo della continuazione. Ciò incide, ad evidenza: sulla

individuazione del reato più grave; sulla determinazione della pena-base, nel caso in cui

la sussistenza della circostanza riguardi la violazione ritenuta più grave; sulla

determinazione del "quantum" dei rispettivi aumenti di pena, in caso di circostanza

inerente ad uno ovvero a più tra gli altri reati posti in continuazione” (in senso conforme

cfr., più di recente, Cass. 12/10/2011, Salpietro, RV 251128).

Pertanto il riconoscimento dell’attenuante ex art. 62 n. 6 c.p. (per Tizio) andrà valutata

nella quantificazione della pena in aumento per il reato-satellite sub C).

1 quater…Aumento minimo ex art. 81 comma 4 c.p. (rinvio).

2. Riconoscimento delle attenuanti generiche, che “non possono essere intese come

oggetto di benevola e discrezionale "concessione" del giudice, ma come il riconoscimento

di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da

valutare ai sensi dell'art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto

rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della

quantificazione della pena” 4.

Avuto riguardo a questi principi, in ragione delle circostanze sopra evidenziate

(incensuratezza, comportamento processuale con la confessione e parziale risarcimento del

danno), solo Tizio appare meritevole della concessione delle attenuanti generiche.

L’unico elemento positivo per Caio è la sua incensuratezza, ma “il mancato

riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente

giustificato con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione

dopo la modifica dell'art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con

modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della

concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza

dell'imputato” 5.

Inoltre Caio ha precedenti di polizia ed in proposito va ricordato, che secondo costante

giurisprudenza (cfr., anche da ultimo, Cass. 22/2-15/3/2016 ord. n. 10900, non

massimata), fra gli elementi di valutazione utilizzabili ai fini del giudizio sul

riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale, sulla concessione delle

4 così Cass. 15/7-10/9/2015 n. 36729, non massimata; in senso conforme v., da ultimo, Cass. 12/11/2015-

15/4/2016 n. 15769 e Cass. 26/11/2015-8/4/2016 n. 14242. Inoltre, ai fini della concessione o del diniego

delle suddette attenuanti, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133

c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché

anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di

esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (ex plurimis v. Cass. 26/6/2013 n. 45672, Maniaci;

Cass. 19/3/2014, Lule, RV 259899; Cass. 4/12/2014, Masella, RV 262483; Cass. 15/7-21/8/2015 n. 3508,

non massimata; da ultimo cfr. Cass. 27/10/2015-20/1/2016 n. 2258 e Cass. 26/1-31/3/2016 n. 13090, non

massimate). Le attenuanti generiche, dunque, legittimamente possono essere negate anche solo alla

luce dei precedenti penali dell’imputato (Cass. 29/10-4/12/2015 n. 48226, non massimata). 5 così, da ultimo, Cass. 11/2-31/3/2016 n. 13022, non massimata.

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circostanze attenuanti generiche e sulla determinazione dell’entità della pena rientrano i

precedenti giudiziari e di polizia.

3. A fronte della contestazione della recidiva, aggravante inerente la persona del colpevole

(art. 70 comma 2 c.p.), il giudice ha il dovere di pronunciarsi, non potendo ignorarla.

In primo luogo si dovrà valutare se la stessa è stata correttamente contestata (non lo è, ad

esempio, se le precedenti condanne non si riferiscono a delitti dolosi ovvero sono divenute

irrevocabili dopo la commissione del reato per cui si procede ovvero si era estinto ogni

effetto penale della condanna 6; quindi dovrà verificare in concreto “se la reiterazione

dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità…., al di là del mero ed

indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali” 7 (anche per i reati

più gravi di cui all’art. 99 comma 5 c.p., per i quali l’applicazione della recidiva era

obbligatoria; ciò in seguito alla sentenza n. 185 dell’8-23/7/2015, con la quale la Corte

costituzionale, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del

codice penale, limitatamente alle parole «è obbligatorio e,”);

Nel caso di specie i due precedenti non gravi né specifici e risalenti nel tempo inducono a

non applicare in concreto la recidiva a Sempronio.

