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DOSSIER/1. Tutti gli atti dell'accusa e della difesa E adesso il processo al senatore entra nella fase decisiva "Imputato Andreotti lei e Cosa Nostra..." di ENRICO BELLAVIA PALERMO - L'imputato Andreotti si appresta a sostenere l'ultimo round - quello decisivo - davanti ai giudici del tribunale di Palermo. La procura del capoluogo siciliano, capeggiata da Giancarlo Caselli, ha cominciato proprio in questi giorni a sostenere la lunga e articolata requisitoria contro il senatore a vita che fu a lungo e a più riprese presidente del consiglio, leader dc e - soprattutto - uno dei politici più influenti dell'intera storia italiana del dopoguerra. Un prestigioso curriculum e una macchia che al momento appare indelebile. L'accusa di associazione mafiosa. Ed è proprio per sostenere questa accusa che i pm palermitani hanno costruito un monumentale atto "di investigazioni e di prove" contro l'imputato eccellente. In questo dossier ricostruiamo le tappe principali di un dibattimento che ha coinvolto i capi di Cosa nostra e molti esponenti delle istituzioni, ripercorriamo il ruolo avuto dai protagonisti dell'intera vicenda, a partire dai grandi accusatori del senatore a vita, ripassiamo gli enigmi di quello che appare comunque come uno dei grandi misteri irrisolti degli ultimi decenni. E soprattutto cominciamo con il rivedere - dettagliatamente - gli atti d'accusa contro Andreotti e, parallelamente, le posizioni espresse dalla difesa. Attingendo alle dichiarazioni processuali, alle memorie presentate dall'imputato e alle decine di interventi pubblici, si può così tentare una sintesi del DOSSIER ANDREOTTI a cura di Enrico Bellavia 1/Punto per punto le accuse dei pm e le risposte della difesa 2/Chi sono, che dicono i 38 'pentiti' che lo accusano 3/Dal '76 al '92 gli anni delle 'relazioni pericolose' 4/Quattro misteri per un giallo la Repubblica/dossier: 'Imputato Andreotti lei e Cos... http://www.repubblica.it/online/dossier/andreotti/an... 1 of 9 14/05/2012 14:00

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DOSSIER/1. Tutti gli atti dell'accusa e della difesaE adesso il processo al senatore entra nella fase decisiva

"Imputato Andreottilei e Cosa Nostra..."

di ENRICO BELLAVIA

PALERMO - L'imputatoAndreotti si appresta asostenere l'ultimo round -quello decisivo - davantiai giudici del tribunale diPalermo. La procura delcapoluogo siciliano,capeggiata da GiancarloCaselli, ha cominciato proprio in questi giorni asostenere la lunga e articolata requisitoria contro ilsenatore a vita che fu a lungo e a più ripresepresidente del consiglio, leader dc e - soprattutto -uno dei politici più influenti dell'intera storia italianadel dopoguerra. Un prestigioso curriculum e unamacchia che al momento appare indelebile. L'accusadi associazione mafiosa.

Ed è proprio per sostenere questa accusa che i pmpalermitani hanno costruito un monumentale atto "diinvestigazioni e di prove" contro l'imputato eccellente.In questo dossier ricostruiamo le tappe principali di undibattimento che ha coinvolto i capi di Cosa nostra emolti esponenti delle istituzioni, ripercorriamo il ruoloavuto dai protagonisti dell'intera vicenda, a partire daigrandi accusatori del senatore a vita, ripassiamo glienigmi di quello che appare comunque come uno deigrandi misteri irrisolti degli ultimi decenni. Esoprattutto cominciamo con il rivedere -dettagliatamente - gli atti d'accusa contro Andreotti e,parallelamente, le posizioni espresse dalla difesa.

Attingendo alle dichiarazioni processuali, allememorie presentate dall'imputato e alle decine diinterventi pubblici, si può così tentare una sintesi del

DOSSIER

ANDREOTTI

a cura di

Enrico Bellavia

1/Punto per

punto

le accuse dei pm

e le risposte

della difesa

2/Chi sono, che

dicono

i 38 'pentiti'

che lo accusano

3/Dal '76 al '92

gli anni delle

'relazioni

pericolose'

4/Quattro misteri

per un giallo

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contraddittorio. Tenendo conto, però di unadiscriminante fondamentale: Andreotti nega di avermai conosciuto i cugini Nino e Ignazio Salvo. Tuttal'impalcatura del processo, dal punto di vistadell'accusa, si regge sull'esatto opposto: i Salvocostituivano i referenti mafiosi di Salvo Lima, illuogotenente andreottiano che avrebbe fatto daintermediario tra le istanze degli "amici" siciliani eRoma. Il senatore nega qualsiasi attendibilità alleaffermazioni di Tommaso Buscetta, dal quale,secondo lui, dipendono le altre testimonianze chesorreggono il suo racconto. Ecco, comunque, lacontrappozione tra le tesi:

ACCUSA: nel 1968 - subito dopo le elezioni politiche- Salvo Lima aderisce alla corrente di Andreotti, chegrazie al nuovo contributo si trasforma da semplicecorrente laziale (2 per cento circa degli aderenti alpartito della Dc) in corrente di rilievo nazionale (10per cento circa), determinante per gli equilibri internidella DC.DIFESA: L'apporto di Lima non modifica il peso diAndreotti dentro al partito. Il prestigio e la sua forzaelettorale preesistevano. L'autorevolezza di Andreottinon derivava dalla corrente, come sostiene laProcura, perché gli incarichi di governo sonosettoriali, limitati e temporanei. Gli incarichi di governohanno coperto 39 anni su 50.

ACCUSA: in quel periodo Salvo Lima, figlio dell'uomod'onore Vincenzo Lima, è uno dei politici piùfortemente appoggiati da Cosa Nostra (in particolareda Stefano Bontate), ed è legatissimo ai cugini Salvo,dei quali è il principale candidato.DIFESA: né a carico di Lima, né a carico dei Salvoera stato adottato alcun provvedimento giudiziario, nési aveva contezza delle frequentazioni dei Salvo, cheAndreotti non ha mai conosciuto. I Salvo, oltretutto,avevano simpatie politiche per i dorotei.

ACCUSA: nel 1976, dopo Lima, Andreotti accetta unaccordo con Vito Ciancimino, legatissimo aiCorleonesi. Il patto viene stipulato a Palazzo Chigi, inun incontro cui partecipano Andreotti, Salvo Lima,Vito Ciancimino, Mario D'Acquisto, Giovanni Matta.Ciancimino viene anche finanziato dalla correnteandreottiana (tramite Gaetano Caltagirone) e aPalermo Lima gli paga le tessere. Questo accordo, informe più o meno palesi, dura certamente fino alcongresso regionale della Dc di Agrigento del 1983.DIFESA: si tratta di normali accordi politici all'interno

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di un quadro politico locale. Nessuno dei protagonistiera coinvolto, allora, in vicende giudiziarie.

ACCUSA: i rapporti tra Andreotti e gli esponenti diCosa Nostra dei quali Lima è già espressione siintensificano, e diventano diretti, nel periodo1978-1979, quando si verificano delle situazionigravemente critiche, che inducono Andreotti a servirsidi Cosa Nostra.DIFESA: Andreotti non ha mai incontrato alcunesponente di Cosa nostra, né poteva farlo, dato cheessendo sempre sotto scorta, i suoi spostamenti e isuoi contatti non potevano passare inosservati.

ACCUSA: la prima di tali situazioni è il sequestroMoro. In una prima fase della vicenda, per input diSalvo Lima e dei cugini Salvo, Bontate si attiva perfavorire la liberazione di Moro, ed a tal fine incaricaBuscetta di contattare le Br. Poi arriva il contrordine. Ilmotivo del contrordine si può individuare nelcontenuto dei documenti scritti da Moro, documenti incui Moro attacca pesantemente Andreotti conrivelazioni che in parte saranno rinvenute soltanto 12anni dopo il sequestro (nel covo di via Montenevoso aMilano nell'ottobre 1990).DIFESA: i giudizi di Moro sono di un uomo che sentela fine imminente, sotto la pressione dei carcerieri.Andreotti non poteva promuovere alcun genere dirapporti con Cosa nostra per intervenire sulle Brigaterosse. Il suo governo era per la linea della fermezza.

