CASA DEL COMMIATO

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Depliant illustrato della prima Casa del Commiato delle Marche realizzata a Castelplanio dal Gruppo Bondoni, leader nei servizi funerari integrati. Coinvolta nell'operazione l'artista Simona Bramati che ha realizzato tre opere per le tre sale. Concept e grafica by Creative Project di Mauro Luminari.

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Al servizio dei legami familiari

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CASA DEL COMMIATOUN SUCCESSO DI CIVILITA’

Rispetto, accoglienza e ri-servatezza per l’ultimo addio terreno ai cari De-

funti. Sono i concetti sui quali il Gruppo Bondoni ha realizzato la Casa del Commiato di via dell’In-dustria 3 di Castelplanio, appena fuori l’abitato di Moie di Maiola-ti Spontini. E’ la prima struttura delle Marche e del Centro Italia in grado di dare risposte concrete alle esigenze della collettività di poter dedicare al proprio Defunto spazi e momenti di riservato rac-coglimento prima della cerimo-nia funebre e della tumulazione. Un’esigenza forte che si evidenzia quotidianamente e che il Gruppo Bondoni - da oltre un secolo leader nel settore delle onoranze funebri - ha voluto recepire a fare proprie. Le camere ardenti allestite presso

gli obitori tradizionali hanno spa-zi limitati, quasi sempre con pre-senza di più salme che obbligano ad una promiscuità problematica e inopportuna i parenti del Defun-to, dall’impossibilità di raccogli-mento e preghiera per parenti e amici, alla ristrettezza degli orari che impediscono di vegliare la sal-ma nelle ore serali e notturne. La Casa del Commiato del Grup-po Bondoni è l’unica alternati-va a tutto questo: una struttura fruibile 24 ore su 24, facilmente accessibile lungo la strada pro-vinciale 76, a poche centinaia di metri dallo svincolo di Moie della superstrada, con ampi parcheggi privati e con tre moderne Sale del Commiato con accesso riservato, climatizzate, con filodiffusione e con la possibilità di personaliz-

di Bruno Luminarigiornalista

«E’ la prima struttura delle Marche e del Centro Italia in grado di dare risposte concrete alle esigenze della collettività di poter dedicare al proprio Defunto...»

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zazione l’addobbo funebre. Sale concepite nella nostra concezione cattolica ma rispettose di altre culture e religioni, in una strut-tura dove i Familiari del Defunto trovano soluzioni per tutti i servi-zi relativi alla cerimonia funebre e alla tumulazione.Era l’11 Ottobre del 2009 quan-do venne inaugurata la Casa del Commiato del Gruppo Bondoni. Da quel giorno l’innovativa e in-dispensabile struttura si è di-mostrata un successo di civiltà e riservatezza, di degno servizio globale alla famiglia in uno dei momenti più significativi: l’ultimo addio a un proprio caro. Un successo di civiltà, si diceva, che oggi il Gruppo Bondoni inten-de significare annunciando la re-alizzazione della quarta Sala del Commiato, nella stessa struttura e attigua alle altre. Un ulteriore investimento indispensabile per dare risposta alle sempre crescen-ti richieste provenienti non solo dal territorio vocato ma anche da Jesi e dal fabrianese. L’iniziale intuizione dei Bondoni è diven-

tata una realtà concreta. Un suc-cesso di civiltà. Nella realizzazione della Casa del Commiato sono stati coinvolti giovani artisti predisposti nell’avere percezioni e sensibilità diverse e attuali. L’architetto Riccardo Bucci ha in-terpretato gli aspetti tecnici e fun-zionali della struttura mentre, la pittrice Simona Bramati ha scelto colori e tinte per le sale e ha rea-lizzato opere di grande spessore ar-tistico.Due giovani professionisti che han-no davvero interpretato nel miglio-re dei modi quella filosofia citata all’inizio. A loro un ringraziamento particolare, come alla dottoressa Loretta Mozzoni, direttrice della Pinacoteca e Musei civici di Jesi e affermata storica dell’arte, e alla professoressa Chiara Canali, criti-co d’arte di Milano, che hanno illu-strato i particolari di questa inedita sinergia tra l’arte della Bramati e la Casa del Commiato. Per quanto riguarda l’onorificenza delle sale la committenza (leggi pa-gina successiva) è stata affidata a Simona Bramati, giovane artista di

rilievo nel panorama artistico ita-liano.Una scelta lungimirante per due motivi: si attualizza il discorso della committenza che lega in un fil rouge arte e morte, il concetto della scomparsa con il linguaggio dell’arte; in secondo luogo con la sua opera Simona Bramati recupe-ra e aggiorna in termini mitologici un’iconografia che si connette alle tradizionali rappresentazioni del passaggio all’Aldilà.

