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Prima Bozza I Carta Ittica della PROVINCIA DI PISA Prima Bozza Annamaria Nocita Thomas Busatto Giuseppe Maio Roberto Bonaretti SERVIZIO POLITICHE RURALI

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Prima Bozza I

Carta Ittica della

PROVINCIA DI PISA Prima Bozza

Annamaria Nocita Thomas Busatto Giuseppe Maio Roberto Bonaretti

SERVIZIO POLITICHE RURALI

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Prima Bozza II

GRUPPO DI LAVORO

Dott. Vito Mazzarone (Coordinamento per la Provincia di Pisa), Patrizia Cantini (Coordinamento amministrativo per la Provincia

di Pisa), Annamaria Nocita (Responsabile tecnico del progetto), Stefano Vanni (Consulente scientifico) - Museo Storia Naturale

– Sezione di Zoologia “La Specola” – Università degli Studi di Firenze – Via Romana 17, 50121 Firenze

Thomas Busatto, Ferdinando Benatelli, Giuseppe Maio- Aquaprogram s.r.l. - Via Borella, 53 - 36100 Vicenza

Roberto Bonaretti (Responsabile del progetto e coordinatore), Simona Laficara - Studio Tecnico Agronomico Dott. Roberto

Bonaretti - Via A. Tealdi, 34 – 56124 Pisa

Giacomo Querci, Marco Radi, Tommaso Bernardini - Dipartimento di Scienze Ambientali - Università degli Studi di Siena

TESTO A CURA DI

Annamaria Nocita

CAMPIONAMENTI DI FAUNA ITTICA

Thomas Busatto, Annamaria Nocita, Ferdinando Benatelli, Giuseppe Maio, Roberto Bonaretti, Simona Laficara (per la

preparazione della Carta Ittica)

Giacomo Querci, Marco Radi, Simona Laficara, Tommaso Bernardini, Roberto Bonaretti (per la preparazione del Piano

Ittico Provinciale)

ELABORATI CARTOGRAFICI

Thomas Busatto, Roberto Bonaretti, Giuseppe Maio

ORGANIZZAZIONE E LOGISTICA

Annamaria Nocita, Roberto Bonaretti

FOTOGRAFIE

Thomas Busatto, Annamaria Nocita, Roberto Bonaretti, Saulo Bambi, Roberto Merciai, Giacomo Querci, Marco Radi

PROGETTO GRAFICO E STAMPA

XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

IN COPERTINA

Il Fiume Serchio a Migliarino Pisano

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Prima Bozza III

INDICE

INDICE ....................................................................................................................................... III

1. INTRODUZIONE ................................................................................................................ 1

2. MATERIALI E METODI ................................................................................................... 3

Area di Studio...................................... .............................................................................................................................. 3

Progetto Informatico................................ ....................................................................................................................... 12

Campionamenti di fauna ittica ...................... ................................................................................................................. 14

La comunità di macroinvertebrati: l’Indice Biotico Esteso (IBE) ........................................ ........................................ 17

Indice di Funzionalità Fluviale (IFF).............. ................................................................................................................. 19

3. RISULTATI ......................................................................................................................... 20

Campionamenti di fauna ittica ...................... ................................................................................................................. 20

4. LE SPECIE ITTICHE DELLA PROVINCIA DI PISA ........................................ 116

5. CONCLUSIONI ............................................................................................................... 215

Vocazioni ittiche................................... ......................................................................................................................... 215

Criticità ambientali ............................... ......................................................................................................................... 216

Distribuzione della fauna ittica ................... ................................................................................................................. 217

6. BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................. 222

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Car t a I t t i ca di Pi sa I nt r oduzi one

Prima Bozza 1

1. Introduzione

Obiettivi dello studio

La necessità di esprimere in termini ecologici la qualità dei corpi idrici superficiali è stata

considerata uno degli obiettivi primari della legge vigente. Infatti l’art. 8 della Legge Regionale del 3

gennaio 2005 n.7 “Gestione delle risorse ittiche e regolamentazione della pesca in acque interne”

introduce il Piano Regionale per la pesca nelle acque interne 2007-2012 approvato con Del. C.R.

52/2007, uno strumento programmatico con il quale la Regione assume iniziative e detta indirizzi al

fine di perseguire l’obiettivo primario di conservazione, incremento e riequilibrio delle popolazioni

ittiche per assicurarne la corretta fruibilità nel pieno rispetto dei principi di tutela e salvaguardia

degli ecosistemi acquatici.

Le finalità del piano regionale, dovrebbero realizzarsi attraverso i seguenti obiettivi generali:

� suddivisione in zone ittiche dei corpi idrici;

� ottimizzazione della gestione e tutela della fauna ittica;

� realizzazione degli istituti previsti dalla L.R. 7/2005;

� uniforme esercizio della pesca dilettantistica, sportiva e professionale nelle acque interne;

� individuazione delle specie ittiche alloctone e relative misure di contenimento;

� partecipazione dell’associazionismo alla programmazione, alla gestione ittica e alle funzioni

di vigilanza.

A livello provinciale, attraverso la stesura di opportune linee guida, la Carta ittica dovrebbe quindi

indirizzare l’ente preposto verso l’ottimizzazione della gestione e tutela della fauna ittica e della

realizzazione degli istituti previsti dalla L.R. 7/2005, oltre che l’uniforme esercizio della pesca

dilettantistica, sportiva e professionale nelle acque interne. Il Piano Ittico dovrebbe invece offrire

indicazioni tecniche di dettaglio, proponendo soluzioni per specifiche situazioni locali e fungendo

quindi da tramite tra gli studi sul campo e la gestione dell’Ufficio pesca.

Il presente progetto di ricerca nasce dall’unione di due studi: il Piano Ittico Provinciale, svolto dal

Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università degli Studi di Siena, e la vera e propria Carta

Ittica Provinciale, prodotta dalla collaborazione tra il Museo di Storia Naturale dell’Università di

Firenze, l’Aquaprogram s.r.l. di Vicenza e lo Studio Bonaretti di Pisa. A ciò sono stati aggiunti i

risultati del “Progetto preliminare di monitoraggio pesci migratori in provincia di Pisa”, svolto nel

2009 sui Fiume Arno e Serchio, che ha indagato in modo specifico la presenza di Anguilla,

Cheppia e Lampreda di mare, anche in questo caso condotto dal Museo di Storia Naturale

dell’Università di Firenze, l’Aquaprogram s.r.l. di Vicenza e lo Studio Bonaretti di Pisa.

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Prima Bozza 2

Si tratta ovviamente di un sunto di quanto prodotto da entrambi i gruppi di lavoro, tale da renderlo

fruibile anche dai non addetti ai lavori, pescatori o naturalisti, che intendano conoscere meglio la

realtà ittiofaunistica pisana.

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Prima Bozza 3

2. Materiali e Metodi

Area di Studio

La Provincia di Pisa è delimitata dal Mar Ligure a Ovest per pochi chilometri, mentre la maggior

parte dei suoi confini si estendono tra le Province di Lucca, Firenze, Siena e Grosseto, che la

incorniciano rispettivamente a Nord, Est e Sud. Da un punto di vista politico il territorio pisano è

suddiviso in 39 Comuni, tra i quali quelli maggiormente abitati si trovano presso le sponde

dell’Arno (Santa Croce sull’Arno, Pontedera e Calcinaia), con una densità piuttosto elevata, attorno

a 500-700 abitanti a km2.

Il territorio della Provincia si presenta piuttosto vario: a Nord esso è caratterizzato dalla grande

mole del Monte Pisano che è il risultato della tettonica di compressione prodottasi nel Miocene

Superiore che si è sviluppata nell’Appennino tirrenico producendo, nella stessa area, anche le Alpi

Apuane e la catena del Monte Albano. Il Monte Pisano è in realtà rappresentato da una serie di

vette, tutte sotto i 1000 m di quota, di cui la più alta è il Monte Serra (poco più di 900 m di

altitudine). A Nord-Ovest della catena si trova la località di Ripafratta, che delimita il confine tra

piana lucchese e quella pisana, in corrispondenza del Fiume Serchio, e a Nord introduce alla

catena delle Alpi Apuane.

A Est del Monte Pisano troviamo l’area del Bientina, poco conosciuta e apprezzata nonostante non

manchino interessanti aspetti naturalistici soprattutto per quanto riguarda la zona palustre. Il suolo

è in gran parte formato da notevoli spessori di sedimenti alluvionali, così come il Padule di

Fucecchio da cui è diviso grazie ai rilievi della dorsale Montecarlo-Cerbaie. È probabile che l’area

depressa di Bientina di sia formata, come altre zone della Toscana, grazie ai sedimenti di laghi

villafranchiani, entro cui si gettavano le acque del Torrente Pesa, Elsa ed Era a Sud, e del Torrente

Pescia e Fiume Serchio da Nord. È inoltre interessante ricordare che quest’ultimo corso d’acqua è

stato tributario del Fiume Arno fino in epoca storica quando la ricorrenza delle inondazioni e il

problema dello scolo delle acque lacustri fece in modo che la Repubblica di Lucca e il Granducato

di Toscana decidessero infine la rettifica dei due corpi idrici citati, la costruzione di più scolmatori (il

Serezzino nel 1559, per esempio), e infine il posizionamento della Botte, o canale Emissario del

Bientina, una grande opera idraulica ottocentesca (1859).

L’area pianeggiante dell’Arno, oltre che intensamente abitata, è anche interessata da diversi

insediamenti industriali, come il famoso “Comprensorio del cuoio” che ha il suo centro nei comuni

di Castelfranco di Sotto e Santa Croce sull’Arno, e la bassa Valdera. Procedendo verso Sud il

territorio cambia in modo sostanziale: l’alta Valdera, la Val di Cecina e quella del Cornia offrono

uno scenario molto più suggestivo grazie a un territorio meno intensamente abitato, con morbide

colline dove si alternano coltivazioni tipiche e zone boschive. Pur soffrendo da un punto di vista

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climatico di lunghi periodi di siccità, quest’area presenta anche interessanti aree come quella di

Monterufoli, amministrata dalla Comunità Montana di Val di Cecina, con un’interessante macchia

mediterranea e una certa ricchezza in termini di specie faunistiche. Altra zona di un rilievo

naturalistico è senza dubbio quella della valle del Pavone in Val di Cecina, caratterizzata da una

foresta con alberi ad alto fusto.

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Prima Bozza 5

Figura 1. Torrente Linari a Monterufoli

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Prima Bozza 6

I paragrafi che seguono introducono le caratteristiche più significative dei bacini idrografici della

Provincia di Pisa (da “Gestione della Fauna Ittica, Presupposti ecologici e popolazionistici” di Auteri

et al., 1988), oltre che dei maggiori corsi d’acqua tra quelli campionati.

Bacino del Fiume Serchio

All’interno di questo bacino si distinguono tre aree: la conca di origine glaciale situata in

Garfagnana; la valle del Lima, in ambiente appenninico, posta a sud dell’Abetone; la piana di

Lucca che il Serchio attraversa prima di sboccare nel Mare Ligure, nei pressi di Pisa. Il bacino

idrografico ricopre una superficie totale di 1.565 km2 e ha una quota media di 717 m e punte di

2053 m. Pur essendo sei volte più piccolo del bacino dell’Arno presenta portate considerevoli.

Infatti, i valori di portata registrati per alcuni decenni sono stati: massima 2200 m³/s (a Lucca il

9.11.1982), media 46,0 m³/s, minima 6,50 m³/s, (http://www.autorita.bacinoserchio.it). Ciò è dovuto

al continuo rifornimento da parte delle numerose e costanti sorgive dei terreni calcarei della Alpi

Apuane. Il bacino del fiume Serchio è stato individuato come "bacino pilota" a livello nazionale con

Decreto Interministeriale del luglio 1989 e fa riferimento all’Autorità di Bacino del Fiume Serchio.

Fiume Serchio

Le origini del Fiume Serchio sono da considerarsi site in Garfagnana: in particolare esso nasce

dalla confluenza di due rami, uno che proviene dalle Apuane, il Serchio di Gramolazzo, e l’altro

dall’Appennino, il Serchio di Soraggio.

Le prime sorgenti di questo corso si trovano a circa 1125 m di quota che è lungo circa 90 km. Il

principale affluente del Serchio è il Torrente Lima, in sinistra idrografica, che origina da corsi che

raccolgono prevalentemente le acque di scorrimento superficiale, mentre in destra orografica vi

sono corsi di origine carsica. Gli sbarramenti di maggiore importanza sono a Ponte Cosi, dove è

sito un lago artificiale, un altro a Castelnuovo Garfagnana e l’ultimo a Borgo a Mozzano. Sfocia in

mare in corrispondenza del confine tra la tenuta di S. Rossore e la pineta di Migliarino della

Macchia di Migliarino. Il tratto di Fiume Serchio che scorre in Provincia di Pisa, attraversa i comuni

di San Giuliano Terme e di Vecchiano e non riceve immissioni significative. Al contrario, esiste

invece l’importante derivazione, proprio a monte della Steccaia di Ripafratta, del Canale

Demaniale di Ripafratta, detto anche Canale Macinante) che mette in connessione il bacino del

Fiume Serchio con quello dell’Arno. A causa di questa derivazione, oltre che dei notevoli

emungimenti a carico del corpo idrico, la portata registrata a Borgo a Mozzano è superiore a quella

registrata a Ripafratta.

In origine il Fiume Serchio aveva un suo sbocco nel Fiume Arno, tra Cascina e Pontedera, ma il

suo sovralluvionamento presso Bientina e i continui straripamenti a Lucca, indussero alla sua

deviazione attraverso il varco di Ripafratta. Il canale di Ripafratta fu costruito tra il 1564 e il 1566.

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Prima Bozza 7

Bacino dell’Arno

Il bacino imbrifero si estende su una superficie di 8.228 km2, dei quali il 55,3% è a quota inferiore a

300 m.s.m., il 30,4% a quote comprese tra 300 e 600 m.s.m., il 9,8% a quote comprese tra 600 e

900 m di quota e il 4,5 a quota superiori a 900 m.s.m. Le maggiori altitudini si riscontrano nel

gruppo montuoso del Falterona e del Pratomagno, rispettivamente con le vette di Monte Falco

(1.657 m.) e del Poggio Uomo di Sasso (1.537 m) (http://www.adbarno.it). Le formazioni

geologiche sono in prevalenza impermeabili costituite da argille, marne, scisti argillosi, calcari

marmosi e arenarie compatte. La parte prevalentemente permeabile del bacino non supera il 5%

dell'intera superficie. La copertura alluvionale, quasi ovunque di spessore modesto, è presente sul

23% della superficie. I deflussi stagionali seguono l’andamento delle precipitazioni atmosferiche.

Fiume Arno

Il Fiume Arno nasce sul Monte Falterona alla quota di 1385 m, a Capo d’Arno, e sfocia nel Mar

Tirreno a Marina di Pisa dopo un percorso di 241 km durante i quali attraversa le Province di

Arezzo, Firenze e Pisa. All’altezza di Fucecchio, entra nella Provincia di Pisa, e viene interessato

dalla confluenza con il torrente Egola. Segue poi l’immissione del Chiecina e di altri corsi minori. A

monte di Pontedera riceve il Canale di Usciana, unico emissario del Padule di Fucecchio, mentre a

valle del medesimo abitato riceve le acque del fiume Era, proveniente dalla zona di Volterra.

Ancora a Pontedera ha origine il Canale Emissario che attingendo acqua all’Arno alimenta il Fosso

Reale (o Scolmatore), allo stesso modo dell’emissario del Padule di Bientina che passa sotto

all’Arno all’altezza di San Giovanni alla Vena. Lo Scolmatore sbocca poi nel Mar Ligure tra Pisa e

Livorno. In Provincia di Pisa attraversa i comuni di Calcinaia, Castelfranco di Sotto, Montopoli in

Val D’Arno, Pisa, Pontedera, San Giuliano Terme, San Miniato, Santa Croce sull’Arno, Santa

Maria a Monte, Vicopisano.

I valori di portata registrati per alcuni decenni sono stati: max. 1320 m³/s, med. 56,0 m³/s, min. 0,56

m³/s. In particolare nei pressi di Pisa, si hanno portate medie, durante le magre estive, di 4-6 m3/s

corrispondenti a circa 1/10 della portata media annua.

Canale Emissario di Bientina

Si tratta del Canale emissario dell’ormai bonificato Padule di Bientina e scorre in gran parte sul

vecchio tracciato del Canale Imperiale, esistente fin dal 18° secolo. È lungo 38 km e in Provincia di

Pisa attraversa i comuni di Buti (dove segna il confine con Bientina), Calcinaia, Cascina, Pisa,

Pontedera e Vicopisano. Attraverso un’opera ottocentesca di notevole importanza per il

miglioramento delle condizioni della zona del Bientina (la Botte di Bientina), il Canale Emissario

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Prima Bozza 8

sottopassa il Fiume Arno (e quindi di fatto non è più suo tributario), e prosegue fino ad arrivare in

Provincia di Livorno, dove attraversa i comuni di Collesalvetti e Livorno.

Fiume Era

Il Fiume Era si origina dalla confluenza di due torrenti: il Torrente Era Viva, le cui sorgenti sono nel

bosco delle Volpaie, lungo 7 km ed il Torrente Era Morta che nasce nelle vicinanze di Spicchiaiola

ed è lungo 6 km. L’Era è l’ultimo degli affluenti di sinistra dell’Arno e scorre tutto in Provincia di

Pisa attraversando i comuni di Volterra, Terricciola, Pontedera, Ponsacco, Peccioli, Lajatico,

Capannoli, in terreni intensamente coltivati. La massima altitudine si ha sul Monte Vitalba con

un’altezza di 675 m s.l.m seguito dal Poggio Mela (655), dal Monte Vaso (634 m), dal Cornocchio

(629 m) e dal Poggio Faete (628 m). Il corso è caratterizzato da forti siccità estive. Il paesaggio

circostante è collinare, di modesta altitudine.

Torrente Sterza

Il torrente Sterza, affluente di sinistra del Fiume Era, nasce dalle pendici del Monte Vitalba, 675 m

di quota, ed è lungo 18 km. Il corso d’acqua scorre in un’ampia vallata dove tratti di macchia

mediterranea sono interrotti da prati e coltivi. Attraversa i comuni di Castellina Marittima, Chianni,

Lajatico, Riparbella e Terricciola.

Torrente Roglio

Il torrente Roglio nasce nelle immediate vicinanze del paese di San Vivaldo a 404 m di quota e

confluisce, dopo un percorso di 28 km nell’Era a monte di Ponsacco. Attraversa i comuni di

Capannoli, Palaia, Peccioli e Pontedera.

Torrente Strolla

Affluente di destra del fiume Era, prende origine dalla Riserva Naturale di Montenero. L’intero

corso, di circa 6 km, attraversa il comune di Volterra.

Torrente Egola

L’Egola nasce in Provincia di Firenze e scorre per soli 15 km in Provincia di Pisa Confluisce nel

Fiume Arno all’altezza di San Miniato.

I Bacini idrografici di seguito descritti, quello del Fiume Cecina, del Cornia e del Fine fanno

riferimento all’Autorità di Bacino Toscana Costa. Quest’ultimo copre un territorio di 2716 km2

compreso tra il bacino del Fiume Arno a Nord e a Est, del Fiume Bruna a Sud ed il Mar Ligure ad

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Ovest, con una fascia costiera estesa per circa 135 km. Rientrano inoltre nel territorio Toscana

Costa anche le Isole dell’Arcipelago Toscano (http://www.regione.toscana.it).