ACCUSA: nel periodo compreso tra il dicembre 1978ed il gennaio 1979, il generale Dalla Chiesa cerca diacquisire informazioni nel circuito carcerario anchesugli scritti di Moro ed ha contatti con Pecorelli, ilquale è pure interessato allo stesso argomento.DIFESA: quei contatti rientravano nell'ambito dellecompetenze del generale. Il decreto con il quale DallaChiesa fu nominato a capo del coordinamento delleattività contro il terrorismo e il crimine organizzato hala firma di Andreotti e dei ministri Rognoni e Ruffini.

ACCUSA: Pecorelli viene a conoscenza di partiomesse del memoriale Moro, e dall'ottobre del 1978sulla rivista OP intensifica gli attacchi contro Andreottie Vitalone (scandali Italcasse, Sindona).DIFESA: Andreotti ha subito negli anni diversecampagne di stampa tese a delegittimarlo.

ACCUSA: Vitalone cerca di indurre Pecorelli acessare gli attacchi (cena alla Famiglia piemontese

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ed Evangelisti gli offre denaro (subito 30 milioni datiglida Gaetano Caltagirone) per non fargli pubblicare ilnumero di OP con la copertina dedicata agli assegnidel Presidente.DIFESA: Fu Pecorelli a chiedere un sostegnoeconomico per la rivista.

ACCUSA: Il 20 marzo 1979 Pecorelli viene ucciso aRoma da Massimo Carminati, un killer neofascistaincaricato da Danilo Abbruciati (esponente dellabanda della Magliana ed uomo di Pippo Calò), e daMichelangelo La Barbera (uomo d'onore dellafamiglia di Boccadifalco, a quell'epoca assai vicinoanche a Stefano Bontate). L'omicidio è statocommissionato a Cosa Nostra dai cugini Salvo perconto di Andreotti ed agli uomini della banda dellaMagliana da Claudio Vitalone.DIFESA: Questa è l'impostazione accusatoria dellaProcura di Perugia non una verità processualmenteaccertata, fondata sul racconto, riferitogli da GateanoBadalamenti, di Tommaso Buscetta. Badalamenti loha smentito.

ACCUSA: Nello stesso periodo del 1979,presumibilmente per gli stessi motivi che determinanol'omicidio di Pecorelli (segreti di Moro riguardantiAndreotti), Stefano Bontate "per ragioni legate aquestioni che riguardavano ambienti politici cui lostesso Bontate era vicino" matura il disegno dieliminare Dalla Chiesa, attribuendo il delitto alle Br;viene incaricato Buscetta di contattare le Br, maqueste rifiutano.DIFESA: Di questo parla solo Buscetta, ma perché lamafia doveva avvertire preventivamente le Br?

ACCUSA: Sempre verso la fine del 1978 Andreotti,utilizzando come tramite Evangelisti (alloraSottosegretario alla Presidenza del Consiglio) faripetute pressioni sulla Banca d'Italia (in particolare suMario Sarcinelli, allora Capo della Viglianza), infavore di Sindona.DIFESA: Andreotti non si è mai interessato dei destinipersonali di Sindona.Fu invece un avvocato di Sindona a consegnare adEvangelisti lo schema su un possibile salvataggiodella banca. Quando avvenne l'incontro Andreotti eraall'estero. Del progetto di intervento il governo delegòl'ex ministro Gaetano Stammati. Verificatal'impossibilità di andare avanti, il caso fu archiviato.

ACCUSA: Sempre tra il 1978 ed il 1979 Andreotti

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incontra ben 10 volte (25 luglio 1978; 1o settembre1978; 5 ottobre 1978; 15 dicembre 1978; 8 gennaio1979; 23 febbraio 1979; 22 marzo 1979; 26 giugno1979; 5 settembre 1979; 21 maggio 1980) il difensoredi Michele Sindona, Rodolfo Guzzi, mostrandosi piùche disponibile a tutte le iniziative volte a favorire lostesso Sindona, sia per il salvataggio finanziario, siaper evitargli l'estradizione. A favore di Sindona simuove, d'intesa con Andreotti, anche Licio Gelli.DIFESA: Andreotti ha conosciuto Gelli, ma non si èmai interessato dei suoi affari. Quanto a Sindona loha conosciuto quando era uno stimato banchiere.

ACCUSA: Nel 1979 nasce in Sicilia il caso Mattarella.Il presidente della Regione Siciliana, fino ad allorapartecipe di equilibri politici con Lima e lo stessoCiancimino, comincia ad andare concretamentecontro gli interessi di Cosa Nostra.DIFESA: E' la ricostruzione di un clima che rendepossibile il racconto di Marino Mannoia.

ACCUSA: Nella primavera-estate del 1979(sicuramente dopo l'omicidio di Michele Reina,commesso a Palermo il 9 marzo 1979), Andreotti, inuna riunione svoltasi in una riserva di caccia conStefano Bontate, Salvo Lima, i cugini Salvo, vieneinformato del nuovo corso della politica di Mattarella.Prende tempo, e Bontate commenterà: "Staremo avedere". Sempre nella primavera-estate del 1979 (tral'1 maggio e il 31 agosto), a riprova dell'intensità deirapporti che ormai lo legano a Cosa Nostra, Andreottiha a Catania un incontro con Benedetto Santapaola,cui partecipa Lima.DIFESA: Andreotti smentisce che vi siano stati gliincontri, l'incontro catanese è inconfutabilmentecontraddetto da documenti ufficiali che testimonianoche Andreotti era da tutt'altra parte.

ACCUSA: verso la fine di ottobre del 1979 Mattarella,insistendo nella sua linea politica che lo ha ormaicontrapposto agli interessi di Cosa Nostra e dei suoireferenti politici ha un incontro con Virginio Rognoni(allora Ministro dell'Interno) per manifestargli le gravipreoccupazioni che gli derivavano dall'interno del suostesso partito; al suo capo di gabinetto, Maria GraziaTrizzino, riferisce: "Se dovesse succedere qualcosa dimolto grave per la mia persona, si ricordi questoincontro con il Ministro Rognoni, perchè a questoincontro è da ricollegare quanto di grave mi potràaccadere". Proprio nello stesso periodo, si era infatticonsolidato il rapporto di alleanza tra gli andreottiani e

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Ciancimino. Quest'ultimo, per input dei Corleonesi,aderisce alla corrente andreottiana. Il 6 gennaio 1980viene ucciso a Palermo Piersanti Mattarella.L'omicidio, secondo quanto riconosciuto dalla recentesentenza della Corte di Assise di Palermo èdeliberato dalla Commissione; sono d'accordo, anchese non formalmente partecipi della decisione, i cuginiSalvo. Pochi mesi dopo, Andreotti ritorna in Sicilia e -in una villetta alla periferia di Palermo incontraBontate, Lima, i cugini Salvo. Andreotti protesta perl'omicidio ma, quando Bontate lo minaccia di ritirare ilsostegno elettoraledi Cosa Nostra alla sua corrente politica accetta lasituazione.DIFESA: la fonte degli incontri palermitani è soloMarino Mannoia. Andreotti nega. In un caso ilracconto è indiretto. Mentre del successivo incontropalermitano Marino Mannoia dice di essere testimoneoculare. Secondo Mannoia Andreotti sarebbe arrivatodall'aeroporto di Trapani. Piloti e responsabili dicompagnie aeree lo smentiscono. Ma, in generale, ilcapitolo dei viaggi è smentito dalla notorietà diAndreotti, che chiunque avrebbe potuto riconoscere.