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ale - Milano, 2007). La sua personale “Lachesi, la filatrice del destino” a Palaz-zo della Signoria di Jesi nel 2008 ha to-talizzato oltre 6500 visitatori in tre set-timane riscuoten-do l’interesse della stampa nazionale. Tra le sue personali “Il peso di un giorno oscuro” (Ge-nova, 2010). Ha vinto il Premio Internazionale d’Arte “Satura Pri-ze 2010”. Nel 2011 ha ottenuto un grande successo a Venezia con la personale “Indiscrezioni” dove il po-eta Davide Rondoni ha inserito una sua poesia nel catalogo. A Bologna ha confermato il suo valore “Deja Vù”, personale a cura di Beatrice Buscaroli come la pre-

COINVOLGIMENTI ARTISTICI:LE OPERE DI SIMONA BRAMATI

Le sale della Casa del Commia-to, commentate dai bellissimi quadri di Simona Bramati,

sono la manifestazione figurata e simbolica di questo viaggio verso la luce. E’ questa l’interpretazione del lavoro dell’artista che dà corpo e so-stanza alla descrizione delle anime “vestite di luce” attraverso 3 sale intitolate ad altrettanti personaggi che con le loro opere hanno stabilito un punto di contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Simona Bramati è un’artista mar-chigiana lanciata alla ribalta na-zionale da Vittorio Sgarbi. La par-tecipazione alla 54^ Biennale di Venezia nel Padiglione Italia regio-ne Marche segue le importanti par-tecipazioni a grandi mostre come “Il Male, esercizi di pittura crude-le” (Torino, 2005), e “Arte Italiana 1968-2007, Pittura” (Palazzo Re-

«Dovevo rappresentare il passaggio tra la vita e la morte, il trapasso da materia a luce, e accompagnare il defunto verso l’inizio di una nuova vita...»

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cedente, ottenedo critiche positive anche da David Riondino. Simona Bramati è prossima al debutto in-ternazionale a Parigi nella centra-lissima Saint Germain. "Quando la famiglia Bondoni mi convocò - racconta Simona - per parlarmi del loro progetto che ri-guardava la Casa del Commiato e della loro intenzione di commissio-narmi le tele che sarebbero andate ad allestire le sale in questione, ebbi subito un sussulto allo stoma-co. Sapevo che questo sarebbe stato un momento molto importante del-la mia carriera artistica, vuoi per il tema che dovevo affrontare, vuoi per l’importanza che il lavoro avreb-be suscitato nei fruitori a venire, purtroppo numerosi e continui, del-le opere. Dovevo rappresentare il passaggio tra la vita e la morte, il trapasso da materia a luce, e ac-compagnare il defunto verso l’inizio di una nuova vita, quella immersa nella luce che abbaglia gli animi e lo spirito, dipingendo immagini che evocassero leggerezza, serenità e quiete!

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LE OPERE

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“Sala Virgilio” 2009150 x 300 cmTecnica olio su tela

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Dedicata al più grande poeta della latinità Virgilio, che nel suo poema più fa-moso l’Eneide fa scendere l’eroe troiano Enea giù nell’Ade, dove incontra i suoi antenati, la moglie e la tradita Didone. Virgilio è anche il poeta scelto da

Dante per accompagnarlo nella discesa agli inferi narrata nella Divina Commedia. In questa sala si trova la tela più grande: un gruppo di corpi si susseguono in un ritmo lieve e armonico, quasi a voler simulare una danza verso l’altrove. Le figure dai toni lievi si stagliano su di un fondo ancor più chiaro, quasi a volersi confondere e camuffare nel bagno di luce che le avvolge, mentre il ritmo è rappre-sentato dai capelli a cui le anime si aggrappano. Simboleggiano la vanità dell’uomo che di fronte alla morte non ha più senso e come fossero accompagnate verso l’ultimo viaggio si adagiano leggere in un’atmosfera sospesa e densa di luce.La figura sulla destra rappresenta l’anima che inizia il nuovo percorso celeste, ma tiene lo sguardo ancora fisso verso la fine di quello terreno; seguono poi le altre due figure femminili collegate dai capelli, ora appunto divenuti solamente un mezzo per essere traghettate, con la resurrezione dello spirito, a mondi, più elevati e ultraterreni dove la luce della speranza accoglie le anime in viaggio. La luce è il tema ricorrente in tutte le tele delle tre sale ardenti. Ogni figura raffigurata è rivolta verso la luce, è lì che guarda, verso la sua direzione, dove spirito e materia si fondono e tutti gli esseri, che prima erano su questa terra, trovano la loro pace. Nessuno dei personaggi ha lo sguardo rivolto all’osservatore del quadro, che in questo luogo viene a salutare il proprio defunto: l’opera deve essen-zialmente servire a creare un’atmosfera che accompagni il credo religioso di quanti si affidano alla Casa del Commiato.