Bacino del Cecina

Il bacino imbrifero del Fiume Cecina è situato nella parte centro–occidentale della Toscana, nei

classici ambienti collinari del preappennino. La superficie misura 905 km2, ed interessa le province

di Siena, Grosseto, Pisa e Livorno.

Le quote più elevate, di poco superiori ai 1000 metri, sono rappresentate dal poggio di Montieri,

dove nasce il torrente Pavone, e le Cornate di Gerfalco, dove prende origine il Cecina con alcuni

suoi affluenti (Rimaggio) e alcuni affluenti del Pavone (Rescone, Salicastro).

I corsi d’acqua di maggiore interesse del bacino, ricadenti in provincia di Pisa sono, oltre al Cecina,

anche il Pavone, il Trossa, La Sterza, il Possera, con i loro affluenti più significativi (Rescone,

Rivivo, Ritasso).

La vegetazione prevalente è la tipica macchia mediterranea, intervallata da coltivazioni che

divengono progressivamente predominanti spostandosi verso valle. Il sottosuolo è molto ricco di

minerali che talvolta vengono direttamente portati in superficie, disciolti nelle acque delle sorgenti

termali o minerali. Al ponte di Monterufoli dopo 58 km di corso principale è situata l’unica stazione

di misura della portata. La portata massima registrata è di 1030 m3/sec e quella minima di 0,01

m3/sec. Il Cecina presenta frequentemente fenomeni di stress idrico e in regime di magra è il fiume

toscano con la portata più ridotta.

Fiume Cecina

Il Fiume Cecina ha origine tra il Poggio di Montineri e le Cornate di Gerfalco. Il suo corso è lungo

circa 80 km e per buona parte del suo percorso scorre in una valle fiancheggiata dai classici

ambienti della collina Toscana, scarsamente antropizzati fino alla parte medio terminale del

percorso stesso. Già dai primi anni Ottanta è iniziato il processo di risanamento del Fiume Cecina

eliminando l’immissione nel torrente Possera dei reflui provenienti dalle attività industriali situate

lungo l’asta e contenenti boro ed arsenico.

Torrente Pavone

È l’affluente con portata più significativa del Fiume Cecina, nel quale si immette, in sinistra

idrografica, dopo 25 km di percorso. Attraversa una valle scarsamente antropizzata e riceve le

acque principalmente da affluenti della propria riva destra che si originano dalle Cornate di

Gerfalco e dal Bosco della Carlina (Riponti, Meluzzo, Salicastro, Rescone).

Torrente Trossa

Il Torrente Trossa, affluente di sinistra del fiume Cecina, nasce dalle colline intorno al centro

abitato di Serrazzano, a un’ altitudine di circa 500 m e raccoglie le acque di numerosi piccoli

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torrenti, per lo più stagionali, prima di confluire nel Cecina presso Ponteginori, dopo un percorso di

17 km.

Torrente Sterza

Il corso d’acqua, di una lunghezza pari a 27 km, è affluente di sinistra del Fiume Cecina; mostra

nella parte più alta un’ ottima qualità non solo delle acque ma dell’ambiente fluviale in genere, per

lo più nei tratti inclusi o adiacenti alla Riserva Naturale di Monterufoli-Caselli. Uno dei suoi affluenti

di maggior interesse ambientale è il Botro Rivivo. Lo Sterza è costeggiato per gran parte del suo

corso dalla strada provinciale SP 18 che collega Canneto con Casino di Terra.

Torrente Ritasso

Affluente di destra della Sterza, è uno dei più suggestivi torrenti all’interno alla Riserva di

Monterufoli-Caselli. La sua lunghezza è pari a 9 km; lungo il suo percorso tocca i comuni di

Monteverdi, Pomarance e Montecatini Val di Cecina.

Bacino del Cornia

Il bacino del fiume Cornia è ubicato nell’area Sud-occidentale delle Colline Metallifere e scendendo

da esse si dirige in un’area pianeggiante. Il bacino ha una estensione di 355 km², interessando le

province di Grosseto, Livorno e Pisa e per lunghi tratti fa da confine tra le stesse. L’altitudine

massima dei rilievi circostanti raggiunge i 916 m s.l.m. con il Poggio Montioni, ma l’altitudine media

è di 252 m.

Fiume Cornia

Il Fiume Cornia nasce dall’Aia dei Diavoli a 875 m di quota, e ha un carattere spiccatamente

torrentizio con piene autunnali e secche spinte durante la bella stagione.

L’asta principale ha una lunghezza di circa 50 km, compreso il tratto artificiale fino alla foce, a

Bocche di Cornia nel Golfo di Follonica. Gli affluenti principali di destra sono il Torrente Massera e

il Torrente Riomerdancio. L’alveo del Cornia, nel corso inferiore, presenta caratteristiche particolari

di permeabilità per cui nel periodo tardo primaverile ed estivo le acque superficiali si arrestano

all’altezza di Suvereto. La bassa Val di Cornia, fino a qualche decina di anni fa, era interessata da

paludi che sono state bonificate per realizzare insediamenti industriali. In Provincia di Pisa

attraversa i comuni di Castelnuovo Val di Cecina, Monteverdi Marittimo e Pomarance.

Bacino del Fine

Fiume Fine

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Prima Bozza 11

Il fiume Fine è l’unico corso degno di nota da un punto di vista ittiofaunistico, insieme al Torrente

Marmolaio, di questo piccolo bacino idrografico (168 km2); il fiume proviene dal Poggio alle

Nebbie, nelle Colline pisane e, dopo un percorso di circa 30 km, sfocia nel Mar Ligure poco più a

sud del paese di Rosignano Solvay, in località Pietrabianca, in Provincia di Livorno, e dà origine al

Lago di Santa Luce. In territorio pisano il fiume attraversa il comune di Santa Luce.

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Prima Bozza 12

Progetto Informatico

Strumenti e programmi utilizzati

Per l’organizzazione e gestione dei dati geografici e dei data base associati è stato utilizzato il

software Esri Arc map 9.1

Metadati

Il rilievo puntuale dei siti di campionamento è stato effettuato con GPS Garmin CS60 con

riferimento geografico Gauss-Boaga. I dati geografici puntuali sono stati corredati di data base

informativo così organizzato:

STAZIONI.SHP i campi inseriti in questo file sono i seguenti:

stazione – rappresentato dal codice alfanumerico di riferimento del punto di

campionamento indagato differenziato a seconda del tipo di analisi

effettuata. Per quanto riguarda i campionamenti di tipo quantitativo è stato

utilizzato il codice S00 mentre per le stazioni dove è stata rilevata la

presenza e/o assenza di fauna ittica, il codice è P00;

località – riferita al toponimo di riferimento della C.T.R. – scala 10.000 della

Regione Toscana;

comune – comune in cui ricade il tratto campionato;

fiume – nome del corso idrico indagato rilevato dal SIRA – Regione Toscana;

bacino – riferimento al bacino idrico di appartenenza del corso indagato;

quota – quota media altimetrica del punto di campionamento;

classifica – classificazione del corso indagato secondo decreto Dirigenziale

della Regione Toscana n. 6304/2006;

vocazione – vocazione ittiofaunistica realmente riscontrata attraverso le

indagini conoscitive;

pendenza – pendenza media del tratto idrico indagato;

x_coord e y_coord – coordinate centrali del tratto idrico indagato.

LETTURE.DBF – i campi inseriti sono i seguenti:

stazione – è il campo chiave che contiene il codice alfanumerico del file

stazione.shp;

data – data del campionamento;

ora – ora del campionamento;

temperatura – temperatura in °C rilevata durante il campionamento;

ossigeno – concentrazione di O2 espressa in mg/l;

ombreggiatura – grado di copertura dovuta a vegetazione arborea ed

arbustiva rilevata nel tratto campionato;

torbidità – grado di torbidità dovuto alla presenza di materiale in sospensione

nell’acqua – (scala 0-5);

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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi

Prima Bozza 13

antropizzazione – grado di modificazione ambientale dovuto alle attività

dell’uomo – (scala 0-5);

iff dx iff_sx – Indice di Funzionalità Fluviale;

ibe_valore – valore dell’Indice Biotico Esteso;

ibe_classe – classe di qualità dell’Indice Biotico Esteso;

biomassa_g – biomassa totale riferita all’ittiofauna espressa in gr.

SPEITT.DBF – i campi inseriti sono i seguenti:

cod_itt – è il campo chiave che contiene il codice alfanumerico della specie

ittica;

nome_com – nome comune della specie ittica;

nome_lat – nome scientifico della specie ittica;

autoctoni – autoctono (A), esotico (E), transfaunato (T).

SPEPRES.DBF - i campi inseriti sono i seguenti:

stazione – è il campo chiave che contiene il codice alfanumerico del file

stazione.shp;

data – data del campionamento;

cod_itt – è il campo chiave che contiene il codice alfanumerico della specie

ittica;

n_individu – numero di individui catturati;

lungh_medi – lunghezza media degli individui catturati;

peso_medio – peso medio espresso in g degli individui catturati;

peso_totale – peso totale espresso in g degli individui catturati;

densità_n – numero di individui per m2.

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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi

Prima Bozza 14

Digitalizzazione e provenienza dei dati

Base cartografica

La base cartografica utilizzata fa riferimento alla Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000. Il

reticolo idrografico è stato rilavato dai dati presenti sul PTC della Provincia di Pisa e in parte

digitalizzato su base CTR. Tutti i dati geografici sono espressi in coordinate del sistema Gauss-

Boaga.

Dati sperimentali

I dati relativi alle indagini pregresse, effettuate nel corso della preparazione del Piano Ittico

Provinciale (PIP), sono stati digitalizzati secondo quanto riportato nel volume II redatto

dall’Università di Siena. A questo proposito è stato necessario effettuare un riallineamento

cartografico di alcune stazioni di campionamento. Le informazioni, riguardanti sia i dati biologici sia

quelli ambientali, sono state riportate in files excel e completamente rielaborati al fine di allinearli

con le nuove indagini effettuate nel corso di questa ricerca. In particolare le elaborazioni statistiche

sono state ricontrollate e ove necessario modificate.

La classificazione toponomastica dei corsi idrici è stata rilevata dal Sistema Informativo Regionale

Ambientale della Toscana (SIRA – www.sira.arpat.toscana.it). A questo proposito la nomenclatura

riportata in questo contesto ha subito in alcuni casi variazioni rispetto a quanto riportato nel PIP.

Il reticolo idrografico è stato fornito dalla Provincia di Pisa e ove necessario è stato integrato con la

digitalizzazione di alcuni corsi non presenti nello shape.file di riferimento.

Il calcolo delle pendenze medie nei tratti di campionamento è stato effettuato attraverso la

realizzazione di un modello digitale del terreno (TIN) utilizzando il software Arc Map 9.1. con la

funzione 3D Analyst. Rispetto al punto centrale della stazione sono state rilevate le pendenze

percentuali, nel range di 100 m a valle e a monte, di cui è stata calcolata la media aritmetica.

Campionamenti di fauna ittica

Per la stima della biomassa è stato utilizzato il metodo dei “passaggi ripetuti” o “removal sampling”

(Zippin, 1958). Perché tale metodologia possa essere attuata è necessario che le o la popolazione

siano stabili, ovvero che durante il periodo di campionamento non si verifichino variazioni nel

numero di individui totale. È altresì importante che vi siano uguali probabilità di cattura durante

tutto il campionamento per ogni animale e che le condizioni tra i diversi campionamenti rimangano

le medesime (uguale probabilità di cattura tra diversi campionamenti).

La metodologia di Zippin, ritenuta da molti la più attendibile tra quelle disponibili in letteratura si

basa su una elaborazione dei dati specifica e complessa, mentre altre metodologie, ad es. quella

di Hayne, che presenta un margine di errore più ampio, può facilmente essere utilizzata anche sul

campo, per una veloce stima di biomassa o grandezza di popolazione.

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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi

Prima Bozza 15

Si possono effettuare più passaggi successivi di cattura (due nel nostro caso) all’interno di un’area

nella quale si ritiene non vi siano modificazioni di rilievo durante le fasi di cattura (normalmente

vengono stese delle reti a monte e a valle dell’area campionata per impedire che i pesci possano

entrare o uscire, ma, nei casi in cui l’ambiente lo permette, si possono utilizzare discontinuità del

profilo longitudinale del corso d’acqua, tali da impedire la fuga della specie oggetto della ricerca);

quest’ultimo fattore è fondamentale per ridurre gradualmente a ogni passata le dimensioni della

popolazione del tratto prescelto e impedire che si verifichino variazioni nel numero di individui

totale cioé consente di stimare in maniera corretta il valore di densità di popolazione.

Questa è la formula utilizzata:

N=T/(1-qk)

dove N è la stima della grandezza di popolazione, T individui catturati totali o biomassa

campionata totale, qk=1-p, dove p è la probabilità di cattura a ogni passaggio. Si assume che p sia

uguale o costante a ogni passaggio.

P è ottenuto con la seguente formula: p= (y1-y2)/y1, con y1= peso individui catturati alla Ia passata

e y2= peso individui catturati alla seconda passata. Il valore (1-qk) è anche estrapolabile dai grafici

per la stima di (1-q) appunto in relazione a R (rapporto tra la sommatoria delle biomasse

riscontrate nei vari campionamenti con la biomassa totale) (Zippin, 1958). R si ottiene secondo la

formula: R=Σik=1(i-1)yi/T con k numero di passate, yi numero iesimo di catture. Entrambe le

metodologie necessitano di un’attenta valutazione dei dati prima del loro utilizzo; in particolare i

valori relativi ai singoli passaggi di cattura dovrebbero seguire precisi andamenti per poter essere

utilizzati, ovvero dovrebbero essere in ordine decrescente (con i valori maggiori nella prima

passata e i minori nella terza) e possibilmente il valore della terza passata dovrebbe essere

prossimo allo zero, indice questo di un ottimo sforzo di cattura delle passate precedenti. Se i dati

riscontrati non seguissero questo preciso andamento, sarebbe compito dell’esperto valutare

l’attendibilità dei medesimi. Nel caso in cui valori riscontrati fossero tutti decrescenti, con i valori

dell’ultima passata relativamente bassi, si avrebbe conferma di buona attendibilità dei dati ottenuti

dai campionamenti effettuati.

Le osservazioni dirette sono state eseguite mediante l’uso di 3 tecniche diverse che integrano le

diverse informazioni. Sono stati usati:

1. Elettrostorditore da imbarcazione: consente, tramite l’applicazione di corrente continua

pulsata, l’effettuazione di catture di fauna ittica mantenendo in vita gli animali. I pesci, sottoposti a

un campo elettrico in acqua, si comportano come un dipolo e questa situazione consente di

attrarre (elettrotassia) e narcotizzare (elettronarcosi) la fauna ittica presente in un certo intorno, le

cui dimensioni dipendono sia dalla potenza applicata sia dalla conducibilità dell’acqua, rispetto

all’applicazione degli elettrodi. Per le attività oggetto della relazione la zona efficace operativa è

stata di circa 4 metri dalla sponda del fiume, per la lunghezza delle sezioni osservate. Questa

tecnica, in fiumi di ampia dimensione, non consente da sola di stimare le biomasse presenti, ma è

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Car t a I t t i ca di Pi sa Mat er i al i e Met odi

Prima Bozza 16

determinante per la cattura degli stadi giovanili e delle specie che frequentano preferenzialmente

le zone costiere.

2. Reti da imbrocco con multimaglia: l’utilizzo di questa tipologia di reti (monofilamento)

consente di catturare un ampio spettro di dimensioni della fauna ittica. Sono state infatti utilizzate

maglie dai 10 ai 50 mm (10-20-30-40-50 mm). Le pezze di rete, vista la dimensione del fiume e le

caratteristiche della velocità di corrente, sono state posizionate trasversalmente al corso d’acqua.

Le pezze di rete da 10 mm aveva una lunghezza di 18 m per un’altezza di 1,5 m, mentre le altre

erano lunghe 50 m per un’altezza di 2 m. Tutte le reti erano armate con corda piombata sulla lima

dei piombi e una linea di galleggiamento tarata per mantenerne verticali nella colonna d’acqua. Le

reti, comunque, si adagiavano sul fondo e costituivano uno sbarramento verticale alto circa 2 metri.

Tutte le reti sono rimaste in pesca per circa 3 ore, per garantire la cattura di animali, ma al tempo

stesso consentire agli operatori di intervenire per il rilascio degli animali con ridotta mortalità.

Questo metodo di campionamento non assicura una stima della biomassa presente, ma consente

di conoscere la presenza e la localizzazione di alcune specie ittiche non catturabili con

l’elettrostorditore (ad esempio nelle zone più profonde o al centro del fiume). L’uso di varie maglie

di cattura consente di avere informazioni su un range di taglie abbastanza elevato (da 7-8 a 60-70

cm di lunghezza).

3. Utilizzo di ecoscandaglio: è stata predefinita una rete di transetti di osservazione, a

garanzia di un’adeguata copertura della superficie del tratto di fiume indagato, e sono state

effettuate osservazioni in vari orari della giornata. L’uso dell’ecoscandaglio, associato ad un GPS

portatile, ha consentito di ricostruire la batimetria del tratto esaminato, necessaria per il successivo

calcolo dei volumi osservati e di quelli totali. Durante il rilevamento con ecoscandaglio, per ogni

transetto venivano registrati la profondità a cui veniva osservato il pesce e la sua classe

dimensionale. Le osservazioni così effettuate, associate ai dati delle catture con le reti, hanno

permesso di ottenere una stima della biomassa totale di pesce presente nel fiume. In particolare,

la registrazione delle osservazioni (classe dimensionale e profondità) nei vari transetti e durante le

ripetizioni, ha consentito di operare una valutazione media delle osservazioni, corredata da una

stima della variabilità. La classe dimensionale, inoltre, consente di definire una biomassa di

riferimento osservata, utile per passare dal numero di osservazioni effettuate ad una stima della

biomassa presente nel tratto. Per effettuare quest’ultima valutazione, si procede con la stima del

volume acqueo complessivo del corpo idrico posto in relazione con il volume osservato lungo i

percorsi con ecoscandaglio. Il numero di osservazioni (e la conseguente conversione in biomassa)

vengono estrapolate dal volume osservato al volume totale del corpo idrico. I calcoli vengono

comunque ripartiti per strati di profondità, per cercare di diminuire l’errore della stima.

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Prima Bozza 17

La comunità di macroinvertebrati: l’Indice Biotico Esteso (IBE)

L'Indice Biotico Esteso si basa sull'analisi delle comunità di macroinvertebrati che colonizzano gli

ecosistemi fluviali, ossia sugli invertebrati acquatici superiori al millimetro che comprendono, fra gli

insetti, le larve dei Plecotteri, di Tricotteri, di Efemerotteri, di Ditteri, di Odonati, larve e adulti di

Coleotteri e di Eterotteri e, fra i non insetti, Crostacei, Molluschi, Irudinei e Oligocheti.