Conclusioni opposte vanno tratte per Mevio, in ragione degli indicati precedenti.

Per Mevio la recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, comportando un aumento di

2/3, è circostanza aggravante ad effetto speciale: le Sezioni Unite, nella nota sentenza

“Indelicato” (del 24/2/2011, RV 249664), che costituisce una sorta di vademecum in tema

di recidiva, hanno statuito che “la recidiva, che può determinare un aumento di pena

superiore ad un terzo, è una circostanza ad effetto speciale e, pertanto, soggiace, ove

ricorrano ad altre circostanze ad effetto speciale, alla regola dell’applicazione della pena

stabilita per la circostanza più grave, con possibilità per il giudice di un ulteriore

6 secondo il disposto dell’art. 106 comma 2 c.p. (ad esempio, in caso di riabilitazione ovvero di

declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni

previste dall'art. 445 c.p.: cfr., da ultimo, Cass. 29/1/2016, Mandri, RV 266119).

7 “della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qualità dei comportamenti, del

margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente fra

loro, dell'eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante

significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza (così le Sezioni Unite “Calibé e altro”

del 27/5/2010, RV 247839): “la recidiva reiterata di cui all'art. 99, quarto comma, c.p., opera quale

circostanza aggravante facoltativa, nel senso che è consentito al giudice escluderla ove non la ritenga in

concreto espressione di maggior colpevolezza o pericolosità sociale del reo; e che, dall'esclusione deriva

la sua ininfluenza non solo sulla determinazione della pena ma anche sugli ulteriori effetti commisurativi

della sanzione costituiti dal divieto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti di cui all'art.

69, quarto comma, c.p., dal limite minimo di aumento della pena per il cumulo formale di cui all'art. 81,

quarto comma, c.p., dall'inibizione all'accesso al "patteggiamento allargato" ed alla relativa riduzione

premiale di cui all'art. 444, comma 1 bis, c.p.p. 30”.

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aumento”, ai sensi dell’art. 63 comma 4° codice penale 8.

Pertanto, considerato che la circostanza ad effetto speciale più grave è quella prevista

dall’art. 625 ultimo comma c.p. (comportando un aumento di pena superiore al triplo per il

massimo e di sei volte per il minimo, rispetto ai 2/3 soltanto della recidiva), l’aumento di

pena per la recidiva, operato su quella prevista da detto articolo, non può superare il terzo.

Inoltre, il fatto che a Mevio sia già stato ritenuto recidivo reiterato in precedenza,

comporta l’applicazione dell’art. 81 comma 4 c.p.: “il limite di aumento minimo per la

continuazione, pari ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave (art. 81 c.p.,

comma 4 novellato dalla L. n. 251 del 2005, art. 5) trova applicazione nei soli casi in cui

l'imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa

antecedentemente alla data di commissione dei reati per i quali si procede” 9.

Va ricordato che detto aumento – che deve essere applicato, evidentemente, sulla pena già

aumentata per effetto della recidiva stessa (cfr., ad es., Cass. 14/11/2014, Youssef, RV

261055) – trova sempre un limite nel disposto dell’art. 81 comma 3° c.p., che vale per

tutte le ipotesi di applicazione della disciplina della continuazione o del concorso formale,

secondo il quale l’imputato non potrà subire un trattamento sanzionatorio deteriore rispetto

alla ipotesi in cui venisse applicato il regime del cumulo materiale.

Secondo la giurisprudenza nettamente prevalente, ai fini della operatività dei vari effetti

conseguenti all’ applicazione della recidiva (quindi anche per l’aumento ex art. 81 comma

4 c.p.) è sufficiente che la stessa sia stata riconosciuta, anche in assenza di un aumento

di pena per effetto del giudizio di equivalenza con circostanze attenuanti.

