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Casa & Leggi

Anno VII - 2012 - n. 2

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INDICE DEGLI ARGOMENTI

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Sezione I – Sezione I – DDottrInaottrIna

Contabilizzazione del calore e termoregolazione in condominio, di Silvio Rezzonico .....................

Infiltrazioni di umidità: il condominio rimborsa gli interventi di riparazione e i canoni di locazione per l’abitazione provvisoria, a cura del Centro studi condominiali ..................................

L’introduzione delle nuove tecnoclogie nella gestione condominiale, a cura del Centro studi

condominiali ......................................................................................................................................

Installazione degli impianti fotovoltaici integrati sugli edifici condominiali, di Ivan Meo e Angelo

Pesce ..................................................................................................................................................

Basta un posto auto per appartamento: i parcheggi in eccedenza possono essere venduti dalcostruttore liberamente, a cura del Centro studi condominiali .........................................................

Commenti a sentenze, di Giuseppe D. Nuzzo ....................................................................................

Sulla natura del provvedimento giudiziale di sospensione dell’esecuzione delle delibere assem-bleari condominiali, a cura del Centro studi condominiali ...............................................................

Gatti randagi: problematiche condominiali, a cura del Centro studi condominiali ..........................

Il perenne “braccio di ferro” tra locazioni e fisco, di Giacomo Carini ..............................................

La mediazione nelle cause condominiali, a cura di FNA ..................................................................

Sezione II – Sezione II – LLeggIeggI ee cIrcoLarIcIrcoLarI

Professioni non regolamentate: il disegno di legge approvato dalla Camera ....................................

Il bonus “prima casa” va oltre la fine: deceduto il titolare lo chiede l’erede ......................................

Circolare Irpef a “domanda risposta”. Focus su bonus 36% e questioni in tema di deduzioni edetrazioni d’imposta ...........................................................................................................................

Cedolare secca sugli affitti: in una circolare le risposte ai quesiti dei contribuenti ...........................

Sezione III – Sezione III – SSentenzeentenze eDeD aLtreaLtre utILItàutILItà

L’amministratore può aprire un conto corrente bancario intestato al condominio senza specificheautorizzazioni .....................................................................................................................................

Immobile senza collaudo? Sequestro solo se c’è rischio per la pubblica incolumità ........................

Appropriazione indebita dell’amministratore di condominio: il reato si consuma alla consegnadella cassa al successore .....................................................................................................................

La responsabilità dell’acquirente di immobile in condominio per i debiti del biennio precedenteè disciplinata dall’art 63 disp. att. c.c. e non dal 1104 c.c. .................................................................

La prescrizione non scatta se le opere abusive non risultano effettivamente ultimate ......................

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CONDOMINIO GIURIDICO6

Un regolamento di condominio non può costituire un diritto di servitù su di un bene comune ......................................................................................................................................

Anche in presenza di contestazioni all’amministratore, i condòmini non possono sospendere i pagamenti per servizi goduti ...............................................................................

L’amministratore di condominio è legittimato ad agire in giudizio per chiedere la demolizione di opere che pregiudicano il decoro architettonico ..............................................

Quali parti del fabbricato devono essere considerate nel calcolo delle distanze legali tra gliedifici .........................................................................................................................................

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DOTTRINADOTTRINA

dettare disposizioni per “rendere obbligatoria la dichia-razione della classe e dell’indice di prestazione energe-tica dell’edificio o della singola unità abitativa in tuttigli annunci commerciali finalizzati alla relativa vendi-ta”. In caso di inadempimento, il “titolare dell’annuncioincorrerà in una sanzione amministrativa variabile da €1.000 a € 5.000”.

Non solo: con gli artt. 9, comma 1, art. 25 commaquattro ter e 27 della medesima Legge Regionale24.11.2006, nonché con l’art. 9 della medesima De-libera 8/8745 del 22.12.2008 è stato stabilito che “adecorrere dall’01.07.2010, la Regione ha previsto, incaso di locazione di interi immobili o singole unitàimmobiliari con contratto stipulato o rinnovato (in mo-do espresso o tacito) successivamente a tale data, l’ob-bligo di dotazione e consegna (all’atto della stipula, ‘incopia dichiarata conforme all’originale’) dell’attestatodi certificazione energetica.

Per i locatori che, a decorrere dalla predetta data, nonadempiono ai descritti obblighi è prevista una sanzioneche va da € 2.500 a € 10.000”.

La Regione ha anche stabilito che la Giunta dovràdettare disposizioni per “rendere obbligatoria la dichia-razione della classe e dell’indice di prestazione energe-tica dell’edificio o della singola unità abitativa in tuttigli annunci commerciali finalizzati alla relativa loca-zione”. In caso di inadempimento, il “titolare dell’an-nuncio incorrerà in una sanzione amministrativa varia-bile da € 1.000 a € 5.000”.

A proposito delle sanzioni regionali, vale peraltro lapena di segnalare che per il Tribunale di Varese – sen-tenza 19.06.2009 – “qualunque norma regionale cheimponga l’obbligo di allegazione dell’attestato di certi-ficazione energetica ai provvedimenti portanti trasferi-menti immobiliari forzosi (perché resi nell’ambito diprocedure esecutive individuali e di vendite conse-guenti a procedure concorsuali) è in contrasto con l’art.117, comma II, lett. 1) Cost., il quale riserva alla legis-lazione esclusiva dello Stato la materia della giurisdi-zione e delle norme processuali”.

Il successivo D. Lgs. 3.3.2011, n. 28, “attuazionedella Direttiva 2009/28/CEE sulla promozione dell’usodell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica esuccessiva approvazione della Direttiva 2001/77/CEEe n. 2003/30/CE”, oltre a disporre norme attuative perl’energia prodotta da fonti rinnovabili ha apportato al-cune novità anche in materia di certificazione energeti-

contaBILIzzazIone DeL caLore contaBILIzzazIone DeL caLore e terMoregoLazIone In conDoMInIoe terMoregoLazIone In conDoMInIo

di Silvio Rezzonico

LLa termoregolazione e la contabilizzazione del calo-re in condominio devono collocarsi all’interno dei

principi generali in tema di ripartizione delle spese e, inparticolare, dell’art. 1123 c.c., che prevede, in terminigenerali, il riparto delle spese secondo i tre criteri: a) deimillesimi di proprietà; b) della diversa utilizzazione; c)dell’utilizzo separato. Vale in particolare la pena diriportare il secondo comma dell’art. 1123 c.c. che dis-pone: “Se si tratta di cose destinate a servire i condò-mini in misura diversa, le spese sono ripartite in propor-zione dell’uso che ciascuno può farne”, precisando chela disposizione è applicabile anche a quei servizi con-dominiali che non possano essere goduti in egual misu-ra da tutti i condòmini, per ragioni materiali e struttura-li dell’impianto termico. Fermo restando che, per giuri-sprudenza consolidata, il riparto in base al diverso uti-lizzo, ai sensi del secondo comma dell’art. 1123 c.c.,deve essere riferito a un utilizzo potenziale e non a unutilizzo di fatto, condizionato da mere scelte soggettivedel condomino.

Si vuol dire che può parlarsi di minore utilizzo tale dagiustificare una minor contribuzione alle spese dell’im-pianto termico, solo ove il minor utilizzo sia giustifica-to da ragioni strutturali dell’impianto e non già da scel-te soggettive del condomino, di non voler usufruire delservizio. E così, il condomino che durante la stagioneinvernale si allontani dal proprio appartamento prefe-rendo svernare al caldo e che sigilli i radiatori per nonfarvi confluire l’acqua calda, è comunque tenuto a pa-gare le spese dell’impianto, alla stregua di tutti gli altricondòmini.

Quanto alla legislazione speciale, la Legge 192/2005e s.m.i. ha previsto una clausola di cedevolezza a favo-re delle Regioni, che in materia hanno competenza con-corrente con lo Stato, a norma dell’art. 117 della Costi-tuzione.

Conseguentemente, la Regione Lombardia conLegge 24.11.2006, n. 24, nonché con Delibera dellaGiunta Regionale 8/8745 del 22.12.2008, ha stabilitoche “a decorrere dall’01.07.2009, la Regione ha previ-sto, nel caso di trasferimento a titolo oneroso di interiimmobili o singole unità immobiliari, l’obbligo di dota-zione e allegazione (all’atto di trasferimento ‘in origi-nale o in copia certificata conforme’) dell’attestato dicertificazione energetica. In caso di inadempimento èprevista una sanzione che va da € 5.000 a € 20.000”.

La Regione ha anche stabilito che la Giunta dovrà

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1120 e 1136 del codice civile”. I sistemi di contabilizzazione del calore e di termore-

golazione consistono nell’applicazione di un ripartitoreda applicare al corpo scaldante per registrare la quanti-tà di calore emessa dal radiatore e di una valvola ter-mostatica che permette all’utente di scegliere la tempe-ratura ambiente desiderata, sfruttando gli apporti dicalore dipendenti da fattori ambientali (es. irraggia-mento solare naturale che riscalda l’ambiente attraver-so le finestre) e regolando automaticamente l’afflussod’acqua calda al radiatore.

Razionalizzando in tal modo i consumi è stato stima-to che si ottiene un risparmio energetico nell’ordine del25-30% e, nei casi di riscaldamenti centralizzati, le spe-se vengono ripartite non più in base ai millesimi ma inmodo proporzionale all’effettivo consumo.

L’adozione di questo sistema permette di fruire deivantaggi derivanti sia da una gestione autonoma del ca-lore che dall’avere un riscaldamento di tipo centraliz-zato, sostenendo, quindi, minori spese di manutenzionedell’impianto, poiché suddivise tra i condòmini, e mag-gior esattezza nella quantificazione, in denaro, del calo-re effettivamente consumato.

Più specificamente, il principio alla base della termo-regolazione è quello di consentire di spegnere e accen-dere a piacimento i diversi caloriferi, stabilendo ancheil calore desiderato stanza per stanza. In base alla piùrecente normativa, in seguito alla sostituzione della cal-daia o di ristrutturazione dell’impianto termico, deveessere possibile programmare il riscaldamento di ogniunità immobiliare almeno su due livelli (più caldo digiorno e più freddo la notte).

La contabilizzazione del calore, invece, permette dicalcolare i consumi registrati da ogni singolo alloggio,rendendo possibile pagare in funzione dei rispettiviconsumi anche qualora si sfrutti un impianto centraliz-zato.

Un impianto in cui sia attivo un sistema di contabi-lizzazione del calore favorisce il contenimento dei con-sumi non tanto per una maggiore efficienza degli appa-recchi (il funzionamento del riscaldamento, infatti, èuguale a quello di un impianto tradizionale costruito al-lo stesso modo), quanto perché ognuno è incentivato anon scaldare l’appartamento quando non ne ha biso-gno.

Il caro energia può essere, dunque, combattuto conuna gestione più attenta e oculata del riscaldamentodomestico, poiché l’utilizzo più oculato del servizio,secondo le stime correnti, porterebbe, come abbiamogià detto, a quote di risparmio energetico vicine al 25-30 per cento.

Fondamentale può rivelarsi, quindi, la ristrutturazio-ne dell’impianto termico, tenuto, altresì, conto che qua-lora, per esempio, si sostituisca la centrale termica, leopere eseguite potranno godere della detrazione Irpefdel 55% riservata agli interventi volti a favorire il ri-sparmio energetico.

La Regione Lombardia, con la Legge 21.2.2011, n. 3,ha delegato la Giunta Regionale a dettare prescrizionidi dettaglio in tema di termoregolazione e contabilizza-

ca. La nuova normativa ha infatti parzialmente modifi-cato alcune previsioni del D. Lgs. 192/2005 riguardan-te il rendimento energetico in edilizia e ha anticipatoalcuni obblighi previsti dalla nuova Direttiva European. 31/2010, ai sensi del nuovo comma ter, dell’art. 6,del D. Lgs. 192/2005, disponendo che nei contratti dicompravendita o di locazione va inserita una clausolacon la quale l’acquirente nonché il conduttore attesta diaver ricevuto le informazioni e la documentazione ri-guardante la certificazione energetica dell’immobileche va ad acquistare o locare.

Per i contratti di locazione, la disposizione si applicasolo se gli edifici o i singoli enti immobiliari sono giàdotati dell’attestato di certificazione energetica; se sitratta di immobili di recente costruzione o compraven-dita, o di interventi per i quali si è usufruito delle detra-zioni fiscali del 55%.

Vale la pena di ricordare che la precedente disposi-zione sulla nullità – per mancata allegazione agli atti dialienazione o di locazione – dell’attestato di certifica-zione energetica è stata abrogata, sicché la mancata al-legazione nei contratti non determina più la nullità diquesti ultimi.

Per quanto attiene espressamente alle maggioranze inassemblea, in tema di risparmio energetico, il nuovotesto dell’art. 26 della Legge 10 del 9.1.1991 recita oracome segue: “Per gli interventi sugli edifici e sugliimpianti volti al contenimento del consumo energeticoe dell’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art.1, individuati attraverso un attestato di certificazioneenergetica o una diagnosi energetica realizzata da untecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominialisono valide se adottate con la maggioranza semplicedelle quote millesimali degli intervenuti all’assem-blea”.

In base a tale norma, quindi, sono valide le delibera-zioni adottate dall’assemblea con la maggioranza sem-plice delle quote millesimali degli intervenuti all’as-semblea, limitatamente agli interventi sugli edifici esugli impianti volti al contenimento energetico ed allacondizione legale che questi siano stati “preventiva-mente individuati” da una certificazione attestante l’ef-fettivo contenimento dei consumi energetici, in confor-mità al Decreto del Ministero dello Sviluppo economi-co del 26 Giugno 2009, recante “Linee guida naziona-li per la certificazione energetica degli edifici”. Si tengapresente che l’Italia è tenuta a comunicare agli organicomunitari il consumo energetico “complessivo”, re-gionale e nazionale, per la verifica dell’osservanza del-la percentuale di risparmio energetico programmata,pena l’irrogazione di pesanti sanzioni economiche.

Per quanto concerne la termoregolazione e la conta-bilizzazione, non si applica la disposizione di cui alsecondo comma del richiamato art. 26, ma continua adisporre il quinto comma, per il quale “per le innova-zioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazio-ne e di contabilizzazione del calore e per il conseguen-te riparto degli oneri di riscaldamento in base al con-sumo effettivamente registrato, l’assemblea di condo-minio decide a maggioranza, in deroga agli articoli

8 CONDOMINIO GIURIDICO

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DOTTRINA 9

zione del calore. In particolare, l’art. 17 della richiamata Legge

Regionale ha disposto che “La Giunta Regionale dettadisposizioni per: a) limitare il consumo energetico ecertificare anche in relazione alle diverse destinazionid’uso degli edifici e alle zone climatiche di ubicazioneil fabbisogno energetico degli edifici esistenti, daristrutturare e di nuova costruzione, stabilendo i requi-siti dell’involucro edilizio degli impianti termici, non-ché il fabbisogno energetico da coprire mediante l’usodelle fonti rinnovabili; b) regolare l’installazione, l’e-sercizio e il controllo, la manutenzione e l’ispezionedegli impianti termici civili; c) estendere l’obbligo deisistemi per la termoregolazione degli ambienti e la con-tabilizzazione autonoma del calore a tutti gli impianti diriscaldamento al servizio di più unità immobiliari an-che se già esistenti, a far data dal 01.08.2012, per le cal-daie di maggiore potenza e vetustà ed all’inizio di cia-scuna stagione termica dei due anni successivi alla sca-denza del 01.08.2012 per le caldaie di potenza e vetu-stà progressivamente inferiore. Con le stesse disposi-zioni, la Giunta Regionale può definire i criteri e le mo-dalità per riconoscere i casi in cui sussiste l’impossibi-lità tecnica di adempiere ai suddetti obblighi”.

Successivamente, la delibera della Giunta RegionaleIX /2601 del 30.11.2011, dando attuazione alla legge daultimo richiamata, ha stabilito all’art. 10.2 che “la con-tabilizzazione deve poter individuare i consumi di ener-gia termica utile per singola unità immobiliare e deveessere effettuata anche per i consumi di acqua caldasanitaria, ove questa è prodotta centralmente, attraver-so l’individuazione dei consumi volontari di energiatermica utile. In caso di impossibilità tecnica nella indi-viduazione dei consumi di energia termica utile riferitiall’acqua calda sanitaria, è prescritta l’installazione dicontatori di acqua calda sanitaria, che individuino iconsumi per singole unità immobiliare.

I nuovi impianti progettati e realizzati successiva-mente all’entrata in vigore del presente dispositivo de-vono obbligatoriamente prevedere sistemi di termore-golazione e contabilizzazione del calore. Tale obbligo èaltresì previsto per le sostituzioni dei generatori di calo-re, anche se la sostituzione non coinvolga tutti i gene-ratori che costituiscono l’impianto. Eventuali casi diimpossibilità tecnica alla installazione dei suddetti si-stemi di termoregolazione e contabilizzazione devonoessere riportati in apposita relazione tecnica del proget-tista o del tecnico abilitato, da allegare al libretto di cen-trale. L’impossibilità tecnica può riguardare solo gliimpianti esistenti, anche se in corso di ristrutturazione,o le sole sostituzioni di generatori di calore.

I soggetti idonei all’installazione delle apparecchiatu-re di contabilizzazione e termoregolazione vengono in-dividuati negli installatori di cui al successivo capitolo15.

L’installatore dovrà farsi carico anche della registra-zione al CURIT dell’apposita scheda di cui a successi-vo atto dirigenziale. Tale scheda dovrà essere registrataal CURIT con le stesse modalità e tempistiche previsteper la scheda identificativa dell’impianto e l’inosser-

vanza di tali obblighi espone l’installatore alle medesi-me sanzioni previste per la gestione delle schede iden-tificative.

L’obbligo di installazione di detti sistemi per gli im-pianti termici esistenti si applica secondo quanto indi-cato nella tabella seguente:

Si ritiene solitamente che la ripartizione degli oneri diriscaldamento in base alla termoregolazione e contabi-lizzazione, possa essere in contrasto con il regolamen-to dell’edificio in condominio che, di norma, non pre-vede tale tipo di ripartizione. Occorre quindi accertarese sia possibile, o meno, modificare le disposizioni con-tenute nel regolamento di condominio circa la riparti-zione delle spese per la prestazione del servizio diriscaldamento con un diverso criterio di riparto, anzi-ché secondo la cubatura o la superficie radiante osecondo il criterio misto cubatura/superficie radiante.

Come noto, due sono le tipologie di regolamenti dicondominio: il c.d. regolamento assembleare ed il c.d.regolamento contrattuale. Quello assembleare, ai sensidell’art. 1138, primo comma, c.c., deve contenereesclusivamente “le norme circa l’uso delle cose comu-ni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gliobblighi spettanti a ciascun condomino, nonché lenorme per la tutela del decoro dell’edificio e quellerelative all’amministrazione”. Per approvarlo è suffi-ciente il voto favorevole della maggioranza degli inter-venuti all’assemblea che rappresentino almeno 500millesimi del valore dell’edificio.

Il regolamento contrattuale, invece, oltre a rispettareil contenuto minimo previsto per quello assembleare,permette di adottare delle norme ulteriori, ed in alcunicasi derogatorie, rispetto a quanto previsto dalla legge;allo stesso modo è lecito introdurre limiti ai diritti sullaproprietà esclusiva. Per essere valido, il regolamentocontrattuale deve essere sottoscritto da tutti i parteci-panti al condominio o quanto meno accettato da partedi tutti quanti attraverso un richiamo espresso contenu-to nell’atto di acquisto.

Per la modificazione del regolamento assembleare intema di riparto della spesa di riscaldamento non sus-sistono problemi, nel senso che trova applicazione il giàcitato art. 26, quinto comma, della Legge n. 10 del1991.

Per quanto attiene, invece, la modifica della clausoladel regolamento condominiale di natura contrattuale,

Tipologia Impianto

Data entro cui adottarele misure necessarieper termoregolazionee contabilizzazione

Superiore a 350 Kw e installazione ante 01/08/97 01/08/2012

Maggiore o ugualea 116,4 Kw e installazioneante 01/08/98

01/08/2013

I restanti impianti 01/08/2014

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CONDOMINIO GIURIDICO10

quando si procede all’installazione di sistemi di conta-bilizzazione che prevedano un diverso criterio di ripar-to, secondo alcuni occorrerebbe tener conto della giuri-sprudenza di legittimità secondo cui “… a determinarela contrattualità dei regolamenti, siano esclusivamentele clausole di essi limitatrici dei diritti dei condòminisulle proprietà esclusive (divieto di destinare l’immobi-le a studio radiologico, a circolo, ecc.) o comuni (limi-tazioni all’uso delle cale, dei cortili, ecc.), ovvero quel-le clausole che attribuiscano ad alcuni condomini deimaggiori diritti rispetto agli altri” (così Cass. n. 208 del1985, 3733 del 1987, 854 del 1997).

“Quindi il regolamento predisposto dall’originario,unico proprietario o dai condòmini con consenso tota-litario può non avere natura contrattuale se le sue clau-sole si limitano a disciplinare l’uso dei beni comunipure se immobili” (così Cass. SS.UU. 30/12/1999, n.943 e Cass. civ. sez. II, sent., 14/8/2007, n. 17694).

Recentemente la Suprema Corte ha tra l’altro riaffer-mato questo principio, stabilendo che “in tema dicomunione, non ha natura contrattuale il regolamentoche avendo ad oggetto l’ordinaria amministrazione e ilmiglior godimento della cosa comune rientra nelleattribuzioni dell’assemblea e, come tale, seppure sia

stato approvato con il consenso di tutti i partecipantialla comunione può essere modificato dalla maggio-ranza dei comunisti; ha invece natura di contratto nor-mativo plurisoggettivo, che deve essere approvato emodificato con il consenso dei comunisti il regolamen-to quando – contenendo disposizioni che incidono suidiritti del comproprietario ovvero stabiliscono obblighio limitazioni a carico del medesimo o ancora determi-nano criteri di ripartizione delle spese relative alla ma-nutenzione diversi da quelli legali – lo stesso esorbitadalla potestà di gestione delle cose comuni attribuitaall’assemblea” (così Cass. 4/6/2010, n. 13632).

Sotto questo profilo, potrebbe non essere necessarioil consenso di tutti i partecipanti al condominio perapportare al regolamento di condominio delle clausoledel regolamento di condominio che non abbiano talenatura.

Sotto altro profilo, può ritenersi che le normativenazionali o regionali, che impongono l’adozione disistemi di termoregolazione e contabilizzazione delcalore abbiano natura imperativa, essendo dettate atutela del pubblico interesse: si tratterebbe quindi, solodi sostituire una norma del regolamento di condominiocon altra norma imperativa e inderogabile.

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LLa tematica delle infiltrazioni d’acqua si presentaestremamente variegata e complessa. La frequenza

con cui l’appartamento del singolo condomino vienedanneggiato da tale fenomeno deriva principalmente darottura di tubazioni condominiali o, in genere, da strut-ture comuni dell’edificio (muri perimetrali, cortili con-dominiali, terrazzi). Spesso però non sono facilmenteindividuabili tali cause e pertanto è necessaria una pre-ventiva ispezione della parti danneggiate al fine di poterindividuare con certezza le cause. Si spiega, allora, lacopiosa giurisprudenza che si è formata sul tema.IL CASO DI SPECIE. Causa infiltrazioni con conte-stuale umidità provenienti dall’intercapedine di unimmobile confinante, l’unità immobiliare, concessa inlocazione, diventa inabitabile. I motivi dei danni sonoriscontrabili da una mancata manutenzione dei manu-fatti. Infatti, una volta effettuati i lavori, le infiltrazionivengono eliminate. IL RISARCIMENTO. Nel caso di specie laCassazione, con sentenza n. 6128/12; depositata il 19aprile, specifica che oltre alle fatture delle spese d’in-tervento sostenute, il proprietario deve essere risarcitoanche dei canoni di locazione versati per l’appartamen-to in cui è stato costretto ad abitare provvisoriamentedurante lo svolgimento degli interventi di riparazione.Pertanto spetta al condominio rifondere le spese perchési è accertato che le infiltrazioni d’acqua provengonoda un’area comune, che doveva essere ispezionabile eche invece risultava inaccessibile prima del lavori.L’umidità scompare solo alla fine delle opere di imper-meabilizzazione, areazione e canalizzazione. Inoltre ilcondominio non può sottrarsi al pagamento dei canonidi locazione pagati dal condomino danneggiato perchél’appartamento danneggiato è rimasto inservibile edinaccessibile per tutto il periodo delle riparazioni, co-stringendo a trasferire tutto il nucleo familiare del pro-prietario e a sostenere degli oneri per provvedere aduna sistemazione provvisoria.IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ. Ladecisione in esame consente di affrontare anche il rap-porto intercorrente tra la responsabilità e il danno ca-gionato da cose in custodia, che si fonda su una rela-

zione intercorrente tra l’attività del custode e la cosadanneggiata. Il custode è colui che ha l’effettivo poteresulla cosa, ovvero il proprietario, ma anche il semplicepossessore o anche il detentore della cosa. Il criterio diimputazione della responsabilità per i danni cagionati aterzi da cosa in custodia è la disponibilità di fatto e giu-ridica sulla cosa che comporti il potere-dovere di inter-venire sulla cosa. Quindi, sotto l’aspetto prettamentetecnico-giuridico, va precisato che la responsabilità peri danni cagionati da una cosa in custodia, stabilita dal-l’art. 2051 c.c., si fonda sulla relazione intercorrente trail custode e la cosa dannosa. La responsabilità risiedenel mancato intervento, che si concretizza in un com-portamento omissivo da cui può scaturire il danno.

Nella fattispecie in tema di ripartizione dell’oneredella prova, al condomino spetta provare l’esistenza delrapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentreil condominio, per liberarsi, dovrà provare l’esistenza diun fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo adinterrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore ester-no - che può essere anche il comportamento del dan-neggiato - che presenti i caratteri del fortuito e, quindi,dell’imprevedibilità e dell’assoluta eccezionalità.

Concludendo, l’unico limite che si può avanzare èche la responsabilità da cosa in custodia presupponeche il danno sia provocato dal dinamismo connaturalealla cosa stessa, ancorché quest’ultima si sia inserita inun processo dannoso provocato da agenti esterni. Ècomunque onere del danneggiato provare il nesso cau-sale tra cosa in custodia e danno, anche limitatamentealla circostanza che l’evento si è prodotto come conse-guenza normale della particolare condizione del bene.

La sentenza analizzata stabilisce che, nell’ipotesi diinfiltrazioni d’acqua nella singola unità immobiliaredeterminate dal deflusso proveniente da un’intercape-dine fra due edifici che dovrebbe essere sempre ispe-zionabile e che invece non è mai stata soggetta a manu-tenzione, il condominio deve rifondere al proprietarioesclusivo tutti i danni sopportati, perché la colpa èascrivibile alle infiltrazioni d’acqua derivanti da un’in-tercapedine che non è mai stata sottoposta a manuten-zione mediante sistematiche ispezioni.

InFILtrazIonI DI uMIDItà:InFILtrazIonI DI uMIDItà:IL conDoMInIo rIMBorSa gLI InterVentIIL conDoMInIo rIMBorSa gLI InterVentIDI rIParazIone e I canonI DI LocazIoneDI rIParazIone e I canonI DI LocazIone

Per L’aBItazIone ProVVISorIaPer L’aBItazIone ProVVISorIa

a cura del Centro studi condominiali

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La partecipazionealle assemblee condominiali

Il codice civile ha costruito intorno alla figura del-l’assemblea un intricato complesso normativo. In que-sto contesto, la convocazione dell’assemblea è basataprincipalmente sui diversi procedimenti conoscitivi chela realtà condominiale richiede: invio dell’avviso diconvocazione, ricezione del medesimo avviso ed even-tuale partecipazione alla assemblea personalmente omediante delega. Tutte le attività che l’amministratorecondominiale pone regolarmente in essere, al fine diuna regolare convocazione dell’assemblea, sono desti-nate a garantire principalmente la partecipazione all’as-semblea. Da quanto detto si comprende come il pro-blema della partecipazione sia strettamente connessoalle modalità di convocazione, che può concretizzarsisolo se la notizia, il luogo, l’ora e gli argomenti delladiscussione siano stati preventivamente comunicati aisingoli condòmini correttamente. Affinché un’assem-blea possa legittimamente deliberare, ai sensi dell’art.1136 c.c., occorre, quindi, che tutti i condòmini sianostati previamente invitati a partecipare; sotto tale aspet-to, si osserva che la convocazione di tutti i partecipantiaventi titolo attiene al procedimento e si pone qualecondizione essenziale per la validità dell’adunanza edelle deliberazioni da essa adottate1.

Tra le diverse formalità nell’avviso di convocazionedeve essere indicato precisamente il luogo ove si terrà lariunione2. La giurisprudenza ha dichiarato legittima la

riunione dell’assemblea condominiale indetta nella sederionale di un partito politico3. Ugualmente, ha ritenutolegittima la convocazione in un luogo non coincidentecon l’ambito territoriale ove non sia seriamente conte-stabile la rispondenza del luogo di convocazione alleobiettive esigenze e agli interessi della maggioranza deicondòmini, ovvero non si possa affermare che la sceltadel luogo predetto sia stata determinata dall’intento spe-cifico di rendere impossibile e non agevole la partecipa-zione all’assemblea di qualcuno dei condòmini4.

La partecipazionemediante videoconferenza

A questo punto è lecito chiedersi se è possibile parte-cipare ad una assemblea condominiale mediante ilsistema della video conferenza.

Tale eventualità sarebbe concretamente fattibile, dalpunto di vista tecnologico, solo se il condomino, dislo-cato in altro luogo, sia in possesso di una connessioneinternet a banda larga ed una web-cam5. Mentre perconsiderare valida la partecipazione è necessario chevenga comunque garantito il principio di parità di trat-tamento rispetto agli altri condòmini assicurando lamedesima facoltà di intervento e votazione dei puntiall’ordine del giorno, ed inoltre sia consentito, al sog-getto verbalizzante, di percepire adeguatamente gli e-venti assembleari oggetto di verbalizzazione. Tali ele-menti possono essere considerati come una presuppo-sto indispensabile per assicurare il pieno rispetto di tutte

L’IntroDuzIone DeLLe nuoVe tecnoLogIeL’IntroDuzIone DeLLe nuoVe tecnoLogIeneLLa geStIone conDoMInIaLeneLLa geStIone conDoMInIaLe

Le nuove tecnologie diventeranno strumenti di comunicazione semprepiù indispensabili per lo svolgimento delle diverse professioni.

Anche nella gestione condominiale l’apporto che tali tecnologiepotranno dare sarà sicuramente di notevole interesse.

a cura del Centro studi condominiali

1) Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2000, n. 31; Trib. Napoli,27 febbraio 1961.2) Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 1999, n. 14461; Trib.Trani, 29 novembre 1984.3) Cass., 26 giugno 1958, n. 2284.4) Trib. Imperia, 6 febbraio 1986.5) Molti studi di amministrazione condominale pubbliciz-zano, mediante il loro sito internet, la possibilità di par-tecipare alle riunioni mediante videoconferenza, questo

al fine di poter garantire concretamente l’intervento di piùcondòmini possibili anche se dislocati in luoghi diversi ri-spetto al luogo “fisico” in cui si svolgerà la riunione. I-noltre in Francia esiste un social network condominialeMa-residence.fr ed in Italia un servizio visitabile sul sitocondoors.com, che dà la possibilità di far interagire, pervia telematica, non solo i diversi condòmini ma anche iprofessionisti e lavoratori che ruotano intorno al condomi-nio.

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DOTTRINA 13

le forme procedimentali stabilite dalla legge per lacostituzione, lo svolgimento e la verbalizzazione delleriunioni assembleari. Se si considera il grado di intera-zione tra persone site in luoghi diversi, grazie all’evo-luzione tecnologica, nessun impedimento potrà derivadalle norme di legge in materia, poiché nessuna dispo-sizione impone espressamente la compresenza fisicadegli intervenuti in uno stesso luogo. Infatti la “parteci-pazione”, e l’“intervento”, vanno letti, in senso ampio,comprensivi della fattispecie in esame.

Preso atto della varietà dei sistemi di collegamentoaudio/video che la tecnologia oggi ci mette a disposi-zione, occorre che vengano adottati comportamenti emodalità tali da salvaguardare il rispetto non solo for-male bensì sostanziale dei principi di buona fede e pari-tà di trattamento dei partecipanti all’assemblea, e, quin-di, dei diritti e degli interessi degli intervenuti, come sefossero fisicamente presenti nello stesso luogo in cui sista svolgendo la riunione.

La forma e le modalità dell’avvisodi convocazione

La legge nulla dice in ordine alla forma e/o allemodalità dell’avviso di convocazione dell’assemblea dicondominio, ma prescrive che l’assemblea non puòdeliberare se non risulta che tutti i condòmini siano staticonvocati alla riunione.

I giudici di legittimità6 hanno rilevato che, in difettodi prescrizioni normative e in applicazione del principiodella libertà delle forme, l’avviso di convocazione possaessere dato con qualsiasi forma purché idonea al rag-giungimento dello scopo7. Sotto il profilo sostanziale,pertanto, nulla impedisce che l’avviso di convocazionesia effettuato attraverso una lettera affissa nell’atrio dellostabile8, o in forma orale9, o mediante l’avviso per pub-blici proclami in presenza di un elevato numero di con-dòmini10 o, infine, con una comunicazione telefonica11,ferma restando la necessità della prova dell’effettivaconoscenza da parte dei condòmini. La Cassazione, inuna recente pronuncia, la sentenza n. 8449/200812, had’altro canto stabilito che “quando anche uno solo deicondomini non è stato avvisato dell’assemblea condo-miniale la relativa delibera è annullabile”. Ma attenzio-ne: per l’avviso di convocazione non è previsto alcunobbligo di forma, a meno che non sia il regolamento aimporre particolari modalità di notifica. Il proprietarioche non risiede nel condominio ma che ha instaurato la

prassi di farsi consegnare le comunicazioni presso unaltro condomino, suo congiunto, non può allora fingeredi cadere dalle nuvole, sostenendo di non aver ricevutol’avviso: la comunicazione effettuata tramite il consue-to canale, infatti, è legittima.

Perché l’assemblea condominiale possa validamentecostituirsi ed efficacemente deliberare, è quindi essen-ziale che l’avviso di convocazione venga portato a co-noscenza di tutti i condòmini, più precisamente, che es-so sia eseguito con un mezzo idoneo a dare la certezzadella cognizione reale ed effettiva, e non già solo la me-ra presunzione di conoscenza della convocazione del-l’assemblea13. Da ciò consegue che detto avviso nonpossa ritenersi validamente emesso, trasmesso, ricevu-to e percepito mediante la dimostrazione di un fattoequivoco e inidoneo14.

Sul tema della ricezione dell’avviso di convocazione,la giurisprudenza si è peraltro pronunciata più volte.Anzitutto, si è precisato che la presunzione di cono-scenza, ex art. 1335 c.c., degli atti recettizi in formascritta giunti all’indirizzo del destinatario opera per ilsolo fatto oggettivo dell’arrivo dell’atto nel luogo indi-cato dalla norma15.

Giusta la generale presunzione di conoscenza degliatti recettizi posta dall’art. 1335 c.c., deve ritenersiosservata la prescrizione contenuta nell’ultimo commadell’art. 66 disp. att. c.c. qualora, nel termine di almenocinque giorni prima della data fissata per l’adunanzaassembleare, il destinatario assente sia stato informato,mediante avviso di giacenza, della disponibilità dellaraccomandata presso l’ufficio postale, ancorché nonabbia provveduto al tempestivo ritiro della stessa16.

Si rileva, ancora, che la presunzione di conoscenza daparte del destinatario di un atto recettizio non opera sela comunicazione non è stata consegnata né a lui per-sonalmente, né presso il suo indirizzo, come tale do-vendosi intendere - si precisa - il luogo che, o per col-legamento ordinario, come la dimora o il domicilio, oper normale frequentazione, come il posto di esplica-zione dell’attività lavorativa, o per preventiva indica-zione, rientra nella sua sfera di controllo e dominio17;la prova, d’altro canto, non può essere offerta chieden-do di dimostrare genericamente che era invalsa la con-suetudine di far recapitare gli avvisi di convocazionetramite la portiera18.

Si è infine ritenuto che, al fine della prova dell’avve-nuta consegna ai condòmini dell’avviso di convocazio-

6) Cass., 15 marzo 1994, n. 2450; Cass., 9 gennaio 1998,n. 138. 7) Cass., 28 gennaio 1995, n. 1033; Cass., 25 maggio1984, n. 3231; Cass., 15 dicembre 1982, n. 6919.8) Cass., 19 gennaio 1985, n. 140.9) Cass., 5 novembre 1990, n. 10611.10) Cass., 27 maggio 1968, n. 1375.11) Trib. Milano, 25 gennaio 1993.12) Pubblicata in www.diritittoegiustizia.it

13) DE TILLA, Condominio, in Codice ipertestuale dilocazione e condominio, Torino, 2006.14) DE TILLA, Condominio, cit..15) Cfr. DE TILLA, Convocazione assembleare e presun-zione di conoscenza degli atti recettizi, nota a Cass. civ.,sez. II, 29 aprile 1999, n. 4352.16) Trib. Bologna, 26 maggio 1998.17) Cass. civ., sez. II, 24 ottobre 1998, n. 10564.18) Cass., 2368/1970.

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CONDOMINIO GIURIDICO14

ne dell’assemblea, non occorrano particolari modalità,ma sia sufficiente dimostrare che l’invito è stato tra-smesso e che il condomino è stato avvertito della con-vocazione, mentre la prova dell’effettiva conoscenza daparte del condomino assente dell’avviso di convoca-zione può essere acquisita anche con presunzioni cheabbiano i requisiti della gravità, precisione e concor-danza di cui all’art. 2729 c.c.19.

L’utilizzo della posta elettronicacertificata nell’ambitodella gestione condominiale

Le comunicazioni mediante la rete Internet sonodiventate una consuetudine ormai consolidata ed hannoassunto notevole rilevanza anche nel settore della con-trattazione e gestione immobiliare. La posta elettronicapuò anche rappresentare un utile strumento per l’am-ministrazione e la gestione dell’edificio condominiale.Infatti, l’amministratore potrebbe utilizzare la postaelettronica certificata (c.d. P.E.C.)20 per le comunica-zioni e/o convocazioni delle assemblee condominiali.Tale modalità di comunicazione chiamata anche “rac-comandata on line”, è stata introdotta con il D.P.R.68/2005, ed è un sistema di posta elettronica con ilquale viene fornita al mittente documentazione elettro-nica, con valenza legale, attestante l’invio e la consegnadi documenti informatici.

La caratteristica di questo innovativo sistema è la“certificazione” dell’invio e della ricezione. Questosignifica fornire al mittente, dal proprio gestore diposta, una ricevuta che costituisce prova legale dell’av-venuta spedizione del messaggio e dell’eventuale alle-gata documentazione. Allo stesso modo, quando ilmessaggio perviene al destinatario, il gestore invia almittente la ricevuta di avvenuta (o mancata) consegnacon precisa indicazione temporale.

Concretamente, nell’ambito della gestione condomi-niale tale strumento potrebbe essere utilizzato per: - richiesta lavori urgenti;- richiesta di una quota per far fronte ad una spesaurgente e straordinaria;- avviso di convocazione dell’assemblea: la legge nulla

dice in ordine alla forma e/o alle modalità dell’avviso diconvocazione dell’assemblea di condominio. Tale gene-ricità di prescrizione, come abbiamo precedetementevisto, è stata condivisa da dottrina e giurisprudenza.

L’utilizzo di questo particolare strumento tecnologi-co ben si presta all’invio di comunicazioni inerenti gliavvisi di convocazioni assembleari perché rappresentaun strumento pratico, economico, veloce e soprattuttosicuro per quanto concerne la certezza delle comunica-zioni.

Alla luce delle considerazioni svolte, è lecito chie-dersi se siano già in uso regolamenti condominiali cheimpongano l’utilizzo di tale strumento. Nella prassi èplausibile trovare clausole regolamentari che indivi-duano alternativamente, a scelta dell’amministratore,una serie di modalità di convocazione: avviso scrittoinoltrato individualmente a mezzo raccomandata a/r;avviso affisso in bacheca/androne condominiale; tra-smissione fax/telegramma; messaggio di posta elettro-nica previa richiesta scritta da parte del condomino,recante l’indicazione del relativo indirizzo. In tali casi,il regolamento potrebbe prescrivere obbligatoriamenteuna sola delle modalità indicate, tali da garantire uni-formità e certezza di ricevimento delle comunicazioni.

Ma vi è di più. Il nuovo art. 1117 ter della proposta dilegge della riforma sul condominio, ancora in fase didiscussione, in merito alla sostituzione delle parti co-muni, ovvero la modificazione della loro destinazioned’uso, dispone che la convocazione dell’assemblea de-ve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipol-lenti mezzi telematici, in modo da pervenire almenoventi giorni prima della data di convocazione. Quindi,anche il legislatore ha espressamente previsto questanuova forma di comunicazione come alternativa allaclassica raccomandata.

Unico limite dal punto di vista pratico, per utilizzareesclusivamente la PEC, come sistema di convocazionedell’assemblea, è che comporterebbe una limitazione aldiritto di partecipazione alle assemblee di condominioin quanto non tutti i condòmini hanno dimestichezzacon i nuovi strumenti telematici, per cui tale soluzionesarebbe, a oggi, poco plausibile ma sicuramente attua-bile negli anni a venire.

19) Cass., 140/1985.20) Questo sistema è stato previsto anche nel Codice del-l’amministrazione digitale. L’obiettivo principale della PECè quello di fornire alle amministrazioni pubbliche, ma anche

a liberi professionisti, uno strumento sicuro di scambio dimessaggi ufficiali e, in prospettiva, al cittadino e all’impre-sa un canale aggiuntivo di comunicazione con la pubblicaamministrazione caratterizzato da rapidità ed efficienza.

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LLa tecnologia fotovoltaica è certamente quella con maggiori prospettive di sviluppo a medio e lungo termine, invirtù delle sue caratteristiche di modularità, affidabilità, scarsa manutenzione e innovazione tecnologica; ma anche

quella integrata architettonicamente negli immobili e con caratteristiche innovative in particolare, sta iniziando a dif-fondersi gradualmente sul nostro territorio, grazie alle capacità di ridurre l’inquinamento energetico e di garantire unnotevole risparmio sul conto energia, senza inficiare, tra l’altro, l’estetica dell’edificio.

TITOLI ABILITATIvI PER L’INSTALLAZIONE

In attuazione dell’art 12 del d. lgs 387/2003 che disciplina la promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti ener-getiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, è stato emanato il D.M. 10 settembre 2010 con cui il Ministerodello Sviluppo Economico ha dettato le linee guida nazionali per l’autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili.

Le linee guida prevedono essenzialmente tre regimi autorizzativi in base alla potenza ed alla tipologia di impiantoche si va a realizzare: autorizzazione unica, DIA e CIA. Nessun riferimento viene fatto alla SCIA.

Con riferimento agli interventi di minore impatto, che ben si adeguano agli edifici condominiali, sia per loro strut-tura che collocazione, le linee guida prevedono i seguenti regimi autorizzativi:

InStaLLazIone DegLI IMPIantIInStaLLazIone DegLI IMPIantIFotoVoLtaIcI IntegratI FotoVoLtaIcI IntegratI

SugLI eDIFIcI conDoMIanIaLISugLI eDIFIcI conDoMIanIaLI

di Ivan Meo e Angelo Pesce

Regimi autorizzativi per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili

Sono soggettia CIL

(Comunicazionedi Inizio Lavori)

Anche per via telematica, gli impianti solari fotovoltaici per i quali sussistano le caratteristiche previste ai sensi dell'art. 11,comma 3, del d. lgs. n. 115/2008 e dell'art. 6, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001 e segnatamente:❖ impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cuicomponenti non modificano la sagoma degli edifici stessi;❖ la superficie dell'impianto non è superiore a quella del tetto su cui viene realizzato;❖ gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante Codice dei beni cul-turali e del paesaggio, nei casi previsti dall'art. 11, co. 3, del d. lgs. n. 115 del 2008;❖ realizzati su edifici esistenti o sulle loro pertinenze;❖ aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto;❖ realizzati al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.

Sono realizzabilimediante DIA

❖ gli impianti fotovoltaici non rientranti nell'elenco sopra indicato, collocati sugli edifici e la cui superficie complessiva non siasuperiore a quella del tetto dell'edificio;❖ gli interventi non rientranti nei suddetti elenchi ma aventi potenza comunque fino a 20 Kwp.

Resta ferma la facoltà per il proponente di optare, in alternativa alla DIA, per il procedimenti unico.

Ai sensi dell'art. 17, comma 3, lett. e) del D.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia) il contributo di costruzione non è dovuto per i nuovi impianti, lavori, opere, modi-fiche, installazioni, relative alle fonti rinnovabili di energia.

ASPETTI CONDOMINIALI

❖ Impianto “comune”Gli edifici condominiali, per lo loro struttura ben si prestano alla installazione di impianti fotovoltaici. Infatti, in tal

caso, l’impianto può essere usato per soddisfare il bisogno di energia delle parti comuni, abbattendo i costi per l’uti-lizzo dell’ascensore, per l’illuminazione di scale e tutti gli impianti comuni che richiedono il consumo di energia.

Se l’impianto installato sarà dimensionato alle esigenze del condominio, si praticherà il c.d. “scambio sul posto”,ovvero l’energia che esso produce sarà utilizzata per gli stessi impianti condominiali; se invece l’impianto è sovradi-

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CONDOMINIO GIURIDICO16

mensionato rispetto ai consumi annui, si potrà valutare l’opportunità di vendere al GSE, con il servizio di “ritiro dedi-cato”, l’energia in surplus rispetto a quella autoconsumata di giorno. In entrambi i casi, al guadagno dell’autoconsu-mo si aggiungono gli incentivi previsti dal Nuovo Conto Energia, che permette di ripagare l’impianto installato.

In questi casi l’amministratore di un condominio dovrà preventivamente valutare la fattibilità dell’installazione ditale impianto dopo aver sentito il parere dei condòmini ed avere chiesto contestualmente uno studio tecnico-econo-mico di fattibilità realizzato da un energy manager. In caso di esito positivo si potrà accedere ad un finanziamento ban-cario. Ottenuto il finanziamento, i lavori si concludono nel giro di un paio di settimane.