Tutti questi animali presentano forti adattamenti morfologici all'ambiente in cui vivono e si

differenziano anche per le modalità di alimentazione. La notevole diversità nel modo di muoversi e

di alimentarsi permette alle varie specie di macroinvertebrati di colonizzare una grande varietà di

microambienti presenti nel fiume, differenziati per la diversa velocità della corrente, la

granulometria del fondo e la presenza di vegetazione. Ogni corso d'acqua ha quindi una comunità

che lo caratterizza: quando un fiume è pulito, la struttura della comunità dei macroinvertebrati è

stabile e complessa e il numero di specie è alto e queste sono fra loro in un rapporto equilibrato. A

determinate concentrazioni di sostanze nocive, i macroinvertebrati più sensibili scompaiono; solo

quelli più resistenti riescono a sopravvivere e, anzi, proliferano perché si trovano in assenza di

competitori. L'applicazione dell'IBE si basa su un confronto fra la struttura di una comunità "attesa"

e la composizione realmente "presente" in un determinato corso d’acqua. Il metodo di

campionamento consiste nell'effettuare in ciascuna stazione una serie di prelievi nei vari

microhabitat presenti, in modo da raccogliere tutti i rappresentanti della comunità di

macroinvertebrati.

Per la raccolta dei macroinvertebrati è stato usato un retino immanicato con rete in nailon su telaio

di alluminio, ripetendo più volte nelle zone a diversa velocità dell’acqua, diversa profondità e

diverso substrato in modo da saggiare le varie nicchie ecologiche presenti. L'analisi dei campioni

raccolti per la determinazione tassonomica è stata effettuata in laboratorio usando un microscopio

binoculare.

Tramite una tabella a doppia entrata, che considera il numero di taxa raccolti (Unità Sistematiche)

e la loro sensibilità all'inquinamento, è stato calcolato il valore IBE, a cui corrisponde una precisa

Classe di Qualità (Tabella 1). Le Classi di Qualità sono 5, e vanno da un ambiente non inquinato

(Classe di Qualità 1) a uno fortemente inquinato (Classe di Qualità 5), attraverso tre stadi

intermedi. A ogni Classe corrispondono un giudizio e un colore convenzionale per la

rappresentazione in cartografia (Tabella di conversione dei valori I.B.E).

Classi di Qualità Valori di IBE Giudizio Colore

I > 10 Ambiente non alterato

II 8-9 Ambiente in cui sono evidenti alcuni effetti di

alterazione

III 6-7 Ambiente alterato

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Prima Bozza 18

IV 4-5 Ambiente molto alterato

V 1,2,3 Ambiente fortemente alterato

Tabella 1. Conversione dei valori I.B.E. in Classi di Qualità con relativo giudizio e colore per la rappresentazione

cartografica

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Prima Bozza 19

Indice di Funzionalità Fluviale (IFF)

Il metodo può essere considerato come l’evoluzione dell’RCE-I (Riparian Channel Environmental

Inventory) realizzato con l’obiettivo di costruire una sorta di catalogo dei fiumi svedesi. Così come

l’IBE, anche questo metodo ha necessitato un adeguamento alla realtà ambientale italiana e, dopo

vari passaggi, ne è nato l’IFF.

L'IFF consente di valutare lo stato complessivo dell'ambiente fluviale e della sua funzionalità,

intesa come risultato delle sinergie dei fattori biotici e abiotici presenti nel corpo idrico,

dell'ambiente terrestre circostante e in particolar modo viene considerato lo stato dell’ecotono

ripario, quale ambiente di transizione che maggiormente influenza la qualità dell’acqua, e viene a

sua volta influenzato.

La metodica fornisce informazioni originali sull’intero sistema fluviale: infatti a conoscenza della

struttura dell'ecosistema fluviale si articola nella definizione delle componenti biotiche ed abiotiche

e nella valutazione di tutti i flussi energetici che sostengono le catene trofiche interne. Grazie al

River continuum Concept si realizza una visione d’insieme dell'ecologia fluviale e vengono messe

in evidenza le strette relazioni strutturali e funzionali della comunità biologica, dei fattori

geomorfologici e idraulici.

La funzionalità e le dinamiche fluviali sono condizionate in larga scala dalle caratteristiche del

territorio circostante e in particolare modo dalla copertura vegetazionale e forestale circostante e

l'Indice di Funzionalità Fluviale è strutturato per essere applicato in tutte le condizioni fluviali che

compongono il reticolo idrografico dei territori continentali. Esistono solo dei limiti di applicabilità

nelle zone estuarine e negli ambienti di transizione delle foci oltre che negli ambienti lotici. La

metodologia di applicazione prevede che per ogni tratto sia compilato un questionario composto di

quattordici domande, per ognuna delle quali esistono quattro risposte predefinite, con punteggi

predefiniti e raggruppati in 4 classi.

Per ottenere il giudizio di funzionalità occorre effettuare una conversione tra il valore di IFF

ottenuto sommando tutti i punteggi. Il valore può variare da un minimo di 14 ad un massimo di 300.

1. Livello di funzionalità 2. Valore di I.F.F. 3. Giudizio di fuzionalità 4. Co lore

5. I 6. 261-300 7. Elevato 8. blu 9. I-II 10. 251-260 11. Elevato-buono 12. 13. 14. II 15. 201-250 16. Buono 17. verde

18. II-III 19. 181-200 20. Buono-mediocre 21. 22. 23. III 24. 121-180 25. Mediocre 26. giallo

27. III-IV 28. 101-120 29. Mediocre-scadente 30. 31. 32. IV 33. 61-100 34. Scadente 35. arancio

36. IV-V 37. 51-60 38. Scadente-pessimo 39. 40. 41. V 42. 14-50 43. Pessimo 44. rosso

Tabella 2. Livelli e giudizi di funzionalità fluviale

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 20

3. RISULTATI

Campionamenti di fauna ittica

I seguenti campionamenti di fauna ittica fanno riferimento ai risultati del monitoraggio finalizzato

alla realizzazione della Carta Ittica (2009) insieme a quelli eseguiti per la realizzazione del Piano

Ittico Provinciale (2007-2008), e in particolare ai rilievi di tipo quantitativo. I risultati vengono

esposti e riassunti di seguito, distinti a seconda del tipo di strumentazione utilizzata

(elettrostorditore o reti) e del tipo di risultati ottenuti (osservato e stimato), mentre nelle cartine di

distribuzione della fauna ittica allegate alle schede di ogni singola specie sono stati esposti anche i

dati relativi ai campionamenti esclusivamente qualitativi, ossia quelli in cui è stata rilevata

unicamente la presenza/assenza delle specie.

Essendo stato portato avanti in contemporanea un progetto, finanziato anch’esso dalla Provincia di

Pisa, che riguarda le specie ittiche migratrici (Anguilla, Lampreda di mare e Cheppia) e che ha

visto anche in questo caso un monitoraggio presso i Fiumi Arno e Serchio, sono stati inseriti i dati

ottenuti nel corso di questa ulteriore campagna di studio nelle già menzionate cartine di

distribuzione delle specie essi si riferiscono alla presenza/assenza e abbondanza relativa e

contribuiscono a fornire un quadro il più esauriente possibile della distribuzione della fauna ittica

d’acqua dolce nel territorio pisano.

In totale sono state utilizzate 47 stazioni (qualitative e quantitative) e di ognuna di esse è riportato

(Tabella 3) il Bacino Idrografico di appartenenza, la nomenclatura ufficiale del corso d’acqua (SIRA

– Regione Toscana), il Comune in cui essa ricade, il nome della località più prossima, il codice

identificativo della stazione stessa, la quota sul livello del mare, l’attuale classificazione ufficiale del

tratto di corso d’acqua analizzato, la pendenza percentuale media del terreno e le coordinate del

punto intermedio del tratto indagato.

Le prime tre stazioni (Fiume Serchio a Migliarino, Fiume Arno a Castelfranco e a Caprona), date le

dimensioni dell’alveo sono state campionate sia con l’uso di elettrostorditore nella zona di riva sia

con l’ausilio di reti nella parte più profonda e non guadabile (vedi Materiali e metodi). Le

planimetrie riportano il posizionamento di entrambi i sistemi di campionamento oltre che, per

quanto riguarda le reti, le dimensioni delle maglie.

Le altre stazioni, essendo guadabili e di modeste dimensioni, sono state campionate

esclusivamente tramite l’elettropesca.

La maggior parte delle stazioni è concentrata nel Bacino dell’Arno sia perché gran parte del

territorio pisano vi ricade sia perché nell’area più centrale della Provincia di Pisa (vedi

Localizzazione delle Stazioni di campionamento) si trovano corsi d’acqua che presentano secche

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 21

spinte e prolungate per vari mesi nel corso della stagione più calde, tali da non poter essere

considerate di alcun interesse per quanto riguarda la fauna ittica d’acqua dolce locale: si tratta in

particolare dell’alto Bacino dell’Era, per gli affluenti dell’Arno, e del tratto centrale del Bacino del

Cecina, oltre che dei suoi affluenti nella stessa zona. Il Fiume Serchio, esso non presenta affluenti

nel tratto che ricade all’interno dei limiti amministrativi della Provincia di Pisa, e quindi le indagini

sono state eseguite unicamente sul corso principale.

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Car t a I t t i ca di Pi sa

Ri sul t at i

Prima Bozza 22

BACINO CORSO D’ACQUA COMUNE LOCALITÀ’ STAZIONE QUOTA CLASSIFICA ACQUE PENDENZA X_COORD Y_COORD

ARNO TORRENTE EGOLA SAN MINIATO CORRAZZANO S15 61 CIPRINIDI 19 1645633 4835686

ARNO TORRENTE TORA LORENZANA LORENZANA S20 51 CIPRINIDI 6 1623889 4819717

ARNO TORRENTE ERA VIVA VOLTERRA PALAZZINA S10 218 CIPRINIDI 76 1655853 4808313

ARNO RIO MAGNO BUTI BUTI S08 109 SALMONIDI 61 1627467 4842860

ARNO TORRENTE ROGLIO PECCIOLI FORCOLI S18 32 CIPRINIDI 14 1638919 4826819

ARNO TORRENTE ZAMBRA DI CALCI CALCI CALCI S07 138 SALMONIDI 72 1622597 4843928

ARNO TORRENTE STERZA DI LAJATICO LAJATICO PONTE DELLA STERZA S05 88 CIPRINIDI 47 1638102 4815279

ARNO FIUME ERA LAJATICO FABBRICA DI PECCIOLI S06 64 CIPRINIDI 11 1640455 4818541

ARNO TORRENTE STROLLA VOLTERRA ULIGNANO S19 311 SALMONIDI 38 1655446 4810884

ARNO RIO ENZI SAN MINIATO PARRINO P01 48 CIPRINIDI 25 1649238 4836071

ARNO FIUME ELSA SAN MINIATO PONTE A ELSA P02 33 CIPRINIDI 11 1652808 4839188

ARNO TORRENTE CHIECINA PALAIA BERTOLLI-SUSINA P03 42 CIPRINIDI 5 1642080 4834311

ARNO FOSSO RECINAIO CAPANNOLI OLMO P04 33 CIPRINIDI 10 1636465 4828272

ARNO CANALE DEMANIALE SAN GIULIANO TERME ORZIGNANO P06 9 CIPRINIDI 5 1614761 4847879

ARNO TORRENTE CAPRIGGINE VOLTERRA PODERE CAPRIGGINE P09 126 CIPRINIDI 56 1650919 4812898

ARNO TORRENTE ERA MORTA VOLTERRA PALAGIONE P10 225 CIPRINIDI 46 1654110 4806482

ARNO FIUME ARNO PISA SAN PIERO A GRADO S24 0 SALMASTRE 9 1609247 4839038

ARNO FIUME ARNO VICOPISANO CAPRONA S25 15 CIPRINIDI 24 1620962 4840404

ARNO FIUME ARNO CALCINAIA CALCINAIA S26 2 CIPRINIDI 2 1629925 4837972

ARNO FIUME ARNO CASTELFRANCO DI SOTTO CASTELFRANCO DI SOTTO S27 8 CIPRINIDI 7 1640155 4839369

ARNO FIUME ERA PONTEDERA LA BORRA S28 15 CIPRINIDI 29 1631939 4833606

ARNO FIUME CASCINA PONSACCO PONSACCO S29 19 CIPRINIDI 29 1631902 4831068

ARNO RIO PONTICELLI BIENTINA PONTICELLI P14 6 CIPRINIDI 1 1634150 4845314

ARNO CANALE EMISSARIO DI BIENTINA BUTI CASCINE DI BUTI S31 5 CIPRINIDI 1 1631162 4843315

ARNO FIUME MORTO PISA LA FIGURETTA P05 5 CIPRINIDI 26 1614745 4847920

ARNO FOSSO VECCHIO SAN GIULIANO TERME ASCIANO P16 0 CIPRINIDI 1 1615484 4844131

CECINA FIUME CECINA POMARANCE MOLINO DI GESSERI S11 112 CIPRINIDI 2 1655951 4797177

CECINA TORRENTE RITASSO POMARANCE PIAN DELLE VOLTE S17 105 CIPRINIDI 39 1639879 4788202

CECINA BOTRO RIVIVO MONTEVERDI M.MO CASELLI S14 285 SALMONIDI 62 1637063 4787182

CECINA TORRENTE RESCONE CASTELNUOVO V.C. MOLINO RESCONE S21 550 SALMONIDI 59 1657033 4784259

CECINA TORRENTE TROSSA POMARANCE SERRAZZANO S01 300 SALMONIDI 81 1645947 4789171

CECINA TORRENTE PAVONE CASTELNUOVO V.C PONTE DI CASTENUOVO VC S02 311 SALMONIDI 79 1656186 4787312

CECINA TORRENTE STERZA DI CASELLI MONTEVERDI M.MO FATTORIA DI CASELLI S13 388 SALMONIDI 77 1637355 4785227

CECINA TORRENTE POSSERA CASTELNUOVO V.C CASTELNUOVO-LARDERELLO S03 509 SALMONIDI 38 1653355 4787375

CECINA TORRENTE STERZA DI CECINA MONTEVERDI M.MO PONTE DI CANNETO S04 131 CIPRINIDI 25 1639678 4787295

CECINA TORRENTE POSSERA POMARANCE PODERE SANT'ANTONIO P07 110 CIPRINIDI 42 1654939 4797300

CECINA TORRENTE FOSCI VOLTERRA PODERE BATAZZONE P08 0 CIPRINIDI 37 1655202 4799768

CECINA TORRENTE PAVONE CASTELNUOVO V.C. MONTECASTELLI P11 250 SALMONIDI 33 1657824 4790710

CECINA TORRENTE RISCONE CASTELNUOVO V.C. PODERE MADONNA AL PIANO P13 220 SALMONIDI 62 1656991 4785273

CECINA FIUME CECINA RIPARBELLA LA STECCAIA S30 0 CIPRINIDI 16 1627683 4799669

CECINA FOSSO LINARI POMARANCE MONTERUFOLI P15 306 SALMONIDI 60 1645315 4790171

CORNIA FIUME CORNIA CASTELNUOVO V.C SASSO PISANO S12 273 SALMONIDI 55 1649726 4783330

CORNIA FOSSO DEL MOLINO CASTELNUOVO V.C. MULINO NUOVO P12 220 SALMONIDI 47 1648288 4783043

FINE TORRENTE MARMOLAIO SANTA LUCE POMAIA S16 162 CIPRINIDI 50 1627136 4810015

FINE FIUME FINE SANTA LUCE SANTA LUCE S09 52 CIPRINIDI 57 1622490 4813566

SERCHIO FIUME SERCHIO VECCHIANO MIGLIARINO PISANO S22 0 CIPRINIDI 16 1608314 4846722

SERCHIO FIUME SERCHIO VECCHIANO RIPAFRATTA S23 0 CIPRINIDI 10 1613712 4852695

Tabella 3. Stazioni di campionamento

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Carta Ittica di Pisa Risultati

Prima Bozza 23

Figura 2. Distribuzione delle stazioni utilizzate (PIP e Carta Ittica) e Bacini idrografici compresi entro i limiti provinciali

(vedi Tab. 3 per individuazione Stazioni di campionamento)

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 24

FIUME SERCHIO

Migliarino

Quella di Migliarino Pisano è l’unica stazione di campionamento del Fiume Serchio che riguarda la

Carta Ittica. Il tratto analizzato si trova presso l’abitato, a pochi chilometri dallo sbocco in mare del

corso d’acqua, e si presenta piuttosto rettilineo, con sponde scoscese e moderatamente ricche di

vegetazione, oltre che interessato dall’attraversamento di viadotti. L’ambiente è il risultato di una

buona convivenza tra una forte presenza antropica e un’interessante componente ittiofaunistica.

Figura 3. Fiume Serchio, Migliarino Pisano

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 25

Bacino idrografico Fiume Serchio ID Stazione S22 Località Migliarino Classificazione Ciprinidi

Quota (m s.l.m.) 0 Superficie campionata (m 2) 24.698

Data 25/06/2009 Bacino idrico Serchio

Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)

Larghezza media (m)

16 445 55,5

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

% di saturazione

21,6 532 7,8 7,8 90

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 26

Catture con reti

Dimensione della maglia Specie Numero individui

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

30 Cavedano 4 134.5 235.5 942 40 Cavedano 5 322.8 291.6 1458 50 Cavedano 7 594.0 363.9 2547

Catture con elettrostorditore

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm).

Peso medio

(g).

Peso totale

(g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²) Alborella 10 53,5 2,3 23 0,0004 0,0009

Barbo padano 3 120,4 22,4 112 0,0002 0,004 Cavedano 57 130,1 54,74 3941 0,0065 0,159

Cobite 3 54,6 1,66 5 0,00012 0,0002 Lasca 1 80 8 8 0,00004 0,0003

Leucisco d’Albania 30 63 6,13 227 0,0021 0,009 Anguilla 2 134,8 10,86 239 0.000891 0,009 Cefalo 1 231,5 - 178,5 0,00004 0,007

Muggine c.ta 13 47 2,6 34 0,00053 0,0013 Persico sole 2 161, 100,66 302 0,00008 0,0122

Ghiozzo padano 1 45, - 1 0,00004 4,04891E-05 Ghiozzo dell’Arno 1 55, - 1 0,00004 4,04891E-05

Latterino 2 62,5 1,5 3 - 0,000121467 Lampreda di mare 1 152 - 1 0,00004 4,04891E-05

Totale 5075,75 0,205

Campionamento con reti Campionamento con elettrostorditore storditore

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 27

IBE

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità II-III III

Giudizio Buono-mediocre Mediocre

Valore: 9 Classe di qualità II

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 28

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Serchio

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Car t a I t t i ca di Pi sa

Ri sul t at i

Prima Bozza 29

1Dimensione osservata

Fascia di profondità

2Osservazioni totali

(media)

3Volume m 3 per profondità

4Densità (osservazioni/m 3) Peso medio per dimensione (kg)

5Biomassa (kg/m 3 osservati)

6Volume tratto x profondità (m3)

7Biomassa stimata (kg)

0-1 m 0.000 132.754 0.000 0.077 0.0000000 9059.940 0

1-2 m 19.500 324.375 0.060 0.077 0.0046289 6697.237 31.0008427

2-3 m 31.000 321.596 0.096 0.077 0.0074224 3783.612 28.0833516

1

3-4 m 0.000 90.332 0.000 0.077 0.0000000 828.820 0

0-1 m 0.000 132.754 0.000 0.260 0.0000000 9059.940 0

1-2 m 2.000 324.375 0.006 0.260 0.0016031 6697.237 10.7362226

2-3 m 12.500 321.596 0.039 0.260 0.0101059 3783.612 38.2366538

2

3-4 m 0.000 90.332 0.000 0.260 0.0000000 828.820 0

0-1 m 0.000 132.754 0.000 0.800 0.0000000 9059.940 0

1-2 m 4.500 324.375 0.014 0.800 0.0110983 6697.237 74.3276949

2-3 m 7.500 321.596 0.023 0.800 0.0186570 3783.612 70.5907455

3

3-4 m 0.000 90.332 0.000 0.800 0.0000000 828.820 0

0-1 m 0.000 132.754 0.000 2.500 0.0000000 9059.940 0

1-2 m 0.500 324.375 0.002 2.500 0.0038536 6697.237 25.8082274

2-3 m 0.000 321.596 0.000 2.500 0.0000000 3783.612 0

4

3-4 m 0.000 90.332 0.000 2.500 0.0000000 828.820 0

0-1 m 0.000 132.754 0.000 7.000 0.0000000 9059.940 0

1-2 m 0.000 324.375 0.000 7.000 0.0000000 6697.237 0

2-3 m 0.000 321.596 0.000 7.000 0.0000000 3783.612 0

5

3-4 m 0.000 90.332 0.000 7.000 0.0000000 828.820 0

77.500 0.2402798 0.057 278.783739

Tabella 4. Risultati delle osservazioni dirette tramite ecoscandaglio presso la stazione di Migliarino sul Fiume Serchio Legenda: 1: Classe dimensionale del segnale ottenuto dall’ecoscandaglio; 2: valore medio del numero di osservazioni (media ottenuta sulle osservazioni ripetute sui transetti e per varie fasce orarie); 3: volume acque osservato attraverso il cono di lettura dell’ecoscandaglio lungo i percorsi predefiniti; 4: numero stimato per metro cubo di volume acque osservato (ottenuto da Nota2/Nota3); 5: biomassa stimata per metro cubo di volume acqueo osservato (ottenuto da Nota4*il peso assegnato alle dimensioni osservate: 1=77 g, 2=260 g, 3=800 g, 4=2500 g); 6: volume acqueo del corpo idrico per strato di profondità; 7: stima della biomassa presente nel corpo idrico (ottenuta da Nota 5*Nota6).