ACCUSA: Andreotti, dopo aver pensato di poterutilizzare Cosa Nostra per i suoi fini di potere, e dopole vicende del sequestro Moro, di Sindona e diPecorelli, non può più ritrarsi dal patto criminoso conl'organizzazione mafiosa, ma è anzi costretto aconsolidarlo. Infatti, anche dopo l'omicidio Mattarella,permangono intensi i suoi rapporti personali e politicinon soltanto con l'onorevole Lima, ma anche con icugini Salvo.Andreotti ha sempre negato, contro ogni evidenza, diconoscere i Salvo e ciò ben si comprende, poichèquesti rapporti rappresentano un riscontro nonsoltanto dei suoi rapporti con Cosa Nostra, ma anchedel suo possibile coinvolgimento in gravissimi fattispecifici quali gli omicidi di Pecorelli e del generaleDalla Chiesa. I rapporti tra Andreotti e i cugini Salvosaranno invece inconfutabilmente provati mediantefotografie, e numerose testimonianze. Così comesaranno inconfutabilmente provati i rapportiintrattenuti con i cugini Salvo dal senatore ClaudioVitalone, coinvolto infatti nell'omicidio Pecorelli. Il 3settembre 1982 viene ucciso a Palermo Dalla Chiesa.Il generale, in un colloquio avuto con Andreotti, il 5aprile 1982, e sempre incredibilmente negato daAndreotti aveva chiaramente detto a quest'ultimo cheche non avrebbe avuto riguardi per quella parte dielettorato alla quale attingevano i suoi grandi elettori

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e successivamente aveva definito la correnteandreottiana a Palermo la famiglia politica piùinquinata del luogo, aggiungendo che gli andreottianic'erano dentro fino al collo.DIFESA: Andreotti non conosce i Salvo, era amico diDalla Chiesa, tanto da volerlo a Palermo, criticò ilmancato conferimento dei poteri speciali da lui chiestie stigmatizzò che gli venisse sottratta la competenzasulla criminalità delle altre regioni del Sud. Nelcolloquio che ebbe con Andreotti, richiesto dalgenerale, come gli altri, Dalla Chiesa gli comunicòche Mario D'Acquisto, allora presidente dellaRegione, lo aveva invitato a colazione e ad Andreottiche rispondeva che la cosa non gli appariva strana, ilgenerale obiettò che non conosceva la diffidenza cheal sud si ha per i carabinieri. Andreotti non sapevadelle resistenze ambientali che Dalla Chiesa hariferito nel suo diario privato, sotto forma di dialogocon la moglie morta, ma se vi fosse stato motivo perprendere le distanze da qualcuno, il generale neavrebbe parlato ad Andreotti.

ACCUSA: dopo la presa del potere in Cosa Nostrada parte dei Corleonesi, i rapporti tra Andreotti eCosa Nostra diventano più difficili ma, quando lacorrente andreottiana non si impegna a sufficienzacontro il maxi-processo, e soprattutto quando vieneapprovata la legge Mancino-Violante del 17 febbraio1987, che sostanzialmente preclude la possibilitàdella scarcerazione degli uomini d'onore detenuti,Cosa Nostra reagisce in occasione delle elezionipolitiche del 16 giugno 1987 pilotando i consensielettorali a favore del Psi.DIFESA: la Dc non ha avuto danni in Sicilia.Confrontando i dati siciliani si passa dal 37,9 dell'83al 38,8 del'87 contro un 41 per cento del '92. Il Psi haavuto questo andamento: 13,3 (nell'83), 14,9 (nell'87)e 14 (nel '92).

ACCUSA: La posizione di Lima e di Ignazio Salvoche sono sopravvissuti alla guerra di mafia del1981-82 proprio perchè utilizzati dai Corleonesi qualitramiti con Andreotti si fa pericolosissima. Andreotti ècostretto ad incontrarsi con Riina, sia per salvare lavita a Lima sia per non compromettere il potere dellasua corrente. L'incontro con Riina, Lima, e IgnazioSalvo avviene a Palermo nell'autunno del 1987. Inquel periodo, e precisamente il 20 settembre 1987,Andreotti si trova a Palermo per partecipare allaFesta dell'Amicizia, e nella sua giornata c'è un vuotodi circa 4 ore (dall'ora di pranzo al tardo pomeriggio)

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in cui nessuno, neppure il suo abituale personale discorta, sa dove egli sia andato.DIFESA: Andreotti non si è mosso da Villa Igiea. Lasua scorta avrebbe notato ogni spostamento e così lavigilanza predisposta da Polizia e Carabinieri.

ACCUSA: nel 1987 inizia l'opera di sgretolamento delmaxi-processo con una lunga serie di provvedimentidella Prima Sezione Penale della Corte diCassazione basati su una tecnica di valutazione delleprove (e soprattutto delle dichiarazioni dei pentiti)"che apprezzava atomisticamente ogni singoloindizio, e concludeva per ciascuno che di per sè nonera idoneo a confortare le circostanze che intendevaprovare, nè a contribuire ad una valutazione diattendibilità del complesso indiziario". Nel maggio-giugno 1991 il Presidente Carnevale designa, per latrattazione in Cassazione del maxi-processo, uncollegio che - secondo le previsioni dello stessoCarnevale non potrà che annullare le condanne.Questo disegno fallisce per iniziativa del PresidenteBrancaccio che, nell'ottobre 1991, designa comePresidente del collegio Arnaldo Valente, il qualedetermina la conferma delle condanne, senza che glialtri componenti del collegio, come dirà lo stessoCarnevale abbiano il coraggio di mettersi contro. Ariprova delle dichiarazioni dei collaboranti sullaesistenza di un canale politico diretto a condizionarel'esito del maxi-processo in senso favorevole a CosaNostra si dimostreranno i rapporti tra Andreotti eCarnevale attuati per tramite di Claudio Vitalone (esempre negati dagli interessati), attraverso provefotografiche, documentali e testimonianze.DIFESA: Andreotti non aveva con Carnevale rapportidi conoscenza intensa, né di frequentazione.Carnevale non ha mai ottenuto alcun incarico suinteressamento di Andreotti, né per il premio dellaFondazione Fiuggi, né per altro, contrariamente aquanto sostenuto da Vittorio Sbardella, (già vicino alsenatore, le cui dichiarazioni furono raccolte inincidente probatorio prima di morire) era moltocondizionato dai contrasti interni della Dc. Tuttavia lostesso Sbardella smentì che Andreotti conoscesse iSalvo. Quanto al premio Fiuggi, è probabile cheCarnevale sia arrivato lì per i suoi pregresi rapporti diesperto con il ministero dell'Industria. Su alcunedecisioni della sezione del giudice Carnevale,Andreotti intervenne pubblicamente. Dopo lascarcerazione di 40 boss, Andreotti, allora presidentedel Consiglio dichiarò che sarebbe intervenuto per"correggere un offesa al popolo italiano". Non subì

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affatto il decreto, come ha sostenuto l'ex guardasigilli,Claudio Martelli, ma anzi ne fu il promotore.Prefigurando anche una modifica costituzionale cheriducesse al primo grado la presunzione di innocenza.La difesa ha poi rintracciato numerose sentenze dellaprima sezione che smentiscono i collaboratori cheparlano di processi aggiustati su interessamento diCarnevale. Il magistrato, oltretutto, ha chiarito chenon decise sul maxiprocesso perché aveva giàchiesto il trasferimento alla corte d'appello di Roma. Ese Andreotti era interessato a che presiedesse lacorte del maxiprocesso, perché avrebbe dovutointeressarsi del suo trasferimento. Vitalone hasmentito di avere mai affrontato la questione conAndreotti.

ACCUSA: il 30 gennaio 1992, quando la Cassazioneconferma le condanne del maxi-processo, Riinaimpazzisce, si scatena la vendetta di Cosa Nostracontro i politici che hanno tradito. Il 12 marzo 1992viene ucciso a Palermo Salvo Lima. Nell'estate del1992, dopo la strage di Capaci, Brusca e Bagarellaconcepiscono un attentato contro Andreotti, appuntoperché, dopo avere usato Cosa Nostra, ha tradito. Il17 settembre 1992 viene ucciso a Santa FlaviaIgnazio Salvo.DIFESA: le dichiarazioni dei pentiti che si riscontranotra loro con aggiustamenti di tiro successivi offronoquesta come spiegazione dei delitti a corollario di unteorema accusatorio costruito sull'asseAndreotti-Salvo del quale non c'è prova.

