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Prima Bozza I
Carta Ittica della
PROVINCIA DI PISA Prima Bozza
Annamaria Nocita Thomas Busatto Giuseppe Maio Roberto Bonaretti
SERVIZIO POLITICHE RURALI
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Prima Bozza II
GRUPPO DI LAVORO
Dott. Vito Mazzarone (Coordinamento per la Provincia di Pisa), Patrizia Cantini (Coordinamento amministrativo per la Provincia
di Pisa), Annamaria Nocita (Responsabile tecnico del progetto), Stefano Vanni (Consulente scientifico) - Museo Storia Naturale
– Sezione di Zoologia “La Specola” – Università degli Studi di Firenze – Via Romana 17, 50121 Firenze
Thomas Busatto, Ferdinando Benatelli, Giuseppe Maio- Aquaprogram s.r.l. - Via Borella, 53 - 36100 Vicenza
Roberto Bonaretti (Responsabile del progetto e coordinatore), Simona Laficara - Studio Tecnico Agronomico Dott. Roberto
Bonaretti - Via A. Tealdi, 34 – 56124 Pisa
Giacomo Querci, Marco Radi, Tommaso Bernardini - Dipartimento di Scienze Ambientali - Università degli Studi di Siena
TESTO A CURA DI
Annamaria Nocita
CAMPIONAMENTI DI FAUNA ITTICA
Thomas Busatto, Annamaria Nocita, Ferdinando Benatelli, Giuseppe Maio, Roberto Bonaretti, Simona Laficara (per la
preparazione della Carta Ittica)
Giacomo Querci, Marco Radi, Simona Laficara, Tommaso Bernardini, Roberto Bonaretti (per la preparazione del Piano
Ittico Provinciale)
ELABORATI CARTOGRAFICI
Thomas Busatto, Roberto Bonaretti, Giuseppe Maio
ORGANIZZAZIONE E LOGISTICA
Annamaria Nocita, Roberto Bonaretti
FOTOGRAFIE
Thomas Busatto, Annamaria Nocita, Roberto Bonaretti, Saulo Bambi, Roberto Merciai, Giacomo Querci, Marco Radi
PROGETTO GRAFICO E STAMPA
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
IN COPERTINA
Il Fiume Serchio a Migliarino Pisano
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Prima Bozza III
INDICE
INDICE ....................................................................................................................................... III
1. INTRODUZIONE ................................................................................................................ 1
2. MATERIALI E METODI ................................................................................................... 3
Area di Studio...................................... .............................................................................................................................. 3
Progetto Informatico................................ ....................................................................................................................... 12
Campionamenti di fauna ittica ...................... ................................................................................................................. 14
La comunità di macroinvertebrati: l’Indice Biotico Esteso (IBE) ........................................ ........................................ 17
Indice di Funzionalità Fluviale (IFF).............. ................................................................................................................. 19
3. RISULTATI ......................................................................................................................... 20
Campionamenti di fauna ittica ...................... ................................................................................................................. 20
4. LE SPECIE ITTICHE DELLA PROVINCIA DI PISA ........................................ 116
5. CONCLUSIONI ............................................................................................................... 215
Vocazioni ittiche................................... ......................................................................................................................... 215
Criticità ambientali ............................... ......................................................................................................................... 216
Distribuzione della fauna ittica ................... ................................................................................................................. 217
6. BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................. 222
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Car t a I t t i ca di Pi sa I nt r oduzi one
Prima Bozza 1
1. Introduzione
Obiettivi dello studio
La necessità di esprimere in termini ecologici la qualità dei corpi idrici superficiali è stata
considerata uno degli obiettivi primari della legge vigente. Infatti l’art. 8 della Legge Regionale del 3
gennaio 2005 n.7 “Gestione delle risorse ittiche e regolamentazione della pesca in acque interne”
introduce il Piano Regionale per la pesca nelle acque interne 2007-2012 approvato con Del. C.R.
52/2007, uno strumento programmatico con il quale la Regione assume iniziative e detta indirizzi al
fine di perseguire l’obiettivo primario di conservazione, incremento e riequilibrio delle popolazioni
ittiche per assicurarne la corretta fruibilità nel pieno rispetto dei principi di tutela e salvaguardia
degli ecosistemi acquatici.
Le finalità del piano regionale, dovrebbero realizzarsi attraverso i seguenti obiettivi generali:
� suddivisione in zone ittiche dei corpi idrici;
� ottimizzazione della gestione e tutela della fauna ittica;
� realizzazione degli istituti previsti dalla L.R. 7/2005;
� uniforme esercizio della pesca dilettantistica, sportiva e professionale nelle acque interne;
� individuazione delle specie ittiche alloctone e relative misure di contenimento;
� partecipazione dell’associazionismo alla programmazione, alla gestione ittica e alle funzioni
di vigilanza.
A livello provinciale, attraverso la stesura di opportune linee guida, la Carta ittica dovrebbe quindi
indirizzare l’ente preposto verso l’ottimizzazione della gestione e tutela della fauna ittica e della
realizzazione degli istituti previsti dalla L.R. 7/2005, oltre che l’uniforme esercizio della pesca
dilettantistica, sportiva e professionale nelle acque interne. Il Piano Ittico dovrebbe invece offrire
indicazioni tecniche di dettaglio, proponendo soluzioni per specifiche situazioni locali e fungendo
quindi da tramite tra gli studi sul campo e la gestione dell’Ufficio pesca.
Il presente progetto di ricerca nasce dall’unione di due studi: il Piano Ittico Provinciale, svolto dal
Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università degli Studi di Siena, e la vera e propria Carta
Ittica Provinciale, prodotta dalla collaborazione tra il Museo di Storia Naturale dell’Università di
Firenze, l’Aquaprogram s.r.l. di Vicenza e lo Studio Bonaretti di Pisa. A ciò sono stati aggiunti i
risultati del “Progetto preliminare di monitoraggio pesci migratori in provincia di Pisa”, svolto nel
2009 sui Fiume Arno e Serchio, che ha indagato in modo specifico la presenza di Anguilla,
Cheppia e Lampreda di mare, anche in questo caso condotto dal Museo di Storia Naturale
dell’Università di Firenze, l’Aquaprogram s.r.l. di Vicenza e lo Studio Bonaretti di Pisa.
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Car t a I t t i ca di Pi sa I nt r oduzi one
Prima Bozza 2
Si tratta ovviamente di un sunto di quanto prodotto da entrambi i gruppi di lavoro, tale da renderlo
fruibile anche dai non addetti ai lavori, pescatori o naturalisti, che intendano conoscere meglio la
realtà ittiofaunistica pisana.
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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi
Prima Bozza 3
2. Materiali e Metodi
Area di Studio
La Provincia di Pisa è delimitata dal Mar Ligure a Ovest per pochi chilometri, mentre la maggior
parte dei suoi confini si estendono tra le Province di Lucca, Firenze, Siena e Grosseto, che la
incorniciano rispettivamente a Nord, Est e Sud. Da un punto di vista politico il territorio pisano è
suddiviso in 39 Comuni, tra i quali quelli maggiormente abitati si trovano presso le sponde
dell’Arno (Santa Croce sull’Arno, Pontedera e Calcinaia), con una densità piuttosto elevata, attorno
a 500-700 abitanti a km2.
Il territorio della Provincia si presenta piuttosto vario: a Nord esso è caratterizzato dalla grande
mole del Monte Pisano che è il risultato della tettonica di compressione prodottasi nel Miocene
Superiore che si è sviluppata nell’Appennino tirrenico producendo, nella stessa area, anche le Alpi
Apuane e la catena del Monte Albano. Il Monte Pisano è in realtà rappresentato da una serie di
vette, tutte sotto i 1000 m di quota, di cui la più alta è il Monte Serra (poco più di 900 m di
altitudine). A Nord-Ovest della catena si trova la località di Ripafratta, che delimita il confine tra
piana lucchese e quella pisana, in corrispondenza del Fiume Serchio, e a Nord introduce alla
catena delle Alpi Apuane.
A Est del Monte Pisano troviamo l’area del Bientina, poco conosciuta e apprezzata nonostante non
manchino interessanti aspetti naturalistici soprattutto per quanto riguarda la zona palustre. Il suolo
è in gran parte formato da notevoli spessori di sedimenti alluvionali, così come il Padule di
Fucecchio da cui è diviso grazie ai rilievi della dorsale Montecarlo-Cerbaie. È probabile che l’area
depressa di Bientina di sia formata, come altre zone della Toscana, grazie ai sedimenti di laghi
villafranchiani, entro cui si gettavano le acque del Torrente Pesa, Elsa ed Era a Sud, e del Torrente
Pescia e Fiume Serchio da Nord. È inoltre interessante ricordare che quest’ultimo corso d’acqua è
stato tributario del Fiume Arno fino in epoca storica quando la ricorrenza delle inondazioni e il
problema dello scolo delle acque lacustri fece in modo che la Repubblica di Lucca e il Granducato
di Toscana decidessero infine la rettifica dei due corpi idrici citati, la costruzione di più scolmatori (il
Serezzino nel 1559, per esempio), e infine il posizionamento della Botte, o canale Emissario del
Bientina, una grande opera idraulica ottocentesca (1859).
L’area pianeggiante dell’Arno, oltre che intensamente abitata, è anche interessata da diversi
insediamenti industriali, come il famoso “Comprensorio del cuoio” che ha il suo centro nei comuni
di Castelfranco di Sotto e Santa Croce sull’Arno, e la bassa Valdera. Procedendo verso Sud il
territorio cambia in modo sostanziale: l’alta Valdera, la Val di Cecina e quella del Cornia offrono
uno scenario molto più suggestivo grazie a un territorio meno intensamente abitato, con morbide
colline dove si alternano coltivazioni tipiche e zone boschive. Pur soffrendo da un punto di vista
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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi
Prima Bozza 4
climatico di lunghi periodi di siccità, quest’area presenta anche interessanti aree come quella di
Monterufoli, amministrata dalla Comunità Montana di Val di Cecina, con un’interessante macchia
mediterranea e una certa ricchezza in termini di specie faunistiche. Altra zona di un rilievo
naturalistico è senza dubbio quella della valle del Pavone in Val di Cecina, caratterizzata da una
foresta con alberi ad alto fusto.
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Prima Bozza 5
Figura 1. Torrente Linari a Monterufoli
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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi
Prima Bozza 6
I paragrafi che seguono introducono le caratteristiche più significative dei bacini idrografici della
Provincia di Pisa (da “Gestione della Fauna Ittica, Presupposti ecologici e popolazionistici” di Auteri
et al., 1988), oltre che dei maggiori corsi d’acqua tra quelli campionati.
Bacino del Fiume Serchio
All’interno di questo bacino si distinguono tre aree: la conca di origine glaciale situata in
Garfagnana; la valle del Lima, in ambiente appenninico, posta a sud dell’Abetone; la piana di
Lucca che il Serchio attraversa prima di sboccare nel Mare Ligure, nei pressi di Pisa. Il bacino
idrografico ricopre una superficie totale di 1.565 km2 e ha una quota media di 717 m e punte di
2053 m. Pur essendo sei volte più piccolo del bacino dell’Arno presenta portate considerevoli.
Infatti, i valori di portata registrati per alcuni decenni sono stati: massima 2200 m³/s (a Lucca il
9.11.1982), media 46,0 m³/s, minima 6,50 m³/s, (http://www.autorita.bacinoserchio.it). Ciò è dovuto
al continuo rifornimento da parte delle numerose e costanti sorgive dei terreni calcarei della Alpi
Apuane. Il bacino del fiume Serchio è stato individuato come "bacino pilota" a livello nazionale con
Decreto Interministeriale del luglio 1989 e fa riferimento all’Autorità di Bacino del Fiume Serchio.
Fiume Serchio
Le origini del Fiume Serchio sono da considerarsi site in Garfagnana: in particolare esso nasce
dalla confluenza di due rami, uno che proviene dalle Apuane, il Serchio di Gramolazzo, e l’altro
dall’Appennino, il Serchio di Soraggio.
Le prime sorgenti di questo corso si trovano a circa 1125 m di quota che è lungo circa 90 km. Il
principale affluente del Serchio è il Torrente Lima, in sinistra idrografica, che origina da corsi che
raccolgono prevalentemente le acque di scorrimento superficiale, mentre in destra orografica vi
sono corsi di origine carsica. Gli sbarramenti di maggiore importanza sono a Ponte Cosi, dove è
sito un lago artificiale, un altro a Castelnuovo Garfagnana e l’ultimo a Borgo a Mozzano. Sfocia in
mare in corrispondenza del confine tra la tenuta di S. Rossore e la pineta di Migliarino della
Macchia di Migliarino. Il tratto di Fiume Serchio che scorre in Provincia di Pisa, attraversa i comuni
di San Giuliano Terme e di Vecchiano e non riceve immissioni significative. Al contrario, esiste
invece l’importante derivazione, proprio a monte della Steccaia di Ripafratta, del Canale
Demaniale di Ripafratta, detto anche Canale Macinante) che mette in connessione il bacino del
Fiume Serchio con quello dell’Arno. A causa di questa derivazione, oltre che dei notevoli
emungimenti a carico del corpo idrico, la portata registrata a Borgo a Mozzano è superiore a quella
registrata a Ripafratta.
In origine il Fiume Serchio aveva un suo sbocco nel Fiume Arno, tra Cascina e Pontedera, ma il
suo sovralluvionamento presso Bientina e i continui straripamenti a Lucca, indussero alla sua
deviazione attraverso il varco di Ripafratta. Il canale di Ripafratta fu costruito tra il 1564 e il 1566.
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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi
Prima Bozza 7
Bacino dell’Arno
Il bacino imbrifero si estende su una superficie di 8.228 km2, dei quali il 55,3% è a quota inferiore a
300 m.s.m., il 30,4% a quote comprese tra 300 e 600 m.s.m., il 9,8% a quote comprese tra 600 e
900 m di quota e il 4,5 a quota superiori a 900 m.s.m. Le maggiori altitudini si riscontrano nel
gruppo montuoso del Falterona e del Pratomagno, rispettivamente con le vette di Monte Falco
(1.657 m.) e del Poggio Uomo di Sasso (1.537 m) (http://www.adbarno.it). Le formazioni
geologiche sono in prevalenza impermeabili costituite da argille, marne, scisti argillosi, calcari
marmosi e arenarie compatte. La parte prevalentemente permeabile del bacino non supera il 5%
dell'intera superficie. La copertura alluvionale, quasi ovunque di spessore modesto, è presente sul
23% della superficie. I deflussi stagionali seguono l’andamento delle precipitazioni atmosferiche.
Fiume Arno
Il Fiume Arno nasce sul Monte Falterona alla quota di 1385 m, a Capo d’Arno, e sfocia nel Mar
Tirreno a Marina di Pisa dopo un percorso di 241 km durante i quali attraversa le Province di
Arezzo, Firenze e Pisa. All’altezza di Fucecchio, entra nella Provincia di Pisa, e viene interessato
dalla confluenza con il torrente Egola. Segue poi l’immissione del Chiecina e di altri corsi minori. A
monte di Pontedera riceve il Canale di Usciana, unico emissario del Padule di Fucecchio, mentre a
valle del medesimo abitato riceve le acque del fiume Era, proveniente dalla zona di Volterra.
Ancora a Pontedera ha origine il Canale Emissario che attingendo acqua all’Arno alimenta il Fosso
Reale (o Scolmatore), allo stesso modo dell’emissario del Padule di Bientina che passa sotto
all’Arno all’altezza di San Giovanni alla Vena. Lo Scolmatore sbocca poi nel Mar Ligure tra Pisa e
Livorno. In Provincia di Pisa attraversa i comuni di Calcinaia, Castelfranco di Sotto, Montopoli in
Val D’Arno, Pisa, Pontedera, San Giuliano Terme, San Miniato, Santa Croce sull’Arno, Santa
Maria a Monte, Vicopisano.
I valori di portata registrati per alcuni decenni sono stati: max. 1320 m³/s, med. 56,0 m³/s, min. 0,56
m³/s. In particolare nei pressi di Pisa, si hanno portate medie, durante le magre estive, di 4-6 m3/s
corrispondenti a circa 1/10 della portata media annua.
Canale Emissario di Bientina
Si tratta del Canale emissario dell’ormai bonificato Padule di Bientina e scorre in gran parte sul
vecchio tracciato del Canale Imperiale, esistente fin dal 18° secolo. È lungo 38 km e in Provincia di
Pisa attraversa i comuni di Buti (dove segna il confine con Bientina), Calcinaia, Cascina, Pisa,
Pontedera e Vicopisano. Attraverso un’opera ottocentesca di notevole importanza per il
miglioramento delle condizioni della zona del Bientina (la Botte di Bientina), il Canale Emissario
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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi
Prima Bozza 8
sottopassa il Fiume Arno (e quindi di fatto non è più suo tributario), e prosegue fino ad arrivare in
Provincia di Livorno, dove attraversa i comuni di Collesalvetti e Livorno.
Fiume Era
Il Fiume Era si origina dalla confluenza di due torrenti: il Torrente Era Viva, le cui sorgenti sono nel
bosco delle Volpaie, lungo 7 km ed il Torrente Era Morta che nasce nelle vicinanze di Spicchiaiola
ed è lungo 6 km. L’Era è l’ultimo degli affluenti di sinistra dell’Arno e scorre tutto in Provincia di
Pisa attraversando i comuni di Volterra, Terricciola, Pontedera, Ponsacco, Peccioli, Lajatico,
Capannoli, in terreni intensamente coltivati. La massima altitudine si ha sul Monte Vitalba con
un’altezza di 675 m s.l.m seguito dal Poggio Mela (655), dal Monte Vaso (634 m), dal Cornocchio
(629 m) e dal Poggio Faete (628 m). Il corso è caratterizzato da forti siccità estive. Il paesaggio
circostante è collinare, di modesta altitudine.
Torrente Sterza
Il torrente Sterza, affluente di sinistra del Fiume Era, nasce dalle pendici del Monte Vitalba, 675 m
di quota, ed è lungo 18 km. Il corso d’acqua scorre in un’ampia vallata dove tratti di macchia
mediterranea sono interrotti da prati e coltivi. Attraversa i comuni di Castellina Marittima, Chianni,
Lajatico, Riparbella e Terricciola.
Torrente Roglio
Il torrente Roglio nasce nelle immediate vicinanze del paese di San Vivaldo a 404 m di quota e
confluisce, dopo un percorso di 28 km nell’Era a monte di Ponsacco. Attraversa i comuni di
Capannoli, Palaia, Peccioli e Pontedera.
Torrente Strolla
Affluente di destra del fiume Era, prende origine dalla Riserva Naturale di Montenero. L’intero
corso, di circa 6 km, attraversa il comune di Volterra.
Torrente Egola
L’Egola nasce in Provincia di Firenze e scorre per soli 15 km in Provincia di Pisa Confluisce nel
Fiume Arno all’altezza di San Miniato.
I Bacini idrografici di seguito descritti, quello del Fiume Cecina, del Cornia e del Fine fanno
riferimento all’Autorità di Bacino Toscana Costa. Quest’ultimo copre un territorio di 2716 km2
compreso tra il bacino del Fiume Arno a Nord e a Est, del Fiume Bruna a Sud ed il Mar Ligure ad
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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi
Prima Bozza 9
Ovest, con una fascia costiera estesa per circa 135 km. Rientrano inoltre nel territorio Toscana
Costa anche le Isole dell’Arcipelago Toscano (http://www.regione.toscana.it).
Bacino del Cecina
Il bacino imbrifero del Fiume Cecina è situato nella parte centro–occidentale della Toscana, nei
classici ambienti collinari del preappennino. La superficie misura 905 km2, ed interessa le province
di Siena, Grosseto, Pisa e Livorno.
Le quote più elevate, di poco superiori ai 1000 metri, sono rappresentate dal poggio di Montieri,
dove nasce il torrente Pavone, e le Cornate di Gerfalco, dove prende origine il Cecina con alcuni
suoi affluenti (Rimaggio) e alcuni affluenti del Pavone (Rescone, Salicastro).
I corsi d’acqua di maggiore interesse del bacino, ricadenti in provincia di Pisa sono, oltre al Cecina,
anche il Pavone, il Trossa, La Sterza, il Possera, con i loro affluenti più significativi (Rescone,
Rivivo, Ritasso).
La vegetazione prevalente è la tipica macchia mediterranea, intervallata da coltivazioni che
divengono progressivamente predominanti spostandosi verso valle. Il sottosuolo è molto ricco di
minerali che talvolta vengono direttamente portati in superficie, disciolti nelle acque delle sorgenti
termali o minerali. Al ponte di Monterufoli dopo 58 km di corso principale è situata l’unica stazione
di misura della portata. La portata massima registrata è di 1030 m3/sec e quella minima di 0,01
m3/sec. Il Cecina presenta frequentemente fenomeni di stress idrico e in regime di magra è il fiume
toscano con la portata più ridotta.
Fiume Cecina
Il Fiume Cecina ha origine tra il Poggio di Montineri e le Cornate di Gerfalco. Il suo corso è lungo
circa 80 km e per buona parte del suo percorso scorre in una valle fiancheggiata dai classici
ambienti della collina Toscana, scarsamente antropizzati fino alla parte medio terminale del
percorso stesso. Già dai primi anni Ottanta è iniziato il processo di risanamento del Fiume Cecina
eliminando l’immissione nel torrente Possera dei reflui provenienti dalle attività industriali situate
lungo l’asta e contenenti boro ed arsenico.
Torrente Pavone
È l’affluente con portata più significativa del Fiume Cecina, nel quale si immette, in sinistra
idrografica, dopo 25 km di percorso. Attraversa una valle scarsamente antropizzata e riceve le
acque principalmente da affluenti della propria riva destra che si originano dalle Cornate di
Gerfalco e dal Bosco della Carlina (Riponti, Meluzzo, Salicastro, Rescone).
Torrente Trossa
Il Torrente Trossa, affluente di sinistra del fiume Cecina, nasce dalle colline intorno al centro
abitato di Serrazzano, a un’ altitudine di circa 500 m e raccoglie le acque di numerosi piccoli
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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi
Prima Bozza 10
torrenti, per lo più stagionali, prima di confluire nel Cecina presso Ponteginori, dopo un percorso di
17 km.
Torrente Sterza
Il corso d’acqua, di una lunghezza pari a 27 km, è affluente di sinistra del Fiume Cecina; mostra
nella parte più alta un’ ottima qualità non solo delle acque ma dell’ambiente fluviale in genere, per
lo più nei tratti inclusi o adiacenti alla Riserva Naturale di Monterufoli-Caselli. Uno dei suoi affluenti
di maggior interesse ambientale è il Botro Rivivo. Lo Sterza è costeggiato per gran parte del suo
corso dalla strada provinciale SP 18 che collega Canneto con Casino di Terra.
Torrente Ritasso
Affluente di destra della Sterza, è uno dei più suggestivi torrenti all’interno alla Riserva di
Monterufoli-Caselli. La sua lunghezza è pari a 9 km; lungo il suo percorso tocca i comuni di
Monteverdi, Pomarance e Montecatini Val di Cecina.
Bacino del Cornia
Il bacino del fiume Cornia è ubicato nell’area Sud-occidentale delle Colline Metallifere e scendendo
da esse si dirige in un’area pianeggiante. Il bacino ha una estensione di 355 km², interessando le
province di Grosseto, Livorno e Pisa e per lunghi tratti fa da confine tra le stesse. L’altitudine
massima dei rilievi circostanti raggiunge i 916 m s.l.m. con il Poggio Montioni, ma l’altitudine media
è di 252 m.
Fiume Cornia
Il Fiume Cornia nasce dall’Aia dei Diavoli a 875 m di quota, e ha un carattere spiccatamente
torrentizio con piene autunnali e secche spinte durante la bella stagione.
L’asta principale ha una lunghezza di circa 50 km, compreso il tratto artificiale fino alla foce, a
Bocche di Cornia nel Golfo di Follonica. Gli affluenti principali di destra sono il Torrente Massera e
il Torrente Riomerdancio. L’alveo del Cornia, nel corso inferiore, presenta caratteristiche particolari
di permeabilità per cui nel periodo tardo primaverile ed estivo le acque superficiali si arrestano
all’altezza di Suvereto. La bassa Val di Cornia, fino a qualche decina di anni fa, era interessata da
paludi che sono state bonificate per realizzare insediamenti industriali. In Provincia di Pisa
attraversa i comuni di Castelnuovo Val di Cecina, Monteverdi Marittimo e Pomarance.
Bacino del Fine
Fiume Fine
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Prima Bozza 11
Il fiume Fine è l’unico corso degno di nota da un punto di vista ittiofaunistico, insieme al Torrente
Marmolaio, di questo piccolo bacino idrografico (168 km2); il fiume proviene dal Poggio alle
Nebbie, nelle Colline pisane e, dopo un percorso di circa 30 km, sfocia nel Mar Ligure poco più a
sud del paese di Rosignano Solvay, in località Pietrabianca, in Provincia di Livorno, e dà origine al
Lago di Santa Luce. In territorio pisano il fiume attraversa il comune di Santa Luce.
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Prima Bozza 12
Progetto Informatico
Strumenti e programmi utilizzati
Per l’organizzazione e gestione dei dati geografici e dei data base associati è stato utilizzato il
software Esri Arc map 9.1
Metadati
Il rilievo puntuale dei siti di campionamento è stato effettuato con GPS Garmin CS60 con
riferimento geografico Gauss-Boaga. I dati geografici puntuali sono stati corredati di data base
informativo così organizzato:
STAZIONI.SHP i campi inseriti in questo file sono i seguenti:
stazione – rappresentato dal codice alfanumerico di riferimento del punto di
campionamento indagato differenziato a seconda del tipo di analisi
effettuata. Per quanto riguarda i campionamenti di tipo quantitativo è stato
utilizzato il codice S00 mentre per le stazioni dove è stata rilevata la
presenza e/o assenza di fauna ittica, il codice è P00;
località – riferita al toponimo di riferimento della C.T.R. – scala 10.000 della
Regione Toscana;
comune – comune in cui ricade il tratto campionato;
fiume – nome del corso idrico indagato rilevato dal SIRA – Regione Toscana;
bacino – riferimento al bacino idrico di appartenenza del corso indagato;
quota – quota media altimetrica del punto di campionamento;
classifica – classificazione del corso indagato secondo decreto Dirigenziale
della Regione Toscana n. 6304/2006;
vocazione – vocazione ittiofaunistica realmente riscontrata attraverso le
indagini conoscitive;
pendenza – pendenza media del tratto idrico indagato;
x_coord e y_coord – coordinate centrali del tratto idrico indagato.