❖ Impianto singoloUn impianto, essendo considerato condominiale, non può essere usato per rifornire di energia i singoli appartamen-

ti ma solo gli impianti comuni serventi all’intero condominio. Ovviamente nessuno può vietare, salvo determinatiaccorgimenti, di realizzare a proprie spese un impianto fotovoltaico individuale. In questo caso si possono prospetta-re due casi:a) installazione sul terrazzo di proprietà esclusiva: in questo caso, salvo l’alterazione del decoro architettonico, il pre-giudizio alla statica dell’edificio o particolari divieti previsti dal regolamento condominiale, il singolo condomino pro-prietario esclusivo del lastrico solare può installare a sue spese l’intero impianto fotovoltaico, beneficiando dei relati-vi vantaggi.b) installazione sul tetto condominiale: poiché il tetto condominiale è abbastanza ampio, i singoli condòmini posso-no utilizzare una parte di esso per la realizzazione dell’impianto partendo dal presupposto consolidato secondo cui l’in-stallazione da parte di un condomino su porzione comune dell’edificio condominiale è consentita purché non alteri lacosa comune e non impedisca agli altri comproprietari di farne parimenti uso. Va precisato che l’installazione di pan-nelli, se di dimensioni ingombranti, riduce la possibilità di utilizzazione usuale della cosa comune, alterando il rap-porto di equilibrio tra le facoltà di utilizzazione attuali e potenziali degli altri condòmini. Di conseguenza tale condot-ta costituisce una sorta di abuso, impedendo agli altri condòmini di partecipare all’utilizzo della cosa comune, ostaco-landone il libero e pacifico godimento ed alterando l’equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà degli altri con-dòmini.

Altro limite da tenere in considerazione è l’alterazione al decoro architettonico correlato all’edificio nella sua attua-le destinazione, tenendo presente i pregressi interventi posti in essere sul medesimo per conformarlo alla destinazionediversa da quella originaria.

Ultimo elemento da valutare è il pregiudizio di aria e luce che eventualmente una installazione del genere potrebbecomportare: l’esclusione o la diminuzione del panorama, di cui si avvantaggia un dato appartamento, in seguito allacostruzione di un manufatto, potrebbe costituire per il proprietario dell’immobile prospiciente un danno ingiusto erisarcibile.

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Il principio. Con la sentenza n. 1664 del 3 febbraio2012 la Cassazione ha espresso il seguente principio: iparcheggi, realizzati in eccedenza rispetto alla spaziominimo richiesto ex art. 2 legge 122/89, non sono sog-getti a nessun vincolo pertinenziale a favore delle unitàimmobiliare connesse. Pertanto, l’originario proprieta-rio-costruttore può servirsene liberamente riservandosila proprietà o cedere a terzi la proprietà dei parcheggiin eccedenza purché venga sempre rispettato il vincolodi destinazione. La soluzione fornita dai giudici di legit-timità rappresenta il punto di arrivo di una lunga evolu-zione legislativa e giurisprudenziale in materia.La travagliata produzione normativa in tema diparcheggi. La carenza dei parcheggi presenta due pro-blematiche: una poderosa produzione legislativa e l’ap-plicabilità della medesima alla gestione del rapportocondominiale. Il c.d. parcheggio pertinenziale, non acaso, ha spesso richiamato l’attenzione del legislatoreche è intervenuto con diverse leggi. Oltre alla discipli-na codicistica, si sono sovrapposte, una serie di leggispecifiche: l’art. 18, L. n. 765/1967 (c.d. legge ponte),l’art. 26 della L. n. 47/85, l’art. 9 della L. n. 122/89 e,da ultimo, il nuovo comma (sexies) all’art. 41 della L.n. 1150/42, introdotto con la legge di semplificazione n.246/2005, disposizioni che interessano la maggior par-te degli spazi privati per il parcheggio ubicati nelle areeurbane.La natura del vincolo pertinenziale. Nella leggeTognoli, il vincolo pertinenziale è stabilito ope legis edè indissolubile in quanto i parcheggi non possono for-mare oggetto di atti separati. La legge Tognoli dispone,infatti, al comma 5 dell’art. 9 quanto segue: “i parcheg-gi realizzati ai sensi del presente articolo non possonoessere ceduti separatamente dall’unità immobiliare allaquale sono stati legati da vincolo pertinenziale. I relati-vi atti di cessione sono nulli”. Tale inderogabilità trovaconferma nella ratio della norma, da individuarsi nellanecessità di decongestionare le vie cittadine dal trafficoautomobilistico. Il legislatore successivamente ha cer-cato di mitigare, con alcuni decreti legge, la citata dis-posizione, stabilendo, la possibilità di alienare separata-mente dall’alloggio il posto auto realizzato oltre lostandard previsto dall’art. 41 sexies della legge urbani-stica 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dalla legge“ponte” 6 agosto 1967, n. 765); in una seconda fase, lapossibilità di cedere il parcheggio separatamente dal-l’alloggio, a favore peraltro di soggetto “residente o di-

morante nel territorio del Comune”. Pena sempre lanullità dell’atto nell’ipotesi che la norma fosse stataviolata.

Ritornando al dettato normativo, oggetto di interpre-tazione della sentenza in commento, il fatto che i par-cheggi disciplinati dalla legge Tognoli realizzino vere eproprie pertinenze è suffragato da alcuni dati: il par-cheggio può essere realizzato esclusivamente per ilproprietario dell’appartamento cui il posto auto deveservire da pertinenza. Il vincolo costituisce un vincolopermanente, perché tale circostanza si verifica in forzadel vincolo d’inalienabilità separata dei due beni previ-sto dalla legge Tognoli. Nella sostanza il parcheggioTognoli nasceva come pertinenza vincolata per leggeall’appartamento per il quale era stato costruito. Quindiil vincolo di indissolubilità non poteva essere superatoper volontà del privato. L’indicazione dello standard. Occorre brevementericordare che l’art. 18 della legge n. 765 del 1967, dive-nuto poi art. 41 sexies della legge urbanistica, introdus-se l’obbligo di dotare di spazi per parcheggio tutte lenuove costruzioni (nel sottosuolo dell’immobile o inaree di pertinenza) e fissò il limite minimo di 1 mq perogni 20 mc di costruzione. Si trattava di uno standardedilizio che anticipava il d.m. n. 1444 del 1968. L’art. 2della legge Tognoli ha imposto per le nuove costruzio-ni, il raddoppio dello standard. Il regime di circolazione dei parcheggi tognoli.Riguardo il regime di circolazione, la legge Tognoli,aveva una duplice prerogativa. Sotto il profilo urbani-stico si realizza un vincolo di destinazione per cui è ille-cita ogni utilizzazione del bene diversa da quella a par-cheggio ed un regime di pertinenza inscindibile fra iposti auto e le unità immobiliari. E si tratta di un regi-me di pertinenza vincolata che si viene ad instauraresempre e solo fra il parcheggio e l’unità abitativa sitanell’edificio nel cui sottosuolo o nei cui locali posti alpiano terreno o nella cui area di pertinenza il parcheg-gio è realizzato. Il rapporto di pertinenza si sostanzia inun rapporto quantitativo (standard) fra numero di unitàimmobiliari esistenti e numero di posti auto o localiautorimesse destinati a loro pertinenza, rapporto chedeve essere di uno ad uno, in quanto ammettere chepossano chiedersi parcheggi in numero superiore alnumero delle unità immobiliari, comporterebbe un’uti-lizzazione sproporzionata dello strumento pubblicisticoche, per favorire la realizzazione di tali parcheggi, da

BaSta un PoSto auto Per aPPartaMento:BaSta un PoSto auto Per aPPartaMento:I ParcHeggI In ecceDenza PoSSono eSSereI ParcHeggI In ecceDenza PoSSono eSSere

VenDutI DaL coStruttore LIBeraMenteVenDutI DaL coStruttore LIBeraMente

a cura del Centro studi condominiali

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CONDOMINIO GIURIDICO18

un lato stabilisce una serie di agevolazioni, ma dall’al-tro impone, sul piano della commerciabilità, un regimerigoroso. A tali deduzioni sembra anche riferirsi neltesto della motivazione della sentenza che si annota. I punti focali della sentenza. La Corte di Cassazione,ricostruisce nella sua lunga motivazione, tutto il con-troverso iter giurisprudenziale e dottrinale che si è svi-luppato nel corso di questi anni concentrando princi-palmente la sua attenzione sul seguente punto: quale èla sorte dei parcheggi realizzati oltre lo standard? Sonoliberamente vendibili? Per dare una risposta esaustivala Cassazione ha dovuto toccare tutti gli aspetti suiquali si era sviluppato il discorso ricostruttivo dello sta-tuto giuridico di questi posti auto.

Ma, nonostante il rigore interpretativo utilizzato per lalunga dissertazione ricostruttiva, la Suprema Corte ponedei punti fermi: i posti auto in surplus possono essereliberamente venduti dal costruttore a chi vuole. Sonoquindi liberamente cedibili i parcheggi condominialirealizzati in eccedenza rispetto agli standard indicatidalla normativa. Accolto, quindi il ricorso del successo-re a titolo particolare del costruttore a scapito dei pro-prietari dell’appartamento, che in origine volevano ac-caparrarsi due box e un posto auto, ma hanno dovutoaccontentarsi di un parcheggio solo, visto che i par-cheggi realizzati oltre lo spazio minimo richiesti dall’art2 della legge 122/1989 non sono soggetti ad alcun vin-colo pertinenziale a favore dell’unità immobiliare delfabbricato e quindi l’originario proprietario-costruttorepuò legittimamente riservarsi, oppure vendere a terzi,

tali parcheggi non alterando il vincolo di destinazione.Il decreto Semplifica Italia. Con un tempismo quasicinico, il Governo Monti nel recentissimo decretoSemplifica-Italia, scioglie il vincolo di pertinenzialitàtra unità immobiliare e garage/posto auto. Infatti, se-condo il nuovo dettato normativo sarà possibile proce-dere alla cessione separata del bene a patto che l’acqui-rente lo destini a sua volta come pertinenza di altra a-bitazione, casa o immobile sita nello stesso Comune.Quindi chi ha un box di pertinenza di un abitazione,potrà venderlo indipendentemente dall’immobile, pur-ché il box diventi “servente” di un altro immobile o abi-tazione. L’articolo 10 del decreto Monti, sostituendo ilcomma 5 dell’articolo 9 della legge 24 marzo 1989, n.122, consentirà la libera cedibilità del posto auto indi-pendentemente dall’appartamento cui è attualmentecollegato. Con questa nuova normativa gli scenari chesi potranno concretizzare saranno i seguenti: viene tra-sformato il concetto di pertinenza tra parcheggi e spe-cifici immobili modificando il preesistente rapporto direlazione funzionale tra parcheggi ed unità immobi-liare; viene sovvertita l’impostazione della legge, chemuove dall’esistenza di un accordo tra proprietari otitolari di immobili finalizzato alla realizzazione di par-cheggi destinati a servire le proprietà negando il trasfe-rimento disgiuntamente dalla proprietà stessa. In sinte-si la “liberalizzazione” degli spazi per parcheggi, saràdi nuovo fonte di preoccupazione per gli operatori giu-ridici visto che saranno coinvolti, ancora una volta, gliinteressi sociali.

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assemblea di condominio: modifica,sostituzione o soppressione

di un servizio comune(Cass. civ., sez. II, sent. 11 gennaio 2012, n. 144)

Con la sentenza che si annota la Suprema Corte tornaad occuparsi dei poteri dell’assemblea di condominioinerenti alla gestione delle parti e dei servizi comuni,con particolare riferimento alla possibilità di rimuove-re, a maggioranza, un servizio comune preesistente(nella fattispecie, antenna centralizzata per la ricezionedei canali televisivi).

A parere dei Giudici di legittimità le attribuzioni del-l’assemblea di condominio riguardano l’intera gestionedelle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che av-viene in modo dinamico e che non potrebbe essere sod-disfatta dal modello della autonomia negoziale (cioècon il consenso unanime di tutti i condòmini), in quan-to la volontà contraria di un solo partecipante sarebbesufficiente ad impedire ogni decisione.

In particolare, rientra nei poteri dell’assemblea quel-lo di disciplinare beni e servizi comuni, al fine dellamigliore e più razionale utilizzazione, anche quando lasistemazione più funzionale del servizio comporta ladismissione o il trasferimento dei beni comuni.

L’assemblea, con deliberazione a maggioranza, haquindi il potere di modificare sostituire o eventualmen-te sopprimere un servizio anche laddove esso sia isti-tuito e disciplinato dal regolamento condominiale, serimane nei limiti della disciplina delle modalità di svol-gimento e quindi non incida sui diritti dei singoli con-dòmini.

Nel caso in esame, la Suprema Corte osserva chel’antenna centralizzata per la ricezione di canali televi-sivi, pur essendo cosa comune ai sensi dell’art. 1117, n.3 c.c., non costituisce ex se bene comune, se non inquanto idonea a soddisfare l’interesse dei condòmini afruire del relativo servizio condominiale.

La volontà collettiva, regolarmente espressa inassemblea con le maggioranze richieste dalla legge,volta ad escludere siffatto uso, non si pone, pertanto,come contraria al diritto dei singoli condòmini sul benecomune, perché quest’ultimo è tale finché assolva, abeneficio di tutti i partecipanti, la sua funzione; e que-sta, a sua volta, rientra nella signoria dell’assemblea, laquale come può attuarla istituendo il relativo serviziocomune, cosi può sopprimerla con l’unico limite di nonincidere sulle proprietà esclusive, cioè sulle parti del-l’impianto di proprietà individuale.

Nella fattispecie, pertanto, deve considerarsi legitti-ma la delibera con la quale l’assemblea condominialeha stabilito, a maggioranza, la rimozione dell’antennacentralizzata per la ricezione dei canali Tv, in quanto“non si tratta di impedire il godimento individuale di unbene comune, ma di non dar luogo ad un servizio la cuiattivazione o prosecuzione non può essere imposta dalsingolo partecipante per il solo fatto di essere compro-prietario delle cose che ne costituiscono l’impiantomateriale”.

canna fumaria in condominio:va rimossa se limita il godimento

della proprietà esclusiva(Cass. civ., sez. II, sent. 23 febbraio 2012,

n. 2741)La Corte di Cassazione torna ad affrontare il tema dei

limiti all’uso delle parti comuni condominiali, con par-ticolare riferimento al rapporto tra la disciplina delledistanze legali e quella inerente il diritto di veduta exart. 907 c.c..

La vicenda portata al vaglio della Suprema Corte ori-gina dalla richiesta dei proprietari dell’unità immobilia-re, sita al piano attico di un condominio, di rimozione diuna canna fumaria collocata dalla società proprietaria diuna pizzeria-bar al piano terra in aderenza al muro con-dominiale e a ridosso delle terrazza dei condòmini, inquanto integrante illegittima limitazione della veduta eviolazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni.

All’esito del giudizio, il Tribunale rigettava la do-manda. La Corte d’Appello, invece, ordinava la rimo-zione della canna fumaria fino a tre metri sotto la sogliadella terrazza, ritenendo vi fosse una lesione del dirittodi veduta ai sensi dell’art. 907 c.c..

La società proprietaria della pizzeria proponevaricorso in cassazione, lamentando violazione degli artt.1102, 906 e 907 c.c. e vizi di motivazione sulla lesionedel diritto di veduta.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullandocon rinvio la sentenza impugnata.

Per i Giudici di legittimità il caso di specie imponevaun’indagine della legittimità dell’opera non in riferi-mento alla disciplina del diritto di veduta ex art. 907c.c., ma del principio desumibile dall’art. 1102 c.c..Tale norma, nel disporre che ciascun partecipante puòservirsi della cosa comune, purché non ne alteri ladestinazione e non impedisca agli altri partecipanti di

coMMentI a SentenzecoMMentI a Sentenze

di Giuseppe D. Nuzzo

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CONDOMINIO GIURIDICO20

farne parimenti uso secondo il proprio diritto, vieta, afortiori, la possibilità di limitare il normale godimentodel bene di proprietà esclusiva.

Secondo il Collegio, in particolare, vi è difficoltà diconcepire una canna fumaria (nella specie un tubo inmetallo) come costruzione ai sensi dell’art. 907 c.c.,trattandosi piuttosto di manufatto che costituisce unsemplice accessorio di un impianto (nella specie forno),facente parte di una unità immobiliare di proprietàesclusiva, collocato non nel fondo adiacente a quellodel condomino che ne denunzia la illegittimità, manello spazio non condominiale.

L’amministratore deve garantireai condòmini la possibilità di visionare

la documentazione contabile(Tribunale Foggia, sent. 8 marzo 2012, n. 306)In tema di approvazione del rendiconto condominia-

le, l’amministratore deve garantire ai condòmini la pos-sibilità di prendere materiale visione ed eventualmenteestrarre copia della documentazione contabile, gravan-do sui singoli condòmini l’onere di dimostrare chel’amministratore non ha consentito loro di esercitaretale facoltà. Le deliberazioni assunte in violazione didetto onere sono annullabili non solo nell’ipotesi dirifiuto ma anche nell’ipotesi di un’eccessivamente gra-vosa consultazione imposta dall’amministratore.

È questo il principio di diritto espresso dal Tribunaledi Foggia con la sentenza che si annota.

Nel caso di specie, il Giudice pugliese ha accolto ladomanda giudiziale promossa da un condomino al finedi veder dichiarata la nullità delle delibere assembleariinerenti l’approvazione dei bilanci e del riparto per l’e-secuzione di lavori di installazione dell’ascensore e del-le finestre condominiali.

Dall’attività istruttoria espletata, infatti, è emerso cheil condomino non ha potuto prendere visione della do-cumentazione relativa alle spese per i lavori eseguiti,

posta dall’amministratore a giustificazione delle vociindicate nei bilanci condominiali oggetto di causa.

Un simile comportamento, oltre ad essere contrarioai criteri di trasparenza ed esattezza che devono infor-mare l’attività gestoria dell’amministratore, ostacolal’effettivo esercizio del potere di controllo sulla regola-rità della gestione contabile espressamente riconosciu-to all’assemblea e, dunque, a ciascun condominio, aisensi dell’art. 1130 c.c..

Si tratta di condotta contraria a quella diligenza “delbuon padre di famiglia” che, ai sensi dell’art. 1710 c.c.,deve caratterizzare l’intera attività posta in essere dal-l’amministratore nell’espletamento del mandato confe-rito dall’assemblea, idonea a costituire fonte di respon-sabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., oltre ad integrare“fondati sospetti di gravi irregolarità” atti a giustificareun provvedimento giudiziale di revoca dall’incarico exart 1129 c.c..

Il Tribunale di Foggia, nel solco di una giurispruden-za ormai consolidata in materia (cfr. Cass. civ. n.1544/2004) ha precisato altresì che la validità del ren-diconto relativo alla gestione condominiale e, più ingenerale, della contabilità presentata dall’amministra-tore di un condominio, non presuppone che i predettidocumenti contabili siano redatti con forme rigorose,analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società.

È pur sempre necessario, tuttavia, che detta contabi-lità sia idonea a rendere intelligibili ai condòmini levoci di entrata e di spesa, con le relative quote di ripar-tizione, in modo da rendere facilmente visibili sia leentrate che le spese effettuate nel periodo in considera-zione, con le relative quote di ripartizione: “il rendi-conto deve, in altri termini, fornire la prova, attraversoi corrispondenti documenti giustificativi, non solo dellaquantità e qualità dei frutti percetti e delle somme in-cassate, nonché dell’entità e della causale degli esborsieffettuati, ma anche di tutti gli elementi di fatto che con-sentono di individuare e vagliare le modalità con cuil’incarico è stato eseguito e di stabilire se l’operato del-l’amministratore sia adeguato a criteri di buona ammi-nistrazione”.

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LL’ordinanza con cui, nell’ambito di una controversiaconcernente l’impugnazione di una deliberazione

dell’assemblea condominiale, viene disposta la sospen-sione dell’esecuzione della delibera ex art. 1137comma 2 c.c., non rientra fra i provvedimenti reclama-bili ex art. 669 terdecies.

L’efficacia “interinale”delle delibere condominiali

Il sistema di impugnazione delle delibere assemblea-ri, disciplinato dall’art. 1137 del codice civile, si basa sulprincipio dell’obbligatorietà delle delibere adottate neiconfronti di tutti i condòmini e stabilisce che contro lestesse è possibile proporre ricorso all’autorità giudizia-ria quando siano contrarie alla legge o al regolamento dicondominio. Va precisato che la delibera emessa, pur seillegittima, riveste pur sempre una sua efficacia obbliga-toria, salvo la pronuncia di una sentenza che ne accertil’invalidità: fino a quel momento la delibera può essereapplicata a meno che non venga accolta la so-spensionedell’efficacia della medesima. Da tale principio scaturi-scono alcune conseguenze procedurali rilevanti ai finidella impugnazione delle delibere: a) la delibera, ai sensi del comma 1 dell’art 1137 cod.civ., ha una efficacia interinale, perché è obbligatorianei confronti di tutti i condòmini, anche se oggetto diimpugnazione, salvo che ne venga disposta una so-spensione; b) in base al comma 2 dell’art. 1137 cod. civ. l’impu-gnazione della delibera non ne sospende l’esecuzione inquanto è necessario un apposito provvedimento emessodal Giudice (in tal senso si vedano: Cass. 43/1967; Cass.372/1976; Cass. 739/1988; Cass. 572/1976); c) la richiesta di sospensione può essere dedotta diret-tamente nell’atto introduttivo del procedimento diimpugnazione o anche essere formulata nel corso dellostessa, ma non può essere proposta in una procedimen-to differente a quello relativo alla impugnativa delladeliberazione (Cfr. Cass. 3033/1959).

La caratteristica della immediata esecutorietà delledelibere assembleari tende a rendere operativi i prov-vedimenti adottati dalla assemblea. Se non vengonoimpugnati, entro i termini stabiliti dalla legge, i mede-simi divengono irretrattabili. Non a caso, nella realtà,

sono veramente rari i casi in cui il condomino nell’im-pugnare una delibera non chieda espressamente lasospensione dell’efficacia esecutiva delle medesimadelibera al fine di evitare di trovarsi in situazioni desti-nate a diventare fonte di pregiudizi irreversibili.

Le condizioni per la sospensionedelle delibere

Il comma 2 dell’art. 1137 cod. civ. non prevedeespressamente quali siano le condizioni per la sospen-sione della delibera. Quindi si sono sviluppati due indi-rizzi. Una parte della dottrina, non essendo necessarioil pregiudizio imminente ed irreparabile, ex art. 700cod. proc. civ., ritiene necessario che dovrebbero sussi-stere almeno i gravi motivi richiesti dall’art. 2387 c. 4del cod. civ. Secondo parte della giurisprudenza dimerito, invece, il provvedimento di sospensione hanatura cautelare e pertanto è necessario l’accertamentodel fumus bonis juris e del periculum in mora (Trib.Verbania, ord. 23.1.1995; Trib. Nola, ord., 28.12.1994;Trib. Napoli, ord., 16.2.1993).

Il dibattito sulla naturadel provvedimento

Il dibattito interpretativo sulla natura processuale delprovvedimento deriva dal silenzio dell’art. 1137 cod.civ.. Una parte della dottrina afferma che la sospensio-ne prevista dalla norma costituisca una espressione, sepur più estesa, del principio di tutela cautelare, chepotrebbe essere desunta dalla salvaguardia di un dirittorispetto ad un periculum in mora. Nell’ipotesi del prov-vedimento ex art 1137 cod. civ. la sospensione mira adevitare che il diritto del condomino impugnante possaessere pregiudicato dalla esecuzione della deliberaimpugnata; pertanto la sospensione della delibera siriscontra nella necessità di conservare la situazione difatto. Si può pertanto affermare che il provvedimentoex art 1137 cod. civ. assume un carattere di strumenta-lità rispetto a quello di impugnazione delle delibera.

L’orientamento seguitodal Giudice torinese

Nell’ordinanza in commento, il giudice afferma “il

SuLLa natura DeL ProVVeDIMento gIuDIzIaLeSuLLa natura DeL ProVVeDIMento gIuDIzIaLeDI SoSPenSIone DeLL’eSecuzIone DeLLeDI SoSPenSIone DeLL’eSecuzIone DeLLe

DeLIBere aSSeMBLearI conDoMInIaLIDeLIBere aSSeMBLearI conDoMInIaLI

(Tribunale Torino, sez. I civ., ordinanza 9 marzo 2012)

a cura del Centro studi condominiali

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provvedimento adottato ai sensi dell’art. 1137 c.c. è unprovvedimento a cognizione sommaria e con finalitàanticipatorie della pronuncia (di annullamento delladeliberazione impugnata) ... difetta di uno dei requisitiindefettibili dei provvedimenti cautelari, consistente nelpericolo di pregiudizio, requisito non espressamen-te richiesto dalla norma per concedere la sospensio-ne e da cui si prescinde nella valutazione della istanza di sospensione, che quindi non ha portata cautelare ma solamente anticipatoria della pronuncia finale richie-sta”.

A sostegno di quanto affermato, ovvero della inap-plicabilità dell’art. 669 terdecies al provvedimentoimpugnato, richiama le seguenti sentenze: Trib. Arezzo3.2.2011; Trib. Napoli 3.201993; Trib. Roma 21-10-

1993. Da ciò consegue, continua il giudice, “l’inam-missibilità del reclamo, riferito a provvedimento nonavente natura cautelare”.

L’orientamento espresso dal giudice torinese è con-forme ad un indirizzo giurisprudenziale che esclude lareclamabilità, ex art. 669 terdecies c.p.c., dell’ordinan-za di sospensione dell’esecuzione della delibera condo-miniale negando la natura cautelare di tale provvedi-mento. A sostegno di tale orientamento, si riporta ilfatto che il legislatore ha previsto specifiche ipotesi direclamabilità di provvedimenti di sospensione, peresempio quelli in materia di opposizioni esecutive, la-sciando quindi intendere che la sospensione dell’effica-cia di un atto o provvedimento non ha, di per sé, natu-ra propriamente cautelare.

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UUna sentenza, che ha avuto risalto sui principali quo-tidiani, ha, per la prima volta, affrontato il caso

della convivenza dei gatti randagi all’interno degli spazicomuni condominiali. Prima di entrare nel merito delladecisione è opportuno fare alcune brevi premesse circala detenzione degli animali all’interno di appartamenticondominiali per poi approfondire la decisione resa dalTribunale di Milano (n. 23693 del 2009).

Detenzione di animali, fontidel regolamento condominialee limitazioni dei singoli condòmini

Molte persone hanno l’abitudine di convivere con unanimale domestico nella propria casa. La presenza diquesti animali, di solito, non comporta alcun inconve-niente ma quando, invece, i proprietari degli animalinon sanno o non riescono ad impedire che i loro ani-mali infastidiscano in vario modo i vicini, esplode spes-so una reazione di questi ultimi, provocando litigi edincomprensione, talora insanabili ed irrimediabili.

Per una corretta analisi di tale problematica è necessa-rio ricordare che le fonti del regolamento condominialesono due: i contratti e la deliberazione assembleare; inbase a tali diverse fonti viene posta la distinzione tra ilc.d. regolamento contrattuale e quello non contrattuale.

Il primo tipo di regolamento viene predisposto dall’o-riginario unico proprietario o costruttore dello stabilecondominiale. In tal caso il regolamento si dice di origi-ne esterna e viene definito contrattuale perché è richia-

mato in ogni singolo atto di trasferimento, pur se nonmaterialmente inserito nel testo negoziale, ed approvatodal compratore, il quale manifesta, in maniera inequivo-ca, nello stesso atto di vendita ovvero successivamentecon separato atto scritto, la volontà di accettare le clau-sole regolamentari. Queste ultime, per effetto dell’accet-tazione ad opera del compratore, diventano, per relatio-nem, parte integrante del contenuto del contratto, traendola loro forza vincolante dalla volontà dei contraenti1. Ilregolamento contrattuale prevale sulle norme del codicecivile e sulle relative disposizioni di attuazione, salvo chesi tratti di norme espressamente dichiarate inderogabili2.

Il secondo tipo di regolamento, formato dall’assem-blea, è detto anche di origine interna, essendo caratte-rizzato da un processo formativo che è interno sin dallasua fase iniziale, e che trae impulso dall’iniziativa diuno o più condòmini. L’art. 1138, 2° co., c.c., prevedeche ciascun condomino possa prendere l’iniziativa perla formazione del regolamento di condominio o per larevisione di quello esistente.

La distinzione suesposta è rilevante ai fini dell’argo-mento che stiamo affrontando perché mentre un regola-mento di origine contrattuale può legittimamente limita-re i diritti dei singoli condòmini sui piani di proprietàesclusiva3, ai regolamenti non contrattuali si applicainvece il divieto contenuto dall’art 1138 c.c. ult. c., percui le relative clausole non potranno ledere i diritti di cuii singoli condòmini dispongono sulle singole unitàimmobiliari.

Le norme dei regolamenti condominiali contrattuali

gattI ranDagI: ProBLeMatIcHe conDoMInIaLIgattI ranDagI: ProBLeMatIcHe conDoMInIaLI

a cura del Centro studi condominiali

1) La giurisprudenza, al riguardo, ha precisato che, essendoil richiamo opera di entrambi le parti, le singole clausole delregolamento esulano dal dettato normativo di cui all’art.1341, 2° co., c.c., il quale, nello stabilire la necessità dellaspecifica approvazione per iscritto, si riferisce alle sole clau-sole cosiddette vessatorie che risultano predisposte da unosoltanto dei contraenti (Cass. n. 49 del 17 gennaio 1992).2) Una sentenza (Cass. 11684/2000) ha chiarito le materieche solo un regolamento contrattuale può contenere: impo-sizione di pesi a favore di proprietà a carico di altre (servi-tù), le quali devono necessariamente essere trascritte allaconservatoria dei registri immobiliari, prestazioni di con-dòmini a favore di altri (oneri reali), imposizioni di limiti algodimento di unità immobiliari (obbligazioni propter rem,quali i divieti ai tenere animali o di adibire l’appartamentoa determinate attività). Una successiva sentenza (Cass. n.5626/2002) ha ribadito che soltanto le clausole relative alle

materie effettivamente di natura contrattuale (quelle di cuialla sentenza n. 11684/2000) richiedono, per la modifica,l’unanimità, mentre per la modifica di quelle cosiddetteregolamentari (contemplate dall’art. 1138 c.c.) è sufficien-te la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, 2° commac.c., ancorché contenute in un regolamento di origine con-trattuale. Da quanto sopra discende che non sempre, qualo-ra in un condominio sia vigente un regolamento contrattua-le, sia necessaria, per la modifica, l’unanimità, essendoquesta necessaria solamente per la modifica di quelle clau-sole che attribuiscano facoltà o oneri maggiori ai singoli,mentre per le norme ordinarie (ad esempio quelle sull’uti-lizzo delle parti comuni) è sufficiente, ai fini della modifi-ca, la maggioranza qualificata. Cfr. GATTO P., Regola-mento di condominio, natura e genesi, in www.proprietari-casa.org.3) Cfr. Cass., n. 2035 dell’11 maggio 1978.

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possono porre delle limitazioni all’uso delle unitàimmobiliari, riducendo la normale esplicazione deldiritto di proprietà. Le pattuizioni, contenute nel regola-mento predisposto dall’originario proprietario accettatocon l’atto di acquisto, che comportino restrizioni dellefacoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli con-dòmini ovvero di quelle relative alle parti condominialidell’edificio, devono però essere espressamente e chia-ramente manifestate, con la conseguenza che non devo-no ritenersi valide quelle pattuizioni che, con formula-zione del tutto generica, limitino il diritto dei condòmi-ni di usare, godere o disporre dei beni condominiali oattribuiscano all’originario proprietario il diritto non sin-dacabile di apportare modifiche alle parti comuni4.

Da quanto esposto deriva che il regolamento di con-dominio predisposto dall’originario unico proprietariodell’intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirentidei singoli piani e regolarmente trascritto nei registriimmobiliari, vincola tutti i successivi acquirenti non solocon riferimento alle clausole che disciplinano l’uso o ilgodimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche aquelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli con-dòmini sulle rispettive proprietà esclusive, venendosi acostituire su queste ultime una servitù reciproca5.

I divieti e i limiti di destinazione delle cose di proprie-tà individuale nel regime condominiale possono essereformulati nei regolamenti sia mediante elencazione delleattività vietate sia mediante riferimento ai pregiudizi chesi intendono evitare: peraltro, specialmente in quest’ulti-mo caso, tali limiti e divieti, al fine di evitare ogni possi-bilità di equivoco in una materia che attiene alla com-pressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietàesclusive dei singoli condòmini, devono risultare daespressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intentochiaro, non suscettibile di dare luogo ad incertezze6.

Va altresì considerato che la maggioranza assemblea-re non può limitare o escludere il diritto di ciascun con-domino di servirsi delle cose comuni nella maniera piùconveniente, potendo una tale limitazione derivare soloda un regolamento predisposto dall’originario unicoproprietario e richiamato in tutti gli atti di acquisto deicondòmini7.

L’art. 1138, ultimo comma, cod. civ. contiene duediverse norme, di cui una generica e l’altra specifica. La

prima esclude che i regolamenti condominiali possanomenomare i diritti spettanti a ciascun condomino in baseagli atti di acquisto o alle convenzioni. La seconda dichia-ra inderogabili le disposizioni del codice concernenti laimpossibilità di sottrarsi all’onere delle spese, l’indivisibi-lità delle cose comuni, il potere della maggioranza quali-ficata di disporre innovazioni, la nomina, la revoca e ipoteri dell’amministratore, la posizione dei condòminidissenzienti rispetto alle liti, la validità e l’efficacia delleassemblee, l’impugnazione delle relative delibere8.

La prima di tali norme riguarda, dunque, i princi-pi relativi alla posizione del condominio rispetto aidiritti dei condòmini sulle parti comuni e sui beni diproprietà individuale e la disciplina di tali diritti; se non è modificabile da un regolamento deliberato amaggioranza, può essere invece validamente derogatada un regolamento contrattuale. La seconda norma,invece, concerne le disposizioni relative alla dinamicadell’amministrazione e della gestione condominiale.L’inderogabilità di queste ultime norme è assoluta e,pertanto, la relativa disciplina non può subire modifi-che neppure in base a regolamenti contrattuali o ad altreconvenzioni intercorse fra le parti9.

Da ultimo va precisato che la legge n. 150 del 1992,modificata dal D.L. 12/1/1993, n. 2, convertito nella L.13/3/1993, n. 59, vieta la detenzione degli esemplari dimammiferi e rettili selvatici o provenienti da riprodu-zioni in cattività che in particolari condizioni ambienta-li e/o comportamentali possono arrecare con la lo-ro azione diretta effetti mortali o invalidanti per l’uomo,o che, non sottoposti a controlli sanitari o a trattamen-ti di prevenzione, possono trasmettere malattie infetti-ve all’uomo10 Sempre in tema di animali pericolosi,segnatamente di cani che possono diventare aggressiviin seguito a un addestramento anomalo, il Ministro dellavoro, della salute e delle politiche sociali ha emessol’ordinanza 3/3/2009 avente per oggetto la tutela del-l’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani.

Contenzioso in materia di tenutadi animali e poteri di interventodell’amministratore

La problematica in esame, che può inquinare i rap-

4) Cass. civ., sent. n. 4905 del 26 maggio 1990. 5) Cass. civ., sent. n. 3749 del 15 aprile 1999.6) Cass. civ., n. 1560 del 13 febbraio 1995.7) Trib. Bologna, 5 dicembre 1996 nella fattispecie di annul-lamento di delibera assembleare revocante il posto auto apersone non residenti nel condominio.8) DE TILLA M., Il regolamento di condominio, inConsulente Immobiliare, n. 661/2001, pag. 2010. 9) Il regolamento di condominio, anche se contrattuale -approvato cioè da tutti i condòmini - non può, quindi, dero-gare alle disposizioni richiamate dall’art. 1138, comma 4,cod. civ. e non può menomare i diritti che ai condòmini deri-

vano dalla legge, dagli atti di acquisto e dalle convenzioni,mentre è possibile la deroga alle disposizioni dell’art. 1102cod. civ. non dichiarato inderogabile (Cass., sent. n. 11268del 9 novembre 1998).10) Fra questi, elencati nel decreto del Ministro per l’am-biente 19/4/1996, modificato con D.M. 26/4/2001, rientranoscimmie, topi, leoni, tigri, pantere, pitoni, vipere. Chi con-travviene al divieto incorre nell’arresto da tre mesi a un annoo nell’ammenda da 7.747 a 103.291 euro. La legge prevedela possibilità di ottenere autorizzazione prefettizia alla deten-zione dei suddetti animali, purché in possesso di idonee strut-ture di custodia.

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porti tra i condòmini, pone in risalto la qualità ed i pote-ri dell’amministratore relativamente alla sua capacità digarantire l’osservanza di clausole regolamentari chedisciplinano l’uso di proprietà individuali. In linea dimassima la legittimazione attiva dell’amministratore silimita a poteri rappresentativi. Nell’ambito di tali attri-buzioni lo stesso può agire in giudizio in rappresentan-za del condominio senza che occorra una preventi-va deliberazione assembleare che lo autorizzi. Tra i po-teri-doveri che la legge conferisce all’amministratore èricompreso anche il compito di far osservare le normedel regolamento condominiale (art. 1130, n. 1 c.c.).

Qualora l’oggetto della controversia esorbiti dai limi-ti individuati dall’art. 1130 c.c. ed incida su obblighi odiritti esclusivi dei singoli condòmini, la rappresentan-za di diritto dell’amministratore va senz’altro esclusa11.L’amministratore, comunque, è stato ritenuto legittima-to ad agire, senza ottenere preventiva autorizzazioneassembleare, per far osservare la norma regolamenta-re relativa al divieto della detenzione di animali nelleunità immobiliari esclusive dei singoli condòmini12.

L’amministratore può quindi agire in giudizio senzal’autorizzazione dell’assemblea per ottenere il rispettodi clausole regolamentari che disciplinano l’uso di pro-prietà individuali perché tale azione rientra nei compitiche la legge gli attribuisce. Il limite a tale potere quindiè costituito dall’oggetto13.

Qualora il regolamento del condominio non dispon-ga nulla in proposito, rimane dubbio se il potere-dove-re attribuito all’amministratore dall’art. 1130, n 1, c.c.,di curare l’osservanza del regolamento, concerna solole cosiddette norme regolamentari vere e proprie o seviceversa si estenda anche ai divieti di destinazionedella proprietà esclusiva e ad altre limitazioni di usodella proprietà esclusiva.

Sul punto la Corte di Cassazione ha affermato, consentenza n. 1131 del 11 febbraio 198514, che le normedel regolamento di condominio edilizio che impongo-no divieti di destinazione ed altre limitazioni similariall’uso delle unità immobiliari di proprietà esclusi-va concorrono ad integrare la disciplina delle cosecomuni dell’edificio in quanto dirette ad impedire unuso abnorme delle stesse in conseguenza di situazioni ecomportamenti che non si esauriscono nello strettoambito delle proprietà esclusive.

Ne consegue, quindi, che anche in caso di violazionedi tali prescrizioni l’amministratore del condominio,indipendentemente dal conferimento di uno specifico

incarico con deliberazione della assemblea dei condò-mini (la quale può spiegare rilevanza come mera solle-citazione), ha, a norma dell’art. 1130 c.c., il potere difare cessare l’abuso e, quindi, disponendo della relativalegittimazione processuale, senza che possa trovarelimiti in autonome iniziative giudiziarie dei singoli con-dòmini.

Colonie feline e gestionedegli spazi condominiali

Delineata la disciplina in tema di detenzione di ani-mali domestici all’interno delle singole unità immobi-liari, è opportuno approfondire un’inedita sentenza resadal tribunale di Milano, che per la prima volta haaffrontato la problematica inerente la presenza di alcu-ni gatti randagi all’interno del cortile condominiale.

I moderni studi etologici sono orientati verso l’ab-bandono della concezione dell’animale come meracosa o bene in senso economico e l’assunzione del me-desimo ad essere vivente capace di provare sensazionidi dolore e di piacere. Di conseguenza, il nostro legis-latore ha previsto, sotto la spinta politica di associazio-ni ed enti privati e pubblici, normative dirette a tutelaregli animali e disciplinare il rapporto di convivenza frauomo e animali anche in condominio. Il completamen-to di questa evoluzione in tema di tutela degli animali èrintracciabile in una specifica legge nazionale del 14agosto 1991 la n. 281 “Legge quadro in materia di ani-mali di affezione e prevenzione del randagismo” che haper la prima volta identificato legislativamente le c.d.colonie feline. Successivamente è intervenuta la leggeregionale del Lazio n. 34 del 21 ottobre 1997 che stabi-lisce, all’articolo 11 comma 3, che “le associazioni divolontariato animalista e per la protezione degli ani-mali possono, in accordo con le aziende USL compe-tenti, avere in gestione le colonie dei felini che vivonoin stato di libertà, curandone la salute e le condizionidi sopravvivenza”.

La legge 281 definisce colonia felina un gruppo piùo meno numeroso di gatti (ne bastano anche solo due)che vivono in un determinato e circoscritto territorio.Inoltre, considera i gatti randagi come esseri viventititolari di diritti quali la “vita” e la “cura”. Questi dirittiincontrano tuttavia il limite della salute pubblica. L’art.2 comma 9 della L. n. 281/ 1991, prevede che i gatti inlibertà possono essere soppressi soltanto “se grave-mente malati o incurabili”.

Il legislatore, con queste disposizioni, ha voluto rico-

11) Cass. civ., 14 gennaio 1997, n. 278.12) Trib. Parma, 11 novembre 1968. Una tale disposizioneregolamentare ha per oggetto l’interesse comune dei con-dòmini al fine di evitare molestie ed immissioni a tutta lacomunità. All’amministratore è stato altresì riconosciuto ilpotere di convenire in giudizio un condomino che avevarealizzato un’opera in palese violazione degli obblighi con-tenuti nei regolamenti condominiali.

13) Infatti, nessuna legittimazione spetta all’amministratorein tema di osservanza di norme contenute negli atti di acqui-sto del bene da parte di ciascun condomino perché tali normenon rivestono alcun interesse per la generalità dei parteci-panti al condominio. Cfr. Cass. civ., 8 marzo 1977, n. 954.14) Nel caso di specie si trattava di un condomino dei pianialti che utilizzava il balcone come giardinetto per il propriocane.

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noscere, regolamentare e tutelare tutti quei comporta-menti umani posti in essere in qualsiasi luogo pubblicoo privato nei confronti di animali randagi.Ma, a quantopare, a non tutti i condòmini piace vedere gatti chegironzolano negli spazi comuni ed è proprio questasituazione che ha provocato il ricorso al Tribunale diMilano. Infatti, alcuni abitanti di un supercondominiocitavano in giudizio altri condòmini dello stesso stabileaccusandoli di aver occupato senza alcuna autorizza-zione degli spazi comuni al fine di creare dei rifugi adalcuni gatti randagi. I promotori della causa chiedeva-no non solo la rimozione dei manufatti ma anche ilrisarcimento del danno non patrimoniale nella misuradi 10mila euro.

In sede di motivazione il Giudice di merito evidenziaalcuni principi fondamentali a tutela degli animali ran-dagi:❖ la Legge 281/91 sancisce la territorialità delle coloniefeline quale caratteristica etologica del gatto, ricono-scendo loro la necessità di avere un riferimento territo-riale;❖ il legislatore ha ritenuto che i gatti, animali sociali chesi muovono liberamente su un determinato territorio(radunandosi spesso in gruppi denominati “colonie feli-ne”), pur vivendo in libertà, sono stanziali e frequenta-no abitualmente lo stesso luogo pubblico o privato,creandosi così un loro “habitat” ovvero quel territorioo porzione di esso, pubblico, privato, urbano e non, edi-ficato e non, nel quale vivono stabilmente;❖ nessuna norma di legge, né statale né regionale, proi-bisce di alimentare gatti randagi nel loro habitat cioènei luoghi pubblici e privati in cui trovano rifugio.

Passando agli aspetti inerenti il concreto utilizzo delleparti comuni il giudice ha affermato, rifacendosi ad unprecedente giurisprudenziale (Cass. 5753 del 2007) cheil relativo uso è assoggettato alle norme sulla comu-nione in generale, e in particolare alla disciplina di cuiall’art. 1102, comma 1, c.c., in base al quale ciascunpartecipante alla comunione può servirsi della cosacomune, sempre che non ne altera la destinazione e nonne impedisca il pari uso agli altri comunisti. Sono inol-tre legittimi, ai sensi dell’art. 1102 c.c., sia l’utilizzazio-ne della cosa comune da parte del singolo condominocon modalità particolari e diverse rispetto alla sua nor-male destinazione - purché nel rispetto delle concor-renti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condò-mini - sia l’uso più intenso della cosa, purché non siaalterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprieta-ri, dovendosi a tal fine avere riguardo all’uso potenzia-le in relazione ai diritti di ciascuno. Pertanto, nel casoin esame, il Tribunale ha ritenuto che l’occupazione da

parte di due condòmini di uno spazio comune -mediante installazione di piccole costruzioni per gatti(rifugi) del tutto temporanei - non configura un abuso.

Questa sentenza, inoltre, rappresenta una meritatoriconoscimento nei confronti di tutte quelle associazio-ni che utilizzano il loro tempo per la tutela degli ani-mali. Indubbiamente una sentenza rappresenta un rile-vante precedente per tutti quei condòmini che “adotta-no” tanti gatti senza fissa dimora.

Delibera dell’assemblea condominialeed allontanamento della colonia felina

A conclusione delle considerazioni svolte è opportu-no affrontare altre due problematiche: a) una delibera condominiale contenente l’ordine diallontanamento di una colonia felina condominiale puòessere legittimamente eseguita senza violare le disposi-zioni a tutela dei gatti randagi che si rifugiano nel con-dominio? b) in caso positivo, quale è la procedura da seguire perl’allontanamento della colonia felina?

Riguardo al primo punto l’assemblea deve valutare ilmotivo della richiesta - avanzata da alcuni condòmini oda tutti - dell’allontanamento della colonia felina. Se ilmotivo dovesse essere collegato ad un mero pregiudi-zio nei confronti della razza felina, la delibera assem-bleare non potrà mai essere considerata legittima stan-te la vigente normativa in tema di tutela delle coloniefeline, secondo la quale una eventuale delibera assem-bleare di allontanare i gatti - per motivi legati al fasti-dio, pregiudizio o qualsiasi altro motivo diverso da unamalattia grave e incurabile degli stessi felini - risulte-rebbe in primis in contrasto con gli orientamenti giuri-sprudenziale15 che riconoscono all’animale lo status diorganismo senziente le cui condizioni di benesserevanno protette e promosse16, oltre a disattendere la dis-posizione della legge 281/1991, la quale vieta la sop-pressione dei gatti randagi, se non in caso di malattiagrave ed incurabile, a cui seguono le varie leggi regio-nali, e in contrasto con le leggi regionali che sancisco-no il divieto di spostare o allontanare i felini dal propriohabitat.