8 di recente, in senso conforme, v. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9365 del 13/02/2015 Ud. (dep. 04/03/2015 )

Rv. 263981 Presidente: Petti C. Estensore: Rago G. Relatore: Rago G. Imputato: Bellitto Grillo e

altri. P.M. D'Ambrosio : “va osservato che, mentre tutta la congerie di norme previste nell'art. 99 cod.

pen. trova la sua massima espansione nel momento in cui la recidiva è applicata singolarmente (o, in

concorso con altre aggravanti non speciali), al contrario, tutte le suddette peculiarità sfumano nel

momento in cui l'aggravante speciale della recidiva si trova a concorrere con altra aggravante speciale.

In questo caso, se la recidiva è ritenuta, ex art. 63 c.p., comma 4, aggravante speciale più grave, si

applicano tutte le regole dell'art. 99 cod. pen.. Ma, se la recidiva è ritenuta, fra le due o più aggravanti,

quella meno grave, allora perde ogni specificità ed è trattata come una "normale" aggravante speciale

secondo lo statuto previsto dall'art. 63 c.p., comma 4 che, sul punto, è sicuramente, norma speciale

valevole in ogni ipotesi di concorso fra aggravanti speciali. Il che comporta che, ove, come nel caso di

specie, l'aggravante speciale della recidiva, sia considerata meno grave, il giudice: a) può (e non "deve",

come stabilisce l'art. 99 c.p., comma 5) aumentare la pena determinata sulla base dell'aggravante

speciale più grave; b) ove il giudice ritenga di aumentare la pena anche per la recidiva, l'aumento va

determinato sulla base del combinato disposto dell'art. 63 c.p., comma 4 e art. 64 c.p., comma 1 e,

quindi, da un minimo di un giorno ad un massimo del terzo della pena base e non secondo gli

automatismi disciplinati dall'art. 99 cod. pen.”.

9 così Cass. 1/7/2010, Samuele, RV 248095; in senso conforme cfr. Cass. 28/9/2011, Guerreschi, RV

251883; Cass. 22/4/2010, Caniello, RV 247048; Cass. 2/7/2009, Delfino, RV 244843. Più di recente v.

Cass. 26/3/2013, De Luca, RV 256011.

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Tuttavia, da ultimo (Sez. 5, Ordinanza n. 18935 del 2016 udienza: 12/04/2016

Deposito: 05/05/2016), è stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione: se il

limite di aumento di pena non inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più

grave, di cui all'art. 81, quarto comma, cod. pen. nei confronti dei soggetti ai quali sia

stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99, quarto comma, stesso codice, operi anche

quando il giudice consideri la recidiva stessa equivalente alle riconosciute attenuanti”.

4. Per la determinazione della pena, può essere ricordato che, secondo costante

giurisprudenza, “la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra

inoltre tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la

pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il

cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei

quali sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 c.p.” (così, da ultimo, Cass. ord. 4/3-

21/4/2016 n. 16488, non massimata. In senso conforme cfr., ad es., Cass. 8/1-14/3/2016 n.

10462, non massimata; Cass. 12/3/2014, Del Toso, RV 260022; Cass. 20 /3/2013,

Serratore, RV 256197).

5. Possibile quantificazione della pena:

Tizio: (range del 624 bis c.p.: 1-6 anni e 309-1.032) > concesse le attenuanti generiche,

pena base per il più grave reato sub B) 1.6 di reclusione e 450 euro di multa, diminuita con

le generiche ad un anno e 300, aumentata per la continuazione a 1.6 di reclusione e 450

euro di multa (4 mesi e 100 euro per l’altro furto e 2 mesi e 50 euro per l’appropriazione

indebita, considerata l’attenuante del danno risarcito), ridotta per il rito a un anno di

reclusione e 300 euro di multa.