LETTURE.DBF – i campi inseriti sono i seguenti:
stazione – è il campo chiave che contiene il codice alfanumerico del file
stazione.shp;
data – data del campionamento;
ora – ora del campionamento;
temperatura – temperatura in °C rilevata durante il campionamento;
ossigeno – concentrazione di O2 espressa in mg/l;
ombreggiatura – grado di copertura dovuta a vegetazione arborea ed
arbustiva rilevata nel tratto campionato;
torbidità – grado di torbidità dovuto alla presenza di materiale in sospensione
nell’acqua – (scala 0-5);
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Prima Bozza 13
antropizzazione – grado di modificazione ambientale dovuto alle attività
dell’uomo – (scala 0-5);
iff dx iff_sx – Indice di Funzionalità Fluviale;
ibe_valore – valore dell’Indice Biotico Esteso;
ibe_classe – classe di qualità dell’Indice Biotico Esteso;
biomassa_g – biomassa totale riferita all’ittiofauna espressa in gr.
SPEITT.DBF – i campi inseriti sono i seguenti:
cod_itt – è il campo chiave che contiene il codice alfanumerico della specie
ittica;
nome_com – nome comune della specie ittica;
nome_lat – nome scientifico della specie ittica;
autoctoni – autoctono (A), esotico (E), transfaunato (T).
SPEPRES.DBF - i campi inseriti sono i seguenti:
stazione – è il campo chiave che contiene il codice alfanumerico del file
stazione.shp;
data – data del campionamento;
cod_itt – è il campo chiave che contiene il codice alfanumerico della specie
ittica;
n_individu – numero di individui catturati;
lungh_medi – lunghezza media degli individui catturati;
peso_medio – peso medio espresso in g degli individui catturati;
peso_totale – peso totale espresso in g degli individui catturati;
densità_n – numero di individui per m2.
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Prima Bozza 14
Digitalizzazione e provenienza dei dati
Base cartografica
La base cartografica utilizzata fa riferimento alla Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000. Il
reticolo idrografico è stato rilavato dai dati presenti sul PTC della Provincia di Pisa e in parte
digitalizzato su base CTR. Tutti i dati geografici sono espressi in coordinate del sistema Gauss-
Boaga.
Dati sperimentali
I dati relativi alle indagini pregresse, effettuate nel corso della preparazione del Piano Ittico
Provinciale (PIP), sono stati digitalizzati secondo quanto riportato nel volume II redatto
dall’Università di Siena. A questo proposito è stato necessario effettuare un riallineamento
cartografico di alcune stazioni di campionamento. Le informazioni, riguardanti sia i dati biologici sia
quelli ambientali, sono state riportate in files excel e completamente rielaborati al fine di allinearli
con le nuove indagini effettuate nel corso di questa ricerca. In particolare le elaborazioni statistiche
sono state ricontrollate e ove necessario modificate.
La classificazione toponomastica dei corsi idrici è stata rilevata dal Sistema Informativo Regionale
Ambientale della Toscana (SIRA – www.sira.arpat.toscana.it). A questo proposito la nomenclatura
riportata in questo contesto ha subito in alcuni casi variazioni rispetto a quanto riportato nel PIP.
Il reticolo idrografico è stato fornito dalla Provincia di Pisa e ove necessario è stato integrato con la
digitalizzazione di alcuni corsi non presenti nello shape.file di riferimento.
Il calcolo delle pendenze medie nei tratti di campionamento è stato effettuato attraverso la
realizzazione di un modello digitale del terreno (TIN) utilizzando il software Arc Map 9.1. con la
funzione 3D Analyst. Rispetto al punto centrale della stazione sono state rilevate le pendenze
percentuali, nel range di 100 m a valle e a monte, di cui è stata calcolata la media aritmetica.
Campionamenti di fauna ittica
Per la stima della biomassa è stato utilizzato il metodo dei “passaggi ripetuti” o “removal sampling”
(Zippin, 1958). Perché tale metodologia possa essere attuata è necessario che le o la popolazione
siano stabili, ovvero che durante il periodo di campionamento non si verifichino variazioni nel
numero di individui totale. È altresì importante che vi siano uguali probabilità di cattura durante
tutto il campionamento per ogni animale e che le condizioni tra i diversi campionamenti rimangano
le medesime (uguale probabilità di cattura tra diversi campionamenti).
La metodologia di Zippin, ritenuta da molti la più attendibile tra quelle disponibili in letteratura si
basa su una elaborazione dei dati specifica e complessa, mentre altre metodologie, ad es. quella
di Hayne, che presenta un margine di errore più ampio, può facilmente essere utilizzata anche sul
campo, per una veloce stima di biomassa o grandezza di popolazione.
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Prima Bozza 15
Si possono effettuare più passaggi successivi di cattura (due nel nostro caso) all’interno di un’area
nella quale si ritiene non vi siano modificazioni di rilievo durante le fasi di cattura (normalmente
vengono stese delle reti a monte e a valle dell’area campionata per impedire che i pesci possano
entrare o uscire, ma, nei casi in cui l’ambiente lo permette, si possono utilizzare discontinuità del
profilo longitudinale del corso d’acqua, tali da impedire la fuga della specie oggetto della ricerca);
quest’ultimo fattore è fondamentale per ridurre gradualmente a ogni passata le dimensioni della
popolazione del tratto prescelto e impedire che si verifichino variazioni nel numero di individui
totale cioé consente di stimare in maniera corretta il valore di densità di popolazione.
Questa è la formula utilizzata:
N=T/(1-qk)
dove N è la stima della grandezza di popolazione, T individui catturati totali o biomassa
campionata totale, qk=1-p, dove p è la probabilità di cattura a ogni passaggio. Si assume che p sia
uguale o costante a ogni passaggio.
P è ottenuto con la seguente formula: p= (y1-y2)/y1, con y1= peso individui catturati alla Ia passata
e y2= peso individui catturati alla seconda passata. Il valore (1-qk) è anche estrapolabile dai grafici
per la stima di (1-q) appunto in relazione a R (rapporto tra la sommatoria delle biomasse
riscontrate nei vari campionamenti con la biomassa totale) (Zippin, 1958). R si ottiene secondo la
formula: R=Σik=1(i-1)yi/T con k numero di passate, yi numero iesimo di catture. Entrambe le
metodologie necessitano di un’attenta valutazione dei dati prima del loro utilizzo; in particolare i
valori relativi ai singoli passaggi di cattura dovrebbero seguire precisi andamenti per poter essere
utilizzati, ovvero dovrebbero essere in ordine decrescente (con i valori maggiori nella prima
passata e i minori nella terza) e possibilmente il valore della terza passata dovrebbe essere
prossimo allo zero, indice questo di un ottimo sforzo di cattura delle passate precedenti. Se i dati
riscontrati non seguissero questo preciso andamento, sarebbe compito dell’esperto valutare
l’attendibilità dei medesimi. Nel caso in cui valori riscontrati fossero tutti decrescenti, con i valori
dell’ultima passata relativamente bassi, si avrebbe conferma di buona attendibilità dei dati ottenuti
dai campionamenti effettuati.
Le osservazioni dirette sono state eseguite mediante l’uso di 3 tecniche diverse che integrano le
diverse informazioni. Sono stati usati:
1. Elettrostorditore da imbarcazione: consente, tramite l’applicazione di corrente continua
pulsata, l’effettuazione di catture di fauna ittica mantenendo in vita gli animali. I pesci, sottoposti a
un campo elettrico in acqua, si comportano come un dipolo e questa situazione consente di
attrarre (elettrotassia) e narcotizzare (elettronarcosi) la fauna ittica presente in un certo intorno, le
cui dimensioni dipendono sia dalla potenza applicata sia dalla conducibilità dell’acqua, rispetto
all’applicazione degli elettrodi. Per le attività oggetto della relazione la zona efficace operativa è
stata di circa 4 metri dalla sponda del fiume, per la lunghezza delle sezioni osservate. Questa
tecnica, in fiumi di ampia dimensione, non consente da sola di stimare le biomasse presenti, ma è
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Prima Bozza 16
determinante per la cattura degli stadi giovanili e delle specie che frequentano preferenzialmente
le zone costiere.
2. Reti da imbrocco con multimaglia: l’utilizzo di questa tipologia di reti (monofilamento)
consente di catturare un ampio spettro di dimensioni della fauna ittica. Sono state infatti utilizzate
maglie dai 10 ai 50 mm (10-20-30-40-50 mm). Le pezze di rete, vista la dimensione del fiume e le
caratteristiche della velocità di corrente, sono state posizionate trasversalmente al corso d’acqua.
Le pezze di rete da 10 mm aveva una lunghezza di 18 m per un’altezza di 1,5 m, mentre le altre
erano lunghe 50 m per un’altezza di 2 m. Tutte le reti erano armate con corda piombata sulla lima
dei piombi e una linea di galleggiamento tarata per mantenerne verticali nella colonna d’acqua. Le
reti, comunque, si adagiavano sul fondo e costituivano uno sbarramento verticale alto circa 2 metri.
Tutte le reti sono rimaste in pesca per circa 3 ore, per garantire la cattura di animali, ma al tempo
stesso consentire agli operatori di intervenire per il rilascio degli animali con ridotta mortalità.
Questo metodo di campionamento non assicura una stima della biomassa presente, ma consente
di conoscere la presenza e la localizzazione di alcune specie ittiche non catturabili con
l’elettrostorditore (ad esempio nelle zone più profonde o al centro del fiume). L’uso di varie maglie
di cattura consente di avere informazioni su un range di taglie abbastanza elevato (da 7-8 a 60-70
cm di lunghezza).
3. Utilizzo di ecoscandaglio: è stata predefinita una rete di transetti di osservazione, a
garanzia di un’adeguata copertura della superficie del tratto di fiume indagato, e sono state
effettuate osservazioni in vari orari della giornata. L’uso dell’ecoscandaglio, associato ad un GPS
portatile, ha consentito di ricostruire la batimetria del tratto esaminato, necessaria per il successivo
calcolo dei volumi osservati e di quelli totali. Durante il rilevamento con ecoscandaglio, per ogni
transetto venivano registrati la profondità a cui veniva osservato il pesce e la sua classe
dimensionale. Le osservazioni così effettuate, associate ai dati delle catture con le reti, hanno
permesso di ottenere una stima della biomassa totale di pesce presente nel fiume. In particolare,
la registrazione delle osservazioni (classe dimensionale e profondità) nei vari transetti e durante le
ripetizioni, ha consentito di operare una valutazione media delle osservazioni, corredata da una
stima della variabilità. La classe dimensionale, inoltre, consente di definire una biomassa di
riferimento osservata, utile per passare dal numero di osservazioni effettuate ad una stima della
biomassa presente nel tratto. Per effettuare quest’ultima valutazione, si procede con la stima del
volume acqueo complessivo del corpo idrico posto in relazione con il volume osservato lungo i
percorsi con ecoscandaglio. Il numero di osservazioni (e la conseguente conversione in biomassa)
vengono estrapolate dal volume osservato al volume totale del corpo idrico. I calcoli vengono
comunque ripartiti per strati di profondità, per cercare di diminuire l’errore della stima.
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Prima Bozza 17
La comunità di macroinvertebrati: l’Indice Biotico Esteso (IBE)
L'Indice Biotico Esteso si basa sull'analisi delle comunità di macroinvertebrati che colonizzano gli
ecosistemi fluviali, ossia sugli invertebrati acquatici superiori al millimetro che comprendono, fra gli
insetti, le larve dei Plecotteri, di Tricotteri, di Efemerotteri, di Ditteri, di Odonati, larve e adulti di
Coleotteri e di Eterotteri e, fra i non insetti, Crostacei, Molluschi, Irudinei e Oligocheti.
Tutti questi animali presentano forti adattamenti morfologici all'ambiente in cui vivono e si
differenziano anche per le modalità di alimentazione. La notevole diversità nel modo di muoversi e
di alimentarsi permette alle varie specie di macroinvertebrati di colonizzare una grande varietà di
microambienti presenti nel fiume, differenziati per la diversa velocità della corrente, la
granulometria del fondo e la presenza di vegetazione. Ogni corso d'acqua ha quindi una comunità
che lo caratterizza: quando un fiume è pulito, la struttura della comunità dei macroinvertebrati è
stabile e complessa e il numero di specie è alto e queste sono fra loro in un rapporto equilibrato. A
determinate concentrazioni di sostanze nocive, i macroinvertebrati più sensibili scompaiono; solo
quelli più resistenti riescono a sopravvivere e, anzi, proliferano perché si trovano in assenza di
competitori. L'applicazione dell'IBE si basa su un confronto fra la struttura di una comunità "attesa"
e la composizione realmente "presente" in un determinato corso d’acqua. Il metodo di
campionamento consiste nell'effettuare in ciascuna stazione una serie di prelievi nei vari
microhabitat presenti, in modo da raccogliere tutti i rappresentanti della comunità di
macroinvertebrati.
Per la raccolta dei macroinvertebrati è stato usato un retino immanicato con rete in nailon su telaio
di alluminio, ripetendo più volte nelle zone a diversa velocità dell’acqua, diversa profondità e
diverso substrato in modo da saggiare le varie nicchie ecologiche presenti. L'analisi dei campioni
raccolti per la determinazione tassonomica è stata effettuata in laboratorio usando un microscopio
binoculare.
Tramite una tabella a doppia entrata, che considera il numero di taxa raccolti (Unità Sistematiche)
e la loro sensibilità all'inquinamento, è stato calcolato il valore IBE, a cui corrisponde una precisa
Classe di Qualità (Tabella 1). Le Classi di Qualità sono 5, e vanno da un ambiente non inquinato
(Classe di Qualità 1) a uno fortemente inquinato (Classe di Qualità 5), attraverso tre stadi
intermedi. A ogni Classe corrispondono un giudizio e un colore convenzionale per la
rappresentazione in cartografia (Tabella di conversione dei valori I.B.E).
Classi di Qualità Valori di IBE Giudizio Colore
I > 10 Ambiente non alterato
II 8-9 Ambiente in cui sono evidenti alcuni effetti di
alterazione
III 6-7 Ambiente alterato
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Prima Bozza 18
IV 4-5 Ambiente molto alterato
V 1,2,3 Ambiente fortemente alterato
Tabella 1. Conversione dei valori I.B.E. in Classi di Qualità con relativo giudizio e colore per la rappresentazione
cartografica
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Prima Bozza 19
Indice di Funzionalità Fluviale (IFF)
Il metodo può essere considerato come l’evoluzione dell’RCE-I (Riparian Channel Environmental
Inventory) realizzato con l’obiettivo di costruire una sorta di catalogo dei fiumi svedesi. Così come
l’IBE, anche questo metodo ha necessitato un adeguamento alla realtà ambientale italiana e, dopo
vari passaggi, ne è nato l’IFF.
L'IFF consente di valutare lo stato complessivo dell'ambiente fluviale e della sua funzionalità,
intesa come risultato delle sinergie dei fattori biotici e abiotici presenti nel corpo idrico,
dell'ambiente terrestre circostante e in particolar modo viene considerato lo stato dell’ecotono
ripario, quale ambiente di transizione che maggiormente influenza la qualità dell’acqua, e viene a
sua volta influenzato.
La metodica fornisce informazioni originali sull’intero sistema fluviale: infatti a conoscenza della
struttura dell'ecosistema fluviale si articola nella definizione delle componenti biotiche ed abiotiche
e nella valutazione di tutti i flussi energetici che sostengono le catene trofiche interne. Grazie al
River continuum Concept si realizza una visione d’insieme dell'ecologia fluviale e vengono messe
in evidenza le strette relazioni strutturali e funzionali della comunità biologica, dei fattori
geomorfologici e idraulici.
La funzionalità e le dinamiche fluviali sono condizionate in larga scala dalle caratteristiche del
territorio circostante e in particolare modo dalla copertura vegetazionale e forestale circostante e
l'Indice di Funzionalità Fluviale è strutturato per essere applicato in tutte le condizioni fluviali che
compongono il reticolo idrografico dei territori continentali. Esistono solo dei limiti di applicabilità
nelle zone estuarine e negli ambienti di transizione delle foci oltre che negli ambienti lotici. La
metodologia di applicazione prevede che per ogni tratto sia compilato un questionario composto di
quattordici domande, per ognuna delle quali esistono quattro risposte predefinite, con punteggi
predefiniti e raggruppati in 4 classi.
Per ottenere il giudizio di funzionalità occorre effettuare una conversione tra il valore di IFF
ottenuto sommando tutti i punteggi. Il valore può variare da un minimo di 14 ad un massimo di 300.
1. Livello di funzionalità 2. Valore di I.F.F. 3. Giudizio di fuzionalità 4. Co lore
5. I 6. 261-300 7. Elevato 8. blu 9. I-II 10. 251-260 11. Elevato-buono 12. 13. 14. II 15. 201-250 16. Buono 17. verde
18. II-III 19. 181-200 20. Buono-mediocre 21. 22. 23. III 24. 121-180 25. Mediocre 26. giallo
27. III-IV 28. 101-120 29. Mediocre-scadente 30. 31. 32. IV 33. 61-100 34. Scadente 35. arancio
36. IV-V 37. 51-60 38. Scadente-pessimo 39. 40. 41. V 42. 14-50 43. Pessimo 44. rosso
Tabella 2. Livelli e giudizi di funzionalità fluviale
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 20
3. RISULTATI
Campionamenti di fauna ittica
I seguenti campionamenti di fauna ittica fanno riferimento ai risultati del monitoraggio finalizzato
alla realizzazione della Carta Ittica (2009) insieme a quelli eseguiti per la realizzazione del Piano
Ittico Provinciale (2007-2008), e in particolare ai rilievi di tipo quantitativo. I risultati vengono
esposti e riassunti di seguito, distinti a seconda del tipo di strumentazione utilizzata
(elettrostorditore o reti) e del tipo di risultati ottenuti (osservato e stimato), mentre nelle cartine di
distribuzione della fauna ittica allegate alle schede di ogni singola specie sono stati esposti anche i
dati relativi ai campionamenti esclusivamente qualitativi, ossia quelli in cui è stata rilevata
unicamente la presenza/assenza delle specie.
Essendo stato portato avanti in contemporanea un progetto, finanziato anch’esso dalla Provincia di
Pisa, che riguarda le specie ittiche migratrici (Anguilla, Lampreda di mare e Cheppia) e che ha
visto anche in questo caso un monitoraggio presso i Fiumi Arno e Serchio, sono stati inseriti i dati
ottenuti nel corso di questa ulteriore campagna di studio nelle già menzionate cartine di
distribuzione delle specie essi si riferiscono alla presenza/assenza e abbondanza relativa e
contribuiscono a fornire un quadro il più esauriente possibile della distribuzione della fauna ittica
d’acqua dolce nel territorio pisano.
In totale sono state utilizzate 47 stazioni (qualitative e quantitative) e di ognuna di esse è riportato
(Tabella 3) il Bacino Idrografico di appartenenza, la nomenclatura ufficiale del corso d’acqua (SIRA
– Regione Toscana), il Comune in cui essa ricade, il nome della località più prossima, il codice
identificativo della stazione stessa, la quota sul livello del mare, l’attuale classificazione ufficiale del
tratto di corso d’acqua analizzato, la pendenza percentuale media del terreno e le coordinate del
punto intermedio del tratto indagato.
Le prime tre stazioni (Fiume Serchio a Migliarino, Fiume Arno a Castelfranco e a Caprona), date le
dimensioni dell’alveo sono state campionate sia con l’uso di elettrostorditore nella zona di riva sia
con l’ausilio di reti nella parte più profonda e non guadabile (vedi Materiali e metodi). Le
planimetrie riportano il posizionamento di entrambi i sistemi di campionamento oltre che, per
quanto riguarda le reti, le dimensioni delle maglie.
Le altre stazioni, essendo guadabili e di modeste dimensioni, sono state campionate
esclusivamente tramite l’elettropesca.
La maggior parte delle stazioni è concentrata nel Bacino dell’Arno sia perché gran parte del
territorio pisano vi ricade sia perché nell’area più centrale della Provincia di Pisa (vedi
Localizzazione delle Stazioni di campionamento) si trovano corsi d’acqua che presentano secche
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 21
spinte e prolungate per vari mesi nel corso della stagione più calde, tali da non poter essere
considerate di alcun interesse per quanto riguarda la fauna ittica d’acqua dolce locale: si tratta in
particolare dell’alto Bacino dell’Era, per gli affluenti dell’Arno, e del tratto centrale del Bacino del
Cecina, oltre che dei suoi affluenti nella stessa zona. Il Fiume Serchio, esso non presenta affluenti
nel tratto che ricade all’interno dei limiti amministrativi della Provincia di Pisa, e quindi le indagini
sono state eseguite unicamente sul corso principale.
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Car t a I t t i ca di Pi sa
Ri sul t at i
Prima Bozza 22
BACINO CORSO D’ACQUA COMUNE LOCALITÀ’ STAZIONE QUOTA CLASSIFICA ACQUE PENDENZA X_COORD Y_COORD
ARNO TORRENTE EGOLA SAN MINIATO CORRAZZANO S15 61 CIPRINIDI 19 1645633 4835686
ARNO TORRENTE TORA LORENZANA LORENZANA S20 51 CIPRINIDI 6 1623889 4819717
ARNO TORRENTE ERA VIVA VOLTERRA PALAZZINA S10 218 CIPRINIDI 76 1655853 4808313
ARNO RIO MAGNO BUTI BUTI S08 109 SALMONIDI 61 1627467 4842860
ARNO TORRENTE ROGLIO PECCIOLI FORCOLI S18 32 CIPRINIDI 14 1638919 4826819
ARNO TORRENTE ZAMBRA DI CALCI CALCI CALCI S07 138 SALMONIDI 72 1622597 4843928
ARNO TORRENTE STERZA DI LAJATICO LAJATICO PONTE DELLA STERZA S05 88 CIPRINIDI 47 1638102 4815279
ARNO FIUME ERA LAJATICO FABBRICA DI PECCIOLI S06 64 CIPRINIDI 11 1640455 4818541
ARNO TORRENTE STROLLA VOLTERRA ULIGNANO S19 311 SALMONIDI 38 1655446 4810884
ARNO RIO ENZI SAN MINIATO PARRINO P01 48 CIPRINIDI 25 1649238 4836071
ARNO FIUME ELSA SAN MINIATO PONTE A ELSA P02 33 CIPRINIDI 11 1652808 4839188
ARNO TORRENTE CHIECINA PALAIA BERTOLLI-SUSINA P03 42 CIPRINIDI 5 1642080 4834311
ARNO FOSSO RECINAIO CAPANNOLI OLMO P04 33 CIPRINIDI 10 1636465 4828272
ARNO CANALE DEMANIALE SAN GIULIANO TERME ORZIGNANO P06 9 CIPRINIDI 5 1614761 4847879
ARNO TORRENTE CAPRIGGINE VOLTERRA PODERE CAPRIGGINE P09 126 CIPRINIDI 56 1650919 4812898
ARNO TORRENTE ERA MORTA VOLTERRA PALAGIONE P10 225 CIPRINIDI 46 1654110 4806482
ARNO FIUME ARNO PISA SAN PIERO A GRADO S24 0 SALMASTRE 9 1609247 4839038
ARNO FIUME ARNO VICOPISANO CAPRONA S25 15 CIPRINIDI 24 1620962 4840404
ARNO FIUME ARNO CALCINAIA CALCINAIA S26 2 CIPRINIDI 2 1629925 4837972
ARNO FIUME ARNO CASTELFRANCO DI SOTTO CASTELFRANCO DI SOTTO S27 8 CIPRINIDI 7 1640155 4839369
ARNO FIUME ERA PONTEDERA LA BORRA S28 15 CIPRINIDI 29 1631939 4833606
ARNO FIUME CASCINA PONSACCO PONSACCO S29 19 CIPRINIDI 29 1631902 4831068
ARNO RIO PONTICELLI BIENTINA PONTICELLI P14 6 CIPRINIDI 1 1634150 4845314
ARNO CANALE EMISSARIO DI BIENTINA BUTI CASCINE DI BUTI S31 5 CIPRINIDI 1 1631162 4843315
ARNO FIUME MORTO PISA LA FIGURETTA P05 5 CIPRINIDI 26 1614745 4847920
ARNO FOSSO VECCHIO SAN GIULIANO TERME ASCIANO P16 0 CIPRINIDI 1 1615484 4844131
CECINA FIUME CECINA POMARANCE MOLINO DI GESSERI S11 112 CIPRINIDI 2 1655951 4797177
CECINA TORRENTE RITASSO POMARANCE PIAN DELLE VOLTE S17 105 CIPRINIDI 39 1639879 4788202
CECINA BOTRO RIVIVO MONTEVERDI M.MO CASELLI S14 285 SALMONIDI 62 1637063 4787182
CECINA TORRENTE RESCONE CASTELNUOVO V.C. MOLINO RESCONE S21 550 SALMONIDI 59 1657033 4784259
CECINA TORRENTE TROSSA POMARANCE SERRAZZANO S01 300 SALMONIDI 81 1645947 4789171
CECINA TORRENTE PAVONE CASTELNUOVO V.C PONTE DI CASTENUOVO VC S02 311 SALMONIDI 79 1656186 4787312
CECINA TORRENTE STERZA DI CASELLI MONTEVERDI M.MO FATTORIA DI CASELLI S13 388 SALMONIDI 77 1637355 4785227
CECINA TORRENTE POSSERA CASTELNUOVO V.C CASTELNUOVO-LARDERELLO S03 509 SALMONIDI 38 1653355 4787375
CECINA TORRENTE STERZA DI CECINA MONTEVERDI M.MO PONTE DI CANNETO S04 131 CIPRINIDI 25 1639678 4787295
CECINA TORRENTE POSSERA POMARANCE PODERE SANT'ANTONIO P07 110 CIPRINIDI 42 1654939 4797300
CECINA TORRENTE FOSCI VOLTERRA PODERE BATAZZONE P08 0 CIPRINIDI 37 1655202 4799768
CECINA TORRENTE PAVONE CASTELNUOVO V.C. MONTECASTELLI P11 250 SALMONIDI 33 1657824 4790710
CECINA TORRENTE RISCONE CASTELNUOVO V.C. PODERE MADONNA AL PIANO P13 220 SALMONIDI 62 1656991 4785273
CECINA FIUME CECINA RIPARBELLA LA STECCAIA S30 0 CIPRINIDI 16 1627683 4799669
CECINA FOSSO LINARI POMARANCE MONTERUFOLI P15 306 SALMONIDI 60 1645315 4790171
CORNIA FIUME CORNIA CASTELNUOVO V.C SASSO PISANO S12 273 SALMONIDI 55 1649726 4783330
CORNIA FOSSO DEL MOLINO CASTELNUOVO V.C. MULINO NUOVO P12 220 SALMONIDI 47 1648288 4783043
FINE TORRENTE MARMOLAIO SANTA LUCE POMAIA S16 162 CIPRINIDI 50 1627136 4810015
FINE FIUME FINE SANTA LUCE SANTA LUCE S09 52 CIPRINIDI 57 1622490 4813566
SERCHIO FIUME SERCHIO VECCHIANO MIGLIARINO PISANO S22 0 CIPRINIDI 16 1608314 4846722
SERCHIO FIUME SERCHIO VECCHIANO RIPAFRATTA S23 0 CIPRINIDI 10 1613712 4852695
Tabella 3. Stazioni di campionamento
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Carta Ittica di Pisa Risultati
Prima Bozza 23
Figura 2. Distribuzione delle stazioni utilizzate (PIP e Carta Ittica) e Bacini idrografici compresi entro i limiti provinciali
(vedi Tab. 3 per individuazione Stazioni di campionamento)
![Page 27: Carta ittica Pisa 2010Carta I tt i ca di Pi sa Mat eri al i e Metodi Prima Bozza 3 2. Materiali e Metodi Area di Studio La Provincia di Pisa è delimitata dal Mar Ligure a Ovest per](https://reader030.fdocumenti.com/reader030/viewer/2022040209/5e3e27ce7137fa60407f3ead/html5/thumbnails/27.jpg)
Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 24
FIUME SERCHIO
Migliarino
Quella di Migliarino Pisano è l’unica stazione di campionamento del Fiume Serchio che riguarda la
Carta Ittica. Il tratto analizzato si trova presso l’abitato, a pochi chilometri dallo sbocco in mare del
corso d’acqua, e si presenta piuttosto rettilineo, con sponde scoscese e moderatamente ricche di
vegetazione, oltre che interessato dall’attraversamento di viadotti. L’ambiente è il risultato di una
buona convivenza tra una forte presenza antropica e un’interessante componente ittiofaunistica.