Inoltre, sono state emanate alcune leggi regionali(vedasi quella della Regione Lazio n. 34 del 1997) rico-noscono al gatto il diritto al territorio formulando unespresso divieto di spostamento dei soggetti dal lorohabitat (articolo 11), intendendo per habitat il luogodove i gatti trovano abitualmente rifugio, cibo e prote-zione, identificando con questo termine aree sia pub-bliche che private17.

Pertanto la permanenza dei gatti nelle aree condomi-

15) Cass. pen., 24.10.2007 n. 44822, oltre a quella resa dalTribunale di Milano oggetto di commento in questo contri-buto.16) BONFIGLIO G., Il condominio e la colonia di gattirandagi. Tasselli per un quadro dei diritti degli animali, in

Studium iuris, 2008, pp. 640 e ss..17) È comunque consentito lasciare una ciotola per l’acqua,soprattutto nel periodo estivo (a Roma è previsto un accor-do con l’Ama affinché gli appositi contenitori non venganorimossi dagli operatori).

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niali, siano esse cortili, garage o giardini, aree ospeda-liere è da considerare assolutamente legittima, alla stre-gua della presenza degli uccelli sugli alberi; d’altrocanto, al fine di escludere ogni sorta di disturbo per icondòmini, la legge prevede che il loro numero siatenuto sotto controllo attraverso la sterilizzazione e chegli animali siano nutriti nel rispetto dell’igiene dei luo-ghi18.

Inoltre gli articoli 544-bis e 544-ter del Codice pena-le prevedono una sanzione per chiunque, “per crudeltào senza necessità cagiona la morte di un animale”. Illoro maltrattamento è perseguito penalmente anche conla reclusione da tre mesi a un anno o la multa da 3.000euro a 15.000 euro mentre l’uccisione è punita con lareclusione da tre a diciotto mesi.

Diversamente, se i gatti dovessero costituire unafonte di danno per i beni comuni o dei singoli, l’assem-blea potrà legittimamente deliberare una serie di prov-vedimenti, c.d. offendicula, come la disposizione di una

rete metallica circoscritta alla zona condominiale in cuisi affollano i felini purchè proporzionato ex art. 52c.p.19 al pericolo che la presenza dei felini reca in con-dominio. Pertanto la delibera assembleare di allontana-mento, nel caso in cui la colonia felina dovessero costi-tuire una fonte di danno per i beni comuni o dei singo-li, risulterà legittima solamente quando i mezzi di allon-tanamento saranno rispettosi del sentimento di amoreper la natura e per gli animali20.

Un’ultima ipotesi che potrebbe essere portata inassemblea è quella in cui la richiesta di allontanamentodella colonia felina fosse motivata da ragioni di sicu-rezza della salute pubblica. In quest’ultimo caso la deli-bera assembleare sarebbe senza dubbio legittima aisensi della Legge 281/1991 art. 2 comma 9, previoaccertamento da parte dei medici del servizio veterina-rio delle A.S.L. della incompatibilità della permanenzadei gatti nell’area condominiale con le esigenze di salu-te umana e dell’igiene pubblica21.

18) BONFIGLIO G., op. cit., pp. 640 e ss..19) Cass. pen., 4.7.2006, n. 32282. 20) Cass. pen, 12.5.2006, n. 34095.21) Una volta che il servizio AUSL accerti tale incompatibili-tà, gli unici soggetti autorizzati a procedere alle operazionimateriali di spostamento dei felini sono i funzionari del servi-zio veterinario delle AUSL, altri ufficiali sanitari nell’esercizio

delle loro competenze, i membri delle associazioni di prote-zione animali, ed in ultimo i privati in possesso di particolariconvenzioni con l’AUSL. Ricordiamo che alcune Regionihanno stabilito delle competenze specifiche per la cattura deglianimali, salva la facoltà di delega alla AUSL. Vedasi Leggereg. Molise n. 7 del 2005 artt. 3 e 8; Legge reg. Toscana n. 43del 1995, art. 13 , sostituito dall’art. 7 legge reg. 90 del 1998.

Alcuni orientamenti giurisprudenziali

Trib. Messina8 aprile 1981

La delibera assembleare di approvazione del regolamento condominiale presa a maggioranza è invalida nella parte in cuivieta ai condòmini la possibilità di detenere animali perché limitativa dei diritti e dei poteri dei singoli condòmini sulleloro proprietà esclusive.

Pret. Campobasso12 maggio 1990

Anche se il regolamento contiene un divieto di detenere animali, tale divieto non è sufficiente per irrogare sanzioni aicondòmini.

Trib. Piacenza10 aprile 1990 n. 231

La detenzione di un animale può integrare la fattispecie ex art. 844 ed è suscettibile di applicazione in tutte le ipotesi diimmissioni che abbiano carattere materiale mediato o indiretto e provochino una situazione intollerabile.

Trib. Napoli25 ottobre 1990

In sede di provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c., dispone l'allontanamento degli animali molesti ed il loro affida-mento al canile municipale disponendo il divieto assoluto di ritorno.

Trib. Piacenza10 aprile 2001 n. 354

La detenzione di animali in un condominio, nelle singole proprietà esclusive, può essere vietata solo se il proprietariodell'immobile si sia contrattualmente obbligato a non detenere animali.

Cass. civ.4 dicembre 1994,n. 12028

Il divieto di detenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenticondominiali, approvati a maggioranza, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese neldiritto di proprietà dei condòmini sulle singole porzioni del fabbricato.

Cass. civ.6 marzo 2000, n. 1349

Affinché si possa parlare di disturbo alla quiete pubblica, il disturbo deve essere arrecato ad una pluralità di persone altri-menti il fatto non sussiste.

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LL’evasione fiscale, totale o parziale, per i redditiderivanti dalle locazioni sia ad uso diverso che ad

uso abitativo è sempre stata nel mirino del legislatoreche ha più volte tentato di porvi rimedio, cercando disubordinare la validità dei relativi contratti all’adempi-mento della registrazione.

Tali tentativi sono falliti perché costantemente laCorte Costituzionale ha ritenuto non conforme ai prin-cipi della Carta condizionare la validità di un atto pri-vatistico, ed in particolare dei contratti di locazione, adadempimento estranei all’atto, per violazione degli arti-coli 3, 41 e 42 e 24 della Costituzione.

La Corte, infatti, in epoca antecedente alla riformatributaria ha sempre chiarito che la Costituzione nonvieta di imporre prestazioni fiscali in stretta correlazio-ne con il processo, sia che esse configurino vere e pro-prie tasse giudiziarie sia che abbiano riguardo all’uso didocumenti necessari alla pronunzia finale dei giudici(sentenze n. 45 del 9.4.1963; n. 91 del 26.11.1964; n.100 del 7.12.1964; nonché sentenze n. 45-56-83-113del 1963 e n. 47-69-91-100 del 1964) ma che occorredistinguere fra “oneri che siano razionalmente collega-ti alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicu-rare al processo uno svolgimento meglio conforme allasua funzione”, da ritenersi consentiti, e oneri che inve-ce tendano “alla soddisfazione di interessi del tuttoestranei alle finalità predette, che, conducendo al risul-tato di precludere o ostacolare gravemente l’esperi-mento della tutela giurisdizionale, incorrono nella san-zione dell’incostituzionalità” (sentenza n. 80 del 2-7-1960, sull’illegittimità costituzionale della norma - art.117 1° comma del T.U. n. 3268 del 30.12.1923 sulleleggi di registro nonché dell’art. 348-2° comma - chevietava di rilasciare copie di sentenze non ancora regi-strate, il cui deposito in giudizio condizionasse la pro-cedibilità dell’impugnazione); ed ancora che l’interessedel cittadino alla tutela giurisdizionale e quello genera-le della comunità alla riscossione dei tributi “sonoarmonicamente coordinati” (sentenze n. 157 del 1969 en. 61 del 1970).

È poi da sottolineare che la legge di riforma n. 825del 17.10.1971 impose al legislatore delegato comeprincipio delega, di eliminare “ogni impedimento fisca-le al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tute-la dei propri diritti ed interessi legittimi” (articolo 7, n.7).

In attuazione di tale principio, l’articolo 63 del d.P.R.26 ottobre 1972 n. 634 (disciplina dell’imposta di regi-stro), il cui contenuto è poi sostanzialmente confluito

nell’articolo 65 del d.P.R. n. 131 del 26.4.1986, ha sop-presso il divieto di utilizzazione in giudizio di atti nonregistrati (previsto dalla disciplina precedente , la cuiincostituzionalità era stata esclusa della Corte, con lesentenze n. 45 del 1963 e n. 157 del 1969) ed al suo po-sto ha previsto l’obbligo del cancelliere di inviarli al-l’ufficio del registro.

Il legislatore della riforma ha pertanto ritenuto che lasituazione di inadempimento dell’obbligazione relativaall’imposta di registro, emergente in occasione del pro-cesso di cognizione, non può avere l’effetto di preclu-derne lo svolgimento e la conclusione.

È chiaro il giudizio di valore così espresso, per cui,nel bilanciamento tra l’interesse fiscale alla riscossionedell’imposta e quello all’attuazione della tutela giuri-sdizionale, il primo è ritenuto sufficientemente garanti-to dall’obbligo imposto al cancelliere di informare l’uf-ficio finanziario dell’esistenza dell’atto non registrato,ponendolo così in grado di procedere alla riscossione.Discipline di contenuto sostanzialmente identico sonostate introdotte - sia pure in tempi diversi - per le impo-ste di successione, di bollo e sul valore aggiunto. Senon che, malgrado tale rimedio, ritenuto sufficiente-mente idoneo a “stanare gli evasori”, il legislatore ènuovamente tornato alla carica in occasione della 431-98 che, ponendo fine al regime vincolistico dell’“equocanone”, ha liberalizzato le locazioni abitative facendorivivere, sia pure entro determinati limiti, l’autonomiadelle parti contraenti.

A prescindere dall’introduzione della forma scritta“ad substantiam”, un chiaro esempio di quanto eviden-ziato fu introdotto all’art. 7 che, intitolato “condizioneper la messa in esecuzione dei provvedimenti di rila-scio”, sancì come presupposto dell’azione la dimostra-zione di aver ottemperato ad alcuni adempimenti fisca-li (registrazione, denuncia ai fini ICI e prova del paga-mento e dell’IRPEF).

Coerentemente con i principi sempre affermati laCorte, con sentenza n. 333 del 5.10.2001 dichiarò laincostituzionalità di tale norma per violazione dell’art.24 della Carta Fondamentale che sancisce che “tuttipossono agire in giudizio per la tutela dei propri dirittie che la difesa è inviolabile in ogni stato e grado delprocedimento”.

“È costituzionalmente illegittimo l’art. 7 L.9.12.1998 n. 431 che pone come condizione per la mes-sa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell’im-mobile locato ad uso abitativo, alla dimostrazione dellaregolarità della propria posizione fiscale. Infatti tale

IL Perenne “BraccIo DI Ferro”IL Perenne “BraccIo DI Ferro”tra LocazIonI e FIScotra LocazIonI e FISco

di Giacomo Carini

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DOTTRINA 29

onere imposto al locatore a pena di improcedibilità del-l’esecuzione ha fini esclusivamente fiscali sicché essosi traduce in una preclusione all’esperimento della tute-la giurisdizionale, in violazione dell’art. 24”.

Lo stesso legislatore inoltre all’art. 13 della normati-va n. 431/1998 aveva anche stabilito che “è nulla ognipattuizione volta a determinare un importo del canonedi locazione superiore a quello risultante dal contrattoscritto e registrato dando la possibilità al conduttore dirichiedere la restituzione delle somme pagate in più conazione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegnadell’immobile locato”.

La norma sembrava far chiaro riferimento al ricor-rente fenomeno delle “controdichiarazioni”.

Al momento della stipula del contratto si conveniva,con accordo di ambedue le parti, di evidenziare nelcontratto da registrare un importo inferiore a quello ef-fettivamente stabilito e in un contestuale atto si chiari-va che l’effettivo canone voluto dai contraenti era quel-lo superiore riportato in tale documento.

L’operazione, dal punto di vista giuridico, era ed èpienamente valida. Trattasi dell’istituto della simula-zione disciplinato dall’art. 1414 e seguenti del codicecivile.

Le parti contraenti possono fingere di stipulare undeterminato contratto (cosiddetto contratto apparente)mentre, in realtà, ne vogliono concludere uno diverso(contratto cosiddetto dissimulato).

In tale ipotesi si verte in tema di simulazione relativache può essere totale (si vuole un contratto completa-mente diverso da quello apparente) o parziale e cioèriguardare singole clausole di uno stesso contratto (fin-giamo di pattuire il prezzo di € 500 mentre in effetticoncordiamo quello di € 1.000).

Applicando tale istituto al campo delle locazioni èpossibile (salvo naturalmente i risvolti di caratterefiscale che non incidono sulla validità della pattuizione)simulare un canone inferiore mentre se ne pattuisce unodiverso, nascondendo così al fisco una parte del corri-spettivo e spesso ciò era un vantaggio anche per il con-duttore che in cambio otteneva un corrispettivo inferio-re rispetto a quello richiesto dal locatore.

Quindi il primo comma dell’art. 13 sembrava averposto rimedio ad uno dei sistemi usati per evadere esanciva una sorta di responsabilità presunta a carico delsolo locatore (per antonomasia ritenuto la parte forte)che era l’unico a subire le conseguenze della notevolesanzione derivante dalla nullità pur essendo stata l’ope-razione condivisa da entrambe le parti.

Sorsero subito grosse perplessità e difficoltà interpre-tative.

Alcuni evidenziarono immediatamente l’assurditàche il legislatore nulla avesse previsto per l’ipotesi incui si fosse stipulato un contratto in forma scritta (equindi giuridicamente valido per la nuova legge cheaveva introdotto la esigenza della forma scritta ad sub-stantiam) ma non si fosse registrato affatto l’intero con-tratto mentre avesse comminato di nullità una evasioneparziale.

Pertanto gran parte della dottrina ed alcune prime

decisioni dei giudici di merito cercarono di limitarel’apparente portata dell’art. 13.

Si ritenne così che, nel caso di stipula di un contrattoin forma scritta in cui fosse riportato un canone simula-to in misura inferiore, e contestuale sottoscrizione di unaltro documento contenente l’effettivo prezzo della lo-cazione, in qualsiasi momento il locatore potesse va-lidamente sanare la situazione di illegalità, registrandoanche quest’ultimo documento.

Sorsero però dubbi circa la retroattività o meno di taleeffetto “sanante”. In proposito il Tribunale di Roma,con ordinanza del 16 maggio 2000 (in Arch. Loc. 2000,608) ritenne che l’art. 13 comma 1 L. n. 431/98, il qualesancisce la nullità di ogni pattuizione volta a determi-nare un importo del canone di locazione superiore aquello risultante dal contratto scritto e registrato, deveinterpretarsi nel senso di ritenere ammissibile la regi-strazione tardiva del contenuto della scrittura integrati-va con efficacia sanante ma solo ex nunc. Il Tribunaledi Napoli, Dr. Campese, con sentenza dell’11 maggio2001 n. 7957, espresse il parere che nelle suddette ipo-tesi il canone riportato nella “controdichiarazione”acquistasse validità solo dal momento della registrazio-ne di quest’ultima (effetto ex nunc) per cui il condutto-re poteva conseguire il rimborso di quanto pagato in piùrispetto al canone registrato solo fino a quando non sifosse provveduto a registrare il documento in cui erariportato l’effettivo corrispettivo convenuto tra le parti.

Successivamente il Tribunale di Pordenone (G.U. Dr.Lazzaro) con sentenza n. 58 del 7 dicembre 2001/19gennaio 2002, in un giudizio per morosità intentato peril mancato pagamento del canone risultante dalla scrit-tura privata aggiuntiva, registrata successivamente,ritenne la efficacia ex tunc della controdichiarazione,anche se registrata tardivamente, perché, “alla lucedella sentenza della Corte Costituzionale n. 333 del 5ottobre 2001, era da escludersi la nullità della controdi-chiarazione in quanto in tale ipotesi si avrebbe la sub-ordinazione del rapporto civilistico (e, quindi, della li-bertà contrattuale) all’adempimento di una finalità, laregistrazione, rivolta esclusivamente ai fini fiscali”.

Quindi, in base alle prime interpretazioni giurispru-denziali, specie dopo la decisione della CorteCostituzionale con riguardo alla illegittimità dell’art. 7della legge 431/98, si potevano affermare i seguentiprincipi:❖ non era da riscontrare alcuna ipotesi di nullità nelcaso di contratto di locazione ad uso abitativo stipulatosecondo le regole della legge 431/98 e non registrato;❖ qualora nel contratto di locazione registrato fossestato simulato un canone inferiore a quello pattuito edil canone effettivo fosse stato riportato in un contestua-le atto, era possibile registrare la controdichiarazionesuccessivamente ed il canone in esso riportato acqui-stava piena validità ed efficacia da tale momento ovve-ro dal momento della stipula del contratto;❖ se la “controdichiarazione” veniva redatta successi-vamente alla sottoscrizione del contratto contenente ilcanone inferiore, la stessa, salvo il caso di comprovatanovazione, doveva ritenersi nulla perché in contrasto

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CONDOMINIO GIURIDICO30

con il comma 4 dell’art. 13 nella parte in cui, per i con-tratti cosiddetti “liberi”, commina di nullità qualsiasiobbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola diret-ta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello(iniziale) “contrattualmente stabilito”.❖ è inammissibile la pattuizione verbale di un canonesuperiore a quello previsto nel contratto scritto e regi-strato perché la stessa contrasterebbe con l’esigenzadella forma scritta prevista ad substantiam dal comma4 dell’art. 1, legge 431/98.

Le disposizioni dell’art. 13 riguardavano in ogni casosolo i contratti sorti dopo l’entrata in vigore della legge431/98 giusta quanto sancito dall’art. 14: “e ai contrat-ti in corso continuano ad applicarsi, ad ogni effetto, ledisposizioni normative prima vigenti”.

IL PARERE DELLA CORTEDI CASSAZIONE

La III sezione civile della Suprema Corte, con la sen-tenza n. 16089 del 10 luglio 2003/27 ottobre 2003, pursancendo gli stessi risultati pratici delle decisioni deigiudici di merito, ha fornito una diversa chiave di lettu-ra del disposto del n. 1 dell’art. 13.

Essa ha infatti posto in risalto il fatto che, nonostantela legge 431/98 dia più volte importanza alla necessitàdella registrazione, tale elemento non è stato elevato arequisito di validità del contratto come invece è statosancito per la forma scritta.

Confermerebbe tale tesi la considerazione, appunto,che non è stata comminata alcuna sanzione di invalidi-tà nella ipotesi in cui, rispettando la forma scritta, vengastipulato un contratto di locazione e lo stesso non vengaaffatto registrato.

Sarebbe pertanto assurdo sostenere che il legislatoreabbia voluto sanzionare con la nullità la “meno grave”ipotesi della sottrazione alla imposizione fiscale di unaparte soltanto del corrispettivo riportata in una conte-stuale dichiarazione non registrata, perché una interpre-tazione del genere sarebbe irragionevole e, come tale,palesemente contrastante con l’art. 3 della CartaCostituzionale.

Pertanto, sempre a parere della Suprema Corte, nelcaso in cui venga stabilito in un contratto un canoneinferiore (canone simulato) ed in un contestuale docu-mento venga invece chiarito quello effettivo pattuito evoluto dalle parti, non si configurerebbe un contrastotra due diversi canoni perché una volta provata edaccertata, mediante la produzione della controdichiara-zione, la simulazione, non vi sarebbe il contrasto tradue canoni perché “il canone valido è solamente quel-lo effettivamente voluto dalle parti” e quindi, se lasimulazione riguardi un contratto cosiddetto “libero”,l’unico canone valido dovrà essere considerato quelloprevisto nella controdichiarazione; nel caso invece dicontratti “a canoni agevolati”, parimenti sarà validoquello della controdichiarazione sempre che esso nonsia superiore a quello massimo definito negli accordiprovinciali (Art. 1414 comma 2°: “se le parti hannovoluto concludere un contratto diverso da quello appa-

rente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato (o laclausola dissimulata) purché ne sussistano i requisiti disostanza e di forma”).

Di conseguenza, secondo il parere della Cassazione,l’art. 13 comma 1° riguarderebbe un’altra ipotesi emirerebbe a tutelare esclusivamente l’esigenza del con-duttore di “usufruire di condizioni economiche stabilied immutabili” per tutta la durata del rapporto (otto an-ni per i contratti “liberi”; cinque anni per quelli “con-venzionati”) per cui la nullità da esso sancita riguarde-rebbe il caso in cui, successivamente al sorgere del rap-porto, intervenga tra le parti un accordo che maggiori ilcanone iniziale che, invece, deve rimanere immutabile,salvo l’aggiornamento Istat.

Una conferma della fondatezza della opinione dellaSuprema Corte è stata data dalla Corte Costituzionaleche, con ordinanza n. 242 del 19 luglio 2004 nel dichia-rare la manifesta inammissibilità della questione di le-gittimità dell’art. 13 comma 1 e 2 della legge n. 431/98per violazione dell’art. 3 della Carta Costituzionale sol-levata dal Tribunale di La Spezia con ordinanza 16ottobre 2003, ha motivato la propria decisione in basealla considerazione che all’art. 13 deve essere data l’in-terpretazione che sia conforme ai precetti costituziona-li tenendo conto di “quella recentemente espressa dallagiurisprudenza di legittimità”.

IL DISPOSTO DEL COMMA346 DELLA LEGGE N. 311DEL 30.12.2004 (Finanziaria 2005)

Con il chiaro scopo di porre rimedio al principioaffermato dalla Corte di Cassazione che ha ribadito lapiena validità dei contratti di locazione e delle contro-dichiarazioni anche se non registrate, la Finanziaria del2005 al comma 346 sancì che “sono considerati nulli icontratti di locazione o che comunque costituisconodiritti relativi di godimento di unità immobiliari ovverodi loro porzioni, se, ricorrendone i presupposti, nonsono registrati”.

Ricordiamo che, allo stato, l’obbligo di registrazionesussiste per tutti i contratti di locazione ad eccezione diquelli “ad uso villeggiatura” di durata non superiore atrenta giorni. Pertanto la disposizione in esame riguar-da tutte le locazioni sia abitative che ad uso diverso dal-l’abitazione e persino i contratti di comodato.

Si evidenzia poi, ai sensi degli artt. 16 e 18 del TestoUnico in materia di imposta di registro (DPR 26 aprile1986 n. 131), che la registrazione serve ad attestare l’e-sistenza dell’atto e ad attribuirgli una data certa nei con-fronti dei terzi a norma dell’art 2704 Codice Civile, manon incide minimamente sulla piena validità dell’atto.Su tali considerazioni la Corte Costituzionale ha sem-pre in passato sancito la illegittimità di qualsiasi prov-vedimento legislativo che tenti di subordinare la validi-tà o efficacia di un atto privatistico ad adempimenti cheriguardino unicamente il rapporto Erario-parti con-traenti e che non sorgano con il contratto.

È infatti alquanto inconcepibile che la validità di unatto possa essere subordinata ad un elemento successi-

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DOTTRINA 31

vo al sorgere del contratto, considerato che lo stessoTesto Unico consente che la registrazione possa essereeffettuata entro 30 giorni dalla stipula del contratto conpossibilità anche di registrazione tardiva con pagamen-to delle relative sanzioni (c.d. ravvedimento operoso).

È pertanto onere degli addetti ai lavori cercare di sta-bilire la effettiva portata della disposizione in esameinquadrandola nei principi fondamentali del nostroordinamento giuridico, considerate anche la gravi con-seguenze che un’interpretazione restrittiva avrebbe perentrambe le parti contraenti, compreso il conduttoreche si troverebbe nella situazione di “occupante senzatitolo”, e, come tale, assoggettabile ad immediataespulsione dall’alloggio.

IRRETROATTIvITÀ DELLA NORMAAnzitutto riteniamo non possono nutrirsi dubbi che la

norma riguardi solo i contratti sorti dopo l’entrata invigore della legge 311/2004. Si evidenzia infatti che:❖ L’art. 11 delle preleggi sancisce il principio generaledella irretroattività per cui una disposizione normativapuò disporre solo per l’avvenire (anche se non si trattadi un principio costituzionale tranne che per le normepenali).❖ Lo Statuto dei diritti del contribuente (art. 3 legge n.212 del 27 luglio 2000) ha confermato che le “disposi-zioni tributarie non hanno effetto retroattivo”, per cui la“irretroattività” costituisce la regola. Pertanto l’even-tuale applicazione agli atti pregressi potrebbe essereammissibile solo se espressamente sancita.❖ La giurisprudenza ha più volte confermato tale con-cetto anche per le leggi tributarie (Cass., V Sez. Civ. n.5015 del 2 aprile 2003): “in tema di efficacia nel tempodelle norme tributarie, in base all’art. 3 della legge n.212 del 27-7-2000 (cosiddetto Statuto del contribuenteche ha codificato nella materia fiscale il principio gene-rale di irretroattività delle leggi) va esclusa l’applica-zione retroattiva delle medesime salvo che questa siaespressamente prevista”.❖ In ogni caso poi è da escludersi che la “sanzione”prevista dalla finanziaria del 2005 possa in qualchemodo riguardare anche l’omessa registrazione dellesuccessive annualità di canone relative ad un contrattopluriennale sorto in epoca antecedente (l’art. 17 delD.P.R. n. 131/1986 consente che l’imposta di registrosia pagata in un’unica soluzione ovvero in successiverate annuali) perché occorre fare riferimento solo alladata di conclusione e di prima registrazione del con-tratto e non a quella di materiale pagamento dei rateidel tributo.

EFFETTIvA NATURA DELLA NULLITÀ PREvISTA

La dottrina è ormai maggioritaria nel ritenere che,malgrado la dizione letterale contenuta nel comma 346della “Finanziaria 2005”, non si sia in presenza di una“nullità in senso stretto” ma di una nullità relativa sana-bile con la registrazione tardiva ovvero che la registra-zione sia stata sancita come “condizione legale di effi-

cacia del contratto” nel senso cioè che il contratto “siperfezioni, come di regola, con l’incontro della volontàdelle parti” e che la registrazione (elemento estrinsecoal contratto) “condizioni sospensivamente il prodursidegli effetti propri del negozio giuridico” (FortunatoLazzaro e Marco Di Marzio, “Le locazioni per uso abi-tativo”; Vigna, in Arch. Loc. 2005/395; Cuffaro, “Lelocazioni ad uso abitativo”).

Confortano tale tesi, oltre che l’interpretazione logica(la norma è stata introdotta quale mezzo di lotta all’e-vasione ed è inconcepibile che possa operare in dannodel conduttore che si troverebbe nella condizione dioccupante senza titolo a rischio di espulsione immedia-ta dall’alloggio), le seguenti ulteriori considerazioni:❖Lo stesso testo unico in materia di imposta di registro(DPR 26 aprile 1986 n. 131) consente che la registra-zione dei contratti di locazione sia validamente effet-tuata entro 30 giorni dalla conclusione del contratto eche la stessa, pagando le previste sanzioni, possa esse-re effettuata in qualsiasi momento successivo, confer-mando con ciò che non trattasi di elemento che sorgecon il contratto ma che può essere attuato in ognitempo.❖ La Finanziaria 2005 ha anche contraddittoriamenteprevisto al n. 2 del comma 341 che “in caso di omessaregistrazione del contratto di locazione di immobili, sipresume salva documentata prova contraria, l’esistenzadel rapporto di locazione anche per i quattro periodid’imposta antecedenti a quello in corso in cui è accer-tato il rapporto stesso” e che “ai fini della determina-zione del reddito si presume, quale importo del canone,il 10 % del valore dell’immobile”.

Orbene, se si ritenesse che il comma 346 abbia volu-to sancire una sorta di invalidità “insanabile”, il rappor-to locativo non registrato dovrebbe considerarsi maisorto per cui il conduttore sarebbe un “occupante senzatitolo”, non vi sarebbe un “corrispettivo” ma solo lapossibilità di successiva azione per indebito arricchi-mento. Di conseguenza, la scoperta di un rapporto loca-tivo non registrato e, come tale, nullo, se obbliga ugual-mente le parti a corrispondere l’imposta di registro per-ché ciò è espressamente sancito nel testo unico (art. 38:“la nullità o l’annullabilità dell’atto non dispensa dal-l’obbligo di chiedere la registrazione e di pagare la rela-tiva imposta) non può determinare l’obbligo di pagarel’IRPEF su un presunto valore locativo, perché ciò pre-suppone che il locatore percepisca un canone.

L’avere, pertanto, espressamente previsto la presun-zione dell’esistenza di un rapporto di locazione addirit-tura per il quadriennio precedente, dà ragione a chisostiene la sanabilità in qualsiasi momento della prete-sa nullità.

EFFICACIA eX tuncDELL’EFFETTO SANANTE

Una volta inquadrata la “sanzione” del comma 346della “Finanziaria 2005” nell’ambito delle condizionidi “efficacia” del contratto, ne consegue che la registra-zione tardiva rende il contratto medesimo produttivo dieffetti sin dall’epoca del suo sorgere e, quindi, ex tunc.

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CONDOMINIO GIURIDICO32

Opera infatti, in tal caso, la previsione dell’art. 1360cod. civ. che dispone che “gli effetti dell’avveramentodella condizione retroagiscono al tempo in cui è statoconcluso il contratto” per cui da quel momento il con-duttore diviene detentore legittimo dell’immobile ed ilcorrispettivo convenuto diviene canone con conseguen-te obbligo del locatore di pagare le relative imposte.

Del resto solo così viene realizzato l’effettivo intentodel legislatore che è quello di far emergere i “contratti”o la parte di canone in nero.

LA QUESTIONE DIINCOSTITUZIONALITÀ DELCOMMA 346 DELLA LEGGE N. 311DEL 31 DICEMBRE 2004

Se invece la norma in esame non fosse interpretatanel senso detto ma si ritenesse che vertesi in tema dinullità “in senso stretto” e, come tale, non sanabile, essapresenterebbe indubbi aspetti di incostituzionalità per-ché reitera il principio, più volte “bollato” dalla Corte,di non poter subordinare la validità di un negozio giu-ridico privatistico ad adempimenti a favore di terzi(l’Erario) estranei al contratto.

Tale concetto è stato subito colto dal Tribunale diTorino che, con ordinanza n. 245 del 1° giugno 2006(G.U. Dr. Marongiu), in un giudizio di sfratto per moro-sità il cui contratto sorto in data 5/7/2005 e registratotardivamente in corso di causa, ritenne che la legge fi-nanziaria avesse voluto sancire la nullità di tutti i con-tratti di locazione o costituenti diritti reali di godimen-to senza possibilità di registrazione tardiva con effettisananti.

Ma tale disposizione, a parere del Tribunale diTorino, contrasterebbe con l’art. 24 comma 1 dellaCostituzione “poiché subordinando la validità di unrapporto civilistico all’adempimento di un onere voltoesclusivamente a fini fiscali violerebbe il diritto delleparti ad agire per la tutela dei propri diritti”, per cuirimise la questione alla Corte Costituzionale.

Il dr. Troncone, da suo canto nella qualità di GiudiceUnico della Sezione Distaccata di Ischia del Tribunaledi Napoli, con due ordinanze, rispettivamente dell’8settembre e 24 settembre 2007, ritenendo che la nor-mativa in esame contrasti oltre che con l’art. 24 dellaCostituzione, anche con gli artt. 3 e 41 e, ritenendoanch’egli che non si possa aderire alla tesi della “nulli-tà relativa o della condizione di efficacia” rimise la que-stione alla Corte di Costituzionale, per violazione del-l’autonomia privata e, quindi, del diritto alla libertà,diritto fondamentale della persona (strumentale al prin-cipi dell’iniziativa economica tutelato dall’art. 41 dellaCarta fondamentale) e per palese irragionevolezza dellanorma (irrazionale e discriminatoria).

La Corte Costituzionale è già intervenuta sull’argo-mento ed esaminando la ordinanza di remissione delTribunale di Torino ha escluso (con ordinanza n. 420depositata il 05.12.2007) la incostituzionalità delcomma 346 dell’art. 1 della legge 30.12.2004 n. 311,ritenendo che non vi sia violazione dell’art. 24 perché,

stante il carattere sostanziale (e non processuale) dellanorma denunziata non sussisterebbe una preclusione aldiritto delle parti di agire liberamente in giudizio.

È stata poi successivamente esaminata la prima ordi-nanza del Giudice Troncone ma la sua eccezione di in-costituzionalità non è stata ritenuta infondata ma sem-plicemente inammissibile “perché il Giudice remitten-te non avrebbe esaustivamente indicati i motivi dellairragionevolezza della norma e, quindi, della sua inco-stituzionalità per violazione dell’art. 3 della CartaCostituzionale”.

La questione, quindi, rimane aperta e riteniamo chela Corte, se siamo ancora in uno “stato di diritto”, nonpotrà non sancire l’illegittimità dell’ormai famigerato“comma 346” per violazione degli artt. 41 e 3 dellaCarta Costituzionale già adombrata dal GiudiceTroncone.

Soffermandoci, infatti, solo sull’aspetto della irragio-nevolezza, si consideri che l’introdotta nullità non per-segue affatto lo scopo voluto dal legislatore di combat-tere l’evasione e fare emergere i canoni a nero, tutelan-do in tal modo il conduttore.

Infatti, la nullità del contratto, come già evidenziato,determina che:a) il conduttore diviene “occupante senza titolo” per cuisarà costretto a rilasciare l’immobile senza neanche po-tere invocare le norme previste a tutela dello sfrattando;b) Non vi è un canone locativo per cui il proprietario,obbligato a restituire le somme già percepite, non saràtenuto a pagare l’Irpef;c) Il proprietario-locatore potrà comunque recuperarel’indennità per il periodo di occupazione con l’azionedi “indebito arricchimento” non assoggettabile a tribu-to.

LA MANCATA REGISTRAZIONEE LA SANZIONE DI CUI AI COMMI 8E 9 DELL’ART. 3 DEL D. LGS. N. 23DEL 14.3.2011

Stante le interpretazioni dei giudici circa la sanabilitàdella sanzione di nullità con la registrazione tardiva delcontratto di locazione, il legislatore caparbiamente haintrodotto nella normativa disciplinate “la cedolaresecca” una particolare sanzione nei numeri 8 e 9 del-l’art. 3: “Ai contratti di locazione degli immobili ad usoabitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i pre-supposti, non sono registrati entro il termine stabilitodalla legge, si applica la seguente disciplina:A) la durata della locazione è stabilita in quattro anni adecorrere dalla data della registrazione, volontaria od’ufficio;B) al rinnovo si applica la disciplina di cui all’articolo2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998;C) a decorrere dalla registrazione il canone annuo dilocazione è fissato in misura pari al triplo della renditacatastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, inbase al 75 per cento dell’aumento degli indici ISTATdei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati edoperai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si

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DOTTRINA 33

applica comunque il canone stabilito dalle parti”.D) Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 346,della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8del presente articolo si applicano anche ai casi in cui:a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicatoun importo inferiore a quello effettivo;b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio.

La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ovela registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalladata di entrata in vigore del presente decreto.”

Quindi questa volta non più la sanzione della nullitàdei contratti di locazione ad uso abitativo ma una benpiù grave e giuridicamente inconcepibile: il legislatore,con un provvedimento assunto in un decreto legislativodi attuazione della legge n. 42 del 05.05.2009, intitola-ta “Delega al governo in materia di federalismo fisca-le” si sostituisce alle parti e determina un canone lega-le, al posto di quello liberamente pattuito, e addiritturauna nuova durata del contratto derogando anche alladisciplina della l. 431/98.

Trattasi di un’iniziativa che non ha precedenti e sfidaapertamente i principi fondamentali del nostro ordina-mento giuridico e della nostra Carta Costituzionale .

In particolare, la previsione che una parte del contrat-to (l’inquilino), coobbligato alla registrazione del con-tratto, possa comportarsi da delatrice avendone in cam-bio anche un premio, è in contrasto con l’art. 3 dellaCostituzione (disuguaglianza di trattamento e irragio-nevolezza) mentre la sostituzione di un canone legale aquello convenzionale calpesta gli artt. 41 e 42 dellaCostituzione che tutelano l’autonomia dei cittadini nel-l’iniziativa privata ed il diritto di proprietà.

Inoltre l’art. 70 della Carta Costituzionale prevedeche la funzione legislativa è esercitata collettivamentedalle due camere ed il successivo art. 76 dispone che“l’esercizio della funzione legislativa non può esseredelegato al governo se non con determinazione deiprincipi e criteri direttivi e soltanto per tempi limitati eper soggetti definiti.

Orbene non rientrava nella delega la previsione disanzioni che comportassero addirittura la modifica del-la legge n. 431/98 e del contenuto dei contratti libera-mente voluto e stabilito dalle parti contraenti.

Chiara, quindi, la violazione degli artt. 70 e 76 della

Costituzione Italiana, nonché degli articoli 3, 41 e 42.Non pensiamo che questa volta la Corte Co-stituzio-

nale possa non intervenire.Spetta ai magistrati sollecitarla con il recepimento

delle eccezioni che occorrerà formulare.Ma in che modo intervenire?È da premettere che, allo stato, regna sull’argomento

una grande confusione, soprattutto su come e chi deveattuare la sanzione.

Attualmente i conduttori si stanno comportando nelseguente modo:a) registrano la copia del contratto in loro possesso;b) avvertono il locatore di tale loro iniziativa;c) unilateralmente autoriducono il canone alla sommarisultante dal criterio della rendita catastale moltiplica-te per tre e dichiarano che il rapporto locativo avrà lanuova durata di 4 + 4, con inizio dalla data di registra-zione del contratto.

Personalmente riteniamo che tale comportamento siaillegittimo perché spetta comunque al magistrato ren-dere operativa la sanzione dopo aver riscontrato la sus-sistenza di tutti gli elementi che la giustifichino.

In proposito è da ritenere che:1) La sanzione non può riguardare i rapporti locativi aduso abitativo sorti verbalmente dal 1999 in poi perchégli stessi, ai sensi del comma 4° dell’art. 1 della legge431/98 sono nulli;2) In secondo luogo la sanzione può riguardare sola-mente i contratti di locazione sorti dopo l’entrata invigore del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011perché, non essendo espressamente sancita la retroatti-vità della disposizione ai contratti pregressi ad essi siapplica la disciplina previgente ivi compresa quelladella finanziaria 2005;3) Conviene quindi instaurare nei confronti del condut-tore un giudizio di intimazione di sfratto per morositàper arbitraria riduzione del canone e, qualora il condut-tore eccepisca la legittimità del suo comportamento,sollevare le suddette eccezioni nonché quella di inco-stituzionalità della norma con l’augurio che i giudizi dimerito siano profusi a rimettere senza indugio la que-stione alla Corte e soprattutto che la Corte Costituzio-nale recepisca e sancisca la violazione delle norme fon-damentali del nostro ordinamento.

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DDal 21 marzo scorso per le liti condominiali è dive-nuto obbligatorio tentare una conciliazione tra i

litiganti, prima di andare in causa (stesso discorso perquelle relative alle polizze auto). Ma per molte altrecontroversie, la mediazione è divenuta uno step neces-sario, che precede il processo, già un anno prima. Inaltre parole, se prima non si tenta di trovare un accor-do, davanti a un organismo qualificato (non compostoda giudici, ma da professionisti qualificati), non si potràpiù far causa.

Naturalmente il fatto di trovare una conciliazione omeno resta una scelta volontaria della parti coinvoltenella controversia, che potrà eventualmente proseguirein giudizio. In ciò questa procedura si distingue dall’ar-bitrato, in cui gli arbitri vengono investiti concorde-mente del ruolo di redigere un “lodo” che sostituisce lasentenza del giudice.

Le nuove regole hanno come obiettivo quello decon-gestionare i tribunali civili e attenuare la litigiosità deicittadini. Le domande, prima di rivolgersi ad un tribu-nale sono sempre le stesse: “vale la pena fare causa o èmeglio lasciar perdere?”; “quanto tempo passerà primache sia riconosciuto il mio diritto, anche se ho ragio-ne?”; “quanto dovrò spendere per l’avvocato e le speseprocessuali?”; “mi rimborseranno le spese oppure no?”.Le risposte sono sempre incerte.

Va subito premessa una considerazione: tra il giudicee il mediatore c’è un’importante differenza. Il primodecide in punta di legge, sulla base di norme e codici.Il secondo indossa invece un po’ i panni dello psicolo-go: il suo scopo è essenzialmente quello di trovare uncompromesso tra le opposte ragioni che possa sblocca-re la situazione. Perciò tenterà quasi sempre di convin-cere le parti a fare un passo indietro, magari sacrifican-do sull’altare di una soluzione raggiunta in poco tempoe con poca spesa alcune tra quelle che ritengono lorosacrosante ragioni.

Qui sta sostanzialmente il punto di forza e, contem-poraneamente, quello di debolezza della mediazione.Se ha esito positivo, è un bel risparmio, sia per lo Statoche per il cittadino. Innanzitutto perché si spende menoe si attenderà un massimo di quattro mesi per giungerea una soluzione. Poi perché troppo spesso le leggi,applicate rigidamente, creano evidenti ingiustizie. Seinvece fallisce, la mediazione si trasforma in una puraperdita di tempo (4 mesi in più di procedura ) e di dena-ro (costi maggiori per le relative spese e per la consu-lenza di avvocati e periti).

MATERIE ESCLUSERestano, fortunatamente, escluse dalla mediazione

obbligatoria tutte quelle misure giudiziarie che hannolo scopo di risolvere situazioni urgenti, nell’attesa deilungi tempi del processo. Tecnicamente parlando, sitratta dei procedimenti cautelari, ingiuntivi, gli sfratti, iprocedimenti possessori, i procedimenti di opposizioneo incidentali di cognizione relativi all’esecuzione for-zata, i procedimenti camerali e le azioni civili esercita-te nel processo penale.

Facendo qualche esempio pratico, un po’ più com-prensibile ai non esperti, si tratta tra l’altro di tutte quel-le situazioni in cui è richiesto l’intervento urgente di ungiudice da un creditore che vanti del denaro dal debito-re e possieda una documentazione convincente e com-pleta del suo diritto di credito. In tal caso il creditorechiederà al giudice di intervenire il più presto possibileper sanare la situazione: il giudice, se ritiene credibili leprove documentarie, emanerà un provvedimento acarattere provvisorio, in attesa di esaminare in seguito,con calma, le opposte ragioni delle parti .

È quanto accade, per esempio, nei contrasti tra con-dominio e condomino moroso. Un discorso analogovale per gli sfratti, sia per morosità che per fine loca-zione, che sono regolati da norme apposite che preve-dono già una serie di tutele per l’inquilino.

Sono poi escluse le cause che riguardano i contratti incui le parti si obbligano ad eseguire una prestazione:tanto per fare un esempio in campo immobiliare, l’inca-rico a una ditta edile di eseguire dei lavori in un appar-tamento e le eventuali azioni intraprese contro l’impre-sa per opere mal fatte.

Restano fuori dal campo anche le cosiddette azionipossessorie: per esempio quella contro l’occupazioneabusiva di un terreno altrui, o anche solo di un cortileda parte dell’auto di una persona estranea. Stesso dis-corso per quelle in cui i giudici devono fare delle scel-te in sostituzione di chi non riesce o non può farle e chequindi, tecnicamente, non prevedono un contenziosotra litiganti: tanto per fare un esempio, la nomina di unamministratore condominiale perché in assemblea nonsi riesce a raggiungere la maggioranza sufficiente perdesignarlo.

Abbiamo comunque riunito un po’ di casi praticinella tabella conclusiva.

ITER DELLA MEDIAZIONENessuno dovrebbe poter ignorare che la mediazione

La MeDIazIoneLa MeDIazIoneneLLe cauSe conDoMInIaLIneLLe cauSe conDoMInIaLI

a cura di FNA

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non si raggiunge, il mediatore deve informare le partidella possibilità di una “mediazione valutativa”, cioè diuna proposta di accordo da lui stesso redatta per iscrit-to, nonché delle sue possibili conseguenze sulle speseprocessuali (ne parleremo tra poco). Le parti devonofare pervenire al mediatore l’accettazione o il rifiutodella proposta entro 7 giorni, sempre per iscritto. Anchein caso di accordo non raggiunto, il mediatore formaprocesso verbale sottoscritto da lui e dalle parti, conl’indicazione della proposta.

SPESE PROCESSUALISe le parti si conciliano, in linea di principio ciascu-

na paga le sue spese, salvo che si sia diversamente con-venuto nel verbale di conciliazione. Viceversa se si vain giudizio “scatta” un nuovo meccanismo. Nel casoche la decisione del giudice corrisponda interamente alcontenuto della proposta, la parte vincitrice è costrettaa pagare sia le sue spese che quelle della parte soccom-bente, nonché al versamento di un’ulteriore somma atitolo di contributo unificato. In tal caso le spese com-prendono anche quanto dovuto per la mediazione. Puòsembrare strano il principio secondo cui “chi vince,paga”, ma lo scopo è abbastanza chiaro. Gli si dice, insostanza: “Hai impegnato inutilmente gli organi giudi-ziari? E allora, peggio per te!”.

Se la corrispondenza tra la decisione del giudice e laproposta del mediatore non è perfetta, il giudice puòcomunque decidere che si applichi questa regola, moti-vandola con ragioni gravi ed eccezionali.

COSTIRiportiamo, nella tabella, i costi fissati per legge per

la mediazione. Attenzione, però, non sono tutti qui.

DOTTRINA 35

esiste. Infatti gli avvocati sono costretti per legge adinformare per iscritto i propri clienti della sua necessi-tà, sin dal primo colloquio a pena di sanzioni. Il docu-mento informativo deve essere sottoscritto dal cliente eallegato all’atto introduttivo di un eventuale giudiziofuturo.

La domanda di mediazione va presentata presso unorganismo abilitato iscritto in un apposito elenco isti-tuito con decreto del Ministero della giustizia. Chi nonsi accontenta dei suggerimenti dell’avvocato, può spa-ziare su Internet oppure rivolgersi in Tribunale. Per ladomanda non è richiesta una forma particolare: deveperò contenere l’organismo prescelto, le parti in lite,l’oggetto e le ragioni della pretesa, il suo importo eco-nomico (se non è facile determinarlo, ci penserà l’orga-nismo). All’atto della sua presentazione, il responsabi-le dell’organismo deve designare un mediatore e fissa-re il primo incontro tra le parti, che dovrebbe in teoriaavvenire entro e non oltre 15 giorni dal deposito delladomanda stessa (ma nei fatti i tempi spesso raddoppia-no). La comunicazione all’altra, o alle altre parti coin-volte, può essere fatta dall’organismo che gestisce laconciliazione, ma anche da chi ha presentato l’istanza.Tra i due litiganti a prevalere è la scelta dell’organismooperata da chi si muove per primo nell’inviare questacomunicazione anche se, ovviamente, resta possibileconcordare una scelta comune.