SALA VIRGILIO

Publio Virgilio Marone (Ande, attuale Pietole, in provincia di Mantova, idi di ottobre 70 a C - Brindisi, 21 settembre, del 19 a. C .) meglio conosciuto con il suo nome, Virgilio, è stato un poeta romano. Nel lavoro di Dante Alighieri, La Divina Commedia, è stato la sua guida attraverso l'Inferno e il Purgatorio. Tra l'anno 42 a. C. e 39 a. C. ha scritto le Bucoliche, e tra il 36 a. C. ed il 29 a. C. le Georgiche. Dall'anno 29 a. C., inizia la sua opera più ambizio-sa, l'Eneide, per la cui redazione ci sono voluti undici anni, un poema in dodici libri raccontando le avven-ture di Enea, dalla sua fuga da Troia alla sua vittoria militare in Italia. Enea porta suo padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio per mano nel momento della fuga da Troia. A Cartagine, sulle coste dell'Africa, fece innamorare la principessa Didone, che si suicidò dopo la partenza dell'eroe. In Italia, Enea sconfigge Turno, re dei Rutulians. Il figlio di Enea, Ascanio, fondò Alba Longa, una città ove Rea Silvia rimase incinta del dio Marte e successivamente partorì i gemelli Romolo e Remo. Dunque, secondo Virgilio, i Romani erano di-scendenti di Ascanio, e, quindi, di Enea stesso. Rimane a tutt'oggi un opera fondamentale per la glo-ria della letteratura latina.

Publio Virgilio Marone

L'artista spiega l'opera Chi è?

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“Sala Erasmo” 2009150 x 120 cmTecnica olio su tela

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La figura rappresentata nell'opera ha le fattezze di un angelo l’anima che viene risucchiata verso l’alto nella tela di medie dimensioni della Sala Erasmo. Erasmo da Rotterdam fu un filosofo olandese del ‘500 che attraverso la mani-

festazione della pazzia denuncia la corruzione, le distorsioni, i maneggi che allontano l’uomo da Dio. Esercitare il diritto alla pazzia: questo il messaggio di Erasmo da Rotterdam che fa sua la tradizione antica dei “pazzi di Dio” santi resi folli dal desiderio di vedere Dio e di essere ammessi al suo cospetto. La figura alata è appoggiata a terra, apparentemente pesante su di essa, ma una forza superiore la risucchia e la innalza verso la luce densa e corposa, chiaro riferimento all’altrove, all’aldilà, quel luogo dove mi piace pensare che si rifugino i nostri pensieri una volta che il corpo se ne va ad altra vita. La nudità della figura viene di nuovo mes-sa al cospetto di Dio, come ultima verità e come rappresentazione dell’anima spogliata da tutti i peccati. Un vento freddo le smuove i capelli e la richiama a Dio. L’angelo è pronto ad andare. Secondo Erasmo da Rotterdam, da cui abbiamo preso il nome della sala: “se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, e vivessero sempre sotto la mia insegna, la vecchiaia neppure ci sarebbe, e godrebbero felici di un'eterna giovinezza”. Di fronte alla morte siamo tutti uguali, nessun vezzo può diversificare un individuo, nessun vestito può classificare il defunto, niente può impedirci di morire, perchè siamo fatti per nascere e per morire.

SALA ERASMO

Erasmo nacque come Geer Geertsz il 27 Otto-bre 1466 a Rotterdam. Fu ordinato sacerdote nel 1492 e completò quindi i suoi studi a Parigi. Dal 1499 adottò la vita di uno studioso indipendente, spostandosi da una città all'altra, insegnando e cor-rispondendo con le menti più insigni dell'epoca.Cominciò a scrivere attorno al 1500, sia scritti teolo-gici che di altra natura. Tutti i suoi lavori mostrano un bagaglio di sapere immenso e una intelligenza a dir poco brillante, ma allo stesso tempo la sua umanità; il suo senso dell'umorismo. Molti dei suoi primi lavori attaccarono la corruzione e la superstizione all'interno della chiesa e il suo capolavoro “L'elogio della follia”, dedicato e ispirato al suo amico inglese Tommaso Moro, fa appello per un ritorno a un cristianesimo più semplice. Con l'inizio della Riforma Protestante Erasmo prese una direzione diversa. Sebbene ri-mase sempre un cattolico convinto le nuove dottrine suscitarono in lui una certa simpatia ma per ribattere all'accusa di essere diventato luterano, scrisse il “Li-bero Arbitrio”; una completa dichiarazione sulla sua posizione teologica che contiene un brillante attacco a Lutero. Erasmo morì a Basilea il 12 Luglio 1536.