Figura 3. Fiume Serchio, Migliarino Pisano
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 25
Bacino idrografico Fiume Serchio ID Stazione S22 Località Migliarino Classificazione Ciprinidi
Quota (m s.l.m.) 0 Superficie campionata (m 2) 24.698
Data 25/06/2009 Bacino idrico Serchio
Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)
Larghezza media (m)
16 445 55,5
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
% di saturazione
21,6 532 7,8 7,8 90
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 26
Catture con reti
Dimensione della maglia Specie Numero individui
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
30 Cavedano 4 134.5 235.5 942 40 Cavedano 5 322.8 291.6 1458 50 Cavedano 7 594.0 363.9 2547
Catture con elettrostorditore
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm).
Peso medio
(g).
Peso totale
(g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²) Alborella 10 53,5 2,3 23 0,0004 0,0009
Barbo padano 3 120,4 22,4 112 0,0002 0,004 Cavedano 57 130,1 54,74 3941 0,0065 0,159
Cobite 3 54,6 1,66 5 0,00012 0,0002 Lasca 1 80 8 8 0,00004 0,0003
Leucisco d’Albania 30 63 6,13 227 0,0021 0,009 Anguilla 2 134,8 10,86 239 0.000891 0,009 Cefalo 1 231,5 - 178,5 0,00004 0,007
Muggine c.ta 13 47 2,6 34 0,00053 0,0013 Persico sole 2 161, 100,66 302 0,00008 0,0122
Ghiozzo padano 1 45, - 1 0,00004 4,04891E-05 Ghiozzo dell’Arno 1 55, - 1 0,00004 4,04891E-05
Latterino 2 62,5 1,5 3 - 0,000121467 Lampreda di mare 1 152 - 1 0,00004 4,04891E-05
Totale 5075,75 0,205
Campionamento con reti Campionamento con elettrostorditore storditore
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 27
IBE
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità II-III III
Giudizio Buono-mediocre Mediocre
Valore: 9 Classe di qualità II
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 28
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Serchio
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Car t a I t t i ca di Pi sa
Ri sul t at i
Prima Bozza 29
1Dimensione osservata
Fascia di profondità
2Osservazioni totali
(media)
3Volume m 3 per profondità
4Densità (osservazioni/m 3) Peso medio per dimensione (kg)
5Biomassa (kg/m 3 osservati)
6Volume tratto x profondità (m3)
7Biomassa stimata (kg)
0-1 m 0.000 132.754 0.000 0.077 0.0000000 9059.940 0
1-2 m 19.500 324.375 0.060 0.077 0.0046289 6697.237 31.0008427
2-3 m 31.000 321.596 0.096 0.077 0.0074224 3783.612 28.0833516
1
3-4 m 0.000 90.332 0.000 0.077 0.0000000 828.820 0
0-1 m 0.000 132.754 0.000 0.260 0.0000000 9059.940 0
1-2 m 2.000 324.375 0.006 0.260 0.0016031 6697.237 10.7362226
2-3 m 12.500 321.596 0.039 0.260 0.0101059 3783.612 38.2366538
2
3-4 m 0.000 90.332 0.000 0.260 0.0000000 828.820 0
0-1 m 0.000 132.754 0.000 0.800 0.0000000 9059.940 0
1-2 m 4.500 324.375 0.014 0.800 0.0110983 6697.237 74.3276949
2-3 m 7.500 321.596 0.023 0.800 0.0186570 3783.612 70.5907455
3
3-4 m 0.000 90.332 0.000 0.800 0.0000000 828.820 0
0-1 m 0.000 132.754 0.000 2.500 0.0000000 9059.940 0
1-2 m 0.500 324.375 0.002 2.500 0.0038536 6697.237 25.8082274
2-3 m 0.000 321.596 0.000 2.500 0.0000000 3783.612 0
4
3-4 m 0.000 90.332 0.000 2.500 0.0000000 828.820 0
0-1 m 0.000 132.754 0.000 7.000 0.0000000 9059.940 0
1-2 m 0.000 324.375 0.000 7.000 0.0000000 6697.237 0
2-3 m 0.000 321.596 0.000 7.000 0.0000000 3783.612 0
5
3-4 m 0.000 90.332 0.000 7.000 0.0000000 828.820 0
77.500 0.2402798 0.057 278.783739
Tabella 4. Risultati delle osservazioni dirette tramite ecoscandaglio presso la stazione di Migliarino sul Fiume Serchio Legenda: 1: Classe dimensionale del segnale ottenuto dall’ecoscandaglio; 2: valore medio del numero di osservazioni (media ottenuta sulle osservazioni ripetute sui transetti e per varie fasce orarie); 3: volume acque osservato attraverso il cono di lettura dell’ecoscandaglio lungo i percorsi predefiniti; 4: numero stimato per metro cubo di volume acque osservato (ottenuto da Nota2/Nota3); 5: biomassa stimata per metro cubo di volume acqueo osservato (ottenuto da Nota4*il peso assegnato alle dimensioni osservate: 1=77 g, 2=260 g, 3=800 g, 4=2500 g); 6: volume acqueo del corpo idrico per strato di profondità; 7: stima della biomassa presente nel corpo idrico (ottenuta da Nota 5*Nota6).
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 30
FIUME ARNO
Castelfranco di Sotto
Si raggiunge grazie alla SP5 e poi voltando in via G. Posarelli. Il tratto campionato si trova in un
contesto fortemente antropizzato, reso evidente dalla scarsità di vegetazione arbustiva ed arborea,
presente quasi esclusivamente in riva sinistra, oltre che dalla manomissione subita dalle rive.
Presso la stazione di campionamento si trova anche un campo gara utilizzato per competizioni di
pesca sportiva. L’alveo si presenta a fondo prevalentemente sassoso e sabbioso.
Figura 4. Fiume Arno, Castelfranco di Sotto
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 31
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S27 Località Castelfranco Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 8 Superficie campionata (m 2) 21840
Data 09/06/2009 Bacino idrico Arno
Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)
Larghezza media (m)
7 364 60
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
% di saturazione
23,5 849 7,6 6,9 85
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 32
Catture con reti
Dimensione della maglia Specie Numero individui
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Alborella 1 77 8 8 10 Pesce gatto punteggiato 4 104,3 20,0 80
Muggine calamita 1 358,0 463,0 463
Persico sole 1 72,0 9,0 9 20
Pesce gatto punteggiato 14 194,6 121,6 1702
Barbo europeo 2 322,0 312,0 624
Blicca 5 164,8 77,0 385
Carpa 1 165,0 70,0 70
Cavedano 5 207,8 134,2 671
Muggine calamita 1 482,0 1034,0 1034
30
Pesce gatto punteggiato 94 248,9 203,3 19112
Barbo danubianio 1 306,0 296,0 296
Blicca 8 189,1 134 1072
Cavedano 5 285,2 340,0 1700
Muggine calamita 23 368,0 569,2 13092
40
Pesce gatto punteggiato 68 290,7 327,5 22272
Abramide 1 299,0 553,0 553
Blicca 3 212,3 190,0 570
Cavedano 1 274,0 311,0 311
Luccio 1 597,0 1863,0 1863
Muggine calamita 26 450,5 973,7 25315
50
Pesce gatto punteggiato 42 340,9 479,6 20145
Campionamento con reti Campionamento con elettrostorditore
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 33
Catture con elettrostorditore
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Alborella 5 67,4 6 30 0,0002 0,001374 Cavedano 45 105,9 31,69 1426 0,002 0,065293
Carpa 1 550 - 2760 0,00004 0,126374 Lucioperca 1 614, - 3700 0,00004 0,169414
Persico sole 15 84,5 18,4 276 0,00007 0,012637 Totale 8192 0,375092
Percentuale di biomassa delle specie ittiche catturate con le reti
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità III III-IV
Giudizio Mediocre Mediocre-scadente
IBE nd
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Car t a I t t i ca di Pi sa
Ri sul t at i
Prima Bozza 34
1Dimensione osservata
Fascia di profondità
2Osservazioni totali
(media)
3Volume m 3 per profondità
4Densità (osservazioni/m 3) Peso medio per dimensione (kg)
5Biomassa (kg/m 3 osservati)
6Volume tratto x profondità (m3)
7Biomassa stimata (kg)
0-1 m 25.500 219.982 0.116 0.077 0.0089257 19213.825 171.4972043
1-2 m 30.500 569.500 0.054 0.077 0.0041238 16536.582 68.19338012
2-3 m 2.000 655.249 0.003 0.077 0.0002350 12157.529 2.857326773 1
3-4 m 0.000 415.362 0.000 0.077 0.0000000 5620.776 0
0-1 m 5.000 219.982 0.023 0.260 0.0059096 19213.825 113.5453861
1-2 m 6.500 569.500 0.011 0.260 0.0029675 16536.582 49.07251965
2-3 m 0.000 655.249 0.000 0.260 0.0000000 12157.529 0 2
3-4 m 0.000 415.362 0.000 0.260 0.0000000 5620.776 0
0-1 m 3.000 219.982 0.014 0.800 0.0109100 19213.825 209.6222513
1-2 m 9.000 569.500 0.016 0.800 0.0126427 16536.582 209.0663559
2-3 m 0.000 655.249 0.000 0.800 0.0000000 12157.529 0 3
3-4 m 0.000 415.362 0.000 0.800 0.0000000 5620.776 0
0-1 m 1.500 219.982 0.007 2.500 0.0170468 19213.825 327.5347676
1-2 m 3.500 569.500 0.006 2.500 0.0153643 16536.582 254.0736964
2-3 m 0.000 655.249 0.000 2.500 0.0000000 12157.529 0 4
3-4 m 0.000 415.362 0.000 2.500 0.0000000 5620.776 0
0-1 m 0.000 219.982 0.000 7.000 0.0000000 19213.825 0
1-2 m 0.000 569.500 0.000 7.000 0.0000000 16536.582 0
2-3 m 0.000 655.249 0.000 7.000 0.0000000 12157.529 0 5
3-4 m 0.000 415.362 0.000 7.000 0.0000000 5620.776 0
Totali 86.500 0.2490743 0.078 1.405,463
Tabella 5. Risultati delle osservazioni dirette tramite ecoscandaglio presso la stazione di Castelfranco sul Fiume Arno Legenda: 1: Classe dimensionale del segnale ottenuto dall’ecoscandaglio; 2: valore medio del numero di osservazioni (media ottenuta sulle osservazioni ripetute sui transetti e per varie fasce orarie); 3: volume acque osservato attraverso il cono di lettura dell’ecoscandaglio lungo i percorsi predefiniti; 4: numero stimato per metro cubo di volume acque osservato (ottenuto da Nota2/Nota3); 5: biomassa stimata per metro cubo di volume acqueo osservato (ottenuto da Nota4*il peso assegnato alle dimensioni osservate: 1=77 g, 2=260 g, 3=800 g, 4=2500 g); 6: volume acqueo del corpo idrico per strato di profondità; 7: stima della biomassa presente nel corpo idrico (ottenuta da Nota 5*Nota6).
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 35
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Arno a Castelfranco
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 36
FIUME ARNO
Caprona
L’abitato di Caprona, presso cui è stata individuata la stazione di campionamento, si raggiunge con
la SP2, o via Provinciale Vicarese. Il tratto indagato è pressoché rettilineo, nei pressi del ponte. Il
contesto, anche in questo caso, è fortemente antropizzato sia per l’abitato sia per la presenza di
vaste aree coltivate. Le rive, a tratti scoscese, sono solo parzialmente interessate da vegetazione,
che comunque non offre alcuna ombreggiatura all’ambiente acquatico ripario. Il fondo è a sassi,
massi e sabbia.
Figura 5. Fiume Arno, Caprona
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S25
Località Caprona Classificazione ciprinidi Quota (m s.l.m.) 2 Superficie campionata (m 2) 23199
Data 03/06/2009 Bacino idrico Arno
Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)
Larghezza media (m)
7 330 70,3
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 37
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
% di saturazione
22,3 952 7,34 6,6 77
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 38
Catture con reti
Dimensione della maglia Specie Numero individui
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
10 Pesce gatto punteggiato 3 306.3 271.0 813
Blicca 1 114.0 31.0 31 20 Pesce gatto punteggiato 7 172.9 72.9 510
Blicca 4 166.0 80.8 323 30 Pesce gatto punteggiato 33 230.9 161.6 5333
Muggine calamita 28 360.9 487.0 13636
Pesce gatto punteggiato 8 230.5 156.8 1254 40
Carassio dorato 1 171.0 99.0 99
Blicca 2 225.5 212.5 425
Muggine calamita 59 389.5 610.6 36024 50
Cefalo 1 388.0 620.0 620 Catture con elettrostorditore
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio
(g)
Peso totale
(g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²) Alborella 29 7,03 3,69 107 0,001 0,004612
Carassio dor.o 1 16,7 - 4215 0,00043 0,181689 Cavedano 8 15,15 108 864 0,0003 0,037243
Pseudorasbora 1 6,3 - 3 0,00004 0,000129 Scardola 1 8,9 - 10 0,00004 0,000431 Anguilla 4 26,6 43,25 173 0,0002 0,007457 Cefalo 2 32,1 435 870 0,00008 0,037502
Muggine cal.a 48 8,02 69,10 3317 0,002 0,14298 Persico sole 1 8,6 - 16 0,00004 0,00069 Lucioperca 1 50,7 - 1400 0,00004 0,060347
Spigola 1 32,1 - 358 0,00004 0,015432 Latterino 9 6,34 2,78 25 0,00038 0,001078 Totale 11.358 0,48959
Campionamento con reti Campionamento con storditore
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 39
Percentuali di biomassa delle specie ittiche catturate con le reti
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 40
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità III III
Giudizio Mediocre Mediocre
IBE
nd
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Car t a I t t i ca di Pi sa
Ri sul t at i
Prima Bozza 41
1Dimensione osservata
Fascia di profondità
2Osservazioni totali
(media)
3Volume m 3 per profondità
4Densità (osservazioni/m 3) Peso medio per dimensione (kg)
5Biomassa (kg/m 3 osservati)
6Volume tratto x profondità (m3)
7Biomassa stimata (kg)
0-1 m 24.500 191.306 0.128 0.077 0.0098612 18855.305 185.935298
1-2 m 45.000 492.407 0.091 0.077 0.0070369 14547.301 102.367332
2-3 m 0.000 423.317 0.000 0.077 0.0000000 6326.539 0 1
3-4 m 7.000 121.837 0.057 0.077 0.0044239 2089.800 9.24516674
0-1 m 6.000 191.306 0.031 0.260 0.0081545 18855.305 153.755136
1-2 m 8.000 492.407 0.016 0.260 0.0042241 14547.301 61.4499424
2-3 m 4.500 423.317 0.011 0.260 0.0027639 6326.539 17.4858329
2
3-4 m 3.500 121.837 0.029 0.260 0.0074690 2089.800 15.6087231
0-1 m 11.000 191.306 0.057 0.800 0.0459996 18855.305 867.336666
1-2 m 23.500 492.407 0.048 0.800 0.0381798 14547.301 555.412941
2-3 m 0.000 423.317 0.000 0.800 0.0000000 6326.539 0 3
3-4 m 0.500 121.837 0.004 0.800 0.0032831 2089.800 6.86097717
0-1 m 0.000 191.306 0.000 2.500 0.0000000 18855.305 0
1-2 m 3.000 492.407 0.006 2.500 0.0152313 14547.301 221.574311
2-3 m 0.500 423.317 0.001 2.500 0.0029529 6326.539 18.6814455 4
3-4 m 0.000 121.837 0.000 2.500 0.0000000 2089.800 0
0-1 m 0.000 191.306 0.000 7.000 0.0000000 18855.305 0
1-2 m 0.000 492.407 0.000 7.000 0.0000000 14547.301 0
2-3 m 0.000 423.317 0.000 7.000 0.0000000 6326.539 0
5
3-4 m 0.000 121.837 0.000 7.000 0.0000000 2089.800 0
Totali 137.000 0.4804779 0.150 2215.71377
Tabella 6. Risultati delle osservazioni dirette tramite ecoscandaglio presso la stazione di Caprona sul Fiume Arno Legenda: 1: Classe dimensionale del segnale ottenuto dall’ecoscandaglio; 2: valore medio del numero di osservazioni (media ottenuta sulle osservazioni ripetute sui transetti e per varie fasce orarie); 3: volume acque osservato attraverso il cono di lettura dell’ecoscandaglio lungo i percorsi predefiniti; 4: numero stimato per metro cubo di volume acque osservato (ottenuto da Nota2/Nota3); 5: biomassa stimata per metro cubo di volume acqueo osservato (ottenuto da Nota4*il peso assegnato alle dimensioni osservate: 1=77 g, 2=260 g, 3=800 g, 4=2500 g); 6: volume acqueo del corpo idrico per strato di profondità; 7: stima della biomassa presente nel corpo idrico (ottenuta da Nota 5*Nota6).
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 42
FIUME ERA
La Borra
La Borra è una località presso Pontedera che si raggiunge percorrendo la SS439. Imboccando Via
della Cartiera si arriva poi al corso d’acqua, che in questo tratto è meandriforme, con rive ricche di
vegetazione. Il fondo è costituito prevalentemente da sassi e massi. La profondità è scarsa e
localmente il corso d’acqua può subire drastiche riduzioni di portata anche a causa ai numerosi
prelievi dell’area che prevalente ha vocazione agricola.
Figura 6. Fiume Era, La Borra
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S28 Località La Borra Classificazione ciprinidi
Quota (m s.l.m.) 15 Superficie campionata (m 2) 270,9
Data 04/06/2009 Bacino idrico Arno
Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)
Larghezza media (m)
29 63 4,3
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Alborella 139 79, 5,05 702 0.513104 2.59 2,65
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 43
Barbo tiberino 7 222,8 233,143 1632 0.02584 6.02 7,17 Carassio dorato 7 166,3 115,14 806 0.02584 2.98 6,80
Carpa 1 447, - 1706 0.003691 6.30 6.29 Cavedano 110 198,9 145,67 16024 0.406054 59.15 68,83
Lasca 1 71, - 6 0.003691 0.02 0.02 Rovella 6 848,3 9.17 55 0.022148 0.20 0,27
Ghiozzo Arno 1 56,0 - 4 0.003691 0.01 0,015 Anguilla 1 555, - 292 0.003691 1.08 1,08
Persico sole 1 132, - 57 0.003691 0.21 0,210 P. gatto punteg. 19 291,1 274,05 520,7 0.070137 1.92 19,91
Totale 21840,7 80.48 104,73
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 44
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
% di saturazione
21,3 1165 7,85 8,9 101
IBE
Campionamento con elettrostorditore storditore
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità II II
Giudizio: Buono Buono
Valore: 7-6 Classe di qualità III
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 45
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Era a La Borra
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 46
FIUME ERA
Fabbrica di Peccioli
La stazione di campionamento sul Fiume Era è ubicata nei pressi del ponte sul Fiume Sterza e vi
si accede da una carrareccia dopo la Locanda dello Sterza sulla S.R.T 439.
Il tratto di fiume indagato è caratterizzato da lunghe piane e brevi raschi. La profondità massima è
di circa 1,40 m mentre quella minima è di 37 cm. Il substrato è costituito in prevalenza da ciottoli,
seguiti da sabbia e ghiaia associate a una piccola percentuale di limo. L’ombreggiatura sull’alveo
bagnato è modesta. La zona non è antropizzata, anche se il risultato dell’indagine sui popolamenti
macrobentonici indica che l’ecosistema è alterato (probabilmente da scarichi urbani posti a monte).
Figura 7. Fiume Era, Fabbrica di Peccioli
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 47
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S06 Località Fabbrica di Peccioli Classificazione Ciprinidi
Quota (m s.l.m.) 64 Superficie campionata (m 2) 566
Data 02/03/2007 Bacino idrico Arno
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
10,9 424 7,89 11,2
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità III II-III
Giudizio Mediocre Buono-mediocre
IBE Valore: 7 Classe di qualità III
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Alborella 5,0 52,6 2,3 9 0,016 0,02 0,036
Anguilla 4,0 413,8 129,3 517 0,008 0,91 1,028
Barbo canino 1,0 170,0 58,0 58 0,002 0,10 0,102
Barbo tiberino 3,0 127,7 24,3 73 0,007 0,13 0,172
Carassio dorato 10,0 235,0 259,7 2597 0,022 4,59 5,621
Carpa 4,0 475,8 1488,3 5953 0,008 10,52 11,832
Cavedano 35,0 145,8 43,7 1531 0,111 2,70 4,869
Cobite comune 11,0 77,3 4,3 39 0,064 0,07 0,276
Ghiozzo pad.o 8,0 43,8 3,4 17 0,016 0,03 0,054
Lasca 97,0 123,5 20,1 1945 0,242 3,44 4,849
Totale 12739 22,51 28,839
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 48
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Era a Fabbrica di Peccioli
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 49
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Era a Fabbrica di Peccioli
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 50
TORRENTE ERA VIVA
La stazione di campionamento è localizzata nei pressi del Podere Palazzina, e vi si accede tramite
una carrareccia che dallo stesso giunge a un guado sul fiume.
Il fiume Era, in quest’area, attraversa zone boschive e incolti; il suo percorso è pianeggiante, e ha
una profondità media di circa 25 cm. Il substrato è caratterizzato in prevalenza da sassi e ciottoli.
Figura 8. Fiume Era Viva, Palazzina
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S10 Località Palazzina Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 218 Superficie campionata (m 2) 281
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 51
Data 26/06/2008 Bacino idrico Arno
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
18,6 1760 9,3 6,21
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I-II I-II
Giudizio: Elevato-buono Elevato-buono
IBE
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Barbo tiberino 29 102,8 15,1 438,0 0,115 1,56 1,734
Cavedano 8 161,9 44,8 358,0 0,028 1,27 1,274
Vairone 68 66,0 4,3 294,0 0,267 1,05 1,156
Totale 1090 3,88 4,16
Valore: 8 Classe di qualità II
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 52
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Era Viva
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 53
FIUME CASCINA
Ponsacco
Il Fiume Cascina è un affluente, lungo 21 km, di sinistra dell’Era e in esso confluisce in
corrispondenza di Ponsacco, dove è stato effettuato il campionamento. Il contesto ambientale è
fortemente antropizzato e in realtà in questo tratto il corso si riduce a un canale all’interno
dell’abitato, con rive scoscese e andamento rettilineo.