(20 febbraio 1999)

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DOSSIER PROCESSO ANDREOTTI/2. Da Mannoiaa Di Maggio, tutte le rivelazioni. Fino al bacio a Riina

"E noi lo chiamavamo zio"I pentiti lo ricordano così

PALERMO - Il primo ad alludere ad un'"entità" senzasvelarne il nome fu Tommaso Buscetta a GiovanniFalcone nel 1984. Chi raccontò che i bossconsideravano Andreotti il loro santo in paradiso tantoda chiamarlo "zio" fu il nisseno Leonardo Messina,che rivelò anche che Andreotti era "punciutu", ossiaritualmente affiliato a Cosa nostra. Dopo la strage diCapaci, Buscetta rivelò che l'entità di cui avevataciuto a Falcone era proprio Andreotti. Alviceprocuratore distrettuale di New York, RichardMartin, del resto, mentre si definiva l'accordo dicollaborazione per far deporre Buscetta per la PizzaConnection, nel 1985, Buscetta aveva fattoriferimento ad Andreotti, "tra le cose difficili dadigerire" che si ostinava a non volere rivelare allora.Da Buscetta e Messina in poi tutti i più importanticollaboratori di giustizia hanno riferito di rapporti epatti con Andreotti. Francesco Marino Mannoia eBalduccio Di Maggio sono gli unici testimoni ocularidegli incontri con Bontate, il primo e con Riina, ilsecondo. L'ultima rivelazione in ordine di tempo èquella di un imprenditore in affari con la mafia,l'ingegnere Benedetto D'Agostino. Ha raccontato alprocesso che il "papa" della mafia, Michele Grecovedeva Andreotti durante le proiezionicinematografiche riservate in una saletta di un hotelromano.

Maurizio AbbatinoConferma la tesi del delitto Pecorelli come la vendettaad un ricatto.Bartolomeo Addolorato"In provincia di Trapani la mafia votava per gliandreottiani".Salvatore Annacondia

DOSSIER

ANDREOTTI

a cura di

Enrico Bellavia

1/Punto per punto

le accuse dei pm

e le risposte

della difesa

2/Chi sono, che

dicono

i 38 'pentiti'

che lo accusano

3/Dal '76 al '92

gli anni delle

'relazioni

pericolose'

4/Quattro misteri

per un giallo

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A lui, nel corso di una confidenza fattagli nel carceredi Ascoli Piceno, nell'agosto del 92, Marino Pulito,l'ex- boss della Sacra Corona Unita, oggi anche luicollaboratore di giustizia, avrebbe detto di averpersonalmente ascoltato una telefonata "in viva voce"tra Licio Gelli e Giulio Andreotti. Oggetto dellaconversazione, l'aggiustamento di un processo incassazione a carico dei fratelli Amodeo, richiesto daGelli e assicurato da Andreotti.Emanuele BruscaIn contrasto con il fratello Enzo, sostiene che fu DiMaggio, vestito a festa, a dirgli che tornavadall'incontro Riina-Andreotti.Enzo BruscaRacconta che in un incontro in carcere con il padreBernardo, il fratello Emanuele gli riferì che Andreottiaveva chiesto un incontro a Riina. SuccessivamenteEmanuele Brusca vide Di Maggio vestito a festa manon gli chiese il perchè.Giovanni Brusca"Per quel che riguarda gli omicidi Dalla Chiesa eChinnici, io credo che non sarebbe stato possibileeseguirli senza scatenare una reazione dello Stato senon ci fosse stato il benestare di Andreotti". "Durantela guerra di mafia c'erano morti tutti i giorni. NinoSalvo mi incaricò di dire a Totò Riina che Andreotti ciinvitava a stare calmi, a non fare troppi morti,altrimenti sarebbe stato costretto ad intervenire conleggi speciali". "Chiarisco che in Cosa Nostra c'era laconsapevolezza di poter contare su un personaggiocome Andreotti". Del bacio, però non sa nulla.Tommaso BuscettaCita come fonte Tano Badalamenti, che, sebbene non"pentito", tiene a sementirlo. Assiduo frequentatore diuomini della Dc, è il primo non solo a mettere nei guaiAndreotti ma a stabilire un nesso tra i rapporti delsenatore con Cosa nostra e la fine del giornalista diOp, Mino Pecorelli.Antonio CalderoneCatanese, fratello di Giuseppe che fu capo dellacommissione regionale di Cosa nostra dal '75 al '77sorregge alla lontana la testimonianza del barmanVito Di Maggio sull'incontro Santapaola - Andreotti aCatania, alla presenza dell'onorevole Salvatore Urso.Ma di Andreotti non sa nulla.Tony CalvarusoLa sua deposizione ha spinto Leoluca Bagarella ascrivere al presidente del Tribunale per smentirlo.L'ex autista del boss, arrestato con lui nel giugno del94, aveva detto: "Una sera, a cena vedendo intelevisione le immagini del senatore Andreotti, chiesi

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a Bagarella se veramente lui era uno dei nostri eBagarella mi rispose: si sta comportando da verouomo d'onore". Nella stessa missiva Bagarella hasmentito anche Di Maggio.Salvatore CancemiRiferisce sul delitto Pecorelli e racconta dei tentativi diaggiustamento dei processi in Cassazione. ConfermaDi Maggio sui rapporti tra Riina, i Salvo, Lima eAndreotti.Tullio CannellaNel novembre del '93, Bagarella gli disse: "Miocognato, Totò Riina, è stato troppo buono conAndreotti, ha creduto alle sue giustificazioni. Hacreduto al fatto che Salvo Lima e Ignazio Salvo nonavessero fatto abbastanza pressioni su di lui per ilmaxiprocesso. Se fosse stato per me, io ad Andreottigli avrei fatto fare la stessa fine".Dice che dopo gli omicidi di Salvo Lima ed IgnazioSalvo, Andreotti avrebbe fatto giungere un messaggioa Riina, giustificandosi con lui per il suo mancatointeressamento per l'aggiustamento del maxiprocessoin Cassazione. "Lima e Salvo - avrebbe fatto sapereAndreotti ai capi di Cosa Nostra - non mi feceroalcuna pressione per il maxiprocesso".Federico CornigliaE' un falsario che racconta di un incontro tra Andreottie Frank Coppola negli anni '70.Gaetano CostaCollaboraotre di giustizia messinese, rivela che nel1983 quando era detenuto a Pianosa e minacciava diorganizzare una rivolta, Leoluca Bagarella, lo bloccòdicendogli che sarebbero stati trasferiti, cosa cheaccadde perchè "c'è di mezzo il gobbo", riferendosiad Andreotti.Salvatore Cucuzza"Andreotti ha fatto firmare un decreto in Algeria,anche scaduto. Sì, d'accordo, però solo perchè giàcominciavano ad esserci collaboratori, cominciavanoad esserci i processi, già c'erano carte". "Martelli èstato uno di quelli che ha capito che la barca stavaaffondando, come il senatore Andreotti".Benedetto D'AgostinoImprenditore, arrestato per mafia e poi scarceratoriferisce gli incontri tra Giulio Andreotti e MicheleGreco nella riservatissima sala proiezioni allestita daItalo Gemini, presidente dell'Anica Agis nelseminterrato dell'hotel Nazionale di Roma.Francesco Di CarloNel gennaio del 1981, è Nino Salvo a faredirettamente a Di Carlo il nome di Giulio Andreotti. "Ciincontrammo all'Hotel Excelsior, a Roma. Era