La durata del procedimento di mediazione non puòsuperare i 4 mesi e il termine decorre dal deposito delladomanda (nel caso di mediazione chiesta da giudice,conta la “data di partenza” da lui decisa).

Sulle liti condominiali non esiste ancora chiarezza suun punto: con quale maggioranza l’amministratore (cheha per legge ha la rappresentanza in giudizio) può esse-re incaricato di “trattare” e soprattutto con quale mag-gioranza si può ratificare il suo operato, se il professio-nista raggiunge a un accordo. La tesi più seguita è quel-la che occorrano in entrambi i casi gli stessi voti previ-sti per le liti (la maggioranza dei condòmini intervenu-ti all’assemblea che rappresentino almeno la metà deimillesimi). Il guaio è che si dovrebbero tenere, in pocotempo e rispettando i tempi di convocazione, ben dueassemblee, una prima e una dopo (cosa tecnicamentenon facile). Ci pare più corretta un’altra tesi: solo per laratifica dell’accordo è necessario il voto condominiale.Comunque i condòmini che lo desiderino dovrebberopoter partecipare al tentativo di conciliazione.

TIPI DI MEDIAZIONESono due, quella cosiddetta “facilitativa” (definita

anche come “amichevole”) che c’è sempre, e quellacosiddetta “valutativa”, che avviene solo in seguito, suiniziativa del mediatore (se lo ritiene opportuno) e, inogni caso, se c’è richiesta di entrambe le parti. La me-diazione facilitativa vede l’intermediario in una posi-zione un po’ defilata: cercherà di ricercare le motiva-zioni che sono alla base del conflitto e fornire tutte leinformazioni necessaria alle parti, ivi comprese quelledi legge, perché raggiungano un accordo o un compro-messo con scelte autonome. Se l’accordo amichevole

Valore della lite

Iva compresa, per ciascuna delle parti

Mediazionebase*

Mediazioneche va

a buon fine

Fino € 1.000 € 52 € 65

€ 1.001-5.000 € 104 € 130

€ 5.001-10.000 € 192 € 240

€ 10.001-25.000 € 288 € 360

€ 25.001-50.000 € 480 € 600

€ 50.001-250.000 € 800 € 1.000

€ 250.001-500.000 € 1.200 € 1.500

€ 500.001-2.500.000 € 2.280 € 2.850

€ 2.500.001-5.000.000 € 3.120 € 3.900

Oltre € 5.000.000 € 5.520 € 6.900

* Importi reducubili, se l’organismo di mediazione lo prevedeFonte Decreto Giustizia 18-10-10, n. 180 come modificato dal Dm 6-7-11

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CONDOMINIO GIURIDICO36

Innanzitutto vanno aggiunti quasi sempre 30 euro inpiù a titolo di diritti di segreteria (esenti solo coloro chehanno diritto al gratuito patrocinio e talora il “consu-matore” nelle controversie con i professionisti regolatedal codice del consumo).

Se poi si è assistiti da un avvocato (cosa non obbli-gatoria, ma frequente), bisogna ovviamente pagare lasua consulenza secondo le “indennità in materia stra-giudiziale” previste dai relativi tariffari.

Quando la conciliazione sfocia in un contratto, cisono i costi vivi e burocratici a esso connessi (si pensi,ad esempio, alla trascrizione o alla modifica di una ser-vitù).

Eventualmente vanno calcolate le spese di registra-zione del verbale di conciliazione, qualora eccedanol’importo di 50mila euro. E infine, in casi particolari,potrebbe essere necessario nominare un perito esternoall’organismo di conciliazione, soprattutto se la causa

prevede competenze particolari: un costo aggiuntivoche comunque va concordato tra le parti e l’organismostesso.

Allo scopo di agevolare la mediazione, il decretolegislativo ha stabilito la totale esenzione dalle spese dibollo degli atti di conciliazione nonché l’esenzionedall’imposta di registro per un importo pari a 50milaeuro.

Non è finita: si ha diritto a una detrazione fiscale (unosconto sulle imposte al momento della dichiarazionedei redditi) sui costi sostenuti per la mediazione pressol’organismo, fino a un massimo di 500 euro, che ca-lano a 250 euro in caso di insuccesso della mediazio-ne stessa. L’ammontare reale di tale credito d’imposta,in relazione all’importo di ciascuna mediazione, saràdeciso con decreto entro il 30/4/2012 e rideterminatoogni anno, a seconda delle disponibilità di cassa delloStato.

Nella pagina successiva una tabella con le materie soggettealla mediazione obbligatoria e quelle escluse

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DOTTRINA 37

TIPO DI LITETIPO DI LITE Mediazioneobligatoria?

Fino a5.000 euro

Competenza in primaistanza

Valore

Oltre 5.000 euro

Appalto: azione di garanzia per vizi e difetti

CONDOMINIO

NO Giudice di pace

Domanda di reintegrazione e di manutenzione nel possesso

PROPRIETÀ E DIRITTI REALI

NO Giudice Unico

Denuncia di nuova opera e di danno temuto2 NO Giudice Unico

Esecuzione forzata con pignoramento dei beni del debitore NO Giudice Unico

Opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi NO Giudice Unico

Demolizione di manufatto abusivo (causa civile) SI Giudice Unico

Usucapione di bene immobile SI Giudice Unico

Usucapione di servitù di passaggio SI Giudice Unico

Questioni relative alle servitù SI Giudice Unico

Questioni relative al diritto di usufrutto, uso o abitazione SI Giudice Unico

Vendita/acquisto di diritti reali (proprietà, servitù, ecc.) SI Giudice Unico

Sfratto per morosità inquilino NO Giudice Unico

Accertamento del canone con giudizio ordinario (per esempio locazione parte comune)

1) Solo in caso di contrasti tra condòmini che risiedono in appartamenti di civile abitazione.2) Esempi: occupazione abusiva di bene comune, installazione di un condizionatore su facciata condominiale; pericolo di danno o di crollo della costruzione.

Fonte: Ufficio Studi Confappi Federamministratori

SI Giudice Unico

Giudice Unico

Decreto ingiuntivo contro condomino moroso NO Giudice di pace Giudice Unico

Impugnazione di delibera assembleare SI Giudice di pace Giudice Unico

Annullamento della delibera per mancato raggiungimento del quorum deliberativo SI Giudice di pace Giudice Unico

Ripartizione delle spese condominiali SI Giudice di pace Giudice Unico

Risarcimento polizza globale fabbricati: controversia con l’assicuratore SI Giudice di pace Giudice Unico

Modalità di riscaldamento dei locali SI Giudice di pace

Modalità di uso del cortile SI Giudice di pace

Albero che toglie luce ed aria a condomino SI Giudice di pace

Rumori molesti da parte del vicino1 SI Giudice di pace

Destinazione a studio medico di appartamento, in contrastocon il regolamento condominiale SI Giudice Unico

Modifica dei millesimi di proprietà o di riscaldamento SI Giudice Unico

Revoca dell’amministratore per gravi irregolarità NO Tribunale collegiale in sede camerale

Sospensione delibera assembleare NO Giudice Unico

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LEGGI E CIRCOLARILEGGI E CIRCOLARI

ProFeSSIonI non regoLaMentate: IL DISegnoProFeSSIonI non regoLaMentate: IL DISegnoDI Legge aPProVato DaLLa caMeraDI Legge aPProVato DaLLa caMera

Il provvedimento riguarda anche gli amministratori di condominio

““

Il 17 aprile scorso la Camera deideputati ha approvato il disegno dilegge n. 3270 che disciplina le pro-fessioni non regolamentate o “nonprotette”, diffuse in particolare nelsettore dei servizi, che non necessi-tano di alcuna iscrizione ad un or-dine o ad collegio professionale perpoter essere esercitate. Anche gliamministratori immobiliari saran-no soggetti a tale disciplina.In particolare il testo unificato deldisegno di legge definisce “profes-sione non organizzata in ordini ocollegi” l’attività economica, ancheorganizzata, volta alla prestazionedi servizi o di opere a favore di terzi,

esercitata abitualmente e prevalen-temente mediante lavoro intellet-tuale, o comunque con il concorsodi questo, con esclusione delle atti-vità riservate per legge a soggettiiscritti in albi o elenchi ai sensi del-l’articolo 2229 del Codice civile, edelle attività e dei mestieri artigia-nali, commerciali e di pubblico e-sercizio disciplinati da specifichenormative.Si introduce il principio del liberoesercizio della professione fondatosull’autonomia, sulle competenze esull’indipendenza di giudizio intel-lettuale e tecnica del professionista.Si consente inoltre al professionista

di scegliere la forma in cui esercita-re la propria professione ricono-scendo l’esercizio di questa sia informa individuale, che associata osocietaria o nella forma di lavorodipendente.I professionisti possono costituireassociazioni professionali (con na-tura privatistica, fondate su basevolontaria e senza alcun vincolo dirappresentanza esclusiva) con il fi-ne di valorizzare le competenze de-gli associati, diffondere tra essi il ri-spetto di regole deontologiche, fa-vorendo la scelta e la tutela degliutenti nel rispetto delle regole sullaconcorrenza.

terzo comma, della Costituzione e nel rispetto dei prin-cìpi dell’Unione europea in materia di concorrenza e dilibertà di circolazione, disciplina le professioni nonorganizzate in ordini o collegi.2. Ai fini della presente legge, per « professione nonorganizzata in ordini o collegi », di seguito denominata« professione », si intende l’attività economica, ancheorganizzata, volta alla prestazione di servizi o di operea favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalente-mente mediante lavoro intellettuale, o comunque con ilconcorso di questo, con esclusione delle attività riser-vate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensidell’articolo 2229 del codice civile, e delle attività e deimestieri artigianali, commerciali e di pubblico eserciziodisciplinati da specifiche normative.3. L’esercizio della professione è libero e fondato sul-

Disposizioni in materia di professioninon organizzate in ordini o collegi

ART. 1Oggetto e definizioni

1. La presente legge, in attuazione dell’articolo 117,

caMera DeI DePutatIDisegno di legge 17 aprile 2012, n. 3270

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CONDOMINIO GIURIDICO40

soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso deirequisiti previsti dalla legge e l’iscrizione al relativoalbo professionale.

ART. 3Forme aggregative delle associazioni

1. Le associazioni possono costituire forme aggregati-ve, nella forma di organismi privati composti da asso-ciazioni professionali, rispetto alle quali sono soggettiautonomi.2. Le forme aggregative rappresentano le associazioniaderenti e agiscono in piena indipendenza e imparziali-tà.3. Le forme aggregative hanno funzioni di promozionee qualificazione delle attività professionali che rappre-sentano, nonché di divulgazione delle informazioni edelle conoscenze ad esse connesse e di rappresentanzadelle istanze comuni nelle sedi politiche e istituzionali.Su mandato delle singole associazioni, esse possonocontrollare l’operato delle medesime associazioni, aifini della verifica del rispetto e della congruità deglistandard professionali e qualitativi dell’esercizio del-l’attività e dei codici di condotta definiti dalle stesseassociazioni.

ART. 4Pubblicità delle associazioni professionali

1. Le associazioni professionali di cui all’articolo 2 e leforme aggregative delle associazioni di cui all’articolo3 pubblicano nel proprio sito web gli elementi infor-mativi che presentano utilità per il consumatore, secon-do criteri di trasparenza, correttezza, veridicità. Nei casiin cui autorizzano i propri associati ad utilizzare il rife-rimento all’iscrizione all’associazione quale marchio oattestato di qualità dei propri servizi, anche ai sensidegli articoli 7 e 8 della presente legge, osservano an-che le prescrizioni di cui all’articolo 81 del decretolegislativo 26 marzo 2010, n. 59.2. Il rappresentante legale dell’associazione professio-nale o della forma aggregativa garantisce la correttezzadelle informazioni fornite nel sito web.

ART. 5Contenuti degli elementi informativi

1. Le associazioni professionali assicurano, per le fina-lità e con le modalità di cui all’articolo 4, comma 1, lapiena conoscibilità dei seguenti elementi:a) atto costitutivo e statuto;b) precisa identificazione delle attività professionali cuil’associazione si riferisce;c) composizione degli organismi deliberativi e titolaridelle cariche sociali;d) struttura organizzativa dell’associazione;e) eventuali requisiti per la partecipazione all’associa-zione, con particolare riferimento ai titoli di studio rela-tivi alle attività professionali oggetto dell’associazione,all’eventuale obbligo degli appartenenti di procedereall’aggiornamento professionale costante e alla predi-sposizione di strumenti idonei ad accertare l’effettivo

l’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza digiudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei princìpidi buona fede, dell’affidamento del pubblico e dellaclientela, della correttezza, dell’ampliamento e dellaspecializzazione dell’offerta dei servizi, della responsa-bilità del professionista.4. La professione è esercitata in forma individuale, informa associata, societaria, cooperativa o nella formadel lavoro dipendente.

Nell’ipotesi di lavoro dipendente i contratti di lavorocollettivi e individuali contengono apposite garanzieper assicurare l’autonomia e l’indipendenza di giudiziodel professionista, nonché l’assenza di conflitti di inte-ressi, anche in caso di rapporto di lavoro a tempo par-ziale.

ART. 2Associazioni professionali

1. Coloro che esercitano la professione di cui all’artico-lo 1, comma 2, possono costituire associazioni a carat-tere professionale di natura privatistica, fondate su basevolontaria, senza alcun vincolo di rappresentanzaesclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degliassociati, diffondere tra essi il rispetto di regole deonto-logiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nelrispetto delle regole sulla concorrenza.2. Gli statuti e le clausole associative delle associazioniprofessionali garantiscono la trasparenza delle attività edegli assetti associativi, la dialettica democratica tra gliassociati, l’osservanza dei princìpi deontologici, non-ché una struttura organizzativa e tecnico-scientifica a-deguata all’effettivo raggiungimento delle finalità del-l’associazione.3. Le associazioni professionali promuovono, ancheattraverso specifiche iniziative, la formazione perma-nente dei propri iscritti, adottano un codice di con-dotta ai sensi dell’articolo 27-bis del codice del con-sumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005,n. 206, vigilano sulla condotta professionale degli as-sociati e stabiliscono le sanzioni disciplinari da irro-gare agli associati per le violazioni del medesimo co-dice.4. Le associazioni promuovono forme di garanzia atutela dell’utente, tra cui l’attivazione di uno sportellodi riferimento per il cittadino consumatore, presso ilquale i committenti delle prestazioni professionali pos-sano rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli pro-fessionisti, ai sensi dell’articolo 27-ter del codice delconsumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005,n. 206, nonché ottenere informazioni relative all’attivi-tà professionale in generale e agli standard qualitativida esse richiesti agli iscritti.5. Alle associazioni sono vietati l’adozione e l’uso didenominazioni professionali relative a professioniorganizzate in ordini o collegi.6. Ai professionisti di cui all’articolo 1, comma 2,anche se iscritti alle associazioni di cui al presente arti-colo, non è consentito l’esercizio delle attività profes-sionali riservate dalla legge a specifiche categorie di

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LEGGI E CIRCOLARI 41

assolvimento di tale obbligo e all’indicazione dellaquota da versarsi per il conseguimento degli scopi sta-tutari;f) assenza di scopo di lucro.2. Nei casi di cui all’articolo 4, comma 1, secondoperiodo, l’obbligo di garantire la conoscibilità è estesoai seguenti elementi:a) il codice di condotta con la previsione di sanzionigraduate in relazione alle violazioni poste in essere el’organo preposto all’adozione dei provvedimentidisciplinari dotato della necessaria autonomia;b) l’elenco degli iscritti, aggiornato annualmente;c) le sedi dell’associazione sul territorio nazionale, inalmeno tre regioni;d) la presenza di una struttura tecnico-scientifica dedi-cata alla formazione permanente degli associati, informa diretta o indiretta;e) il possesso di un sistema certificato di qualità del-l’associazione conforme alla norma UNI EN ISO 9001per il settore di competenza;f) le garanzie attivate a tutela degli utenti, tra cui la pre-senza, i recapiti e le modalità di accesso allo sportellodi cui all’articolo 2, comma 4.

ART. 6Autoregolamentazione volontaria

1. La presente legge promuove l’autoregolamentazionevolontaria e la qualificazione dell’attività dei soggettiche esercitano le professioni di cui all’articolo 1, ancheindipendentemente dall’adesione degli stessi ad unadelle associazioni di cui all’articolo 2.2. La qualificazione della prestazione professionale sibasa sulla conformità della medesima a norme tecnicheUNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI, di seguitodenominate « normativa tecnica UNI », di cui alla diret-tiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,del 22 giugno 1998, e sulla base delle linee guida CEN14 del 2010.3. I requisiti, le competenze, le modalità di eserciziodell’attività e le modalità di comunicazione verso l’u-tente individuate dalla normativa tecnica UNI costitui-scono princìpi e criteri generali che disciplinano l’eser-cizio auto-regolamentato della singola attività profes-sionale e ne assicurano la qualificazione.4. Il Ministero dello sviluppo economico promuovel’informazione ai professionisti e agli utenti riguardoall’avvenuta adozione, da parte dei competenti organi-smi, di una norma tecnica UNI relativa alle attività pro-fessionali di cui all’articolo 1.

ART. 7Sistema di attestazione

1. Al fine di tutelare i consumatori e di garantire la tra-sparenza del mercato dei servizi professionali, le asso-ciazioni professionali possono rilasciare ai propri iscrit-ti, previe le necessarie verifiche, sotto la responsabilitàdel proprio rappresentante legale, un’attestazione rela-tiva:a) alla regolare iscrizione del professionista all’associa-

zione;b) ai requisiti necessari alla partecipazione all’associa-zione stessa;c) agli standard qualitativi che gli iscritti sono tenuti arispettare nell’esercizio dell’attività professionale ai finidel mantenimento dell’iscrizione all’associazione;d) alle garanzie fornite dall’associazione all’utente, tracui l’attivazione dello sportello di cui all’articolo 2,comma 4;e) all’eventuale possesso della polizza assicurativa perla responsabilità professionale stipulata dal professioni-sta;f) all’eventuale possesso da parte del professionistaiscritto di una certificazione, rilasciata da un organismoaccreditato, relativa alla conformità alla norma tecnicaUNI.2. Le attestazioni di cui al comma 1 non rappresentanorequisito necessario per l’esercizio dell’attività profes-sionale.

ART. 8validità dell’attestazione

1. L’attestazione di cui all’articolo 7, comma 1, ha vali-dità pari al periodo per il quale il professionista risultaiscritto all’associazione professionale che la rilascia,nel rispetto della periodicità di rinnovo e verifica del-l’iscrizione prevista dall’associazione stessa. La sca-denza dell’attestazione è specificata nell’attestazionestessa.2. Il professionista iscritto all’associazione professiona-le e che ne utilizza l’attestazione ha l’obbligo di infor-mare l’utenza del proprio numero di iscrizione all’as-sociazione.

ART. 9Certificazione di conformità

a norme tecniche UNI1. Le associazioni professionali di cui all’articolo 2 e leforme aggregative di cui all’articolo 3 collaboranoall’elaborazione della normativa tecnica UNI relativaalle singole attività professionali, attraverso la parteci-pazione ai lavori degli specifici organi tecnici o invian-do all’ente di normazione i propri contributi nella fasedell’inchiesta pubblica, al fine di garantire la massimaconsensualità, democraticità e trasparenza. Le medesi-me associazioni possono promuovere la costituzione diorganismi di certificazione della conformità per i setto-ri di competenza, nel rispetto dei requisiti di indipen-denza, imparzialità e professionalità previsti per tali or-ganismi dalla normativa vigente e garantiti dall’accre-ditamento di cui al comma 2.2. Gli organismi di certificazione accreditati dall’orga-nismo unico nazionale di accreditamento ai sensi delregolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeoe del Consiglio, del 9 luglio 2008, possono rilasciare,su richiesta del singolo professionista anche non iscrit-to ad alcuna associazione, il certificato di conformitàalla norma tecnica UNI definita per la singola profes-sione.

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CONDOMINIO GIURIDICO42

ART. 10vigilanza e sanzioni

1. La pubblicazione di informazioni non veritiere nelsito web dell’associazione o il rilascio dell’attestazionedi cui all’articolo 7, comma 1, contenente informazioninon veritiere, sono sanzionabili ai sensi dell’articolo 27del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni,anche su segnalazione del Ministero dello sviluppoeconomico, che svolge compiti di vigilanza sul merca-to relativamente alla corretta attuazione delle previsio-

ni della presente legge.

ART. 11Clausola di neutralità finanziaria

1. Dall’attuazione degli articoli 6, comma 4, e 10 nondevono derivare nuovi o maggiori oneri a carico delbilancio dello Stato.

Il Ministero dello sviluppo economico provvede agliadempimenti ivi previsti con le risorse umane, stru-mentali e finanziarie disponibili a legislazione vigen-te.

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IL BonuS “PrIMa caSa” Va oLtreIL BonuS “PrIMa caSa” Va oLtreLa FIne: DeceDutoLa FIne: DeceDuto

IL tItoLare Lo cHIeDe L’ereDeIL tItoLare Lo cHIeDe L’ereDe

Nota II-bis, posta in calce all’articolo 1 della Tariffa,Parte I, del TUR.

PARERE DELL’AGENZIADELLE ENTRATE

L’articolo 69, comma 3, della legge 21 novembre2000, n. 342 prevede l’applicazione in misura fissadelle imposte ipotecaria e catastale per i trasferimentidella proprietà di case di abitazione non di lusso e perla costituzione e il trasferimento di diritti immobiliarirelativi alle stesse, derivanti da successioni e donazioni,“… quando, in capo al beneficiario, ovvero in caso dipluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di essi,sussistano i requisiti e le condizioni previste in materiadi acquisto della prima abitazione dall’articolo 1, com-ma 1, quinto periodo, della Tariffa, Parte prima, alle-gata al testo unico delle disposizioni concernenti l’im-posta di registro, approvato con DPR 26 aprile 1986,n. 131”.

Il successivo comma 4 dello stesso articolo 69 dispo-ne che “le dichiarazioni di cui alla nota II-bis dell’arti-colo 1 della Tariffa, Parte prima, (…) sono rese dal-l’interessato nella dichiarazione di successione o nel-l’atto di donazione”.

Con Circolare 7 maggio 2001, n. 44, è stato, inoltre,chiarito che la volontà di fruire delle agevolazioni deveessere manifestata dal richiedente con una dichiarazio-ne resa nell’atto di donazione oppure mediante dichia-razione sostitutiva, resa ai sensi degli articoli 46 e 47del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, da allegare alladichiarazione di successione.

In tale dichiarazione deve essere evidenziata la sussi-stenza, al momento del trasferimento dell’immobile,dei requisiti previsti per l’acquisto della prima abitazio-ne dalla nota II-bis all’articolo 1, comma 1, quintoperiodo, della Tariffa, Parte prima, del TUR (circolare16 novembre 2000, n. 207).

Con riferimento al caso di specie, si ritiene che ilbeneficio di cui al citato articolo 69, comma 3, possaessere riconosciuto anche in relazione al trasferimentodi casa di abitazione a favore di un erede, deceduto pri-ma della presentazione della dichiarazione di succes-sione, a condizione che in capo a tale soggetto sussi-stessero, alla data di apertura della successione, i requi-siti previsti per fruire del regime di favore.

Resta fermo che, in linea generale, per fruire dei be-nefici, il soggetto ‘interessato’ deve rendere la dichiara-zione di cui alla nota II-bis, prevista dal comma 4 del

agenzIa DeLLe entraterisoluzione del 26/04/2012 n. 40

Interpello ordinario art. 11, legge 27 luglio2000, n. 212 - Agevolazioni “prima casa”nei trasferimenti derivanti da successioni

e donazioni, articolo 69, comma 3,della legge 21 novembre 2000, n. 342

QUESITO L’istante espone che nel 2010 sono deceduti i propri

genitori, a distanza di un mese l’uno dall’altro, ciascu-no proprietario per il 50 per cento di un immobile, adi-bito a loro abitazione principale.

L’interpellante deve quindi presentare due distintedichiarazioni di successione, la prima per la successio-ne apertasi in morte del padre e la seconda per quellaapertasi in morte della madre.

Con riferimento alla prima successione, nella quale lamadre figura come erede, l’istante ha intenzione dichiedere “in nome e per conto della madre”, decedutae già erede del de cuius, l’applicazione delle agevola-zioni previste dall’articolo 69, comma 3, della legge 21novembre 2000, n. 342.

Tali agevolazioni consistono nell’applicazione delleimposte ipotecaria e catastale in misura fissa.

A tal fine, l’interpellante chiede di poter dichiarare lasussistenza dei requisiti e delle condizioni di cui allaNota II-bis, posta in calce all’articolo 1 della Tariffa,Parte I, del testo unico delle disposizioni concernentil’imposta di registro, approvato con DPR 26 aprile1986, n.131 (di seguito TUR), in capo alla madre dece-duta, tramite un’autocertificazione, ai sensi degli arti-coli 46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445.

SOLUZIONE INTERPRETATIvAPROSPETTATADAL CONTRIBUENTE

L’interpellante ritiene di poter chiedere, in nome e per conto della madre deceduta, le agevolazioni di cui all’articolo 69, comma 3, della legge 21 novembre2000, n. 342 e di poter autocertificare il possesso daparte della madre deceduta dei requisiti previsti dalla

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CONDOMINIO GIURIDICO44

citato articolo 69 della legge n. 342 del 2000, che con-sente di richiedere l’agevolazione “prima casa”.

Nel caso in esame, con riferimento alla prima suc-cessione, tale dichiarazione deve essere resa, per contodell’erede deceduta, dal sig. Tizio, che risulta il “sog-getto interessato” in quanto erede della madre decedu-ta.

Tizio, infatti, per quanto riguarda la successione delpadre, si pone, rispetto alla madre, quale successivochiamato all’eredità, ai sensi dell’articolo 479 del codi-ce civile; in quanto tale, acquista la legittimazione a pro-durre la dichiarazione di successione per conto del pro-prio dante causa, ossia del primo chiamato all’eredità (la

madre), il quale è deceduto senza aver potuto accettarel’eredità e presentare la dichiarazione di successione(Risoluzione 5 novembre 1984, prot. n. 280967).

Pertanto, attraverso una dichiarazione sostitutivadell’atto di notorietà, ossia una dichiarazione del chia-mato all’eredità, resa nell’interesse proprio, concer-nente stati, qualità personali e fatti relativi ad altri sog-getti di cui si ha diretta conoscenza - ai sensi dell’arti-colo 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445 - l’inter-pellante può attestare l’esistenza delle condizioni chela legge richiede per far valere il diritto alle agevola-zioni di cui all’articolo 69, comma 3, della legge n. 342del 2000.

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cIrcoLare IrPeF a “DoManDa rISPoSta”.cIrcoLare IrPeF a “DoManDa rISPoSta”.FocuS Su BonuS 36% e QueStIonI In teMaFocuS Su BonuS 36% e QueStIonI In teMa

DI DeDuzIonI e DetrazIonI D’IMPoStaDI DeDuzIonI e DetrazIonI D’IMPoSta

Chiarimenti del Fisco su bonus ri-strutturazioni e altri problemi in unacircolare “omnibus” di cui di segui-to pubblichiamo le parti di interesseper la gestione di immobili. Nella circolare n. 19/E l’Agenziadelle Entrate mette a fuoco, nel det-taglio, la disciplina dei bonus del 36e 55% per gli interventi di recuperodel patrimonio abitativo e per la ri-qualificazione energetica degli edi-fici.Dal 2011 la detrazione del 36%perde la comunicazione al centrooperativo - Per i lavori iniziati nel2011, la detrazione spetta anche senon è stata inviata la comunicazio-ne preventiva al Centro operativo diPescara, a patto che nel 730 o in U-nico 2012 siano indicati i dati ri-

chiesti e che sia conservata la relati-va documentazione.Lavori su parti comuni, basta lacertificazione dell’amministratore -Per i lavori su parti comuni, il singo-lo condomino può avere accesso allosconto senza necessariamente averecopia di tutta la documentazione: perusufruire del bonus del 36%, infatti,basta disporre di una certificazionein cui l’amministratore di condomi-nio attesta di aver adempiuto a tuttigli obblighi previsti e di essere in pos-sesso della documentazione origina-le, indicando la somma di cui tenereconto ai fini della detrazione. In caso di vendita, il nuovo proprie-tario “acquista” anche le detrazioniresidue - La circolare chiarisce che incaso di vendita dell’immobile, in

assenza di specifiche indicazioni nel-l’atto di trasferimento, le detrazioniresidue competono all’acquirente,mentre, in caso di trasferimento mor-tis causa dell’immobile oggetto diinterventi di recupero del patrimonioedilizio, resta invariato per gli eredi ildiritto a godere delle quote residuedella detrazione (a patto che conser-vino la detenzione materiale e direttadell’immobile). Tali regole si applica-no, in maniera simmetrica, anchealla detrazione del 55% per interven-ti di riqualificazione energetica. Intermediazione per acquisto pri-ma casa - La circolare si soffermaanche sulle regole da seguire perfruire della detrazione degli oneri diintermediazione per l’acquisto del-l’abitazione principale.

PREMESSA Con la presente circolare si forniscono chiarimenti su

varie questioni interpretative poste all’attenzione dellascrivente riguardanti le agevolazioni per gli interventi direcupero del patrimonio abitativo e per la riqualificazioneenergetica degli edifici, le detrazioni per spese sanitarie eper carichi di famiglia, le agevolazioni per i disabili, non-ché altre questioni in tema di deduzioni e detrazioni. Nel

seguito per TUIR si intende il Testo Unico delle Impostesui Redditi approvato con il decreto del Presidente dellaRepubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Le circolari e lerisoluzioni dell’Agenzia delle entrate citate in questo do-cumento sono consultabili nella banca dati Documenta-zione Tributaria accessibile dal sito www.agenziaentra-te.gov.it o dal sito www.finanze.gov.it.

1. DETRAZIONE D’IMPOSTA DEL36 PER CENTO PER INTERvENTIDI RECUPERO DEL PATRIMONIOEDILIZIO ABITATIvO 1.1 Soppressione dell’obbligo di preventiva

comunicazione - Decorrenza D. Il decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011, entrato invigore il 14 maggio 2011, ha eliminato l’obbligo di

agenzIa DeLLe entratecircolare n. 19/e , 1 giugno 2012

Oggetto: IRPEF – Risposte a quesiti

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CONDOMINIO GIURIDICO46

inviare tramite raccomandata la comunicazione di ini-zio lavori al Centro Operativo di Pescara. Si chiede dichiarire se la soppressione dell’obbligo di comunica-zione al Centro operativo di Pescara decorra dal 14maggio 2011 o riguardi l’intero anno 2011.

r. L’art. 7, comma 2, lett. q), del DL n. 70 del 2011, alfine di semplificare gli adempimenti previsti per la frui-zione delle detrazioni per interventi di recupero delpatrimonio edilizio di cui all’art. 1 della legge 27dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, hasostituito l’art. 1, comma 1, lett. a) del decreto intermi-nisteriale 18 febbraio 1998, n. 41 (regolamento di attua-zione) richiedendo di “indicare nella dichiarazione deiredditi i dati catastali identificativi dell’immobile e se ilavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di regi-strazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri da-ti richiesti ai fini del controllo della detrazione e a con-servare ed esibire a richiesta degli uffici i documentiche saranno indicati in apposito Provvedimento delDirettore dell’Agenzia delle entrate”.

Si ricorda che in base all’art. 4 del citato decretointerministeriale n. 41 del 1998 la detrazione non èriconosciuta in caso di violazione degli obblighi di cuiall’art. 1, comma 1, la cui lett. a) – come prima evi-denziato – prevede ora l’indicazione dei dati catastaliidentificativi dell’immobile nella dichiarazione dei red-diti.

In sostanza, a decorrere dal 14 maggio 2011, la dis-posizione ha sostituito l’obbligo di inviare la comuni-cazione preventiva di inizio lavori con l’obbligo di indi-care taluni dati nella dichiarazione dei redditi e di con-servare la documentazione prevista dal provvedimentodel Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 149646 del 2novembre 2011.

Considerato che la detrazione si applica per annod’imposta e che per le spese sostenute per interventidi recupero del patrimonio edilizio iniziati nel 2011 ladetrazione è indicata nella dichiarazione dei redditi dapresentare nel 2012, è possibile fruire della detrazio-ne per i lavori iniziati nel 2011, anche nell’ipotesi dimancato invio della comunicazione preventiva, a con-dizione che siano indicati nella dichiarazione dei red-diti (730/2012, UNICO 2012) i dati richiesti dalla vi-gente lett. a) del citato decreto interministeriale n. 41del 1998 e che sia conservata la relativa documenta-zione.

Si ricorda che i contribuenti che hanno spedito la rac-comandata con la comunicazione al Centro Operativodi Pescara entro il 13 maggio 2011, dovranno barrare lacolonna 2 “C.O. Pescara/Condominio” dei righi da E51a E53 del modello 730/2012 o dei righi da RP51 aRP54 del modello UNICO Persone fisiche 2012, senzacompilare le successive colonne relative ai dati catasta-li dell’immobile.

I contribuenti che hanno spedito la raccomandata conla comunicazione al Centro Operativo di Pescara entroil 13 maggio, ma dopo l’inizio dei lavori, ovvero a par-tire dal 14 maggio 2011 (data di entrata in vigore del

decreto), dovranno, invece, compilare le colonne rela-tive ai dati catastali dell’immobile dei righi da E51 aE53 del modello 730/2012 o dei righi da RP51 a RP54del modello UNICO Persone fisiche 2012, senza bar-rare la colonna 2 “C.O. Pescara/Condominio” deglistessi righi.

1.2 Soppressione dell’obbligo di preventivacomunicazione - acquisto box pertinenziali

D. Alla luce dell’abolizione dell’invio della comunica-zione di inizio lavori al Centro Operativo di Pescara sichiede di conoscere se per gli acquisti di box avvenutinel corso del 2010 – per i quali non sia stata inviata lacomunicazione nel 2011, prima della presentazionedella dichiarazione dei redditi – il contribuente possaugualmente fruire della detrazione.

r. Con risoluzione n. 166 del 20/12/1999 è stato chia-rito che, nell’ipotesi di acquisto di box pertinenziali, lacomunicazione all’Ufficio finanziario da parte del con-tribuente che intende avvalersi della detrazione d’im-posta poteva essere successiva alla data di inizio lavori(che sono effettuati dal concessionario o dall’impresadi costruzione). Era necessario, comunque, che la sud-detta comunicazione pervenisse all’Amministrazionefinanziaria entro i termini di presentazione della dichia-razione dei redditi relativa al periodo d’imposta nelquale s’intende fruire della detrazione [Cfr. anche cir-colare del 10/06/2004 n. 24 (punto 1.2)].

Nel caso di acquisto del box pertinenziale nel 2010, ilcontribuente avrebbe potuto inviare la comunicazionepreventiva all’Agenzia delle entrate entro il 30 settem-bre 2011. Dato che a partire dal 14 maggio 2011 l’ob-bligo di comunicazione all’Agenzia è stato sostituitodall’indicazione di taluni dati nella dichiarazione deiredditi, in caso di acquisto di box il contribuente che nonavesse già inviato prima di detta data la comunicazionerelativa all’acquisto di box effettuati nel 2010, potrà frui-re della detrazione a condizione che compili le colonnerelative ai dati catastali dell’immobile dei righi da E51 aE53 del modello 730/2012 o dei righi da RP51 a RP54del modello UNICO Persone fisiche 2012.

I dati catastali dell’immobile (box pertinenziale)acquistato nel 2010 saranno associati alle spese soste-nute, indicate nelle sezioni III-A del quadro E modello730/2012 o del quadro RP dal modello UNICO PF2012, mediante l’apposito numero d’ordine presentenell’ultima colonna della sezione III-A e nella primacolonna della sezione III-B.

Si ricorda che, al di fuori di tale specifica ipotesi, lasezione III-B deve essere compilata solo con riferi-mento ai lavori iniziati nell’anno 2011.

1.3 Soppressione dell’obbligo di indicazionedel costo della manodopera in fattura

D. Il DL n. 70 del 13 maggio 2011, entrato in vigore il14 maggio 2011, ha eliminato l’obbligo di indicazionedel costo della manodopera in fattura. Si chiede di chia-rire se la soppressione del suddetto obbligo decorra dal

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LEGGI E CIRCOLARI 47

14 maggio 2011 o possa operare anche per il pregres-so.

r. L’art. 7, comma 2, lett. r) del DL 70 del 2011, nelquadro degli interventi di semplificazione, ha abrogatol’art. 1, comma 19, della legge n. 244 del 2007 secon-do cui “Le agevolazioni fiscali di cui al comma 17 spet-tano a condizione che il costo della relativa manodo-pera sia evidenziato in fattura”. Il citato comma 17 haesteso agli anni dal 2008 al 2012 (estensione poi limi-tata al 2011 dall’art. 4 del DL n. 201 del 2011) le age-volazioni relative: a) agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (dicui all’articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre2002, n. 289); b) agli interventi di restauro e risanamento conservati-vo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbri-cati eseguiti dal 1 gennaio 2008 al 31 dicembre 2012 daimprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare eda cooperative edilizie, che provvedano alla successivaalienazione o assegnazione dell’immobile entro il 30giugno 2013 (di cui all’articolo 9, comma 2, della legge28 dicembre 2001, n. 448).

In altri termini, il DL n. 70 del 2011 ha soppressol’obbligo di indicare nella fattura in maniera distinta ilcosto della manodopera utilizzata per i richiamati inter-venti di recupero del patrimonio edilizio, prima postocome condizione per la fruizione delle relative detra-zioni. Detta soppressione ha effetto anche per gli inter-venti di riqualificazione energetica degli edifici (cfr. cir-colare n. 36/E del 31 maggio 2007).

Si ritiene che la soppressione della condizione dellaseparata indicazione della manodopera nella fatturaabbia effetto sia per le spese sostenute nel 2011, ma indata antecedente al 14 maggio 2011, data di entrata invigore del DL n. 70 del 2011, sia per quelle sostenutenegli anni precedenti, considerata la sostanziale riferi-bilità della soppressione dell’obbligo in esame alla fat-tispecie di cui all’art. 3, comma 2, del d. lgs. n. 472 del1997 (c.d. principio del favor rei).

Si fa presente, per completezza, che la separata indi-cazione del costo della manodopera in fattura non èrichiesta neanche per gli interventi agevolabili in baseal nuovo art. 16-bis del TUIR introdotto dall’art. 4 delDL 201 del 2011.

1.4 esibizione della documentazioneper lavori su parti comuni

D. Si chiede conferma che anche a seguito dell’entratain vigore delle modifiche introdotte dal DL n. 70 del2011 è sufficiente per il singolo condomino esibire insede di controllo la sola certificazione o attestazionedell’amministratore di condominio che dichiari di averadempiuto a tutti gli obblighi previsti per fruire delladetrazione del 41 o 36 per cento, con l’indicazione dellasomma spettante, in quanto la restante documentazioneè nel solo possesso dell’amministratore. La suddettacertificazione dovrebbe essere sufficiente per consenti-re di fruire della detrazione senza necessità di esibire alCAF copia di tutta la documentazione conservata in

originale dall’amministratore.

r.Anche a seguito delle modifiche introdotte dal DL n.70 del 2011, nell’ipotesi di interventi sulle parti comu-ni di edifici residenziali, vale quanto precisato con cir-colare del 1° giugno 1999, n. 122/E, al par. 4.6, per cuiil condomino potrà fruire della detrazione in esame, sein possesso della certificazione dell’amministratore delcondominio che attesti di aver adempiuto a tutti gliobblighi previsti ai fini della detrazione, di essere inpossesso della documentazione originale e la somma dicui il contribuente può tenere conto ai fini della detra-zione (cfr. anche le istruzioni al modello di dichiarazio-ne UNICO/2012 e 730/2012). È necessario, inoltre, chel’amministratore conservi tutta la documentazione ori-ginale, così come individuata dal Provvedimento delDirettore dell’Agenzia del 2 novembre 2011 al fine diesibirla a richiesta degli uffici. In tali ipotesi, nelladichiarazione dei redditi (mod. 730/2012 – UNI-CO/2012) i singoli condomini devono limitarsi ad indi-care il codice fiscale del condominio, senza riportare idati catastali identificativi dell’immobile. Tali datisaranno indicati dall’amministratore di condominio nelquadro AC concernente le comunicazioni dell’ammini-stratore del condominio, da allegare alla propria dichia-razione dei redditi ovvero, in caso di esenzione da taleobbligo o di utilizzo del modello 730, da presentareunitamente al frontespizio del modello Unico PF dellapropria dichiarazione dei redditi.

1.5 titolo abilitativo ai lavorie dichiarazione sostitutiva

D. A seguito dell’emanazione del Provvedimento delDirettore dell’Agenzia delle entrate n. 149646 del 2novembre 2011, si chiede di conoscere se la previstadichiarazione sostitutiva di cui al punto 1 del Prov-vedimento, in cui è richiesta l’indicazione della data diinizio lavori, individui un obbligo generalizzato sosti-tutivo della precedente “abolita” comunicazione.

r. Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delleEntrate n. 149646 del 2 novembre 2011 sono stati indi-viduati i documenti che i contribuenti devono conser-vare e presentare, a richiesta degli Uffici, per la fruizio-ne delle detrazioni per interventi di recupero del patri-monio edilizio di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre1997, n. 449. Al punto 1 sono richieste “Le abilitazioniamministrative richieste dalla vigente legislazione edi-lizia in relazione alla tipologia di lavori da realizzare(Concessione, autorizzazione o comunicazione di ini-zio lavori)”. Solo nel caso in cui la normativa ediliziaapplicabile non preveda alcun titolo abilitativo per larealizzazione di interventi di ristrutturazione ediliziaagevolati dalla normativa fiscale è richiesta la “dichia-razione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa ai sensidell’art. 47 del Decreto del Presidente dellaRepubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui sia indi-cata la data di inizio dei lavori ed attestata la circo-stanza che gli interventi di ristrutturazione edilizia po-sti in essere rientrano tra quelli agevolabili, pure se i

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medesimi non necessitano di alcun titolo abilitativo, aisensi della normativa edilizia vigente”.

1.6 Fruizione della detrazione del 36%e vendita dell’immobile

D. In caso di vendita dell’immobile oggetto degli inter-venti di recupero del patrimonio edilizio si chiede se ildiritto a fruire della detrazione, in assenza di specificheclausole contrattuali, si trasferisce all’acquirente o restain capo al venditore.

r. I commi 12-bis e 12-ter dell’art. 2 del decreto-leggen. 138 del 2011, introdotti in sede di conversione inlegge del decreto, intervengono sulla disciplina delladetrazione del 36 per cento prevista, per gli interventi direcupero del patrimonio edilizio, dall’art. 1 della leggen. 449 del 1997, modificando le disposizioni che indi-viduano i soggetti cui compete la fruizione della detra-zione in caso di vendita e, più in generale, in caso di tra-sferimento per atto tra vivi dell’unità immobiliare sullaquale sono stati effettuati interventi agevolabili (art. 1,comma 7, della legge n. 449 del 1997, e art. 2, comma5, terzo periodo, della legge n. 289 del 2002).

In base alla previgente disciplina, la detrazione nonutilizzata in tutto o in parte dal venditore spettava per irimanenti periodi d’imposta all’acquirente persona fisi-ca dell’unità immobiliare.

In base alla disciplina applicabile dal 17 settembre2011, data di entrata in vigore della legge di conversio-ne n. 148 del 2011, in caso di vendita dell’unità immo-biliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi age-volabili, le detrazioni “possono essere utilizzate dalvenditore oppure possono essere trasferite per i rima-nenti periodi di imposta … all’acquirente persona fisi-ca dell’unità immobiliare”.

In assenza di specifiche indicazioni nell’atto di tra-sferimento si ritiene che le detrazioni residue competa-no all’acquirente conformemente alla disciplina previ-gente. Depone in tal senso anche il comma 8 dell’art.16-bis del TUIR, inserito ad opera dell’articolo 4 delDL n. 201 del 2011 che, a partire dal 2012, ha resostrutturale la detrazione in esame, secondo cui “In casodi vendita dell’unità immobiliare sulla quale sono statirealizzati gli interventi … la detrazione non utilizzata intutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi diimposta, salvo diverso accordo delle parti, all’acqui-rente persona fisica dell’unità immobiliare”.

Si precisa che i commi in esame non incidono su altriprofili dell’agevolazione in esame. Si confermanoquindi i chiarimenti già forniti con la circolare del 24febbraio 1998, n. 57 del Ministero delle Finanze con laquale si è precisato che benché il legislatore abbia uti-lizzato il termine “vendita” (non oggetto di modifica) ladetrazione trova applicazione in tutte le ipotesi in cui siha una cessione dell’immobile, anche nelle cessioni atitolo gratuito.

Nell’ipotesi, invece, di trasferimento mortis causadell’immobile oggetto di interventi di recupero delpatrimonio edilizio, resta invariato per gli eredi il dirit-to a godere delle quote residue della detrazione, purché

conservino la detenzione materiale e diretta dell’immo-bile, come previsto dal quarto periodo dell’art. 2,comma 5, della legge n. 289 del 2002, non modificatodal decreto-legge n. 138 del 2011.

1.7 Fruizione della detrazione del 55%e vendita dell’immobile

D. Si chiede se le disposizioni riguardanti il trasferi-mento della detrazione del 36% per interventi di recu-pero del patrimonio edilizio in caso vendita dell’immo-bile si applichino anche alla detrazione del 55% perinterventi di riqualificazione energetica?

r. L’art. 1 della legge n. 296 del 2006, introduttivo del-l’agevolazione per gli interventi di riqualificazioneenergetica degli edifici, prevede al comma 348 che ladetrazione sia “concessa con le modalità di cui all’art.1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successivemodificazioni, e alle relative norme di attuazione pre-viste dal regolamento di cui al decreto del ministro del-le Finanze 18 febbraio 1998, n. 41”, ossia con le moda-lità previste per l’agevolazione per interventi di recupe-ro del patrimonio edilizio.

Con circolare n. 36/E del 31 maggio 2007 è statochiarito che in relazione alla variazione della titolaritàdell’immobile durante il periodo di godimento dell’a-gevolazione, in assenza di precise indicazioni rinveni-bili nel decreto attuativo del 19 febbraio 2008, si rin-viava alla prassi normativa relativa alle detrazioni per leristrutturazioni edilizie.

Successivamente, il DM di attuazione del 19 febbraio2007 (nella formulazione risultante dalle modificheapportate dal D.M. 7 aprile 2008) ha previsto all’art. 9-bis che “in caso di trasferimento per atto tra vivi del-l’unità immobiliare residenziale sulla quale sono statirealizzati gli interventi di cui all’art. 1, commi da 2 a 5,le relative detrazioni non utilizzate in tutto o in partedal cedente spettano, per i rimanenti periodi d’impo-sta, all’acquirente persona fisica dell’unità immobilia-re”.