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 30

FIUME ARNO

Castelfranco di Sotto

Si raggiunge grazie alla SP5 e poi voltando in via G. Posarelli. Il tratto campionato si trova in un

contesto fortemente antropizzato, reso evidente dalla scarsità di vegetazione arbustiva ed arborea,

presente quasi esclusivamente in riva sinistra, oltre che dalla manomissione subita dalle rive.

Presso la stazione di campionamento si trova anche un campo gara utilizzato per competizioni di

pesca sportiva. L’alveo si presenta a fondo prevalentemente sassoso e sabbioso.

Figura 4. Fiume Arno, Castelfranco di Sotto

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 31

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S27 Località Castelfranco Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 8 Superficie campionata (m 2) 21840

Data 09/06/2009 Bacino idrico Arno

Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)

Larghezza media (m)

7 364 60

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

% di saturazione

23,5 849 7,6 6,9 85

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 32

Catture con reti

Dimensione della maglia Specie Numero individui

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Alborella 1 77 8 8 10 Pesce gatto punteggiato 4 104,3 20,0 80

Muggine calamita 1 358,0 463,0 463

Persico sole 1 72,0 9,0 9 20

Pesce gatto punteggiato 14 194,6 121,6 1702

Barbo europeo 2 322,0 312,0 624

Blicca 5 164,8 77,0 385

Carpa 1 165,0 70,0 70

Cavedano 5 207,8 134,2 671

Muggine calamita 1 482,0 1034,0 1034

30

Pesce gatto punteggiato 94 248,9 203,3 19112

Barbo danubianio 1 306,0 296,0 296

Blicca 8 189,1 134 1072

Cavedano 5 285,2 340,0 1700

Muggine calamita 23 368,0 569,2 13092

40

Pesce gatto punteggiato 68 290,7 327,5 22272

Abramide 1 299,0 553,0 553

Blicca 3 212,3 190,0 570

Cavedano 1 274,0 311,0 311

Luccio 1 597,0 1863,0 1863

Muggine calamita 26 450,5 973,7 25315

50

Pesce gatto punteggiato 42 340,9 479,6 20145

Campionamento con reti Campionamento con elettrostorditore

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 33

Catture con elettrostorditore

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Alborella 5 67,4 6 30 0,0002 0,001374 Cavedano 45 105,9 31,69 1426 0,002 0,065293

Carpa 1 550 - 2760 0,00004 0,126374 Lucioperca 1 614, - 3700 0,00004 0,169414

Persico sole 15 84,5 18,4 276 0,00007 0,012637 Totale 8192 0,375092

Percentuale di biomassa delle specie ittiche catturate con le reti

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità III III-IV

Giudizio Mediocre Mediocre-scadente

IBE nd

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Car t a I t t i ca di Pi sa

Ri sul t at i

Prima Bozza 34

1Dimensione osservata

Fascia di profondità

2Osservazioni totali

(media)

3Volume m 3 per profondità

4Densità (osservazioni/m 3) Peso medio per dimensione (kg)

5Biomassa (kg/m 3 osservati)

6Volume tratto x profondità (m3)

7Biomassa stimata (kg)

0-1 m 25.500 219.982 0.116 0.077 0.0089257 19213.825 171.4972043

1-2 m 30.500 569.500 0.054 0.077 0.0041238 16536.582 68.19338012

2-3 m 2.000 655.249 0.003 0.077 0.0002350 12157.529 2.857326773 1

3-4 m 0.000 415.362 0.000 0.077 0.0000000 5620.776 0

0-1 m 5.000 219.982 0.023 0.260 0.0059096 19213.825 113.5453861

1-2 m 6.500 569.500 0.011 0.260 0.0029675 16536.582 49.07251965

2-3 m 0.000 655.249 0.000 0.260 0.0000000 12157.529 0 2

3-4 m 0.000 415.362 0.000 0.260 0.0000000 5620.776 0

0-1 m 3.000 219.982 0.014 0.800 0.0109100 19213.825 209.6222513

1-2 m 9.000 569.500 0.016 0.800 0.0126427 16536.582 209.0663559

2-3 m 0.000 655.249 0.000 0.800 0.0000000 12157.529 0 3

3-4 m 0.000 415.362 0.000 0.800 0.0000000 5620.776 0

0-1 m 1.500 219.982 0.007 2.500 0.0170468 19213.825 327.5347676

1-2 m 3.500 569.500 0.006 2.500 0.0153643 16536.582 254.0736964

2-3 m 0.000 655.249 0.000 2.500 0.0000000 12157.529 0 4

3-4 m 0.000 415.362 0.000 2.500 0.0000000 5620.776 0

0-1 m 0.000 219.982 0.000 7.000 0.0000000 19213.825 0

1-2 m 0.000 569.500 0.000 7.000 0.0000000 16536.582 0

2-3 m 0.000 655.249 0.000 7.000 0.0000000 12157.529 0 5

3-4 m 0.000 415.362 0.000 7.000 0.0000000 5620.776 0

Totali 86.500 0.2490743 0.078 1.405,463

Tabella 5. Risultati delle osservazioni dirette tramite ecoscandaglio presso la stazione di Castelfranco sul Fiume Arno Legenda: 1: Classe dimensionale del segnale ottenuto dall’ecoscandaglio; 2: valore medio del numero di osservazioni (media ottenuta sulle osservazioni ripetute sui transetti e per varie fasce orarie); 3: volume acque osservato attraverso il cono di lettura dell’ecoscandaglio lungo i percorsi predefiniti; 4: numero stimato per metro cubo di volume acque osservato (ottenuto da Nota2/Nota3); 5: biomassa stimata per metro cubo di volume acqueo osservato (ottenuto da Nota4*il peso assegnato alle dimensioni osservate: 1=77 g, 2=260 g, 3=800 g, 4=2500 g); 6: volume acqueo del corpo idrico per strato di profondità; 7: stima della biomassa presente nel corpo idrico (ottenuta da Nota 5*Nota6).

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 35

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Arno a Castelfranco

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 36

FIUME ARNO

Caprona

L’abitato di Caprona, presso cui è stata individuata la stazione di campionamento, si raggiunge con

la SP2, o via Provinciale Vicarese. Il tratto indagato è pressoché rettilineo, nei pressi del ponte. Il

contesto, anche in questo caso, è fortemente antropizzato sia per l’abitato sia per la presenza di

vaste aree coltivate. Le rive, a tratti scoscese, sono solo parzialmente interessate da vegetazione,

che comunque non offre alcuna ombreggiatura all’ambiente acquatico ripario. Il fondo è a sassi,

massi e sabbia.

Figura 5. Fiume Arno, Caprona

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S25

Località Caprona Classificazione ciprinidi Quota (m s.l.m.) 2 Superficie campionata (m 2) 23199

Data 03/06/2009 Bacino idrico Arno

Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)

Larghezza media (m)

7 330 70,3

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 37

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

% di saturazione

22,3 952 7,34 6,6 77

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 38

Catture con reti

Dimensione della maglia Specie Numero individui

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

10 Pesce gatto punteggiato 3 306.3 271.0 813

Blicca 1 114.0 31.0 31 20 Pesce gatto punteggiato 7 172.9 72.9 510

Blicca 4 166.0 80.8 323 30 Pesce gatto punteggiato 33 230.9 161.6 5333

Muggine calamita 28 360.9 487.0 13636

Pesce gatto punteggiato 8 230.5 156.8 1254 40

Carassio dorato 1 171.0 99.0 99

Blicca 2 225.5 212.5 425

Muggine calamita 59 389.5 610.6 36024 50

Cefalo 1 388.0 620.0 620 Catture con elettrostorditore

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio

(g)

Peso totale

(g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²) Alborella 29 7,03 3,69 107 0,001 0,004612

Carassio dor.o 1 16,7 - 4215 0,00043 0,181689 Cavedano 8 15,15 108 864 0,0003 0,037243

Pseudorasbora 1 6,3 - 3 0,00004 0,000129 Scardola 1 8,9 - 10 0,00004 0,000431 Anguilla 4 26,6 43,25 173 0,0002 0,007457 Cefalo 2 32,1 435 870 0,00008 0,037502

Muggine cal.a 48 8,02 69,10 3317 0,002 0,14298 Persico sole 1 8,6 - 16 0,00004 0,00069 Lucioperca 1 50,7 - 1400 0,00004 0,060347

Spigola 1 32,1 - 358 0,00004 0,015432 Latterino 9 6,34 2,78 25 0,00038 0,001078 Totale 11.358 0,48959

Campionamento con reti Campionamento con storditore

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 39

Percentuali di biomassa delle specie ittiche catturate con le reti

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 40

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità III III

Giudizio Mediocre Mediocre

IBE

nd

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Car t a I t t i ca di Pi sa

Ri sul t at i

Prima Bozza 41

1Dimensione osservata

Fascia di profondità

2Osservazioni totali

(media)

3Volume m 3 per profondità

4Densità (osservazioni/m 3) Peso medio per dimensione (kg)

5Biomassa (kg/m 3 osservati)

6Volume tratto x profondità (m3)

7Biomassa stimata (kg)

0-1 m 24.500 191.306 0.128 0.077 0.0098612 18855.305 185.935298

1-2 m 45.000 492.407 0.091 0.077 0.0070369 14547.301 102.367332

2-3 m 0.000 423.317 0.000 0.077 0.0000000 6326.539 0 1

3-4 m 7.000 121.837 0.057 0.077 0.0044239 2089.800 9.24516674

0-1 m 6.000 191.306 0.031 0.260 0.0081545 18855.305 153.755136

1-2 m 8.000 492.407 0.016 0.260 0.0042241 14547.301 61.4499424

2-3 m 4.500 423.317 0.011 0.260 0.0027639 6326.539 17.4858329

2

3-4 m 3.500 121.837 0.029 0.260 0.0074690 2089.800 15.6087231

0-1 m 11.000 191.306 0.057 0.800 0.0459996 18855.305 867.336666

1-2 m 23.500 492.407 0.048 0.800 0.0381798 14547.301 555.412941

2-3 m 0.000 423.317 0.000 0.800 0.0000000 6326.539 0 3

3-4 m 0.500 121.837 0.004 0.800 0.0032831 2089.800 6.86097717

0-1 m 0.000 191.306 0.000 2.500 0.0000000 18855.305 0

1-2 m 3.000 492.407 0.006 2.500 0.0152313 14547.301 221.574311

2-3 m 0.500 423.317 0.001 2.500 0.0029529 6326.539 18.6814455 4

3-4 m 0.000 121.837 0.000 2.500 0.0000000 2089.800 0

0-1 m 0.000 191.306 0.000 7.000 0.0000000 18855.305 0

1-2 m 0.000 492.407 0.000 7.000 0.0000000 14547.301 0

2-3 m 0.000 423.317 0.000 7.000 0.0000000 6326.539 0

5

3-4 m 0.000 121.837 0.000 7.000 0.0000000 2089.800 0

Totali 137.000 0.4804779 0.150 2215.71377

Tabella 6. Risultati delle osservazioni dirette tramite ecoscandaglio presso la stazione di Caprona sul Fiume Arno Legenda: 1: Classe dimensionale del segnale ottenuto dall’ecoscandaglio; 2: valore medio del numero di osservazioni (media ottenuta sulle osservazioni ripetute sui transetti e per varie fasce orarie); 3: volume acque osservato attraverso il cono di lettura dell’ecoscandaglio lungo i percorsi predefiniti; 4: numero stimato per metro cubo di volume acque osservato (ottenuto da Nota2/Nota3); 5: biomassa stimata per metro cubo di volume acqueo osservato (ottenuto da Nota4*il peso assegnato alle dimensioni osservate: 1=77 g, 2=260 g, 3=800 g, 4=2500 g); 6: volume acqueo del corpo idrico per strato di profondità; 7: stima della biomassa presente nel corpo idrico (ottenuta da Nota 5*Nota6).

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 42

FIUME ERA

La Borra

La Borra è una località presso Pontedera che si raggiunge percorrendo la SS439. Imboccando Via

della Cartiera si arriva poi al corso d’acqua, che in questo tratto è meandriforme, con rive ricche di

vegetazione. Il fondo è costituito prevalentemente da sassi e massi. La profondità è scarsa e

localmente il corso d’acqua può subire drastiche riduzioni di portata anche a causa ai numerosi

prelievi dell’area che prevalente ha vocazione agricola.

Figura 6. Fiume Era, La Borra

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S28 Località La Borra Classificazione ciprinidi

Quota (m s.l.m.) 15 Superficie campionata (m 2) 270,9

Data 04/06/2009 Bacino idrico Arno

Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)

Larghezza media (m)

29 63 4,3

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Alborella 139 79, 5,05 702 0.513104 2.59 2,65

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 43

Barbo tiberino 7 222,8 233,143 1632 0.02584 6.02 7,17 Carassio dorato 7 166,3 115,14 806 0.02584 2.98 6,80

Carpa 1 447, - 1706 0.003691 6.30 6.29 Cavedano 110 198,9 145,67 16024 0.406054 59.15 68,83

Lasca 1 71, - 6 0.003691 0.02 0.02 Rovella 6 848,3 9.17 55 0.022148 0.20 0,27

Ghiozzo Arno 1 56,0 - 4 0.003691 0.01 0,015 Anguilla 1 555, - 292 0.003691 1.08 1,08

Persico sole 1 132, - 57 0.003691 0.21 0,210 P. gatto punteg. 19 291,1 274,05 520,7 0.070137 1.92 19,91

Totale 21840,7 80.48 104,73

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 44

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

% di saturazione

21,3 1165 7,85 8,9 101

IBE

Campionamento con elettrostorditore storditore

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità II II

Giudizio: Buono Buono

Valore: 7-6 Classe di qualità III

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 45

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Era a La Borra

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Prima Bozza 46

FIUME ERA

Fabbrica di Peccioli

La stazione di campionamento sul Fiume Era è ubicata nei pressi del ponte sul Fiume Sterza e vi

si accede da una carrareccia dopo la Locanda dello Sterza sulla S.R.T 439.

Il tratto di fiume indagato è caratterizzato da lunghe piane e brevi raschi. La profondità massima è

di circa 1,40 m mentre quella minima è di 37 cm. Il substrato è costituito in prevalenza da ciottoli,

seguiti da sabbia e ghiaia associate a una piccola percentuale di limo. L’ombreggiatura sull’alveo

bagnato è modesta. La zona non è antropizzata, anche se il risultato dell’indagine sui popolamenti

macrobentonici indica che l’ecosistema è alterato (probabilmente da scarichi urbani posti a monte).

Figura 7. Fiume Era, Fabbrica di Peccioli

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 47

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S06 Località Fabbrica di Peccioli Classificazione Ciprinidi

Quota (m s.l.m.) 64 Superficie campionata (m 2) 566

Data 02/03/2007 Bacino idrico Arno

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

10,9 424 7,89 11,2

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità III II-III

Giudizio Mediocre Buono-mediocre

IBE Valore: 7 Classe di qualità III

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Alborella 5,0 52,6 2,3 9 0,016 0,02 0,036

Anguilla 4,0 413,8 129,3 517 0,008 0,91 1,028

Barbo canino 1,0 170,0 58,0 58 0,002 0,10 0,102

Barbo tiberino 3,0 127,7 24,3 73 0,007 0,13 0,172

Carassio dorato 10,0 235,0 259,7 2597 0,022 4,59 5,621

Carpa 4,0 475,8 1488,3 5953 0,008 10,52 11,832

Cavedano 35,0 145,8 43,7 1531 0,111 2,70 4,869

Cobite comune 11,0 77,3 4,3 39 0,064 0,07 0,276

Ghiozzo pad.o 8,0 43,8 3,4 17 0,016 0,03 0,054

Lasca 97,0 123,5 20,1 1945 0,242 3,44 4,849

Totale 12739 22,51 28,839

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 48

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Era a Fabbrica di Peccioli

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 49

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Era a Fabbrica di Peccioli

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 50

TORRENTE ERA VIVA

La stazione di campionamento è localizzata nei pressi del Podere Palazzina, e vi si accede tramite

una carrareccia che dallo stesso giunge a un guado sul fiume.

Il fiume Era, in quest’area, attraversa zone boschive e incolti; il suo percorso è pianeggiante, e ha

una profondità media di circa 25 cm. Il substrato è caratterizzato in prevalenza da sassi e ciottoli.

Figura 8. Fiume Era Viva, Palazzina

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S10 Località Palazzina Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 218 Superficie campionata (m 2) 281

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 51

Data 26/06/2008 Bacino idrico Arno

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

18,6 1760 9,3 6,21

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I-II I-II

Giudizio: Elevato-buono Elevato-buono

IBE

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Barbo tiberino 29 102,8 15,1 438,0 0,115 1,56 1,734

Cavedano 8 161,9 44,8 358,0 0,028 1,27 1,274

Vairone 68 66,0 4,3 294,0 0,267 1,05 1,156

Totale 1090 3,88 4,16

Valore: 8 Classe di qualità II

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 52

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Era Viva

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Prima Bozza 53

FIUME CASCINA

Ponsacco

Il Fiume Cascina è un affluente, lungo 21 km, di sinistra dell’Era e in esso confluisce in

corrispondenza di Ponsacco, dove è stato effettuato il campionamento. Il contesto ambientale è

fortemente antropizzato e in realtà in questo tratto il corso si riduce a un canale all’interno

dell’abitato, con rive scoscese e andamento rettilineo.