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particolarmente elegante e io gli chiesi come mai. Mirispose: 'Di pomeriggio devo andare dal presidenteAndreotti. Ci vado con Salvo Lima'". Identicaindicazione anche per un secondo inconro con NinoSalvo.Baldassare Di MaggioIl protagonista dell'accusa che riassume in unepisodio tutto il processo: l'incontro del bacio, ètornato a delinquere nell'ottobre del '97; Arrestato hasvelato il complotto destinato a far saltare il processo.Misteriosi emissari gli avevano offerto 6 miliardi perritrattare.Mario Santo Di MatteoHa riferito sui rapporti tra i Salvo e Andreotti. Hainserito l'omicidio di Ignazio Salvo nel quadro dellavendetta per il mancato rispetto del patto sulmaxiprocesso, stipulato con Andreotti attraversoLima. Al processo si è avvalso della facoltà di nonrispondere.Giovanni DragoRiferisce sul "segnale" voluto da Riina nel 1987 con ildirottamento del voto di mafia dalla Dc al psi, maparla anche degli "impegni" di Martelli.Giovambattista FerranteE' uno dei killer di Lima. Riferisce che un suo amico,gestore di un hotel a Terrasini, in provincia diPalermo, tenne l'albergo aperto d'inverno perospitarvi Andreotti che vi arrivò senza scorta.Orlando Galati GiordanoNino Marchese, fratello del pentito Giuseppe gli disse,guardando la tivù: "Quella gobba (di Andreotti) èpiena di omicidi".Gioacchino La Barbera"Dopo l'omicidio Lima, Antonino Gioè mi disse:'Questo è uno dei primi, adesso ne vedrai delle belle'.E fu così anche per Ignazio Salvo che prima avevaaiutato Cosa Nostra, facendo da tramite conAndreotti, per l'aggiustamento dei processi, e poiaveva voltato le spalle. In quello stesso periodo, fufatta un'attività di verifica sugli spostamenti delsenatore Andreotti ma era troppo scortato perucciderlo". La Barbera ha confessato il delitto Salvo.Antonio MammolitiIl pentito calabrese che si dichiara innocente,racconta di un favore fatto dal capo della n'dranghetaGirolamo Piromalli a Stefano Bontate su richiesta diGiulio Andreotti. Cessarono così i tentativi diestorsione ai danni del petroliere Silvano Nardini,buon amico di Andreotti.Antonio ManciniAltro esponente della banda della Magliana racconta

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del delitto Pecorelli come di una necessità impostaper far sparire le carte compromettenti sul seqeustroMoro di cui il giornalista era venuto in possesso.Giuseppe MarcheseRiscontra Mutolo e riferisce sulle attese per il feliceesito in Cassazione del primo maxiprocesso."Figlioccio" di Riina era il destinatario privilegiato diquelle rassicurazioni che arrivavano dall'esterno delcarcere. E riferisce dell'ira dei capimafia quando gliergastoli diventarono definitivi.Francesco Marino MannoiaIl chimico delle cosche, vicinissimo a StefanoBontate, racconta dell'incontro del boss con Andreottiin una riserva di caccia, prima dell'omicidio Mattarellae riferisce, per avervi assistito, ad un secondoincontro nella villa di uno degli Inzerillo. Mannoiaricorda che Andreotti vi arrivò con un'Alfa blindata,quella dei Salvo, proveniente da Trapani. Ma èsempre lui ad introdurre il mistero del quadro che ilboss Pippo Calò regalò ad Andreotti.Leonardo MessinaIl pentito nisseno, dice che Andreotti era un vero eproprio uomo d'onore con tanto di giuramento rituale.Sostiene di averlo saputo da un "picciotto" al quale loaveva riferito il capomafia catanese Nitto Santapaola.Messina parla di processi "aggiustati" in Cassazioneattraverso il giudice Corrado Carnevale e si addentrasul tema mafia-massoneria.Fabiola MorettiHa vissuto dal di dentro, come donna di DaniloAbbruciati, la vita della Banda della Magliana.Racconta dei rapporti con Claudio Vitalone, diCarnevale e del delitto Pecorelli.Gaspare MutoloRacconta dei tentativi di far saltare il maxiprocesso,delle assicurazioni di Lima ai boss, dei buoni uffici diCarnevale e dell'omicidio Lima come vendetta deiboss che punivano così Andreotti per non averrispettato i patti.Francesco OnoratoAnche lui, sicario di Lima, spiega le ragioni del delittoe conferma il racconto di Ferrante sull'hotel.Francesco PattarinoFiglio naturale del braccio destro di Nitto Santapaola,Francesco Mangion, racconta di un incontro avuto aRoma dal padre con Andreotti per l' aggiustamentodelle vicende giudiziarie di Santapaola. DaSantapaola prima e dal padre, dopo, avrebbe saputodel summit catanese nel quale, all'hotel Nettuno,Andreotti avrebbe incontrato il numero uno dellamafia etnea.

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Gioacchino PenninoIl medico, ferquentatore dei salotti che contano,nipote di un capomafia e attivista politico della dc,conferma che il vassoio spedito in dono al genero diNino Salvo, Tani Sangiorgi, per le nozze con AngelaSalvo fu effettivamente mandato da Andreotti. Glieloconfermò lo stesso Sangiorgi.Marino PulitoIl suo racconto coincide con l'episodio riferito daAnnacondia.Giuseppe PulvirentiFedelissimo di Santapaola, racconta del sostegnodella cosca agli andreottiani catanesi e dei rapporticon i politici palermitani.Paolo Severino SamperiRacconta del sostegno della mafia di Enna ad uncandidato andreottiano. Angelo SiinoSmentisce Di Maggio: "Quello racconta sciocchezze".Ma parla dell'incontro tra Bontate e Andreotti aCatania in una riserva di caccia dei Costanzo, nelluglio del '79.Vincenzo SinacoriAnche a lui Gaetano Sangiorgi, genero di Nino Salvo,parlò del vassoio d'argento che gli era stato regalatoda Andreotti in occasione delle sue nozze, e gliconfidò di averlo fatto sparire. "Sia Sangiorgi cheMatteo Messina Denaro mi dissero che fu lo stessoAndreotti a volere il processo: bastava cheammettesse di conoscere i Salvo, e si sarebbesalvato".Rosario SpatolaRacconta di mafia e massoneria e delle relazionipericolose degli andreottiani trapanesi. (e.b.)

(20 febbraio 1999)

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DOSSIER PROCESSO ANDREOTTI/3. L'intrigoSedici anni di incontri con i boss e di trattative segrete

Le relazioni pericolosedel senatore Giulio

PALERMO - La mappa del grande intrigo si snodalungo sedici anni, nei quali sono ricomprese le quattrodate in cui Giulio Andreotti, presente in Siciliaavrebbe avuto occasione, secondo i collabaratori digiustizia, di incontrare boss e intavolare trattative. Diseguito una cronologia essenziale, collegata aglieventi ai quali i cosiddetti pentiti "agganciano",motivandole, le relazioni pericolose del sette voltepresidente del consiglio.

19766 settembre 1976 - Si celebrano a Palermo le nozzetra Angela Salvo, figlia dell'esattore Nino e GaetanoSangiorgi. Andreotti avrebbe inviato un vassoio inregalo. In quello stesso anno la commissioneantimafia scrive dei Salvo e delle esattorie nellerelazioni di maggioranza e minoranza.6 novembre 1976 - Vito Ciancimino incontra Andreottie chiede di entrare nella corrente.

197725 maggio 1977 - E' il trentennale della Regionesiciliana, segue di appena nove giorni il congressoprovinciale della democrazia cristiana che i cuginiesattori Nino e Ignazio Salvo hanno ospitato nel loroalbergo, lo Zagarella, acquistato due anni prima.Andreotti è certamente a Palermo il 25 e resta in cittàfino all'indomani.

19798 giugno 1979 - Andreotti, eletto tre mesi prima allaguida del suo quinto governo, partecipa, da leader dc,alla campagna elettorale per le europee. A Palermotiene un comizio al cinema Nazionale e poi è ospite

DOSSIER

ANDREOTTI

a cura di

Enrico Bellavia

1/Punto per punto

le accuse dei pm

e le risposte

della difesa

2/Chi sono, che

dicono

i 38 'pentiti'

che lo accusano

3/Dal '76 al '92

gli anni delle

'relazioni

pericolose'

4/Quattro misteri

per un giallo

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d'onore del ricevimento allo Zagarella. I Salvo sonoad accoglierlo, lo prova una foto, finita agli atti delprocesso.

Tre mesi prima (9 marzo 1979) viene statoassassinato a Palermo Michele Reina, segretarioprovinciale scudocrociato. E di quel delitto, secondo il"pentito" Francesco Marino Mannoia, Andreottiavrebbe discusso, incontrando il boss StefanoBontate, in rapporti con il suo grande elettore SalvoLima. E' il primo incontro dei quattro.