Erasmo da Rotterdam

L'artista spiega l'opera Chi è?

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“Sala Sibilla” 2009

Dittico 34 x 34 cmTecnica olio su tela

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Ospita due piccole tele in cui due Sibille sono di spalle al defunto: anche loro si stanno risvegliando alla morte per assumere un altro aspetto e raggiungere il trapasso che le porterà verso la pace eter-

na. Sono di spalle anche perché condannate a guardare oltre l’esperienza sensibile e a rivelare ai mortali i disegni, non sempre favorevoli e benevoli, degli Dei. Nella tradizione letteraria e mitologica non è mai venuto meno il concetto della verginità della Sibilla, dai greci come Aristotele ai Romani come Virgilio, Ovidio, Marziale, fino ai Cristiani come San Gerolamo. Ovi-dio raffigura la Sibilla molto vecchia e con trecento anni ancora da trascor-rere: dopo la sua morte rimarrà la sua voce. Spesso la morte della Sibilla è un pretesto per permettere a varie città di vantarsi di conservarne le ce-neri in qualche sepolcro o di celebrarne il ricordo con pietre e monumenti. La Sibilla, da personaggio mitologico preomerico, è presente nella civiltà di vari popoli, fino ad essere accettata anche nell’ambito del nascente cri-stianesimo. La sua immagine è rimasta viva nella descrizione di poeti ed artisti. La Sibilla simboleggia l’umanità che ha acquistato una condizione sovrannaturale, per mezzo della quale essa è in grado di entrare in relazio-ne con il divino per comunicarne i messaggi a tutti gli uomini. Affermano J.Chevalier e A. Gheerbrant che “le Sibille furono considerate quale ema-nazioni della saggezza divina, antiche come il mondo e depositarie della primitiva rivelazione: sarebbero in tal modo un simbolo della rivelazione”. La Chiesa ha voluto interpretare gli oracoli sibillini come predizioni della storia cristiana e addirittura ha considerato le dodici Sibille come una va-riante pagana dei dodici profeti biblici più tardi dei dodici apostoli.

SALA SIBILLA

La Sibilla è una figura esistita storicamente, ma presente nella mitologia greca e in quella romana. Le sibille erano vergini do-tate di virtù profetiche ispi-rate da un dio (solitamente Apollo), ed erano in grado di fornire responsi e fare predizioni, per lo più in for-ma oscura o ambivalente. Nel nostro territorio il nome è associato alla Grotta della Sibilla, una caverna rica-vata nella roccia e raggiungibile solo a piedi. Si trova a 2150 m s.l.m., nei pressi della vetta del Monte Sibilla che appartiene alla Catena dei Monti Sibillini.La grotta deve il suo nome alla leggenda della Sibilla Appenninica, secondo la quale essa non era altro che il punto d'accesso al regno sotterraneo della Regina Sibilla. Il complesso ipogeo viene descritto, sulla scor-ta dei racconti popolari raccolti sul posto, per la prima volta nel 1420, dal francese Antoine de La Sale che si reca alla grotta su ordine della Duchessa Agnese di Borgogna. Egli però a causa delle frane già avve-nute nell'alto medioevo all'interno della grotta, può disegnarne soltanto la pianta topografica del vestibolo dell'antro ancora conservato intatto. Questo importan-te documento è conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi.

La Sibilla

L'artista spiega l'opera Chi è?

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Anime vestite di luce: è que-sta l’espressione che usa S. Paolo per descrivere gli

eletti ammessi alla visione di Dio, nudi ed innocenti come nel giorno del Giudizio finale, avvolti dalla luce divina che fa scudo contro la corruzione del corpo e gli sguardi impuri. Intorno a questa oscilla-zione bipolare tra innocenza e cor-ruttela, gli artisti hanno dovuto affrontare la diversa rappresen-tazione del nudo che fin dalle epo-che più remote è stato il testimone dello stato di natura, espressione della maternità per le femmine, della forza per gli uomini.Ma è sempre l’arte ad introdurre una diversa considerazione tra forme nude e corpi nudi. Mentre le prime hanno a che fare con l’astrazione e sono chiamate a rappresentare l’anima e la sua virtù incontaminata, i secondi

virano lo sguardo verso pensieri opachi e peccaminosi. E’ lo stes-so processo che conduce i proge-nitori nel giardino dell’Eden a coprirsi dopo il peccato originale perché hanno perso l’innocenza e l’esigenza di coprirsi corrisponde alla consapevolezza di sé e del-la propria condizione di peccato. Al contrario la nudità del Cristo sulla croce è il segno della rinun-cia totale e dell’offerta di sé nella perfetta innocenza del corpo. Un esempio correttamente compreso e interpretato dalla Maddalena, da S. Maria Egiziaca, dallo stesso S. Francesco che simbolicamente si spoglia in pubblico nella piaz-za di Assisi per esporre il suo pro-gramma di rinuncia radicale al mondo e alle sue convenzioni. Il vestito dunque rappresenta la caducità delle cose terrene e pri-varsene significa recuperare lo