Figura 9. Fiume Cascina, Ponsacco

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Prima Bozza 54

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S29 Località Ponsacco Classificazione ciprinidi Quota (m s.l.m.) 19 Superficie campionata (m 2) 137,6

Data 03/06/2009 Bacino idrico Arno

Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)

Larghezza media (m)

29 43 3,2

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità IV IV

Giudizio Scadente Scadente

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio

(g)

Peso totale

(g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa (g/m²)

Alborella 3 61,9 3,66 11 0,029 0,079 0,107 Carassio d.o 18 164,5 95,55 1720 0,174 12,5 16,66

Carpa 2 268,6 585 1170 0,019 8,50 11,33 Cavedano 37 117,6 26,32 974 0,359 7,07 9,438

Lasca 1 98 - 12 0,010 0,087 0,116 Pseudorasbora 5 75,3 4,8 24 0,048 0,17 0,233

Scardola 9 71,9 5,11 46 0,87 0,33 0,446 Ghiozzo Arno 1 72 - 6 0,010 0,043 0,058

Totale 3963 28,80 38,388

Campionamento con elettrostorditore

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Prima Bozza 55

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Cascina

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Prima Bozza 56

TORRENTE STERZA

Il tratto campionato è localizzato nei pressi del Podere Grillaia e vi si accede tramite una breve

strada sterrata che parte dalla S.P. di Miemo n°14. Il torrente, in questa zona, è molto omogeneo e

presenta ambienti a pozze e a lunghe piane intervallate da brevi raschi. Il substrato è composto di

materiale di differente granulometria, con dominanza di sassi e ghiaia; è evidente anche la

presenza di limo e argilla nei pressi delle rive. L’ombreggiatura non interessa minimamente l’alveo.

Il tratto a monte, comunque fuori dell’area campionata, presenta lieve antropizzazione, determinata

da alcune briglie in calcestruzzo.

Figura 10. Torrente Sterza, Ponte della Sterza

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Prima Bozza 57

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S05 Località Ponte della Sterza Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 88 Superficie campionata (m 2) 775

Data 13/04/2007 Bacino idrico Arno

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

19,6 587 7,63 7,31

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Barbo padano 38,0 106,7 19,6 744,0 0,074 0,96 1,455

Cavedano 40,0 111,3 24,7 986,0 0,052 1,27 1,272

Cavedano etr.o 19,0 139,5 32,7 622,0 0,025 0,80 0,803

Ghiozzo p.o 5,0 49,0 2,0 10,0 0,006 0,01 0,013

Lasca 12,0 109,6 14,3 171,5 0,017 0,22 0,249 Vairone 7,0 68,6 3,4 24,0 0,011 0,03 0,037 Totale 2557,5 3,30 3,829

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità III III

Giudizio: Mediocre Mediocre

IBE

nd

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Prima Bozza 58

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Sterza di Lajatico

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 59

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Sterza di Lajatico

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Prima Bozza 60

TORRENTE ZAMBRA DI CALCI

Il campionamento è stato effettuato nei pressi del ponte di Castelmaggiore, all’interno dell’abitato

di Calci. Il torrente è caratterizzato da ambienti a buche e piccoli raschi. Il substrato è impostato su

materiale grossolano, principalmente ciottoli e sassi. L’ombreggiatura non è molto elevata, dato

che la sponda destra è molto artificializzata e presenta muri in calcestruzzo alti anche 3 m; la

sponda sinistra è fittamente boscata. L’antropizzazione nel tratto in esame è molto elevata, sia per

il fatto che l’alveo scorre per gran parte all’interno di un centro abitato, sia per le numerose briglie

che interrompono la continuità fluviale.

Figura 11. Torrente Zambra di Calci, Calci

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S07 Località Calci Classificazione Salmonidi

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Prima Bozza 61

Quota (m s.l.m.) 138 Superficie campionata (m 2) 342

Data 18/12/2006 Bacino idrico Arno

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

11,8 249 8,3 9,6

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Anguilla 30 393,8 122,0 3659 0,101 13,02 12,329

Rovella 18 101,9 19,4 350 0,053 1,25 1,023

Trota fario 34 207,1 117,5 3994 0,101 14,21 11,890

Totale 8003 28,48 25,242

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I-II III

Giudizio Elevato-buono Mediocre

IBE Valore: 9 Classe di qualità II

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Prima Bozza 62

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Zambra di Calci

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Prima Bozza 63

RIO MAGNO

La stazione di campionamento è localizzata nelle vicinanze del ponte sulla S.P. del Monte Serra n°

56, presso Buti. Il corso d’acqua presenta una portata piuttosto bassa. Il tratto analizzato presenta

corte e profonde pozze alternate a lunghi raschi. Il substrato è caratterizzato da ciottoli e sassi,

mentre l’ombreggiatura non è molto elevata.

Figura 12. Rio Magno, Buti

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Prima Bozza 64

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S08 Località Buti Classificazione Salmonidi

Quota (m s.l.m.) 109 Superficie campionata (m 2) 184

Data 18/12/2006 Bacino idrico Arno

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

11,3 362 7,83 10,4

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Rovella 110 88,4 12,9 1415 0,747 7,69 9,614

Trota fario 22 193,2 68,5 1506 0,121 8,18 8,267

Totale 2921 15,88 17,88

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità III II-III

Giudizio: Mediocre Buono-mediocre

IBE Valore: 8 Classe di qualità II

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Prima Bozza 65

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Rio Magno

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Prima Bozza 66

TORRENTE EGOLA

La stazione è ubicata circa 100 m a valle del ponte sulla SP 50 che da Corazzano, porta a

Montaione. Il substrato dominante è costituito da sassi, massi e ciottoli, con una buona

percentuale di ghiaia e limo. I rifugi per l’ittiofauna sono presenti sia nelle piane, sia nei raschi a

media corrente. La vegetazione riparia è ben diversificata, anche se l’ambiente circostante è

caratterizzato da coltivi e campi di erba medica.

Figura 13. Torrente Egola, Corazzano

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Prima Bozza 67

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S15 Località Corrazzano Classificazione Ciprinidi

Quota (m s.l.m.) 61 Superficie campionata (m 2) 234

Data 05/04/2008 Bacino idrico Arno

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

10,4 1406 9,1 12,27

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità III III

Giudizio Mediocre Mediocre

IBE Valore: 7 Classe di qualità III

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Alborella 2,0 85,0 5,5 11 0,009 0,05 0,047

Barbo tiberino 16,0 185,6 88,2 1411 0,086 6,03 7,600

Cavedano 50,0 165,3 56,6 2832 0,449 12,10 25,446

Gobione 5,0 101,0 11,4 57 0,021 0,24 0,244

Lasca 20,0 142,3 26,6 531 0,154 2,27 4,085

Pseudorasbora 1,0 70,0 3,0 3 0,004 0,01 0,013

Rovella 1,0 70,0 3,0 3 0,004 0,01 0,013

Totale 4848 20,72 37,488

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Prima Bozza 68

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Egola

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Prima Bozza 69

TORRENTE ROGLIO

La stazione di campionamento è ubicata nei pressi del ponte sulla SP 41 per Peccioli. Il fiume

scorre in un’area che presenta alterazioni di origine antropica e la vegetazione riparia risulta a tratti

totalmente assente. Il substrato è costituito principalmente da limo, sabbia e argilla e i rifugi

dell’ittiofauna costituiscono circa il 60% della superficie del substrato.

Figura 14. Torrente Roglio, Forcoli

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Prima Bozza 70

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S18 Località Forcoli Classificazione Ciprinidi

Quota (m s.l.m.) 32 Superficie campionata (m 2) 327

Data 05/04/2008 Bacino idrico Arno

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

11,33 1970 9,1 11,40

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità II-III II-III

Giudizio: Buono-mediocre Buono-mediocre

IBE ND

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa (g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Alborella 29 59,1 3,8 111 0,261 0,3394 0,999

Cavedano 20 203,5 104,0 2079 0,110 6,3578 11,444

Ghiozzo p.o 7 57,9 4,4 31 0,022 0,0948 0,098

Rovella 3 70,0 5,0 15 0,012 0,0459 0,061 Totale 2236 6,8379 12,60

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Prima Bozza 71

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Roglio

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Prima Bozza 72

TORRENTE STROLLA

Il campionamento è stato effettuato in località Ulignano e al torrente si è giunti tramite un sentiero

“CAI”. Il corso d’acqua, in questo tratto, presenta elevata naturalità e non mostra alcuna

alterazione di origine antropica. La portata è modesta ma costante, e l’alveo è caratterizzato da

lunghi raschi e corte pozze (profondità media delle pozze 40 cm). L’ombreggiatura interessa circa

il 100% della superficie, mentre i rifugi costituiscono il 25 % del substrato; quest’ultimo è

caratterizzato, in ordine di rappresentanza, da ciottoli, sassi e massi.

Figura 15. Torrente Strolla, Ulignano

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Prima Bozza 73

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S19 Località Ulignano Classificazione Salmonidii

Quota (m s.l.m.) 311 Superficie campionata (m 2) 217

Data 26/06/2008 Bacino idrico Arno

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

20,4 790 9,6 6,95

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Rovella 109,0 58,9 4,0 433,0 0,927 1,99 3,683 Totale 109,0 58,9 4,0 433,0 0,927 1,99 3,683

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I I

Giudizio Elevato Elevato

IBE Valore: 10 Classe di qualità I

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Prima Bozza 74

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Strolla

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Prima Bozza 75

TORRENTE TORA

La stazione di campionamento è ubicata in località Lorenzana, nei pressi di un piccolo ponte

situato su una strada vicinale, distante 100 m circa dalla SP 43. L’area di indagine ha interessato

un tratto estremamente omogeneo del torrente (circa 65 m). Il fondo risulta completamente

ricoperto da limo e argilla. La profondità media è di circa 40 cm, quella massima di 60 cm. La

vegetazione riparia è del tutto assente. I rifugi per l’ittiofauna sono costituiti da piante acquatiche

(cannuccia palustre, Tipha latifoglia).

Figura 16. Torrente Tora, Lorenzana

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Prima Bozza 76

Bacino idrografico Fiume Arno ID Stazione S20 Località Lorenzana Classificazione Ciprinidi

Quota (m s.l.m.) 51 Superficie campionata (m 2) 200

Data 04/06/2008 Bacino idrico Arno

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

15,7 1770 9,1 4,7

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata

Cavedano 24 91,9 9,0 217 0,135 1,085 1,221

Rovella 100 95,2 6,3 627 0,508 3,135 3,184 Totale 844 4,22 4,41

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità III III

Giudizio Mediocre Mediocre

IBE nd

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Prima Bozza 77

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Tora

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Prima Bozza 78

FIUME CECINA

Molino di Gesseri

La stazione di campionamento sul fiume Cecina è ubicata nei pressi del “guado di Berignone” e vi

si accede da una strada che costeggia il fiume dopo il ponte posto sulla S.R.T 439 che da Saline di

Volterra giunge a Pomarance. Il tratto di fiume indagato è caratterizzato da lunghi raschi e brevi

piane. La profondità massima è di circa 1,20 m mentre quella minima è di 15 cm. Il substrato è

costituito in prevalenza da ciottoli e sassi, seguiti in ordine di prevalenza da ghiaia, qualche masso

e una piccola percentuale di limo. L’ombreggiatura sull’alveo bagnato è assente. La zona non è

antropizzata, anche se il risultato dell’indagine sui popolamenti macrobentonici indica che

l’ecosistema è alterato rispetto a quanto atteso.

Figura 17. Fiume Cecina, Molino di Gesseri

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Prima Bozza 79

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S11 Località Molino di Gesseri Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 112 Superficie campionata (m 2) 651

Data 21/06/2008 Bacino idrico Cecina

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

17 720 9,4 7,4

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Alborella 2 80 4,0 8 0,003 0,012 0,012

Anguilla 8 318,8 82,5 660 0,014 1,013 1,141

Barbo tiberino 11 126,8 28,9 318 0,017 0,488 0,493

Cavedano 31 123,1 27,2 844 0,051 1,296 1,376

Lasca 18 113,9 13,8 248 0,029 0,380 0,397

Totale 278 3,192 3,42

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I-II II

Giudizio: Elevato-buono Buono

IBE

Valore: 8 Classe di qualità II

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Prima Bozza 80

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiune Cecina a Molino di Gesseri

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Prima Bozza 81

FIUME CECINA

La Steccaia

La stazione di campionamento si raggiunge percorrendo la strada provinciale di Val di Cecina dal

capoluogo in direzione Riparbella e voltando a destra prima di attraversare il corso d’acqua. Il

fiume in questo tratto è meandriforme e subito a monte del tratto indagato esiste una briglia di

dimensioni considerevoli. L’ambiente è fortemente antropizzato, con una spiccata vocazione

agricola, le rive sono rivestite da vegetazione sia arborea sia arbustiva e producono una parziale

ombreggiatura. L’alveo è in gran parte costituito di ciottoli e sassi, con forte presenza di

vegetazione acquatica. Il corso si presenta quasi completamente privo di acqua nel periodo estivo.

Figura 18. Fiume Cecina, Steccaia

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Prima Bozza 82

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S30 Località La Steccaia Classificazione ciprinidi Quota (m s.l.m.) 5 Superficie campionata (m 2) 731

Data 04/06/2009 Bacino idrico Cecina

Pendenza (%) Lunghezza tratto (m)

Larghezza media (m)

16 86 8,5

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

% di saturazione

23,1 1006 7,8 8,8 103

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Prima Bozza 83

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità II II

Giudizio Buono Buono

IBE

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm).

Peso medio

(g).

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Alborella 39 61,5 4,46 174 0,07 0,238 0,32 Barbo padano 6 187,1 91,67 550 0,008 0,7523 0,75 Barbo tiberino 3 248,6 217 651 0,04 0,890 0,89

Carassio dorato 11 266 383,18 4215 0,015 5,766 5,76 Cavedano 14 155,4 73 1022 0,02 1,3980 1,44

Lasca 8 126,7 31,37- 251 0,017 0,3433 0,54 Anguilla 18 278,5 76,61 1379 0,029 1,8864 2,21

Persico sole 3 84,7 13,33 40 0,005 0,0547 0,073 Cefalo 9 220,3 160,11 1441 0,013 1,97127 2,14

Muggine cal.ta 62 211,4 132,61 8194 0,11 11,209 14,50 Totale 17,917 24,51 28,62

Campionamento con elettrostorditore

Valore: 9 Classe di qualità II

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Prima Bozza 84

TORRENTE RITASSO

La stazione è ubicata circa 50 m a monte della confluenza con il torrente Sterza. Il tratto

interessato dal campionamento è caratterizzato da alveo stretto, con prevalenza di zone a corrente

con buche ridotte e lunghe piane. La profondità media è di circa 30 cm, la massima di 80. Il

substrato è costituito da massi, sassi e ciottoli. Parte dello stesso mostra copertura vegetale

costituita da alghe epilitiche. L’ombreggiatura interessa circa il 60 % dell’alveo bagnato. I rifugi per

l’ittiofauna sono presenti a tratti e solamente nelle piane più profonde.

Figura 19. Torrente Ritasso, Pian delle Volte

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Prima Bozza 85

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S17 Località Pian delle Volte Classificazione Ciprinidi

Quota (m s.l.m.) 105 Superficie campionata (m 2) 412

Data 21/06/2008 Bacino idrico Cecina

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

18,3 650 9,6 5,2

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g)

Anguilla 6 275 78,7 472 0,015 1,145 1,193

Barbo tiberino 31 100,6 14,7 456 0,108 1,106 1,587

Cavedano 72 99,1 12,7 912 0,294 2,213 3,720

Totale 1840 4,466 6,50

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I I

Giudizio Elevato Elevato

IBE Valore: 9 Classe di qualità II

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Prima Bozza 86

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Ritasso

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Prima Bozza 87

TORRENTE TROSSA

La stazione di campionamento sul Torrente Trossa è ubicata nei pressi del Molino di Pruneta, al

quale si accede da una strada sterrata dopo il Podere Nicciolaia, nei pressi di Serrazzano.

Il tratto di torrente preso in esame è caratterizzato dall’alternarsi di piccole buche e corti raschi. La

profondità massima è di circa 1 m mentre quella minima è di 12 cm. L’alveo scorre in un ambiente

estremamente naturale con ombreggiatura non particolarmente elevata.

Figura 20. Torrente Trossa, Serrazzano

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Prima Bozza 88

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S01 Località Serrazzano Classificazione Salmonidi

Quota (m s.l.m.) 300 Superficie campionata (m 2) 173

Data 15/03/2007 Bacino idrico Cecina

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

13 367 8,6 9,8

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità stimata (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Anguilla 6,0 423,3 118,8 713 0,046 4,121387 5,495

Barbo canino 16,0 110,3 26,1 366 0,234 2,115607 6,120

Barbo tiberino 26,0 56,0 6,3 165 0,151 0,953757 0,960

Cavedano 12,0 205,4 97,3 1168 0,078 6,751445 7,595

Trota mac.ma 4,0 115,0 17,0 68 0,023 0,393064 0,393

Vairone 72,0 57,0 8,8 353 0,453 2,040462 3,999 Totale 2833 16,37 24,562

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I I

Giudizio: Elevato Elevato

IBE

Valore: 9 Classe di qualità II

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 89

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Trossa

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Prima Bozza 90

TORRENTE PAVONE

Il sito di campionamento è posto 1,5 km a valle del ponte situato sulla SP n 17 delle valli del Pavone e

Cecina. Una piccola carrareccia porta a un guado in cemento; la strada prosegue per il Podere Poggio

Cornacchini. Il tratto di torrente indagato è caratterizzato dalla presenza di ambienti a pozze ed

ambienti a raschi. Il substrato è impostato su materiale grossolano, con dominanza di sassi e massi.

L’ombreggiatura è molto elevata e interessa entrambe le sponde. L’antropizzazione, a parte la breve

passerella in cemento sul corso d’acqua, è inesistente.

Figura 21. Torrente Pavone, Ponte di Castelnuovo

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Prima Bozza 91

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S02 Località Ponte di Castelnuovo Classificazione Salmonidi

Quota (m s.l.m.) 311 Superficie campionata (m 2) 256

Data 17/04/2007 Bacino idrico Cecina

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

13,2 392 7,68 12,5

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Anguilla 6,0 361,7 144,8 869 0,023 3,394531 3,395

Barbo tiberino 23,0 112,0 49,8 1144,5 0,563 4,470703 27,990

Cavedano 1,0 305,0 272,0 272 0,004 1,0625 1,063

Trota fario 5,0 163,0 84,0 420 0,035 1,640625 2,953

Vairone 42,0 67,0 8,0 336 0,171 1,3125 1,367

Totale 3041,50 11,88 36,77

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I I

Giudizio: Elevato Elevato

IBE

Valore: 10 Classe di qualità I

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Prima Bozza 92

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Pavone

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Prima Bozza 93

TORRENTE POSSERA

Il campionamento è stato effettuato nei pressi di Castelnuovo Val di Cecina, imboccando una

stretta carrareccia sulla S.S. Sarzanese Valdera n 439, circa 1 km prima del centro abitato di

Larderello. Il corso d’acqua è di piccole dimensioni, coperto da una lussureggiante vegetazione

riparia. Sono presenti buche non molto profonde alternate a corti raschi. Il substrato è costituito da

materiale grossolano, sassi e ciottoli; talvolta alternati a grandi massi. Le condizioni ecologiche del

piccolo corso d’acqua sono eccellenti e non è visibile alcuna forma di antropizzazione.