Al riguardo, sebbene il richiamato art. 9-bis del DMdel 19 febbraio 2007 non sia stato espressamene modi-ficato, tenendo conto della gerarchia delle fonti, si ritie-ne prevalente il rinvio operato dal comma 348 dell’art.1 della legge n. 296 del 2006 alle “modalità di cuiall’art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e suc-cessive modificazioni”, ossia alle disposizioni riguar-danti la detrazione per interventi di recupero del patri-monio edilizio. Conseguentemente, i commi 12-bis e12-ter dell’art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 sonoapplicabili anche agli atti di trasferimento tra vivi delleunità immobiliari sulle quali sono stati effettuati inter-venti di riqualificazione energetica agevolabili.

È così mantenuta, anche dopo la modifica normativadescritta, la simmetria tra le modalità applicative delledue agevolazioni fiscali.

1.8 Verifica della proprietà al 31 dicembre D. L’art. 16-bis del TUIR ha introdotto a regime ladetrazione dall’imposta lorda sui redditi delle persone

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fisiche pari al 36 per cento delle spese sostenute per gliinterventi di recupero del patrimonio edilizio. Si chiededi conoscere se nell’ipotesi di alienazione dell’immobi-le, siano ancora attuali i chiarimenti contenuti nella cir-colare 12 maggio 2000, n. 95/E (punto 2.1.14), con iquali si stabiliva il diritto a detrarre la rata relativa al-l’anno del passaggio di proprietà, in capo al contri-buente che risultava proprietario al 31/12 dell’anno deltrasferimento.

r. Come chiarito al par. 1.6 dal 17 settembre 2011, incaso di vendita dell’unità immobiliare oggetto degliinterventi di recupero del patrimonio edilizio, le partipossono stabilire a chi di esse competa la fruizionedella detrazione residua; in assenza di indicazioni nel-l’atto di vendita, la detrazione residua non utilizzata sitrasferisce per intero al soggetto acquirente. Pertanto,per le cessioni di immobili intervenute a decorrere dal17 settembre 2011 occorre verificare se nel relativo attoè presente un accordo volto a mantenere la fruizionedelle quote residue di detrazione non utilizzate in capoal cedente.

Si precisa che la quota detraibile nell’anno di trasferi-mento dell’immobile spetta per intero al contribuentetitolare del diritto a fruire della detrazione residua in basealle indicazioni in precedenza date. Ad esempio, se in uncontratto di compravendita di un immobile del 5 dicem-bre 2011 è prevista una clausola diretta a mantenere ladetrazione residua in capo al cedente, quest’ultimo frui-rà dell’intera quota della detrazione riferita al 2011.

1.9 ristrutturazione della fognaturaBonifica del terreno

D. Un condominio ha effettuato nel corso del 2011lavori di ristrutturazione che hanno interessato le retifognarie. Si chiede se la detrazione d’imposta previstadall’art. 1 della legge n. 449 del 1997 possa essere frui-ta, oltre che per le spese di ristrutturazione relative allafognatura, anche per le spese impreviste sostenute, nel-l’ambito del medesimo intervento, per la bonifica delterreno con la rimozione di rifiuti speciali pericolosi,dal momento che la rimozione è indispensabile per laprosecuzione dei lavori.

r. Con risoluzione 11 novembre 2002, n. 350, è statoprecisato che nell’ambito dei lavori per la realizzazionee l’integrazione dei servizi igienico-sanitari possonoessere compresi anche quelli relativi alla costruzione oil rifacimento dell’impianto idrico-fognario fino allarete pubblica, realizzati con opere interne o esterne, inquanto si tratta di lavori che presentano le caratteristi-che proprie degli interventi di manutenzione straordi-naria, da considerare riferiti, come chiarito con circola-re n. 57 del 1998, agli “... interventi, anche di carattereinnovativo, di natura edilizia ed impiantistica, finaliz-zati a mantenere in efficienza ed adeguare all’uso cor-rente l’edificio e le singole unità immobiliari, con il ri-spetto della superficie, della volumetria e della destina-zione d’uso”.

I lavori di bonifica del suolo su cui sorge l’edificio,

seppur effettuati su parti comuni dell’edificio ai sensidell’art. 1117 del codice civile, non possono - di per sé- fruire dell’agevolazione prevista dalla citata legge n.449 del 1997 in quanto non riconducibili ad alcunodegli interventi edilizi previsti dalle lettere a), b), c) e d),dell’art. 31 della legge n. 457 del 1978 (ora art. 3 delDPR n. 380 del 2001) dalla cui realizzazione deriva ilparticolare regime fiscale. Sul punto si osserva altresìche il legislatore con legge 27 dicembre 2002, n. 289,art. 2, comma 5 ha esteso l’agevolazione in esame aisoli interventi di bonifica dell’amianto (ora oggetto del-la lett. l del comma 1 dell’art. 16-bis del TUIR), costi-tuendo solo per tale tipo di bonifica una categoria aparte che risulta agevolabile indipendentemente dallaclassificazione tra gli interventi di manutenzione ordi-naria, straordinaria, restauro e risanamento conservati-vo o ristrutturazione edilizia.

La scrivente, comunque, ha riconosciuto ricompresenegli interventi agevolabili, tra l’altro, la progettazionedei lavori, le perizie e sopralluoghi nonché gli eventua-li costi strettamente collegati alla realizzazione degli in-terventi (cfr. circolari 24 febbraio 1998, n. 57 e 11 mag-gio 1998 n. 121, nonché risoluzione 18 agosto 2009 n.229).

Ciò premesso, si ritiene che le spese sostenute per ilavori di bonifica del terreno possono essere ricono-sciute solo se indispensabili per la realizzazione del-l’intervento di “ristrutturazione delle fognature” ogget-to dell’agevolazione e nei limiti della parte della spe-sa strettamente necessaria per la realizzazione dell’in-tervento agevolato. Alle condizioni descritte, infatti, siravvisa lo stretto collegamento e l’accessorietà rispettoalla realizzazione degli interventi agevolabili che con-sente, come precedentemente specificato, il riconosci-mento dei relativi costi. Fermo restando il rispetto delledisposizioni in materia ambientale, la sussistenza delcarattere di indispensabilità dei lavori di bonifica e l’in-dividuazione della parte di spesa da considerare stretta-mente necessaria dovranno risultare da rigorose valuta-zioni tecniche fondate su elementi oggettivi.

(omissis)

5. ALTRE QUESTIONI 5.1 Mutuo ipotecario per l’acquisto

dell’abitazione principale – Depositopresso il notaio

D. Un contribuente nel mese di dicembre acquista l’a-bitazione principale e contestualmente stipula il mutuoipotecario per l’acquisto dell’abitazione stessa; nellostesso mese, corrisponde al notaio una somma in depo-sito per l’onorario e per le spese da sostenere in nomee per conto. Il notaio emette fattura l’anno successivo,facendo menzione alla riscossione delle somme antici-pate, in linea con quanto previsto dall’art. 3 del D.M. 31ottobre 1974 che consente di emettere fattura entro ses-santa giorni dalla data di costituzione del deposito.

Si chiede di sapere se il contribuente possa beneficiaredella detrazione d’imposta del 19 per cento per le spese

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relative all’onorario del notaio nell’anno in cui ha effet-tuato il pagamento o debba rinviare il beneficio all’annosuccessivo, in linea con la fattura rilasciata dal notaio.

r. L’art. 15, comma 1, lett. b), del TUIR prevede ladetrazione dall’IRPEF lorda di un importo pari al 19per cento per gli interessi passivi, e relativi oneri acces-sori, pagati in dipendenza di mutui garantiti da ipotecasu immobili contratti per l’acquisto dell’unità immobi-liare da adibire ad abitazione principale entro un annodall’acquisto stesso, per un importo non superiore a4.000 euro.

L’Amministrazione Finanziaria, con circolare n. 95/Edel 12 maggio 2000, richiamata anche nella circolare n.15/E del 20 aprile 2005, ha chiarito che tra gli oneriaccessori connessi con l’operazione di finanziamentoche danno diritto alla detrazione sono compresi l’ono-rario del notaio per la stipula del contratto di mutuo e lespese che il notaio sostiene per conto del cliente quali,ad esempio, l’iscrizione e la cancellazione dell’ipoteca.Non sono, invece, detraibili le spese notarili sostenutecon riferimento al contratto di compravendita dell’im-mobile.

La scrivente, con risoluzione n. 128/E del 23 settem-bre 2005, ha precisato che gli oneri accessori agli inte-ressi passivi sono detraibili nel limite del 19 per centosecondo il principio di cassa e che, pertanto, la detra-zione riferita a tali oneri deve essere fruita nell’anno incui gli stessi sono sostenuti.

Per quanto concerne il pagamento dell’onorario delnotaio, con circolare n. 24/E del 10 giugno 2004 è statochiarito che “per avere piena prova del pagamento dellaparcella del notaio si deve far riferimento, in linea gene-rale, alla data del documento di certificazione del com-penso”, rimanendo inteso che, ai sensi dell’art. 6 delDPR n. 633 del 1972, per le prestazioni di servizi deveessere emesso all’atto del pagamento del corrispettivo.

Nell’ipotesi in cui il notaio abbia ricevuto somme indeposito, si applica l’art. 3 del D.M. 31 ottobre 1974,emanato in attuazione dell’art. 73, primo comma, lett.c), del DPR n. 633 del 1972, secondo cui “per lesomme ricevute in deposito, globalmente ed indistinta-mente, sia a titolo di corrispettivo che a titolo di speseda sostenere in nome e per conto dei clienti, gli eser-centi la professione notarile, quella forense, nonchéquella di commercialista, devono emettere la fattura,relativa al pagamento dei corrispettivi, entro sessantagiorni dalla data di costituzione del deposito”.

La richiamata disposizione ha finalità di semplifica-zione e consente ai professionisti che non possanodeterminare, al momento in cui è costituito il deposito,l’importo riferibile alle spese da sostenere in nome eper conto del committente e quello riferibile all’onora-rio, di emettere la fattura non oltre il termine di sessan-ta giorni dalla data di costituzione del predetto deposi-to per la parte riferibile al pagamento dei corrispettivi.

Ciò premesso, qualora il contribuente abbia costitui-to il deposito presso il notaio in un dato anno e il notaiodepositario abbia emesso fattura per la somma imputa-ta ad onorario nell’anno successivo in base all’art. 3 del

DM 31 ottobre 1974, si ritiene che il relativo onere siadetraibile dall’imposta dovuta per l’anno di costituzio-ne del deposito in applicazione del principio di cassa dicui all’art. 15, comma 1, del TUIR. Del resto, il termi-ne di sessanta giorni previsto dall’articolo 3 del D.M.31 ottobre 1974 consente comunque al contribuente diconoscere, nei tempi utili per la liquidazione delladichiarazione dei redditi, la parte della somma versataa titolo di deposito che costituisce onere detraibile aisensi dell’arti. 15, comma 1, lett. b), del TUIR.

Il contribuente è tenuto a conservare ed esibire, surichiesta degli Uffici, la documentazione attestante datae importo del deposito e la fattura emessa dal notaio, conannotazione degli estremi del deposito cui si riferisce.

5.2 oneri di intermediazione per l’acquistodell’abitazione principale

D. Nel caso in cui il dichiarante, già proprietario diimmobile acquistato con i benefici prima casa (dove hala residenza), acquisti un ulteriore immobile dove andràad abitare e dove trasferirà la residenza, può detrarre lafattura per l’intermediazione dell’ultimo acquisto? Inpratica, occorre chiarire quale sia il concetto di abita-zione principale rilevante per la relativa applicazione:quello valido ai fini dell’imposta di registro agevolata oquello IRPEF.

r. La detrazione di cui all’art. 15, comma 1, lett. b-bis),del TUIR è concessa per i compensi comunque deno-minati pagati a soggetti di intermediazione immobilia-re in dipendenza dell’acquisto dell’unità immobiliare“da adibire ad abitazione principale …”. La nozione èquella rilevante ai fini IRPEF secondo cui per abitazio-ne principale si intende quella nella quale il contri-buente o i suoi familiari dimorano abitualmente.L’unità immobiliare deve essere adibita ad abitazioneprincipale entro i termini previsti dalla precedente lett.b), riguardante la detrazione prevista per gli interessipassivi pagati per i mutui contratti per l’acquisto dell’a-bitazione principale, e quindi ordinariamente entro unanno dall’acquisto, salvi i diversi termini per le ecce-zioni ivi previste. Si ricorda, come peraltro già indicatoin altri documenti di prassi (cfr. circolare n. 15/E del 20aprile 2005, par . 4.3), che la dimora abituale può noncoincidere con la residenza anagrafica. Quest’ultimacostituisce, invece, presupposto per l’applicazione del-l’agevolazione, c.d. prima casa, di cui all’articolo 1,nota II-bis, della Tariffa, parte prima, allegata al DPR26 aprile 1986, n. 131(Testo unico dell’imposta di regi-stro). Ai fini della detrazione in esame la circostanzache la dimora abituale non coincide con la residenzaanagrafica può essere oggetto di apposita dichiarazioneresa ai sensi del DPR 445del 2000; in caso di dichiara-zione mendace si applicano le sanzioni penali di cuiall’art. 76 del medesimo DPR.

5.3 Deduzione contributi previdenziali Buoni lavoro (voucher)

D. Un contribuente ha chiesto chiarimenti in relazione

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alla deducibilità, ai fini dell’IRPEF, dei contributi pre-videnziali versati attraverso i c.d. “buoni lavoro” o vou-cher, per prestazioni di lavoro domestico; inoltre, chie-de come poter documentare il versamento contributivoin sede di presentazione del modello dichiarativo 730.

r. Il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (c.d.Legge Biagi) ha introdotto la disciplina delle prestazio-ni occasionali di tipo accessorio, definite all’art. 70,comma 1, quali “attività lavorative di natura occasio-nale”, prevedendone alla lett. a) l’applicabilità anche aquelle rese nell’ambito dei “lavori domestici”. Il suc-cessivo articolo 72 prevede, per tali prestazioni di lavo-ro, la possibilità di corrispondere il relativo compensoanche attraverso i c.d. “buoni lavoro” (c.d. voucher),acquistabili telematicamente ovvero presso le rivenditeautorizzate.

Per quanto concerne l’ambito dei lavori domestici,con circolare n. 44 del 24 marzo 2009 l’INPS, richia-mando la nota del Ministero del lavoro n. 16-SEGR-1044 del 16 febbraio 2009, fa comunque presente che ilricorso ai buoni lavoro può essere effettuato solamenteper quelle attività, che per la loro natura occasionale eaccessoria, fino ad oggi non sono assistite da alcunatutela previdenziale e assicurativa, quindi attività nonriconducibili né a un rapporto di lavoro già disciplinatodalla legge (il rapporto di lavoro domestico, di cui allalegge 2 aprile 1958, n. 339 ha uno specifico obbligoassicurativo previsto dal DPR 31 dicembre 1971, n.1403), né a regolamentazioni contrattuali afferenti a taleambito lavorativo (CCNL del 16 febbraio 2007).

Ciò premesso in termini generali, si ritiene che le pre-stazioni occasionali rese nell’ambito di lavori domesti-ci in base all’art. 70 del d. lgs. n. 276 del 2003, pur nonriferibili alla legge sul rapporto di lavoro domestico,siano comunque da ricomprendere tra quelle rese dagliaddetti ai servizi domestici di cui all’art. 10, comma 2,del TUIR, attesa peraltro anche la comune finalità delledisposizioni in esame di far emergere prestazioni resein forma irregolare (cfr. circolari n. 207/E del 2000dell’Agenzia delle entrate e n. 44 del 2009 dell’INPS).

Ne consegue che, contributi previdenziali versatiattraverso i “buoni lavoro” per gli addetti ai servizidomestici potranno essere dedotti dal reddito comples-sivo ai sensi di quanto statuito dall’articolo 10, comma1 lett. e), e comma 2 del TUIR, per la quota rimasta acarico e comunque per un importo non superiore adeuro 1.549,37 (cfr. circolare 207/E del 16 novembre2000, par. 1.5.1).

In relazione alla quota di onere contributivo imputa-bile al committente ovvero al prestatore, il Ministerodel Lavoro e delle Politiche Sociali, interpellato al ri-guardo, ha evidenziato che la disciplina del lavorooccasionale di tipo accessorio deve considerarsi dicarattere del tutto speciale e che quindi al lavoro occa-sionale di tipo accessorio non è applicabile il criteriogenerale di ripartizione del carico previdenziale tracommittente e prestatore di lavoro, previsto dall’artico-lo 2, comma 30, della legge n. 335 del 1995, pertanto icontributi previdenziali, pari al 13 per cento del valore

nominale del voucher, sono a totale carico del commit-tente.

Inoltre, considerate le particolari procedure delineatedal d. lgs. n. 276 del 2003 e le disposizioni attuativeadottate dall’INPS, si ritiene che detto importo possaessere dedotto nel periodo di imposta in cui è effettua-to il versamento per l’acquisto del buono lavoro (carta-ceo o telematico), a condizione che la relativa presta-zione di lavoro domestico, nonché la consegna del buo-no lavoro cartaceo o la comunicazione all’INPS per ilbuono lavoro telematico, siano comunque intervenuteprima della presentazione della dichiarazione dei reddi-ti.

Infine, per quanto concerne la documentazione atte-stante il sostenimento dell’onere, si precisa che il com-mittente dovrà conservare le ricevute di versamentorelative all’acquisto dei buoni lavoro, copia dei buonilavoro consegnati al prestatore (procedura con vouchercartaceo), documentazione attestante la comunicazioneall’INPS dell’avvenuto utilizzo dei buoni lavoro (pro-cedura con voucher telematico); inoltre, dovrà attestarecon dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa aisensi dell’art. 47 del DPR n. 445 del 2000 che la docu-mentazione è relativa esclusivamente a prestazioni dilavoro rese da addetti ai servizi domestici.

5.4 Immobili di interesse storico o artisticoconcessi in locazione – Determinazionedegli acconti dovuti per l’anno 2012

D. Il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, conmodificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 ha modi-ficato il trattamento fiscale degli immobili riconosciuti diinteresse storico o artistico, ai sensi dell’articolo 10 delcodice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42. Le nuove disposizioni si applicano a decorrere dalperiodo di imposta 2012. Tuttavia, nella determinazionedegli acconti dovuti per l’anno 2012 si deve assumere,quale imposta del periodo precedente, quella che sisarebbe determinata applicando la disciplina introdottadal citato decreto-legge n.16 del 2012. Si chiede di chia-rire le modalità di determinazione degli acconti relativiall’IRPEF e all’addizionale comunale all’IRPEF daparte di un contribuente che nell’anno 2011 abbia perce-pito un reddito di fabbricati derivante dalla locazione diun immobile riconosciuto di interesse storico.

r. L’art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n.413, abrogato dall’articolo 4, comma 5-quater, del cita-to decreto-legge n. 16 del 2012, stabiliva che “in ognicaso, il reddito degli immobili riconosciuti di interessestorico o artistico, ai sensi dell’articolo 3 della legge 1°giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni e inte-grazioni, è determinato mediante l’applicazione dellaminore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazionidella zona censuaria nella quale è collocato il fabbri-cato”.

L’art. 4 del decreto-legge n. 16 del 2012, oltre adabrogare la richiamata disposizione, aggiunge all’art.37, comma 4-bis, del TUIR il seguente periodo: “Per

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gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico,ai sensi dell’articolo 10 del codice di cui al decretolegislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la riduzione è ele-vata al 35 per cento”.

Pertanto, con effetto a partire dal periodo d’imposta2012, il reddito dei fabbricati di interesse storico o arti-stico concessi in locazione è costituito dal maggioreimporto risultante a seguito del confronto tra la renditacatastale effettiva dell’immobile rivalutata del 5 percento, rapportata al periodo e alla percentuale di pos-sesso, e il canone di locazione ridotto del 35 per cento,rapportato alla percentuale di possesso.

Secondo quanto previsto dall’art. 4, comma 5-sep-ties, del decreto-legge n. 16 del 2012, per calcolare cor-rettamente l’ammontare degli acconti dovuti per l’anno2012 ai fini dell’IRPEF e dell’addizionale comunale, ènecessario determinare l’imposta per l’anno 2011applicando la nuova disciplina introdotta dallo stessodecreto legge.

Pertanto, il contribuente deve: - ridurre il proprio reddito complessivo relativo all’an-no 2011 - indicato nel rigo 11 del prospetto di liquida-zione 730/3 del modello 730/2012 o nel rigo RN1,colonna 5, del modello UNICO PF 2012 – di un impor-to pari al reddito del fabbricato di interesse storico oartistico locato, corrispondente alla rendita determinatain base alla minore tra le tariffe d’estimo previste per leabitazioni della zona censuaria nella quale è collocato ilfabbricato, rapportata al periodo e alla percentuale dipossesso; - determinare il reddito del fabbricato in base alle dispo-sizioni introdotte dal decreto-legge n. 16 del 2012 (con-fronto tra rendita catastale effettiva dell’immobile riva-lutata del 5 per cento, rapportata al periodo e alla per-centuale di possesso, e canone di locazione ridotto del35 per cento, rapportato alla percentuale di possesso); - sommare il risultato di tale operazione al reddito com-plessivo relativo all’anno 2011 come sopra ridotto.

Viene così individuato un reddito complessivo “vir-tuale”, utile al solo fine di determinare correttamentel’ammontare degli acconti dovuti per l’anno 2012.Sulla base di tale reddito complessivo “virtuale”, vannoquindi riliquidate le imposte dovute per l’anno 2011 alfine di ricalcolare gli acconti per l’anno 2012 secondole regole ordinarie.

Si evidenzia che il contribuente in possesso di unimmobile di interesse storico o artistico che presenta ilmodello 730/2012 deve effettuare il ricalcolo degliacconti dovuti sulla base delle nuove disposizioni sopraillustrate e confrontarli con quelli evidenziati nel pro-spetto di liquidazione 730/3 rilasciato dal soggetto cheha prestato l’assistenza fiscale. Ove gli acconti ricalco-lati in base alle nuove disposizioni siano di importo su-periore rispetto a quello evidenziato nel prospetto 730-3, il contribuente deve provvedere a un versamentointegrativo nei termini ordinari tramite il modello dipagamento F24, utilizzando gli appositi codici tributo.

Tenuto conto che la legge di conversione n. 44 del2012 è entrata in vigore il 29 aprile 2012, dunque a“campagna dichiarativa” già iniziata, al fine di consen-

tire ai contribuenti un termine congruo per determinarecorrettamente gli acconti relativi all’IRPEF e all’addi-zionale comunale all’IRPEF, la differenza tra i seguen-ti importi: 1. acconti calcolati senza tener conto delle nuove dis-posizioni; 2. acconti determinati in base alle nuove norme inmateria di immobili di interesse storico o artistico;

potrà essere versata entro il 30 novembre 2012, ter-mine per effettuare il pagamento della seconda rata diacconto IRPEF, senza applicazione di sanzioni.

Sulla quota della differenza come sopra calcolatache, in assenza di tale differimento, dovrebbe essereversata con la prima rata di acconto, sono dovuti gliinteressi nella misura del 4 per cento annuo (D.M. 21maggio 2009) prevista per i pagamenti rateali, di cuiall’art. 20 del decreto legislativo n. 241 del 1997. esempio 1. Acconto IRPEF 2012 calcolato con il cd. metodostorico - Differenza (rigo 57 del 730/3 2012 o rigo RN33 diUNICO PF 2012) = 500 euro - Acconto IRPEF 2012 (vedi pag. 7 istruzioni UNICOPF 2012) = 480 euro - Prima rata acconto (trattenuto dalla retribuzione dicompetenza del mese di luglio o da versare entro il 18giugno con possibilità di rateazione) 39,6% di 500 euro= 198 euro - Seconda rata acconto (trattenuto o da versare entro il30 novembre, non rateizzabile) 56,4% di 500 euro =282 euro 2. Acconto IRPEF 2012 ricalcolato tenendo conto dellenuove regole per gli immobili di interesse storico-arti-stico - Differenza = 1500 euro - Acconto IRPEF 2012 = 1440 euro - Prima rata di acconto (39,6% di 1500 euro) = 594 euro - Seconda rata di acconto (56,4% di 1500 euro) = 846 euro Quota di acconto IRPEF che può essere versata entroil 30 novembre 2012 594 euro (primo acconto correttamente ricalcolato) –198 euro (primo acconto calcolato con il metodo stori-co) = 396 euro Tale importo di 396 euro potrà essere versato, tramite ilmodello di pagamento F24, entro il 30 novembre 2012senza applicazione di sanzioni.

Anche i soggetti IRES possono versare la differenzatra l’acconto calcolato senza tener conto delle nuovedisposizioni e l’acconto determinato in base alle nuovedisposizioni, entro il termine per il pagamento della se-conda rata di acconto, senza applicazione di sanzioni.Come sopra chiarito, sono comunque dovuti gli inte-ressi nella misura del 4 per cento annuo.

5.5 addizionali regionale e comunale all’IrPeFapplicazione delle soglie di esenzionein presenza di redditi assoggettati al regimedella cedolare secca

D. Il reddito fondiario assoggettato alla cedolare secca

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LEGGI E CIRCOLARI 53

deve essere computato nel reddito complessivo dellocatore per determinare la condizione di familiarefiscalmente a carico, per calcolare le detrazioni per cari-chi di famiglia e le altre detrazioni d’imposta previstedall’articolo 13 del TUIR. Si chiede se si debba tenerconto della base imponibile della cedolare secca ancheper applicare le esenzioni dal pagamento delle addizio-nali regionale e comunale all’IRPEF commisurate alreddito, eventualmente disposte dalle Regioni o delibe-rate dai Comuni.

r. L’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011,n. 23 ha introdotto, a partire dal 2011, un nuovo regimefacoltativo di tassazione dei redditi derivanti dalla loca-zione per finalità abitative degli immobili ad uso abita-tivo e delle relative pertinenze.

L’opzione per l’applicazione della cedolare seccacomporta che i canoni tassati con il regime dell’impo-sta sostitutiva siano esclusi dal reddito complessivo e,conseguentemente, non rilevino ai fini della progressi-vità delle aliquote IRPEF. Tuttavia, secondo quantoprevisto dal comma 7 dell’articolo 3 del decreto legis-lativo n. 23 del 2011, il nuovo regime di tassazione nonrileva ai fini dei benefici fiscali collegati alla situazionereddituale del contribuente.

Come precisato nel paragrafo 5 della circolare n.26/E del 1° giugno 2011, infatti, il reddito fondiarioassoggettato a cedolare secca deve essere computatonel reddito complessivo del locatore per determinare lacondizione di familiare fiscalmente a carico, per calco-lare le detrazioni per carichi di famiglia, le altre detra-

zioni d’imposta previste dall’articolo 13 del TUIR, ledetrazioni per canoni di locazioni di cui all’articolo 16del TUIR e, in generale, per stabilire la spettanza o lamisura di benefici fiscali e non, collegati al possesso direquisiti reddituali.

Si ritiene che la soglia di esenzione commisurata alreddito prevista dalla Regione o dal Comune in relazio-ne all’applicazione dell’addizionale regionale o dell’ad-dizionale comunale all’IRPEF rientri tra i “benefici fisca-li” considerati dalla disposizione recata dall’articolo 3,comma 7, del citato decreto legislativo n. 23 del 2011.

Pertanto, ai fini della verifica della soglia di esenzio-ne, l’ammontare dell’imponibile relativo all’addiziona-le regionale o comunale (ovvero l’ammontare del red-dito complessivo nel caso in cui la delibera colleghi aquest’ultimo l’esenzione) deve essere aumentato dellabase imponibile della cedolare secca. esempio - Imponibile addizionale comunale (rigo RV1 delmodello UNICO PF 2012): 8.000 euro. - Base imponibile cedolare secca (righi RB10, col. 13+ RB10, col. 14): 3.000 euro.- Esenzione deliberata dal Comune per redditi fino a10.000 euro. - Aliquota deliberata dal Comune: 0,6 per cento. L’esenzione non trova applicazione in quanto l’impo-nibile dell’addizionale aumentato dell’imponibile percedolare secca (8.000 + 3.000 = 11.000) è superiore allasoglia di esenzione prevista dal Comune.

L’aliquota dello 0,6 per cento si applica sull’imponi-bile pari a 8.000 euro.

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ceDoLare Secca SugLI aFFIttI: In una cIrcoLareceDoLare Secca SugLI aFFIttI: In una cIrcoLareLe rISPoSte aI QueSItI DeI contrIBuentILe rISPoSte aI QueSItI DeI contrIBuentI

““

La cedolare secca sugli affitti trovanuovi chiarimenti. Con la circolare20/E l’Agenzia delle Entrate rispon-de ad alcuni quesiti sull’applicazio-ne della tassa piatta sulle locazioni,introdotta dal D. lgs n. 23 del 2011,affrontando, tra le altre, le questionilegate alla revoca dell’opzione, allacomunicazione al conduttore e alversamento dell’acconto.coMe reVocare L’oPzIo-ne - La circolare ricorda che il loca-tore può revocare l’opzione in qual-siasi annualità successiva a quellain cui è stata esercitata. Nelle moredell’emanazione di una discipli-na specifica, basta presentare al-l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrateuna revoca scritta su carta libera efirmata, riportando tutti i dati identi-ficativi del contratto e delle parti. Ilcontribuente può anche utilizzare ilmodello 69 come schema di richie-sta della revoca.coMunIcazIone aL con-Duttore - In relazione al regime

transitorio che interessa il 2011, lacircolare chiarisce che la comunica-zione al conduttore può ritenersitempestiva se effettuata entro l’1ottobre 2012 (termine di presenta-zione della dichiarazione). Inoltre, lacomunicazione inviata al condutto-re in sede di opzione per il 2011 è va-lida fino alla fine del contratto, op-pure fino a revoca e, pertanto, nondeve essere inviata nuovamente ne-gli anni successivi. Il documento diprassi spiega anche che sono liberidall’obbligo di comunicazione dirinuncia agli aggiornamenti delcanone i contratti di locazione di du-rata complessiva nell’anno inferiorea 30 giorni.coMe raVVeDerSI Se nonSI È VerSato L’acconto -Nel caso in cui il contribuente nonabbia versato l’acconto per l’anno2011, può comunque accedere alregime della cedolare secca regola-rizzando la sua posizione attraversol’istituto del ravvedimento operoso.

IL reDDIto Da LocazIoneSI PuÒ “conVertIre” - Se ilcontribuente ha tenuto in considera-zione il reddito da locazione nei cal-coli dell’acconto Irpef, può comun-que optare per la cedolare secca pre-sentando una richiesta di correzionedel relativo codice tributo.ceDoLare Secca, ParoLaaLLa coMProPrIetà - Ilcomproprietario, il cui nominativonon compare nel contratto di loca-zione dell’immobile sottoscritto dal-l’altro comproprietario, può co-munque optare, in sostituzione del-l’Irpef, per la cedolare secca. La sti-pula del contratto di locazione daparte d’uno solo dei due compro-prietari ha effetto, infatti, anche neiconfronti della parte che non com-pare negli atti. Conseguentemente,quest’ultima è tenuta a dichiarare,ai fini fiscali, il reddito fondiario perla quota a lui imputabile aprendocosì la strada all’opzione della cedo-lare secca.

PREMESSACon la presente circolare si forniscono chiarimenti su

varie questioni interpretative poste all’attenzione della

scrivente riguardanti la c.d. cedolare secca. Nel segui-to, per TUIR si intende il Testo Unico delle Imposte suiRedditi approvato con il decreto del Presidente dellaRepubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e per TUR siintende Testo Unico dell’imposta di Registro, approva-to con decreto del Presidente della Repubblica 26 apri-le 1986, n. 131. Le circolari e le risoluzioni citate inquesto documento sono consultabili nella banca dati

Documentazione Tributaria accessibile dal sitowww.agenziaentrate.gov.it o dal sito www.finanze.gov.it.

1. REvOCA DELL’OPZIONED. Il punto 2.2 del provvedimento del 7 aprile 2011 sta-

agenzIa DeLLe entratecircolare n. 20/e del 4 giugno 2012

OGGETTO: Cedolare secca sugli affitti –Risposte a quesiti

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LEGGI E CIRCOLARI 55

bilisce che il locatore ha la facoltà di revocare l’opzio-ne in ciascuna annualità contrattuale successiva a quel-la in cui questa è stata esercitata, demandando a unprovvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entratela definizione delle relative modalità. Nelle more del-l’adozione del provvedimento si chiede di conoscere lemodalità di revoca dell’opzione per la cedolare seccagià esercitata.

r. Nelle more dell’adozione del provvedimento didefinizione delle modalità di revoca dell’opzione dellacedolare secca precedentemente esercitata, l’Ufficiopuò considerare valida la revoca effettuata in carta libe-ra, debitamente sottoscritta e contenente i dati necessa-ri all’identificazione del contratto e delle parti, o quellaeffettuata con il modello 69 utilizzato come schema dirichiesta della revoca.

L’art. 3, comma 11, del decreto legislativo n. 23 del2011 prevede che l’opzione per la cedolare secca nonha effetto se di essa il locatore non ha dato preventivacomunicazione al conduttore. Pur non essendo formal-mente prevista alcuna forma di comunicazione dellarevoca dell’opzione già esercitata, è comunque oppor-tuno che il locatore comunichi la revoca esercitata alconduttore, responsabile solidale del pagamento del-l’imposta di registro. Detta comunicazione, peraltro,corrisponde anche a un interesse del locatore perché adecorrere dall’annualità della revoca viene meno larinuncia agli aggiornamenti del canone di locazione.

2. PERIODO TRANSITORIO 2011 -COMUNICAZIONEAL CONDUTTORE - ACCONTIE RAvvEDIMENTO OPEROSO

D. Tenuto conto che l’anno 2011 rappresenta il primoanno di applicazione della “cedolare secca” e che, aifini della scelta della modalità di tassazione dei redditiderivanti dagli immobili ad uso abitativo relativi a con-tratti già registrati o prorogati al 7 aprile 2011, il prov-vedimento prevede che il locatore può applicare lacedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi dapresentare nell’anno 2012 per i redditi 2011, si chiedese sia comunque possibile inviare la comunicazione alconduttore entro la presentazione della dichiarazionedei redditi.

r. In base all’art. 3, comma 11, del decreto legislativon. 23 del 2011 l’opzione per la cedolare secca non haeffetto se di essa il locatore non ha dato preventivacomunicazione al conduttore con lettera raccomandata,con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiede-re l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo.

Al riguardo, considerato il particolare regime transi-torio previsto dal provvedimento del direttoredell’Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011 con riguar-do ai casi in cui il locatore può avvalersi della cedolaresecca per l’annualità decorrente dal 2011 direttamentein sede di dichiarazione dei redditi da presentare nel2012 (contratti di locazione in corso alla data del 7 apri-

le 2011, per i quali è già stata eseguita la registrazionee per i contratti prorogati per i quali è già stato effettua-to il relativo pagamento - cfr. circolare n. 26/E del 2011,par. 8.1.1), la lettera raccomandata con cui il locatorecomunica al conduttore la rinuncia all’aggiornamentodel canone a qualsiasi titolo deve ritenersi tempestiva seinviata entro il 1° ottobre 2012, termine di presentazio-ne della dichiarazione dei redditi 2011 (da osservareanche nell’ipotesi in cui il locatore presenti il modello730).

Rimangono comunque fermi gli altri presupposti diapplicazione della cedolare secca e i conseguenti obbli-ghi dichiarativi e di versamento, anche dell’acconto.

Ciò presuppone, in particolare, che per le annualitàinteressate (che terminano nel 2011 e/o che decorronodal 2011) il locatore non abbia applicato l’aggiorna-mento del canone e abbia versato l’acconto se dovuto.Qualora l’aggiornamento del canone sia stato applica-to, si ricorda che – per quanto già precisato con circo-lare n. 26 del 2011 – sulla base della comunicazione dirinuncia il locatore non può percepire dal conduttore gliaggiornamenti dei canoni e questi, se già percepiti,devono essere restituiti.

Per quanto riguarda l’acconto, si ritiene che l’omessoversamento dell’acconto della cedolare secca per l’an-no 2011 alle date previste non precluda la possibilità diassoggettare i canoni di locazione ad imposta sostituti-va. Il contribuente interessato può avvalersi a tal finedell’istituto del ravvedimento c.d. operoso di cui all’ar-ticolo 13 del d. lgs. n. 472 del 1997, applicabile allacedolare secca per effetto del rinvio operato dall’artico-lo 3 del d. lgs. n. 23 del 2011 alle disposizioni in mate-ria di imposte sui redditi per regolarizzare gli omessiversamenti, effettuando il pagamento delle impostedovute, unitamente agli interessi e la sanzione nellamisura ridotta stabilita dal citato articolo 13 del d. lgs.n. 472 del 1997. A tal fine devono essere utilizzati icodici tributo “1992”, denominato “Interessi sul ravve-dimento - Imposte sostitutive”, e “8913”, denominato“Sanzioni pecuniarie imposte sostitutive delle impostesui redditi”.

Si ricorda che l’imposta di registro versata non puòessere restituita, stante il disposto dell’art. 3, comma 4,del d. lgs. n. 23 del 2011 secondo cui, in caso di opzio-ne “non si fa luogo al rimborso delle imposte di bollo edi registro eventualmente già pagate”.

Nell’ipotesi in cui il contribuente abbia tenuto contodel reddito derivante dalla locazione dell’immobile abi-tativo ai fini del versamento dell’acconto IRPEF 2011,non è altresì preclusa la possibilità di assoggettare icanoni di locazione ad imposta sostitutiva, sempre chene ricorrano tutte le condizioni previste, qualora il con-tribuente presenti istanza per la correzione del codicetributo indicando l’importo versato a titolo di accontoIRPEF da considerare versato a titolo di acconto per lacedolare secca per il 2011. Il maggior versamento del-l’acconto IRPEF sarà indicato come acconto dellacedolare secca nel modello UNICO 2012.

La medesima soluzione può essere adottata anchenelle ipotesi in cui l’acconto IRPEF sia stato trattenuto

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CONDOMINIO GIURIDICO56

e versato nell’ambito dell’assistenza fiscale. In questocaso, il maggior versamento dell’acconto IRPEF saràindicato come acconto della cedolare secca nel model-lo 730/2012.

Rimane ferma l’applicazione delle sanzioni e degliinteressi in caso di carente versamento degli acconti. Alriguardo, si rinvia ai chiarimenti forniti con circolare n.26 del 2011, al par. 8.2, in merito al versamento del-l’acconto IRPEF e della cedolare secca per il 2011.

3. ACCONTO 2012D. Per il 2011, primo periodo d’imposta di applicazio-ne del regime della cedolare secca, il provvedimentodel 7 aprile 2011 prevede, al punto 7.1, particolari rego-le per il relativo versamento in acconto. Dato che unasituazione analoga a quella del 2011 si può determina-re ogni qualvolta il contribuente applichi per la primavolta la cedolare secca, in quanto il reddito dell’immo-bile locato è stato precedentemente assoggettato ad IR-PEF, si chiede se la citata previsione del provvedimen-to trovi comunque applicazione solo in riferimento alperiodo d’imposta 2011.

r. Il Provvedimento del 7 aprile 2011, al punto 7.2, nelprevedere le regole applicabili al versamento in accon-to della cedolare secca a partire dal periodo di imposta2012, stabilisce - tra l’altro - che l’acconto è pari al 95per cento dell’imposta dovuta a titolo di cedolare seccaper l’anno precedente. Si ricorda che per effetto del dif-ferimento di 3 punti percentuali previsto dal comma 2dell’articolo 1 del decreto del Presidente del Consigliodei Ministri del 21 novembre 2011, la misura dell’ac-conto per il periodo di imposta 2012 è ridotta dal 95 percento al 92 per cento dell’imposta dovuta a titolo dicedolare secca per l’anno precedente (cfr. il comunica-to stampa dell’Agenzia delle entrate del 25 novembre2011). Pertanto, se nell’anno 2011 un contribuente haassoggettato all’IRPEF il reddito dell’immobile locatoe intende esercitare dal 2012 l’opzione per la cedolaresecca per le residue annualità di durata del contrattonon è tenuto al versamento dell’acconto della cedolaresecca per l’anno 2012. Ulteriori chiarimenti sul versa-mento dell’acconto per la cedolare secca a partire dalperiodo d’imposta 2012 sono stati forniti al par. 7 dellacircolare n. 26 del 2011, cui si rinvia.

4. vALIDITÀ DELLACOMUNICAZIONE ALCONDUTTORE INvIATA NEL 2011

D. Si ha il caso di contratti di locazione in corso al 7aprile 2011 e già registrati a tale data, per i quali l’op-zione per l’applicazione della cedolare secca vieneesercitata in sede di dichiarazione dei redditi UNICO2012. La comunicazione dell’opzione al conduttore èstata già inviata entro il termine di versamento del pri-mo acconto per il 2011 e contiene una formula in cui lastessa si ritiene valida “fino a revoca”. Il locatore puòomettere di inviare una nuova comunicazione al con-duttore per le annualità successive (dal 2012 in poi), es-

sendo valida “fino a revoca” la comunicazione giàinviata?

r. Non è necessario inviare una nuova comunicazioneal conduttore. In base all’articolo 3, comma 11, deldecreto legislativo n. 23 del 2011, la preventiva comu-nicazione al conduttore con cui il locatore rinuncia adesercitare la facoltà di richiedere l’aggiornamento delcanone a qualunque titolo costituisce una condizione acui è subordinata l’efficacia dell’opzione.

Il provvedimento del 7 aprile 2011 stabilisce chel’opzione vincola il locatore all’applicazione del regi-me della cedolare secca per l’intero periodo di duratadel contratto o della proroga ovvero per il residuo pe-riodo di durata del contratto nel caso di opzione eserci-tata nelle annualità successive alla prima (punto 2.1),con facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualitàcontrattuale successiva a quella in cui questa è stataesercitata (punto 2.2).

Pertanto, la comunicazione inviata al conduttore insede di opzione per il 2011 esplica i suoi effetti per tuttala residua durata del contratto, ovvero fino a revoca, enon deve essere nuovamente comunicata al conduttore.

5. TRASFERIMENTODI IMMOBILE LOCATO

D. Si chiede se in caso di trasferimento mortis causa,donazione o cessione di un fabbricato già locato ilnuovo titolare (erede, donatario, acquirente) possa, almomento dell’acquisizione del fabbricato, esercitarel’opzione per la cedolare secca o revocare l’opzioneformulata dal precedente proprietario. Qualora la rispo-sta fosse affermativa si chiede di conoscere i tempi e lemodalità per l’esercizio dell’opzione o della revoca.

r. È opportuno premettere che la cedolare secca èun’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito dellepersone fisiche e delle relative addizionali, nonchédelle imposte di registro e di bollo sul contratto di loca-zione (nonché delle imposte di registro e di bollo sullarisoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione).L’opzione per la cedolare secca esercitata dal dantecausa in ipotesi di trasferimento mortis causa o per attotra vivi di un immobile locato cessa di avere efficaciacon il trasferimento stesso per quanto riguarda l’impo-sta sul reddito, mentre continua ad avere effetto fino altermine dell’annualità contrattuale per l’imposta diregistro e di bollo. Per queste ultime, infatti, vale la sus-sistenza del presupposto di applicazione della cedolaresecca al momento della registrazione del contratto,della proroga o del versamento dell’imposta per le an-nualità successive, prima del trasferimento dell’immo-bile.

Inoltre, il trasferimento mortis causa o per atto travivi della proprietà di un immobile locato ad uso abita-tivo comporta, in linea generale, la successione o il sub-entro nella titolarità del contratto di locazione senzasoluzione dello stesso, dato che la legge tutela la posi-zione del conduttore nelle locazioni ad uso abitativo.

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LEGGI E CIRCOLARI 57

Non sussistendo l’obbligo di stipulare un nuovo con-tratto, i nuovi titolari potranno optare per la cedolaresecca mediante presentazione del modello 69 entrol’ordinario termine di trenta giorni decorrente dalla datadel subentro.

Rimane fermo che il contribuente subentrante puòapplicare direttamente la cedolare secca in sede didichiarazione dei redditi nei casi in cui è consentito:- per il periodo transitorio, per i contratti in corso nel2011, scaduti ovvero oggetto di risoluzione volontariaalla data del 7 aprile 2011, nonché per i contratti incorso alla stessa data del 7 aprile 2011, per i quali è giàstata eseguita la registrazione e per i contratti prorogatiper i quali è già stato effettuato il relativo pagamento;- per i contratti di locazione di immobili, non formatiper atto pubblico o scrittura privata autentica, di duratanon superiore a trenta giorni complessivi nell’anno.

6. COMPROPRIETARIO NONRISULTANTE DAL CONTRATTODI LOCAZIONE

D. Un contribuente, comproprietario di un immobi-le, ha stipulato solo a proprio nome un contratto di lo-cazione, senza indicare in atti il nominativo dell’altrocomproprietario. Quest’ultimo, comunque, ha sempreindicato nel modello di dichiarazione il reddito di fab-bricato in ragione della sua quota di proprietà. Si chie-de se il regime della c.d. cedolare secca possa essereapplicato da tutti i comproprietari di un immobile,anche qualora il contratto di locazione sia stato stipula-to solo da alcuni di loro.

r. Nel caso di un immobile in comproprietà, il contrat-to di locazione stipulato da uno solo dei comproprieta-ri esplica effetti anche nei confronti del comproprieta-rio non presente in atti che, pertanto, è tenuto a dichia-rare, ai fini fiscali, il relativo reddito fondiario per laquota a lui imputabile.

A decorrere dall’anno 2011, l’art. 3 del decreto legis-lativo n. 23 del 2011 ha introdotto la possibilità per ipossessori di immobili abitativi locati ad uso abitativo(persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altrodiritto reale di godimento di unità immobiliari abitativelocate, che non agiscono nell’esercizio di un’attività diimpresa, o di arti e professioni) di optare per l’applica-zione della c.d. cedolare secca sugli affitti. Secondo taleregime di tassazione, il canone di locazione di detti im-mobili può essere assoggettato ad un’imposta sostituti-va dell’IRPEF e delle relative addizionali sul redditofondiario prodotto dall’immobile locato, nonché delleimposte di registro e di bollo dovute sul contratto dilocazione.

Ne consegue che anche il comproprietario non indi-cato nel contratto di locazione ha la possibilità di opta-re, in sostituzione dell’IRPEF, per la cedolare secca.

Al di fuori delle ipotesi in cui è consentito applicaredirettamente la cedolare secca in sede di dichiarazionedei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale è pro-dotto il reddito (cfr. circolare n. 26 del 2011), i com-

proprietari dovranno esercitare l’opzione utilizzando imodelli previsti. Se l’altro comproprietario ha già eser-citato l’opzione, il comproprietario non risultante in attiche intende optare per la cedolare secca dovrà produr-re all’Ufficio territorialmente competente il modello69, selezionando l’opzione per la cedolare secca, alle-gando documentazione attestante il titolo di compro-prietario.