ANIME VESTITE DI LUCE

«Da sempre gli artisti rappresentano l’anima nuda per esplicitare la separazione dal corpo

inteso come prigione e permettere la sua

liberazione verso la nuova vita»

di Loretta Mozzonidirettrice Pinacoteca e Musei civici di Jesi

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nella donna nuda appoggiata alla vasca, alla quale corrisponde in forma speculare l’Amor profano rappresentato dalla stessa donna, però perfettamente vestita. Tanto è radicata la convinzione che l’ani-ma giunga nuda alla meta che la Chiesa ha modulato una scala di successione per classificare i 4 tipi di nudità ponendo al vertice quel-la naturale dei progenitori prima del peccato e delle anime dei risor-

stato di innocenza “per-ché i giusti rivestendo il Cristo, non saranno ve-stiti che della loro inno-cenza e dello splendore della loro bellezza”.Da sempre gli artisti rappresentano l’anima nuda per esplicitare la separazione dal corpo inteso come prigione e permettere la sua libe-razione verso la nuova vita. Negli affreschi medievali i santi, i pa-triarchi, gli angeli ac-colgono le animule dei trapassati tra le loro mani e nessun vestito fa da schermo alla purezza dell’ani-ma. Il giorno del giudizio di fronte all’arcangelo Michele, che separa il grano dal loglio, gli uomini si presentano nudi all’uscita dal-la tomba. Ogni attributo sociale, ogni riferimento alla condizione patrimoniale, ogni accenno alla vita precedente è annullato da una nudità che funziona come una livella. Nel celebre affresco degli

inizi del ‘500 che Luca Signorel-li ha realizzato nella cappella di San Brizio nel duomo di Orvieto, le anime escono dalla terra stor-dite, incerte nei movimenti, atter-rite dal giudizio che incombe su di loro, ma tutte rigorosamente nude, indistinguibili il ricco dal povero, il potente dal mendicante, il savio dal pazzo.Così come Tiziano non ha dub-bi nell’identificare l’Amor Sacro

"L'Amor Sacro e l'Amor Profano", capolavoro di Tiziano all'età di circa 25 anni, realizzato nel 1514

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ti e, in successione calante: quel-la temporale intesa come povertà e rinuncia alle glorie del mondo; quella virtuale che assimila la nu-dità alla verità; ed infine quella criminale incarnata dai vizi e da Satana. A ben guardare il fascino dell’arte risiede nella sua capacità di cala-re l’astrazione in una forma com-piuta, di tradurre una suggestione emotiva che attiene all’insonda-

bile in un codice di forme ricono-scibile e interpretabile. In questo contesto, nella tradizione cristia-na, il momento del passaggio dal-la vita alla morte è rappresentato sempre come un momento di glo-ria, di ascensione verso il cielo. Le sale della Casa del Commiato, commentate dai bellissimi quadri di Simona Bramati, sono la mani-festazione figurata e simbolica di questo viaggio verso la luce. E’

questa l’interpretazione del lavoro dell’artista che dà corpo e sostanza alla descrizione delle anime “vestite di luce” attraverso 3 sale intito-late ad altrettanti per-sonaggi che con le loro opere hanno stabilito un punto di contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Virgilio che fa scendere nell’Ade l’eroe troiano Enea dove in-contra i suoi antenati, la moglie e la tradita Dido-ne. Ma è anche il poeta scelto da Dante per ac-compagnarlo nella disce-

sa agli inferi narrata nella Divina Commedia. Le ombre descritte dai due massimi poeti della latinità e del medioevo, sono silenti ed ete-ree, capaci di spostarsi nell’aria come nuvole. E la consistenza dell’aria hanno appunto i corpi in balia di un vento che li trascina e li commuove nel grande pannello della Bramati in cui compaiono anime che sembrano fluttuare in

"Peccato originale e cacciata dal Paradiso terrestre" di Michelangelo Buonarroti, databile al 1510