Figura 22. Torrente Possera, Larderello

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Prima Bozza 94

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S03 Località Larderello Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 509 Superficie campionata (m 2) 157

Data 17/04/2007 Bacino idrico Cecina

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

12,5 438 8,02 8,9

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Trota fario 8 220,6 151,3 1210 0,080 7,707 12,042

Vairone 36 92,8 10,8 387,5 0,243 2,468 2,621 Totale 1597,5 10,175 14,66

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I I

Giudizio Elevato Elevato

IBE

Valore: 10 Classe di qualità I

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Prima Bozza 95

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Possera

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Prima Bozza 96

TORRENTE STERZA DI CECINA

Il campionamento è stato effettuato poco a monte del ponte sulla SP dei Quattro Comuni n 18. Il

tratto in oggetto risulta rappresentato da lunghi raschi, una piana e un’ampia buca. Il substrato è

costituito principalmente da materiale grossolano, come ciottoli e sassi. Le rive sono ampiamente

boscate e l’ombreggiatura è elevata. L’antropizzazione nell’area di studio risulta essere nulla.

Figura 23. Torrente Sterza di Cecina, Ponte di Canneto

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Prima Bozza 97

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S04 Località Ponte di Canneto Classificazione Ciprinidi

Quota (m s.l.m.) 131 Superficie campionata (m 2) 197

Data 17/05/2007 Bacino idrico Cecina

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

16,8 512 8,25 9,3

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Anguilla 28 285,4 51,6 1444 0,245 7,329 12,609

Barbo tiberino 7 232,9 208,7 1461 0,036 7,416 7,416

Cavedano 55 155,0 50,7 2790 0,281 14,162 14,250 Totale 5695 28,908 34,28

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I II

Giudizio: Elevato Elevato-buono

IBE

Valore: 10 Classe di qualità I

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Prima Bozza 98

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Sterza di Cecina

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Prima Bozza 99

BOTRO RIVIVO

La stazione è situata all’interno della Riserva Naturale “Monterufoli-Caselli” e vi si accede da un

sentiero che costeggia il fosso dell’Aione. Il botro, in questo tratto, presenta alveo modesto,

caratterizzato da pozze intervallate a corti raschi. Il substrato dominante è costituito in ordine di

rappresentanza da sassi e massi. I rifugi per l’ittiofauna sono molto numerosi e l’ombreggiatura è

elevata. All’interno delle Riserve Naturali ricadenti nel territorio della Provincia di Pisa vige il divieto

assoluto di pesca.

Figura 24. Botro Rivivo, Caselli

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Prima Bozza 100

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S14 Località Caselli Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 64 Superficie campionata (m 2) 285

Data 11/08/2008 Bacino idrico Cecina

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

18,6 1131 9,4 3,6

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa (g/m²)

Biomassa stimata

Anguilla 5,0 424,0 136,2 681 0.219 2,389 23,188

Trota fario 14,0 204,6 106,0 1484 0.141 5,207 19,153

Totale 2165 7,596 42,341

Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I I

Giudizio: Elevato Elevato

IBE

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Botro Rivivo

Valore: 10 Classe di qualità I

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Prima Bozza 101

TORRENTE STERZA DI CASELLI

Il campionamento è stato effettuato in un tratto del torrente che ricade all’interno della Riserva

Naturale “Monterufoli-Caselli”. La sezione di torrente presa in esame è caratterizzata da una

elevata naturalità; piccole buche si alternano a corti raschi. La profondità massima è di circa 1,50

m mentre quella minima è di 5 cm. L’ombreggiatura è alquanto elevata e il substrato è ciottoloso-

ghiaioso; l’area indagata risulta idonea al mantenimento di popolazioni autoctone di ciprinidi reofili.

Figura 25. Torrente Sterza di Caselli, Fattoria di Caselli

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Prima Bozza 102

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S13 Località Caselli Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 388 Superficie campionata (m 2) 112

Data 22/08/2008 Bacino idrico Cecina

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

19,9 9,4 3,62 604

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Barbo tiberino 23 102,8 11,2 257 0,235 2,29464 2,621

Cavedano 32 97,8 11,6 371 0,537 3,3125 6,228

Cavedano et.o 58 104,2 14,8 861 0,625 7,6875 9,284 Totale 1489 13,29 18,13

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I I

Giudizio: Elevato Elevato

IBE

Valore: 10 Classe di qualità I

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Prima Bozza 103

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Sterza di Caselli

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Prima Bozza 104

TORRENTE RESCONE

La stazione di campionamento è ubicata nei pressi del “Molino Rescone” e vi si accede tramite una

strada sterrata, in direzione del Castello di Fosini. L’ombreggiatura dell’alveo è totale; prevalgono

massi e sassi, seguiti, in ordine di rappresentanza, da ciottoli e ghiaia. La profondità è da 10 m, a

1,10 cm. L’unica specie ittica rinvenuta che presenti discreta abbondanza è la Trota fario. La

popolazione di trote risulta strutturata su 4 classi di età.

Figura 26. Torrente Rescone, Molino di Rescone

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Prima Bozza 105

Bacino idrografico Fiume Cecina ID Stazione S21 Località Molino di Rescone Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 550 Superficie campionata (m 2) 115

Data 17/03/2007 Bacino idrico Cecina

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

7,1 1207 7,76 9,34

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g)

Barbo canino 3 145,0 38,0 114 0,026 0,991304 -

Cavedano 9 205,0 99,0 891 0,078 7,747826 -

Trota fario 6 152,5 49,3 296 0,052 2,573913 - Totale 1301 11,313 -

In questa specifica occasione il campionamento è stato effettuato con un solo passaggio: date le premesse del metodo

Zippin che necessita di un minimo di due passaggi per ottenere l’indice di catturabilità, non è possibile effettuare il

calcolo di stima della biomassa.

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I I

Giudizio: Elevato Elevato

IBE

Valore: 11 Classe di qualità I

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Car t a I t t i ca di Pi sa Ri sul t at i

Prima Bozza 106

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Rescone

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Prima Bozza 107

FIUME CORNIA

La stazione di campionamento è localizzata nelle vicinanze del ponte sulla SP 49, presso la

Leccia. Il corso d’acqua, nell’area indagata, presenta una portata molto ridotta e scorre per lunghi

tratti in subalveo. Il tratto analizzato presenta poche pozze alternate a lunghi raschi con profondità

moderate (in media 30 cm). Il substrato è rappresentato in prevalenza da sassi e ciottoli, e

l’ombreggiatura è del tutto assente, dato che la vegetazione riparia, ove presente, è costituita da

piante erbacee e arbustive.

Figura 27. Fiume Cornia, Sasso Pisano

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Prima Bozza 108

Bacino idrografico Fiume Cornia ID Stazione S12 Località Sasso Pisano Classificazione Salmonidi Quota (m s.l.m.) 273 Superficie campionata (m 2) 177

Data 23/07/2008 Bacino idrico Cornia

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

22,8 760 9,7 6,50

Specie ittica N° totale di

individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Barbo tiberino 154 96,5 8,1 1253 1,370 7,079 11,146

Vairone 194 269,7 7,4 1426,1 1,096 8,057 8,057 Totale 1840 15,136 19,203

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità III II_III

Giudizio Mediocre Buono-mediocre

IBE

Valore: 7 Classe di qualità III

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Prima Bozza 109

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Cornia

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Prima Bozza 110

FIUME FINE

La stazione di campionamento è ubicata nei pressi del Lago di Santa Luce e vi si accede tramite

una piccola carrareccia che dal Podere Condovino giunge al Podere Pian de’ Peri. Il Fiume Fine

attraversa numerosi coltivi in un’area pianeggiante. Ha una profondità media di circa 25 cm.

L’ambiente è fortemente antropizzato e in alcuni punti l’alveo presenta smottamenti, poiché le rive,

nude o con sottile strato erboso, vengono continuamente erose dai fenomeni di piena improvvisi.

Figura 28. Fiume Fine, Santa Luce

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Prima Bozza 111

Corso d'acqua Fiume Fine ID Stazione S09 Località Santa Luce Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 52 Superficie campionata (m 2) 124

Data 13/04/2007 Bacino idrico Fine

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

16,9 1207 7,76 9,34

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (cm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Alborella 20 85,8 6,6 132 0,163 1,064 1,078

Cobite comune 1 85,0 4,0 4 0,008 0,032 0,032 Totale 136 1,096 1,11

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità IV IV

Giudizio: Scadente Scadente

IBE ND

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Prima Bozza 112

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del Fiume Fine

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Prima Bozza 113

TORRENTE MARMOLAIO

L’area di campionamento è localizzata in località Pomaia, nei pressi del “Ponte Marmolaio”. Il

transetto presenta caratteristiche idromorfologiche omogenee, alternando tratti con raschi a zone

con piccole pozze e cascatelle. La profondità media è nell’ordine delle decine di centimetri e la

larghezza media dell’alveo bagnato è di circa 2,60 m. Il substrato dominante è costituito da massi

e sassi, con minori percentuali di elementi di granulometria inferiore. Il tratto indagato presenta

elevata naturalità e i rifugi per l’ittiofauna costituiscono circa il 60% della superficie del substrato.

Figura 29. Torrente Marmolaio, Pomaia

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Prima Bozza 114

Bacino idrografico Fiume Fine ID Stazione S16 Località Pomaia Classificazione Ciprinidi Quota (m s.l.m.) 162 Superficie campionata (m 2) 404

Data 04/06/2008 Bacino idrico Fine

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto

°C µS/cm

pH

mg/l

- - - -

Specie ittica N° totale individui catturati

Lunghezza media (mm)

Peso medio (g)

Peso totale (g)

Densità (ind./m²)

Biomassa osservata

(g/m²)

Biomassa stimata (g/m²)

Anguilla 9 324,4 71,6 644 0,022 1,594059 1,594

Barbo tiberino 28 145,9 43,6 1220 0,075 3,019802 3,262

Vairone 49 97,6 13,5 660 0,136 1,633663 1,826

Totale 2524 6,247 6,68

IFF Sponda Sinistra Sponda Destra

Livello di funzionalità I I

Giudizio: Elevato Elevato

IBE

Valore: 9-10 Classe di qualità I-II

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Prima Bozza 115

Distribuzione di frequenza delle principali specie ittiche del T. Marmolaio

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 116

4. Le specie ittiche della Provincia di Pisa

CLASSE, ORDINE, Famiglia, Genere e Specie O

PETROMYZONTIDA

PETROMYZONTIFORMES

Petromyzontidae

Petromyzon marinus Linnaeus, 1758 A

ACTINOTPERYGII

ANGUILLIFORMES

Anguillidae

Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758) A

CLUPEIFORMES

Clupeidae

Alosa fallax (Lacépède, 1803) A

Engraulidae

Engraulis encrasicolus (Linnaeus, 1758) A

CYPRINIFORMES

Cyprinidae

Alburnus alburnus (Linnaeus, 1758) T

Abramis brama (Linnaeus, 1758) E

Barbus barbus (Linnaeus, 1758 ) E

Barbus caninus Bonaparte, 1839 T

Barbus plebejus Bonaparte, 1839 T

Barbus tyberinus Bonaparte, 1839 A

Blicca bjoerkna (Linnaeus, 1758) E

Carassius auratus (Linnaeus, 1758) E

Carassius carassius (Linnaeus, 1758) E

Chondrostoma genei (Bonaparte, 1839) A

Chondrostoma soetta Bonaparte, 1840 A

Cyprinus carpio Linnaeus, 1758 T

Gobio gobio (Linnaeus, 1758) A

Squalius cephalus (Linnaeus, 1758) A

Squalius lucumonis Bianco, 1983 A

Pachychilon pictum (Heckel & Kner, 1858) E

Pseudorasbora parva (Temminck & Schlegel, 1846) E

Rhodeus sericeus (Pallas, 1776) E

Rutilus erythrophthalmus Zerunian, 1982 T

Rutilus rubilio (Bonaparte, 1837) A

Rutilus rutilus (Linnaeus, 1758) E

Scardinius erythrophthalmus (Linnaeus, 1758) A

Telestes muticellus (Bonaparte, 1837) A

Cobitidae

Cobitis taenia Linnaeus, 1758 T

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Prima Bozza 117

SILURIFORMES

Siluridae

Silurus glanis Linnaeus, 1758 E

Ictaluridae

Ictalurus punctatus (Rafinesque, 1818) E

ESOCIFORMES

Esocidae

Esox lucius Linnaeus, 1758 A

SALMONIFORMES

Salmonidae

Salmo trutta Linnaeus, 1758 A

Salmo (trutta) macrostigma (Duméril, 1858) A

MUGILIFORMES

Mugilidae

Mugil cephalus Linnaeus, 1758 A

Liza ramada (Risso, 1827) A

ATHERINIFORMES

Atherinidae

Atherina boyeri Risso, 1810 A

PERCIFORMES

Centrarchidae

Lepomis gibbosus (Linnaeus, 1758) E

Micropterus salmoides Lacépède, 1802 E

Gobiidae

Padogobius bonelli (Bonaparte, 1846) T

Padogobius nigricans (Canestrini, 1867) A

Knipowitschia panizzae (Verga, 1841) T

Moronidae

Dicentrarchus labrax (Linnaeus, 1758) A

Percidae

Sander lucioperca (Linnaeus, 1758) E

Perca fluviatilis Linnaeus, 1758 A

CYPRINODONTIFORMES

Poeciliidae

Gambusia holbrooki Girard, 1859 E

Legenda: O – origine; A – specie autoctona; T – sp. transfau nata; E – sp. esotica

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Prima Bozza 118

Classe PETROMYZONTIDA

Ordine PETROMYZONTIFORMES

Famiglia Petromyzontidae

Lampreda di mare

Petromyzon marinus Linnaeus, 1758

La specie è distribuita in tutta Europa sia nell’area mediterranea sia in quella atlantica.

La lampreda di mare è una specie migratrice anadroma in grado quindi di tollerare ampie

escursioni del livello di salinità. Di taglia medio grande, raggiunge normalmente i 90 cm ed

eccezionalmente i 120 cm e 2 kg di peso. Ha un corpo anguilliforme di colore marrone marezzato

di giallo, con due evidenti pinne dorsali e una corta pinna caudale. La caratteristica principale degli

adulti di questi animali è la bocca circolare, o disco suttorio, munita di numerosi e robusti denti

cornei disposti in file e con una piastra dentaria sopraorale stretta che permette di distinguerla

dall’altro genere di lampreda presente in Italia, Lampetra, esclusivo delle acque dolci. Nei giovani,

denominati ammoceti, la bocca invece ha una conformazione a ferro di cavallo e l’aspetto generale

dell’animale è piuttosto diverso dagli adulti della specie: infatti essi metamorfosano quando

raggiungono i 13-20 cm dopo aver trascorso in mare gran parte della loro esistenza, cibandosi di

microrganismi filtrati dal fango.

Durante il corso della vita questa specie cambia ambiente a seconda delle sue esigenze trofiche e

riproduttive: appena nate, le piccole lamprede rimangono nelle acque dolci fino all’inizio

dell’inverno, quando migrano verso il mare e dove restano per 4-5 anni prima di metamorfosare.

Durante la loro vita in mare, questa specie diventa parassita di altri pesci o mammiferi acquatici,

attaccandosi al loro corpo e succhiandone i liquidi corporei. Gli adulti in riproduzione risalgono i

fiumi e maschi e femmine insieme preparano una sorta di fossa poco profonda che funge da nido

attaccandosi entrambi con la bocca a un sasso ed emettendo in contemporanea i gameti

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Prima Bozza 119

nell’acqua. Solo nel perido riproduttivo è evidente il dimorfismo sessuale: il maschio presenta una

cresta adiposa sul dorso e la femmina una pinna anale. Gli adulti muoiono dopo la deposizione.

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Prima Bozza 120

Figura . Distribuzione e densità della Lampreda di mare

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Prima Bozza 121

Classe ACTINOTPERYGII

Ordine ANGUILLIFORMES

Famiglia Anguillidae

Anguilla

Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758)

Di taglia media, questa specie è l'unico rappresentante per le nostre acque della famiglia degli

Anguillidae. La lunghezza massima raggiunta dalle femmine è di circa 1 m per un peso di 2 kg,

mentre i maschi non superano i 50 cm e i 200 g.

Il corpo è serpentiforme, cilindrico e appiattito in senso laterale nella porzione caudale. Il capo è

appuntito e gli occhi sono piccoli ma ben evidenti. Le pinne dorsale e anale sono lunghe e

confluiscono nella caudale, così come ben sviluppate risultano le pettorali, mentre le ventrali sono

assenti. Il corpo è cosparso di piccole scaglie irregolarmente disposte e infossate nel derma.

E' una specie migratrice catadroma, in quanto la fase riproduttiva si svolge in acque marine e

trascorre la fase di accrescimento in acque dolci e salmastre.

L’unica area di riproduzione accertata per questa specie è situata nel Mar dei Sargassi, adiacente

a quella dell'Anguilla rostrata, l'anguilla americana. Per arrivare in queste zone le anguille adulte

dell'area mediterranea discendono i fiumi e compiono una lunga migrazione verso i mari tropicali

attraversando lo Stretto di Gibilterra. Il colore degli individui in questa fase vitale è scuro sul dorso

e argenteo sul ventre che da loro il nome di "anguille argentine".

I piccoli nati nel Mar dei Sargassi prendono il nome di "leptocefali", dato che il corpo è a forma di

foglia di salice, depigmentato e con la testa molto piccola. Questa prima fase marina dura 3-4 anni

e il movimento dei piccoli verso le coste europee è dovuto in gran parte al trasportato passivo da

parte delle correnti. Gli individui possono raggiungere gli 8 cm di lunghezza. Presso la costa

atlantica europea e in seguito nel Mar Mediterraneo il leptocefalo subisce una metamorfosi

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Prima Bozza 122

divenendo "cieca". Il corpo, ancora depigmentato, assume una forma quasi cilindrica: vi è una

riduzione in altezza e in lunghezza e l’apice della testa si fa più appuntito.

In questo stadio si appresta a risalire i fiumi, affluendo in quantità maggiori nei corsi d'acqua che

sfociano nel Mar Tirreno rispetto a quelli che si versano nel Mar Adriatico. Nel periodo che va da

ottobre a febbraio la cieca inizia a pigmentarsi assumendo la tipica colorazione del "ragano", con il

dorso scuro e il ventre giallastro. Durante questi stadi le modificazioni non sono solo morfologiche

ma anche fisiologiche, per consentire l'adattamento all'ambiente di acqua dolce.

L'anguilla è distribuita in tutte le acque dolci e si adatta a vivere nei vari tipi di ambienti, dalle zone

salmastre ai torrenti montani.

Il picco di attività di caccia e di movimento coincide con le ore serali e notturne, mentre durante il

giorno e d'inverno tende a ripararsi in anfratti tra i sassi oppure scava attivamente un rifugio nel

fango.

L'alimentazione è carnivora e varia: leptocefali e cieche sono bentofaghe e si nutrono di piccoli

invertebrati; le anguille già metamorfosate e di dimensioni fino a 35 cm circa mantengono questo

tipo di alimentazione, mentre quelle più grandi aggiungono alla loro dieta anche animali non

strettamente legati al substrato, tra cui pesci e crostacei.

L'accrescimento è variabile in funzione dei regimi termici e della disponibilità alimentare. Le

anguille "a testa larga" raggiungono dimensioni maggiori rispetto a quelle con morfologia normale,

anche se non si tratta di un carattere genetico, ma di un adattamento alle condizioni locali.

Per arrivare allo stadio di anguilla argentina, in cui l’animale si avvia verso la maturità sessuale e

inizia la migrazione verso l’area di riproduzione, i maschi impiegano circa 4-10 anni dalla fase di

cieca, mentre le femmine 4-14 anni.