Figura 9. Fiume Cascina, Ponsacco
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 54
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S29 Località Ponsacco Classificazione ciprinidi Quota (m s.l.m.) 19 Superficie campionata (m 2) 137,6
Data 03/06/2009 Bacino idrico Arno
Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)
Larghezza media (m)
29 43 3,2
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità IV IV
Giudizio Scadente Scadente
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio
(g)
Peso totale
(g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa (g/m²)
Alborella 3 61,9 3,66 11 0,029 0,079 0,107 Carassio d.o 18 164,5 95,55 1720 0,174 12,5 16,66
Carpa 2 268,6 585 1170 0,019 8,50 11,33 Cavedano 37 117,6 26,32 974 0,359 7,07 9,438
Lasca 1 98 - 12 0,010 0,087 0,116 Pseudorasbora 5 75,3 4,8 24 0,048 0,17 0,233
Scardola 9 71,9 5,11 46 0,87 0,33 0,446 Ghiozzo Arno 1 72 - 6 0,010 0,043 0,058
Totale 3963 28,80 38,388
Campionamento con elettrostorditore
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 55
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Cascina
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 56
TORRENTE STERZA
Il tratto campionato è localizzato nei pressi del Podere Grillaia e vi si accede tramite una breve
strada sterrata che parte dalla S.P. di Miemo n°14. Il torrente, in questa zona, è molto omogeneo e
presenta ambienti a pozze e a lunghe piane intervallate da brevi raschi. Il substrato è composto di
materiale di differente granulometria, con dominanza di sassi e ghiaia; è evidente anche la
presenza di limo e argilla nei pressi delle rive. L’ombreggiatura non interessa minimamente l’alveo.
Il tratto a monte, comunque fuori dell’area campionata, presenta lieve antropizzazione, determinata
da alcune briglie in calcestruzzo.
Figura 10. Torrente Sterza, Ponte della Sterza
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 57
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S05 Località Ponte della Sterza Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 88 Superficie campionata (m 2) 775
Data 13/04/2007 Bacino idrico Arno
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
19,6 587 7,63 7,31
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Barbo padano 38,0 106,7 19,6 744,0 0,074 0,96 1,455
Cavedano 40,0 111,3 24,7 986,0 0,052 1,27 1,272
Cavedano etr.o 19,0 139,5 32,7 622,0 0,025 0,80 0,803
Ghiozzo p.o 5,0 49,0 2,0 10,0 0,006 0,01 0,013
Lasca 12,0 109,6 14,3 171,5 0,017 0,22 0,249 Vairone 7,0 68,6 3,4 24,0 0,011 0,03 0,037 Totale 2557,5 3,30 3,829
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità III III
Giudizio: Mediocre Mediocre
IBE
nd
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 58
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Sterza di Lajatico
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 59
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Sterza di Lajatico
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 60
TORRENTE ZAMBRA DI CALCI
Il campionamento è stato effettuato nei pressi del ponte di Castelmaggiore, all’interno dell’abitato
di Calci. Il torrente è caratterizzato da ambienti a buche e piccoli raschi. Il substrato è impostato su
materiale grossolano, principalmente ciottoli e sassi. L’ombreggiatura non è molto elevata, dato
che la sponda destra è molto artificializzata e presenta muri in calcestruzzo alti anche 3 m; la
sponda sinistra è fittamente boscata. L’antropizzazione nel tratto in esame è molto elevata, sia per
il fatto che l’alveo scorre per gran parte all’interno di un centro abitato, sia per le numerose briglie
che interrompono la continuità fluviale.
Figura 11. Torrente Zambra di Calci, Calci
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S07 Località Calci Classificazione Salmonidi
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 61
Quota (m s.l.m.) 138 Superficie campionata (m 2) 342
Data 18/12/2006 Bacino idrico Arno
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
11,8 249 8,3 9,6
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Anguilla 30 393,8 122,0 3659 0,101 13,02 12,329
Rovella 18 101,9 19,4 350 0,053 1,25 1,023
Trota fario 34 207,1 117,5 3994 0,101 14,21 11,890
Totale 8003 28,48 25,242
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I-II III
Giudizio Elevato-buono Mediocre
IBE Valore: 9 Classe di qualità II
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 62
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Zambra di Calci
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 63
RIO MAGNO
La stazione di campionamento è localizzata nelle vicinanze del ponte sulla S.P. del Monte Serra n°
56, presso Buti. Il corso d’acqua presenta una portata piuttosto bassa. Il tratto analizzato presenta
corte e profonde pozze alternate a lunghi raschi. Il substrato è caratterizzato da ciottoli e sassi,
mentre l’ombreggiatura non è molto elevata.
Figura 12. Rio Magno, Buti
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 64
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S08 Località Buti Classificazione Salmonidi
Quota (m s.l.m.) 109 Superficie campionata (m 2) 184
Data 18/12/2006 Bacino idrico Arno
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
11,3 362 7,83 10,4
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Rovella 110 88,4 12,9 1415 0,747 7,69 9,614
Trota fario 22 193,2 68,5 1506 0,121 8,18 8,267
Totale 2921 15,88 17,88
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità III II-III
Giudizio: Mediocre Buono-mediocre
IBE Valore: 8 Classe di qualità II
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 65
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Rio Magno
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 66
TORRENTE EGOLA
La stazione è ubicata circa 100 m a valle del ponte sulla SP 50 che da Corazzano, porta a
Montaione. Il substrato dominante è costituito da sassi, massi e ciottoli, con una buona
percentuale di ghiaia e limo. I rifugi per l’ittiofauna sono presenti sia nelle piane, sia nei raschi a
media corrente. La vegetazione riparia è ben diversificata, anche se l’ambiente circostante è
caratterizzato da coltivi e campi di erba medica.
Figura 13. Torrente Egola, Corazzano
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 67
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S15 Località Corrazzano Classificazione Ciprinidi
Quota (m s.l.m.) 61 Superficie campionata (m 2) 234
Data 05/04/2008 Bacino idrico Arno
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
10,4 1406 9,1 12,27
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità III III
Giudizio Mediocre Mediocre
IBE Valore: 7 Classe di qualità III
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Alborella 2,0 85,0 5,5 11 0,009 0,05 0,047
Barbo tiberino 16,0 185,6 88,2 1411 0,086 6,03 7,600
Cavedano 50,0 165,3 56,6 2832 0,449 12,10 25,446
Gobione 5,0 101,0 11,4 57 0,021 0,24 0,244
Lasca 20,0 142,3 26,6 531 0,154 2,27 4,085
Pseudorasbora 1,0 70,0 3,0 3 0,004 0,01 0,013
Rovella 1,0 70,0 3,0 3 0,004 0,01 0,013
Totale 4848 20,72 37,488
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 68
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Egola
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 69
TORRENTE ROGLIO
La stazione di campionamento è ubicata nei pressi del ponte sulla SP 41 per Peccioli. Il fiume
scorre in un’area che presenta alterazioni di origine antropica e la vegetazione riparia risulta a tratti
totalmente assente. Il substrato è costituito principalmente da limo, sabbia e argilla e i rifugi
dell’ittiofauna costituiscono circa il 60% della superficie del substrato.
Figura 14. Torrente Roglio, Forcoli
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 70
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S18 Località Forcoli Classificazione Ciprinidi
Quota (m s.l.m.) 32 Superficie campionata (m 2) 327
Data 05/04/2008 Bacino idrico Arno
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
11,33 1970 9,1 11,40
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità II-III II-III
Giudizio: Buono-mediocre Buono-mediocre
IBE ND
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa (g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Alborella 29 59,1 3,8 111 0,261 0,3394 0,999
Cavedano 20 203,5 104,0 2079 0,110 6,3578 11,444
Ghiozzo p.o 7 57,9 4,4 31 0,022 0,0948 0,098
Rovella 3 70,0 5,0 15 0,012 0,0459 0,061 Totale 2236 6,8379 12,60
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 71
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Roglio
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 72
TORRENTE STROLLA
Il campionamento è stato effettuato in località Ulignano e al torrente si è giunti tramite un sentiero
“CAI”. Il corso d’acqua, in questo tratto, presenta elevata naturalità e non mostra alcuna
alterazione di origine antropica. La portata è modesta ma costante, e l’alveo è caratterizzato da
lunghi raschi e corte pozze (profondità media delle pozze 40 cm). L’ombreggiatura interessa circa
il 100% della superficie, mentre i rifugi costituiscono il 25 % del substrato; quest’ultimo è
caratterizzato, in ordine di rappresentanza, da ciottoli, sassi e massi.
Figura 15. Torrente Strolla, Ulignano
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 73
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S19 Località Ulignano Classificazione Salmonidii
Quota (m s.l.m.) 311 Superficie campionata (m 2) 217
Data 26/06/2008 Bacino idrico Arno
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
20,4 790 9,6 6,95
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Rovella 109,0 58,9 4,0 433,0 0,927 1,99 3,683 Totale 109,0 58,9 4,0 433,0 0,927 1,99 3,683
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I I
Giudizio Elevato Elevato
IBE Valore: 10 Classe di qualità I
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 74
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Strolla
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 75
TORRENTE TORA
La stazione di campionamento è ubicata in località Lorenzana, nei pressi di un piccolo ponte
situato su una strada vicinale, distante 100 m circa dalla SP 43. L’area di indagine ha interessato
un tratto estremamente omogeneo del torrente (circa 65 m). Il fondo risulta completamente
ricoperto da limo e argilla. La profondità media è di circa 40 cm, quella massima di 60 cm. La
vegetazione riparia è del tutto assente. I rifugi per l’ittiofauna sono costituiti da piante acquatiche
(cannuccia palustre, Tipha latifoglia).
Figura 16. Torrente Tora, Lorenzana
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 76
Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S20 Località Lorenzana Classificazione Ciprinidi
Quota (m s.l.m.) 51 Superficie campionata (m 2) 200
Data 04/06/2008 Bacino idrico Arno
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
15,7 1770 9,1 4,7
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata
Cavedano 24 91,9 9,0 217 0,135 1,085 1,221
Rovella 100 95,2 6,3 627 0,508 3,135 3,184 Totale 844 4,22 4,41
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità III III
Giudizio Mediocre Mediocre
IBE nd
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 77
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Tora
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 78
FIUME CECINA
Molino di Gesseri
La stazione di campionamento sul fiume Cecina è ubicata nei pressi del “guado di Berignone” e vi
si accede da una strada che costeggia il fiume dopo il ponte posto sulla S.R.T 439 che da Saline di
Volterra giunge a Pomarance. Il tratto di fiume indagato è caratterizzato da lunghi raschi e brevi
piane. La profondità massima è di circa 1,20 m mentre quella minima è di 15 cm. Il substrato è
costituito in prevalenza da ciottoli e sassi, seguiti in ordine di prevalenza da ghiaia, qualche masso
e una piccola percentuale di limo. L’ombreggiatura sull’alveo bagnato è assente. La zona non è
antropizzata, anche se il risultato dell’indagine sui popolamenti macrobentonici indica che
l’ecosistema è alterato rispetto a quanto atteso.
Figura 17. Fiume Cecina, Molino di Gesseri
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 79
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S11 Località Molino di Gesseri Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 112 Superficie campionata (m 2) 651
Data 21/06/2008 Bacino idrico Cecina
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
17 720 9,4 7,4
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Alborella 2 80 4,0 8 0,003 0,012 0,012
Anguilla 8 318,8 82,5 660 0,014 1,013 1,141
Barbo tiberino 11 126,8 28,9 318 0,017 0,488 0,493
Cavedano 31 123,1 27,2 844 0,051 1,296 1,376
Lasca 18 113,9 13,8 248 0,029 0,380 0,397
Totale 278 3,192 3,42
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I-II II
Giudizio: Elevato-buono Buono
IBE
Valore: 8 Classe di qualità II
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 80
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiune Cecina a Molino di Gesseri
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 81
FIUME CECINA
La Steccaia
La stazione di campionamento si raggiunge percorrendo la strada provinciale di Val di Cecina dal
capoluogo in direzione Riparbella e voltando a destra prima di attraversare il corso d’acqua. Il
fiume in questo tratto è meandriforme e subito a monte del tratto indagato esiste una briglia di
dimensioni considerevoli. L’ambiente è fortemente antropizzato, con una spiccata vocazione
agricola, le rive sono rivestite da vegetazione sia arborea sia arbustiva e producono una parziale
ombreggiatura. L’alveo è in gran parte costituito di ciottoli e sassi, con forte presenza di
vegetazione acquatica. Il corso si presenta quasi completamente privo di acqua nel periodo estivo.
Figura 18. Fiume Cecina, Steccaia
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 82
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S30 Località La Steccaia Classificazione ciprinidi Quota (m s.l.m.) 5 Superficie campionata (m 2) 731
Data 04/06/2009 Bacino idrico Cecina
Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)
Larghezza media (m)
16 86 8,5
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
% di saturazione
23,1 1006 7,8 8,8 103
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 83
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità II II
Giudizio Buono Buono
IBE
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm).
Peso medio
(g).
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Alborella 39 61,5 4,46 174 0,07 0,238 0,32 Barbo padano 6 187,1 91,67 550 0,008 0,7523 0,75 Barbo tiberino 3 248,6 217 651 0,04 0,890 0,89
Carassio dorato 11 266 383,18 4215 0,015 5,766 5,76 Cavedano 14 155,4 73 1022 0,02 1,3980 1,44
Lasca 8 126,7 31,37- 251 0,017 0,3433 0,54 Anguilla 18 278,5 76,61 1379 0,029 1,8864 2,21
Persico sole 3 84,7 13,33 40 0,005 0,0547 0,073 Cefalo 9 220,3 160,11 1441 0,013 1,97127 2,14
Muggine cal.ta 62 211,4 132,61 8194 0,11 11,209 14,50 Totale 17,917 24,51 28,62
Campionamento con elettrostorditore
Valore: 9 Classe di qualità II
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 84
TORRENTE RITASSO
La stazione è ubicata circa 50 m a monte della confluenza con il torrente Sterza. Il tratto
interessato dal campionamento è caratterizzato da alveo stretto, con prevalenza di zone a corrente
con buche ridotte e lunghe piane. La profondità media è di circa 30 cm, la massima di 80. Il
substrato è costituito da massi, sassi e ciottoli. Parte dello stesso mostra copertura vegetale
costituita da alghe epilitiche. L’ombreggiatura interessa circa il 60 % dell’alveo bagnato. I rifugi per
l’ittiofauna sono presenti a tratti e solamente nelle piane più profonde.
Figura 19. Torrente Ritasso, Pian delle Volte
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 85
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S17 Località Pian delle Volte Classificazione Ciprinidi
Quota (m s.l.m.) 105 Superficie campionata (m 2) 412
Data 21/06/2008 Bacino idrico Cecina
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
18,3 650 9,6 5,2
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g)
Anguilla 6 275 78,7 472 0,015 1,145 1,193
Barbo tiberino 31 100,6 14,7 456 0,108 1,106 1,587
Cavedano 72 99,1 12,7 912 0,294 2,213 3,720
Totale 1840 4,466 6,50
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I I
Giudizio Elevato Elevato
IBE Valore: 9 Classe di qualità II
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 86
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Ritasso
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 87
TORRENTE TROSSA
La stazione di campionamento sul Torrente Trossa è ubicata nei pressi del Molino di Pruneta, al
quale si accede da una strada sterrata dopo il Podere Nicciolaia, nei pressi di Serrazzano.
Il tratto di torrente preso in esame è caratterizzato dall’alternarsi di piccole buche e corti raschi. La
profondità massima è di circa 1 m mentre quella minima è di 12 cm. L’alveo scorre in un ambiente
estremamente naturale con ombreggiatura non particolarmente elevata.
Figura 20. Torrente Trossa, Serrazzano
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 88
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S01 Località Serrazzano Classificazione Salmonidi
Quota (m s.l.m.) 300 Superficie campionata (m 2) 173
Data 15/03/2007 Bacino idrico Cecina
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
13 367 8,6 9,8
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità stimata (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Anguilla 6,0 423,3 118,8 713 0,046 4,121387 5,495
Barbo canino 16,0 110,3 26,1 366 0,234 2,115607 6,120
Barbo tiberino 26,0 56,0 6,3 165 0,151 0,953757 0,960
Cavedano 12,0 205,4 97,3 1168 0,078 6,751445 7,595
Trota mac.ma 4,0 115,0 17,0 68 0,023 0,393064 0,393
Vairone 72,0 57,0 8,8 353 0,453 2,040462 3,999 Totale 2833 16,37 24,562
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I I
Giudizio: Elevato Elevato
IBE
Valore: 9 Classe di qualità II
![Page 92: Carta ittica Pisa 2010Carta I tt i ca di Pi sa Mat eri al i e Metodi Prima Bozza 3 2. Materiali e Metodi Area di Studio La Provincia di Pisa è delimitata dal Mar Ligure a Ovest per](https://reader030.fdocumenti.com/reader030/viewer/2022040209/5e3e27ce7137fa60407f3ead/html5/thumbnails/92.jpg)
Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 89
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Trossa
![Page 93: Carta ittica Pisa 2010Carta I tt i ca di Pi sa Mat eri al i e Metodi Prima Bozza 3 2. Materiali e Metodi Area di Studio La Provincia di Pisa è delimitata dal Mar Ligure a Ovest per](https://reader030.fdocumenti.com/reader030/viewer/2022040209/5e3e27ce7137fa60407f3ead/html5/thumbnails/93.jpg)
Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 90
TORRENTE PAVONE
Il sito di campionamento è posto 1,5 km a valle del ponte situato sulla SP n 17 delle valli del Pavone e
Cecina. Una piccola carrareccia porta a un guado in cemento; la strada prosegue per il Podere Poggio
Cornacchini. Il tratto di torrente indagato è caratterizzato dalla presenza di ambienti a pozze ed
ambienti a raschi. Il substrato è impostato su materiale grossolano, con dominanza di sassi e massi.
L’ombreggiatura è molto elevata e interessa entrambe le sponde. L’antropizzazione, a parte la breve
passerella in cemento sul corso d’acqua, è inesistente.
Figura 21. Torrente Pavone, Ponte di Castelnuovo
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 91
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S02 Località Ponte di Castelnuovo Classificazione Salmonidi
Quota (m s.l.m.) 311 Superficie campionata (m 2) 256
Data 17/04/2007 Bacino idrico Cecina
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
13,2 392 7,68 12,5
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Anguilla 6,0 361,7 144,8 869 0,023 3,394531 3,395
Barbo tiberino 23,0 112,0 49,8 1144,5 0,563 4,470703 27,990
Cavedano 1,0 305,0 272,0 272 0,004 1,0625 1,063
Trota fario 5,0 163,0 84,0 420 0,035 1,640625 2,953
Vairone 42,0 67,0 8,0 336 0,171 1,3125 1,367
Totale 3041,50 11,88 36,77
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I I
Giudizio: Elevato Elevato
IBE
Valore: 10 Classe di qualità I
![Page 95: Carta ittica Pisa 2010Carta I tt i ca di Pi sa Mat eri al i e Metodi Prima Bozza 3 2. Materiali e Metodi Area di Studio La Provincia di Pisa è delimitata dal Mar Ligure a Ovest per](https://reader030.fdocumenti.com/reader030/viewer/2022040209/5e3e27ce7137fa60407f3ead/html5/thumbnails/95.jpg)
Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 92
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Pavone
![Page 96: Carta ittica Pisa 2010Carta I tt i ca di Pi sa Mat eri al i e Metodi Prima Bozza 3 2. Materiali e Metodi Area di Studio La Provincia di Pisa è delimitata dal Mar Ligure a Ovest per](https://reader030.fdocumenti.com/reader030/viewer/2022040209/5e3e27ce7137fa60407f3ead/html5/thumbnails/96.jpg)
Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 93
TORRENTE POSSERA
Il campionamento è stato effettuato nei pressi di Castelnuovo Val di Cecina, imboccando una
stretta carrareccia sulla S.S. Sarzanese Valdera n 439, circa 1 km prima del centro abitato di
Larderello. Il corso d’acqua è di piccole dimensioni, coperto da una lussureggiante vegetazione
riparia. Sono presenti buche non molto profonde alternate a corti raschi. Il substrato è costituito da
materiale grossolano, sassi e ciottoli; talvolta alternati a grandi massi. Le condizioni ecologiche del
piccolo corso d’acqua sono eccellenti e non è visibile alcuna forma di antropizzazione.
Figura 22. Torrente Possera, Larderello
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 94
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S03 Località Larderello Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 509 Superficie campionata (m 2) 157
Data 17/04/2007 Bacino idrico Cecina
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
12,5 438 8,02 8,9
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Trota fario 8 220,6 151,3 1210 0,080 7,707 12,042
Vairone 36 92,8 10,8 387,5 0,243 2,468 2,621 Totale 1597,5 10,175 14,66
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I I
Giudizio Elevato Elevato
IBE
Valore: 10 Classe di qualità I
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 95
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Possera
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 96
TORRENTE STERZA DI CECINA
Il campionamento è stato effettuato poco a monte del ponte sulla SP dei Quattro Comuni n 18. Il
tratto in oggetto risulta rappresentato da lunghi raschi, una piana e un’ampia buca. Il substrato è
costituito principalmente da materiale grossolano, come ciottoli e sassi. Le rive sono ampiamente
boscate e l’ombreggiatura è elevata. L’antropizzazione nell’area di studio risulta essere nulla.
Figura 23. Torrente Sterza di Cecina, Ponte di Canneto
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 97
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S04 Località Ponte di Canneto Classificazione Ciprinidi
Quota (m s.l.m.) 131 Superficie campionata (m 2) 197
Data 17/05/2007 Bacino idrico Cecina
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
16,8 512 8,25 9,3
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Anguilla 28 285,4 51,6 1444 0,245 7,329 12,609
Barbo tiberino 7 232,9 208,7 1461 0,036 7,416 7,416
Cavedano 55 155,0 50,7 2790 0,281 14,162 14,250 Totale 5695 28,908 34,28
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I II
Giudizio: Elevato Elevato-buono
IBE
Valore: 10 Classe di qualità I
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 98
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Sterza di Cecina
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 99
BOTRO RIVIVO
La stazione è situata all’interno della Riserva Naturale “Monterufoli-Caselli” e vi si accede da un
sentiero che costeggia il fosso dell’Aione. Il botro, in questo tratto, presenta alveo modesto,
caratterizzato da pozze intervallate a corti raschi. Il substrato dominante è costituito in ordine di
rappresentanza da sassi e massi. I rifugi per l’ittiofauna sono molto numerosi e l’ombreggiatura è
elevata. All’interno delle Riserve Naturali ricadenti nel territorio della Provincia di Pisa vige il divieto
assoluto di pesca.
Figura 24. Botro Rivivo, Caselli
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 100
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S14 Località Caselli Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 64 Superficie campionata (m 2) 285
Data 11/08/2008 Bacino idrico Cecina
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
18,6 1131 9,4 3,6
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa (g/m²)
Biomassa stimata
Anguilla 5,0 424,0 136,2 681 0.219 2,389 23,188
Trota fario 14,0 204,6 106,0 1484 0.141 5,207 19,153
Totale 2165 7,596 42,341
Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I I
Giudizio: Elevato Elevato
IBE
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Botro Rivivo
Valore: 10 Classe di qualità I
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 101
TORRENTE STERZA DI CASELLI
Il campionamento è stato effettuato in un tratto del torrente che ricade all’interno della Riserva
Naturale “Monterufoli-Caselli”. La sezione di torrente presa in esame è caratterizzata da una
elevata naturalità; piccole buche si alternano a corti raschi. La profondità massima è di circa 1,50
m mentre quella minima è di 5 cm. L’ombreggiatura è alquanto elevata e il substrato è ciottoloso-
ghiaioso; l’area indagata risulta idonea al mantenimento di popolazioni autoctone di ciprinidi reofili.
Figura 25. Torrente Sterza di Caselli, Fattoria di Caselli
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 102
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S13 Località Caselli Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 388 Superficie campionata (m 2) 112
Data 22/08/2008 Bacino idrico Cecina
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
19,9 9,4 3,62 604
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Barbo tiberino 23 102,8 11,2 257 0,235 2,29464 2,621
Cavedano 32 97,8 11,6 371 0,537 3,3125 6,228
Cavedano et.o 58 104,2 14,8 861 0,625 7,6875 9,284 Totale 1489 13,29 18,13
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I I
Giudizio: Elevato Elevato
IBE
Valore: 10 Classe di qualità I
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 103
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Sterza di Caselli
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 104
TORRENTE RESCONE
La stazione di campionamento è ubicata nei pressi del “Molino Rescone” e vi si accede tramite una
strada sterrata, in direzione del Castello di Fosini. L’ombreggiatura dell’alveo è totale; prevalgono
massi e sassi, seguiti, in ordine di rappresentanza, da ciottoli e ghiaia. La profondità è da 10 m, a
1,10 cm. L’unica specie ittica rinvenuta che presenti discreta abbondanza è la Trota fario. La
popolazione di trote risulta strutturata su 4 classi di età.
Figura 26. Torrente Rescone, Molino di Rescone
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 105
Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S21 Località Molino di Rescone Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 550 Superficie campionata (m 2) 115
Data 17/03/2007 Bacino idrico Cecina
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
7,1 1207 7,76 9,34
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g)
Barbo canino 3 145,0 38,0 114 0,026 0,991304 -
Cavedano 9 205,0 99,0 891 0,078 7,747826 -
Trota fario 6 152,5 49,3 296 0,052 2,573913 - Totale 1301 11,313 -
In questa specifica occasione il campionamento è stato effettuato con un solo passaggio: date le premesse del metodo
Zippin che necessita di un minimo di due passaggi per ottenere l’indice di catturabilità, non è possibile effettuare il
calcolo di stima della biomassa.
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I I
Giudizio: Elevato Elevato
IBE
Valore: 11 Classe di qualità I
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 106
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Rescone
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 107
FIUME CORNIA
La stazione di campionamento è localizzata nelle vicinanze del ponte sulla SP 49, presso la
Leccia. Il corso d’acqua, nell’area indagata, presenta una portata molto ridotta e scorre per lunghi
tratti in subalveo. Il tratto analizzato presenta poche pozze alternate a lunghi raschi con profondità
moderate (in media 30 cm). Il substrato è rappresentato in prevalenza da sassi e ciottoli, e
l’ombreggiatura è del tutto assente, dato che la vegetazione riparia, ove presente, è costituita da
piante erbacee e arbustive.