Per gli altri: range del 625 ultimo comma c.p. > 3-10 anni e 206- 1.549

Caio: pena base per il più grave reato sub A) 3 anni di reclusione e 300 euro di multa,

aumentata per la continuazione a 3.6 di reclusione e 450 euro di multa (3 mesi e 100 euro

per l’altro furto e 3 mesi e 50 euro per l’appropriazione indebita), ridotta per il rito a due

anni e quattro mesi di reclusione e 300 euro di multa.

Sempronio: pena base per il più grave reato sub A) 3 anni di reclusione e 300 euro di

multa (esclusa l’applicazione della recidiva), aumentata per la continuazione a 3.6 di

reclusione e 450 euro di multa (3 mesi e 100 euro per l’altro furto e 3 mesi e 50 euro per

l’appropriazione indebita), ridotta per il rito a due anni e quattro mesi di reclusione e 300

euro di multa.

Mevio: pena base per il più grave reato sub A) 3 anni di reclusione e 300 euro di multa,

aumentata per la recidiva (fino a un terzo, ex art. 63 comma 4 c.p.) a 3.9 e 400, aumentata

per la continuazione (minimo un terzo, ex art. 81 comma 4 c.p.) a 5 anni di reclusione e

540 euro di multa (10 mesi e 100 euro per l’altro furto e 5 mesi e 40 euro per

l’appropriazione indebita), ridotta per il rito a tre anni e quattro mesi di reclusione e 360

euro di multa.

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Non va applicata la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici

perché, nell’applicazione delle pene accessorie, in caso di reato continuato, si deve fare

riferimento all’entità della pena principale inflitta per il reato più grave e non già a quella

individuata dopo l'aumento per la continuazione 10.

6. Giudizio prognostico favorevole per Tizio, che può beneficiare della sospensione

condizionale della pena. Può essere riconosciuto anche il beneficio della non menzione

della condanna, che però non è un diritto dell’imputato incensurato. Detto beneficio è

fondato sul principio dell’emenda, mediante cui si tende a favorire il processo di recupero

morale e sociale e che i presupposti per il suo riconoscimento sono diversi da quelli della

sospensione condizionale della pena perché, mentre quest’ultima ha l’obiettivo di sottrarre

alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di costituire,

attraverso la possibilità di revoca, una efficace remora ad ulteriori violazioni della legge

penale, il primo persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante

l'eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato, sicché

non è contraddittorio il diniego di uno dei due benefici e la concessione dell’altro 11.

Per gli altri imputati si è al di fuori dei limiti previsti dall’art. 163 c.p.; in ogni caso,

quand’anche la pena fosse stata inferiore ai due anni, i recenti precedenti giudiziari (o di

polizia) di Caio non avrebbero consentito di formulare un giudizio prognostico favorevole.

Per Mevio la presenza di due precedenti condanne a pena detentiva per delitto, delle quali

una a pena sospesa, sarebbe stata in ogni caso ostativa alla reiterazione del beneficio 12.

Si potrebbe anche ipotizzare di subordinare la sospensione condizionale al pagamento da

parte di Tizio della provvisionale (art. 165 comma 1 c.p.), da eseguire – secondo il

prevalente orientamento della giurisprudenza – entro un termine da indicare, successivo al

passaggio in giudicato della sentenza.

Sul punto, però, come su altri in tema di sospensione condizionale subordinata

all’adempimento di obblighi 13, si registrano vari contrasti fra i giudici di legittimità.

10 giurisprudenza costante: v., ad es., Cass. 27/3/2008, Pizza e altri, RV 240067; Cass. 26/6/2007,

Servillo, RV 237118; Cass. 13/02/2006, Prestipino, RV 234496. In senso conforme, più di recente, cfr.

Cass. 24/5/2011, Di Cioccio, RV 250500, nonché Cass. 30/1/2013, Catapano, RV 254551.

11 in termini, ad es., cfr. Cass. 4/7/2012, Maione, RV 254681; Cass. 14/6/2012, Del Gatto, RV 253484;

Cass.14/7/2011, Allegra, RV 251509; di recente v. Cass. 3/4/2014, Cangemi e altro, RV 259667; da

ultimo v. Cass. 25/2-18/3/2016 n. 11642.