L'anguilla è una delle specie di maggior valore e interesse commerciale per la pesca in Italia,

soprattutto per quella professionale. Molto avanzato è anche lo sfruttamento industriale basato

sull'allevamento estensivo e intensivo operato a partire dai ragani e sempre più spesso dalle

cieche, vista la progressiva difficoltà di reperimento dei giovani pigmentati.

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Prima Bozza 123

Figura . Distribuzione e densità dell’Anguilla

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Prima Bozza 124

Ordine CLUPEIFORMES

Famiglia Clupeidae

Alosa o cheppia

Alosa fallax (Lacépède, 1803)

L'alosa o cheppia è specie migratrice anadroma cioé che trascorre la fase riproduttiva della sua

vita in acque dolci e il resto della sua esistenza in mare. È distribuita lungo le coste di tutta Europa,

sia sul versante mediterraneo sia su quello atlantico. In Italia alcune popolazioni di questa specie

sono stanziali in acqua dolce, come ad esempio nel Lago di Garda, e vengono identificate con il

nome di Agoni.

Il corpo è alto nella parte preventrale e compresso lateralmente nella parte ventrale. La testa ha un

profilo triangolare ed è priva di scaglie. L’addome carenato presenta numerose scaglie che

conferiscono al pesce un aspetto dentellato. Il dorso è di colore blu-verde, mentre i fianchi e il

ventre sono bianco argentei e iridescenti. A differenza della congenere A. alosa, presenta anche 4-

8 macchie nere poco marcate su ciascun lato del corpo, poste posteriormente alla macchia

branchiale. Le lunghezze massime riscontrate nelle popolazioni migratrici sono per le femmine 55

cm (1,5 kg di peso) e 45-50 cm per i maschi (1 kg di peso), mentre non supera i 35-40 cm nelle

popolazioni stanziali lacustri. Il fenotipo è estremamente variabile e si possono riscontrare anche

differenze notevoli tra le diverse popolazioni. Non è evidente alcun dimorfismo sessuale.

È una specie pelagica e gregaria; vive in mare per gran parte dell'anno dove si nutre di pesci e

crostacei, sia di specie pelagiche sia bentoniche. Nel periodo tra febbraio e maggio, gruppi anche

consistenti di questi pesci entrano nei fiumi di maggiori dimensioni per risalirli e andare a riprodursi

su fondali ghiaioso-sabbiosi, dove vengono deposte le uova tra la fine della primavere e l’inizio

dell’estate. Durante la fase riproduttiva le cheppie adulte non si nutrono e quelle tra esse più

debilitate non fanno più ritorno al mare a fine estate. I gruppi in migrazione sono costituiti in gran

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Prima Bozza 125

parte da maschi di 3-4 anni mentre le femmine sono di 4-5 anni. I piccoli si nutrono di invertebrati e

zooplancton e migrano verso il mare entro l'autunno dell'anno di nascita.

La cheppia ha sempre avuto una notevole importanza dal punto di vista della pesca professionale

e, a causa dello sfruttamento, oltre che della aumentata frammentarietà degli ambienti fluviali, le

sue popolazioni sono in contrazione.

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Prima Bozza 126

Figura . Distribuzione e densità della Cheppia

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Prima Bozza 127

Ordine CLUPEIFORMES

Famiglia Engraulidae

Acciuga

Engraulis encrasicolus (Linnaeus, 1758)

Distribuita in tutti i mari europei, si distingue facilmente dalle aringhe e dalle alose per il capo

prominente e le lunghe mandibole.

Il corpo dell’acciuga risulta affusolato e snello; il muso è allungato e appuntito. La bocca è posta in

posizione infera. La mandibola inferiore è molto lunga, con l’angolo che oltrepassa posteriormente

l’occhio. La pinna anale e quella dorsale sono piccole rispetto alla lunghezza del corpo. La pinna

dorsale è posizionata a metà del dorso, mentre la pinna anale è posizionata leggermente più

indietro. L’acciuga presenta una banda argentea lungo i fianchi, che tende a scomparire nei

soggetti adulti. Il dorso è di colore grigio chiaro o verde-grigio e sfuma sui fianchi fino a essere

bianco sul ventre.

L’acciuga ha vita pelagica ma tende a rimanere nelle vicinanze della costa. È una specie con

spiccate caratteristiche eurialine, infatti la si può ritrovare nelle lagune costiere e alle foci dei fiumi.

Essendo gregaria tende a formare banchi consistenti che si spostano durante l’arco dell’anno,

compiendo rilevanti migrazioni trofiche. L’alimentazione di questa specie si basa prevalentemente

su organismi planctonici, e in particolare da Copepodi, Cirripedi e larve di Molluschi. Il periodo

riproduttivo è molto ampio e varia a seconda delle condizioni ambientali locali da maggio a ottobre,

con un picco massimo da luglio a settembre. Le uova sono pelagiche e hanno forma ovale.

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Prima Bozza 128

Figura . Distribuzione e densità dell’Acciuga

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Prima Bozza 129

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Alborella

Alburnus alburnus (Linnaeus, 1758)

Specie indigena dell'Italia settentrionale, l'alborella è un pesce di piccola taglia: infatti non supera

in genere i 15 cm di lunghezza. Ha corpo slanciato e bocca supera. Il colore è argenteo sui fianchi

e sul ventre e bruno-verdastro sul dorso; le pinne sono sempre tendenti al grigio a eccezione del

maschio nel periodo di frega che può presentare la base delle pinne di colore arancio. La dieta è

onnivora e comprende sia zooplancton sia insetti alati presso la superficie.

Frequenta normalmente ambienti con acque a lento flusso e la si trova facilmente in associazione

con altri ciprinidi di pianura come il triotto e la scardola, con cui può produrre ibridi, ma anche in

ambienti con acque più fresche dove vivono la lasca ed il barbo comune, oltre che sporadicamente

in ambienti salmastri. È gregaria e forma banchi anche di notevoli dimensioni specialmente nei

corsi d’acqua più grandi.

La riproduzione avviene tra maggio e luglio su bassi fondali sabbioso-ghiaiosi e le uova schiudono

dopo pochi giorni. Le femmine depongono un numero limitato di uova di colore giallo (1000-2500)

in rapporto alle dimensioni della specie.

È specie adattabile e trae vantaggio dall'aumento della presenza del plancton; è inoltre un

importante anello della catena trofica costituendo in alcuni ambienti il principale pesce "foraggio"

per predatori come il luccio e il persico trota.

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Prima Bozza 130

Figura . Distribuzione e densità dell’Alborella

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Prima Bozza 131

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Abramide

Abramis brama (Linnaeus, 1758)

E' una specie alloctona per le acque italiane, originaria dei bacini dell'Europa d'Oltralpe e dell'Asia.

Pesce di taglia media, l'abramide raggiunge normalmente i 30-40 cm ma in letteratura sono

riportate anche misure massime di 80 cm e 11,5 kg di peso.

La sagoma dell'adulto è facilmente distinguibile: il corpo è molto sviluppato in altezza e compresso

lateralmente; caratteristiche peculiari sono inoltre la pinna anale molto lunga e la pinna caudale

forcuta, a coda d'angelo. La colorazione è grigio-bruna sul dorso e grigio-argentea sui fianchi e sul

ventre, ma negli esemplari più grandi il dorso ha riflessi bronzei. La bocca è infera e con labbra

carnose.

Frequenta le acque a lento decorso, con fondo fangoso e ricche di vegetazione, colonizzando con

estrema facilità laghi di pianura e stagni. Ha comportamento gregario e a gruppi gli abramidi si

muovono sul fondo alla ricerca del cibo costituito essenzialmente da piccoli organismi bentonici

oltre che da vegetazione acquatica.

La riproduzione avviene tra maggio e giugno e le femmine depongono varie centinaia di migliaia di

piccole uova gialle sulla vegetazione sommersa. La maturità sessuale viene raggiunta a 22-24 cm.

Può produrre ibridi con altri Ciprinidi, in particolare con la Blicca.

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Prima Bozza 132

Figura . Distribuzione e densità dell’Abramide

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Prima Bozza 133

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Barbo europeo

Barbus barbus (Linnaeus, 1758)

La specie è stata segnalata in Italia, nel distretto tosco-laziale, nel 1995 ma è originaria dell’Europa

Centrale e della Gran Bretagna. Ha un corpo slanciato e può raggiungere 90 cm di lunghezza;

nell’adulto la colorazione è omogenea verde o marrone chiaro con riflessi dorati, mentre nei

giovani i fianchi possono presentare alcune macchie scure. La bocca è nettamente infera, carnosa

con labbra bianche munite di quattro barbigli sul labbro superiore. Le pinne sono di colore verde o

marrone scuro, con l’origine tendente al rosso. Si distingue dalle altre tre specie congeneri viventi

in Italia in base alla conformazione del più lungo dei raggi della prima pinna dorsale, che è

finemente seghettato.

Il Barbo europeo è tendenzialmente gregario di fondo e vive nelle acque correnti di grossi corsi

d’acqua. In primavera, entrambi i sessi compiono migrazioni controcorrente legate alla ricerca di

siti di riproduzione. Si ciba prevalentemente di notte preferendo nettamente piccoli invertebrati e

occasionalmente anche vegetali e piccoli pesci.

La maturità sessuale è raggiunta a 4-5 anni di età. La deposizione avviene tra aprile e giugno,

periodo in cui diventano evidenti i tubercoli nuziali sul capo e sul dorso dei maschi. La femmina

depone preferibilmente su fondi duri da un minimo di 3000 a circa 9000 uova di colore giallo, che

misurano 2,0-2,5 mm.

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Prima Bozza 134

Figura . Distribuzione e densità del Barbo europeo

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Prima Bozza 135

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Barbo canino

Barbus caninus Bonaparte, 1839

L’areale di distribuzione originario della specie è il distretto padano-veneto, dove le popolazione

sono in contrazione, ma risulta introdotta anche nei corsi d’acqua del versante tirrenico. È il barbo

di più piccole dimensioni tra quelli presenti in Italia, raggiungendo al massimo 20-22 cm di

lunghezza. Possiede una punteggiatura delle pinne raggruppata in linee piuttosto regolari, in senso

opposto alla lunghezza dei raggi, evidente soprattutto sulla pinna caudale. Il muso è piuttosto

carnoso e provvisto di due paia di barbigli. Il colore di fondo è variabile dal giallo al bruno-arancio e

al grigio, con grosse macchie nere irregolari sulla testa e sulla parte dorsale di tutto il corpo. A

differenza di B. plebejus e B. tyberinus, in questa specie l’ultimo raggio indiviso della pinna dorsale

non è per niente seghettato.

È una specie gregaria a limitata valenza ecologica, dato che è presente solo nei tratti medio-alti dei

fiumi e torrenti, oltre a essere sensibile alle alterazioni della qualità ambientale dei corsi d’acqua. Si

ciba sul fondo e preferisce soprattutto le larve d’invertebrati. Il Barbo canino diurno ed è attivo

soprattutto nella stagione estiva, mentre in inverno si rifugia in piccoli anfratti.

La maturità sessuale viene raggiunta a tre anni di età e non c’è alcuna evidenza di dimorfismo

sessuale. La frega avviene tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate e la femmina depone

alcune migliaia di uova, che sono deposte sul fondo e schiudono in pochi giorni. L’accrescimento

pare essere piuttosto lento.

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Prima Bozza 136

Figura . Distribuzione e densità del Barbo canino

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Prima Bozza 137

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Barbo padano

Barbus plebejus Bonaparte, 1839

Il Barbo padano è originario del distretto padano-veneto ma è ormai presente in gran parte dei

corsi d’acqua di tutta la penisola a causa delle massicce immissioni di materiale ittico effettuate

negli ultimi decenni. Ha dimensioni medio-grandi e corpo affusolato, con bocca infera munita di 2

paia di barbigli. La lunghezza massima raggiungibile è di circa 60 cm per 4 kg di peso.

Vive nei corsi d'acqua di pianura e pedemontani caratterizzati da acque ossigenate con corrente

moderata e fondo ghiaioso-sabbioso, dove è possibile ritrovarlo soprattutto sul fondo dove caccia

attivamente gli invertebrati bentonici di cui si nutre. È gregario soprattutto nelle fasi giovanili.

All’interno del suo originario areale di diffusione è possibile trovarlo più frequentemente associato

ad altri Ciprinidi reofili ma nelle zone pedemontane può vivere insieme alla Trota marmorata e

Temolo.

La maturità sessuale è raggiunta a 2-3 anni dai maschi e a 3-4 anni dalle femmine, quando

arrivano a 25-30 cm di lunghezza. Questi Barbi si riproducono tra aprile e giugno, quando a gruppi

i barbi risalgono lungo i fiumi alla ricerca di zone idonee alla riproduzione. Qui vengono deposte le

uova tra la ghiaia e i sassi, dove resteranno fino alla schiusa (6-7 giorni). Le femmine depongono

diverse migliaia di uova, aventi un diametro di 2-3 mm.

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Prima Bozza 138

Figura . Distribuzione e densità del Barbo padano

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Prima Bozza 139

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Barbo tiberino

Barbus tyberinus Bonaparte, 1839

L’areale di distribuzione originario di questa specie è il distretto tosco-laziale ma è stato introdotto

in Liguria e in alcuni corsi d’acqua tributari dello Ionio.

Per il barbo tiberino non esistono studi approfonditi sulle caratteristiche morfometriche e tuttavia è

possibile distinguerlo facilmente dal congenere B. plebejus per la lunghezza della pinna anale che,

come nel Barbo canino, quando è ripiegata sul corpo raggiunge quella caudale. In questa specie

l’ultimo raggio indiviso della pinna dorsale è debolmente ossificato e finemente seghettato negli

esemplari giovani, ma la seghettatura tende a scomparire completamente negli esemplari adulti.

Anche in questa specie sono stati evidenziati i due ecofenotipi “giallo” e “blu”. Le scaglie sono

relativamente grandi.

La maturità sessuale è raggiunta a 3 o 4 anni di età e la deposizione avviene all’inizio dell’estate;

in questo periodo il maschio presenta piccoli tubercoli sulla testa, gli opercoli e il dorso. Le uova

mature raggiungono un diametro di 1,4-1,6 cm.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 140

Figura . Distribuzione e densità del Barbo tiberino

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 141

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Blicca Blicca bjoerkna (Linnaeus, 1758)

Come l’Abramide è una specie alloctona per le acque italiane, essendo originaria dei bacini

dell'Europa d'Oltralpe e dell'Asia, e da essa si distingue per il corpo più snello e per l’occhio più

grande (uguale o maggiore alla lunghezza del muso), oltre che per una colorazione spiccatamente

argentea. Pesce di taglia medio-piccola, la blicca raggiunge al massimo i 35 cm ha un

accrescimento lento ed è piuttosto versatile in fatto di alimentazione, potendo nutrirsi sia sul fondo

sia sull’intera colonna d’acqua.

Frequenta le acque a lento decorso, con fondo fangoso e ricche di vegetazione, colonizzando con

estrema facilità paludi e stagni.

La riproduzione avviene tra giugno e luglio, quando le femmine depongono fino a 110.000 uova

del diametro di 1,5 mm in piccoli cumuli sulla vegetazione sommersa di acque poco profonde.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 142

Figura . Distribuzione e densità della Blicca

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 143

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Carassio dorato

Carassius auratus (Linnaeus, 1758)

Specie alloctona di origine asiatica, il carassio dorato ha avuto un ampio successo di diffusione in

Italia sia a seguito di alcune semine sconsiderate sia per la deplorevole abitudine di liberare in

natura i classici “pesciolini rossi” d’acquario. La specie è dotata di ampia valenza ecologica,

possedendo la capacità di adattarsi a condizioni ambientali varie, anche critiche, grazie alla quale

ha colonizzato moltissime aree di pianura, dove spesso la biomassa delle sue popolazioni

rappresenta una frazione importante della biomassa ittica complessiva presente. Tipicamente il

carassio dorato frequenta le acque potamali lente, con fondali sabbioso-fangosi e ricche di

vegetazione, non disdegnando comunque i tratti di corso d'acqua in prossimità delle foci, anche in

situazioni di elevati valori di salinità. L'alimentazione è di tipo onnivoro e comprende sia piante

acquatiche sia invertebrati bentonici sia detrito organico.

La riproduzione è tipicamente fitofila e avviene tra maggio e giugno. Le uova deposte dalle

femmine sono numerose ma di dimensioni ridotte (1-1,5 mm) e si schiudono nel giro di pochi

giorni.

Il dimorfismo sessuale è limitato alla presenza degli organi perliformi nei maschi durante il periodo

riproduttivo. È specie a rapido accrescimento, in relazione alle delle caratteristiche trofiche

dell'ambiente.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 144

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Carassio comune

Carassius carassius (Linnaeus, 1758)

Originariamente distribuito dall’Europa dell’Est all’Asia, è ora presente in tutta l’Europa. Il carassio

comune può raggiungere i 35 cm di lunghezza e qualche centinaio di grammi di peso ed

eccezionalmente 50 cm e 2 kg. L’aspetto generale richiama quello della carpa, ma la bocca è priva

di barbigli e il colore è normalmente argentato, anche se sono noti esemplari rossi. La pinna

dorsale ha una base ampia e il terzo raggio ha il bordo interno seghettato.

Predilige acque con poca corrente o addirittura stagnanti con abbondante vegetazione acquatica.

È particolarmente resistente agli sbalzi di temperatura, alla carenza di ossigeno e alla presenza di

sostanze inquinanti. Si nutre di invertebrati acquatici. I maschi raggiungono la maturità sessuale a

3 anni e le femmine a 4 anni. Si riproduce in primavera. La femmina depone sulla vegetazione

diverse centinaia di migliaia di uova di colore giallo-arancio, di 1,4-1,7 mm di diametro.

Il carassio comune e il carassio dorato sono specie molto affini da un punto di vista sistematico e

anche per ciò che riguarda l'aspetto morfologico esteriore le somiglianze sono notevoli, soprattutto

tra il carassio comune e le popolazioni di carassio dorato selvatiche che perdono la caratteristica

colorazione rossa per diventare bruno-argentate.

Caratteri diagnostici validi per distinguere le due specie sono: il gibbo dorsale più pronunciato nel

C. carassius, il numero di branchiospine del primo arco branchiale e il numero di scaglie della linea

laterale.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 145

Figura . Distribuzione e densità del Carassio comune

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 146

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Lasca

Chondrostoma genei (Bonaparte, 1839)

La Lasca è endemica delle regioni settentrionali e centro-orientali dell’Italia; è invece alloctona nel

distretto tosco-laziale. È di taglia medio piccola, dato che raggiunge raramente i 25 cm di

lunghezza e pesa al massimo un centinaio di grammi. Il corpo è slanciato, di colore grigio chiaro

sul dorso e bianco sul ventre. Sui fianchi è ben visibile negli individui freschi una banda più scura.

La bocca è piccola e infera, con il bordo del labbro inferiore affilato, adatto ad asportare le alghe

epilitiche che costituiscono la gran parte della dieta, insieme ai piccoli invertebrati che si trovano al

loro interno. Le pinne pettorali, ventrali e anale sono di colore giallo-arancio chiaro, che diventa

rosso durante il periodo riproduttivo, mentre la dorsale e la caudale sono marrone chiaro.