Figura 27. Fiume Cornia, Sasso Pisano
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 108
Bacino idrografico Fiume Cornia ID Stazione S12 Località Sasso Pisano Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 273 Superficie campionata (m 2) 177
Data 23/07/2008 Bacino idrico Cornia
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
22,8 760 9,7 6,50
Specie ittica N° totale di
individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Barbo tiberino 154 96,5 8,1 1253 1,370 7,079 11,146
Vairone 194 269,7 7,4 1426,1 1,096 8,057 8,057 Totale 1840 15,136 19,203
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità III II_III
Giudizio Mediocre Buono-mediocre
IBE
Valore: 7 Classe di qualità III
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 109
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Cornia
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 110
FIUME FINE
La stazione di campionamento è ubicata nei pressi del Lago di Santa Luce e vi si accede tramite
una piccola carrareccia che dal Podere Condovino giunge al Podere Pian de’ Peri. Il Fiume Fine
attraversa numerosi coltivi in un’area pianeggiante. Ha una profondità media di circa 25 cm.
L’ambiente è fortemente antropizzato e in alcuni punti l’alveo presenta smottamenti, poiché le rive,
nude o con sottile strato erboso, vengono continuamente erose dai fenomeni di piena improvvisi.
Figura 28. Fiume Fine, Santa Luce
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 111
Corso d'acqua Fiume Fine ID Stazione S09 Località Santa Luce Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 52 Superficie campionata (m 2) 124
Data 13/04/2007 Bacino idrico Fine
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
16,9 1207 7,76 9,34
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (cm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Alborella 20 85,8 6,6 132 0,163 1,064 1,078
Cobite comune 1 85,0 4,0 4 0,008 0,032 0,032 Totale 136 1,096 1,11
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità IV IV
Giudizio: Scadente Scadente
IBE ND
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 112
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Fine
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 113
TORRENTE MARMOLAIO
L’area di campionamento è localizzata in località Pomaia, nei pressi del “Ponte Marmolaio”. Il
transetto presenta caratteristiche idromorfologiche omogenee, alternando tratti con raschi a zone
con piccole pozze e cascatelle. La profondità media è nell’ordine delle decine di centimetri e la
larghezza media dell’alveo bagnato è di circa 2,60 m. Il substrato dominante è costituito da massi
e sassi, con minori percentuali di elementi di granulometria inferiore. Il tratto indagato presenta
elevata naturalità e i rifugi per l’ittiofauna costituiscono circa il 60% della superficie del substrato.
Figura 29. Torrente Marmolaio, Pomaia
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 114
Bacino idrografico Fiume Fine ID Stazione S16 Località Pomaia Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 162 Superficie campionata (m 2) 404
Data 04/06/2008 Bacino idrico Fine
Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto
°C µS/cm
pH
mg/l
- - - -
Specie ittica N° totale individui catturati
Lunghezza media (mm)
Peso medio (g)
Peso totale (g)
Densità (ind./m²)
Biomassa osservata
(g/m²)
Biomassa stimata (g/m²)
Anguilla 9 324,4 71,6 644 0,022 1,594059 1,594
Barbo tiberino 28 145,9 43,6 1220 0,075 3,019802 3,262
Vairone 49 97,6 13,5 660 0,136 1,633663 1,826
Totale 2524 6,247 6,68
IFF Sponda Sinistra Sponda Destra
Livello di funzionalità I I
Giudizio: Elevato Elevato
IBE
Valore: 9-10 Classe di qualità I-II
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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i
Prima Bozza 115
Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Marmolaio
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 116
4. Le specie ittiche della Provincia di Pisa
CLASSE, ORDINE, Famiglia, Genere e Specie O
PETROMYZONTIDA
PETROMYZONTIFORMES
Petromyzontidae
Petromyzon marinus Linnaeus, 1758 A
ACTINOTPERYGII
ANGUILLIFORMES
Anguillidae
Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758) A
CLUPEIFORMES
Clupeidae
Alosa fallax (Lacépède, 1803) A
Engraulidae
Engraulis encrasicolus (Linnaeus, 1758) A
CYPRINIFORMES
Cyprinidae
Alburnus alburnus (Linnaeus, 1758) T
Abramis brama (Linnaeus, 1758) E
Barbus barbus (Linnaeus, 1758 ) E
Barbus caninus Bonaparte, 1839 T
Barbus plebejus Bonaparte, 1839 T
Barbus tyberinus Bonaparte, 1839 A
Blicca bjoerkna (Linnaeus, 1758) E
Carassius auratus (Linnaeus, 1758) E
Carassius carassius (Linnaeus, 1758) E
Chondrostoma genei (Bonaparte, 1839) A
Chondrostoma soetta Bonaparte, 1840 A
Cyprinus carpio Linnaeus, 1758 T
Gobio gobio (Linnaeus, 1758) A
Squalius cephalus (Linnaeus, 1758) A
Squalius lucumonis Bianco, 1983 A
Pachychilon pictum (Heckel & Kner, 1858) E
Pseudorasbora parva (Temminck & Schlegel, 1846) E
Rhodeus sericeus (Pallas, 1776) E
Rutilus erythrophthalmus Zerunian, 1982 T
Rutilus rubilio (Bonaparte, 1837) A
Rutilus rutilus (Linnaeus, 1758) E
Scardinius erythrophthalmus (Linnaeus, 1758) A
Telestes muticellus (Bonaparte, 1837) A
Cobitidae
Cobitis taenia Linnaeus, 1758 T
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 117
SILURIFORMES
Siluridae
Silurus glanis Linnaeus, 1758 E
Ictaluridae
Ictalurus punctatus (Rafinesque, 1818) E
ESOCIFORMES
Esocidae
Esox lucius Linnaeus, 1758 A
SALMONIFORMES
Salmonidae
Salmo trutta Linnaeus, 1758 A
Salmo (trutta) macrostigma (Duméril, 1858) A
MUGILIFORMES
Mugilidae
Mugil cephalus Linnaeus, 1758 A
Liza ramada (Risso, 1827) A
ATHERINIFORMES
Atherinidae
Atherina boyeri Risso, 1810 A
PERCIFORMES
Centrarchidae
Lepomis gibbosus (Linnaeus, 1758) E
Micropterus salmoides Lacépède, 1802 E
Gobiidae
Padogobius bonelli (Bonaparte, 1846) T
Padogobius nigricans (Canestrini, 1867) A
Knipowitschia panizzae (Verga, 1841) T
Moronidae
Dicentrarchus labrax (Linnaeus, 1758) A
Percidae
Sander lucioperca (Linnaeus, 1758) E
Perca fluviatilis Linnaeus, 1758 A
CYPRINODONTIFORMES
Poeciliidae
Gambusia holbrooki Girard, 1859 E
Legenda: O – origine; A – specie autoctona; T – sp. transfau nata; E – sp. esotica
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 118
Classe PETROMYZONTIDA
Ordine PETROMYZONTIFORMES
Famiglia Petromyzontidae
Lampreda di mare
Petromyzon marinus Linnaeus, 1758
La specie è distribuita in tutta Europa sia nell’area mediterranea sia in quella atlantica.
La lampreda di mare è una specie migratrice anadroma in grado quindi di tollerare ampie
escursioni del livello di salinità. Di taglia medio grande, raggiunge normalmente i 90 cm ed
eccezionalmente i 120 cm e 2 kg di peso. Ha un corpo anguilliforme di colore marrone marezzato
di giallo, con due evidenti pinne dorsali e una corta pinna caudale. La caratteristica principale degli
adulti di questi animali è la bocca circolare, o disco suttorio, munita di numerosi e robusti denti
cornei disposti in file e con una piastra dentaria sopraorale stretta che permette di distinguerla
dall’altro genere di lampreda presente in Italia, Lampetra, esclusivo delle acque dolci. Nei giovani,
denominati ammoceti, la bocca invece ha una conformazione a ferro di cavallo e l’aspetto generale
dell’animale è piuttosto diverso dagli adulti della specie: infatti essi metamorfosano quando
raggiungono i 13-20 cm dopo aver trascorso in mare gran parte della loro esistenza, cibandosi di
microrganismi filtrati dal fango.
Durante il corso della vita questa specie cambia ambiente a seconda delle sue esigenze trofiche e
riproduttive: appena nate, le piccole lamprede rimangono nelle acque dolci fino all’inizio
dell’inverno, quando migrano verso il mare e dove restano per 4-5 anni prima di metamorfosare.
Durante la loro vita in mare, questa specie diventa parassita di altri pesci o mammiferi acquatici,
attaccandosi al loro corpo e succhiandone i liquidi corporei. Gli adulti in riproduzione risalgono i
fiumi e maschi e femmine insieme preparano una sorta di fossa poco profonda che funge da nido
attaccandosi entrambi con la bocca a un sasso ed emettendo in contemporanea i gameti
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 119
nell’acqua. Solo nel perido riproduttivo è evidente il dimorfismo sessuale: il maschio presenta una
cresta adiposa sul dorso e la femmina una pinna anale. Gli adulti muoiono dopo la deposizione.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 120
Figura . Distribuzione e densità della Lampreda di mare
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 121
Classe ACTINOTPERYGII
Ordine ANGUILLIFORMES
Famiglia Anguillidae
Anguilla
Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758)
Di taglia media, questa specie è l'unico rappresentante per le nostre acque della famiglia degli
Anguillidae. La lunghezza massima raggiunta dalle femmine è di circa 1 m per un peso di 2 kg,
mentre i maschi non superano i 50 cm e i 200 g.
Il corpo è serpentiforme, cilindrico e appiattito in senso laterale nella porzione caudale. Il capo è
appuntito e gli occhi sono piccoli ma ben evidenti. Le pinne dorsale e anale sono lunghe e
confluiscono nella caudale, così come ben sviluppate risultano le pettorali, mentre le ventrali sono
assenti. Il corpo è cosparso di piccole scaglie irregolarmente disposte e infossate nel derma.
E' una specie migratrice catadroma, in quanto la fase riproduttiva si svolge in acque marine e
trascorre la fase di accrescimento in acque dolci e salmastre.
L’unica area di riproduzione accertata per questa specie è situata nel Mar dei Sargassi, adiacente
a quella dell'Anguilla rostrata, l'anguilla americana. Per arrivare in queste zone le anguille adulte
dell'area mediterranea discendono i fiumi e compiono una lunga migrazione verso i mari tropicali
attraversando lo Stretto di Gibilterra. Il colore degli individui in questa fase vitale è scuro sul dorso
e argenteo sul ventre che da loro il nome di "anguille argentine".
I piccoli nati nel Mar dei Sargassi prendono il nome di "leptocefali", dato che il corpo è a forma di
foglia di salice, depigmentato e con la testa molto piccola. Questa prima fase marina dura 3-4 anni
e il movimento dei piccoli verso le coste europee è dovuto in gran parte al trasportato passivo da
parte delle correnti. Gli individui possono raggiungere gli 8 cm di lunghezza. Presso la costa
atlantica europea e in seguito nel Mar Mediterraneo il leptocefalo subisce una metamorfosi
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 122
divenendo "cieca". Il corpo, ancora depigmentato, assume una forma quasi cilindrica: vi è una
riduzione in altezza e in lunghezza e l’apice della testa si fa più appuntito.
In questo stadio si appresta a risalire i fiumi, affluendo in quantità maggiori nei corsi d'acqua che
sfociano nel Mar Tirreno rispetto a quelli che si versano nel Mar Adriatico. Nel periodo che va da
ottobre a febbraio la cieca inizia a pigmentarsi assumendo la tipica colorazione del "ragano", con il
dorso scuro e il ventre giallastro. Durante questi stadi le modificazioni non sono solo morfologiche
ma anche fisiologiche, per consentire l'adattamento all'ambiente di acqua dolce.
L'anguilla è distribuita in tutte le acque dolci e si adatta a vivere nei vari tipi di ambienti, dalle zone
salmastre ai torrenti montani.
Il picco di attività di caccia e di movimento coincide con le ore serali e notturne, mentre durante il
giorno e d'inverno tende a ripararsi in anfratti tra i sassi oppure scava attivamente un rifugio nel
fango.
L'alimentazione è carnivora e varia: leptocefali e cieche sono bentofaghe e si nutrono di piccoli
invertebrati; le anguille già metamorfosate e di dimensioni fino a 35 cm circa mantengono questo
tipo di alimentazione, mentre quelle più grandi aggiungono alla loro dieta anche animali non
strettamente legati al substrato, tra cui pesci e crostacei.
L'accrescimento è variabile in funzione dei regimi termici e della disponibilità alimentare. Le
anguille "a testa larga" raggiungono dimensioni maggiori rispetto a quelle con morfologia normale,
anche se non si tratta di un carattere genetico, ma di un adattamento alle condizioni locali.
Per arrivare allo stadio di anguilla argentina, in cui l’animale si avvia verso la maturità sessuale e
inizia la migrazione verso l’area di riproduzione, i maschi impiegano circa 4-10 anni dalla fase di
cieca, mentre le femmine 4-14 anni.
L'anguilla è una delle specie di maggior valore e interesse commerciale per la pesca in Italia,
soprattutto per quella professionale. Molto avanzato è anche lo sfruttamento industriale basato
sull'allevamento estensivo e intensivo operato a partire dai ragani e sempre più spesso dalle
cieche, vista la progressiva difficoltà di reperimento dei giovani pigmentati.
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Prima Bozza 123
Figura . Distribuzione e densità dell’Anguilla
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Prima Bozza 124
Ordine CLUPEIFORMES
Famiglia Clupeidae
Alosa o cheppia
Alosa fallax (Lacépède, 1803)
L'alosa o cheppia è specie migratrice anadroma cioé che trascorre la fase riproduttiva della sua
vita in acque dolci e il resto della sua esistenza in mare. È distribuita lungo le coste di tutta Europa,
sia sul versante mediterraneo sia su quello atlantico. In Italia alcune popolazioni di questa specie
sono stanziali in acqua dolce, come ad esempio nel Lago di Garda, e vengono identificate con il
nome di Agoni.
Il corpo è alto nella parte preventrale e compresso lateralmente nella parte ventrale. La testa ha un
profilo triangolare ed è priva di scaglie. L’addome carenato presenta numerose scaglie che
conferiscono al pesce un aspetto dentellato. Il dorso è di colore blu-verde, mentre i fianchi e il
ventre sono bianco argentei e iridescenti. A differenza della congenere A. alosa, presenta anche 4-
8 macchie nere poco marcate su ciascun lato del corpo, poste posteriormente alla macchia
branchiale. Le lunghezze massime riscontrate nelle popolazioni migratrici sono per le femmine 55
cm (1,5 kg di peso) e 45-50 cm per i maschi (1 kg di peso), mentre non supera i 35-40 cm nelle
popolazioni stanziali lacustri. Il fenotipo è estremamente variabile e si possono riscontrare anche
differenze notevoli tra le diverse popolazioni. Non è evidente alcun dimorfismo sessuale.
È una specie pelagica e gregaria; vive in mare per gran parte dell'anno dove si nutre di pesci e
crostacei, sia di specie pelagiche sia bentoniche. Nel periodo tra febbraio e maggio, gruppi anche
consistenti di questi pesci entrano nei fiumi di maggiori dimensioni per risalirli e andare a riprodursi
su fondali ghiaioso-sabbiosi, dove vengono deposte le uova tra la fine della primavere e l’inizio
dell’estate. Durante la fase riproduttiva le cheppie adulte non si nutrono e quelle tra esse più
debilitate non fanno più ritorno al mare a fine estate. I gruppi in migrazione sono costituiti in gran
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 125
parte da maschi di 3-4 anni mentre le femmine sono di 4-5 anni. I piccoli si nutrono di invertebrati e
zooplancton e migrano verso il mare entro l'autunno dell'anno di nascita.
La cheppia ha sempre avuto una notevole importanza dal punto di vista della pesca professionale
e, a causa dello sfruttamento, oltre che della aumentata frammentarietà degli ambienti fluviali, le
sue popolazioni sono in contrazione.
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Prima Bozza 126
Figura . Distribuzione e densità della Cheppia
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 127
Ordine CLUPEIFORMES
Famiglia Engraulidae
Acciuga
Engraulis encrasicolus (Linnaeus, 1758)
Distribuita in tutti i mari europei, si distingue facilmente dalle aringhe e dalle alose per il capo
prominente e le lunghe mandibole.
Il corpo dell’acciuga risulta affusolato e snello; il muso è allungato e appuntito. La bocca è posta in
posizione infera. La mandibola inferiore è molto lunga, con l’angolo che oltrepassa posteriormente
l’occhio. La pinna anale e quella dorsale sono piccole rispetto alla lunghezza del corpo. La pinna
dorsale è posizionata a metà del dorso, mentre la pinna anale è posizionata leggermente più
indietro. L’acciuga presenta una banda argentea lungo i fianchi, che tende a scomparire nei
soggetti adulti. Il dorso è di colore grigio chiaro o verde-grigio e sfuma sui fianchi fino a essere
bianco sul ventre.
L’acciuga ha vita pelagica ma tende a rimanere nelle vicinanze della costa. È una specie con
spiccate caratteristiche eurialine, infatti la si può ritrovare nelle lagune costiere e alle foci dei fiumi.
Essendo gregaria tende a formare banchi consistenti che si spostano durante l’arco dell’anno,
compiendo rilevanti migrazioni trofiche. L’alimentazione di questa specie si basa prevalentemente
su organismi planctonici, e in particolare da Copepodi, Cirripedi e larve di Molluschi. Il periodo
riproduttivo è molto ampio e varia a seconda delle condizioni ambientali locali da maggio a ottobre,
con un picco massimo da luglio a settembre. Le uova sono pelagiche e hanno forma ovale.
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Prima Bozza 128
Figura . Distribuzione e densità dell’Acciuga
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Prima Bozza 129
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Alborella
Alburnus alburnus (Linnaeus, 1758)
Specie indigena dell'Italia settentrionale, l'alborella è un pesce di piccola taglia: infatti non supera
in genere i 15 cm di lunghezza. Ha corpo slanciato e bocca supera. Il colore è argenteo sui fianchi
e sul ventre e bruno-verdastro sul dorso; le pinne sono sempre tendenti al grigio a eccezione del
maschio nel periodo di frega che può presentare la base delle pinne di colore arancio. La dieta è
onnivora e comprende sia zooplancton sia insetti alati presso la superficie.
Frequenta normalmente ambienti con acque a lento flusso e la si trova facilmente in associazione
con altri ciprinidi di pianura come il triotto e la scardola, con cui può produrre ibridi, ma anche in
ambienti con acque più fresche dove vivono la lasca ed il barbo comune, oltre che sporadicamente
in ambienti salmastri. È gregaria e forma banchi anche di notevoli dimensioni specialmente nei
corsi d’acqua più grandi.
La riproduzione avviene tra maggio e luglio su bassi fondali sabbioso-ghiaiosi e le uova schiudono
dopo pochi giorni. Le femmine depongono un numero limitato di uova di colore giallo (1000-2500)
in rapporto alle dimensioni della specie.
È specie adattabile e trae vantaggio dall'aumento della presenza del plancton; è inoltre un
importante anello della catena trofica costituendo in alcuni ambienti il principale pesce "foraggio"
per predatori come il luccio e il persico trota.
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Prima Bozza 130
Figura . Distribuzione e densità dell’Alborella
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Prima Bozza 131
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Abramide
Abramis brama (Linnaeus, 1758)
E' una specie alloctona per le acque italiane, originaria dei bacini dell'Europa d'Oltralpe e dell'Asia.
Pesce di taglia media, l'abramide raggiunge normalmente i 30-40 cm ma in letteratura sono
riportate anche misure massime di 80 cm e 11,5 kg di peso.
La sagoma dell'adulto è facilmente distinguibile: il corpo è molto sviluppato in altezza e compresso
lateralmente; caratteristiche peculiari sono inoltre la pinna anale molto lunga e la pinna caudale
forcuta, a coda d'angelo. La colorazione è grigio-bruna sul dorso e grigio-argentea sui fianchi e sul
ventre, ma negli esemplari più grandi il dorso ha riflessi bronzei. La bocca è infera e con labbra
carnose.
Frequenta le acque a lento decorso, con fondo fangoso e ricche di vegetazione, colonizzando con
estrema facilità laghi di pianura e stagni. Ha comportamento gregario e a gruppi gli abramidi si
muovono sul fondo alla ricerca del cibo costituito essenzialmente da piccoli organismi bentonici
oltre che da vegetazione acquatica.
La riproduzione avviene tra maggio e giugno e le femmine depongono varie centinaia di migliaia di
piccole uova gialle sulla vegetazione sommersa. La maturità sessuale viene raggiunta a 22-24 cm.
Può produrre ibridi con altri Ciprinidi, in particolare con la Blicca.
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Prima Bozza 132
Figura . Distribuzione e densità dell’Abramide
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Prima Bozza 133
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Barbo europeo
Barbus barbus (Linnaeus, 1758)
La specie è stata segnalata in Italia, nel distretto tosco-laziale, nel 1995 ma è originaria dell’Europa
Centrale e della Gran Bretagna. Ha un corpo slanciato e può raggiungere 90 cm di lunghezza;
nell’adulto la colorazione è omogenea verde o marrone chiaro con riflessi dorati, mentre nei
giovani i fianchi possono presentare alcune macchie scure. La bocca è nettamente infera, carnosa
con labbra bianche munite di quattro barbigli sul labbro superiore. Le pinne sono di colore verde o
marrone scuro, con l’origine tendente al rosso. Si distingue dalle altre tre specie congeneri viventi
in Italia in base alla conformazione del più lungo dei raggi della prima pinna dorsale, che è
finemente seghettato.
Il Barbo europeo è tendenzialmente gregario di fondo e vive nelle acque correnti di grossi corsi
d’acqua. In primavera, entrambi i sessi compiono migrazioni controcorrente legate alla ricerca di
siti di riproduzione. Si ciba prevalentemente di notte preferendo nettamente piccoli invertebrati e
occasionalmente anche vegetali e piccoli pesci.
La maturità sessuale è raggiunta a 4-5 anni di età. La deposizione avviene tra aprile e giugno,
periodo in cui diventano evidenti i tubercoli nuziali sul capo e sul dorso dei maschi. La femmina
depone preferibilmente su fondi duri da un minimo di 3000 a circa 9000 uova di colore giallo, che
misurano 2,0-2,5 mm.
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Prima Bozza 134
Figura . Distribuzione e densità del Barbo europeo
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Prima Bozza 135
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Barbo canino
Barbus caninus Bonaparte, 1839
L’areale di distribuzione originario della specie è il distretto padano-veneto, dove le popolazione
sono in contrazione, ma risulta introdotta anche nei corsi d’acqua del versante tirrenico. È il barbo
di più piccole dimensioni tra quelli presenti in Italia, raggiungendo al massimo 20-22 cm di
lunghezza. Possiede una punteggiatura delle pinne raggruppata in linee piuttosto regolari, in senso
opposto alla lunghezza dei raggi, evidente soprattutto sulla pinna caudale. Il muso è piuttosto
carnoso e provvisto di due paia di barbigli. Il colore di fondo è variabile dal giallo al bruno-arancio e
al grigio, con grosse macchie nere irregolari sulla testa e sulla parte dorsale di tutto il corpo. A
differenza di B. plebejus e B. tyberinus, in questa specie l’ultimo raggio indiviso della pinna dorsale
non è per niente seghettato.
È una specie gregaria a limitata valenza ecologica, dato che è presente solo nei tratti medio-alti dei
fiumi e torrenti, oltre a essere sensibile alle alterazioni della qualità ambientale dei corsi d’acqua. Si
ciba sul fondo e preferisce soprattutto le larve d’invertebrati. Il Barbo canino diurno ed è attivo
soprattutto nella stagione estiva, mentre in inverno si rifugia in piccoli anfratti.
La maturità sessuale viene raggiunta a tre anni di età e non c’è alcuna evidenza di dimorfismo
sessuale. La frega avviene tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate e la femmina depone
alcune migliaia di uova, che sono deposte sul fondo e schiudono in pochi giorni. L’accrescimento
pare essere piuttosto lento.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 136
Figura . Distribuzione e densità del Barbo canino
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 137
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Barbo padano
Barbus plebejus Bonaparte, 1839
Il Barbo padano è originario del distretto padano-veneto ma è ormai presente in gran parte dei
corsi d’acqua di tutta la penisola a causa delle massicce immissioni di materiale ittico effettuate
negli ultimi decenni. Ha dimensioni medio-grandi e corpo affusolato, con bocca infera munita di 2
paia di barbigli. La lunghezza massima raggiungibile è di circa 60 cm per 4 kg di peso.
Vive nei corsi d'acqua di pianura e pedemontani caratterizzati da acque ossigenate con corrente
moderata e fondo ghiaioso-sabbioso, dove è possibile ritrovarlo soprattutto sul fondo dove caccia
attivamente gli invertebrati bentonici di cui si nutre. È gregario soprattutto nelle fasi giovanili.
All’interno del suo originario areale di diffusione è possibile trovarlo più frequentemente associato
ad altri Ciprinidi reofili ma nelle zone pedemontane può vivere insieme alla Trota marmorata e
Temolo.
La maturità sessuale è raggiunta a 2-3 anni dai maschi e a 3-4 anni dalle femmine, quando
arrivano a 25-30 cm di lunghezza. Questi Barbi si riproducono tra aprile e giugno, quando a gruppi
i barbi risalgono lungo i fiumi alla ricerca di zone idonee alla riproduzione. Qui vengono deposte le
uova tra la ghiaia e i sassi, dove resteranno fino alla schiusa (6-7 giorni). Le femmine depongono
diverse migliaia di uova, aventi un diametro di 2-3 mm.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 138
Figura . Distribuzione e densità del Barbo padano
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 139
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Barbo tiberino
Barbus tyberinus Bonaparte, 1839
L’areale di distribuzione originario di questa specie è il distretto tosco-laziale ma è stato introdotto
in Liguria e in alcuni corsi d’acqua tributari dello Ionio.
Per il barbo tiberino non esistono studi approfonditi sulle caratteristiche morfometriche e tuttavia è
possibile distinguerlo facilmente dal congenere B. plebejus per la lunghezza della pinna anale che,
come nel Barbo canino, quando è ripiegata sul corpo raggiunge quella caudale. In questa specie
l’ultimo raggio indiviso della pinna dorsale è debolmente ossificato e finemente seghettato negli
esemplari giovani, ma la seghettatura tende a scomparire completamente negli esemplari adulti.