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uno spazio metafisico sorprenden-te. Sono anime che hanno perso il peso della materia e si stanno ra-pidamente trasformando in entità incorporee.Ha le fattezze di un angelo l’ani-ma che viene risucchiata verso l’alto nella Sala Erasmo, il filosofo olandese del ‘500 che attraverso la manifestazione della pazzia de-nuncia la corruzione, le distorsio-ni, i maneggi che allontano l’uomo da Dio. Esercitare il diritto alla pazzia: è questo il messaggio di Erasmo da Rotterdam che fa sua la tradizione antica dei “pazzi di Dio” santi resi folli dal desiderio di vedere Dio e di essere ammessi al suo cospetto. L’aria che risuc-chia l’anima forma un vortice in-torno alla figura e mette in costru-zione ali bianchissime non ancora del tutto definite. La Bramati de-scrive il momento del distacco dal corpo, quando rimane un ricordo della forma umana e non si è an-cora perfezionata la sostanza solo spirituale dell’individuo.E infine nella terza sala troviamo le Sibille, capaci di mettersi in

contatto con il mondo dei trapas-sati, significativamente girate di spalle perché condannate a guar-dare oltre l’esperienza sensibile e a rivelare ai mortali i disegni, non sempre favorevoli e benevoli, degli Dei. Donne magiche ed invasate, mai del tutto umane ma non per-fettamente divine la cui dimensio-ne psichica è quella della trasgres-sione e della profezia.

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La pratica della committen-za era un uso costante degli artisti dell’età dell’Umanesi-

mo, ed era solitamente istituita da aristocratici o da membri del clero secolare come idoneo strumento co-municativo e celebrativo, funziona-le a sottolineare la carica sociale e politica del committente. Oltre alle commissioni che si indirizzavano a imprese architettoniche e artistiche destinate alla vita secolare e reli-giosa (dai palazzi alle chiese), fin dall’antichità greco-romana aveva assunto un’importanza sempre cre-scente la necessità di celebrare una famiglia o una personalità anche dopo la morte nella sua continuità dinastica e nella temporalità ciclica ed assoluta dell’eternità. Per questo motivo assunsero un’importanza crescente le decorazioni di cappelle

funerarie che si rifanno ai modelli artistici dell’epoca. Un esempio ce-lebre sono per esempio le Cappelle medicee a Firenze, che si ispirano a tematiche solari e temporali, oppu-re i monumenti funebri all’interno della Basilica di Santa Croce.Questa grande consuetudine rina-scimentale si è poi protratta, sep-pure a fasi alterne, fino ai nostri giorni, come testimonia la recentis-sima notizia della committenza del-la tomba che ospiterà le spoglie del noto scrittore e incisore Neri Pozza, progettata dall’architetto Mario Botta.Si tratta sempre e comunque di fa-miglie e personalità che hanno ri-vestito in vita un’alta carica sociale o politica che ne giustifica il ricono-scimento dopo la morte. Più spes-so, invece, si entra nell’anonimato

UN ESEMPIO DI MODERNA COMMITTENZA

«Non si tratta di una “danza macabra” di teschi,

come nelle icastiche riproduzioni del

passato, ma di un vortice fluttuante di corpi

fisici che si sfaldano lentamente in una

pittura di luci ed ombre dal vibrante dinamismo

cosmico»

di Chiara Canalicritico d'arte

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e qui è più difficile commemorare luoghi e spazi di cui tutti possono usufruire. In Europa da decenni è stato istitu-ito un luogo che sostituisce la casa o la cappella nel momento del fune-rale: la Casa Funeraria o Casa del Commiato come sostituto dell’abi-tazione privata nei momenti e nel-le funzioni che seguono il decesso, un contenitore del cordoglio per differenti identità. Potremmo con-siderarla un’area di passaggio, uno spazio neutro dove possono conflui-re i defunti di tutte le classi e i ceti sociali e di tutte le fedi religiose.Per la prima Casa del Commiato delle Marche e del Centro Italia, il gruppo Bondoni nelle vesti di un moderno mecenate, ha affidato la decorazione delle sale a una gio-vane artista di rilievo nel panora-ma artistico italiano come Simona Bramati. La scelta è assolutamente azzeccata per due ordini di motivi: in primo luogo perché si riattualiz-za il discorso della committenza che lega in un fil rouge arte e morte, il concetto della scomparsa con il lin-guaggio dell’arte funeraria; in se-

condo luogo perché con la sua opera Simona Bramati recupera e aggior-na in termini mitologici un’icono-grafia che si connette alle tradizio-nali rappresentazioni del passaggio all’aldilà.Le tre sale della Casa del Commiato sono intitolate a tre figure mitiche accomunate dalla prossimità con la morte: “Virgilio” che nell’Eneide narra del viaggio di Enea nel regno dell’Ade; “Sibilla” che, dopo il va-ticinio, lo guida l’eroe nell’Aldilà; infine “Erasmo” autore del saggio Preparazione alla morte. Per ogni sala Simona Bramati ha realizzato un’opera pittorica che si adatta alle funzioni dello spazio e del luogo: in particolare “Virgilio” è un mulinel-lo di corpi femminili e maschili che fluttuano nel candore di un’atmo-sfera rarefatta, attraversata dalla luce. L’opera si divide impercettibilmen-te in due parti: a sinistra i tre corpi maschili tirano i capelli delle tre donne in una sorta di danza alla vanitas che dichiara l’ineluttabili-tà della morte e l’inconsistenza dei beni terreni.