Il 1979 è l'anno centrale nella ricostruzione dellavicenda andreottiana:il 20 marzo è stato ucciso a Roma Mino Pecorelli, ilgiornalista, direttore di Op del cui omicidio Andreottiverrà accusato dalla procura di Perugia; il 12 luglio aMilano un sicario italo americano spara a GiorgioAmbrosoli, il liquidatore della banca di MicheleSindona; il 21 luglio in un bar di Palermo un killerfredda, colpendolo alle spalle, il commissario BorisGiuliano che lavora alle indagini sulla nuova mafiasiciliana e ai suoi referenti d'oltreoceano; il 7 agostoSindona sparisce negli Usa e inscena il fintosequestro. Dopo varie tappe, protetto dal clanmafioso degli Spatola, è in Sicilia dove prova atessere una trama di rapporti con politici e massoni. Il25 settembre la mafia uccide Cesare Terranova che,dopo un esperienza parlamentare, si accinge adinsediarsi al posto di capo dell'ufficio istruzione diPalermo. Con lui muore il maresciallo Lenin Mancuso.

29 settembre del 1979 - Tre mesi dopo il comizio alcinema Nazionale, Andreotti, ormai non più a capodel governo (si è dimesso a giugno), torna a Palermocon Franco Evangelisti per un convegno.

Ultimi giorni di giugno - Secondo il barman Vito DiMaggio, Andreotti (secondo incontro) avrebbe vistoall'Hotel Nettuno di Catania, il boss Nitto Santapaola.Andreotti smentisce, agende alla mano: 20 giugno, inparlamento; 21 e 22 giugno, a Strasburgo; 22pomeriggio, ritorno a Roma e udienza al Quirinale; 23e 24 giugno, consiglio nazionale della Dc; 25 sera,consiglio dei ministri; 26 partenza per il Giappone;27-30 giugno, Tokyo; 1 luglio, ritorno a Roma e inizioprocedure crisi ministeriale.

198016 luglio 1980 - Andreotti è a Lipari e partecipa, come

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testimone della sposa, a Messina alle nozze dellafiglia di Giuseppe Merlino, deputato regionale dellasua corrente. A questo periodo la procura fa risalire ilterzo incontro con Bontate. Mannoia spiega che ilcolloquio, tesissimo, verteva sul delitto di PiersantiMattarella, il presidente della Regione, ucciso il 6gennaio. Il "pentito" indica una villa di TotuccioInzerillo, luogotenente di Bontate, come il postoconvenuto per l'appuntamento. E precisa: "Andreoottiveniva da Trapani".6 agosto 1980 - Viene ucciso Gaetano Costa,procuratore della Repubblica, impegnato in primapersona nelle indagini sul clan Spatola.

1981E' l'anno della guerra di mafia. I corleonesi riescono ademolire la leadership di Stefano Bontate,assassinandolo il 25 aprile del 1981. Il 12 maggiotocca ad Inzerillo.

1982Il 30 aprile 1982 in un agguato cadono il segretarioregionale del Pci, Pio La Torre, e il suo collaboratoreRosario Di Salvo. A giugno Carlo Alberto DallaChiesa arriva a Palermo. Secondo il figlio, giudicò gliandreottiani come la famiglia politica più inquinata. ALondra muore in circostanze misteriose RobertoCalvi, banchiere in affari con Sindona. A settembre uncommando armato spara sull'auto di Dalla Chiesa.Con il generale muore la moglie e l'autista.

19835 agosto 1983 - Nino e Ignazio Salvo entrano da"indiziati" in un'inchiesta antimafia. L'annosuccessivo, il 13 novembre 1984 saranno arrestati.26 novembre 1983 - Andreotti, tornato al governo daministro degli Esteri è a Palermo per un incontropolitico.

1984E' l'anno dei pentiti Tommaso Buscetta e TotuccioContorno. Scattano i blitz antimafia dai qualidiscenderà l'istruttoria del primo maxiprocesso aCosa nostra. I boss reagiscono puntando su giudici einvestigatori.

198610 febbraio 1986 - inizia il maxiprocesso.4 agosto 1986 - la corte del primo maxiprocessoascolta Andreotti a Roma a porte chiuse. L'avvocato

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di parte civile della famiglia Dalla Chiesa chiederàl'incriminazione per falsa testimonianza.

198721 settembre 1987 - E'il giorno della festadell'Amicizia, la festa della Dc che quell'anno si tennea Palermo. E' il giorno in cui Andreotti, durante ilpomeriggio eludendo la sorveglianza avrebbe lasciatoil grand hotel di Villa Igiea per andare con Salvo Limaa casa di Ignazio Salvo e appartarsi con Totò Riina. E'il quarto incontro, l'incontro del "bacio". Secondol'accusa il politico ottiene che Cosa nostra torni adappoggiare la Dc dopo la "lezione" per le politiche delgiugno precedente, in occasione delle quali era statodeciso l'appoggio al Psi per mandare un segnale. MaRiina chiede garanzie per il maxiprocesso incassazione. In primo grado, il 13 dicembre del 1987, igiudici sanciranno l'esistenza della commissionemafiosa con 19 ergastoli inflitti ai capidell'organizzazione.

1992Dalla Cassazione non arriva il colpo di spugna attesodai boss. Per l'acccusa la speranza era figlia del pattocon i Salvo, Lima e Andreotti per ottenerel'annullamento della sentenza del primomaxiprocesso da parte del presidente della primasezione della Corte, Corrado Carnevale. Ma il giudicenon ha presieduto il collegio.12 marzo 1992 - Salvo Lima viene ucciso mentreprepara il comizio di Andreotti a Palermo per lepolitiche.17 settembre 1992 - Il boss Giovanni Brusca, oggicollaboratore, guida il gruppo di fuoco che uccideIgnazio Salvo. Nino era morto a Bellinzona primadell'inizio del maxiprocesso. (e.b.)

(20 febbraio 1999)

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DOSSIER PROCESSO ANDREOTTI/4. I quattro misteriDall'agenda con il numero del senatore al quadro ricevuto

"Quando Andreotti regalòil vassoio ai Salvo"

PALERMO - Non solo baci. Ci sono almeno treoggetti e un ambiente in questo giallo di fine secolo.C'è un dipinto che i boss avrebbero regalato adAndreotti, un vassoio che Andreotti avrebbe fattoacquistare da un amico per regalarlo alla figlia di NinoSalvo nel giorno delle nozze con Tani Sangiorgi. C'èun agendina trovata in tasca a Nino Salvo il giornodell'arresto nella quale un investigatore, poi ucciso,trovò i numeri di telefono di Andreotti sotto la voce"G", come "Giulio". E c'è un innocente rito quotidiano,la rasatura nella barberia di Torquato, coiffeur romanodegli anni '60, che si traduce nell'archetipo degliincontri indecenti: quello del senatore con FrankCoppola "tre dita".

IL QUADROIl mistero ruota intorno alla deposizione di AngelaSassu, figlia del pittore Aligi, esperta d'arte ed exgallerista, oggi a capo di una fodnazione. Fu lei aricevere da un sacerdote, investito della vicenda daFranco Evangelisti, braccio destro di Andreotti,l'incarico di trattare l'acquisto di una tela del '63,opera di Gino Rossi, un paesaggio, destinato alsenatore. Il suo racconto fa il paio con un particolarecontenuto nelle deposizioni del "pentito" FrancescoMarino Mannoia: Andreotti impazziva per un quadro ePippo Calò, su incarico di Stefano Bontate, loacquistò da un antiquario e glielo fece avere.Ecco il racconto della Sassu: "Tutto è cominciatonell'estate del 1980. La mia galleria d'arte, laSegantini, annoverava tra i suoi clienti importantiuomini politici, industriali, aziende. Ero abituata atrattate con gente importante. E dunque non mimeravigliai più di tanti, quando un mio carissimo

DOSSIER

ANDREOTTI

a cura di

Enrico Bellavia

1/Punto per punto

le accuse dei pm

e le risposte

della difesa

2/Chi sono, che

dicono

i 38 'pentiti'

che lo accusano

3/Dal '76 al '92

gli anni delle

'relazioni

pericolose'

4/Quattro

misteri

per un giallo

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amico di famiglia, pdre Gabriele Adani, fondatoredell'Antoniano di Bologna mi presentò il senatoreFranco Evangelisti. Mi disse che si interessava diquadri e mobili e che avrei potuto fare affari con lui.Ovviamente fui molto interessata e concordai unsuccessivo incontro con lui. L'incontro avvenne aRoma, nella sede della Democrazia Cristiana.Gabriele Adani mi combinò l'appuntamento ed ioandai per cercare di instaurare con il senatoreEvangelisti rapporti d'affari. Fu in quell'occasione chemi chiese di accompagnarlo a visionare un quadroche interessava molto al presidente Andreotti, un oliodi Gino Rossi raffigurante un paesaggio. Era unabottega in un vicoletto, credo una traversa di Via delBabbuino, via della Vite. Guardai quel quadro, dissiad Evangelisti che era bello e che il prezzo, circa 70milioni, era equo. Però non trattammo l'acquisto delquadro. Io pensai che forse mi avrebbe chiesto difarlo in un secondo momento. Invece i nostri rapportisi fermarono lì, forse perchè lui cercava roba piùantica di quella che trattavo io. Qualche tempo dopo,Gabriele Adani mi disse che il quadro era statocomprato e regalato ad Andreotti. Ma non mi dissechi lo aveva acquistato, né io glielo chiesi. PurtroppoAdani è morto e così anche Evangelisti ed io restol'unica testimone".