Anche in questa specie sono stati evidenziati i due ecofenotipi “giallo” e “blu”. Le scaglie sono
relativamente grandi.
La maturità sessuale è raggiunta a 3 o 4 anni di età e la deposizione avviene all’inizio dell’estate;
in questo periodo il maschio presenta piccoli tubercoli sulla testa, gli opercoli e il dorso. Le uova
mature raggiungono un diametro di 1,4-1,6 cm.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 140
Figura . Distribuzione e densità del Barbo tiberino
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 141
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Blicca Blicca bjoerkna (Linnaeus, 1758)
Come l’Abramide è una specie alloctona per le acque italiane, essendo originaria dei bacini
dell'Europa d'Oltralpe e dell'Asia, e da essa si distingue per il corpo più snello e per l’occhio più
grande (uguale o maggiore alla lunghezza del muso), oltre che per una colorazione spiccatamente
argentea. Pesce di taglia medio-piccola, la blicca raggiunge al massimo i 35 cm ha un
accrescimento lento ed è piuttosto versatile in fatto di alimentazione, potendo nutrirsi sia sul fondo
sia sull’intera colonna d’acqua.
Frequenta le acque a lento decorso, con fondo fangoso e ricche di vegetazione, colonizzando con
estrema facilità paludi e stagni.
La riproduzione avviene tra giugno e luglio, quando le femmine depongono fino a 110.000 uova
del diametro di 1,5 mm in piccoli cumuli sulla vegetazione sommersa di acque poco profonde.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 142
Figura . Distribuzione e densità della Blicca
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 143
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Carassio dorato
Carassius auratus (Linnaeus, 1758)
Specie alloctona di origine asiatica, il carassio dorato ha avuto un ampio successo di diffusione in
Italia sia a seguito di alcune semine sconsiderate sia per la deplorevole abitudine di liberare in
natura i classici “pesciolini rossi” d’acquario. La specie è dotata di ampia valenza ecologica,
possedendo la capacità di adattarsi a condizioni ambientali varie, anche critiche, grazie alla quale
ha colonizzato moltissime aree di pianura, dove spesso la biomassa delle sue popolazioni
rappresenta una frazione importante della biomassa ittica complessiva presente. Tipicamente il
carassio dorato frequenta le acque potamali lente, con fondali sabbioso-fangosi e ricche di
vegetazione, non disdegnando comunque i tratti di corso d'acqua in prossimità delle foci, anche in
situazioni di elevati valori di salinità. L'alimentazione è di tipo onnivoro e comprende sia piante
acquatiche sia invertebrati bentonici sia detrito organico.
La riproduzione è tipicamente fitofila e avviene tra maggio e giugno. Le uova deposte dalle
femmine sono numerose ma di dimensioni ridotte (1-1,5 mm) e si schiudono nel giro di pochi
giorni.
Il dimorfismo sessuale è limitato alla presenza degli organi perliformi nei maschi durante il periodo
riproduttivo. È specie a rapido accrescimento, in relazione alle delle caratteristiche trofiche
dell'ambiente.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 144
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Carassio comune
Carassius carassius (Linnaeus, 1758)
Originariamente distribuito dall’Europa dell’Est all’Asia, è ora presente in tutta l’Europa. Il carassio
comune può raggiungere i 35 cm di lunghezza e qualche centinaio di grammi di peso ed
eccezionalmente 50 cm e 2 kg. L’aspetto generale richiama quello della carpa, ma la bocca è priva
di barbigli e il colore è normalmente argentato, anche se sono noti esemplari rossi. La pinna
dorsale ha una base ampia e il terzo raggio ha il bordo interno seghettato.
Predilige acque con poca corrente o addirittura stagnanti con abbondante vegetazione acquatica.
È particolarmente resistente agli sbalzi di temperatura, alla carenza di ossigeno e alla presenza di
sostanze inquinanti. Si nutre di invertebrati acquatici. I maschi raggiungono la maturità sessuale a
3 anni e le femmine a 4 anni. Si riproduce in primavera. La femmina depone sulla vegetazione
diverse centinaia di migliaia di uova di colore giallo-arancio, di 1,4-1,7 mm di diametro.
Il carassio comune e il carassio dorato sono specie molto affini da un punto di vista sistematico e
anche per ciò che riguarda l'aspetto morfologico esteriore le somiglianze sono notevoli, soprattutto
tra il carassio comune e le popolazioni di carassio dorato selvatiche che perdono la caratteristica
colorazione rossa per diventare bruno-argentate.
Caratteri diagnostici validi per distinguere le due specie sono: il gibbo dorsale più pronunciato nel
C. carassius, il numero di branchiospine del primo arco branchiale e il numero di scaglie della linea
laterale.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 145
Figura . Distribuzione e densità del Carassio comune
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 146
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Lasca
Chondrostoma genei (Bonaparte, 1839)
La Lasca è endemica delle regioni settentrionali e centro-orientali dell’Italia; è invece alloctona nel
distretto tosco-laziale. È di taglia medio piccola, dato che raggiunge raramente i 25 cm di
lunghezza e pesa al massimo un centinaio di grammi. Il corpo è slanciato, di colore grigio chiaro
sul dorso e bianco sul ventre. Sui fianchi è ben visibile negli individui freschi una banda più scura.
La bocca è piccola e infera, con il bordo del labbro inferiore affilato, adatto ad asportare le alghe
epilitiche che costituiscono la gran parte della dieta, insieme ai piccoli invertebrati che si trovano al
loro interno. Le pinne pettorali, ventrali e anale sono di colore giallo-arancio chiaro, che diventa
rosso durante il periodo riproduttivo, mentre la dorsale e la caudale sono marrone chiaro.
La specie vive in corsi d’acqua con corrente vivace ed è gregaria e potamodroma, ossia migra nel
periodo della riproduzione, alla ricerca di siti idonei per la deposizione dei gameti. Questi vengono
normalmente rilasciati nel periodo primaverile in piccoli affluenti. La femmina depone da 2000 a
100.000 uova di diametro medio di 1,5 mm. Solo durante il periodo riproduttivo è evidente il
dimorfismo sessuale, che è caratterizzato dalla presenza dei tubercoli nuziali sul capo e dalla
colorazione arancione delle pinne pari e dell’anale negli individui maschi.
La lasca è stata a lungo pescata a scopo alimentare e le sue popolazioni sono in contrazione
ovunque.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 147
Figura . Distribuzione e densità della Lasca
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 148
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Savetta
Chondrostoma soetta Bonaparte, 1840
Originariamente distribuito nell’Italia settentrionale, nel distretto padano-veneto, questo Ciprinide di
dimensioni medio-piccole ed è caratterizzato dall'aspetto slanciato, dal capo appuntito e dalla
bocca infera, con il labbro inferiore munito di ispessimento corneo e tagliente. La savetta
raggiunge una lunghezza massima di circa 40 cm e per un peso di circa 700 g. L’accrescimento è
piuttosto lento.
La colorazione è grigio scura sul dorso e va sfumando verso il bianco argenteo sul ventre mentre
le pinne pettorali, le ventrali e l’anale possono essere leggermente sfumate di arancio ma più
spesso sono di colore grigio chiaro.
Predilige i fiumi con acque profonde, ben ossigenate e con velocità di corrente moderata, con
fondali sabbiosi o ciottolosi. Di abitudini gregarie, la si può rinvenire in gruppi anche molto
numerosi che si muovono su fondi fangosi alla ricerca del cibo nei tratti medio-bassi dei corsi
d’acqua, nonché negli ambienti lacustri. L'alimentazione è onnivora con prevalenza della
componente vegetale.
Il periodo riproduttivo è tra aprile e giugno, quando compie migrazioni verso i tratti medio-alti dei
fiumi e nei corsi d’acqua di minori dimensioni. Le femmine depongono diverse migliaia di uova su
fondali ghiaiosi in ambiente ripario, a bassa profondità; la schiusa avviene dopo 6-7 giorni.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 149
Figura . Distribuzione e densità della Savetta
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 150
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Carpa
Cyprinus carpio Linnaeus, 1758
Specie originaria dell'Europa centrale e dell'Asia, la carpa è stata importata in Italia, in periodo
sconosciuto, a scopo alimentare. Oggi è ampiamente diffusa e acclimatata in gran parte del
territorio italiano.
La carpa, che può raggiungere grosse dimensioni, ha il corpo tozzo e la bocca in posizione
mediana con 2 paia di piccoli barbigli. Esistono di questa specie diversi fenotipi: la "carpa comune"
(o regina); la "carpa a specchi", con poche scaglie rotondeggianti; la "carpa cuoio", completamente
priva di scaglie. Tutte presentano il primo raggio delle pinne dorsale e anale dentellato. Le pinne
sono a volte intensamente aranciate, soprattutto la caudale e le pettorali.
Può a raggiungere anche i 130 cm di lunghezza e i 30 kg di peso nelle acque di bassa pianura.
L’allevamento è molto diffuso nelle risaie del Nord Italia, a volte in associazione con la tinca.
Ciprinide tipicamente fitofilo, ama le acque lente e calde delle zone planiziali dove il fondo è
fangoso e la vegetazione acquatica è abbondante, ma è anche presente in altre tipologie
ambientali, come i laghi montani, dove le popolazioni si mantengono soprattutto grazie alle
periodiche immissioni effettuate dall'uomo.
La specie è onnivora e la sua dieta comprende sia i piccoli organismi del fondo sia piccoli elementi
vegetali come bacche e granaglie. È specie gregaria, soprattutto da giovane e può ibridarsi con il
Carassio comune.
La riproduzione avviene tra fine primavera e inizio estate: i maschi presentano dei minuscoli
tubercoli nuziali sul capo e sugli opercoli; le femmine rilasciano a più riprese le uova in acque poco
profonde sulla vegetazione sommersa. Le uova possono essere numerose: da 100.000 a 200.000
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 151
per kg di peso corporeo, con un diametro 1,5 mm, e il tempo di schiusa è di pochi giorni, in
funzione delle condizioni ambientali.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 152
Figura . Distribuzione e densità della Carpa
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 153
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Gobione
Gobio gobio (Linnaeus, 1758)
Ciprinide bentonico, simile a un piccolo barbo, di origine centro-europea, ad amplissima
distribuzione, è arrivato in Toscana dal Nord Italia: ha complessivamente un aspetto affusolato,
con la testa relativamente grande e la bocca infero-mediana provvista di 2 barbigli. Può
raggiungere i 20 cm ma normalmente la lunghezza massima totale è di 15 cm.
Il colore è dorsalmente scuro, grigio-bruno con macchie nere sparse che producono linee lungo i
fianchi, e ventralmente chiaro. Macchie scure allineate sono presenti anche sulle pinne. Sono
inoltre visibili lungo i fianchi alcune grosse chiazze scure, in genere tra 5 e 10.
Il Gobione ha una buona valenza ecologica e può vivere in diversi ambienti fluviali ma frequenta
soprattutto le acque a corrente moderata e con fondali sabbiosi. È gregario, l'alimentazione è
legata al substrato ed è in prevalenza carnivora essendo costituita da piccoli invertebrati acquatici
ed eccezionalmente, da detriti e uova di pesci.
La maturità sessuale viene raggiunta al secondo o terzo anno di vita. Il dimorfismo sessuale è
evidente anche al di fuori del periodo riproduttivo, dato che le pinne pari sono più lunghe nel
maschio rispetto alla femmina. I maschi inoltre hanno una colorazione più scura e si ricoprono di
tubercoli nuziali durante la riproduzione, che avviene tra aprile e giugno; le uova, del diametro di
circa 1,5 mm, vengono deposte in poche migliaia per femmina sia sul fondo sia su piante
acquatiche, a basse profondità. Le larve schiudono in 7-8 giorni.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 154
Figura . Distribuzione e densità del Gobione
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 155
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Cavedano comune
Squalius cephalus (Linnaeus, 1758)
È una specie che presenta una grande plasticità sia bio-ecologica sia morfologica. In ambiente
favorevole può raggiungere anche grosse dimensioni (fino a 60 cm e 4 kg di peso). Gli individui di
taglia maggiore sono generalmente femmine. Il corpo è fusiforme, di colore grigio scuro sul dorso e
più chiaro sui fianchi e sul ventre. La bocca è in posizione mediana. Le pinne sono grigie e le
scaglie cicloidi e grandi.
Questo ciprinide preferisce acque correnti e limpide con fondali ghiaioso-sassosi. È comune anche
nelle acque a fondo fangoso-sabbioso dei fiumi di pianura, talvolta fin nei pressi della foce. È un
ottimo nuotatore che frequenta anche zone con discreta velocità di corrente.
È gregario negli stadi giovanili, mentre tende a essere territoriale con l'aumentare delle dimensioni
e dell'età. Lo spettro alimentare della sua dieta è ampio e comprende, oltre a vegetali e organismi
animali acquatici di piccole dimensioni, anche materiale esogeno vario (insetti alati, frutti vegetali
non acquatici) e piccoli pesci.
La maturità sessuale viene raggiunta intorno ai 2-4 anni di vita, probabilmente con un anticipo da
parte dei maschi rispetto alle femmine. Si riproduce tra maggio e giugno: le femmine depongono le
uova con 1,5-2 mm di diametro, sul substrato ghiaioso e in acque poco profonde; la schiusa
avviene in circa 7-10 giorni. Il dimorfismo sessuale è evidente solo nel periodo riproduttivo, nel
quale compaiono piccoli tubercoli nuziali sul capo dei maschi.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 156
Figura . Distribuzione e densità del Cavedano
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 157
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Cavedano etrusco
Squalius lucumonis Bianco, 1983
La specie è autoctona nel distretto tosco-laziale e non si hanno molte notizie sulla sua biologia né
sulla sua effettiva distribuzione sul territorio nazionale. La validità di questa specie è stata spesso
messa in discussione ma alcuni studi hanno fatto emergere differenze a livello biochimico che ne
convaliderebbero l’esistenza.
Si distingue dal cavedano comune per la combinazione di vari caratteri morfologici, in particolare
per la struttura più tozza del capo e per avere 7 raggi divisi nella pinna dorsale rispetto ai 7-9 del
cavedano comune, oltre che per la capacità di riprodursi a taglie nettamente inferiori.
Predilige le acque correnti e ben ossigenate, sia di piccoli torrenti sia di corsi d’acqua di medie
dimensioni. Si ciba soprattutto di piccoli invertebrati bentonici
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 158
Figura . Distribuzione e densità del Cavedano etrusco
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 159
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Leucisco d’Albania
Pachychilon pictum (Heckel & Kner, 1858)
La specie è endemica del distretto albanese, limitato a Nord dal bacino della Drina, con il lato di
Scutari e Ocrida e a sud dal Fiume Vjosa. La prima segnalazione per l’Italia è relativa al Fiume
Serchio, nel tratto pisano (1990). Negli stessi anni è stata introdotta anche in Francia, nel bacino
della Garonna; con quella italiana, queste rappresentano le uniche riguardanti la specie al di fuori
del proprio distretto di origine. Probabilmente l’introduzione è avvenuta tramite una semina di
materiale ittico al cui interno si trovavano frammisti individui di questa specie, stabulati in aree
dove la specie è endemica.
Il Leucisco d’Albania non raggiunge grosse taglie, essendo gli adulti lunghi tra i 10 e i 17 cm. I
caratteri esterni più evidenti di questa specie sono la colorazione dei fianchi, cosparsi di un numero
variabile di macchie brune di varia tonalità e disposte irregolarmente, le grandi labbra carnose,
particolarmente evidenti negli esemplari adulti, e la bocca protrusibile.
È gregario anche da adulto, e si ciba prevalentemente di piante acquatiche e di zooplancton. Vi
sono scarse notizie riguardanti la stagionalità riproduttiva di questa specie, che dovrebbe essere
tra marzo e giugno.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 160
Figura . Distribuzione e densità del Leucisco d’Albania
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 161
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Pseudorasbora
Pseudorasbora parva (Temminck & Schlegel, 1846)
La specie era diffusa in origine in un’ampia porzione dell’Asia orientale (Giappone e Cina). In Italia
è stata segnalata per la prima volta nel 1990 ed è presente in Toscana almeno dal 1992.
La pseudorasbora in genere raggiunge raramente i 10 cm di lunghezza totale. La bocca, in
posizione supera e trasversa, è protrusibile. Le scaglie hanno il margine distale di colore grigio
scuro. Nei giovani è presente una striscia nera ben definita sui fianchi che si prolunga dall’occhio
fino alla base della coda, molto meno evidente negli esemplari di maggiori dimensioni. Il dorso e la
parte superiore dei fianchi hanno riflessi azzurrognoli. Si ciba soprattutto di zooplancton e insetti
ma può facilmente mangiare anche uova di pesci e avannotti e per questo l’introduzione di questo
Ciprinide viene considerata di forte impatto per le altre specie ittiche.
Si ritrova nei corsi d’acqua con corrente da moderata a forte. Nel periodo riproduttivo il maschio
assume una livrea quasi totalmente nera e presenta tubercoli nuziali appuntiti nella zona
preorbitale, sottorbitale e lungo la bocca. Nel corso del periodo riproduttivo vengono effettuate
numerose deposizioni. I nidi vengono in genere posizionati sotto le pietre e ripuliti fino alla
deposizione dai maschi, che poi però lasciano le uova incustodite. La riproduzione avviene dal
tardo inverno a inizio estate a seconda delle condizioni locali.
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Prima Bozza 162
Figura . Distribuzione e densità della Pseudorasbora
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Prima Bozza 163
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Rodeo amaro
Rhodeus sericeus (Pallas, 1776)
Il rodeo amaro è specie alloctona per le acque italiane; originario dell'area orientale asiatica, è ora
diffuso in vasti territori nell'Europa centrale. Importato come specie ornamentale, in Italia è
comparso per la prima volta nelle acque veronesi all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso e
si è rapidamente diffusa in tutta la bassa pianura padana e da lì nell’intera penisola, compreso il
versante tirrenico. Le prime segnalazioni per la Toscana sono da riferirsi ai primi anni Duemila.
Ciprinide di piccola taglia, raggiunge al massimo i 7-8 cm, ha la bocca terminale e il dorso del
corpo leggermente gibboso. Il colore è grigio-verde sul dorso e sfuma verso il bianco-rosato
ventralmente; sul peduncolo caudale è presente una banda scura bluastra e i fianchi divengono
iridescenti con riflessi rosati nel maschio in frega. Le scaglie, relativamente grandi, formano un
disegno a rete; la linea laterale interessa solo le prime 5-6 scaglie della porzione anteriore del
corpo.
La specie ha abitudini gregarie; vive in canali o fiumi a corrente bassa, fondo fangoso e
abbondante vegetazione acquatica. L'alimentazione è di tipo carnivoro e si basa soprattutto su
piccoli invertebrati.
Appare ormai chiaro dalla letteratura più recente che uno dei fattori discriminanti per la sua
riproduzione sia la presenza del mollusco bivalve del genere Unio o Sinanodonta all'interno del
quale vengono deposte a incubare le uova.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 164
La riproduzione avviene in primavera; in questo periodo il maschio assume una brillante
colorazione, con il dorso azzurro e il ventre rosso, mentre nelle femmine i colori si presentano
meno vivaci. Le femmine sono facilmente riconoscibili per il lungo ovopositore attraverso il quale le
uova vengono inserite nella cavità palleale del mollusco: il maschio emette lo sperma nei pressi del
sifone inalante del bivalve, il quale lo fa penetrare fino alle uova, che vengono così fecondate. I
piccoli lasciano il loro rifugio dopo l’assorbimento del sacco vitellino, uscendo dal sifone esalante
del mollusco stesso.
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Prima Bozza 165
Figura . Distribuzione e densità del Rodeo amaro
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Prima Bozza 166
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Triotto
Rutilus erythrophthalmus Zerunian, 1982
Specie di piccole dimensioni, endemica della Pianura Padana, ha il corpo fusiforme con il dorso
leggermente arcuato. La colorazione è scura dorsalmente e chiara sul ventre; lateralmente si
riscontra una fascia scura lungo tutto il corpo, più accentuata che nel congenere R. rubilio. Le
pinne sono sempre grigie. L'occhio è relativamente grande (25-35% della lunghezza del capo) e di
colore rosso più o meno intenso. La lunghezza raggiungibile dagli individui adulti è di 12-15 cm,
ma vengono segnalati casi di lunghezze superiori, fino a 20 cm.
È una specie gregaria e preferisce zone a lento corso ricche di vegetazione. Lo si ritrova in tutte le
acque di pianura spesso in associazione con altri Ciprinidi come Scardola, Alborella e Carassio.
L'alimentazione è di tipo onnivoro comprendendo vegetali (macrofite acquatiche e alghe) e animali
(larve di insetti e altri piccoli invertebrati).
Si riproduce tra aprile e giugno deponendo le piccole uova sulla vegetazione acquatica; la schiusa
avviene entro pochi giorni.
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Prima Bozza 167
Figura . Distribuzione e densità del Triotto
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Prima Bozza 168
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Rovella
Rutilus rubilio (Bonaparte, 1837)
La rovella è autoctona del versante tirrenico dell’Italia centrale e meridionale. È stata introdotta nel
distretto padano-veneto, in Calabria e in Sicilia.
Gli individui adulti raggiungono al massimo 20 cm di lunghezza e 120 g di peso. Il corpo è
slanciato, con la testa, la bocca e l’occhio relativamente piccoli. La livrea è dorata sui fianchi, con il
dorso più scuro e il ventre bianco. Lateralmente è appena evidente una striscia più scura. Le pinne
dorsale e caudale sono rosso-bruno, le altre sono rosso vivo, colorazione che diviene
particolarmente accentuata nel periodo di frega. L’occhio è giallo pallido. Sul capo dei maschi
compaiono vistosi tubercoli nuziali durante la stagione riproduttiva.
È una specie a discreta valenza ecologica e tendenzialmente gregaria che si nutre di vegetali e
piccoli invertebrati. Date le scarse capacità natatorie, tende a posizionarsi in zone dove la corrente
è più debole. Può entrare in competizione con altri Ciprinidi introdotti e in questo caso tende a
spostarsi nei tratti più alti dei corsi d’acqua. La maturità sessuale è generalmente raggiunta al
secondo o terzo anno di età e nel periodod riproduttivo i maschi tendono ad accentuare la
colorazione rossa delle pinne pettorali, pelviche e anale, oltre che a evidenziare grossi tubercoli
nuziali sul capo e sulla parte anteriore del dorso. Si riproduce in aprile-luglio, quando la
temperatura dell’acqua raggiunge 16 °C, e depone uo va di un millimetro circa di diametro sul
substrato o sulle macrofite acquatiche. Le uova si schiudono in pochi giorni.
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Prima Bozza 169
Figura . Distribuzione e densità della Rovella
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Prima Bozza 170
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Rutilo
Rutilus rutilus (Linnaeus, 1758)
È una specie alloctona proveniente dal Centro- e dal Nordeuropa, introdotta da 20-25 anni a
partire dal bacino del Fiume Po. È fitofila ed ama le acque lente ricche di piante acquatiche.
Il corpo è relativamente tozzo nella parte predorsale e compresso lateralmente; la colorazione è
argentea con le pinne pari ben pigmentate di rosso, così come l’occhio. Si distingue dalla Scardola
perchè presenta l’origine della pinna dorsale circa al di sopra dell’origine delle pinne ventrali.
Questa specie è onnivora e si ciba per lo più di piccoli invertebrati acquatici o di detrito vegetale,
con gli adulti che prediligono la dieta vegetariana. È una specie gregaria e può raggiungere
lunghezze fino ai 50 cm di lunghezza per 1,8-2 kg di peso.
La riproduzione avviene tra aprile e giugno e le uova vengono attaccate alla vegetazione acquatica
o a rami sommersi, da cui schiudono larve demersali.
L’accrescimento è abbastanza rapido nelle nostre acque e in molti casi, dopo il suo arrivo, si
assiste ad un’esplosione demografica delle sue popolazioni, a volte con la riduzione di altre specie
fitofile che abitano le stesse acque. È una specie apprezzata dai pescatori sportivi, ma di nessun
valore alimentare.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 171
Figura . Distribuzione e densità del Rutilo
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 172
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Scardola
Scardinius erythrophthalmus (Linnaeus, 1758)
La specie ha un’ampia distribuzione, essendo originaria di tutta l’Europa centro-meridionale.
La Scardola ha un corpo tozzo, la bocca mediana rivolta verso l'alto e l'occhio piuttosto grande,
dorato con una macchia rossa nella metà superiore. Per le nostre acque le dimensioni
normalmente raggiunte sono di 35-40 cm con pesi al di sotto del chilogrammo, ma sono segnalati
anche esemplari di 45 cm di lunghezza e 2 kg di peso. Nei giovani le pinne sono spesso di colore
rosso, talvolta rosso vivo, colorazione che viene persa nell'adulto, nel quale le pinne sono
grigiastre .
È specie gregaria e frequenta i corsi d’acqua con corrente debole o i laghi, con fondo fangoso e
ricchi di vegetazione acquatica. L'alimentazione è onnivora e comprende sia vegetali sia organismi
animali. È specie resistente a carenze di ossigeno e all'eutrofizzazione delle acque, situazione da
cui spesso trae vantaggio rispetto alle altre specie ittiche.
Si riproduce tra aprile e giugno e le uova, di piccole dimensioni (circa 1 mm), sono deposte tra la
vegetazione acquatica presso le rive e sul fondo. Le larve nascono dopo pochi giorni e rimangono
tra la vegetazione fino al riassorbimento del sacco vitellino. I piccoli formano sciami misti con altri
Ciprinidi fitofili come il Triotto e l'Alborella. Il dimorfismo sessuale è evidenziato unicamente dalla
presenza dei tubercoli nuziali nel maschio durante il periodo riproduttivo.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 173
Figura . Distribuzione e densità della Scardola
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 174
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cyprinidae
Vairone
Telestes muticellus (Bonaparte, 1837)
Può raggiungere al massimo 18-20 cm di lunghezza e pesare fino a 100 g. La parte dorsale, di
colore marrone-grigio, è nettamente più scura della ventrale. Sui fianchi presenta una banda scura,
che nel periodo riproduttivo è più marcata nei maschi, con riflessi violacei. La pinna dorsale e
quella caudale sono di colore grigio chiaro, le pettorali, le pelviche e l’anale sono invece giallo-
arancio. Le scaglie, dalla superficie irregolare, hanno riflessi madreperlacei. La bocca è piccola e
terminale. Il peritoneo è nero.