Resta fermo che anche il locatore non indicato in attiè tenuto, tra l’altro, a comunicare preventivamente alconduttore, tramite lettera raccomandata, la scelta per ilregime della cedolare secca con la conseguente rinun-cia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamentodel canone a qualsiasi titolo.

7. FONDO PATRIMONIALED. Un contribuente fa presente di aver costituito, in data16 marzo 1999, insieme al coniuge, un fondo patrimo-niale ai sensi degli articoli 167 e seguenti del codicecivile, destinando allo specifico scopo alcune unitàimmobiliari di esclusiva proprietà del coniuge (civiliabitazioni e pertinenze), attualmente in parte locate.

L’amministrazione dei beni è regolata conformemen-te all’art. 180 del codice civile. Chiede di conoscere seil coniuge non proprietario possa optare per il regimefiscale della cedolare secca per la metà dei canoni di lo-cazione che gli vengono attribuiti, derivanti dagli im-mobili conferiti nel fondo patrimoniale. Il contribuentenon possiede i requisiti soggettivi previsti dal comma 1dell’art. 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, ossianon è proprietario o titolare di alcun diritto reale digodimento sull’immobile locato, conferito a suo temponel fondo patrimoniale.

r. Ai sensi dell’art. 167, primo comma, del codice civi-le ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o unterzo, anche per testamento, possono costituire unfondo patrimoniale, destinando determinati beni,immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli dicredito, a far fronte ai bisogni della famiglia. In base alsuccessivo art. 168, la proprietà dei beni conferiti spet-ta ai coniugi, salvo diversa statuizione nell’atto costitu-tivo (primo comma); i frutti dei beni costituenti il fondopatrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia(secondo comma); l’amministrazione dei beni è rego-lata dalle norme relative alla amministrazione della co-munione legale di cui all’art. 180 del c.c. (terzo com-ma).

Nel caso prospettato, l’amministrazione dei beni èregolata conformemente a quanto previsto dall’art. 180del c.c., secondo cui l’amministrazione dei beni e larappresentanza in giudizio per gli atti ad essi relativispettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi (primocomma) e il compimento degli atti eccedenti l’ordina-ria amministrazione, nonché la stipula dei contratti coni quali si concedono o si acquistano diritti personali digodimento e la rappresentanza in giudizio per le relati-ve azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniu-gi (secondo comma).

Generalmente il fondo patrimoniale è considerato

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CONDOMINIO GIURIDICO58

un’ipotesi di “patrimonio di destinazione” in quanto èvincolato alla funzione di adempimento e garanziadelle obbligazioni contratte per fronteggiare i bisognidella famiglia che è assicurata da alcune disposizioniche impongono limitazioni e divieti all’alienazione dis-crezionale dei beni che lo compongono da parte deiconiugi (art. 169 c.c.) e alla espropriabilità da parte deicreditori (art. 170 c.c.).

Per quanto riguarda il profilo dell’imposizione suiredditi, l’art. 4, comma 1, lett. b) del TUIR prevede che“i redditi dei beni che formano oggetto del fondo patri-moniale di cui agli artt. 167 e seguenti del codice civi-le sono imputati per metà del loro ammontare netto aciascuno dei coniugi”.

La disposizione in questione, tenendo conto delleparticolari regole dettate dal codice civile per la gestio-ne dei beni facenti parte del fondo patrimoniale e perl’imputazione dei relativi frutti, stabilisce una discipli-na specifica di imputazione dei redditi dei beni oggettodel fondo patrimoniale: in luogo della imputazionesecondo le regole ordinarie, è previsto che il reddito siaattribuito ex lege in misura pari ad entrambi i coniugi,indipendentemente dalla circostanza che la costituzio-ne del fondo sia avvenuta con il trasferimento del dirit-to di proprietà ovvero con la riserva di proprietà in capoall’originario proprietario, e quindi a prescindere dallacircostanza che ciascun coniuge sia titolare o meno diun diritto reale sul bene e dalla misura cui spetta dettodiritto. Detta disposizione, per il suo carattere generale,è applicabile anche per l’imputazione dei redditi deri-vanti dalla locazione degli immobili ad uso abitativo,come nel caso in questione, che altrimenti concorrereb-bero quali redditi fondiari, in base all’art. 26 del TUIR,a formare il reddito complessivo dei soggetti che pos-siedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usu-frutto o altro diritto reale.

In detto contesto, il regime della c.d. cedolare secca,introdotto dall’art. 3 del decreto legislativo n. 23 del2011, si pone come alternativa facoltativa rispetto alregime ordinario di tassazione del reddito fondiario aifini IRPEF cui può accedere, su opzione, il proprietarioo il titolare di diritto reale di godimento che sia locato-re di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativoper assoggettare a imposizione il relativo canone dilocazione.

Stante le particolari disposizioni del codice civile intema di fondo patrimoniale, si ritiene che il principio diimputazione del reddito disposto in via generale dal-l’art. 4 del TUIR possa valere anche in sede di applica-zione della cedolare secca, in considerazione del comu-ne presupposto impositivo e del carattere alternativodella cedolare secca rispetto all’IRPEF, risultandoassorbente del requisito soggettivo previsto dall’art. 3,comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011 con-cernente la proprietà dell’immobile. Conseguentemen-te, si ritiene che il coniuge non proprietario possa opta-re autonomamente per l’applicazione del regime dellacedolare secca sui canoni di locazione di immobili aduso abitativo.

Rimane fermo il rispetto delle altre condizioni previ-

ste dall’art. 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011,oggetto di chiarimenti nella circolare n. 26 del 2011.

8. COMUNICAZIONE ALCONDUTTORE - CONTRATTOINFERIORE A 30 GIORNIIN UN ANNO

D. Un contribuente è titolare del diritto di usufrutto sudue unità immobiliari appartenenti, rispettivamente,alla categoria catastale A8 e C2 (pertinenza dell’immo-bile A8) che concede in locazione ad uso abitativo nelperiodo estivo (case per vacanze). Gli immobili sonolocati congiuntamente per periodi settimanali a sogget-ti non residenti in Italia. Il periodo di locazione noneccede le tre settimane consecutive con il medesimolocatario. Si chiede di conoscere se, ai fini dell’applica-zione della cedolare secca, sia obbligatorio inviare unaapposita raccomandata a tutti i conduttori con la qualecomunicare l’intenzione di avvalersi del nuovo regimee la rinuncia all’aggiornamento del canone.

r. L’articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011,istitutivo del regime della cedolare secca, stabilisce alcomma 2 che “... La cedolare secca può essere appli-cata anche ai contratti di locazione per i quali non sus-siste l’obbligo di registrazione”. Si tratta dei contratti dilocazione di immobili, non formati per atto pubblico oscrittura privata autentica, di durata non superiore atrenta giorni complessivi nell’anno. Con circolare n. 26del 2011 è stato chiarito che il limite di durata dei tren-ta giorni deve essere determinato computando tutti irapporti di locazione di durata anche inferiore a trentagiorni intercorsi nell’anno con il medesimo locatario.Se la durata della locazione, in tal modo determinata, èinferiore a 30 giorni nell’anno, è previsto l’obbligodella registrazione solo in caso d’uso, ai sensi del com-binato disposto dell’articolo 5 del TUR e dell’articolo2-bis della tariffa, parte seconda, allegata allo stessoTUR.

Per tali contratti, per i quali non sussiste l’obbligo diregistrazione in termine fisso, il locatore può applicarela cedolare secca in sede dichiarazione dei redditi rela-tiva al periodo di imposta nel quale è prodotto il reddi-to. L’opzione esercitata in sede di dichiarazione dei red-diti, in tal caso, esplica effetti anche ai fini dell’impostadi registro nell’ipotesi in cui il contribuente proceda allaregistrazione volontaria o in caso d’uso del contratto.

Per poter beneficiare del regime della cedolare secca,in base al comma 11 dell’art. 3 del decreto legislativon. 23 del 2011, il locatore deve comunicare preventiva-mente al conduttore tramite lettera raccomandata lascelta del regime alternativo e la conseguente rinunciaper il corrispondente periodo di durata dell’opzione adesercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento delcanone a qualsiasi titolo.

L’obbligo di inviare la comunicazione di rinunciaagli aggiornamenti del canone può essere escluso nel-l’ipotesi di contratti di locazione di durata complessivanell’anno inferiore a trenta giorni. In relazione a tali

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LEGGI E CIRCOLARI 59

contratti di breve durata, per i quali non vige l’obbligodella registrazione in termine fisso, non opera il mec-canismo di aggiornamento del canone.

9. COMUNICAZIONE ALCONDUTTORE - CONTRATTI CONCLAUSOLA DI RINUNCIA AGLIAGGIORNAMENTI DEL CANONE

D. Un contribuente titolare del diritto di proprietà di unimmobile abitativo intende stipulare un contratto dilocazione per uso abitativo della durata di quattro anniin cui è previsto in apposita clausola la rinuncia all’ag-giornamento del canone. Si chiede di conoscere se, aifini dell’applicazione della cedolare secca, sia comun-que necessario inviare l’apposita raccomandata al con-duttore con la quale comunicare l’intenzione di avva-lersi del nuovo regime e la rinuncia all’aggiornamentodel canone a qualsiasi titolo.

r. Come già specificato, in base al comma 11 dell’art.3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, il locatore devecomunicare preventivamente al conduttore tramite let-tera raccomandata la scelta del regime alternativo e laconseguente rinuncia per il corrispondente periodo didurata dell’opzione ad esercitare la facoltà di chiederel’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Con lacircolare n. 26 del 2011, è stato precisato, con partico-lare riferimento all’applicazione del regime della cedo-lare secca per l’anno 2011, che per i contratti di loca-zione che prevedono espressamente la rinuncia agliaggiornamenti del canone non è necessario inviare alconduttore la comunicazione in questione. Si ritieneche la medesima conclusione può essere estesa ancheai contratti di locazione di immobili ad uso abitativoche non rientrano nel regime transitorio del 2011, qua-lora nel contratto di locazione sia espressamente previ-sta la rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’ag-giornamento del canone a qualsiasi titolo.

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ

L’aMMInIStratore PuÒ aPrIre un contoL’aMMInIStratore PuÒ aPrIre un contocorrente BancarIo InteStato aL conDoMInIocorrente BancarIo InteStato aL conDoMInIo

Senza SPecIFIcHe autorIzzazIonISenza SPecIFIcHe autorIzzazIonI

mande del condominio, revocava il decreto ingiuntivo,rigettando ogni altra domanda.

Proponeva appello la Banca P. e I. S.p.A., successoredella Banca convenuta. Costituitosi il contraddittorio, ilcondominio ne chiedeva il rigetto, proponendo appelloincidentale condizionato, circa la manleva nei confron-ti del S.; la S.p.A. Assicurazioni G. parimenti propone-va appello incidentale condizionato, chiedendo riget-tarsi la domanda di manleva del S.; questi chiedevarigettarsi l’appello della Banca e quello incidentale delcondominio; proponeva a sua volta appello incidentale,chiedendo la condanna del Condominio al pagamentoa suo favore della somma di Euro 20.138,76. La Corted’Appello di Milano, con sentenza in data 4.11.2009 -7.4.2010, in parziale riforma dell’impugnata senten-za, dichiarava cessata la materia del contendere tra laS.p.A. Assicurazioni G.e la Banca; confermava il de-creto ingiuntivo e rigettava l’opposizione.

Ricorre per cassazione il Condominio.Resistono con controricorso la Banca, la S.p.a.

Assicurazioni G., nonché il S., che pure propone ricor-so incidentale.

Resiste con controricorso al ricorso incidentale ilcondominio.

MOTIvI DELLA DECISIONEPreliminarmente, appaiono infondate le eccezioni di

inammissibilità del ricorso principale, sollevate, in con-troricorso, dalla Banca P. C. e I. S.p.A.. Da un lato,infatti, la censura circa l’insufficienza di motivazione

SvOLGIMENTO DEL PROCESSOCon atto di citazione ritualmente notificato, il

Condominio di …, in persona dell’amministratore, pro-poneva opposizione al decreto ingiuntivo, emesso dalPresidente del Tribunale di Milano a favore della BancaP. C. e I., Soc. Coop. a r.l., per l’importo di lire67.586.914 per saldo negativo di conto corrente.Proponeva altresì domanda di manleva nei confronti diS.C.G., già amministratore del condomino stesso.

Costituitosi il contraddittorio, la Banca chiedeva ri-gettarsi la domanda e proponeva in subordine azione dimanleva nei confronti del S.; questi chiedeva rigettarsila domanda del condominio, dichiararsi inammissibilequella della Banca, e chiamarsi in causa la S.p.A. As-sicurazioni G., per esserne garantito; costituitasi, laS.p.A. Assicurazioni G. chiedeva rigettarsi le domandenei suoi confronti.

Con sentenza in data 17 giugno - 4 luglio 2006, ilTribunale di Milano, in parziale accoglimento delle do-

corte DI caSSazIoneSez. I civ., sent. n. 7162 del 10.5.2012

Pur in assenza di specifiche norme che ne facciano obbligo, l’am-ministratore è tenuto a far affluire i versamenti delle quote con-dominiali su apposito e separato conto corrente intestato al con-dominio, per evitare confusioni e sovrapposizioni tra il patrimoniodel condominio e il suo personale od eventualmente quello di altridifferenti condomini, da lui amministrati.

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CONDOMINIO GIURIDICO62

(non evidentemente l’assenza), può coesistere conquella di illogicità, dall’altro, la stessa controricorrente,quanto all’asserita violazione dell’art. 360 bis c.p.c.,non dà indicazione alcuna sugli orientamenti giurispru-denziali di questa Corte, che il ricorrente principaleavrebbe contrastato, limitandosi a richiamare pronunceisolate e non del tutto pertinenti (Cass., n. 1046/1974,sui poteri dell’amministratore; Cass., n. 1640/1997 sulcontratto d’appalto). È fondata, invece, l’eccezione diinammissibilità per tardività, sollevata dal S. nellamemoria per l’udienza (la questione, ovviamente, èrilevabile d’ufficio) circa il controricorso di S.p.A.Assicurazioni G. nei suoi confronti: la notifica delricorso principale reca la data del 21 luglio 2010; quel-la del controricorso e del ricorso incidentale, del 18 ot-tobre 2010; il controricorso di S.p.A. Assicurazioni G.è stato notificato in data 27 settembre 2011.

Venendo all’esame del ricorso principale, con il primomotivo, il Condominio di … lamenta violazione degliartt. 1130, 1131, 1388, 1393, 1398, 1708, 1711 c.c. evizio di motivazione, circa il potere e la responsabilitàdell’amministratore nell’apertura di un conto corrente enella successiva apertura di una linea di credito da partedella Banca. Con il secondo, violazione degli artt. 2697c.c., 106, 111 c.p.c., nonché omissione di motivazione,circa la manleva nei confronti del S. e la sua condannaalla restituzione della somma di Lire 46.068.012.

I motivi vanno rigettati, in quanto infondati.È da ritenere che, secondo, del resto, orientamenti

diffusi nell’ambito della dottrina e della giurisprudenzadi merito (sul punto, questa Corte non ancora avutomodo di pronunciarsi specificamente), l’amministrato-re condominiale possa aprire un conto corrente conte-nente i contributi alle spese condominiali. È vero che,come precisa il ricorrente principale, l’amministratorerappresenta il condominio nei limiti delle attribuzionistabilite dall’art. 1130 c.c. Egli ha l’obbligo, ai sensi delprimo comma, n. 3, di erogare le spese occorrenti per lamanutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificioe per l’esercizio dei servizi comuni. Nell’ambito di talipoteri, l’amministratore gode di ampia autonomia, epuò sicuramente anticipare fondi per effettuare paga-menti a favore di terzi (al riguardo, v. Cass., n. 1046-1974) (ad es., se alcuni condomini siano inadempienti).Egli sarebbe ritenuto responsabile se non richiedesse intempo i contributi ai condomini, e da ciò derivasse undanno al condominio.

Anche se non si può affermare, come pure talora èstato fatto, che addirittura la mancata apertura di unconto corrente separato rispetto al patrimonio persona-le dell’amministratore, costituirebbe irregolarità tale dacomportarne la revoca del mandato, si può sostenereche, pur in assenza di specifiche norme che ne faccia-no obbligo, l’amministratore è tenuto a far affluire iversamenti delle quote condominiali su apposito eseparato conto corrente intestato al condominio, per e-vitare confusioni e sovrapposizioni tra il patrimonio delcondominio e il suo personale od eventualmente quel-lo di altri differenti condomini, da lui amministrati. Viè pure un’esigenza di trasparenza e di informazione, in

modo che ciascun condomino possa costantementeverificare la destinazione dei propri esborsi e la chia-rezza e facile comprensibilità dell’intera gestione con-dominiale.

L’apertura del conto corrente non richiede dunquespecifiche autorizzazioni assembleari, ciò che invecerichiederebbe sicuramente l’apertura di una linea dicredito bancaria. Va peraltro precisato che, negli ordi-nari contratti di conto corrente formulati e propostidall’ABI, è prevista la possibilità di uno scoperto,necessariamente produttivo di interessi passivi.

D’altra parte, come ha chiarito il Giudice a quo, conmotivazione adeguata e non illogica, l’amministratore,all’assemblea condominiale del 25-01-1996 (superan-dosi evidentemente l’errore materiale della sentenzaimpugnata, dove si fa riferimento al 25-11-1996) pro-pose l’apertura di un conto corrente, senza incontrareopposizione. E i condomini erano ben consapevoli delsuccessivo scoperto del conto corrente - continua ilGiudice a quo - come emerge dai verbali delle due as-semblee straordinarie del 16 luglio e 25 novembre1997, convocate dall’amministratore, proprio con rife-rimento a tale “scoperto”: in quella sede, veniva deli-berata la copertura delle spese correnti, per evitare l’ac-cumularsi di interessi passivi sul conto corrente condo-miniale, e si precisava che alcuni condomini avevanoprovveduto, con il versamento di fondi, a sanare, ancor-ché parzialmente, la situazione di scoperto.

È da ritenere pertanto, sulla base di quanto finoraosservato che l’apertura del conto corrente e lo “sco-perto” bancario fossero immediatamente opponibili alcondominio.

Quanto al secondo motivo, il Giudice a quo ha riget-tato la domanda di manleva e di restituzione di somme,proposte dal condominio, nei confronti del S.. Silamenta, sotto quest’ultimo profilo, omessa motivazio-ne, là dove invece la motivazione stessa sussiste ed èadeguata e non illogica. La Corte di Merito chiarisceche le somme destinate al conto corrente e trattenutedal S. erano tutte provenienti da debiti contratti e daanticipi effettuati per la gestione del patrimonio condo-miniale: l’amministratore non ha usato il conto corren-te per fini personali, ma ha effettuato prelievi per farfronte alle esigenze condominiali (e talora per recupe-rare - come emerge, seppur per implicito, dalla senten-za impugnata - propri anticipi).

In sostanza, il condominio finisce, al riguardo, perintrodurre profili di fatto, in contrasto con quanto indi-cato nella sentenza, insuscettibili di controllo in questasede. Ancora, il ricorso del condominio si palesa a trat-ti non autosufficiente, perché non si indicano specifica-mente le vicende del conto corrente e le partite di dareed avere.

Conclusivamente, va rigettato il ricorso principale.Quanto al ricorso incidentale del S., con un unico moti-vo, egli lamenta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.,184 c.p.c., nonché errata valutazione delle risultanze edelle istanze istruttorie, relativamente al credito vanta-to verso il condominio per una parte degli anticipi effet-tuati.

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 63

Per giurisprudenza ampiamente consolidata (tra lealtre, Cass. n. 13375/09), la valutazione delle risultanzee delle istanze istruttorie spetta al Giudice di Merito, enon può essere oggetto di controllo in questa sede sesorretta da congrua motivazione.

Con motivazione essenziale, ma adeguata e non illo-gica, la sentenza impugnata, richiamando argomenta-zioni del primo Giudice, precisa che non è stato pro-vato in alcun modo il credito del S. e che risultano i-ninfluenti le prove richieste, mentre la C.T.U. propostasarebbe meramente esplicativa: sarebbe stato indi-spensabile - secondo il Giudice a quo - la presentazio-ne di uno specifico rendiconto, con riferimento allaformazione del passivo e agli eventuali crediti del S.stesso.

Va dunque rigettato, in quanto infondato, il ricorsoincidentale.

Le spese seguono la soccombenza del Condominionei confronti della Banca, rimanendo compensate tuttele altre posizioni.

P.Q.M.La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le

spese tra il Condominio di …, S.C.G. e AssicurazioniG. S.p.A.; condanna il predetto Condominio al paga-mento delle spese del presente giudizio di legittimitànei confronti della Banca P. C. e I. S.p.A., che liquidain Euro 2.500 per onorari ed Euro 200 per esborsi, oltrespese generali ed accessori di legge.Depositata in Cancelleria il 10.05.2012.

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IMMoBILe Senza coLLauDo? SeQueStro SoLoIMMoBILe Senza coLLauDo? SeQueStro SoLoSe c’È rIScHIo Per La PuBBLIca IncoLuMItàSe c’È rIScHIo Per La PuBBLIca IncoLuMItà

bile sopra indicato ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001,art. 44, per carenza del titolo abilitativo. In data13.05.2009, il P.M. presso il Tribunale di Napoli dispo-neva il dissequestro dell’immobile sottoposto a vincoloreale, “sul presupposto che la costruzione era stataeffettuata in tempo risalente” e che, dunque, il terminedi prescrizione del reato edilizio era ormai spirato. Inesito a specifica delega di indagine, la P.G. (PoliziaMunicipale di Afragola) comunicava all’A.G. che “perl’intero fabbricato non risultava depositato presso lacompetente V.T.C, il certificato di collaudo”.

Con provvedimento del 9.11.2010, il g.i.p. delTribunale di Napoli, dopo aver riconosciuto la sussi-stenza del fumus del reato di cui al D.P.R. n. 380 del2001, art. 75, rigettava la richiesta di sequestro preven-tivo avanzata dal P.M. in ordine al detto reato sull’as-sunto che “un’opera ultimata, rifinita e risalente neltempo, sia pure originariamente sprovvista del certifi-cato di collaudo, non è una situazione fondante la legit-tima emissione di una misura reale sull’immobile”.

In particolare il tribunale da una parte riteneva sussi-stente il fumus del reato suddetto, risultando dalle inda-gini espletate la carenza, nella fattispecie in esame, delrilascio del certificato di collaudo (anche in considera-zione dell’abusività del manufatto, che oltretutto risulta-va essere stato acquisito dal Comune). Osservava peròche si trattava di un reato istantaneo con effetti perma-nenti, che si consumava con la omissione degli adempi-menti richiesti dalla norma anzidetta; sicché - ha osser-vato il tribunale - il reato era prescritto, essendo indub-bio (ed incontestato anche dal P.M. che aveva dispostoa suo tempo il dissequestro dell’immobile in ordine alreato di cui all’art. 44 D.P.R. cit.) che il manufatto era

SvOLGIMENTO DEL PROCESSO1. Con ordinanza dell’8 febbraio 2011 il Tribunale diNapoli, pronunciandosi nel procedimento penale neiconfronti di I.A., I.M., I.S. e I.R., indagati del reato pre-visto dall’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 75,perché, in concorso tra loro, consentivano l’uso del-l’immobile ubicato in (omissis) a sinistra senza il pre-vio rilascio del certificato di collaudo, rigettava l’appel-lo presentato dal P.M. presso il Tribunale di Napoli indata 19.11.2010, riguardante l’ordinanza emessa dalg.i.p. del Tribunale di Napoli in data 9.11.2010, con laquale veniva rigettata la richiesta datata 20.10.2010,diretta ad ottenere il sequestro preventivo dell’immobi-le suddetto.

Osservava il tribunale che in data 30.01.2009 la P.G.accertava la violazione dei sigilli apposti nel 2001 conprosecuzione dei lavori e completamento degli stessi;all’atto della verifica, l’immobile risultava suddiviso indue appartamenti per ciascun piano, completi ed abita-ti dagli indagati sopra indicati con i relativi nuclei fami-liari. Con decreto emesso in data 9.2.2009, il g.i.p. delTribunale di Napoli disponeva il sequestro dell’immo-

corte DI caSSazIoneSez. III pen., sent. 17.1.2012, n. 1411

Per l’adozione della misura cautelare reale del sequestro preven-tivo di costruzione non è sufficiente la mancanza di certificato dicollaudo – in conformità all’art. 67 del T.U.E. – per tutte le operein cemento armato o a struttura metallica, occorrendo la presen-za di un pericolo per la pubblica incolumità o quantomeno la sus-sistenza di concreti elementi probatori per affermare la sussisten-za del pericolo.

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 65

ormai completato ed abitato “da tempo risalente”.Peraltro - quanto al requisito del periculum in mora -

ha osservato il tribunale che la suscettibilità del manu-fatto di porre in pericolo l’incolumità dei nuclei fami-liari degli indagati che lo occupavano non appariva e-vincibile dalla generica circostanza costituita dal ri-schio sismico e vulcanico ricollegabile alla natura geo-logica del territorio, non risultando dal compendio diindagine attestazioni tecniche della ricorrenza in con-creto del paventato pericolo, quale avrebbe dovutoessere in concreto accertato quale imprescindibile sup-porto della invocata applicazione del vincolo reale,stante la natura di reato meramente formale della con-travvenzione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 75.2. Avverso questa pronuncia il Procuratore dellaRepubblica presso il tribunale di Napoli propone ricor-so per cassazione.

MOTIvI DELLA DECISIONE1. Il ricorso censura il provvedimento pronunciato daltribunale del riesame per “inosservanza e erronea appli-cazione della legge penale o di altre norme giuridichedi cui si deve tenere conto nell’applicazione della leggepenale”. Sostiene il ricorrente che il reato contestatonon è prescritto atteso che si tratta di reato permanentee non di reato istantaneo con effetti permanenti, sicchéil termine di prescrizione decorre dalla data di ultima-zione delle opere.2. Il ricorso è infondato.Può richiamarsi in proposito la giurisprudenza di que-sta Corte (Cass., sez. un., 12 ottobre 1993 - 10 gennaio1994, n. 72) sull’art. 221 del testo unico delle leggisanitarie, che ha una struttura analoga a quella previstadal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 75, giurisprudenza cheha affermato che, attesa la natura del reato permanente,

in cui la condotta e l’evento si presentano come uncomplesso unitario sostenuto dalla volontà di protrarrenel tempo la violazione, le cause estintive del reato ope-rano sullo stesso soltanto se la permanenza sia cessata.Cfr. altresì Cass., sez. 3, 27 gennaio 1998 - 5 marzo1998, n. 364, che ha affermato che il reato di cui al R.D.27 luglio 1934, n. 1265, art. 221 è un reato permanen-te a condotta mista: questa comprende un aspetto com-missivo (utilizzazione dell’edificio) ed un aspetto omis-sivo (mancata richiesta dell’abitabilità): per conseguen-za il colpevole può far cessare l’offesa agli interessiigienici e urbanistici tutelati dalla norma penale con unacondotta simmetricamente opposta a quella costitutivadel reato, e cioè dismettendo l’utilizzazione dell’immo-bile ovvero ottenendo il nulla osta di abitabilità.

Principio questo che può predicarsi anche con riferi-mento alla contravvenzione di cui al D.P.R. n. 380 del2001, art. 75.

Nella specie però è decisivo considerare che, anchese ci si muove nell’ottica interpretativa della procuradella Repubblica ricorrente, secondo cui l’ultimazionedei lavori non fa cessare la permanenza del reato,comunque per l’adozione della misura cautelare realedel sequestro occorre il pericolo che l’ordinanza impu-gnata esclude in concreto o comunque ritiene che nonsussistano concreti elementi probatori per affermarne lasussistenza.

Il procuratore della Repubblica ricorrente non censu-ra questo aspetto della ordinanza impugnata, che costi-tuisce comunque una sufficiente ragione per il rigettoda della richiesta di sequestro.3. Pertanto il ricorso va rigettato.

P.Q.M.la Corte rigetta il ricorso.

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aPProPrIazIone InDeBIta DeLL’aMMInIStratoreaPProPrIazIone InDeBIta DeLL’aMMInIStratoreDI conDoMInIo: IL reato SI conSuMaDI conDoMInIo: IL reato SI conSuMa

aLLa conSegna DeLLa caSSa aL SucceSSoreaLLa conSegna DeLLa caSSa aL SucceSSore

G.S. veniva quindi rinviato a giudizio per risponderedel reato di cui agli artt.81 cpv. e 61 n. 7 e n. 11, 646c.p., perché, nella sua qualità di amministratore del con-dominio … , in esecuzione del medesimo disegno cri-minoso e in diverse occasioni al fine di procurarsi unprofitto si appropriava della somma di Euro 96.884,41nel periodo compreso tra il 1.4.1999 ed il 31.3.2003 edal 1.4.2003 al 31.3.2004; somma derivante dall’espo-sizione nella contabilità condominiale di costi superio-ri a quelli sostenuti dai proprietari del Condominio …;trattenendo la somma distratta nonostante le richiestedella persona offesa. Con l’aggravante di cui all’art. 61n. 7 c.p. di aver causato alla persona offesa un dannopatrimoniale di rilevante gravità. Con l’aggravante dicui all’art.61 n. 11 c.p. di aver commesso il fatto conabuso del rapporto di prestazione d’opera, dal 1999 al2004. Con sentenza del 21.12.2009, il Tribunale diBusto Arsizio, sezione distaccata di Gallarate, all’esitodel giudizio celebrato con rito abbreviato, dichiarò G.S.responsabile del reato di appropriazione indebita aggra-vata della somma di Euro 96.884,41, e lo condannò allapena di mesi otto di reclusione ed Euro 400 di multa,nonché al risarcimento dei danni in favore delle particivili costituite L.F. e E.V., quest’ultimo nella sua qua-lità di amministratore del Condominio …, danni daliquidarsi in separato giudizio.

Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato,e la Corte d’Appello di Milano con sentenza del26.5.2011, dopo aver acquisito agli atti tutti i documen-

SvOLGIMENTO DEL PROCESSOIn data 4.1.2005, L.F., comproprietaria di un apparta-

mento sito nel condominio di via …, presentò denunciaquerela nei confronti di S.G., che aveva ricoperto la cari-ca di amministratore del predetto Condominio dall’apri-le 1999 sino al marzo 2004, rilevando che l’ammini-stratore nominato a seguito delle dimissioni del S. nonera riuscito a ricostruire compiutamente i movimenticontabili della precedente gestione, essendo emersi aprima vista irregolarità ed ammanchi; a seguito di unaverifica contabile era stato così accertato che nei ren-diconti di esercizio erano stati esposti costi superiori aquelli sostenuti, e che all’amministratore erano stateconsegnate somme poi versate su libretti, di cui uno mairestituito. Gli esiti di tali accertamenti erano stati ogget-to di contestazione nei confronti del S., tramite letteraraccomandata datata 5.10.2004, ma lo stesso non avevafornito alcun tipo di spiegazione a riguardo.

corte DI caSSazIoneSez. II pen., sent. n. 18864 del 17/5/2012

La peculiarità della sentenza di seguito pubblicata consiste nell’a-ver individuato il momento consumativo del reato di appropria-zione indebita, commesso da un amministratore di condominio,nell’azione di consegna della cassa all’amministratore suben-trante, accompagnata dalla ritenzione di una parte delle sommeversate dai singoli condòmini e di un libretto di deposito bancario,intestato al condominio. Tali condotte, per la Suprema Corte,comprovano la volontà di non restituire le cose di cui si ha il pos-sesso, e dunque sono necessarie e sufficienti a configurare il reatode quo.

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 67

ti allegati all’atto d’appello, rideterminava l’ammonta-re della distrazione in complessivi Euro 13.374,28(9.402,48 + Euro 3.971,80 somma depositata sul libret-to n. 106.490/80 non restituito), e - in parziale riformadella decisione di primo grado - esclusa la circostanzaaggravante di cui all’art. 61 n. 7 c.p., riduceva la pena amesi sei giorni venti di reclusione ed Euro 340 di multa,e confermava le statuizioni civili.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato,deducendo: 1) la violazione dell’art. 606 lett. c) c.p.p.,per violazione di norma processuale stabilita a pena dinullità ex art. 178 co. 1 lett c) e 180 c.p.p. in relazioneall’art. 487 c.p.p., in quanto a seguito della costituzionedelle parti, all’udienza del 26.5.2011, la Corte territo-riale non ha provveduto alla declaratoria di contumacianei confronti dell’imputato non presente; 2) la violazio-ne dell’art. 606 lett .b) ed e) c.p.p., per errata interpre-tazione della legge penale, e mancanza e manifesta illo-gicità della motivazione, in relazione alla specificadoglianza di cui all’atto d’appello relativa all’accerta-mento dei singoli fatti di appropriazione indebita, daconsiderare già prescritti alla data di pubblicazionedella sentenza impugnata. La Corte ha infatti omesso dimotivare sullo specifico motivo di impugnazione e,ancor più erroneamente, ha indicato nel giorno 15-1-2004 il tempo della consumazione dell’“indebitaappropriazione”, nonostante la contestazione ex art. 81cpv. c.p., che sottende la plurima violazione della leggepenale, e non una singola violazione costituita dallasommatoria di più condotte illecite. E quanto al “dies aquo”, coincidente con la decorrenza del termine neces-sario a prescrivere le singole fattispecie, è indiscutibileche tutte le appropriazioni consumate nel periodo1999-2003 fossero già estinte per intervenuta prescri-zione alla data della sentenza impugnata. Chiede per-tanto l’annullamento della sentenza.

MOTIvI DELLA DECISIONE1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infon-dato.

È principio costantemente affermato da questa Cortecon giurisprudenza assolutamente prevalente, condivi-sa da questo Collegio, che l’omissione della declarato-ria formale di contumacia, in presenza dei presuppostidel giudizio contumaciale (assenza di un legittimo im-pedimento dell’imputato), non è causa di nullità dellasentenza, in quanto non prevista specificamente dal-l’ordinamento e non riconducibile al novero delle nul-lità di ordine generale, considerato che essa non impor-ta alcun effetto pregiudizievole ai fini dell’intervento edell’assistenza dell’imputato, cui competono comun-que i diritti processuali connessi alla situazione di con-tumacia (v. Cass. Sez. V, sent. n. 36651/2008 Rv.241634; Sez. VI, sent. n. 19273/2006 Rv. 233973;Sez.V n. 46857/2005 Rv. 233045).

A ciò aggiungasi che, anche volendo seguire l’indi-rizzo giurisprudenziale meno recente e minoritario,secondo il quale l’omissione di formale pronuncia del-l’ordinanza dichiarativa della contumacia costituiscenullità a regime intermedio sanabile ex art. 182 c.p.p.,

comma 2 (v. Cass. Sez. I, sent. n. 2859/2004 Rv.230650), il motivo risulterebbe comunque inammissi-bile, in quanto nessun concreto pregiudizio, derivantedall’omessa pronuncia della contumacia, è stato pro-spettato dal ricorrente, e secondo quanto prevede l’art.182 c.p.p., le nullità a regime intermedio possono esse-re dedotte solo dalla parte che vi abbia interesse, e sisanano se non rilevate d’ufficio entro i termini indicatidall’art. 180 c.p.p.. 2. Il secondo motivo non solo è manifestamente infon-dato, ma è anche privo della specificità, prescritta dal-l’art. 581, lett. c), in relazione all’art. 591 lett. c) c.p.p.per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomen-tate della decisione impugnata e quelle poste a fonda-mento dell’impugnazione. 2.1 La Corte d’Appello, ritenuta l’assoluta necessità diacquisire agli atti tutta la documentazione allegataall’atto di appello del S. (copia integrale dei rendiconti,dei piani di riparto, delle fatture emesse dalla O. neiconfronti del condominio, dei verbali delle assembleeed in particolare di quella in data 27.11.2003 avente adoggetto, tra l’altro, le dimissioni del S., dei libretti ban-cari, della fattura n. … emessa dal geometra R., e delmodello F24 attestante il pagamento della ritenutad’acconto), in quanto documenti pertinenti alle specifi-che allegazioni della parte civile ed al periodo incrimi-nato, e - precisato che nell’imputazione era stato indi-cato in complessivi Euro 96.884,41 l’oggetto delle con-dotte appropriative, ma che, espunti dall’elenco indenuncia le voci 6) ed 8), per le quali era ancora igno-to l’esito degli accertamenti effettuati dalla parte offesa,i pretesi ammanchi di cui alla contestazione dovevanoin realtà essere quantificati nella minor somma di Euro59.427,71 - nella sentenza impugnata (v. pagg. 5-20) haricostruito, con estrema precisione, tutta la contabilitàdel condominio negli anni in contestazione, sulla basenon solo delle contestazioni, ma anche di tutti i docu-menti prodotti dalla difesa del S. e dalle dichiarazionirese dal medesimo.

Tenuto conto delle dichiarazioni dell’imputato, che -in ordine alle varie voci in contestazione - ha ammessodi aver talvolta rendicontato, e quindi richiesto e ottenu-to dai condomini, il pagamento di somme mai spese(ma ha negato di essersene appropriato, essendo comun-que gli importi versati in eccedenza rimasti sul contobancario del condominio, e quindi in cassa), e di averquindi redatto i rendiconti, facendo largo uso del criteriodi competenza, anziché del criterio di cassa, con conse-guente esistenza di spese rendicontate, ma non ancorapagate, la Corte ha ritenuto che l’unico metodo possibi-le per verificare se e quando si fosse verificata da partedell’imputato la denunciata appropriazione dellesomme in questione, fosse proprio quello di calcolarel’importo complessivo delle somme pagate dai condo-mini e l’importo complessivo delle spese effettuate perconto del condominio alla luce degli esiti della riconci-liazione bancaria intervenuta il 15.1.2004, al momentodella consegna della cassa dal S. al nuovo amministra-tore V.. Considerato che, a seguito dell’operata ricostru-zione della contabilità, era emerso che, alla data del

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CONDOMINIO GIURIDICO68

15.1.2004, sul conto del condominio si sarebbe dovutatrovare depositata la somma di Euro 32.273,17, mentreal momento delle consegne l’imputato aveva versatoall’amministratore subentrante quale residuo di cassa laminor somma di Euro 22.870,69, la Corte ha quindi rite-nuto che, proprio in quel momento, l’imputato -tratte-nendo le somme di Euro 9.402,48, pari alla differenza dicassa rilevata, e di Euro 3.971,80, di cui al libretto dideposito n. … ricevuto e non restituito - ebbe a manife-stare la volontà di farle proprie; il reato (unico e noncontinuato) si era pertanto consumato al momento dellaconsegna della cassa, ovvero in data 15.1.2004.Ridimensionata la distrazione totale delle somme inEuro 13.374,28, la Corte ha poi escluso l’aggravante dicui all’art. 61 n. 7 c.p., e ridotto la pena.

Le precise argomentazioni della sentenza d’appelloche, nonostante la genericità del motivo di ricorso, si èritenuto di dover sia pur sinteticamente riportare nelloro integrale sviluppo ai fini dell’esatta individuazionedel momento consumativo del reato, non sono suscetti-bili di censura alcuna in questa sede, in quanto ampia-mente e logicamente motivate. 2.2 Sulla base di norme espressamente dichiarate inde-rogabili dall’art. 1138 comma 4 cod. civ., l’amministra-tore del condominio dura in carica un anno (art. 1129comma 2 cod. civ.) e sottopone alla approvazione del-l’assemblea il preventivo ed il consuntivo delle speseafferenti all’anno (art. 1135 nn. 2 e 3 cod. civ.), ragionper cui la gestione viene rapportata alla competenza(annuale). Poiché l’amministratore è tenuto anno peranno a predisporre il bilancio preventivo ed a far appro-vare dall’assemblea il bilancio consuntivo, astratta-mente, anno per anno, alla scadenza dell’anno socialecorrispondente alla durata in carica, egli deve risponde-re della gestione; in ogni caso alla scadenza, sia cheessa avvenga alla fine dell’anno, sia che venga antici-pata da un provvedimento di revoca, l’amministratoredeve dare conto della gestione e restituire tutte le som-me che detiene per conto del condominio.

Secondo la giurisprudenza delle sezioni civili di que-sta Corte, l’amministratore del condominio configuraun ufficio di diritto privato assimilabile al mandato conrappresentanza, con la conseguente applicabilità, neirapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini,delle disposizioni sul mandato (Cass. Civ., Sez. II, 12febbraio 1997, n. 1286; Cass. Civ., Sez. II, 14 dicembre1993, n. 12304), e considerato che, ai sensi dell’art.1713 cod. civ., il mandatario deve rendere al mandanteil conto e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causadel mandato, l’obbligo di restituzione sorge a seguitodella conclusione dell’attività gestoria, salvo che l’e-stinzione avvenga prima di tale conclusione, e deveessere adempiuta non appena tale attività si è realizza-ta. Di norma, la restituzione avviene in seguito al ren-diconto annuale ma, ove ciò non avvenga (anche permeri errori di contabilità o perché devono essere anco-ra recuperate somme dovute da condomini morosi eriguardanti la precedente gestione o per altre cause),una volta che la gestione si conclude, e in difetto di con-trarie disposizioni pattizie, l’amministratore del condo-

minio è tenuto alla restituzione, in riferimento a tuttoquanto ha ricevuto nell’esercizio del mandato per contodel condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, eciò indipendentemente dalla gestione alla quale lesomme si riferiscono (v. Cass. Civ., Sez. II, sent. n.10815/2000 Rv. 539589). 2.3 Un indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, conriferimento alla fattispecie di spendita di titoli avuti ingaranzia (v. Cass., Sez.II, sent. n. 1119/99, rv. 212976;Sez. II, sent. n. 12096/86, rv. 174174), e a quella didetenzione a titolo di custodia di un libretto al portato-re bancario intestato a persona deceduta (e di cui ildetentore aveva rifiutato la restituzione agli eredi), haritenuto che non sempre vi è necessaria coincidenza trail momento in cui viene posta in essere la condotta diappropriazione e di interversione del possesso, e quelloin cui si verifica l’evento di appropriazione, evento cheè costituito dalla manifestazione della volontà dell’a-gente di fare propria la cosa, e ha quindi statuito che ilreato di cui all’art. 646 c.p. si consuma nel momentodell’azione, cioè dell’interversione del titolo del pos-sesso, e si perfeziona con il verificarsi dell’evento costi-tuito dal momento in cui la parte offesa viene posta aconoscenza dell’avvenuta appropriazione in suo danno.L’evento appropriazione, in questi casi, si realizza allor-ché la parte offesa subisce il danno della mancata resti-tuzione (v. Cass., Sez.II, sent. n. 48438/2004, rv.230354). 2.4 Nella concreta fattispecie, comunque, così comeaccertato dal giudice del fatto, in conformità con i prin-cipi di diritto dettati da questa Corte, il momento dellainterversione del possesso è coincidente con quello del-l’evento del reato, e si è realizzato all’atto della conse-gna della cassa al nuovo amministratore, allorché l’im-putato, non restituendo l’intero importo delle sommericevute nel corso della sua gestione, ha manifestatochiaramente la volontà di voler trattenere per sé partedelle somme in questione. Non è al riguardo illogicoritenere, così come deciso dalla Corte territoriale, che lamancata restituzione di volta in volta in seguito ai ren-diconti annuali non è dato certo di interversione delpossesso, e non è di per sé incompatibile con la conser-vazione del denaro, del quale non si è potuto comunqueaccertare la dispersione fino alla consegna della cassa,così come rilevato anche dalla ricostruzione della con-tabilità, sulla scorta dei documenti prodotti e delle stes-se dichiarazioni del S., il quale ha ammesso di averredatto i rendiconti annuali, facendo largo uso del crite-rio della competenza, anziché del criterio di cassa, conla conseguente esistenza di spese rendicontate, ma nonancora pagate.

Esattamente la Corte ha pertanto ritenuto il reato con-sumato il 15.1.2004, al momento in cui il S., dovendoassolvere a seguito della conclusione dell’attività gesto-ria all’obbligo di restituzione ai sensi dell’art. 1713 cod.civ., consegnava al nuovo amministratore la cassa delCondominio con un ammanco di Euro 13.374,28. 2.5 Considerato che il reato è stato consumato il …, eil termine massimo di prescrizione a seguito di attiinterruttivi ai sensi dell’art. 160 c.p. è di anni sette e

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 69

mesi sei, appare evidente che, anche a prescindere daeventuali periodi di sospensione, alla data della pro-nuncia della sentenza d’appello (26.5.2011) il reato nonera ancora estinto per prescrizione.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. L’i-nammissibilità originaria del ricorso comporta il pas-saggio in giudicato della sentenza di merito, con la con-seguente impossibilità di dichiarare l’eventuale, soprav-venuta prescrizione del reato ex articolo 129 cod. proc.pen.. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con ilprovvedimento che dichiara inammissibile il ricorso,l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato alpagamento delle spese del procedimento, nonché - rav-visandosi profili di colpa nella determinazione della

causa di inammissibilità - al pagamento a favore dellaCassa delle ammende della somma di mille Euro, cosìequitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricor-

rente al pagamento delle spese processuali e della som-ma di Euro mille alla Cassa delle ammende, nonchéalla rifusione in favore delle parti civili Condominio ...e L..F. delle spese sostenute dalle predette parti civi-li per questo grado di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 2400 oltre IVA, CPA e spese gene-rali.

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La reSPonSaBILItà DeLL’acQuIrente DILa reSPonSaBILItà DeLL’acQuIrente DIIMMoBILe In conDoMInIo Per I DeBItIIMMoBILe In conDoMInIo Per I DeBItI

DeL BIennIo PreceDente È DIScIPLInataDeL BIennIo PreceDente È DIScIPLInataDaLL’art 63 DISP. att. c.c. e non DaL 1104 c.c.DaLL’art 63 DISP. att. c.c. e non DaL 1104 c.c.

mentre il residuo risaliva ad un periodo antecedente albiennio per cui non sarebbero stati chiamati a pagare.

Si erano offerti di estinguere l’intero debito detraen-dolo dal prezzo di vendita o di pagare il prezzo conriserva di ripetere quanto dovuto al condominio ma laP. si era rifiutata di sottoscrivere il definitivo.

La convenuta contestava la domanda, chiedendodeclaratoria di legittimità del proprio recesso ai sensidell’art. 1385 c.c., od il trasferimento previo pagamen-to di Euro 102.500, maggiorati dell’incremento di valo-re degli immobili in ....

Con sentenza 6093/06 il Tribunale accoglieva ladomanda subordinando l’effetto traslativo al pagamen-to di Euro 94.644,65, detratti gli acconti ed il debito delcondominio, rigettava ogni altra domanda e condanna-va la convenuta alle spese, mentre la Corte di appello diTorino con sentenza 1320/2009 rigettava l’appellodella P. ed in accoglimento dell’incidentale degli attorisubordinava l’effetto traslativo al versamento dellasomma di Euro 94.644,65 o della somma di Euro102.500 ove medio tempore fosse stato versato l’im-porto di Euro 7.855,35 dovuto al condominio, condan-nando la P. alle maggiori spese.