Non si tratta di una “danza ma-cabra” di teschi, come nelle icasti-che riproduzioni del passato, ma di un vortice fluttuante di corpi fisici che si sfaldano lentamen-te in una pittura di luci ed ombre dal vibrante dinamismo cosmico. Di fronte all’opera la bara bianca presenta una decorazione in rilie-vo strutturata in maniera analoga a quella delle superfici damascate dei quadri della Bramati, creando un intaglio a bassorilievo dal po-tente effetto plastico e spaziale. In quest’unione tra opera pittorica e la decorazione scultorea l’artista ri-esce a intrecciare la cultura pagana e mitologica con una sapienza tec-nica e compositiva contemporanea.

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L'ARCHITETTURA

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Nella formulazione del pro-getto per la casa funeraria Bondoni a Castelplanio, si

è cercato di soddisfare alcune ca-renze che ormai si ripropongono nel nostro territorio provinciale e su tutto il territorio nazionale e che riguardano una migliore gestione delle salme e della cerimonia fune-bre che i famigliari si trovano ad af-frontare. Tra queste carenze le più importati sono: - gli obitori sono ormai delle strut-ture fatiscenti che non garantisco-no orari accessibili a tutte le ore del giorno e della notte, con il rischio di trovare più salme in una stessa sala e quindi non si garantisce una discreta riservatezza.- il problema igienico sanitario che si riscontra nel trattenere una sal-

IL VALORE AGGIUNTO NEL PROGETTO ARCHITETTONICO: LA SINERGIA

ma all’interno di abitazioni private.- una migliore gestione delle salme dei cittadini extracomunitari che a volte non ricevono il giusto tratta-mento nella cerimonia funebre per-chè di diversa religione rispetto alla cattolica cristiana, e infatti rientra nel progetto uno spazio sacro che possa avere una flessibilità tale da garantire lo svolgimento di diversi riti di diverse religioni.- il beneficio dei famigliari della zona della Vallesina nell’ avere le salme dei propri cari in una strut-tura vicino al loro paese e non in lontani obitori, come attualmente si verifica.- i cimiteri in molti casi non di-spongono di sale adeguate al rice-vimento di salme dovute a morte accidentale oppure ne dispongono

«L’architettura che si avvale dell’ottimo

contributo dell’arte. Un ottimo punto di

partenza per iniziare a progettare ambienti,

edifici o luoghi di qualità; migliore qualità

di vita, architettonica e di servizi»

di Riccardo Bucciarchitetto

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Sopra, bara d'artista realizzata da Simona Bramati.

Sala Virgilio: la più grande all’interno della Casa del Commiato, è dotata di un’ampia camera ardente, una porta scorrevole in legno la divide da una confortevole antisala in cui si possono accogliere parenti e amici. Il nome richiama quello del poeta e filosofo Virgilio che nel I° secolo A.C. scrisse l’Eneide dove narra il viaggio di Enea nel regno dell’Ade.

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Sala Erasmo: di medie dimensioni e dotata di ingresso indipendente e completamente climatizzata. Il nome è dedicato al filosofo Erasmo da Rotterdam, il maggiore esponente del movimento dell’Umanesimo cristiano, autore del fondamentale saggio “Preparazione alla morte”.

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in maniera parziale obbligando in alcuni casi i famigliari ad imbaraz-zanti situazioni. L’impresa funebre Bondoni quindi dopo anni di esperienza ha cercato di realizzare nel suo progetto, in stretta e costante collaborazione con i suoi progettisti, una moderna struttura che sia in grado di ovvia-

re tutte le suddette carenze. Era interesse dell’impresa Bondo-ni dedicare un piano dell’edificio esistente alla sala del commiato in modo da rendere questo nuovo ser-vizio facilmente accessibile e riser-vato. Complessivamente, sono state dif-ferenziate le funzioni nei due pia-

ni; rispettivamente, showroom e settori a servizio dell’impresa al primo piano, sala del commiato al piano ter-ra. Vi sono due elemen-

ti di progetto che distinguono con forza questa struttura dai normali locali fino ad oggi in uso. Sono: 1) ogni camera ardente è dotata di una presala riservata ai parenti e conoscenti, in modo da garantire la giusta riservatezza che questi mo-menti esigono.