È una specie esigente a riguardo della qualità ambientale ed è tipica di ambienti pedemontani, con
acque correnti e fresche e fondi sassosi o ghiaiosi. È gregaria e ad accrescimento lento. La dieta è
costituita prevalentemente da macroinvertebrati acquatici, da vegetali e occasionalmente anche da
insetti alati.
La maturità sessuale è raggiunta al secondo o terzo anno di età e il periodo riproduttivo si estende
da fine primavera all’estate, a seconda delle condizioni termiche; le femmine, estremamente
feconde, possono deporre anche migliaia di piccole uova in relazione alla taglia, direttamente sul
fondo. Queste schiudono dopo 5-10 giorni. Nel periodo riproduttivo i maschi presentano minuti
tubercoli nuziali nella parte anteriore del corpo.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 175
Figura . Distribuzione e densità del Vairone
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 176
Ordine CYPRINIFORMES
Famiglia Cobitidae
Cobite comune
Cobitis taenia Linnaeus, 1758
L’autoctonia del Cobite comune nel distretto tosco-laziale è stata molto discussa.
È una specie di piccole dimensioni, con il corpo longilineo, compresso lateralmente, e può
raggiungere 12 cm di lunghezza, valore che raramente supera. Gli individui femminili raggiungono
taglie maggiori.La bocca è decisamente infera e dotata di 3 paia di piccoli barbigli. Esiste uno
spiccato dimorfismo sessuale: negli individui maschili è presente la "paletta del Canestrini", una
struttura ossea laminare alla base delle pinne pettorali; le pinne pettorali sono lunghe e affusolate
nei maschi, più larghe e meno lunghe nelle femmine. In tutti gli individui esiste una spina
suborbitale bifida ed erettile. Nel cobite comune il numero di raggi della pinna caudale è 16 mentre
nel cobite mascherato è 14. Il corpo è giallastro con quattro file di macchie longitudinali sui fianchi
che possono confluire a dare delle linee continue, e due macchie scure sulla coda.
La specie ha una buona valenza ecologica; vive in gruppi popolando i fondali sia sabbiosi sia
fangosi di vari ambienti fluviali, prediligendo quelli caratterizzati da corrente moderata. Vive
infossato nel substrato, da cui emerge con la testa ma può anche risalire in superficie. Si ciba
soprattutto a carico di piccoli organismi animali e vegetali che filtra dal substrato molle, espellendo
poi la frazione minerale attraverso gli opercoli branchiali. Si riproduce da aprile a giugno e le
femmine depongono da poche centinaia a qualche migliaio di uova del diametro di un millimetro
circa. La schiusa avviene in pochi giorni.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 177
Figura . Distribuzione e densità del Cobite
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 178
Ordine SILURIFORMES
Famiglia Siluridae
Siluro d'Europa
Silurus glanis Linnaeus, 1758
Specie alloctona, originaria dell'Europa settentrionale e centrale e dell'Asia Minore, è stata
introdotta in anni recenti nelle acque del bacino del Fiume Po; le prime segnalazioni sono del
1957, mentre la specie è ritenuta diffusa e acclimatata dal 1970.
Di taglia molto grande (nel fiume Dnjepr venne catturato un esemplare di 306 kg lungo circa 5 m)
può comunemente superare i 2 m di lunghezza e 100 kg di peso. La testa è grossa e tondeggiante
e il corpo è compresso lateralmente nella parte posteriore. La bocca è grande e provvista di lunghi
barbigli. È assente la pinna adiposa, mentre l'anale è lunga e la caudale piccola e arrotondata. Le
pinne pettorali sono provviste di un robusto raggio spinoso.
Ha colore scuro sul dorso e sul capo, lateralmente presenta una marmoreggiatura a chiazze
biancastre e il ventre è chiaro. L'occhio è piccolo e giallastro.
Preferisce acque profonde e a lento corso o stagnanti. Di giorno tende a rimanere inattivo sul
fondo, mentre la notte si muove alla ricerca del cibo. Nella fase giovanile (fino a taglie di 25-30 cm)
si alimenta di invertebrati acquatici per poi diventare ittiofago a scapito soprattutto di Ciprinidi;
spesso nel suo contenuto stomacale si rinvengono anche Anfibi, piccoli Mammiferi e pure Uccelli
acquatici.
Nelle nostre acque si accresce piuttosto rapidamente, raggiungendo i 60-70 cm in 3 anni.
La stagione riproduttiva si estende da maggio a settembre. Ogni femmina depone molte migliaia di
uova per chilo di peso corporeo. Le uova hanno diametro di 3-4 mm e vengono deposte in un nido
scavato dal maschio in acque basse e calme. La schiusa avviene in 2-4 giorni e per tutto questo
periodo il maschio le custodisce attentamente. Il sacco vitellino viene riassorbito in circa una
settimana, dopo di che i piccoli cominciano a condurre vita autonoma.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 179
Il Siluro d'Europa è specie particolarmente resistente e, allo stato attuale, da considerare invasiva,
dal momento che in alcuni corsi d'acqua della Pianura Padana le sue popolazioni costituiscono
una parte cospicua della biomassa ittica totale.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 180
Figura . Distribuzione e densità del Siluro
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 181
Ordine SILURIFORMES
Famiglia ICTALURIAE
Pesce gatto punteggiato
Ictalurus punctatus (Rafinesque, 1818)
Il pesce gatto punteggiato si distingue dal pesce gatto comune per la forma della pinna caudale,
che presenta il margine posteriore nettamente forcuto. Possiede quattro paia di barbigli, piuttosto
scuri negli adulti. Nei giovani sono presenti delle piccole macchie scure sui fianchi, che tendono a
regredire negli adulti. È un buon nuotatore e nei fiumi frequenta le zone a corrente moderata; è
attivo sia di notte sia di giorno e gli adulti sono spiccatamente ittiofagi.
La biologia riproduttiva è molto simile a quella di Ameiurus melas e anche I. punctatus effettua le
cure parentali. L'accrescimento è lento e tuttavia, trattandosi di una specie piuttosto longeva,
alcuni individui possono superare 90 cm di lunghezza e 5 kg di peso.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 182
Figura . Distribuzione e densità del Pesce gatto punteggiato
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 183
Ordine ESOCIFORMES
Famiglia Esocidae
Luccio
Esox lucius Linnaeus, 1758
Il luccio è presente nelle acque interne di tutta Europa e in alcuni casi si spinge anche in mare,
laddove la concentrazione salina è bassa. Il corpo è fusiforme e allungato, con la testa
proporzionata e dotata di una grande bocca dalla mandibola prominente. L’unica pinna dorsale è
piuttosto arretrata, all'altezza dell'anale. Le pinne pari sono inserite ventralmente. Il colore del
dorso è verde scuro, piuttosto variabile a seconda degli ambienti, mentre il ventre è bianco o giallo.
Le dimensioni tendono a essere maggiori nelle femmine che nei maschi (120 cm contro 100 cm di
media rispettivamente).
Il luccio predilige i grossi corpi idrici a velocità moderata e i bacini lacustri, ma lo si ritrova anche in
piccoli corsi d'acqua e risorgive, aree normalmente utilizzate nel periodo riproduttivo.
L'alimentazione si basa su invertebrati acquatici negli stadi giovanili ma già a pochi centimetri di
lunghezza la dieta tende a spostarsi su piccoli pesci e il cannibalismo è tutt’altro che infrequente.
Gli adulti sono prevalentemente ittiofaghi, ma possono cibarsi anche di piccoli uccelli acquatici e di
Anfibi.
La maturità sessuale viene raggiunta tra il secondo e il quarto anno d'età, prima nei maschi che
nelle femmine. La riproduzione cade tra il tardo inverno e l’inizio della primavera: le uova adesive,
e gialle (almeno 500.000), di 2-3 mm di diametro, vengono deposte sulla vegetazione del fondo.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 184
Figura . Distribuzione e densità del Luccio
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 185
Ordine SALMONIFORMES
Famiglia Salmonidae
Trota fario
Salmo trutta Linnaeus, 1758
La trota fario è una specie di enorme importanza per la pesca sportiva e per questo è stata
introdotta ovunque nei corsi d’acqua a carattere torrentizio, oltre che in laghi di montagna:
necessita infatti di acque correnti, limpide e bene ossigenate, con fondali ghiaiosi e sassosi. La
specie è di medie dimensioni, potendo raggiungere e talvolta superare i 50 cm di lunghezza.
Il corpo è simile a quello di un salmone ma più slanciato, con bocca terminale dotata di numerosi
piccoli denti. La colorazione è scura sul dorso e diventa più chiara e argentata sui fianchi e bianca
o giallastra sul ventre, ma la variabilità fenotipica è molto marcata ed è stata oggetto di vari studi
fin dall’Ottocento, che hanno portato a un fiorire di specie, sottospecie e semispecie. Le macchie
rosse e nere, presenti in numero molto variabile sulla zona dorsale e dei fianchi, assumono spesso
una forma circolare contornata da un alone più chiaro.
La trota fario è carnivora e si ciba soprattutto di invertebrati acquatici ma gli individui di medie e
grosse dimensioni mostrano anche una predisposizione all'ittiofagia oltre alla tendenza a cibarsi di
Anfibi.
La maturità sessuale viene raggiunta nel secondo anno di vita dai maschi e nel terzo dalle
femmine, ma raramente le trote riescono a raggiungere l’età riproduttiva, essendo forte la
pressione di pesca anche sui giovani. Il periodo riproduttivo cade normalmente tra novembre e
gennaio, ma può risultare talvolta piuttosto prolungato. La deposizione avviene su fondali ghiaioso-
sabbiosi, in un avvallamento preparato dalla femmina con vigorosi movimenti della coda: le uova
vengono fecondate dal maschio e successivamente ricoperte.
L'accrescimento è notevolmente influenzato dalla temperatura dell'acqua oltre che dalle
disponibilità trofiche dell’ambiente in cui si trova. In ambienti oligotrofici la trota fario può impiegare
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 186
4 o 5 anni per raggiungere i 20 cm di lunghezza mentre nelle acque di pianura questa misura viene
mediamente raggiunta già nel secondo anno di vita.
S. trutta è considerata una superspecie, di cui Salmo (trutta) trutta rappresenta una semispecie. In
Italia sono presenti anche la Trotoa marmorata, Salmo (trutta) marmoratus, originaria degli affluenti
di sinistra del Fiume Po e dei principali corsi d’acqua che sfociano nell’Alto Adriatico, il cui habitat
ideale è rappresentato dal tratto inferiore dei torrenti montani e dei corsi dell’alta pianura con
corrente a velocità moderata, e la trota macrostigma , S. (t.) macrostigma, originaria del versante
occidentale dell’Italia oltre che della Sardegna e della Corsica, tipica dei corsi d’acqua che
possono presentare notevoli variazioni stagionali di portata oltre che temperature mediamente
superiori ai corsi del Nord Italia.
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Prima Bozza 187
Figura . Distribuzione e densità della Trota fario
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Prima Bozza 188
Figura . Distribuzione e densità della Trota macrostigma
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 189
Ordine MUGILIFORMES
Famiglia Mugilidae
Muggine o cefalo
Mugil cephalus Linnaeus, 1758
La famiglia dei Mugilidae è rappresentata nelle acque interne italiane da tre generi: Mugil, Chelon
e Liza. Il primo genere presenta una palpebra adiposa molto sviluppata e ben evidente; Chelon
presenta invece il labbro superiore grosso; Liza ha il labbro superiore sottile e la palpebra adiposa
non è sviluppata.
Nelle acque interne della Provincia di Pisa sono state rinvenute solo specie appartenenti ai generi
Mugil e Liza.
Il Muggine ha un corpo allungato, fusiforme, ricoperto da scaglie di tipo ctenoidie e molto grandi. Il
capo è appiattito e con una bocca piccola, che raggiunge appena l’occhio. La taglia è medio-
grande, con una lunghezza massima di circa 70 cm e un peso che può superare i 5 kg.
È un pesce gregario, di acque non troppo profonde, estremamente resistente e in grado di
adattarsi anche ad acque inquinate e con basse concentrazioni di ossigeno disciolto. La specie
predilige acqua calme e luoghi con fondale molle, ricchi di vegetazione. La dieta di questi pesci
cambia in relazione alla taglia: gli avannotti si nutrono soprattutto di zooplancton, mentre alla
lunghezza di circa 35 mm la dieta è composta prevalentemente di microalghe e detrito vegetale.
Successivamente si nutrono soprattutto di alghe, di detrito organico, di piccoli invertebrati e, nel
caso dei cefali più grossi, anche di qualche piccolo pesce. Tollerano bene l’acqua dolce, per cui
risalgono i fiumi anche per diversi chilometri.
Gli stadi giovanili tendono a effettuare una migrazione trofica in piena estate, assembrandosi nelle
foci o nelle lagune. La maturità sessuale avviene intorno al secondo o terzo anno di età e non vi è
alcun dimorfismo sessuale. La riproduzione ha luogo in mare, nelle acque poco profonde delle
zone costiere e nel versante tirrenico si prolunga per vari mesi nel periodo estivo. Durante il
corteggiamento, la femmina è in genere seguita da diversi maschi e produce varie centinaia di
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 190
migliaia di uova per ogni chilogrammo di peso. Le uova sono pelagiche e di forma sferica e munite
di gocciolina oleosa che ne permette il galleggiamento.
Tutti i Mugilidae sono stati e sono tutt’ora pesci oggetto di largo consumo alimentare, ma questa
specie è considerata la più pregiata per la bontà delle carni.
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Prima Bozza 191
Figura . Distribuzione e densità del Muggine o Cefalo
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 192
Ordine MUGILIFORMES
Famiglia Mugilidae
Muggine calamita
Liza ramada (Risso, 1827)
Il Muggine calamita ha una crescita lenta e al terzo-quarto anno di età arriva a 400 g di peso e
molto raramente raggiunge 60 cm di lunghezza. Si riconosce facilmente dall’altra specie
congenere per la presenza di piccole scaglie tra le narici e di una macchia pettorale scura, mentre
la macchia dorata sull’opercolo è pochissimo evidente. Le pinne pettorali, piegate in avanti,
arrivano appena oltre il margine posteriore dell'occhio e sono provviste di processo ascellare.
Come le altre specie di Muggini, si tratta di pesci eurialini con ampia valenza ecologica e in grado
di tollerare forti escursioni termiche. Si può trovarli anche in laghi, dove vengono a volte introdotti.
Di abitudini gregarie, li si ritrova spesso in gruppi assai numerosi in zone a fondale molle e con
molta vegetazione e anche nelle aree lagunari, nelle zone litorali e negli estuari dei fiumi che
alcune specie rimontano per parecchi chilometri alla ricerca di cibo. Questo Muggine si nutre
generalmente di invertebrati, detrito organico e materiale vegetale, ma, come nelle altre specie
della famiglia, la dieta varia in relazione alla taglia, passando da una prevalenza di zooplancton a
una di alghe e detrito organico.
La riproduzione avviene tra settembre e dicembre in ambiente marino. La rimonta degli avannotti
nelle zone estuariali e lagunari si prolunga da settembre-ottobre a marzo-aprile. La fase di
accrescimento degli avannotti avviene soprattutto in zone lagunari e costiere. Negli avannotti
appena pescati sono evidenti riflessi color rame sui fianchi, una banda scura alla base della pinna
caudale e una zona depigmentata sul capo di forma triangolare. Maschi e femmine si possono
distinguere per la zona urogenitale, che è provvista di un solo sbocco per i maschi e di due
aperture separate per la femmina. Le piccole uova sono pelagiche e dotate di una goccia oleosa
che ne consente il galleggiamento
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 193
Figura . Distribuzione e densità del Muggine calamita
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 194
Ordine ATHERINIFORMES
Famiglia Atherinidae
Latterino o crognolo
Atherina boyeri Risso, 1810
Il latterino è presente in acque costiere europee sia dell’area mediterranea sia di quella atlantica.
In Italia è ampiamente diffuso tanto sul versante tirrenico quanto su quello adriatico, oltre che in
laghi dove vi sono popolazioni acclimatate, ed è l’unica specie indigena del genere Atherina.
La specie è piuttosto piccola, con una lunghezza totale massima nell’area mediterranea di circa 12
cm. Possiede due pinne dorsali e la colorazione varia dal beige, nella parte superiore, al bianco
argento sull’addome. La bocca è supera e con labbra evidenti.
Si tratta di una specie anfidroma e ad ampia valenza ecologica, potendo tollerare forti escursioni di
salinità oltre che di temperatura e si adatta quindi a vivere anche in ambienti estuariali e in lagune.
In acque interne è possibile rinvenirne la presenza in corpi idrici con corrente debole e ricchi di
vegetazione acquatica. È un pesce gregario e carnivora che si ciba soprattutto di piccoli crostacei,
molluschi e larve di pesci.
Raggiunge la maturità sessuale intorno a 6 cm (un anno di età) e ha un tasso di mortalità piuttosto
elevato, che non gli permette di superare i 5 anni di età. Non c’è dimorfismo sessuale ma i maschi
sono mediamente più piccoli delle femmine. Quest’ultime depongono alcune migliaia di uova in un
arco di tempo lungo qualche mese, tra la fine della primavera e l’estate inoltrata, direttamente sul
fondo e non le sorvegliano.
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Prima Bozza 195
Figura . Distribuzione e densità del Latterino o Crognolo
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 196
Ordine PERCIFORMES
Famiglia Centrarchidae
Persico sole
Lepomis gibbosus (Linnaeus, 1758)
È una specie alloctona, originaria del Nord-America, introdotta in Italia nel 1900 e precisamente nel
Lago di Comabbio, ora in provincia di Varese. Dal suo insediamento nelle nostre acque, ha
velocemente colonizzato gran parte della penisola adattandosi in breve tempo a vari ambienti
(laghi, fiumi, stagni) con acque a lento decorso e ricche di vegetazione.
Il persico sole ha il corpo di forma ovale, alto e compresso lateralmente. La colorazione è vivace
con numerose macchie giallo-aranciate e variegature azzurre sui lati; è ben visibile una grossa
macchia scura sulla parte posteriore dell'opercolo; il ventre e le pinne ventrali e anale sono giallo-
aranciate. Raggiunge di norma la lunghezza totale di 20 cm, ma vengono riportate anche catture di
individui di maggiori dimensioni.
In genere i persici sole stazionano lungo le sponde, dove i maschi, tra maggio e agosto,
costruiscono il nido: questo di solito è un piccolo avvallamento del fondo che il pesce continua a
mantenere pulito. Dopo alcuni complessi rituali di accoppiamento le femmine vi depongono le
uova. Il maschio effettua le cure parentali ricambiando continuamente l'acqua nel nido con il tipico
battito delle pinne pettorali ("fanning") e difendendo il territorio da qualsiasi intruso.
In questa specie si sono evolute diverse strategie riproduttive per i maschi, ma solo un maschio
"parentale" costruisce il nido, corteggia la femmina ed effettua le cure parentali, mentre altri maschi
fecondano le uova emesse dalla femmina corteggiata dal maschio "parentale".
L'alimentazione è carnivora e la dieta è costituita prevalentemente da invertebrati ma anche da
piccoli pesci e uova di altre specie.
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Prima Bozza 197
Figura . Distribuzione e densità del Persico sole
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Prima Bozza 198
Ordine PERCIFORMI
Famiglia Centrarchidae
Persico trota
Micropterus salmoides Lacépède, 1802
Specie alloctona, il Persico trota invece proviene dal Nord d’America e nel 1897 fu introdotto in Nord
Italia, in località sconosciuta; in seguito ha colonizzato gran parte dei corpi idrici a corso lento con
acque ricche di vegetazione di tutta Italia. La specie presenta un corpo moderatamente allungato e
robusto con la testa che occupa circa un terzo della lunghezza totale; la bocca è ampia, munita di
numerosi denti disposti su più file. Il dorso è da bronzo a grigio-verde con grosse macchie scure
laterali. L'accrescimento è veloce e il Persico trota può raggiungere dimensioni di 50-55 cm (oltre 3
kg) ma sono state riportate segnalazioni di esemplari di 83 cm di lunghezza e 10 kg di peso.
L’alimentazione è prevalentemente basata su piccoli pesci, ma può predare anche anfibi
macroinvertebrati acquatici.
La riproduzione avviene tra marzo e luglio; i maschi raggiungono la maturità sessuale già al secondo
anno di età, mentre le femmine si riproducono a partire dal terzo anno. Una femmina può compiere
più deposizioni nel corso della stagione riproduttiva. Le uova adesive, sono deposte in un nido, che
può avere anche grandi dimensioni (intorno ai 90 cm), preparato dal maschio. Più femmine possono
deporre le uova nello stesso nido e ognuna di queste può deporre fino a 30.000 uova. Il maschio
effettua cure parentali, difendendo le uova da eventuali predatori e ossigenandole mediante il
movimento delle pinne. L'accrescimento è veloce e il Persico trota può raggiungere dimensioni di 50-
55 cm (oltre 3 kg).
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Prima Bozza 199
Figura . Distribuzione e densità del Persico trota
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Prima Bozza 200
Ordine PERCIFORMES
Famiglia Gobiidae
Ghiozzo padano
Padogobius bonelli (Bonaparte, 1846)
La specie è originaria del distretto padano-veneto. L’introduzione accidentale nel Fiume Amaseno,
in provincia di Latina, è stata segnalata nel 1986 e probabilmente è dovuta alle semine di materiale
ittico a scopo alieutico effettuate nei corsi d’acqua della zona.
Gli adulti di questa piccola specie misurano al massimo 10 cm. La testa è relativamente grande
rispetto al corpo, con bocca mediana munita di grandi labbra carnose. Di colore di fondo marrone-
verde, presenta sui fianchi delle tipiche bande scure a sella. Si distingue dal congenere nigricans
per la mancanza di canali cefalici.
Il ghiozzo padano è una specie con buona valenza ecologica, purché l’ambiente acquatico si
presenti limpido e ben ossigenato. Si trova infatti in corsi con acque correnti e poco profonde, con
fondo a ciottoli, nei tratti medio-alti di piccoli e grandi fiumi. Il dimorfismo sessuale di questa specie
è principalmente a livello delle dimensioni e della forma della papilla genitale, che è conica nei
maschi e biloba nelle femmine, oltre che una banda verde-azzurra sul margine posteriore della
prima delle due pinne dorsali.
L’alimentazione si basa principalmente su larve e pupe di Ditteri, Efemenotteri e Tricotteri e anche
di insetti adulti caduti nell’acqua. Entrambi i sessi esercitano un territorialismo individuale a
funzione trofica.
Nel corso del corteggiamento il maschio può emettere suoni per richiamare la compagna e prepara
il nido. La femmina depone le uova nella tarda primavera e le fa aderire sulla superficie inferiore di
un sasso dove vengono poi fecondate dal compagno. In genere vengono deposte alcune centinaia
di uova peduncolate e adesive, che il maschio ossigena e accudisce fino alla schiusa.
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Prima Bozza 201
Figura . Distribuzione e densità del Ghiozzo padano
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Prima Bozza 202
Ordine PERCIFORMES
Famiglia Gobiidae
Ghiozzo dell’Arno
Padogobius nigricans (Canestrini, 1867)
La specie è autoctona nel distretto ittiofaunistico tosco-laziale, dal Fiume Serchio all’Amaseno, ed
è stato introdotta anche nel distretto padano-veneto in epoca recente. Questo gobide raramente
supera i 10 cm di lunghezza totale.
Il corpo è tozzo, la testa relativamente grossa, con la bocca ampia e gli opercoli leggermente
prominenti. La pinna caudale è arrotondata così come le pinne pettorali, che sono ben sviluppate,
mentre le ventrali sono unite a formare un disco pelvico usato come ventosa per aderire al
substrato. I maschi hanno una papilla genitale conica e leggermente allungata, mentre nelle
femmine è più corta e arrotondata.
Il ghiozzo dell’Arno è un pesce bentonico, vive in acque correnti con velocità anche elevate,
prediligendo fondali ciottolosi o ghiaiosi. I giovani invece si ritrovano solo in ambiente ripariale dove
la corrente è moderata. L'alimentazione è carnivora basata su macroinvertebrati bentonici. La
specie è territoriale ma meno aggressiva del congenere P. bonelli, che tende quindi a soppiantarlo
nei corsi d’acqua del versante tirrenico dove quest’ultimo è stato accidentalmente introdotto. La
territorialità ha sia funzione trofica sia riproduttiva.
Si riproduce tra maggio e luglio, quando il maschio ripulisce o scava attivamente un nido dove più
femmine deporranno le proprie uova. L'accoppiamento è preceduto da un corteggiamento rituale
complesso che si basa su meccanismi visivi, chimici (tramite il rilascio di feromoni) e acustici.
Le uova sono di forma ovoidale e adesive; esse vengono deposte nel numero di poche centinaia e
fatte aderire dalla femmina alla volta del nido e schiudono in 2-3 settimane. Il maschio effettua le
cure parentali proteggendo dai predatori e ossigenando le uova, attraverso il ricambio d’acqua
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 203
prodotto con il movimento delle pinne pettorali (fanning),.e provvedendo alla continua pulizia del
nido.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 204
Figura . Distribuzione e densità del Ghiozzo dell’Arno
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 205
Ordine PERCIFORMES
Famiglia Gobiidae
Ghiozzetto di laguna
Knipowitschia panizzae (Verga, 1841)
L’areale originario di provenienza della specie comprende le acque dolci e salmastre della costa
nord adriatica. È stata introdotta in alcune regioni del centro e del meridione dove ha costituito
popolazioni che si autosostengono. Le prime segnalazioni della presenza della specie al di fuori
del proprio areale autoctono risalgono ad alcune decine di anni fa e fanno seguito a operazioni di
ripopolamento di specie eurialine pregiate.