12 giurisprudenza costante (cfr. Cass. 27/6/2014, Timis, RV 260045; Cass. 20/11/2011, Marini, RV

251745; Cass. 25/10/2011, Rostas, RV 251553).

13 dispone il secondo comma dell’art. 165 c.p. che la concessione della sospensione condizionale per la

seconda volta, laddove ne sussistano gli altri presupposti, “deve essere subordinata all’adempimento di uno

degli obblighi previsti nel comma precedente” (in proposito, di recente, v. Cass. 30/9/2014 n. 43576,

Principali e altro): trattasi di una fra le norme più disapplicate nella prassi dai giudici di primo grado.

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Le più recenti pronunce della Suprema Corte, su una questione ove vi era un forte

contrasto di giurisprudenza, hanno affermato che il beneficio della sospensione

condizionale della pena non può essere subordinato al pagamento della provvisionale da

effettuarsi anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza 14.

Contra altra recente sentenza, che ha fatto riemergere il contrasto.

Sez. 3, Sentenza n. 16893 del 30/10/2014 Ud. (dep. 23/04/2015 ) Rv. 263230

Presidente: Fiale A. Estensore: Gentili A. Relatore: Gentili A. Imputato: Ortolani.

Quanto al motivo di censura avente ad oggetto la subordinazione della sospensione condizionale

all'avvenuto versamento, in epoca anteriore al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, di una

somma liquidata in favore della parte civile a titolo di provvisionale, osserva la Corte, pur consapevole

della esistenza di un orientamento in seno a questa stessa Corte nel senso della illegittimità di tale

subordinazione (così, infatti, da ultimo ed inter alios Corte di cassazione, Sezione 4 penale, 11 luglio

2013, n. 29889), ritiene di doversi riportare al precedente indirizzo, secondo il quale il beneficio della

sospensione condizionale della pena può essere subordinato dal giudice, ove la condizione attenga al

pagamento di una provvisionale in favore della parte civile costituita, al versamento della somma dovuta

entro un termine anche anteriore al passaggio in giudicato della sentenza, essendo la condanna, nella

parte concernente la provvisionale, immediatamente esecutiva per legge (Corte di cassazione, Sezione 3

penale, 8 gennaio 2009, n. 126; idem Sezione 1 penale, 11 febbraio 2004, n. 5568).

Anche la questione del termine per l'adempimento dell'obbligo cui sia stata subordinata la

sospensione condizionale della pena, in assenza della indicazione in sentenza, è

diversamente risolto nella giurisprudenza della Suprema Corte, come evidenziato in questa

recente sentenza.

Sez. 1, Sentenza n. 24642 del 27/05/2015 Cc. (dep. 10/06/2015 ) Rv. 263974

Presidente: Giordano U. Estensore: Boni M. Relatore: Boni M. Imputato: Hosu.

In caso di sospensione condizionale della pena subordinata all'adempimento di obblighi, il termine entro

il quale l'imputato deve provvedere, qualora non sia stato fissato in sentenza, coincide con quello previsto

dall'art. 163 cod.pen., ossia con quello durante il quale è sospesa l'esecuzione della sanzione irrogata,

14 v. Cass. 5/4/2013, De Florentis, RV 257074; Cass. 16/10/2012, S., RV 254002; Cass. 31/1/2012, Frino e

altri, RV 251789: “occorre tenere distinti l'aspetto proprio delle implicazioni civilistiche dell'istituto della

provvisionale nel processo penale e quello invece afferente la sua sussunzione in un autonomo capo penale

della sentenza. L'efficacia civile della provvisionale esecutiva, in realtà, costituisce null'altro che

l'applicazione nel processo penale (e tuttavia nella pienezza delle caratteristiche di mera accessorietà e

subordinazione dell'azione civile in esso) dei generali principi del processo civile relativi a quella peculiare