La descrizione del quadro che dà Marino Mannoia èdiversa. Il "pentito" che ha al suo attivo il furto di unCaravaggio poi andato disperso parla di una tela 50per 60, sempre del pittore Gino Rossi, raffigurante,però una villa veneta, un frammento di un fondale chel'artista aveva realizzato per uno spettacolo teatrale.La tela, nella testimonianza di Mannoia aveva avevauna gamma di toni dal verde all'azzurro al grigio. Ilquadro non è stato mai trovato. Si riparte dalla Sassue da un antiquario, uno dei pochissimi che, negli anni'80, commercializzava i quadri di Gino Rossi.Il suo nome è Romano Petrucci. E' stato titolare peroltre un ventennio a Roma della galleria "La Gradiva"frequentata anche da Franco Evangelisti e GiulioAndreotti. Al processo ha confermato di aver tenuto ingalleria un quadro del tutto uguale a quello descrittoda Mannoia, la villa veneta, ma ha spiegato: "La villaveneta di Gino Rossi è rimasta nella mia galleria dal1978 al 1986 quando lo vendetti all'avvocato romanoPino Centrone". Impossibile che Andreotti lo abbiaavuto nell'8081. Ma Petrucci smentisce anche laricostruzione di Angela Sassu. L'antiquario sostieneinfatti che il quadro valeva una ventina di milioni e che

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lui lo vendette per dieci, mentre la gallerista sostieneche la richiesta era di settanta, ottanta milioni.Potrebbero essere due diversi i quadri trattati daCosa nostra e da Evangelisti? La difesa del senatoresi è provata a spazzare il campo dai sospetti con ladeposizione del critico d'arte Luigina Bortolatto e dellasegreteria di Franco Evangelisti, Wilma Raimondi.Quest'ultima nega che negli anni '80 Evangelistiavesse un ufficio presso la sede della Dc, doveAngela Sassu sostiene di aver conosciuto il bracciodestro di Andreotti e nega che Evangelisti si siaoccupato del quadro di Gino Rossi. Ma è LuiginaBortolatto a mettere in crisi il racconto della Sassu.Perchè è proprio al critico che la gallerista si sarebberivolta per trattare l'eventuale acquisto del quadro, mala Bortolatto nega che le due abbiamo mai parlatodella vicenda.

IL VASSOIOE' il mistero dei misteri, la prova evanescente cheAndreotti non solo conosceva i Salvo, ma vi era in talirapporti da inviare un vassoio d'argento in dono per lenozze di Angela Salvo, la figlia prediletta di Nino, conil medico Gaetano Sangiorgi, oggi all'ergastolo comebasista dell'agguato in cui fu ucciso il cugino del suosuocero, l'altro esattore, Ignazio. Le nozze furonocelebrate il 6 settembre del '76. Il vassoio dopoun'estenuante ricerca durata anni è stato trovato, maè comparso con il regalo anche il presunto mittente, ilnotaio Salvatore Albano, palermitano, trapiantato aRoma, che sostiene di averlo acquistato qualchetempo prima insieme ad altri per far provviste in vistadi eventuali inviti ai quali sottrarsi ricambiando con unregalo importante. Mistero risolto? Nient'affatto.

Intanto perchè più d'uno giura di aver sentito dire aGaetano "Tani" Sangiorgi che il vassoio era statoinviato da Andreotti. E perchè c'è anche un "pentito"che giura di avergli sentito dire che per non corrererischi Andreotti lo aveva fatto comprare da un "notaioo un avvocato suo amico". Ma perchè nel 1976Andreotti, ammesso che fosse davvero il mittente,avrebbe dovuto ricorrere ad una precauzione delgenere? La Procura ha una risposta, che, a dire ilvero, fa a pugni con una dichiarazione di Andreottiche ha sostenuto di non aver mai saputo granchè deiSalvo, e di non averli visti mai neppure in fotografia. Enon fino al 1984, quando furono arrestati, ma fino al14 novembre del 1993, quando i pm interrogandologli mostrarono tre gruppi di fotografie che lo

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ritraevano a poca distanza da Nino Salvo, inoccasione di una manifestazione del '79. Se non gliavessero detto che quello calvo e sorridente era NinoSalvo, il senatore avrebbe continuato ad ignorarne ilviso. Ma torniamo alla domanda: perchè inviare unregalo "sotto copertura".

Negli anni '70 i Salvo sono già conosciutissimi epotentissimi in Sicilia e le polemiche sul rinnovo dellaconcessione per la riscossione dei tributi, di cuiAndreotti, stesso ammette di avere avuto notizia, sifondavano anche su non lusinghieri giudizi checircolavano sui due cugini e sulle relazioni intrattenutecon uomini d'onore del trapanese. Tra pentiti etestimoni, ecco la storia processuale del vassoio.Del vassoio parlano Gioacchino Pennino, GiovanniBrusca e Vincenzo Sinacori. Tutti citano come fonteTani Sangiorgi. Sarebbe stato lui a parlargli delvassoio, di Andreotti e a confessare di averlonascosto.Racconta Sinacori: "Tani Sangiorgi mi parlò delvassoio d'argento che gli era stato regalato daAndreotti in occasione delle sue nozze, e mi confidòdi averlo fatto sparire: 'Possono cercarlo quantovogliono, non lo troveranno mai', mi disse". La stessacosa Sangiorgi l'avrebbe raccontata a GiovanniBrusca. Ma, in realtà, fu proprio il medico aconsegnare il vassoio spontaneamente agli uominidella Dia, alcuni giorni dopo la prima perquisizione acasa sua, in via Belmonte, nel luglio del '93.

A testimoniarlo è stato il maggiore della Dia, LuigiBruno. L'ufficiale ha raccontato che fu Sangiorgi achiamarlo, pochi giorni dopo la perquisizione, perriferirgli di aver trovato la chiave di un cassettonedove erano custoditi 24 vassoi d'argento. Nel corsodella conversazione Sangiorgi avrebbe anche fornitouna serie di indicazioni per approfondire l'eventualeconoscenza Salvo-Andreotti. Ottenuto il vassoio,investigatori e magistrati, attraverso il marchio difabbrica dell'argentiere, hanno rintracciato il notaioAlbano. Il professionista, in aula, ha detto diconoscere Andreotti ma ha sostenuto di avere avutosolo rapporti professionali. Frequentazioni dadiportisti, invece con Nino Salvo, conosciuto neglianni 70 a Palermo. All'avvocato Franco Coppi che gliha posto direttamente la domanda se per casoavesse acquistato il vassoio su commissione diAndreotti, ha risposto "Non lo dica neanche perscherzo! Mica sono un fattorino, io".