La sentenza confermava la corretta interpretazionedel preliminare la cui clausola n. 3 imponeva alla pro-mittente venditrice di pagare prima della stipula ogniresiduo debito col condominio, con facoltà degli acqui-renti di trattenere l’importo dal saldo finale, fermi re-stando l’obbligo di estinzione prima del rogito di ognialtro debito non conosciuto e la responsabilità anche

SvOLGIMENTO DEL PROCESSOCon citazione del 1.12.2003 L.A. e R.M. conveniva-

no davanti al tribunale di Torino P.B. per sentire emet-tere sentenza ex art. 2932 c.c., che trasferisse loro, afronte della offerta del prezzo, l’immobile in ....

Esponevano che il 28.3.2003 la R. aveva sottoscrittouna proposta di acquisto immobiliare per il prezzo diEuro 108.500, accettata dalla P., alla quale era stata cor-risposta una caparra confirmatoria di Euro 3000; che indata 25.7.2003 era stato stipulato da entrambi un preli-minare inserendo una apposita clausola che prevedeval’obbligo della promittente venditrice di estinguereogni debito nei confronti del condominio prima dellastipula del definitivo, fissato per il 30.9.2003 e rinviatoal 31.10.2003 per la mancata estinzione di tutti i debiticondominiali.

Nel frattempo erano venuti a conoscenza che il debi-to ammontava ad Euro 8.395,73, circostanza negatadalla P. che ammetteva solo un debito di Euro 540,38

corte DI caSSazIoneSez. II civ., sent. 27.2.2012, n. 2979

La responsabilità solidale dell’acquirente per il pagamento deicontributi dovuto al condominio dal venditore è limitata al bien-nio precedente all’acquisto, trovando applicazione l’art. 63 disp.att. e non già l’art. 1104 c.c., atteso che, giusto il disposto di cuiall’art. 1139 c.c., la disciplina dettata in tema di comunione siapplica anche al condominio solamente in mancanza di normeche, come appunto il citato art. 63, specificamente lo regolano.

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 71

per debiti successivi.La clausola liberamente pattuita non era derogata da

eventi successivi.Ricorre P. con due motivi (il secondo è indicato come

terzo), illustrati da memoria, resistono le controparti.

MOTIvI DELLA DECISIONECol primo motivo si lamenta violazione degli artt.

1362 e 1371 c.c., per avere la Corte territoriale consi-derato solo un capoverso della clausola e non conside-rato che l’impegno riguardava solo ogni debito spet-tante alla parte venditrice e non qualsiasi debito achiunque spettante, essendo l’impegno finalizzato agarantire il compratore nei limiti di cui all’art. 63 dispatt. c.c..

Col secondo motivo si deduce violazione dell’art.1385 c.c., comma 2, dell’art. 1375 c.c., perché l’inter-pretazione superficiale della clausola ha avuto conse-guenze nella individuazione della parte inadempiente esul mancato accoglimento della domanda della P..

Le censure meritano accoglimento.La sentenza impugnata ha dedotto che dal tenore lette-

rale della clausola senza ombra di dubbio le parti aveva-no inteso porre a carico della parte venditrice ogni resi-duo debito verso il condominio e che l’art. 63 disp. att.c.c. non limita l’autonomia contrattuale delle parti,aggiungendo che il comportamento degli appellati erastato cristallino ed il rifiuto della P. di accettare la propo-sta di pagamento del prezzo decurtato del debito dimo-strava che la P. non confidava di recuperare dal propriomarito le somme dovute al condominio da quest’ultimo.

Il convincimento espresso dal giudice a quo risulta,in effetti, raggiunto mediante lo svolgimento d’attivitàinterpretativa del preliminare.

L’opera dell’interprete, mirando a determinare unarealtà storica ed obiettiva, qual è la volontà delle partiespressa nel contratto, è tipico accertamento in fattoistituzionalmente riservato al giudice del merito, censu-rabile in sede di legittimità soltanto per violazione deicanoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dall’art.1362 c.c. e ss., oltre che per vizi di motivazione nel-l’applicazione di essi; pertanto, onde far valere una vio-lazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorren-te per cassazione deve, non solo fare esplicito riferi-mento alle regole legali d’interpretazione mediantespecifica indicazione delle norme asseritamente violateed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, aprecisare in qual modo e con quali considerazioni ilgiudice del merito siasi discostato dai canoni legali as-suntivamente violati o questi abbia applicati sulla basedi argomentazioni illogiche od insufficienti.

Di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivodi ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essereconsiderata idonea - anche ammesso ma non concessolo si possa fare implicitamente - la mera critica del con-vincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operatamediante la mera ed apodittica contrapposizione d’unadifforme interpretazione a quella desumibile dallamotivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’ar-

gomentazioni che riportano semplicemente al meritodella controversia, il cui riesame non è consentito insede di legittimità (ex pluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04n. 5359, 19.1.04 n. 753).

Ad ulteriore specificazione del posto principio genera-le d’ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche, illegislatore ha, inoltre, attribuito, nell’ambito della stessaprima categoria, assorbente rilevanza al criterio indicatonell’art. 1362 c.c., comma 1 - eventualmente integrato daquello posto dal successivo art. 1363 c.c. per il caso diconcorrenza d’una pluralità di clausole nella determina-zione del pattuito - onde, qualora il giudice del meritoabbia ritenuto il senso letterale delle espressioni utilizza-te dagli stipulanti, eventualmente confrontato con la ratiocomplessiva d’una pluralità di clausole, idoneo a rivela-re con chiarezza ed univocità la comune volontà deglistessi, cosicché non sussistano residue ragioni di diver-genza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effetti-vo dei contraenti, detta operazione deve ritenersi util-mente compiuta, anche senza che si sia fatto ricorso alcriterio sussidiario dell’art. 1362 c.c., comma 2, che attri-buisce rilevanza ermeneutica al comportamento delleparti successivo alla stipulazione (Cass. 4.8.00 n. 10250,18.7.00 n. 9438, 19.5.00 n. 6482, 11.8.99 n. 8590,23.11.98 n. 11878, 23.2.98 n. 1940, 26.6.97 n. 5715,16.6.97 n. 5389); non senza considerare, altresì, comedetto comportamento, ove trattisi d’interpretare atti sog-getti alla forma scritta ad substantiam, non possa, in ognicaso, evidenziare una formazione del consenso al di fuoridell’atto scritto medesimo (Cass. 20.6.00 n. 7416,21.6.99 n. 6214, 20.6.95 n. 6201, 11.4.92 n. 4474).

Tuttavia, la clausola circa l’impegno della promittentevenditrice a pagare prima della stipula dell’atto notarileogni residuo debito con il condominio e la previsione che“qualora emergessero eventuali debiti successivamenteall’atto notarile, spettanti alla parte venditrice, sarannoancora a completo carico della stessa” conduce ad affer-mare che l’impegno riguardava solo i debiti propri.

La sentenza ha ritenuto che tra i debiti della promit-tente venditrice vi erano anche quelli quale cessionariadell’alloggio, sostanzialmente affermando l’applicabi-lità dell’art. 1104 c.c., che va invece esclusa.

Questa Corte (Cass. 18.8.2005 n. 16975) ha afferma-to che la responsabilità solidale dell’acquirente per ilpagamento dei contributi dovuti al condominio dalvenditore è limitata al biennio precedente all’acquisto,trovando applicazione l’art. 63 disp. att. e non già l’art.1104 c.c., atteso che, giusto il disposto di cui all’art.1139 c.c., la disciplina dettata in tema di comunione siapplica anche al condominio solamente in mancanza dinorme che, come appunto il citato art. 63, specifica-mente lo regolano.

Donde l’accoglimento e la cassazione con rinvio.

P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impu-

gnata e rinvia, per nuovo esame e per spese, alla Cortedi appello di Torino, altra sezione.

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Premessa una descrizione della vicenda processuale edei contenuti della richiesta di riesame deduceva, con unprimo motivo di ricorso, l’inosservanza e l’erronea appli-cazione degli artt. 157 e 158 c.p., osservando di averdocumentalmente dimostrato la intervenuta prescrizionedei reati ipotizzati sulla scorta di verbali di perquisizionee contratti di utenze relative alla fornitura di elettricità elinee telefoniche che, contrariamente a quanto sostenutodal Tribunale, comprovavano una funzionalità all’usodegli immobili sequestrati risalente negli anni.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva la viola-zione dell’art. 321 c.p.p. in considerazione della man-canza di attualità del periculum e dell’assenza di aggra-vio del carico urbanistico, trattandosi di interventiormai realizzati da decenni e non di nuove costruzionirichiedenti nuove strutture o opere collettive.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

MOTIvI DELLA DECISIONEIl ricorso è infondato.Va preliminarmente osservato che lo stesso si con-

creta, sostanzialmente, nella riproposizione delle que-stioni già sollevate in sede di riesame ed alle quali i giu-dici avevano fornito adeguata risposta.

SvOLGIMENTO DEL PROCESSOCon ordinanza del 21 dicembre 2010, il Tribunale di

Catanzaro, quale giudice del riesame, confermava ildecreto del G.I.P. del Tribunale di Lamezia Termeemesso il 27 novembre 2010 e con il quale veniva dis-posto il sequestro preventivo di tre manufatti, realizza-ti in assenza di permesso di costruire in violazione delD.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), nonché delle dis-posizioni in materia di costruzioni in zone sismiche esulle opere in cemento armato ed in ordine alle qualirisultava indagato, unitamente ad altre persone, V.P..

Avverso tale ordinanza il predetto proponeva ricorsoper cassazione.

corte DI caSSazIoneSez. III pen., sent. 3.11.2011, n. 39733

La materiale utilizzazione di un immobile e l’eventuale attivazio-ne di utenze non sono elementi da soli sufficienti per dimostrarela sua concreta ed effettiva funzionalità e la presenza di tutti irequisiti di agibilità o abitabilità che consentano di ritenerlo ulti-mato.Nel caso di specie, il ricorrente in cassazione contestava l’ordi-nanza del giudice del riesame con cui veniva disposto il sequestropreventivo di tre manufatti, realizzati in assenza di permesso dicostruire in violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c,nonché delle disposizioni in materia di costruzioni in zone sismi-che e sulle opere in cemento armato ed in ordine alle quali risul-tava indagato il ricorrente.Quest’ultimo sosteneva dimostrato il completamento funzionaledei manufatti stante l’esistenza di utenze domestiche e la presen-za di persone occupanti gli immobili.

La PreScrIzIone non ScattaLa PreScrIzIone non ScattaSe Le oPere aBuSIVe non rISuLtanoSe Le oPere aBuSIVe non rISuLtano

eFFettIVaMente uLtIMateeFFettIVaMente uLtIMate

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 73

Il Tribunale, dopo aver correttamente richiamatol’ambito della propria cognizione come delineato dallagiurisprudenza di questa Corte e proceduto all’esamedei dati fattuali documentati dalle risultanze delle primeindagini, pervenendo alla conclusione che la naturaabusiva degli interventi è di macroscopica evidenza,rileva l’assenza di idonea documentazione fotografica,catastale, amministrativa o di altro genere, comprovan-te con certezza la data di ultimazione degli interventi e,conseguentemente, il momento consumativo dei reatida considerare ai fini del calcolo della prescrizione.

Evidenzia, in particolare, che la documentazione pro-dotta dalla difesa non offre alcun elemento che forniscauna descrizione dettagliata dello stato dei manufatti.

Tale assunto viene contestato in ricorso, sostenendoche il completamento funzionale sarebbe dimostratodall’esistenza delle utenze e dal fatto che gli immobilifossero abitati.

Date tali premesse, occorre ricordare quale sia l’o-rientamento di questa Corte sul concetto di ultimazionedell’immobile abusivo.

Si è detto, a tale proposito, che il reato urbanistico hainfatti natura di reato permanente la cui consumazioneha inizio con l’avvio dei lavori di costruzione e perdu-ra fino alla cessazione dell’attività edificatoria abusiva(v. SS. UU. n. 17178, 8 maggio 2002).

Si è poi precisato (ex pl. Sez. 3 n. 38136, 24 ottobre2001) che la cessazione dell’attività si ha con l’ultima-zione dei lavori per completamento dell’opera, con lasospensione dei lavori volontaria o imposta (ad esem-pio mediante sequestro penale), con la sentenza di pri-mo grado, se i lavori continuano dopo l’accertamentodel reato e sino alla data del giudizio.

Si è inoltre chiarito che l’ultimazione dei lavori coin-cide con la conclusione dei lavori di rifinitura interni edesterni quali gli intonaci e gli infissi (Sez. 3 n. 32969, 7settembre 2005 ed altre prec. conf. nella stessa richia-mate).

Deve trattarsi, in altre parole, di un edificio concreta-mente funzionale che possegga tutti i requisiti di agibi-lità o abitabilità, come si ricava dal disposto dell’art. 25,comma 1, cit. T.U., che fissa “entro quindici giorni dal-l’ultimazione dei lavori di finitura dell’intervento” iltermine per la presentazione allo sportello unico delladomanda di rilascio del certificato di agibilità. Le operedevono essere, inoltre, valutate nel loro complesso, nonpotendosi, in base al concetto unitario di costruzione,considerare separatamente i singoli componenti (Sez. 3n. 4048, 29 gennaio 2003; Sez. 3 n. 34876, 9 settembre2009). Tali caratteristiche riguardano, inoltre, anche leparti che costituiscono annessi dell’abitazione (Sez. 3n. 8172, 2 marzo 2010).

Ciò posto, deve rilevarsi come le conclusioni cuisono pervenuti i giudici del riesame sul punto appaianopienamente condivisibili ed in linea con l’orientamentodianzi delineato.

Correttamente il Tribunale ha ritenuto, infatti, chefosse necessaria altra e più pregnante documentazioneper dimostrare lo stato di avanzamento dei lavori, poi-ché la presenza di utenze - che se effettivamente riferite

agli immobili abusivi sarebbero state attivate in paleseviolazione del divieto di cui al D.P.R. n. 380 del 2001,art. 48 - e la presenza di persone all’interno del manu-fatto dimostrano, al più, che l’immobile era abitato ocomunque utilizzato ma non che l’intervento ediliziopotesse ritenersi ultimato nel senso in precedenza indi-cato.

Lo stesso Tribunale considera anche altri dati fattua-li, quali l’iter di alcune pratiche edilizie, una delle qualiriferita ad un immobile rurale non reperito all’atto delsopralluogo e le condizioni di un immobile (individua-to con il numero 3) con il terzo piano ancora non com-pletato.

A fronte di ciò i giudici del riesame non potevanoritenere determinato il momento consumativo del reatoe, conseguentemente, maturata la prescrizione, poichéla materiale utilizzazione di un immobile e l’eventualeattivazione di utenze non sono elementi da soli suffi-cienti per dimostrare la sua concreta ed effettiva fun-zionalità e la presenza di tutti i requisiti di agibilità oabitabilità che consentano di ritenerlo ultimato.

Occorre inoltre rilevare che nella stessa direzione deiprincipi sopra ricordati si pone anche la pronunciarichiamata in ricorso (Sez. 3 n. 14436/2004), che si rife-riva ad un deposito di attrezzature per il quale si era di-mostrata la sussistenza di tali requisiti.

Va poi aggiunto che grava comunque sull’indagatoche voglia giovarsi della causa estintiva della prescri-zione, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta inproposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli ele-menti in suo possesso (Sez. 3 n. 19082, 7 maggio 2009;Sez. 3 n. 10585, 11 ottobre 2000) e, per le medesime ra-gioni in precedenza indicate, tale onere non poteva rite-nersi adeguatamente assolto.

Il provvedimento impugnato risulta pertanto, sulpunto, del tutto immune da censure.

A conclusioni analoghe può pervenirsi anche conriferimento al secondo motivo di ricorso.

Le contestazioni mosse dalla difesa si fondano,essenzialmente, nel richiamo alla giurisprudenza delleSezioni Unite penali di questa Corte (SS. UU. n. 12878,20 marzo 2003) e nella negazione della sussistenza deipresupposti di applicabilità della misura reale in consi-derazione dell’epoca di ultimazione dei lavori che, co-me già detto, si assume essere risalente nel tempo, conla conseguenza che difetterebbe qualsivoglia aggraviodel carico urbanistico.

Il Tribunale, al contrario, riconosce la legittimità delsequestro e, dopo aver ricordato che il G.I.P. aveva rite-nuto applicabile la cautela reale sul presupposto di unaggravio del carico urbanistico cagionato dalla realiz-zazione degli immobili in area agricola, soggetta anchea vincolo idrogeologico, richiama a sua volta la citatapronuncia delle Sezioni Unite e riconosce la attualitàdelle esigenze cautelari, che individua nell’incidenzasul carico urbanistico rappresentata dalla consistenzadell’insediamento edilizio ed il numero di nuclei fami-liari presenti, dall’incremento della domanda di struttu-re, opere collettive e dotazione minima di spazi pubbli-ci per abitante, dalla necessità di salvaguardare l’am-

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CONDOMINIO GIURIDICO74

biente e la staticità dei luoghi e, infine, dalla possibilitàche le opere non ancora ultimate siano portate a com-pimento e le unità non ancora abitate siano occupate.

Ciò posto, occorre ricordare che la menzionata pro-nuncia delle Sezioni Unite afferma come il giudice dimerito debba valutare attentamente e, conseguente-mente, motivare, la sussistenza del pericolo derivantedalla libera disponibilità del bene pertinente al reato,considerando, in particolare, “la reale compromissionedegli interessi attinenti al territorio ed ogni altro datoutile a stabilire in che misura il godimento e la disponi-bilità attuale della cosa da parte dell’indagato o di terzipossa implicare una effettiva ulteriore lesione del benegiuridico protetto, ovvero se l’attuale disponibilità delmanufatto costituisca un elemento neutro sotto il profi-lo della offensività”. A titolo di esempio, con specificoriferimento all’incidenza sul carico urbanistico, si ag-giunge che la delibazione in fatto sotto tale profilo deveessere effettuata considerando la consistenza reale el’intensità del pregiudizio temuto, tenendo conto dellasituazione esistente al momento dell’adozione dellamisura.

Sulla nozione di “carico urbanistico”, peraltro, vengo-no fornite puntuali indicazioni, osservando, testualmen-te, che “... questa nozione deriva dall’osservazione cheogni insediamento umano è costituito da un elementoed. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da unosecondario di servizio (opere pubbliche in genere, ufficipubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, ser-vizio idrico, condutture di erogazione del gas) che deveessere proporzionato all’insediamento primario ossia alnumero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche del-l’attività da costoro svolte. Quindi, il carico urbanisticoè l’effetto che viene prodotto dall’insediamento prima-rio come domanda di strutture ed opere collettive, indipendenza del numero delle persone insediate su di undeterminato territorio. Si tratta di un concetto, non defi-nito dalla vigente legislazione, ma che è in concretopreso in considerazione in vari istituti di diritto urbani-stico: a) negli standards urbanistici di cui al D.M. 2 apri-le 1968, n. 1444 che richiedono l’inclusione, nella for-mazione degli strumenti urbanistici, di dotazioni mini-me di spazi pubblici per abitante a seconda delle variezone; b) nella sottoposizione a concessione e, quindi, acontributo sia di urbanizzazione che sul costo di produ-zione, delle superfici utili degli edifici, in quanto com-portino la costituzione di nuovi vani capaci di produrrenuovo insediamento; c) nel parallelo esonero da contri-buto di quelle opere che non comportano nuovo inse-diamento, come le opere di urbanizzazione o le operesoggette ad autorizzazione; d) nell’esonero da ogniautorizzazione e perciò da ogni contributo per le opereinterne (L. n. 47 del 1985, art. 26 e L. n. 493 del 1993,art. 4, comma 7) che non comportano la creazione dinuove superficie utili, ferma restando la destinazionedell’immobile; e) nell’esonero da sanzioni penali delleopere che non costituiscono nuovo o diverso carico ur-

banistico (L. n. 47 del 1985, art. 10 e L. n. 493 del 1993,art. 4)”.

Sulla scia di tali condivisibili rilievi, altre decisionisuccessive hanno ulteriormente delineato i terminidella questione, richiamando l’attenzione sulla circo-stanza che il pericolo degli effetti pregiudizievoli delreato, anche relativamente al carico urbanistico, devepresentare il requisito della concretezza, in ordine allasussistenza del quale deve essere fornita dal giudiceadeguata motivazione (Sez. 3 n. 4745, 30 gennaio2008; conf. Sez. 6 n. 21734, 29 maggio 2008; Sez. 2 n.17170, 5 maggio 2010) e chiarendo che, a tal fine, l’a-buso va considerato unitariamente (Sez. 3 n. 28479, 10luglio 2009; Sez. 3 n. 18899, 9 maggio 2008).

L’aggravamento del carico urbanistico è stato ricono-sciuto anche con riferimento alle ipotesi di realizzazio-ne di opere interne comportanti il mutamento della ori-ginaria destinazione d’uso di un edificio (Sez. 3 n.22866, 13 giugno 2007; conf. Sez. 4 n. 34976, 28 set-tembre 2010).

Nelle richiamate pronunce vengono, inoltre, indicateipotesi specifiche di incidenza dei singoli interventi sulcarico urbanistico, richiamando, ad esempio, il contenu-to della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, comemodificato dalla L. n. 122 del 1989 e L. n. 246 del 2005il quale richiede, per le nuove costruzioni ed anche perle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, la esisten-za di appositi spazi per parcheggi in misura non inferio-re ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi dicostruzione (Sez. 3 n. 28479/09, cit.); la rilevanza dinuove costruzioni in termini di esigenze di trasporto,smaltimento rifiuti, viabilità etc. (Sez. 3 n. 22866/07,cit.); l’ulteriore domanda di strutture ed opere collettive,sia in relazione alle prescritte dotazioni minime di spazipubblici per abitante nella zona urbanistica interessata(Sez. 3 n. 34142 23 settembre 2005).

Alla luce della menzionata giurisprudenza, che ilCollegio condivide e dalla quale non intende discostar-si, deve ritenersi che i giudici del riesame abbiano ope-rato una corretta valutazione dei presupposti per l’ap-plicazione del sequestro preventivo con riferimento al-l’aggravio del carico urbanistico, considerando la desti-nazione agricola della zona, le dimensioni del com-plesso immobiliare ed il numero di abitanti, facendoquindi buon uso dei suddetti principi.

Non meno rilevante risulta la considerazione operatadai giudici del riesame circa la ulteriore esigenza di impe-dire che le opere non ancora ultimate siano portate a com-pimento e quelle non ancora abitate siano occupate.

Anche sul punto, dunque, l’ordinanza impugnatasupera indenne il vaglio di legittimità.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le conse-quenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al paga-

mento delle spese del procedimento.

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un regoLaMento DI conDoMInIoun regoLaMento DI conDoMInIonon PuÒ coStItuIre un DIrIttonon PuÒ coStItuIre un DIrItto

DI SerVItÙ Su DI un Bene coMuneDI SerVItÙ Su DI un Bene coMune

mevano che l’acquisto comprendeva le parti comuni,tra cui un’area cortilizia allora identificata dai mappali134 b e 135 b (successivamente 60 e 135), e che nel-l’atto si precisava che vigeva destinazione ad uso esclu-sivo del proprietario dell’appartamento posto al pianoterreno della suddetta area cortilizia. Gli attori aggiun-gevano che il proprietario dell’appartamento al pianoterreno E.C. sempre in data 14-12-1990 con rogito pernotaio G. (con numero di repertorio successivo al sopramenzionato atto di compravendita) lo aveva alienato alconvenuto unitamente al diritto di uso esclusivo sull’a-rea cortilizia, diritto che, avendo natura personale, nonpoteva essere ceduto ai sensi dell’art. 1124 c.c..

Il F. e la R., rilevato che il M. nel dicembre 1992, aseguito di lavori di ristrutturazione, aveva alterato l’a-rea cortilizia mutandone la destinazione da giardino aparcheggio precludendo così ai comproprietari un qual-

SvOLGIMENTO DEL PROCESSOCon atto di citazione notificato il 18-6-1997 F.A. e

C.R. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale diBologna G.A.M., esponendo di aver acquistato da G.C.con atto per notaio G. del 14-12-1990 un appartamen-to facente parte di un fabbricato sito in Bologna; assu-

corte DI caSSazIoneSez. II civ., sent. 27 aprile 2012, n. 6582

I giudici di legittimità escludono che un regolamento di condomi-nio, per sua natura finalizzato a disciplinare l’uso dei beni comu-ni da parte dei condomini, possa costituire un diritto di servitù sudi un bene comune in favore di un bene di proprietà esclusiva diuno dei condomini.E invero, se il regolamento di condominio, nel disciplinare l’uti-lizzazione delle cose comuni, può limitare il godimento su di esseda parte di uno o più condomini, non può peraltro restringere taleuso fino a svuotarlo di qualsiasi contenuto.Sulla base di tali premesse i giudici di legittimità hanno ritenutoche laddove in un negozio divisionale sia contenuto un regola-mento di condominio contenente la costituzione di una servitùd’uso a carico della area cortilizia comune in favore dell’apparta-mento al piano terreno, l’espressione “uso esclusivo di un condo-mino” non individua un vincolo pertinenziale speciale tra il benedi proprietà comune e la quota immobiliare di proprietà del sin-golo e quindi la costituzione di una servitù, ma individua solo unvincolo tra il bene comune ed un soggetto identificato in quanto equindi una convenzione costitutiva di un diritto d’uso di naturapersonale a carattere obbligatorio, come tale non trasferibile inmancanza di apposita norma derogatoria.

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CONDOMINIO GIURIDICO76

siasi uso di essa, anche di semplice passaggio, chiede-vano dichiararsi l’inesistenza del diritto di uso esclusi-vo, ordinarsi al convenuto il ripristino della destinazio-ne dell’area, la rimozione del cancello illegittimamenteapposto nonché del muro, inibirsi il passaggio con vei-coli sull’area stessa e condannarsi il M. ai risarcimentodei danni.

Si costituiva in giudizio il convenuto chiedendo ilrigetto delle domande attrici, affermando la piena vali-dità del suo diritto sull’area in questione quale risultan-te dai rogiti di acquisto.

Con sentenza del 21-2-2002 il Tribunale adito dichia-rava l’inesistenza del diritto di uso esclusivo sull’areaper cui è causa, ordinava al convenuto di rimettere inpristino l’area contraddistinta dai mappali 134 a el35 b,in particolare procedendo alla rimozione del cancelloed all’abbattimento del muro, nonché di astenersi dalparcheggiare veicoli o autoveicoli sulle aree contraddi-stinte dai mappali 134 a, 134 b e 135 b.

Proposto gravame da parte del M. cui resistevano ilF. e la R. la Corte di Appello di Bologna con sentenzadel 22-3-2006 ha rigettato l’impugnazione. Per la cas-sazione di tale sentenza il M. ha proposto un ricorsoaffidato ad un’unica articolata censura cui il F. e la R.hanno resistito con controricorso depositando successi-vamente una memoria.

MOTIvI DELLA DECISIONECon l’unico motivo formulato il ricorrente denuncia

violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg.-1021 e segg. - 1117 e segg. - 1123 e segg. - 1126 esegg. - 1138 - 1058 e 1059 c.c. - 112 c.p.c. e vizio dimotivazione; premesso che l’intero edificio sito in via(omissis) apparteneva originariamente in parti uguali aigermani S.C. e C.C., e che alla morte di quest’ultimogli erano succeduti i figli M., E. e G., egli rileva che conrogito P. del 25-10-1954 i quattro comproprietari sierano attribuiti l’esatta metà in verticale della palazzinae, con la parte edificata, la corrispondente metà del cor-tile sottostante; successivamente con atto a rogito V. del30-5-1989 i tre suddetti germani avevano procedutoallo scioglimento della comunione tra loro costituitaattribuendosi in proprietà individuale, in ordine allametà dell’edificio e della corte ad essi pervenuta persuccessione e per atto a rogito P. del 1954, distintiappartamenti siti in quell’ala dell’edificio, specificandoche l’area cortilizia identificata con i mappali 134 b e135 b, pur rimanendo di proprietà comune, sarebbestata di uso esclusivo dell’assegnatario dell’apparta-mento al piano terreno; infine G.C. in data 14-12-1990aveva venduto al F. ed alla R. il secondo piano dellaparte della palazzina suddetta attribuitale in proprietàindividuale con la divisione del 1989 (con la specifica-zione nel rogito che l’area cortilizia in questione eradestinata ad uso esclusivo del proprietario dell’apparta-mento posto al piano terreno), e la stessa G.C. nonché igermani E. e M. sempre in data 14-12-1990 avevanovenduto all’esponente i residui appartamenti di loroproprietà tra i quali quello al piano terreno (con la spe-cificazione che l’area cortilizia per cui è causa era desti-

nata all’uso esclusivo del proprietario dell’appartamen-to al piano terreno).

Il ricorrente assume che la Corte territoriale ha omes-so di considerare che i germani C. con l’atto del 1989non si erano limitati ad assegnarsi i singoli cespiti risul-tanti dallo scioglimento della comunione tra di essi esi-stente, ma anche di disciplinare l’utilizzo delle cose diproprietà comune, tra cui la destinazione dell’area cor-tilizia nei termini sopra enunciati; pertanto nel negoziodivisionale era contenuto un regolamento di condomi-nio contenente la costituzione di una servitù d’uso acarico della corte comune in favore dell’appartamentoal piano terreno; quindi l’espressione “uso esclusivo diun condomino” individuava un vincolo pertinenzialespeciale tra il bene di proprietà comune e la quotaimmobiliare di proprietà del singolo, non già tra il benecomune ed un soggetto identificato in quanto tale; nonsi trattava dunque di un diritto personale a contenutoobbligatorio, ma di una regolamentazione dell’uso delbene comune che prevedeva la costituzione di una ser-vitù consistente nella limitazione imposta ai restanticondomini (ovvero alle controparti) nell’uso del cortileantistante l’appartamento al piano terreno riservato invia esclusiva a colui che ne era il proprietario; né pote-va giungersi a conclusioni diverse, come invece ritenu-to dalla sentenza impugnata, per il fatto che i contraen-ti avevano utilizzato l’espressione “proprietario del-l’appartamento sito al piano terreno” invece che men-zionare “l’appartamento”; infatti tale terminologia nonera idonea a qualificare il diritto attribuito al singo-lo condomino come “uso” personale ed obbligatorio,piuttosto che come diritto di godimento esclusivo nel-l’ambito del rapporto condominiale che, in quanto tale,siccome reale, resta efficace indipendentemente dallasuccessione nella titolarità del bene al cui godimento ècollegato; infatti i termini “uso” ed “uso esclusivo” sirinvengono nello stesso significato anche nelle disposi-zioni relative al condominio negli edifici.

Il ricorrente sostiene infine che l’interpretazione lette-rale e logico-sistematica dell’atto divisionale del 1989da esso propugnata era confortata dal comportamentodelle parti, atteso che i coniugi F. dal 1990 fino al 1997avevano pacificamente osservato i limiti all’uso comu-ne delle particelle 60 e 135 imposti con la regolamenta-zione convenuta tra i germani C. con l’atto del 30-5-1989.

La censura è infondata.La Corte territoriale, esaminando l’unico motivo di

appello con il quale il M. sosteneva che la clausola con-tenuta in entrambi i rogiti stipulati il 14-12-1990 secon-do la quale “vige destinazione ad uso esclusivo del proprietario dell’appartamento posto al piano terrenodell’area cortilizia identificata con il mappale 60 (già134 b) e con il mappale 135 (già 135 b)” integrava una “obligatio propter rem” imposta sul bene per cui ècausa ed espressamente accettata dagli acquirenti F. eR., ha disatteso tale assunto, ritenendo che si era in pre-senza di una convenzione - che prevedeva limitazionial diritto di proprietà su di una cosa a beneficio di unasingola persona - costitutiva di un diritto d’uso di natu-

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 77

ra personale a carattere obbligatorio, come tale non tra-sferibile in mancanza di apposita norma derogatoria; hapoi aggiunto che le parti avevano ribadito, nei rispetti-vi rogiti, la comproprietà sulla zona in questione.

Orbene, sulla base di tali premesse, a prescindere dal-l’osservare che il motivo in esame, prospettando l’esi-stenza di un regolamento condominiale contenuto nel-l’atto di divisione del 30-5-1989 con il quale sarebbestata costituita una servitù d’uso a carico della suddettaarea cortilizia in favore dell’appartamento al piano ter-reno, attualmente di proprietà del M., presenta profili dicensura generici rispetto alla richiamata “ratio deciden-di” della sentenza impugnata, si rileva che le enunciateargomentazioni espresse dal ricorrente a fondamentodella presente impugnazione si rivelano infondate sottodiversi aspetti.

Anzitutto deve escludersi che un regolamento di con-dominio, per sua natura finalizzato a disciplinare l’usodei beni comuni da parte dei condomini, possa costitui-re un diritto di servitù su di un bene comune in favoredi un bene di proprietà esclusiva di uno dei condomini;se invero il regolamento di condominio, nel disciplina-re l’utilizzazione delle cose comuni, può limitare ilgodimento su di esse da parte di uno o più condomini,non può peraltro restringere tale uso fino a svuotarlo diqualsiasi contenuto, come appunto pretenderebbe nellafattispecie il ricorrente con riferimento all’area cortili-zia in questione; tale conclusione è confermata dal rilie-vo che l’invocato diritto di servitù d’uso a carico dellacorte comune ed in favore dell’appartamento al pianoterreno del fabbricato (consistente nel divieto impostoagli altri condomini dell’uso del cortile antistante l’ap-partamento al piano terreno, uso riservato in via esclu-siva al proprietario di tale immobile) comporterebbeinammissibilmente non già un semplice peso impostoal fondo servente (art. 1027 c.c.), ma un totale annulla-mento di ogni facoltà di suo godimento da parte del F.e della R., che pure ne sono comproprietari.

Del resto la possibilità di configurare l’uso esclusivosu di un bene comune da parte di un condomino pro-prietario di una unità immobiliare come una servitùcomporta la necessità di accertare la sussistenza della“utilitas” di cui all’art. 1027 c.c., ovvero di un vantag-gio diretto ed oggettivo del fondo dominante, a pre-scindere quindi dal fatto che tale diritto possa giovare alproprietario di tale fondo, posto che l’“utilitas” nondeve riguardare l’attività che si svolge sul fondo, ma

deve ricollegarsi alla utilizzazione del fondo stesso; inproposito peraltro il ricorrente non ha svolto alcunaapprezzabile deduzione.

Del pari è infondato il profilo di censura con il qualeil M. afferma che la propugnata interpretazione dell’e-spressione “uso esclusivo” riportata sia nell’atto divi-sionale del 30-5-1989 sia nei due rogiti di vendita del14-12-1990 come riconoscimento di un diritto di godi-mento esclusivo di natura reale nell’ambito del rappor-to condominiale, troverebbe fondamento anche nelriferimento in tali atti al “proprietario dell’appartamen-to al piano terreno” per individuare il fondo dominan-te, non diversamente da come l’art. 1126 ex. definiscel’avente diritto all’uso esclusivo di parti comuni con iltermine “il condomino”.

A prescindere dall’osservare che non è possibile rica-vare da una norma che disciplina la ripartizione dellespese il riconoscimento della categoria dei diritti di usoesclusivo, si rileva che l’art. 1126 c.c. fa riferimentoall’ipotesi in cui solo alcuni condomini, per la partico-lare posizione delle loro proprietà esclusive in relazio-ne al lastrico solare, possano utilizzare tale parte comu-ne, per cui pone a loro carico le spese per la riparazio-ne della stessa in misura maggiore di quanto sarebberotenuti in relazione alle tabelle millesimali di proprietà;del resto la norma citata non fa riferimento ai condo-mini i quali hanno il “diritto di uso esclusivo”, ma aicondomini che “hanno l’uso esclusivo”.

È comunque decisivo concludere al riguardo che,anche qualora si volesse ritenere che l’art. 1126 c.c. pre-veda un diritto reale, ad una applicazione analogicadella stesso osta il principio della tipicità dei diritti reali.

Infine è appena il caso di sottolineare che il riferimen-to del ricorrente ad un “vincolo pertinenziale” tra l’areacortilizia comune e l’appartamento al piano terreno dicui è proprietario il M. si pone in evidente contraddizio-ne con l’assunto sostenuto nello stesso ricorso circa lasussistenza di una servitù d’uso a carico della predettaarea cortilizia in favore del suddetto appartamento.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguo-no la soccombenza e sono liquidate come in dispositi-vo.

P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al

pagamento di Euro 200 per spese e di Euro 1500 peronorari di avvocato.

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ancHe In PreSenza DI conteStazIonIancHe In PreSenza DI conteStazIonIaLL’aMMInIStratore, I conDÒMInI non PoSSonoaLL’aMMInIStratore, I conDÒMInI non PoSSono

SoSPenDere I PagaMentI Per SerVIzI goDutISoSPenDere I PagaMentI Per SerVIzI goDutI

A) che il Condominio non aveva la legittimazione a farvalere la lesione patrimoniale derivante al singolo con-domino, che avesse pagato più del dovuto quale pro-prietario di una canna fumaria aggiuntiva rispetto alpreventivo.B) che il rimprovero relativo ai ritardi nei pagamentiera imputabile alla morosità persistente dei condominie non alla mala gestio dell’amministratore.C) che Studio B. aveva tempestivamente inviato all’as-sicuratore la denuncia di sinistro e che il nuovo ammi-nistratore avrebbe dovuto verificare il buon fine dellapratica, mediante trasmissione alla compagnia assicu-ratrice della lettera della società AEM che quantificavail danno.1.1. La corte d’appello Ambrosiana con sentenza 8 feb-braio 2010, notificata il 9 marzo 2010, riformava ladecisione di primo grado e, ritenuta la legittimazionepassiva dell’appellata Studio B. snc, la condannava alpagamento di Euro 18.481 per maggiori costi da videoispezione, circa Euro 7.000 per sanzioni e more e Euro925,64 per sinistro AEM.

Studio B. snc ha proposto ricorso per cassazione svi-luppato in 6 motivi, resistito da controricorso del Con-dominio di via (...).

Le parti hanno depositato memorie.

MOTIvI DELLA DECISIONE2) Con il primo motivo, lo Studio B. snc lamenta vio-lazione e falsa applicazione degli artt. 1130 e 1131 c.c.,in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene che erroneamente la corte d’appello aveva

SvOLGIMENTO DEL PROCESSO1) È controversa la responsabilità dell’amministrazionecondominiale di via (...), retta dallo Studio B. snc, inrelazione a tre ragioni di danno fatte valere dal Con-dominio.

Nel 2003 quest’ultimo conveniva in giudizio lo stu-dio B., lamentando che in relazione alle spese per lavideo ispezione delle canne fumarie deliberata dall’as-semblea, l’amministratore aveva esposto in rendicontocosti più che duplicati, poiché la delibera riguardava ilprezzo fissato per appartamento, mentre l’addebitodella ditta incaricata riferiva il costo unitario per ognisingola canna fumaria ispezionata.

Il condominio lamentava poi maggiori costi per san-zioni e more, conseguenti a ritardati pagamenti a forni-tori per circa L. 13 milioni tra il 1998 e il 2000; nonchéoneri di un sinistro occorso nel (...) per l’omessa cura diuna pratica assicurativa caduta in prescrizione.

Il tribunale di Milano con sentenza 25 agosto 2006rigettava ogni profilo di domanda, rilevando:

corte DI caSSazIoneSez. II civ., sent. 11.5.2012, n. 7401

Una volta stabilito che si tratta di pagamenti dovuti e a fronte diservizi goduti, i condòmini hanno l’obbligo di farvi fronte, salvorichiesta di danni per eventuali errori dell’amministratore. I condòmini non possono infatti sospendere i pagamenti dovuti al condominio, ben dovendo essi sapere che le carenze di cassaespongono a mancati pagamenti dei fornitori, con conseguentetaglio delle utenze o addebito di interessi, sanzioni e costi morato-ri.

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 79

ritenuto la sussistenza della legittimazione attiva delCondominio, perché l’amministratore del condominionon poteva, in assenza di uno specifico mandato deisingoli condomini, promuovere un’azione per ottenereil ristoro dei danni patiti individualmente da ciascuno diessi.

Afferma che la spesa per gli interventi deliberati dal-l’assemblea, quand’anche sostenuta con i fondi condo-miniali, doveva in ogni caso gravare individualmentesui singoli condomini proprietari delle canne fumarieche abbisognavano degli interventi stessi.

Solo costoro, secondo parte ricorrente, erano abilitatia verificare il legittimo impiego dei fondi, in quantosoggetti incisi dal danno.

Nega che il condominio quale committente dei lavo-ri potesse avere legittimazione attiva nei confronti del-l’amministratore, perché l’azione aveva appuntoriguardato quest’ultimo e non l’appaltatore.

Infine osserva che sotto il profilo dell’obbligo delconto posto a carico del mandatario, comunque l’am-ministratore non aveva titolo per svolgere la domandadi danni nei confronti del suo predecessore perchéeventuali somme da quest’ultimo dovute al condomi-nio entrerebbero a far parte dei fondi comuni comesopravvenienze, procurando indebiti arricchimenti aicondomini rimasti estranei alle video ispezione.

Pertanto, dovendo tali somme essere attribuite ai sin-goli condomini incisi dal danno, era da escludere lalegittimazione dell’amministratore.

Del pari la legittimazione doveva ritenersi circoscrit-ta alle sole azioni perfettamente compatibili con le attri-buzioni fissate dall’art. 1130 c.c..

La censura è infondata.2.1. L’art. 1130 c.c., n. 1, fa obbligo all’amministratoredi eseguire le deliberazioni dell’assemblea, sicché eglideve ritenersi autonomamente legittimato a resisterenelle conseguenti controversie ai sensi del successivoart. 1131, comma 1 il quale nei limiti delle attribuzionistabilite dall’articolo precedente o dei maggiori potericonferitigli dal regolamento di condominio (c. 1138) odall’assemblea, riconosce all’amministratore la rappre-sentanza dei partecipanti (cfr. Cass. 7 febbraio 1998, n.1302, Foro it., 1998, 1°, 1103; Cass. S.U. 18331/10).

Nella specie è incontroverso che i controlli sullecanne fumarie dell’edificio vennero congiuntamentedeliberati in assemblea condominiale e che all’ammini-stratore venne affidato il compito di operare per l’ese-cuzione, tanto che dal suo agire è scaturita la doglianzacirca il maggior prezzo pagato.3) Secondo e terzo motivo attengono all’addebito al-l’amministrazione odierna ricorrente del maggior costopreteso e ottenuto dalla ditta incaricata di eseguire levideo ispezioni delle canne fumarie rispetto a quantoprevisto in sede assembleare.

Parte ricorrente sostiene che per mero errore ricono-scibile venne verbalizzato in assemblea il costo di150.000 lire per appartamento e non per ogni cannafumaria; che la previsione di un costo per appartamen-to era illogica; che la sentenza impugnata avrebbe apo-ditticamente stabilito il contrario.

La censura non può essere accolta.Si tratta invero di mera contrapposizione a una tesi,

argomentatamente esposta in sentenza, di altra, che nondimostra la illogicità della prima.

La Corte ambrosiana ha sottolineato come per tutto ilcorso del giudizio di primo grado Studio B. non ha evi-denziato né discusso il preteso errore di verbalizzazio-ne e come il primo giudice abbia addebitato scorrettez-za e malafede ai condomini, a fronte di un tenore chia-rissimo del verbale e del comportamento omissivo suc-cessivamente adottato dall’amministrazione.

Quest’ultima si era ben guardata “dall’interpellarenuovamente il condominio”, sebbene il preteso errorecomportasse un raddoppio dei costi complessivi, essen-do stata pagata la somma di L. 67.285.000 in luogo diL. 31.500.000 previste.

Il ragionamento è congruo e logico e non reca vizi inrelazione all’interpretazione del contratto (art. 1362c.c.) o alla norma che disciplina l’errore riconoscibile(art. 1431 c.c.).

La terza censura del ricorso, che si riferisce a viola-zione di queste norme, non è fondata, giacché la moti-vazione resa dalla Corte è coerente con queste disposi-zioni, facendo riferimento anche alla condotta succes-siva alla stipula, oltre che a un tenore letterale che nonera illogico, essendo possibile che per opere condomi-niali inusuali e rare l’appaltatore preferisse proporre unsistema egualitario e forfettario, di più facile appetibili-tà assembleare, prescindendo dall’addebito per ognicanna fumaria.4) È invece fondato il quarto motivo, che denuncia vizidi motivazione con riguardo alle sanzioni e alle “more”irrogate in pendenza di ritardati pagamenti di bollette dienergia elettrica dei due esercizi amministrati dallo Stu-dio ricorrente.

Si tratta di circa sedici milioni di lire di costi gravan-ti sul condominio e che il tribunale ha negato siano daconsiderare voce di danno addebitabile all’amministra-zione.

La Corte d’appello ha capovolto tale statuizione, rite-nendo che il tribunale abbia genericamente menziona-to i solleciti di pagamento fatti dall’amministratore aicondomini e la “morosità cronica” dei condomini, checonfiggerebbe con la concentrazione delle sanzioni nel-l’annualità 1999/2000.

Il ricorso critica la sentenza d’appello e fa leva sultesto della sentenza di primo grado, puntualmenteriportato, la quale aveva specificato il riferimento aidocumenti dai quali risultavano le azioni intraprese.

Alla luce di questo testo, la valutazione di “insuffi-cienza delle argomentazioni del primo giudice” espres-so dalla sentenza impugnata si rivela totalmente ingiu-stificato.

Per capovolgere la decisione del tribunale e il suoriferimento a varie risultanze di disavanzi e ritardi, cia-scuna con specifico ancoraggio a documenti prodotti,la Corte d’appello avrebbe dovuto esaminarli uno peruno e spiegare perché non fosse vero quanto dettaglia-tamente riportato dall’accurata sentenza del tribunale,dalla quale coerentemente e razionalmente era spiega-

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CONDOMINIO GIURIDICO80

to come plurimi ritardi fossero emersi, vari solleciti dipagamento fossero stati inviati e azioni monitorie edesecutive intraprese.

Nulla di tutto ciò risulta dalla sommaria e apoditticadecisione impugnata, che ha fatto ricorso ad argomentiimpressivi circa la possibilità di costituire un fondo spe-ciale per far fronte ai pagamenti ed evitare le sanzioni oalla contraddizione tra il pagamento - doppio del previ-sto - dell’appalto per le video ispezioni e il mancatopagamento delle bollette.