tipologia di provvedimento (significativa, sotto questo aspetto, è la sent. 353/1994 della Corte costituzionale

che, dichiarando l'illegittimità dell'art. 600 c.p.p., comma 3 laddove prevedeva il grave e irreparabile danno

per la sospensione del pagamento della provvisionale, in luogo dei gravi motivi previsti in per l'inibitoria

del giudice d'appello civile, ha evidenziato l'omogeneità dei due contesti). Si tratta, pertanto, di una

conseguenza generale, tipica e propria del sistema processuale civile, senza che la sua previsione anche nel

processo penale possa - tantomeno debba - essere considerata legittimante peculiari e anomali

funzionamenti/applicazioni dei principi generali del processo penale….”

.

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dopo il passaggio in giudicato della decisione. (Fattispecie relativa a sentenza di condanna con

sospensione condizionale della pena subordinata allo svolgimento di lavori di pubblica utilità).

Ad un orientamento più favorevole al reo, secondo il quale la mancata indicazione di un momento

preciso entro il quale l'imputato, cui sia stata accordata la sospensione condizionale della pena, debba

adempiere all'obbligo impostogli quale condizione di accesso al beneficio non costituisce violazione

dell'art. 165 c.p., comma 3, sicché in tale caso esso coincide con quello previsto dall'art. 163 c.p., pari a

due o cinque anni a seconda che si tratti di contravvenzione, oppure di delitto (Cass. sez. 2^, n. 10219 del

13/03/1991, Sperone, rv. 188600 e Cass. 18/6/1982, Vailatti; sez. 3^, n. 33933 del 05/07/2001,

Saglimbeni, rv. 220197; sez. 1^, n. 41428 del 07/10/2004, Raffo, rv. 229939; sez. 1^, n. 42109 del

19/06/2013, Damiano, rv. 256765), si è contrapposta altra linea interpretativa più rigorosa per la quale

(Cass., sez. 6, n. 8392 del 14/05/1996, Dal Cason, rv. 205562) in tale situazione il termine, se non

specificato con la sentenza di condanna, coincide con il passaggio in giudicato della sentenza.

Più di recente si è affermato come la tematica non si presti a soluzione generalizzate, essendo

condizionata dalla natura dell'obbligo al cui adempimento sia stato subordinato il beneficio, sicché in

materia urbanistica, quando la sospensione dell'esecuzione dipenda dalla previa demolizione delle

costruzioni abusive, si è affermato che, pur nell'omessa indicazione operata all'atto della condanna, il

termine di adempimento debba essere individuato alla stregua delle disposizioni che regolano l'attività

edilizia (Cass. Sez. 3^, n. 7046 del 04/12/2014, Baccari, rv. 262419; sez. 3^, n. 10581 del 06/02/2013,

Lombardo, rv. 254757; sez. 3^, n. 23840 del 13/05/2009, P.G. in proc. Neri, rv. 244078), mentre nel

diverso caso in cui sia imposto al condannato l'adempimento di obbligazioni civilistiche si è aderito alla

tesi più rigorosa della coincidenza del termine di adempimento con la data del passaggio in giudicato

della sentenza (Sez. 1^, n. 5217 del 22/09/2000, P.G. in proc. Bertoncello, rv. 217351).

1.2 Ritiene questa Corte di dover aderire alla linea interpretativa più favorevole al condannato; invero,

l'omessa specificazione del termine per realizzare l'avveramento della condizione cui è subordinata la

fruizione del beneficio crea oggettivamente una situazione di incertezza che non può pregiudicare la

posizione dell'obbligato, il quale, in difetto di puntuali indicazioni contenute nel titolo esecutivo,

- che conserva immutata la sua validità senza essere viziato di nullità, può sentirsi autorizzato ad

attendere per provvedere sino a che non sia spirato il termine di efficacia della sospensione condizionale.

Contrapposti orientamenti si registrano, anche da ultimo, su un ulteriore profilo. Di seguito

due recenti sentenze di segno opposto.