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Partita chiusa? No, perchè non ci sono solo i pentiticontro un notaio, in questa storia. Ad avvalorare latesi dei collaboratori c'è, infatti anche RosalbaLojacono, vedova di Pietro La Forgia, ex sindaco diBari e senatore del Pds. Nell'agosto del 93, invacanza a Stresa, Tani Sangiorgi, avrebbe detto almarito della signora Lojacono di conoscerepersonalmente Andreotti e di aver ricevuto da luicome dono di nozze il vassoio d'argento. La donna siè presentata spontaneamente dai magistrati, dopoaver letto sui giornali che a Perugia, al processoPecorelli, Sangiorgi, nel frattemp arrestato peromicidio, aveva accusato i magistrati di Palermo diavergli estorto alcune dichiarazioni sul vassoio."Nell'agosto del '93 - ha raccontato la donna - io e miomarito eravamo in vacanza a Stresa, all'hotelBorromeo, per una Beauty Farm. Lì conoscemmoGaetano Sangiorgi e la moglie Angela Salvo. Qualchegiorno dopo mio marito mi raccontò che Sangiorgi gliaveva detto di conoscere Andreotti e che il senatoregli aveva inviato in dono alle sue nozze un vassoiod'argento".

DAL BARBIERENel 1970, all'uscita dal salone da barba "Torquato",Giulio Andreotti avrebbe incontrato Frank Coppola"Tre dita", uno dei più celebri padrini di Cosa Nostra.L'ultima rivelazione sulle presente relazioni delsenatore con esponenti mafiosi è stata fatta in aula,da Federico Corniglia, 62 anni, falsario professionista,prestatore d'opera anche per conto del generale DallaChiesa nelle operazioni antiterrorismo, collaboratoredi giustizia dopo una condanna a trent'anni per unsequestro di persona, quello di Evelina Cattaneo, chesostiene di non avere mai commesso. Corniglia, chetiene a precisare di non essere un "pentito", haspiegato di avere conosciuto a Milano molti bossmafiosi, tra cui Gaetano Fidanzati, Stefano Bontate,Gerlando Alberti, e lo stesso Coppola con il quale haorganizzato tra il 1967 e il 1968 una truffa da diecimiliardi ai danni dell'Imi attraverso la falsificazione dititoli obbligazionari.

Con Coppola i rapporti proseguirono quandoCorniglia si trasferì temporaneamente a Roma. Eproprio in quel periodo sarebbe stato testimonedell'incontro tra il padrino e Andreotti, nei pressi delsalone da barba abitualmente frequentato dalsenatore e dove lo stesso Corniglia sostiene di averlo

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rivisto nel '71, a pochi giorni dalla morte del titolaredella barberia. "Tra la fine di settembre e l'inizio diottobre del '70 Coppola - ha raccontato - mi diedeappuntamento all'Hotel Flora di via Veneto, perchè loaccompagnassi da una persona. Non mi disse chiera: spiegò solo che era un fatto riservato". Con lasua auto sportiva, una Fiat Dino, Corniglia avrebbecondotto Coppola in via San Basilio. Dopo un'attesadi 10 minuti, il boss scese mentre una persona uscivadalla sala da barba per salire a bordo di una Lancia dirappresentanza. "Pur non avendolo mai conosciuto,riconobbi in quella persona il senatore Andreotti" haspiegato Corniglia. "Lo aspettavano due persone.Una gli aprì lo sportello posteriore sinistro, l'altra simise alla guida. Prima che la macchina si mettesse inmarcia, Coppola raggiunse il senatore. Aprì losportello posteriore destro e infilò la testa all'interno. Idue accompagnatori di Andreotti si fecero da parte.Coppola e il senatore rimasero soli a parlare, inquesta posizione, per due tre minuti". Al ritorno, ilboss si sarebbe limitato a riferire al suo amico cheavevano parlato di una "questione di voti" in favoredell'ex sindaco Petrucci nella quale era statonecessario l' intervento del boss. E chiuse il discorsodicendo: "Mi affido alla tua discrezione". Atratteggiare la figura del collaboratore di giustizia èstato un funzionario della Dia che lo ha descrittocome "uno dei più grandi falsari di tutti i tempi". Deicontrasti tra Petrucci e la corrente andreottiana di cuifaceva parte, secondo la Procura, erano aconoscenza solo pochissime persone.

L'AGENDANella prima agenda c'è un nome, Giulio, ed unnumero "lungo", probabilmente quello del telefonodiretto del sette volte presidente del consiglio GiulioAndreotti. Nella seconda, alla lettera G, una vistosacancellatura di due righe. Sono le rubrichesequestrate agli esattori Nino ed Ignazio Salvo nelnovembre del 1984, in occasione del loro arresto.Della prima venne in possesso il funzionario dellaSquadra mobile Ninni Cassarà ma inspiegabilmentese ne è persa ogni traccia.

La seconda, sconosciuta è comparsa nel'96, nellacancelleria dell'aula bunker dell'Ucciardone, tra gli attidel primo maxiprocesso alla mafia, in uno dei faldonidedicati alle posizioni dei Salvo. Si tratta della stessaagendina di cui Cassarà parlò ad un collaboratore ealla moglie? Perchè se così fosse, allora sarebbe

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stata manomessa. O si tratta di un'altra agenda, di cuiperò, non si era mai avuta notizia fino ad ora,nonostante fosse agli atti di un processo? Il giallodelle agende ruota intorno alle deposizioni LauraIacovoni, vedova del vicequestore Ninni Cassarà, edel commissario Francesco Accordino, exdirigentedella sezione omicidi della squadra mobile di Palermonegli anni in cui Cassarà dirigeva la sezioneinvestigativa. Sia la signora Iacovoni sia Accordinohanno confermato in aula quanto era venuto fuorinel'93 nel corso del processo per gli omicidi Montanae Cassarà: e cioè che l'11 novembre del 1984, nelcorso della perquisizione che seguì l'arresto deicugini Salvo, Ninni Cassarà trovò quello che cercavada tempo, la prova del filo che legava i potenti esattoridi Salemi all'allora presidente del consiglio. "Miomarito mi disse: figurati, abbiamo trovato il numerodiretto di Andreotti", aveva riferito la signora LauraIacovoni al processo per l'omicidio del marito. "Duegiorni dopo quella deposizione - ha rivelato alprocesso Andreotti - qualcuno si introdusse a casamia alla ricerca di qualcosa. Trovai la casa invasa dapoliziotti chiamati da un vicino che aveva notato laporta di ingresso aperta. Non avevano rubato nulla,ma una piccola cassaforte di mio figlio era stataforzata, anche in questo caso non era stato asportatoniente".

La signora non vide mai quell'agenda, che inveceNinni Cassarà mostrò, poche ore dopo l'arresto deiSalvo, al suo collega Francesco Accordino, unicotestimone oculare di quel documento. "Ricordoperfettamente che si trattava di un'agendinatascabile, di pelle, rosso scuro ha detto Accordino.Cassarà me la mostrò ridendo sotto i baffi conun'espressione di trionfo e mi disse: 'Hai vistol'agenda con Giulio?'. Accordino ha detto di nonricordare il numero di telefono. "Sicuramente era unnumero lungo", si è limitato a dire. Il teste, pur nonavendo mai chiesto esplicitamente a Cassarà sel'accertamento su quel numero avesse portato allaconferma che il Giulio in questione era proprio ilsenatore Andreotti, lo ha dato per scontato. "Ne parlaisuccessivamente in un paio di occasioni anche conGiovanni Falcone - ha ricordato Accordino - 'RicordiGiulio', era una battuta che ricorreva spesso tra noiquando ci incontravamo e parlavamo sempre dellestesse cose. Falcone la chiamava la 'sindrome dareduce'. Di quella agendina, però, non è mai statatrovata traccia. "Ricordo perfettamente che Cassarà

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la mise in una busta con destinazione l'ufficioistruzione del tribunale", ha detto Accordino. Ma, oltrea non figurare agli atti come documento, di quellarubrica non appare traccia neanche nei verbali diinterrogatorio dei Salvo, redatti proprio da GiovanniFalcone. Non c'è un solo documento nel quale risultiche Falcone abbia mai chiesto ai Salvo a chi siriferisse quel numero di telefono annotato sotto lavoce Giulio. Possibile? Affatto, ma spiegabile conl'altro mistero: il ritrovamento, di un'agendina del tuttosimile a quella descritta da Accordino: tascabile, dipelle, rosso scuro ma con due righe cancellate allalettera G. (e.b.)

(20 febbraio 1999)

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