La specie è di piccole dimensioni, dato che non supera normalmente 4 cm di lunghezza e pochi
grammi di peso. Si riconosce facilmente dal congenere punctatissima (anch’essa originaria
dell’area nord adriatica, ma assente in Provincia di Pisa) per la mancanza di scaglie nella prima
metà della base della seconda pinna dorsale. Sui fianchi di entrambi i sessi sono presenti quattro
strie scure ma nel maschio la prima è leggermente più corta.
Vive tipicamente in ambienti di estuario o di laguna, ma è possibile rinvenirne la presenza anche
nel medio corso dei fiumi, in acque non troppo profonde con vegetazione abbondante. La dieta è
costituita da piccoli invertebrati sia bentonici sia plantonici.
Ha una vita piuttosto breve e normalmente gli adulti di un anno circa muoiono nel corso dell’estate.
I dati relativi al periodo di riproduzione sono unicamente riferibili alla Laguna di Venezia, dove ha
luogo tra marzo e agosto.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 206
Figura . Distribuzione e densità del Ghiozzetto di laguna
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 207
Ordine PERCIFORMES
Famiglia Moronidae
Branzino o spigola
Dicentrarchus labrax (Linnaeus, 1758)
La spigola è comune nei mari di tutta l’Europa, sia sul versante mediterraneo sia su quello
atlantico, fino al Senegal.
La specie raggiunge taglie ragguardevoli: 1 m di lunghezza e 12 kg di peso (30 anni circa di età). Il
corpo è snello e slanciato, con una bocca grande e munita di denti a uncino. La mandibola è
leggermente prominente e l’opercolo presenta una macchia scura e due spine sull’angolo supero-
posteriore. Possiede due pinne dorsali ben distinte, mentre la pinna caudale è leggermente forcuta
e inserita in un peduncolo caudale spesso e alto. La colorazione del dorso è grigio verde, mentre i
fianchi sono argentei e il ventre bianco. I giovani fino a 10 cm presentano macchie nere sui fianchi.
È un pesce con ampia valenza ecologica, che si adatta facilmente alle variazioni ambientali sia
termiche sia di concentrazione salina. Può colonizzare ambienti diversi, in relazione alle varie fasi
del ciclo biologico, sia in fondali bassi degli estuari e delle lagune sia presso la costa fino a 100 m
di profondità. Normalmente gli adulti conducono vita solitaria, mentre i giovani sono gregari. La
dieta è costituita prevalentemente di pesci, crostacei e cefalopodi.
Dopo la riproduzione e lo sviluppo embrionale, i giovani branzini tendono ad accumularsi alle foci,
dove iniziano ad accrescersi. La maturità sessuale è raggiunta a taglie inferiori (32-34 cm) dai
maschi rispetto alle femmine (oltre i 42 cm) durante il periodo riproduttivo, che va da dicembre a
marzo, i branzini abbandonano le zone di foce e si spostano in mare aperto, dove si riproducono.
La riproduzione avviene sotto costa; la femmina depone diverse migliaia di uova pelagiche che
vengono trasportate via dalla corrente. Questa specie non presenta dimorfismo sessuale.
La spigola ricopre una notevole importanza da un punto di vista economico.
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 208
Figura . Distribuzione e densità della Spigola o Branzino
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 209
Ordine PERCIFORMES
Famiglia Percidae
Lucioperca o Sandra
Sander lucioperca (Linnaeus, 1758)
Il lucioperca è una specie alloctona originaria dell’Europa centro-orientale, ma è attualmente
presente sia in Paesi dell’area mediterranea sia nel Regno Unito.
La forma generale richiama quella del persico ma è più slanciata (da cui il nome “lucioperca”) con
una bocca piuttosto ampia, il cui angolo oltrepassa il margine posteriore dell’occhio, e dotata di
robusti e grossi denti. La colorazione sfuma dal verde scuro sul dorso al bianco argenteo sul
ventre e sui fianchi si possono trovare delle strie che possono essere più o meno irregolari. Le due
pinne dorsali presentano strisce o macchie nere.
Predilige le acque torbide, dove si può avvicinare più facilmente alle sue prede. Data la buona
tolleranza a variazioni di salinità, è possibile rinvenirne la presenza anche in acque salmastre. È
una specie molto territoriale, almeno per quanto riguarda gli adulti, che normalmente staziona in
prossimità dalle aree maggiormente profonde, e utilizza gli ambienti ripari solo nel periodo
riproduttivo. Al contrario i giovani di sono normalmente gregari e si spostano in banchi numerosi.
Tra i 5-10 cm variano la loro alimentazione, diventando spiccatamente ittiofagi.
Il lucioperca si riproduce in primavera, tra aprile e giugno, utilizzando fondali fangosi a basse
profondità. In questa specie le uova, anche 500.000 per femmina, sono deposte in una buca
appositamente creata che funge da nido e sono curate e protette da entrambi i genitori che le
ossigenano muovendo in continuazione le pinne. Le uova hanno un diametro di circa 6 mm e
schiudono in 3-11 giorni.
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Prima Bozza 210
Figura . Distribuzione e densità del Lucioperca o Sandra
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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca
Prima Bozza 211
Ordine PERCIFORMES
Famiglia Percidae
Persico reale
Perca fluviatilis Linnaeus, 1758
È una specie originaria dell’Europa orientale e centrale, inclusa l’Italia settentrionale.
Il Persico reale ha taglia media, potendo raggiungere la lunghezza massima di 50 cm per un peso
di oltre 3 kg. Questa specie presenta una evidente gibbosità dorsale che aumenta
proporzionalmente alle dimensioni; il capo è affusolato e la bocca terminale, è ampia e dotata di
numerosi dentelli; ha due pinne dorsali di cui la prima, più estesa, presenta posteriormente una
evidente macchia scura. Il dorso è grigio-verde scuro con strie scure verticali lungo i fianchi. Il
ventre è bianco-argenteo mentre le pinne pettorali, ventrali, anale e caudale sono gialle o rosse.
Vive nei bacini lacustri e in acque con corrente moderata, purché con elevate concentrazioni
d’ossigeno e con presenza di vegetazione acquatica, su fondali sassosi o ghiaiosi.
La dieta si compone sia di invertebrati acquatici sia di pesci; questi ultimi, con l'aumentare della
taglia, possono rappresentano la porzione più consistente del catturato.
La specie si riproduce tra marzo e giugno in relazione alle condizioni ambientali e le femmine
depongono un numero elevato di uova, normalmente diverse migliaia per individuo, che vengono
emesse in forma di "nastri", tenute insieme in una matrice gelatinosa provvista di fori che
permettono il passaggio dell'acqua e quindi l'ossigenazione. I nastri vengono deposti in acque
poco profonde sulla vegetazione acquatica. La schiusa avviene in pochi giorni e i giovani
assumono da subito un comportamento gregario, che diminuisce con l'aumentare dell'età e in
genere è nullo nei grossi esemplari, che conducono vita solitaria.
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Prima Bozza 212
Figura . Distribuzione e densità del Persico reale
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Prima Bozza 213
Ordine CYPRINODONTIFORMES
Famiglia Poeciliidae
Gambusia
Gambusia holbrooki Girard, 1859
La gambusia è una specie originaria del Messico e del Sudamerica ed è stata introdotta in acque
libere italiane nei primi decenni del Novecento allo scopo di combattere biologicamente la malaria,
di cui è vettore Anopheles, un genere di zanzara. Si nutre infatti prevalentemente di larve di insetti
acquatici, soprattutto ditteri, oltre che di altri organismi planctonici quali i crostacei e le alghe Al
presente è ampiamente distribuita nei Paesi del sud Europa.
La specie ha una taglia piuttosto piccola, essendo lunga al massimo 5 cm. Presenta un corpo
tozzo, con bocca supera e capo leggermente compresso dorso-ventralmente. La pinna caudale ha
il margine posteriore arrotondato e quella anale del maschio possiede un gonopodio che deriva
dalla modificazione dei primi raggi ed è usato per la fecondazione interna delle femmine, dato che
la specie è vivipara. Il colore è argenteo sui fianchi e bianco sul ventre, leggermente più scuro sul
dorso.
Predilige acque calme con fondo fangoso e ricche di macrofite acquatiche, dove nuota presso la
superficie. Oltre che in acque dolci, lo si può rinvenire anche in zone a moderata salinità, nelle
quali può entrare in competizione alimentare con il nono.
Il periodo riproduttivo è in estate e le femmine partoriscono a più riprese da 5 a 40 piccoli di 8-9
mm. I nati nell'anno riescono a riprodursi già nella stagione in corso. Le femmine sono
generalmente più grandi dei maschi e si riconoscono per la caratteristica macchia addominale
scura molto evidente dopo la fecondazione. Data l’elevata capacità riproduttiva, le popolazioni di
questa specie possono presentare ampie fluttuazioni numeriche e cali consistenti possono essere
determinati da eventuali sbalzi termici a cui la gambusia è particolarmente sensibile.
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Prima Bozza 214
Figura . Distribuzione e densità della Gambusia
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Car t a I t t i ca di Pi sa Concl usi oni
Prima Bozza 215
5. Conclusioni
Vocazioni ittiche
Il tema delle vocazioni ittiche è considerato di primaria importanza per la legislazione regionale
vigente. Infatti l’art. 8 della Legge Regionale del 3 gennaio 2005 n. 7 “Gestione delle risorse ittiche
e regolamentazione della pesca in acque interne” introduce il Piano Regionale per la pesca nelle
acque interne per il periodo 2007-2012, che tra i suoi obiettivi indica la necessità di suddivisione in
zone ittiche i corpi idrici utilizzando criteri ecologici. Da un punto di vista ambientale, il territorio
pisano risulta in gran parte pianeggiante, con basse colline in una piccola parte del Bacino
dell’Arno, del Cecina e del Cornia. Tuttavia anche questa zona collinare è affetta da fenomeni
siccitosi piuttosto spinti per molti mesi l’anno, che quando non portano a una totale scomparsa del
corpo idrico nella bella stagione, fanno innalzare la temperatura dell’acqua a livelli tali da rendere
piuttosto difficile la vita degli organismi acquatici. La massiccia presenza sia di zone con alta
densità abitativa sia di insediamenti industriali porta poi a un utilizzo piuttosto consistente di acqua
attinta dai corsi provinciali, fenomeno che ne aggrava lo stato già precario.
Questa premessa serve a una necessaria riconsiderazione della zona a Salmonidi che appare
molto sopravvalutata nel territorio provinciale pisano. Il Piano Ittico Regionale (2007-2012) fa
giustamente riferimento a una Zona a Salmonidi Superiore e a una Inferiore, considerando la
prima come la parte di un corso d’acqua montano dove la Trota fario è in grado di riprodursi e
quella Inferiore dove la medesima specie è in grado di sopravvivere, trovando un ambiente idoneo
sia da un punto trofico sia da quello delle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua e in particolare
della temperatura, che non può essere troppo elevata in estate. Almeno nel corso dei
campionamenti effettuati, non è stata riscontrata la chiara e inconfutabile evidenza di riproduzione
di Trota fario tale da sostenere una popolazione, anche se un progetto di studio specifico in questo
senso sarebbe opportuno, programmando le uscite nei periodi invernali e con metodi più opportuni
di cattura (data la taglia minima di questi animali che difficilmente vengono presi utilizzando
l’elettrostorditore) in modo da riscontrare l’eventuale presenza di avannotti e/o giovani di questa
specie. Vi è invece l’evidenza, data la taglia degli animali catturati, che si tratti di Trote di
immissione a scopo alieutico, quasi sempre campionate insieme a specie che indicano una
vocazione per la Zona a Ciprinidi Reofili: emblematico è il caso del Rio Magno (considerato come
“Rio Gentivola” nei reports del Piano Ittico Provinciale), Bacino del Fiume Arno, che è stato
proposto per una classificazione a Salmonidi pur presentando nel corso del campionamento,
eseguito in periodo invernale, una temperatura di oltre 11 gradi e una massiccia presenza di
Rovelle, entrambi chiari indicatori di Zona a vocazione non salmonicola (nello specifico a Ciprinidi
Reofili). Anche per gli altri bacini idrografici rimangono ferme le medesime considerazioni di
carattere ecologico: il Torrente Trossa e il Possera, che ricadono nel Bacino del Fiume Cecina,
presentano consistenti popolazioni di Ciprinidi Reofili.
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Prima Bozza 216
La predazione da parte della Trota nei confronti degli stadi giovanili di altre specie è nota ed è
provata, quindi, da un punto di vista gestionale, la conversione di una zona a vocazione ciprinicola
in una a gestione salmonicola produce effetti anche gravi sulle popolazioni di Pesci e Anfibi del
corso interessato. Inoltre l’immissione di Trote introduce fenomeni di competizione alimentare e
spaziale con i Ciprinidi di maggiori dimensioni, data la spiccata tendenza, sia dei Salmonidi in
questione sia dei Cavedani o Barbi eventualmente presenti nel tratto, di cibarsi di
macroinvertebrati, oltre che di piccoli pesci.
Ferme restando le considerazioni sopra dette, si riconosce l’opportunità di una gestione
salmonicola di tratti con dichiarata vocazione ciprinicola per venire incontro alla tradizionale pesca
alla Trota, che in alcuni pochi casi specifici quali il Torrente Zambra di Calci e i tratti a monte dei
corsi in Val di Cecina e Val di Cornia, possono avvalersi di questa peculiare forma di gestione che
non stravolge la corretta visione del Piano Ittico Regionale di Zonazione ittica conforme alla reale
Vocazione del corso d’acqua (basato su parametri biotici e abiotici) ma permette di conciliare
pesca sportiva e conservazione della fauna ittica locale. La stessa “Vocazione a Trota inferiore”,
descritta dalla Carta ittica Regionale del 1995 e ripresa nei concetti generali dall’attuale Piano Ittico
Regionale, altro non è che una zona a Ciprinidi reofili in cui la Trota può sopravvivere senza che
avvenga la riproduzione o che questa sia tale da permettere alle popolazioni di autosostenersi.
Ancora a proposito della Trota è necessario tenere in debito conto del ritrovamento delle Trote
macrostigma nel Torrente Trossa, in alta Val di Cecina: se ne fosse confermato il ritrovamento
anche attraverso analisi genetiche, il corso potrebbe costituire senza dubbio una importante zona
di protezione per questa rara specie che in questo ambiente con scarso impatto avrebbe
l’opportunità di fondare una popolazione in grado di autosostenersi. Tuttavia è anche necessario
considerare il fatto che il fenotipo delle Trote si adatta a peculiari condizioni ambientali e che il
riconoscimento di questi animali è stato effettuato appunto solo attraverso l’osservazione delle
caratteristiche fenotipiche. Inoltre, come giustamente osservato all’interno del Piano Ittico
Provinciale, la presenza di Trote macrostigma in questo torrente potrebbe semplicemente essere
dovuto all’introduzione di esemplari, con le tipiche caratteristiche morfologiche di questa specie,
del “Progetto di introduzione della Trota macrostigma in Provincia di Pisa”, commissionato dalla
Comunità Montana Val di Cecina al Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Univeristà degli Studi
di Siena. È dunque indubbio che sia necessario un approfondimento sulla reale provenienza di
esemplari di T. macrostigma in Alta Val di Cecina e sull’andamento della struttura di popolazione
nel tempo.
Criticità ambientali
Come è già stato sottolineato a proposito della distribuzione delle stazioni di campionamento, in
molti corsi d’acqua, soprattutto nella zona centrale e meridionale del territorio provinciale, in estate
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Prima Bozza 217
la portata è molto ridotta se non addirittura assente e ciò ovviamente influisce notevolmente sulla
distribuzione della fauna ittica e sulla conservazione delle popolazioni esistenti. Recenti studi
condotti da Ceddia et al. (in stampa) su un tratto a monte del Fiume Arno hanno evidenziato la
deriva del regime di portata che, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, mostra una
sensibile riduzione della disponibilità idrica e una progressiva asimmetria rispetto agli usuali
contributi stagionali. Tale effetto al suolo rispecchia gli aspetti del cambiamento climatico in termini
di distribuzione spaziale e temporale delle precipitazioni e dell’andamento delle temperature e ciò
influisce notevolmente anche sull’habitat disponibile per le specie acquatiche. Occorre quindi una
maggiore attenzione alla conservazione del deflusso minimo vitale per le specie ittiche, che deve
essere garantito incidendo maggiormente sul mantentenimento della portata minima, attraverso un
uso parsimonioso della risorsa idrica.
Un altro recente studio condotto dall’Autorità di Bacino dell’Arno e dal Dipartimento di Ingegneria
Agraria e Forestale (Università degli Studi di Firenze) ha messo in evidenza il problema della
continuità fluviale impedita dal posizionamento di briglie e manufatti trasversali di vario genere
lungo il corso del fiume o torrente, problema comune a molti corsi d’acqua, che vengono così a
essere frammentati ma, soprattutto, diventano impraticabili per molte specie che lungo il corso
della loro esistenza, sia per motivi trofici (specie potamodrome) sia per esigenze riproduttive
(specie diadrome, tanto anadrome quanto catadrome), hanno necessità di spostarsi. I casi più
conosciuti sono quelli delle specie migratrici in senso stretto, ossia quelle specie che, come la
Lampreda di mare e la Cheppia, vivono gran parte della loro esistenza in mare ma che per
riprodursi imboccano i fiumi e cercano siti idonei dove deporre i loro gameti. Il Fiume Serchio, che
ospita entrambe queste specie protette ai sensi della Legge regionale 56/2000, vede stagliarsi la
briglia di Ripafratta prima del confine con Lucca: i campionamenti fatti nell’ultimo anno, oltre che le
numerose segnalazioni dei pescatori negli ultimi anni, hanno chiaramente messo in evidenza che
questo manufatto è invalicabile per le popolazioni locali di queste due specie, che pure
necessitano, per continuare a sopravvivere, di proseguire i loro spostamenti per la ricerca di
opportuni siti riproduttivi.
Distribuzione della fauna ittica e gestione degli a lloctoni
I campionamenti di fauna ittica effettuati hanno portato alla cattura di 45 specie . Come premesso
non è stato in alcun modo tenuto conto delle segnalazioni ma solo delle specie effettivamente
rinvenute nella campagna di monitoraggio finalizzata alla redazione del Piano Ittico Provinciale e
in quella per la presente Carta Ittica.
Di queste specie, 22 (48,89 %) sono autoctone del distretto ittiofaunistico tosco-laziale a cui
appartiene il territorio della Provincia di Pisa, 8 (17,78%) sono transfaunate dal distretto
ittiofaunistico padano-veneto, e 15 (33,33%) sono esotiche ossia alloctone in quanto provenienti
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Prima Bozza 218
da aree al di fuori del territorio nazionale. In totale gli alloctoni (specie transfaunate e esotiche
insieme) sono esattamente la metà di tutte le specie rilevate nei corsi d’acqua provinciali.
Tra le specie autoctone sicuramente salta all’occhio la mancanza totale della Tinca, diffusa
ovunque in Toscana, anche se con densità molto basse, che però non sembra essere scomparsa
dai corsi d’acqua del territorio provinciale in tempi recenti, dato che pare non essere presente
nell’area anche durante i monitoraggi che precedono la preparazione del volume “Presupposti
ecologici e popolazionistici”, pubblicato nel 1988. La stessa Carpa, specie esotica considerata
diretto competitore della Tinca visto che presenta simili necessità in termini di caratteristiche
ambientali, non è molto diffusa nei corsi d’acqua analizzati e presenta densità non rilevanti.
Tra le specie autoctone che invece non sembrano soffrire, almeno a giudicare dalla loro
distribuzione e densità, di particolari problemi vi sono sicuramente il Cavedano comune e il Barbo
tiberino che appaiono presenti ovunque (a eccezione del Fiume Serchio per il B. tiberino) e
occupano ambienti con caratteristiche anche molto diverse in termini di quota, pendenza e di livello
di antropizzazione. Eventuali tentativi di ripopolamento di tali specie, molto comuni data la facilità
di reperimento del materiale da semina, sono quindi da sconsigliare. Anche in questo caso, l’ampia
distribuzione di queste due specie autoctone suggerisce una vocazione a Ciprinidi Reofili per gran
parte dei corsi d’acqua della Provincia di Pisa.
Un discorso a parte è invece necessario per le specie migratrici presenti nei corsi d’acqua del
pisano: sia la Lampreda di mare sia la Cheppia, presenti nel Fiume Serchio (entrambe inserite
nell’Allegato A della Legge Regionale 56/2000, “Habitat naturali e seminaturali e specie animali e
vegetali di interesse regionale, la cui conservazione può richiedere la designazione di SIR” e la
prima anche nell’allegato B del medesimo testo di legge, “Specie animali protette ai sensi della
presente legge”), fanno di questo breve tratto di fiume presente nel territorio il vero cuore
ittiofaunistico della Provincia di Pisa. Alle specie migratrici è giustamente dedicato un programma
di monitoraggio specifico che ha il compito di raccogliere informazioni riguardo alla loro presenza,
distribuzione ed eventuale riproduzione. Il progetto sulle specie migratrici è solo ai primi stadi e
tuttavia questa dicotomia tra i due grandi fiumi, l’Arno e il Serchio, è già piuttosto evidente. Già
dopo i primi mesi di ricerca è stato possibile appurare che la Lampreda di mare, che si pensava
fosse totalmente estinta nel territorio della Regione Toscana, vi si riproduce ancora: individui in
frega sono stati trovati alla base della briglia di Ripafratta, sul Fiume Serchio, nel mese di giugno
del 2009 e un ammocete della stessa specie è stato catturato nello stesso mese a Migliarino
Pisano, nel medesimo corso d’acqua. Per quanto riguarda il Fiume Arno sono stati fatti diversi
tentativi di campionamento per riscontrare la presenza delle specie migratrici ma al momento
questa è stata rilevata solo per l’Anguilla.
Come si evince dalla cartina di distribuzione, molto diversa è la situazione dell’Anguilla,
uniformemente distribuita sul territorio, presente in tutti i bacini idrografici, anche nei tratti più in
quota di ogni bacino idrografico e con chiara evidenza della rimonta di individui giovani per tutto il
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corso dei fiumi, vista la presenza di esemplari di piccola taglia anche nella zona più elevata di
alcune valli (Val di Cecina per esempio). Occorre ricordare che per l’Anguilla la situazione generale
a livello europeo che viene registrata è tutt’altro che rosea: la International Union for Conservation
of Nature (IUCN) considera la specie Critically Endangered e la Commissione per la pesca del
Parlamento europeo (Progetto di relazione sullo sviluppo di un piano d’azione comunitario per la
gestione degli stock di anguilla europea) considera che negli ultimi 20 anni lo stock di anguille è
diminuito del 50% (del 75% nel corso degli ultimi 40 anni), lo stock di cieche del 95% del
medesimo periodo. Alla luce di ciò, è da considerare come notevole la situazione locale e come
prioritario un piano di conservazione locale della specie, che si attui con adeguate misure di tutela
dei riproduttori (le cosidette “anguille argentine”) quali il divieto di pesca al di sopra dei 60 cm. Nel
territorio pisano si riscontra la presenza di un’altra specie tra quelle inserite sia nell’Allegato A sia
nell’Allegato B della già citata Legge Regionale 56/2000, il Ghiozzo dell’Arno (Padogobius
nigricans) endemica nel distretto tosco-laziale.
Per quanto riguarda le specie alloctone, il Piano Ittico Regionale fa chiaramente riferimento alla
necessità del loro contenimento e alla realizzazione di progetti specifici che considerino come
prioritario il fine di abbatterne la densità quando questa risulti elevata rispetto a quella delle specie
autoctone. È tuttavia necessario rilevare che, soprattutto per quanto riguarda il Fiume Arno, la
localizzazione di alcuni campi di gara deve infatti il suo successo alla presenza di elevate quantità
di specie alloctone (ad es. Calcinaia, con la massiccia presenza di Pesce gatto punteggiato) e che
al momento è più necessario un piano di monitoraggio e controllo che un piano di smaltimento,
almeno fino a quando la presenza delle specie alloctone non risulterà davvero sovradensitaria.
Importante invece evitare in modo definitivo quello che fino a oggi sembra il maggiore veicolo di
introduzione di specie alloctone, ossia le semine di pesci a scopo alieutico provenienti da aree
dislocate al di fuori del distretto ittiofaunistico di appartenenza. A questo proposito è da segnalare
la diffusione del Leucisco d’Albania, Pachychilon pictum, probabilmente introdotto proprio grazie a
semine di pesce oltre venti anni fa: la specie fu segnalata nel 1990 esclusivamente per il Fiume
Serchio, dove è stata effettivamente rinvenuta anche nel corso di questa ricerca, e la sua recente
cattura nel Fiume Arno, a Calcinaia, è probabilmente da imputare al passaggio attraverso il Canale
demaniale di Ripafratta, che collega i due bacini idrografici. La sua futura veloce diffusione in gran
parte del Fiume Arno risulta piuttosto probabile. Non si tratta di una specie che presenta un profilo
di particolare pericolosità ma quasi certamente compete per lo spazio e per l’alimentazione con
alcune specie autoctone quali la Rovella.
La situazione del Siluro invece risulta controversa: sono state effettuate poche catture e tutte a
carico di esemplari giovani, probabilmente nati lo stesso anno; nonostante le numerose
segnalazioni di pescatori (e dello stesso Piano Ittico Provinciale) e i diversi campionamenti fatti
lungo tutta l’asta pisana dell’Arno, in quest’ultimo corso d’acqua non sono mai stati ritrovati grossi
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esemplari di questa specie. Ciò è da imputare probabilmente al fatto che la densità degli animali è
ancora bassa e in questo senso un programma di monitoraggio con appropriati mezzi di cattura, di
controllo ed eventualmente di contenimento nelle prime fasi di diffusione sarebbe auspicabile, per
evitare quanto sta accadendo in corsi di altre province toscane dove la biomassa riferibile al Siluro
appare preponderante rispetto alle altre specie ittiche
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Vocazioni ittiche rilevate per il reticolo idrograf ico della Provincia di Pisa
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