Sez. 2, Sentenza n. 26221 del 11/06/2015 Ud. (dep. 22/06/2015 ) Rv. 264013

Presidente: Esposito A. Estensore: Pellegrino A. Relatore: Pellegrino A. Imputato: Dammico, P.C..

P.M. Fodaroni MG. (Conf.)

In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato

all'adempimento dell'obbligo di risarcimento del danno, il giudice della cognizione non è tenuto a

svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell'imputato.

Contra

Sez. 5, Sentenza n. 21557 del 02/02/2015 Ud. (dep. 22/05/2015 ) Rv. 263675

Presidente: Bevere A. Estensore: Caputo A. Relatore: Caputo A. Imputato: Solazzo e altro. P.M. De

Augustinis U. (Diff.)

È illegittima la decisione con cui il giudice subordina la concessione della sospensione condizionale della

pena al risarcimento del danno contestualmente liquidato, senza procedere, con apprezzamento motivato,

alla valutazione, sia pure sommaria, delle condizioni economiche dell'imputato e della sua concreta

possibilità di sopportare l'onere del risarcimento pecuniario.

Un contrasto di giurisprudenza, esemplificato dalle due recenti sentenze che seguono,

sussiste anche in ordine alla possibilità di subordinare la concessione del beneficio

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all’adempimento dell’obbligo di restituzione di beni conseguiti per effetto del reato, in

difetto della costituzione di parte civile (mentre è pacifico che la sospensione condizionale

della pena può essere subordinata al risarcimento dei danni nella sola ed esclusiva ipotesi

che la parte offesa si costituisca parte civile).

Sez. 2, Sentenza n. 12895 del 05/03/2015 Ud. (dep. 26/03/2015 ) Rv. 262932

Presidente: Petti C. Estensore: Gallo D. Relatore: Gallo D. Imputato: Pulpo. P.M. Viola AP. (Diff.)

Il giudice non può subordinare la sospensione condizionale della pena, in difetto della costituzione di

parte civile, all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni di beni conseguiti per effetto del reato, perché

queste, come il risarcimento, riguardano solo il danno civile e non anche il danno criminale, che si

identifica con le conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del

bene giuridico tutelato dalla norma penale e che assumono rilievo, a norma dell'art. 165 cod. pen., solo se

i loro effetti non sono ancora cessati. (In applicazione del principio, la Corte, con riferimento ad una

condanna per appropriazione indebita di denaro, ha annullato la sentenza impugnata nella parte cui aveva

subordinato la concessione del beneficio "alla restituzione della somma di denaro indebitamente

riscossa").

Contra

Sez. 3, Sentenza n. 1324 del 24/06/2014 Ud. (dep. 14/01/2015 ) Rv. 261778

Presidente: Fiale A. Estensore: Gentili A. Relatore: Gentili A. Imputato: Volturno

La concessione della sospensione condizionale della pena può legittimamente essere subordinata alla

eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante l'adempimento dell'obbligo di restituzione,

anche qualora manchi una richiesta in tal senso per la mancata costituzione di parte civile della persona

offesa. (Fattispecie di omesso versamento di contributi previdenziali, nella quale la Corte ha ritenuto

legittima la subordinazione del beneficio al pagamento in favore dell'Inps delle quote non versate, pur in

assenza di costituzione come parte civile dell'ente previdenziale).

7. Alla parte civile Y va assegnata solo una provvisionale (se non si è in grado di

quantificare il danno nella sua integralità).