Sala Sibilla: è la più piccola delle tre. E' una sala di dimensioni ridotte con ingresso indipendente e climatizzata. La sala prende il nome dalla leggendaria Sibilla che viveva nella grotta, secondo la mitologia, su quella parte degli Appennini marchigiani chiamati Sibillini, che dopo il vaticinio guida l’eroe nell’Aldilà.

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2) Netta distinzione dei percorsi tra familiari ed addetti ai lavori, ele-mento indispensabile affinché l’im-presa possa svolgere i propri compiti con discrezione.Il progetto è stato formulato lavo-rando sulla massima flessibilità dei locali attraverso pareti mobili in legno, arredi facilmente intercam-biabili, un sistema di allestimento progettato per l’occasione, per l’ope-ra principale dell’artista Simona Bramati, realizzata in vetro e pietra, che fosse mobile, in modo da essere adattata facilmente a qualsiasi con-figurazione della sala. La selezione degli arredi in stile è soprattutto mirata alla possibilità di rendere gli ambienti accoglienti e piacevoli, lavorando su diverse to-nalità di grigio, scelta condizionata dai colori utilizzati dall’artista per le sue opere, e per le sale. La sinergia tra committenza, pro-gettista ed artista rappresenta sicu-ramente il valore aggiunto di questa realizzazione, innovativa sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista progettuale. “Molte figure, per un unico scopo”. Questa mesco-

lanza di discipline ha fatto sì che il rapporto dell’utente con lo spazio in-terno fosse molto più accentuato ed emozionante. L’architettura che si avvale dell’ot-timo contributo dell’arte. Questo potrebbe essere un ottimo punto di partenza per iniziare a progettare ambienti, edifici o luoghi di qualità; migliore qualità di vita, architetto-nica e di servizi.

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LA FAMIGLIA

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Le origini della società Bondo-ni risalgono al lontano 1899, quando il fondatore Guerri-

no Bondoni esercitava l’attività di costruzione e fornitura diretta del sarcofago funebre, concentrando il suo raggio d’azione essenzialmente nel territorio del Comune di Serra San Quirico, importante e popola-to centro di commercio ed agricol-tura, posizionato tra la fine della Vallesina e l’inizio della Gola del-la Rossa-Valle del Giano. L’attività fu poi proseguita ed am-pliata dall’erede naturale di Guer-rino, il figlio Giovanni Bondoni, che la eserciterà a livello familiare a partire dal 1945.Negli anni ‘80 si concretizza un de-cisivo salto di qualità, con l’innesto nell’attività di famiglia di elementi di modernizzazione e professionali-

tà che portano un ulteriore svilup-po nel settore del commercio di fiori ed articoli di oggettistica ed ador-namento, nonché nel ramo della predisposizione di immagini sacre, lapidi artistiche e commemorative; il tutto grazie all’impegno sempre più consistente dell’intera fami-glia Bondoni. Con tale operazione, si mette in atto un antico progetto che vede il marchio Bondoni collo-carsi in una posizione di assoluto rilievo sul mercato per qualità, pre-stigio e serietà, essendo in grado di fornire una prestazione globale. La forza del gruppo “Bondoni”, oltre ad essere caratterizzata da un’esperienza che ormai ricopre il Secolo, è caratterizzata da una pro-fessionalità indiscussa che spazia in tutti i settori che ciclicamente ac-compagnano l’esistenza dell’indivi-

CINQUE GENERAZIONI 100 ANNI DI STORIALA FAMIGLIA BONDONI

«La forza del gruppo “Bondoni”, oltre ad essere caratterizzata da un’esperienza che ormai ricopre il Secolo, è caratterizzata da una professionalità indiscussa che spazia in tutti i settori che ciclicamente accompagnano l’esistenza dell’individuo...»

duo, dando a loro la giusta colloca-zione con il massimo della naturale temporaneità.

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Ricordi di famiglia: inaugurazione Casa del Commiato 11 Ottobre 2009

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37e la storia continua...

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Auto funebre FIAT 1400 anno 1950.

Uno dei pochi esemplari in Italia ancora in

circolazione. Il Gruppo Bondoni l’ha recen-

temente restaurata per offrire alla sua clien-

tela una macchina di antico prestigio, un

valore aggiunto al suo parco macchine, che

conta auto funebri di ultima generazione.

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“Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, abbellire le sedi, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritrarre spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi”.

Luigi Einaudi

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