Il ricorso ha facile giuoco a smontare queste appros-simative argomentazioni, facendo presente che nel vol-gere di tempo in cui maturarono i ritardi sarebbe statoimpossibile, salvo specifica dimostrazione del contra-rio, indurre parte dei condomini a versare su un vellei-tario fondo speciale somme ingenti, come quelle dovu-te dai condomini morosi.

Né ha senso l’osservazione circa la scelta di un paga-mento in luogo di un altro.

Una volta stabilito che si trattava di pagamenti dovutie a fronte di servizi goduti, ai condomini spettava l’ob-bligo di farvi fronte, salvo richiesta di danni per mag-giori spese dovute a errori dell’amministratore, comestabilito per il maggior costo delle video ispezioni.

Ciò che i condomini non potevano fare era invece so-spendere i pagamenti dovuti al condominio, ben dovendoessi sapere che le carenze di cassa espongono a mancatipagamenti dei fornitori, con conseguente taglio delleutenze o addebito di interessi, sanzioni e costi moratori.

È alla luce di questi rilievi che dovrà quindi esserenuovamente considerato l’appello in ordine al rigetto,da parte del tribunale, di questo capo di domanda.5) Con riguardo alla questione testé discussa, partericorrente ha svolto un altro motivo di ricorso, il quin-to, che lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., peromesso esame di domande ed eccezioni.

Trattasi di censura poco comprensibile, che si risolvenel ripetere la denuncia di cui al punto precedente assu-mendo che le argomentazioni erano state già spese inappello, ma non erano state considerate. In realtà èquindi denunciato impropriamente lo stesso vizio dimotivazione già fatto valere sub 4.

6) Fondato è il sesto motivo di ricorso, concernente vio-lazione e falsa applicazione dell’art. 2952 c.c..

Con riferimento alla dedotta negligenza nella gestio-ne di una pratica assicurativa, la corte d’appello ha rite-nuto che, dopo la denuncia di sinistro del 1996, l’am-ministratore aveva omesso di compiere altri atti inter-ruttivi della prescrizione.

Il ricorso puntualmente osserva che tanto la sentenza,quanto probabilmente le successive amministrazionicondominiali hanno trascurato l’art. 2952 c.c., comma4 a tenore del quale: “la comunicazione all’assicurato-re della richiesta del terzo danneggiato o dell’azione daquesto proposta sospende il corso della prescrizione(c.c. 2941) finché il credito del danneggiato non siadivenuto liquido ed esigibile oppure il diritto del terzodanneggiato non sia prescritto”.

Pertanto, posto che era pacifico l’invio da parte diStudio B. di una “opportuna denuncia” all’assicuratore(così la citazione introduttiva, riportata dal ricorso a pag.26), per poter addebitare incuria nella gestione della pra-tica, il giudice di merito di secondo grado avrebbe dovu-to spiegare perché la prescrizione non fosse stata sospe-sa da quella comunicazione o in che termini fosse adde-bitabile inerzia all’amministratore sostituito nei primimesi del 2002 e non piuttosto al suo successore, comeritenuto dal giudice di primo grado.

In mancanza di tale spiegazione, si deve rilevare chesia stata fatta falsa applicazione del disposto dell’art.2952 c.c..

Discende da quanto esposto la cassazione della sen-tenza impugnata in relazione all’accoglimento del quar-to e sesto motivo di ricorso e il rinvio ad altra sezionedella Corte di appello di Milano, che provvederà anchealla liquidazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.La Corte accoglie il quarto e sesto motivo di ricorso;

rigetta nel resto.Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi

accolti e rinvia ad altra sezione della Corte di appello diMilano, che provvederà anche sulla liquidazione dellespese del giudizio di legittimità.

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L’aMMInIStratore DI conDoMInIo È LegIttIMatoL’aMMInIStratore DI conDoMInIo È LegIttIMatoaD agIre In gIuDIzIo Per cHIeDereaD agIre In gIuDIzIo Per cHIeDere

La DeMoLIzIone DI oPere cHe PregIuDIcanoLa DeMoLIzIone DI oPere cHe PregIuDIcanoIL Decoro arcHItettonIcoIL Decoro arcHItettonIco

nità pari al valore attuale dell’area occupata dalla nuovafabbrica.

Si costituiva il S. chiedendo il rigetto della domandae deducendo che anche altri condomini avevano appor-tato abusive modifiche alle unità immobiliari di loroproprietà; spiegava pertanto domanda riconvenzionalechiedendo il ripristino dello stato dei luoghi e la con-danna di tali condomini al risarcimento dei danni.

L’adito Tribunale, istruita la causa - nel corso dellaquale veniva effettuata una CTU - con sentenza n.4341/07 del 18/24.4.2007 ingiungeva al S. la demoli-zione del suo manufatto ma rigettava la domanda attri-ce di risarcimento dei danni nonché la riconvenzionaledel convenuto.

Avverso tale sentenza proponeva appello S.A. dedu-cendo che il primo giudice aveva aderito acriticamentealle conclusioni del CTU che immotivatamente avevaritenuto pericoloso l’edificio per la sua statica ancheperché costruito in violazione della normativa antisi-smica.

Contestava inoltre l’assunto del CTU circa la ritenu-ta lesione del decoro architettonico del fabbricato con-dominiale e la diminuzione di aria e di luce per gli altricondomini. Si costituiva il condominio chiedendo il ri-getto dell’appello e formulando appello incidentale cir-ca la mancata condanna dell’appellante al risarcimentodel danno e in relazione alla condanna del S. alle speseprocessuali non conforme ai minimi tariffari.

SvOLGIMENTO DEL PROCESSOCon atto notificato il 24.4.2003 il Condominio (...),

conveniva in giudizio avanti al tribunale di Napoli ilsig. S.A., proprietario di un’unità immobiliare ubicataall’ultimo piano del fabbricato, deducendo che que-st’ultimo aveva costruito sul suo terrazzo un manufattoabusivo, oggetto di sequestro da parte dell’autorità giu-diziaria, in spregio della normativa antisismica e concaratteristiche tali da pregiudicare il decoro architetto-nico dell’edificio ed a diminuire il godimento di aria edi luce per altri condomini.

Chiedeva pertanto la condanna del convenuto allademolizione del manufatto de quo, con la riduzione inpristino dello stato dei luoghi e la condanna del mede-simo al risarcimento dei danni (pari a L. 50.000.000)per i disagi arrecati ai condomini; in via subordinatachiedeva la condanna del S. al pagamento di un inden-

corte DI caSSazIoneSez. civ., sent. 23.5.2012, n. 8152

L’Amministratore di Condominio è legittimato ad agire in giudi-zio per tutelare le parti comuni anche senza la deliberadell’Assemblea. Se infatti il singolo proprietario costruisce unmanufatto abusivo che pregiudica il decoro architettonico dell’e-dificio, crea disagi agli altri condòmini e non segue le norme anti-sismiche, la demolizione dell’opera risulta legittima. La Cas-sazio-ne che ha così respinto il ricorso del titolare dell’appartamentocontro la decisione della Corte d’appello di Napoli che ordinaval’abbattimento del manufatto abusivo. L’azione dell’amministra-tore è infatti diretta a conservare l’esistenza delle parti comunicondominiali, ai sensi dell’art. 1130, n. 4 c.c..

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CONDOMINIO GIURIDICO82

L’adita Corte d’Appello di Napoli disponeva quindinuova CTU, espletata la quale, la stessa Corte, con sen-tenza 364/2010 depos. in data 29.1.2010 rigettava l’ap-pello principale ed accoglieva in parte quello incidenta-le relativo alle spese del 1° grado che liquidava unita-mente a quelle del secondo grado.

Avverso la predetta sentenza S.A., ricorre per cassa-zione sulla base di n. 5 censure; resiste con controricor-so il condominio intimato.

MOTIvI DELLA DECISIONECon il 1° motivo del ricorso l’esponente denunzian-

do la nullità della sentenza e del procedimento per vio-lazione degli artt. 102 e 331 c.p.c., deduce che la sen-tenza è stata pronunciata in carenza di integrità del con-traddittorio dal lato passivo con riferimento alla man-cata citazione della propria moglie Sc.An..

Invero con rogito del 14.1.1978 egli aveva sottopostounitamente a quest’ultima, l’intero patrimonio immobi-liare in regime di comunione.

La sopraelevazione realizzata sul terrazzo di copertu-ra della quale era stato ordinato l’abbattimento era dun-que di proprietà anche della moglie, la quale pur essen-do litisconsorte necessaria, era rimasta del tutto preter-messa in entrambi i gradi del giudizio di merito.

Osserva il Collegio che la doglianza è infondata. La predetta eccezione afferente l’integrità del con-

traddittorio è stata sollevata per la prima volta solo insede di legittimità dal ricorrente, ma non può essere rile-vata d’ufficio anche poiché la circostanza in questionenon emerge dagli atti della precedente fase del giudiziodi merito, anzi dall’esame degli atti - come sottolineatodal controricorrente - emergono segni contrari alla tesiin questione. Bisogna peraltro rilevare che secondo que-sta S.C. l’effettiva titolarità passiva del rapporto giuridi-co controverso, poiché attiene al merito della controver-sia, rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivoe probatorio della parte interessata. Il suo difetto, per-tanto, non può essere rilevato d’ufficio dal giudice, madeve essere dedotto nei tempi e modi previsti per leeccezioni di parte e non può, quindi, essere sollevato perla prima volta in sede di legittimità (Cass. n. 23670 del15/09/2008; Cass. n. 18207 del 05/08/2010).

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la vio-lazione e falsa applicazione degli artt. 61, 112, 116,163, 191 e 201 c.p.c. nonché insufficiente e contraddit-toria motivazione: la censura si riferisce all’assuntodella Corte d’Appello secondo cui le critiche dell’ap-pellante all’elaborato peritale di primo grado non sierano concretizzate in una specifica contestazione delleaffermazione della sentenza impugnata, laddove erastato trascritto, virgolettato, quanto esposto a pag. 7 del-la relazione ed avendo quindi l’appellante stesso omes-so di confutare il dato oggettivo che costituiva la pre-messa della CTU e cioè la circostanza che l’edificio di(...), perché realizzato sul finire dell’Ottocento, concaratteristiche di muratura di tufo, non era stato certa-mente progettato per subire sollecitazioni che la nuovastruttura avrebbe finito per gravare sull’edificio stesso,mentre si sarebbe dovuto tener conto della classifica-

zione del territorio del comune di Napoli come zonasismica.

Passando all’esame del terzo motivo con esso il ricor-rente denuncia la violazione e falsa applicazione del-l’art. 871, 872 e 1117 c.c., art. 1120 c.c., comma 2; L.n. 64 del 1974, D.M. 15 maggio 1985 e D.M. 20 set-tembre 1985 nonché insufficiente e contraddittoriamotivazione: inapplicabilità della legge sismica nellazona.

Secondo l’esponente le norme antisismiche, anche seconsiderate integrative dell’art. 1127 c.c., comma 2,trovano applicazione solo nelle zone sismiche di nuovaclassificazione. Invero secondo la pregressa legge anti-sismica, Napoli era zona “a basso rischio sismico” equindi non era applicabile la normativa antisismica; inrelazione a ciò, censura le conclusioni del CTU di pri-mo grado per quanto riguarda la data di costruzione delmanufatto che a suo avviso risaliva agli anni 80.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la viola-zione e falsa applicazione degli art. 1102, 1117, 2933 e1120 c.c. (omissis) nonché omessa, insufficiente e con-traddittoria motivazione. Lamenta che il giudice del-l’appello aveva aderito acriticamente alle conclusionidel CTU, senza indicare i dati obiettivi su cui avevafondato la propria valutazione ed aveva omesso l’esa-me della consulenza tecnica di parte, rigettando in talemodo le richieste istruttorie dedotte da esso ricorrente.

I suesposti motivi, congiuntamente esaminati stantela loro connessione, sono privi di fondamento.

Si osserva in primis che i denunciati vizi di motiva-zione e le dedotte violazioni di legge si risolvono inquestioni di merito non rilevabili in sede di legittimità,stante la corretta motivazione della sentenza impugna-ta.

In specie sono generiche e disorganiche le critichedirette alle relazioni dei consulenti d’ufficio.

D’altra parte, com’è noto, “il vizio di omessa o insuf-ficiente motivazione, deducibile in sede di legittimitàex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamen-to del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, siariscontrabile il mancato o deficiente esame di punti de-cisivi della controversia, e non può invece consistere inun apprezzamento dei fatti e delle prove in senso dif-forme da quello preteso dalla parte perché la citatanorma non conferisce alla Corte di Cassazione il pote-re di riesaminare e valutare il merito della causa, masolo quello di controllare, sotto il profilo logico-forma-le e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazionefatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta indi-viduare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo,valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la con-cludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quel-le ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione(Cass. n. 1014 del 19/1/2006).

Ciò posto si rileva che la Corte napoletana dopo avercon ampia e convincente motivazione rigettato le ri-chieste e deduzioni istruttorie dell’odierno ricorrente esottoposte a rigoroso vaglio critico le relazioni dei con-sulenti d’ufficio, ha correttamente ritenuto la costruzio-ne abusiva in questione pericolosa per la statica dell’e-

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 83

dificio condominiale. “... Le caratteriste costruttivedella sopraelevazione ... l’incidenza dei relativi carichisull’edificio preesistente, come calcolati dal tecnicod’ufficio ... nonché i già verificatisi episodi di parzialedissesto, quali il distacco di pannellature di rivestimen-to della facciata prospiciente il cortile interno ... costi-tuiscono elementi sufficienti a comprovare la situazio-ne in atto di concreto pericolo per la statica dell’interofabbricato, situazione che può essere rimossa soltantoattraverso la riduzione in pristino dello stato dei luoghi,mediante demolizione senza indugio del fabbricatoabusivo realizzato in sopraelevazione dai S.” (v. sen-tenza pagg. 13-14).

Si osserva al riguardo che il ricorrente si è lunga-mente soffermato a discutere sull’applicabilità o menodella legge antisismica al manufatto in parola, ma nes-suna contestazione ha mosso in merito al c.d. effettovela messo in rilevo dal CTU, che ha comportato il dis-tacco di pannellature di rivestimento della facciata dellaveranda abusiva di cui si fa cenno nel brano sopra ri-portato, ciò che è prova più che eloquente dell’instabi-lità ed effettiva pericolosità del manufatto stesso.

Con il quinto motivo del ricorso si denuncia la viola-zione e falsa applicazione degli artt. 1102, 1117, 1120,1122 e 1123 c.c.; artt. 75 e 81 ed altre norme nonchéomessa, insufficiente e contraddittoria motivazione: ladoglianza riguarda la questione del decoro architettoni-co che si assume violato e della riduzione di aria e luceper alcuni condomini ciò che presupporrebbe “un’ op-posizione facoltativa” dei singoli condomini controin-teressati e non dell’amministratore, atteso che questi ècarente di legittimazione ad agire per l’azione ripristi-natoria non avendo conseguito apposita delibera auto-rizzativa da parte dell’assemblea.

La questione è priva di fondamento. La Corte territoriale ha invero correttamente ribadito

la legittimazione dell’amministratore anche in relazio-

ne alla dedotta alterazione del decoro dell’edificio,“rientrando tale atto, diretto a conservare l’esistenzadelle parti comuni condominiali, negli atti conservatividei diritti, che pertanto, ai sensi dell’art. 1130 c.c., n. 4,è attribuito all’amministratore”.

Peraltro avuto riguardo alla nota decisione delle S.U.(Cass. n. 18331 del 6.8.2010) nella fattispecie è comun-que intervenuta da parte dell’assemblea condominialein data 3.1.2010 la delibera autorizzativa dell’ammini-stratore a resistere al presente ricorso per cassazione,con la contestuale ratifica dell’intero suo operato.

Con il sesto motivo infine si deducono violazioni dilegge e vizio di motivazione circa accoglimento del-l’appello incidentale relativamente alle spese del giudi-zio di 1° grado ritenute non conformi ai minimi tariffa-ri; la censura del condominio secondo l’esponente nonpoteva essere accolta in quanto generica, in relazione alvalore indeterminabile della causa e perché in ogni casoin ragione della soccombenza reciproca, il giudicedoveva disporre la compensazione delle spese proces-suali.

La doglianza è priva di pregio, atteso che il condo-minio nel giudizio di primo grado aveva depositato unaregolare e dettagliata nota spese che dunque consentivaal giudice di svolgere un preciso controllo sulle singo-le voci delle spese in questione. Quanto alla compensa-zione delle spese, essa rientra nell’ambito della discre-zionalità del giudice di merito. Conclusivamente il ri-corso dev’essere rigettato. Le spese processuali per ilprincipio della soccombenza sono poste a carico delricorrente.

P.Q.M.la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al

pagamento delle spese processuali che liquida in Euro2.200, di cui Euro 2.000 per onorario, oltre spese gene-rali ed accessori come per legge.

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QuaLI PartI DeL FaBBrIcato DeVono eSSereQuaLI PartI DeL FaBBrIcato DeVono eSSereconSIDerate neL caLcoLo DeLLeconSIDerate neL caLcoLo DeLLeDIStanze LegaLI tra gLI eDIFIcIDIStanze LegaLI tra gLI eDIFIcI

cronologico, la complessa vicenda per cui è causa, evi-denziando che l’odierno appellato era proprietario di unfabbricato con circostante giardino recintato sito inPolicoro Via …, censito in Catasto al Foglio di mappan. …, particella n. …, mentre la appellante Sig.ra D.A.era proprietaria di un immmobile confinante con quel-lo dell’originario ricorrente censito in Catasto al Fogliodi mappa n. …, particella n. ….

Detti immobili erano inseriti nel PianoParticolareggiato di esecuzione della Zona ovest delComune di Policoro, destinata ad edilizia residenzialeisolata e l’art. 10, comma 5, delle Norme Tecniche diAttuazione del Piano Particolareggiato di esecuzionedella Zona ovest del Comune di Policoro, destinata adedilizia residenziale isolata, confermava quanto già sta-tuito dal punto 18 dell’art. 3 del vigente RegolamentoEdilizio, il quale sanciva la distanza minima di 5 m. diuna costruzione dal confine di proprietà, prevedendoche tale disposizione poteva essere derogata soltantodagli strumenti urbanistici esecutivi delle Zone A e B.

La odierna appellante, in origine aveva rispettato det-ta prescrizione in quanto la distanza tra il fabbricatocostruito ed il confine del lotto di sua proprietà rispet-tava i 5 metri prescritti ed era occupata da una rampascoperta, di accesso al piano seminterrato, adibito agarage-deposito.

Successivamente, però, quest’ultima, alla fine del-l’anno 2001, aveva iniziato a costruire abusivamenteall’altezza del piano terra un corpo aggiunto al fabbri-cato principale (che occupava interamente la citatadistanza tra il fabbricato costruito ed il confine del lotto

FATTOCon il ricorso introduttivo del giudizio di primo

grado era stato chiesto dall’odierno appellato L.V. l’an-nullamento del dell’autorizzazione edilizia in sanatoriaprot. n. 13144 del 29 maggio 2003, rilasciata in favoredella controinteressata, Sig.ra D.A., dal Comune diPolicoro e ove necessario, del punto 16 dell’art. 3 delRegolamento Edilizio del Comune di Poliporo.

L’originario ricorrente aveva prospettato motivi dicensura incentrati sui vizi di violazione di legge edeccesso di potere.

Il Tribunale amministrativo regionale, affermata lapropria giurisdizione in materia, e disattese le eccezio-ni di inammissibilità del mezzo di primo grado (per tar-dività e per mancata impugnazione delle precedenticoncessioni edilizie in sanatoria n. 169 del 20.9.2002 en. 10 del 20.1.2003) ha definito la causa nel meritoaccogliendo il ricorso.

In particolare, il primo giudice ha in via preliminarericostruito in punto di fatto, ed anche sotto il profilo

conSIgLIo DI StatoSez. Iv, sent. 17.5.2012, n. 2847

In tema di distanze legali tra gli edifici rientrano nel concetto civi-listico di costruzioni le parti dell’edificio (quali, ad esempio, lescale e le terrazze) che, seppur non corrispondono a volumi abita-tivi coperti, sono destinate ad estendere nonché ampliare la consi-stenza del fabbricato. Non sono, invece, computabili quelle spor-genze estreme del fabbricato che abbiano una funzione mera-mente ornamentale, di finitura, oppure accessoria di entità limita-ta (mensole, grondaie ecc.).

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 85

di proprietà della contro interessata odierna appellante)la cui parte sovrastante veniva adibita a terrazzo-veran-da, mentre nella parte sottostante (poi coperta) venivaampliato il piano seminterrato, adibito a garage-deposi-to.

Essa -con istanza del 27 novembre 2001 - aveva chie-sto al Comune il rilascio della concessione edilizia insanatoria; con provvedimento n. … del … il Dirigentedel Settore Urbanistica del Comune aveva autorizzatoil mantenimento soltanto delle modifiche distributiveinterne, l’aumento di superficie ai vari piani e le modi-fiche ai prospetti.

Con provvedimento n. … del … invece, il Dirigentedel Settore Urbanistica del Comune aveva autorizzatole opere non ultimate, eccetto la “sistemazione del par-cheggio al piano interrato in prossimità della rampa,con sovrastante pergolato, in quanto non chiaramenterappresentata e leggibile sugli elaborati tecnici di pro-getto”.

In ultimo, con istanza del 13.5.2003 la controinteres-sata Sig.ra D. A. aveva chiesto al Comune il rilascio aisensi della L. n. 122/1989 dell’autorizzazione ediliziadel parcheggio interrato con il soprastante corpoaggiunto, che occupava interamente la citata distanzatra il fabbricato principale ed il confine del lotto di pro-prietà della stessa, e tale istanza era stata accolta in data… con il rilascio da parte del Dirigente del SettoreUrbanistica del Comune di Policoro dell’autorizzazio-ne edilizia prot. n. … del … gravata dall’odierno appel-lato.

Il primo giudice ha quindi ritenuto fondato il ricorsoavverso detto atto in ultimo citato (e non preclusiva lacircostanza che non fossero stati altresì gravati gli altriprovvedimenti di sanatoria rilasciati all’appellante, inquanto non lesivi della specifica posizione dell’odiernoappellato confinante, il cui interesse era evidente siaperché confinante, sia perché il terrazzo-veranda, rea-lizzato dalla controinteressata ad una quota di 1,52 m.rispetto al terreno di proprietà dell’appellato comporta-va un affaccio diretto sulla proprietà di quest’ultimo).

Ciò perché, il punto 18 dell’art. 3 del vigente Re-golamento Edilizio sanciva la distanza minima di 5 m.di una costruzione dal confine di proprietà, prevedendoche tale disposizione potesse essere derogata soltantodagli strumenti urbanistici esecutivi delle Zone A e B.

Inoltre, l’art. 10, comma 5, delle Norme Tecniche diAttuazione del Piano Particolareggiato di esecuzionedella Zona ovest del Comune di Policoro, destinata adedilizia residenziale isolata (ove erano ubicati gliimmobili per cui è causa) confermava quanto già sta-tuito dal predetto punto 18 dell’art. 3 del vigenteRegolamento Edilizio, prevedendo il distacco minimodi 5 m. dai confini.

Di converso, l’art. 9, commi 1 e 2, della legge n.122/1989 statuiva che l’esecuzione di opere edilizie,destinate a parcheggi, eseguite nei locali siti al pianoterra o nel sottosuolo del fabbricato o nel sottosuolo diaree pertinenziali esterne al fabbricato, erano soggette aDenuncia di Inizio di Attività gratuita, in quanto ai sensidell’art. 22, comma 5, DPR n. 380/2001 erano sogget-

ti al contributo di costruzione ex art. 16 DPR n.380/2001 (cioè il pagamento degli oneri di urbanizza-zione e del costo di costruzione) soltanto gli interventi,realizzabili mediante Denuncia di Inizio di Attività inalternativa al permesso di costruire, previsti dal comma3 dello stesso art. 22 DPR n. 380/2001 (anche la ver-sione precedente dell’art. 9, comma 2, L. n. 122/1989prevedeva l’autorizzazione gratuita) e le autorimesse,edificate fuori terra, poiché dovevano essere qualifica-te come nuove costruzioni, erano soggette al pagamen-to degli oneri di urbanizzazione e del costo di costru-zione, in quanto il citato art. 9, comma 2, L. n.122/1989, nel rinviare al precedente comma 1, si riferi-va soltanto alle opere edilizie, destinate a parcheggi,eseguite nei locali siti al piano terra o nel sottosuolo delfabbricato o nel sottosuolo di aree pertinenziali esterneal fabbricato.

L’ impugnata autorizzazione edilizia prot. n. … del… aveva violato la suddetta normativa, in quanto,come accertato anche da consulenza tecnica dispostadalla locale Procura della Repubblica, l’odierna appel-lante aveva realizzato all’altezza del piano terra un cor-po aggiunto al fabbricato principale, che occupava inte-ramente la distanza tra il fabbricato costruito ed il con-fine del lotto di proprietà della stessa, la cui parte sovra-stante era stata adibita a terrazzo-veranda, mentre nellaparte sottostante (ora coperta) era stato ampliato il pre-detto piano seminterrato, adibito a garage-deposito.

Il risultato di tali opere abusive era che il piano di cal-pestio del suddetto terrazzo-veranda si trovava ad unaquota di 85 cm. rispetto alla strada senza uscita, ancorada denominare, che si diramava da Via …, e di 1,52 m.rispetto al terreno di proprietà dell’appellato (costruzio-ne resa possibile, sistemando l’area esterna al fabbrica-to principale con un terrapieno artificiale).

Non potendo trovare applicazione l’art. 9, commi 1 e2, della legge n. 122/1989, l’ampliamento del garagesottostante doveva essere qualificato come una nuovacostruzione: ne discendeva che tale nuova costruzioneavrebbe dovuto rispettare la distanza minima di 5 m.dal confine, prescritta dal punto 18 dell’art. 3 del vigen-te Regolamento Edilizio e dall’ art. 10, comma 5, delleNorme Tecniche di Attuazione del Piano Particolareg-giato di esecuzione della Zona ovest del Comune diPolicoro (destinata ad edilizia residenziale isolata).

In ogni caso, ad avviso del Tribunale amministrativo,il soprastante terrazzo-veranda costituiva una nuovacostruzione, in quanto contribuiva alla trasformazionedel precedente organismo edilizio, modificandone laprecedente sagoma con notevole ampliamento dellasuperficie utile del fabbricato principale.

Ne conseguiva la illegittimità della rilasciata autoriz-zazione, mentre la impugnativa del punto 16 dell’art. 3del Regolamento Edilizio non appariva dirimente inquanto esso non poteva essere interpretato nel sensoche per la realizzazione delle costruzioni fosse sempreconsentita la sistemazione delle aree esterne, in quantola sistemazione esterna mediante innalzamento dell’o-riginario piano di campagna poteva essere approvatasoltanto se necessaria alla stabilità del costruendo fab-

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CONDOMINIO GIURIDICO86

bricato e, in caso di piani interrati, realizzati medianteterrapieno artificiale, doveva tenersi conto degli indicivolumetrici e delle distanze minime, stabiliti dallavigente normativa urbanistica comunale.

Avverso la sentenza in epigrafe l’ originaria resisten-te rimasta soccombente ha proposto un articolatoappello evidenziando che la motivazione della impu-gnata decisione era apodittica ed incentrata su un equi-voco di fondo: essa non aveva edificato alcun “nuovovano” ma si era limitata ad installare un cancello ed asistemare il giardino nella parte in cui questo sovrasta-va l’area interrata destinata a parcheggio realizzando–nell’area destinata a verde – un pergolato e innalzan-do un parapetto al fine di scongiurare pericoli determi-nati dal dislivello nel punto in cui il giardino sovrasta-va l’area interrata destinata a parcheggio.

L’uso dell’area in questione non era mutato: essa erarimasta adibita a garage-deposito.

Erroneamente il primo giudice aveva qualificato l’in-tervento quale realizzativo di un “corpo di fabbricaaggiunto” in quanto non era stata realizzata alcuna“costruzione” né tampoco una “veranda” autonoma edautonomamente utilizzabile.

Il mero pergolato in legno realizzato non poteva con-siderarsi “un vano”; non determinava alcun innalza-mento del carico urbanistico, trattandosi di “volumetecnico”; lasciava immutate le distanze legali (mt 5rispetto al fabbricato dell’appellato Signor L.).

Per altro verso, la sentenza era errata anche laddoveaveva ritenuto che la copertura dell’area di parcheggioavesse determinato l’innalzamento della quota delpiano di campagna avendo mutuato detta conclusionedalla (errata) relazione del CTU rassegnata nel paralle-lo giudizio civile celebratosi ex art. 703 c.pc..

Eventualmente sarebbe stato necessario espletarenuovi accertamenti sui luoghi.

Con una articolata memoria l’appellante ha puntua-lizzato e ribadito le proprie doglianze.

Il comune di Policoro ha depositato una articolatamemoria evidenziando che la sentenza aveva acritica-mente recepito le inesatte valutazioni rese dai consu-lenti tecnici d’ufficio nominati sia in sede di giudiziocivile che dal pubblico ministero in sede penale ed hachiesto l’accoglimento del gravame.

L’appellato ha depositato una articolata memoria evi-denziando che l’appello si poneva in contrasto con leesatte valutazioni rese dai consulenti tecnici d’ufficionominati sia in sede di giudizio civile che dal pubblicoministero in sede penale e che lo stesso meritava per-tanto la reiezione.

All’adunanza camerale del … fissata per la trattazionedell’incidente cautelare la Sezione, con l’ordinanza n. …ha respinto l’istanza di sospensione della esecutività del-l’appellata decisione “considerato che dalle pro-ve foto-grafiche versate in atti di causa, relative ad una fase deilavori ancora in itinere e dalle stesse tavole progettualinon emerge con assoluta chiarezza che l’abuso contesta-to sia, come affermato dall’appellante, un semplice per-golato posto al di sopra del garage interrato e realizzatonella striscia di rispetto delle distanze tra fabbricati;

ritenuto che il danno paventato dall’appellante, tenu-to conto della natura assertivamente ornamentale delpergolato e della sua pure asserita inconsistenza strut-turale, non appare né grave né irreparabile”.

Alla odierna pubblica udienza del 17 aprile 2012 lacausa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO1. L’appello è infondato e va respinto.1.1. Al fine di perimetrare l’oggetto del giudizio in rela-zione alle censure dedotte da parte appellante rileva ilCollegio, anzitutto, che sono inaccoglibili quelle fon-date su una asserita acritica utilizzazione da parte delprimo giudice di elementi probatori acquisiti nell’am-bito di altri procedimenti intercorsi tra l’appellante el’appellato, anche e soprattutto laddove si spingono asostenere l’asserita inutilizzabilità degli elaborati peri-tali ivi formati nell’odierno giudizio (si veda in partico-lare, quanto a tale profilo, la memoria depositata dalComune di Policoro).

Al contrario di quanto sostenuto dall’appellante edall’amministrazione comunale, infatti, da un canto lacondivisibile giurisprudenza di questo Consiglio diStato ha a più riprese affermato che “il giudice di meri-to può utilizzare, in mancanza di qualsiasi divieto dilegge, anche prove raccolte in diverso giudizio fra lestesse o altre parti, come qualsiasi altra produzionedelle parti stesse e può, quindi, avvalersi anche di unaconsulenza tecnica ammessa ed espletata in diversoprocedimento, valutandone liberamente gli accerta-menti ed i suggerimenti una volta che la relativa rela-zione peritale sia stata ritualmente prodotta dalla parteinteressata.”(ex multis, ancora di recente ConsiglioStato, sez. V, 19 gennaio 2009, n. 223).

Per altro verso, il detto principio (giustificato dalprincipio di economia dei mezzi probatori e nella sal-vaguardia del principio del libero convincimento giudi-ziale) è perfettamente simmetrico a quello espresso dalGiudice di legittimità civile (Cassazione civile, sez. II,19 settembre 2000, n. 12422).

Sotto altro profilo, il primo giudice non ha affattoacriticamente recepito le indicazioni probatorie conte-nute negli elaborati resi dai consulenti tecnici d’ufficionominati sia in sede di giudizio civile che dal pubblicoministero in sede penale.

Al contrario di quanto sostenutosi nell’appello infat-ti, sia la perizia giurata di parte redatta il 15.7.2003dall’Ing. B. V., ma soprattutto la Consulenza Tecnica diUfficio, redatta dall’Ing. M.

M. (nell’ambito del giudizio civile pendente tra leparti, attivato dal ricorrente con l’azione di manuten-zione, volta ad ottenere la demolizione del sopra de-scritto corpo aggiunto e la rimozione del terrapieno arti-ficiale, sul quale era stato sistemato tale corpo aggiun-to) e l’elaborato redatto dall’Ing. G. Giuseppe (incari-cato dal Pubblico Ministero della Procura dellaRepubblica presso il Tribunale di Melfi nell’ambito delgiudizio penale, a cui ha dato origine la vicenda con-tenziosa per cui è causa) hanno dato atto della circo-stanza che l’appellante ha realizzato all’altezza del

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 87

piano terra un corpo aggiunto al fabbricato principale,che occupa interamente la distanza tra il fabbricatocostruito ed il confine del lotto di proprietà della stessa,la cui parte sovrastante è stata adibita a terrazzo-veran-da, mentre nella parte sottostante (ora coperta) è statoampliato il predetto piano seminterrato, adibito a gara-ge-deposito.

Dette risultanze sono state accuratamente vagliate dalprimo giudice e semmai, come risulta anche dalla do-cumentazione fotografica versata in atti, esse sono statesoltanto apoditticamente contestate dall’appellante, cheha espresso “perplessità” sulle modalità di calcolo del-l’altezza e sulla nozione di “interrato”.

Le dette censure di difetto di motivazione e di istrut-toria, oltre che quelle postulanti la radicale inutilizzabi-lità delle resultanze acquisite nell’ambito del - paralle-lo- giudizio civile e penale devono essere pertanto cer-tamente disattese.1.2. Sotto altro profilo - e proprio a cagione della com-pletezza e esaustività degli accertamenti tecnici versatinell’ odierno processo - ritiene il Collegio che la causasia compiutamente istruita e che non sia necessario dis-porre alcun ulteriore incombente istruttorio.2. Nel merito, dato atto che risulta incontestata in appel-lo l’affermazione del primo giudice in ordine alla tem-pestività e ritualità del gravame proposto dall’appellatoin primo grado, della legittimazione di quest’ultimo aricorrere e, a monte, della spettanza della giurisdizionesulla pretesa devoluta (avuto riguardo al petitum so-stanziale demolitorio della concessione in sanatoria ot-tenuta dall’appellante articolato in primo grado) al ples-so giurisdizionale amministrativo, ritiene il Collegioche l’appello sia privo di fondamento.2.1. Posto che neppure è stata contestata la ricostruzio-ne normativa contenuta nella impugnata decisione erelativa alla disciplina urbanistica da osservare sull’a-rea, (in particolare, ma non solo, con riferimento all’af-fermazione contenuta nella impugnata sentenza secon-do cui “il punto 16 dell’art. 3 del Regolamento Edilizionon può essere interpretato nel senso che per la realiz-zazione delle costruzioni è sempre consentita la siste-mazione delle aree esterne, in quanto la sistemazioneesterna mediante innalzamento dell’originario piano dicampagna può essere approvata soltanto se necessariaalla stabilità del costruendo fabbricato e, come sopradetto, in caso di piani interrati, realizzati mediante ter-rapieno artificiale, deve tenersi conto degli indici volu-metrici e delle distanze minime, stabiliti dalla vigentenormativa urbanistica comunale” ) il Collegio non rivi-siterà detti profili ed esaminerà il merito nei limiti dellecensure dedotte.2.1.1. Il presupposto centrale della causa riposa nellacircostanza che la distanza minima da rispettare tra gliedifici in questione debba essere quella di metri 5: nep-pure l’appellante pone in dubbio la sussistenza dellapredetta cogente disposizione (vedasi primo capoversodell’appello) come del resto non è contestato che ini-zialmente, allorché venne eretto il corpo principale del-l’edificio, l’appellante si attenne alla detta prescrizione.2.2. Sostiene però l’appellante che non potrebbe nel

caso in esame - contrariamente da quanto affermatosidal primo giudizio - assimilarsi l’opera realizzata (chenel ricorso viene insistentemente definita “pergolato”)ad una “veranda”, e che neppure la copertura dello spa-zio adibito a “garage-deposito” avrebbe determinato lacreazione di alcun “locale” utilizzabile dall’uomo con-tinuativamente: essa sostiene quindi di essersi limitataa “sistemare” l’area nel rispetto della destinazione del-l’area medesima circostante il fabbricato (id est: a par-cheggio nell’area sottostante ed a verde al piano terra) .2.2.1. Le dette deduzioni non meritano accoglimento.

Rileva in proposito il Collegio che per condivisa giu-risprudenza di questo Consiglio di Stato “in tema didistanze legali tra edifici o dal confine, mentre nonsono a tal fine computabili le sporgenze estreme delfabbricato che abbiano funzione meramente ornamen-tale, di finitura od accessoria di limitata entità, come lemensole, le lesene, i cornicioni, le grondaie e simili,invece, rientrano nel concetto civilistico di costruzioni,le parti dell’edificio, quali scale, terrazze e corpi avan-zati (c.d. aggettanti) che, se pur non corrispondono avolumi abitativi coperti, sono destinate ad estendere edampliare la consistenza del fabbricato. Lo stesso puòdirsi per le opere di contenimento, quali indubbiamen-te si configurano quelle di cui al caso di specie che,comunque progettate in relazione alla situazione deiluoghi ed alla soluzione esteticamente ritenuta più con-facente dal committente, hanno una struttura che deveessere idonea per consistenza e modalità costruttive adassolvere alla funzione di contenimento ed una funzio-ne, che non è quella di delimitare, proteggere ed even-tualmente abbellire la proprietà, ma essenzialmente disostenere il terreno al fine di evitare movimenti franosidello stesso. Opere tali da dovere essere riguardate,sotto il profilo edilizio, come opere dotate di una pro-pria specificità ed autonomia, in una accezione checomprende tutte le caratteristiche proprie dei fabbrica-ti, donde l’obbligo di rispetto di tutti gli indici costrutti-vi prescritti dallo strumento urbanistico e, in particola-re, delle distanze dal confine privato”(Consiglio Stato,sez. IV, 30 giugno 2005, n. 3539).

In modo pressoché simmetrico, la giurisprudenzacivile di legittimità ha ancora di recente condivisibil-mente affermato che “ai fini dell’osservanza dellenorme sulle distanze legali di origine codicistica o pre-scritte dagli strumenti urbanistici in funzione integrati-va della disciplina privatistica, la nozione di costruzio-ne non si identifica con quella di edificio ma si estendea qualsiasi manufatto non completamente interrato cheabbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizza-zione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazio-ne o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesi-stente o contestualmente realizzato, indipendentementedal livello di posa e di elevazione dell’opera” (Cas-sazione civile, sez. II, 17 giugno 2011, n. 13389).

La giurisprudenza civile di merito, altrettanto condi-visibilmente, ad avviso del Collegio ha poi fatto pre-sente che ai fini del rispetto delle distanze fra costru-zioni, non rileva il materiale utilizzato per la fabbrica,richiedendosi soltanto una durevolezza dell’opera

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CONDOMINIO GIURIDICO88

comunemente riconoscibile anche alle opere in legno oferro od altri materiali leggeri, purché infissi al suolonon transitoriamente.

Ne consegue la permanente vigenza dell’insegna-mento della Corte di legittimità secondo il quale “costi-tuisce costruzione, agli effetti della disciplina del c.c.sulle distanze legali, ogni manufatto che, per struttura edestinazione, ha carattere di stabilità e permanenza(Nella specie il manufatto, con finestra, era coperto datettoia formata da travi con soprastanti lamiere, ed eradestinato a fienile, magazzino e pollaio)” (Cassazionecivile, sez. II, 24 maggio 1997, n. 4639).

Per completezza - tenuto conto dei profili sollevatidall’appellato nella propria memoria di replica - si evi-denzia che analoga nozione estensiva del concetto di“fabbricato” è stata dettata dalla Corte di Cassazione aifini dell’art. 907 c.c., diretto a preservare l’eserciziodelle vedute da ogni eventuale ostacolo con carattere distabilità, “in quanto la nozione di costruzione è com-prensiva non solo dei manufatti in calce e mattoni, madi qualsiasi opera che, indipendentemente dalla formae dal materiale con cui è stata realizzata, determini unostacolo del genere (Nella specie, il giudice del meritoaveva ritenuto che costituisse costruzione nel sensoanzidetto una veranda che ostacolava la veduta dal bal-cone e dalla finestra sovrastanti, anche se ottenutamediante la posa in opera, su correntini infissi nel mu-ro, di lastre di fibrocemento facilmente asportabili, inquanto bullonate a tali correntini. La C.S., nell’enun-ciare il precisato principio di diritto, ha confermato taledecisione)” (Cassazione civile, sez. II, 21 ottobre 1980,n. 5652).2.3. Già alla stregua della sistematica esposizione cheprecede, appare evidente che appare destituito di fon-damento il primo caposaldo dell’impianto dell’appellovolto a contestare la nozione di “costruzione” (rectius“veranda”) assunta dal primo giudice, rilevante inpunto di omesso rispetto delle distanze legali.

Ma anche il profilo dell’appello relativo alla sotto-stante autorimessa ed alla contestata creazione di unvano mediante la copertura del garage riceve smentita:è ben vero che l’area è rimasta aperta, ma è pur veroche tramite l’innalzamento della copertura dello stessosi è sostanzialmente ricavato un nuovo vano e comun-que che non ricorre il concetto di “autorimessa total-mente interrata”.

Sul punto giova rammentare che per costante giuri-sprudenza di questa Sezione “al fine di individuare seun manufatto sia o meno interrato, va fatto riferimentoal livello naturale del terreno, con la conseguenza chela sporgenza di un manufatto dal suolo va riscontratacon riferimento al piano di campagna, cioè al livellonaturale del terreno, e non al livello eventualmenteinferiore cui si trovi un finitimo edificio realizzato conabbassamento di quel piano” (Consiglio Stato, sez. V,06 dicembre 2010, n. 8547 ed in passato ConsiglioStato, sez. V, 21 ottobre 1991, n. 1231 laddove si è af-fermato che soltanto “i locali costruiti al di sotto dell’o-riginario piano di campagna non sono infatti computa-bili ai fini dell’applicazione degli standards urbanistici

e non concernono al computo della volumetria.”).Nel caso di specie, nella incontestabile emergenza

processuale secondo cui il piano di calpestio del terraz-zo-veranda si trova ad una quota di 85 cm. rispetto allastrada senza uscita, ancora da denominare, che si dira-ma da Via …, e di 1,52 m. rispetto al terreno di proprie-tà dell’appellato (costruzione resa possibile, sistemandol’area esterna al fabbricato principale con un terrapienoartificiale) si rende applicabile l’orientamento espresso apiù riprese da questo Consiglio di Stato secondo cui “aisensi dell’art. 9, l. 24 marzo 1989 n. 122, la realizzazio-ne di autorimesse e parcheggi è soggetta alla disciplinaurbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzionifuori terra, se non effettuata totalmente al di sotto delpiano di campagna naturale”(Consiglio Stato, sez. IV,27 novembre 2010, n. 8260).

Ne consegue la esattezza dell’affermazione del primogiudice (non specificamente contestata nell’appello,peraltro) secondo cui “le autorimesse, edificate fuoriterra, poiché vanno qualificate come nuove costruzioni,sono soggette al pagamento degli oneri di urbanizza-zione e del costo di costruzione, in quanto il citato art.9, comma 2, L. n. 122/1989, nel rinviare al precedentecomma 1, si riferisce soltanto alle opere edilizie, desti-nate a parcheggi, eseguite nei locali siti al piano terra onel sottosuolo del fabbricato o nel sottosuolo di areepertinenziali esterne al fabbricato”.

Il riscontrato innalzamento del piano di campagnamercé copertura della rampa di accesso al garage, quin-di, è tutt’altro che “ininfluente” siccome affermato apag. 9 del ricorso in appello, in quanto determinanteuna nuova costruzione.

E attraverso detta “copertura” innalzando il piano dicalpestio, in collegamento funzionale con l’area defini-ta “pergolato”, si è sostanzialmente creato un ulteriorevolume che si diparte dal corpo principale, ed occupatutta la distanza dal confine della proprietà L. in spregioalla prescrizione sulle distanze.2.4.Tutte le ulteriori considerazioni contenute nel moti-vo A2 del ricorso in appello sono dirette a mettere indubbio il rigore tecnico ed il metodo scientifico utiliz-zato dal perito d’Ufficio e dal consulente del pubblicoministero negli elaborati depositati nel giudizio civileed in quello penale e versati in atti.

Senonché, come si è già chiarito nella prima partedella presente esposizione, le apodittiche critiche ivicontenute (che comunque non intaccano le valutazionirelative alla veranda/pergolato ma si limitano a censu-rare il modo di determinazione del piano di campagna)non appaiono convincenti.2.4.1. La accurata analisi contenuta sia nella periziadell’Ing. M. sia nell’elaborato redatto dal consulentetecnico del Pubblico Ministero Ing. G. si è a lungo sof-fermata sulla modalità determinativa della quota origi-naria del piano di campagna per il lotto in oggetto;entrambi gli elaborati tecnici hanno accuratamenterichiamato la normativa applicabile, ed anche lo statodei luoghi ivi riscontrabili in passato: le risultanze inessi contenuti potrebbero essere disattesi unicamenteladdove si riscontrassero criticità che il Collegio esclu-

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀ 89

de sussistano.Ben poco può aggiungersi infatti alle considerazioni

ivi contenute circa l’innalzamento determinato dal ter-rapieno di riempimento, e la “singolare” circostanzache lo stesso abbia coinciso con le aperture originariedell’immobile sino a determinare la conseguenza che la“veranda” ne costituisca il naturale prolungamento cheoccupa per intero la distanza dal confine dell’appel-lato.

La documentazione fotografica versata in atti dimo-stra eloquentemente lo stato dei luoghi (tenuto ancheconto della circostanza che i lavori non erano definiti)e pertanto anche le doglianze attinenti a tali profilimeritano la reiezione.3. Conclusivamente, l’appello appare infondato e meri-ta di essere disatteso.4. Le spese processuali seguono la soccombenza e per-tanto l’appellante deve essere condannata al pagamen-

to delle stesse in favore dell’appellato nella misura cheappare congruo determinare in Euro tremila oltre ac-cessori di legge, se dovuti, mentre devono essere com-pensate per il resto.

P.Q.M.Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione

Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello,numero di registro generale 1474 del 2010 come in epi-grafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese pro-cessuali in favore dell’appellato nella misura che appa-re congruo determinare in Euro tremila oltre accessoridi legge, se dovuti, e le compensa per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’au-torità amministrativa.Così deciso il 17 aprile 2012.Depositata in segreteria il 17 maggio 2012.

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