Dal combinato disposto degli artt. 538, 539 e 540 c.p.p. risulta chiaro che il giudice di

primo grado, quando pronuncia sentenza di condanna ed accoglie la domanda della parte

civile, ha le seguenti possibilità:

nel caso in cui ritenga che le prove acquisite non consentano la liquidazione del danno

nel suo intero ammontare:

1. se non è stata raggiunta la prova in giudizio di alcun danno (oppure qualora la parte

civile non abbia richiesto una provvisionale 15), il giudice pronunzia solo la condanna

generica 16;

15 l'art. 539 comma 2 c.p.p. prevede che il giudice che abbia pronunciato condanna generica al

risarcimento del danno possa altresì condannare l'imputato al pagamento di una provvisionale “a richiesta

della parte civile”, cosicché è illegittima la decisione con cui il giudice (in primo grado o in appello)

disponga l'assegnazione della provvisionale in assenza di detta richiesta (in proposito cfr., di recente,

Cass. 7/11/2014, Richard, RV 260833).

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2. se è stata raggiunta la prova in giudizio di un danno subito dalla parte civile, da

quantificare però nella sua integralità in sede civile, e vi è stata richiesta della parte civile,

il giudice pronunzia condanna generica e nel contempo condanna l’imputato al pagamento

di una provvisionale, che è immediatamente esecutiva ex lege (art. 539 comma 2 c.p.p.) 17;

qualora sia in grado di liquidare l’intero ammontare del danno subito,

indipendentemente dalla richiesta della parte civile 18, il giudice provvede alla liquidazione

e può dichiarare provvisoriamente esecutiva la condanna al risarcimento, solo “a richiesta

della parte civile, quando ricorrono giustificati motivi” (art. 540 comma 1 c.p.p.) 19.

E’ radicalmente da escludere, invece, che la parte civile possa chiedere – e soprattutto,

ovviamente, che il giudice possa accogliere la relativa istanza – sia la liquidazione del

danno in via definitiva sia l’assegnazione di una provvisionale.

Detta conclusione è imposta dalla lettura delle citate norme ed è comunque rinvenibile

nella giurisprudenza di legittimità 20, sia pure come affermazione incidentale, trattandosi

di una questione pacifica.

16 anche da ultimo (Cass. 23/3/2015, Bertini e altri, RV 265637) la Suprema Corte ha ribadito che la

condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il

giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non comporta alcuna indagine in

ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l'accertamento della

potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza - desumibile anche presuntivamente, con

criterio di semplice probabilità - di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato,

restando perciò impregiudicato l'accertamento riservato al giudice civile sulla liquidazione e l'entità del

danno, ivi compresa la possibilità di escludere l'esistenza stessa di un danno eziologicamente collegato

all'evento illecito (in precedenza, nello stesso senso, cfr., ad es., Cass. 3/4/2012, Piazze, RV 252683).

17 il dato è testuale; cfr., comunque, da ultimo, Cass. 4/2-7/4/2016 n. 14039, Adriani, non massimata. In

precedenza si è affermato che “l'assegnazione della provvisionale, esecutiva ex lege (art. 540 c.p.p.,

comma 2), in favore della parte civile, ha carattere meramente delibativo e non acquista efficacia di

giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell'ammontare della stessa è rimessa alla

discrezionalità del giudice di merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul punto; ne

consegue che il relativo provvedimento non è impugnabile per cassazione in quanto, per sua natura non

suscettibile di passare in giudicato, è destinato ad essere travolto dall'effettiva liquidazione dell'integrale

risarcimento” (così Cass. 27/3-18/6/2014, n. 26453, C.A., non massimata).

18 che potrebbe anche avere chiesto soltanto la condanna generica. La strada della liquidazione dell’intero

danno è quella “principale” e preferibile, atteso che in questo modo si evita una duplicazione di giudizi (si

pensi ai casi frequenti in cui il danno risarcibile sia solo quello morale).

19 nella prassi la domanda di provvisoria esecutività del capo civile è quasi sempre accolta, facendosi

spesso riferimento al tempo trascorso fra il fatto-reato e la decisione, anche in considerazione del fatto che

nel giudizio civile la sentenza di condanna è sempre provvisoriamente esecutiva (art. 282 c.p.c.).

20 cfr., ad es., Cass. 13/12/2012-19/3/2013 n. 12792, Frinchi ed altro, non massimata.