La specie vive in corsi d’acqua con corrente vivace ed è gregaria e potamodroma, ossia migra nel

periodo della riproduzione, alla ricerca di siti idonei per la deposizione dei gameti. Questi vengono

normalmente rilasciati nel periodo primaverile in piccoli affluenti. La femmina depone da 2000 a

100.000 uova di diametro medio di 1,5 mm. Solo durante il periodo riproduttivo è evidente il

dimorfismo sessuale, che è caratterizzato dalla presenza dei tubercoli nuziali sul capo e dalla

colorazione arancione delle pinne pari e dell’anale negli individui maschi.

La lasca è stata a lungo pescata a scopo alimentare e le sue popolazioni sono in contrazione

ovunque.

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Prima Bozza 147

Figura . Distribuzione e densità della Lasca

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Prima Bozza 148

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Savetta

Chondrostoma soetta Bonaparte, 1840

Originariamente distribuito nell’Italia settentrionale, nel distretto padano-veneto, questo Ciprinide di

dimensioni medio-piccole ed è caratterizzato dall'aspetto slanciato, dal capo appuntito e dalla

bocca infera, con il labbro inferiore munito di ispessimento corneo e tagliente. La savetta

raggiunge una lunghezza massima di circa 40 cm e per un peso di circa 700 g. L’accrescimento è

piuttosto lento.

La colorazione è grigio scura sul dorso e va sfumando verso il bianco argenteo sul ventre mentre

le pinne pettorali, le ventrali e l’anale possono essere leggermente sfumate di arancio ma più

spesso sono di colore grigio chiaro.

Predilige i fiumi con acque profonde, ben ossigenate e con velocità di corrente moderata, con

fondali sabbiosi o ciottolosi. Di abitudini gregarie, la si può rinvenire in gruppi anche molto

numerosi che si muovono su fondi fangosi alla ricerca del cibo nei tratti medio-bassi dei corsi

d’acqua, nonché negli ambienti lacustri. L'alimentazione è onnivora con prevalenza della

componente vegetale.

Il periodo riproduttivo è tra aprile e giugno, quando compie migrazioni verso i tratti medio-alti dei

fiumi e nei corsi d’acqua di minori dimensioni. Le femmine depongono diverse migliaia di uova su

fondali ghiaiosi in ambiente ripario, a bassa profondità; la schiusa avviene dopo 6-7 giorni.

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Prima Bozza 149

Figura . Distribuzione e densità della Savetta

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Prima Bozza 150

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Carpa

Cyprinus carpio Linnaeus, 1758

Specie originaria dell'Europa centrale e dell'Asia, la carpa è stata importata in Italia, in periodo

sconosciuto, a scopo alimentare. Oggi è ampiamente diffusa e acclimatata in gran parte del

territorio italiano.

La carpa, che può raggiungere grosse dimensioni, ha il corpo tozzo e la bocca in posizione

mediana con 2 paia di piccoli barbigli. Esistono di questa specie diversi fenotipi: la "carpa comune"

(o regina); la "carpa a specchi", con poche scaglie rotondeggianti; la "carpa cuoio", completamente

priva di scaglie. Tutte presentano il primo raggio delle pinne dorsale e anale dentellato. Le pinne

sono a volte intensamente aranciate, soprattutto la caudale e le pettorali.

Può a raggiungere anche i 130 cm di lunghezza e i 30 kg di peso nelle acque di bassa pianura.

L’allevamento è molto diffuso nelle risaie del Nord Italia, a volte in associazione con la tinca.

Ciprinide tipicamente fitofilo, ama le acque lente e calde delle zone planiziali dove il fondo è

fangoso e la vegetazione acquatica è abbondante, ma è anche presente in altre tipologie

ambientali, come i laghi montani, dove le popolazioni si mantengono soprattutto grazie alle

periodiche immissioni effettuate dall'uomo.

La specie è onnivora e la sua dieta comprende sia i piccoli organismi del fondo sia piccoli elementi

vegetali come bacche e granaglie. È specie gregaria, soprattutto da giovane e può ibridarsi con il

Carassio comune.

La riproduzione avviene tra fine primavera e inizio estate: i maschi presentano dei minuscoli

tubercoli nuziali sul capo e sugli opercoli; le femmine rilasciano a più riprese le uova in acque poco

profonde sulla vegetazione sommersa. Le uova possono essere numerose: da 100.000 a 200.000

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 151

per kg di peso corporeo, con un diametro 1,5 mm, e il tempo di schiusa è di pochi giorni, in

funzione delle condizioni ambientali.

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Prima Bozza 152

Figura . Distribuzione e densità della Carpa

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Prima Bozza 153

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Gobione

Gobio gobio (Linnaeus, 1758)

Ciprinide bentonico, simile a un piccolo barbo, di origine centro-europea, ad amplissima

distribuzione, è arrivato in Toscana dal Nord Italia: ha complessivamente un aspetto affusolato,

con la testa relativamente grande e la bocca infero-mediana provvista di 2 barbigli. Può

raggiungere i 20 cm ma normalmente la lunghezza massima totale è di 15 cm.

Il colore è dorsalmente scuro, grigio-bruno con macchie nere sparse che producono linee lungo i

fianchi, e ventralmente chiaro. Macchie scure allineate sono presenti anche sulle pinne. Sono

inoltre visibili lungo i fianchi alcune grosse chiazze scure, in genere tra 5 e 10.

Il Gobione ha una buona valenza ecologica e può vivere in diversi ambienti fluviali ma frequenta

soprattutto le acque a corrente moderata e con fondali sabbiosi. È gregario, l'alimentazione è

legata al substrato ed è in prevalenza carnivora essendo costituita da piccoli invertebrati acquatici

ed eccezionalmente, da detriti e uova di pesci.

La maturità sessuale viene raggiunta al secondo o terzo anno di vita. Il dimorfismo sessuale è

evidente anche al di fuori del periodo riproduttivo, dato che le pinne pari sono più lunghe nel

maschio rispetto alla femmina. I maschi inoltre hanno una colorazione più scura e si ricoprono di

tubercoli nuziali durante la riproduzione, che avviene tra aprile e giugno; le uova, del diametro di

circa 1,5 mm, vengono deposte in poche migliaia per femmina sia sul fondo sia su piante

acquatiche, a basse profondità. Le larve schiudono in 7-8 giorni.

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Prima Bozza 154

Figura . Distribuzione e densità del Gobione

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 155

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Cavedano comune

Squalius cephalus (Linnaeus, 1758)

È una specie che presenta una grande plasticità sia bio-ecologica sia morfologica. In ambiente

favorevole può raggiungere anche grosse dimensioni (fino a 60 cm e 4 kg di peso). Gli individui di

taglia maggiore sono generalmente femmine. Il corpo è fusiforme, di colore grigio scuro sul dorso e

più chiaro sui fianchi e sul ventre. La bocca è in posizione mediana. Le pinne sono grigie e le

scaglie cicloidi e grandi.

Questo ciprinide preferisce acque correnti e limpide con fondali ghiaioso-sassosi. È comune anche

nelle acque a fondo fangoso-sabbioso dei fiumi di pianura, talvolta fin nei pressi della foce. È un

ottimo nuotatore che frequenta anche zone con discreta velocità di corrente.

È gregario negli stadi giovanili, mentre tende a essere territoriale con l'aumentare delle dimensioni

e dell'età. Lo spettro alimentare della sua dieta è ampio e comprende, oltre a vegetali e organismi

animali acquatici di piccole dimensioni, anche materiale esogeno vario (insetti alati, frutti vegetali

non acquatici) e piccoli pesci.

La maturità sessuale viene raggiunta intorno ai 2-4 anni di vita, probabilmente con un anticipo da

parte dei maschi rispetto alle femmine. Si riproduce tra maggio e giugno: le femmine depongono le

uova con 1,5-2 mm di diametro, sul substrato ghiaioso e in acque poco profonde; la schiusa

avviene in circa 7-10 giorni. Il dimorfismo sessuale è evidente solo nel periodo riproduttivo, nel

quale compaiono piccoli tubercoli nuziali sul capo dei maschi.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 156

Figura . Distribuzione e densità del Cavedano

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Prima Bozza 157

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Cavedano etrusco

Squalius lucumonis Bianco, 1983

La specie è autoctona nel distretto tosco-laziale e non si hanno molte notizie sulla sua biologia né

sulla sua effettiva distribuzione sul territorio nazionale. La validità di questa specie è stata spesso

messa in discussione ma alcuni studi hanno fatto emergere differenze a livello biochimico che ne

convaliderebbero l’esistenza.

Si distingue dal cavedano comune per la combinazione di vari caratteri morfologici, in particolare

per la struttura più tozza del capo e per avere 7 raggi divisi nella pinna dorsale rispetto ai 7-9 del

cavedano comune, oltre che per la capacità di riprodursi a taglie nettamente inferiori.

Predilige le acque correnti e ben ossigenate, sia di piccoli torrenti sia di corsi d’acqua di medie

dimensioni. Si ciba soprattutto di piccoli invertebrati bentonici

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 158

Figura . Distribuzione e densità del Cavedano etrusco

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 159

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Leucisco d’Albania

Pachychilon pictum (Heckel & Kner, 1858)

La specie è endemica del distretto albanese, limitato a Nord dal bacino della Drina, con il lato di

Scutari e Ocrida e a sud dal Fiume Vjosa. La prima segnalazione per l’Italia è relativa al Fiume

Serchio, nel tratto pisano (1990). Negli stessi anni è stata introdotta anche in Francia, nel bacino

della Garonna; con quella italiana, queste rappresentano le uniche riguardanti la specie al di fuori

del proprio distretto di origine. Probabilmente l’introduzione è avvenuta tramite una semina di

materiale ittico al cui interno si trovavano frammisti individui di questa specie, stabulati in aree

dove la specie è endemica.

Il Leucisco d’Albania non raggiunge grosse taglie, essendo gli adulti lunghi tra i 10 e i 17 cm. I

caratteri esterni più evidenti di questa specie sono la colorazione dei fianchi, cosparsi di un numero

variabile di macchie brune di varia tonalità e disposte irregolarmente, le grandi labbra carnose,

particolarmente evidenti negli esemplari adulti, e la bocca protrusibile.

È gregario anche da adulto, e si ciba prevalentemente di piante acquatiche e di zooplancton. Vi

sono scarse notizie riguardanti la stagionalità riproduttiva di questa specie, che dovrebbe essere

tra marzo e giugno.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 160

Figura . Distribuzione e densità del Leucisco d’Albania

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 161

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Pseudorasbora

Pseudorasbora parva (Temminck & Schlegel, 1846)

La specie era diffusa in origine in un’ampia porzione dell’Asia orientale (Giappone e Cina). In Italia

è stata segnalata per la prima volta nel 1990 ed è presente in Toscana almeno dal 1992.

La pseudorasbora in genere raggiunge raramente i 10 cm di lunghezza totale. La bocca, in

posizione supera e trasversa, è protrusibile. Le scaglie hanno il margine distale di colore grigio

scuro. Nei giovani è presente una striscia nera ben definita sui fianchi che si prolunga dall’occhio

fino alla base della coda, molto meno evidente negli esemplari di maggiori dimensioni. Il dorso e la

parte superiore dei fianchi hanno riflessi azzurrognoli. Si ciba soprattutto di zooplancton e insetti

ma può facilmente mangiare anche uova di pesci e avannotti e per questo l’introduzione di questo

Ciprinide viene considerata di forte impatto per le altre specie ittiche.

Si ritrova nei corsi d’acqua con corrente da moderata a forte. Nel periodo riproduttivo il maschio

assume una livrea quasi totalmente nera e presenta tubercoli nuziali appuntiti nella zona

preorbitale, sottorbitale e lungo la bocca. Nel corso del periodo riproduttivo vengono effettuate

numerose deposizioni. I nidi vengono in genere posizionati sotto le pietre e ripuliti fino alla

deposizione dai maschi, che poi però lasciano le uova incustodite. La riproduzione avviene dal

tardo inverno a inizio estate a seconda delle condizioni locali.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 162

Figura . Distribuzione e densità della Pseudorasbora

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 163

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Rodeo amaro

Rhodeus sericeus (Pallas, 1776)

Il rodeo amaro è specie alloctona per le acque italiane; originario dell'area orientale asiatica, è ora

diffuso in vasti territori nell'Europa centrale. Importato come specie ornamentale, in Italia è

comparso per la prima volta nelle acque veronesi all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso e

si è rapidamente diffusa in tutta la bassa pianura padana e da lì nell’intera penisola, compreso il

versante tirrenico. Le prime segnalazioni per la Toscana sono da riferirsi ai primi anni Duemila.

Ciprinide di piccola taglia, raggiunge al massimo i 7-8 cm, ha la bocca terminale e il dorso del

corpo leggermente gibboso. Il colore è grigio-verde sul dorso e sfuma verso il bianco-rosato

ventralmente; sul peduncolo caudale è presente una banda scura bluastra e i fianchi divengono

iridescenti con riflessi rosati nel maschio in frega. Le scaglie, relativamente grandi, formano un

disegno a rete; la linea laterale interessa solo le prime 5-6 scaglie della porzione anteriore del

corpo.

La specie ha abitudini gregarie; vive in canali o fiumi a corrente bassa, fondo fangoso e

abbondante vegetazione acquatica. L'alimentazione è di tipo carnivoro e si basa soprattutto su

piccoli invertebrati.

Appare ormai chiaro dalla letteratura più recente che uno dei fattori discriminanti per la sua

riproduzione sia la presenza del mollusco bivalve del genere Unio o Sinanodonta all'interno del

quale vengono deposte a incubare le uova.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 164

La riproduzione avviene in primavera; in questo periodo il maschio assume una brillante

colorazione, con il dorso azzurro e il ventre rosso, mentre nelle femmine i colori si presentano

meno vivaci. Le femmine sono facilmente riconoscibili per il lungo ovopositore attraverso il quale le

uova vengono inserite nella cavità palleale del mollusco: il maschio emette lo sperma nei pressi del

sifone inalante del bivalve, il quale lo fa penetrare fino alle uova, che vengono così fecondate. I

piccoli lasciano il loro rifugio dopo l’assorbimento del sacco vitellino, uscendo dal sifone esalante

del mollusco stesso.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 165

Figura . Distribuzione e densità del Rodeo amaro

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 166

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Triotto

Rutilus erythrophthalmus Zerunian, 1982

Specie di piccole dimensioni, endemica della Pianura Padana, ha il corpo fusiforme con il dorso

leggermente arcuato. La colorazione è scura dorsalmente e chiara sul ventre; lateralmente si

riscontra una fascia scura lungo tutto il corpo, più accentuata che nel congenere R. rubilio. Le

pinne sono sempre grigie. L'occhio è relativamente grande (25-35% della lunghezza del capo) e di

colore rosso più o meno intenso. La lunghezza raggiungibile dagli individui adulti è di 12-15 cm,

ma vengono segnalati casi di lunghezze superiori, fino a 20 cm.

È una specie gregaria e preferisce zone a lento corso ricche di vegetazione. Lo si ritrova in tutte le

acque di pianura spesso in associazione con altri Ciprinidi come Scardola, Alborella e Carassio.

L'alimentazione è di tipo onnivoro comprendendo vegetali (macrofite acquatiche e alghe) e animali

(larve di insetti e altri piccoli invertebrati).

Si riproduce tra aprile e giugno deponendo le piccole uova sulla vegetazione acquatica; la schiusa

avviene entro pochi giorni.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 167

Figura . Distribuzione e densità del Triotto

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 168

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Rovella

Rutilus rubilio (Bonaparte, 1837)

La rovella è autoctona del versante tirrenico dell’Italia centrale e meridionale. È stata introdotta nel

distretto padano-veneto, in Calabria e in Sicilia.

Gli individui adulti raggiungono al massimo 20 cm di lunghezza e 120 g di peso. Il corpo è

slanciato, con la testa, la bocca e l’occhio relativamente piccoli. La livrea è dorata sui fianchi, con il

dorso più scuro e il ventre bianco. Lateralmente è appena evidente una striscia più scura. Le pinne

dorsale e caudale sono rosso-bruno, le altre sono rosso vivo, colorazione che diviene

particolarmente accentuata nel periodo di frega. L’occhio è giallo pallido. Sul capo dei maschi

compaiono vistosi tubercoli nuziali durante la stagione riproduttiva.

È una specie a discreta valenza ecologica e tendenzialmente gregaria che si nutre di vegetali e

piccoli invertebrati. Date le scarse capacità natatorie, tende a posizionarsi in zone dove la corrente

è più debole. Può entrare in competizione con altri Ciprinidi introdotti e in questo caso tende a

spostarsi nei tratti più alti dei corsi d’acqua. La maturità sessuale è generalmente raggiunta al

secondo o terzo anno di età e nel periodod riproduttivo i maschi tendono ad accentuare la

colorazione rossa delle pinne pettorali, pelviche e anale, oltre che a evidenziare grossi tubercoli

nuziali sul capo e sulla parte anteriore del dorso. Si riproduce in aprile-luglio, quando la

temperatura dell’acqua raggiunge 16 °C, e depone uo va di un millimetro circa di diametro sul

substrato o sulle macrofite acquatiche. Le uova si schiudono in pochi giorni.

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Prima Bozza 169

Figura . Distribuzione e densità della Rovella

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Prima Bozza 170

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Rutilo

Rutilus rutilus (Linnaeus, 1758)

È una specie alloctona proveniente dal Centro- e dal Nordeuropa, introdotta da 20-25 anni a

partire dal bacino del Fiume Po. È fitofila ed ama le acque lente ricche di piante acquatiche.

Il corpo è relativamente tozzo nella parte predorsale e compresso lateralmente; la colorazione è

argentea con le pinne pari ben pigmentate di rosso, così come l’occhio. Si distingue dalla Scardola

perchè presenta l’origine della pinna dorsale circa al di sopra dell’origine delle pinne ventrali.

Questa specie è onnivora e si ciba per lo più di piccoli invertebrati acquatici o di detrito vegetale,

con gli adulti che prediligono la dieta vegetariana. È una specie gregaria e può raggiungere

lunghezze fino ai 50 cm di lunghezza per 1,8-2 kg di peso.

La riproduzione avviene tra aprile e giugno e le uova vengono attaccate alla vegetazione acquatica

o a rami sommersi, da cui schiudono larve demersali.

L’accrescimento è abbastanza rapido nelle nostre acque e in molti casi, dopo il suo arrivo, si

assiste ad un’esplosione demografica delle sue popolazioni, a volte con la riduzione di altre specie

fitofile che abitano le stesse acque. È una specie apprezzata dai pescatori sportivi, ma di nessun

valore alimentare.

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Prima Bozza 171

Figura . Distribuzione e densità del Rutilo

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Prima Bozza 172

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Scardola

Scardinius erythrophthalmus (Linnaeus, 1758)

La specie ha un’ampia distribuzione, essendo originaria di tutta l’Europa centro-meridionale.

La Scardola ha un corpo tozzo, la bocca mediana rivolta verso l'alto e l'occhio piuttosto grande,

dorato con una macchia rossa nella metà superiore. Per le nostre acque le dimensioni

normalmente raggiunte sono di 35-40 cm con pesi al di sotto del chilogrammo, ma sono segnalati

anche esemplari di 45 cm di lunghezza e 2 kg di peso. Nei giovani le pinne sono spesso di colore

rosso, talvolta rosso vivo, colorazione che viene persa nell'adulto, nel quale le pinne sono

grigiastre .

È specie gregaria e frequenta i corsi d’acqua con corrente debole o i laghi, con fondo fangoso e

ricchi di vegetazione acquatica. L'alimentazione è onnivora e comprende sia vegetali sia organismi

animali. È specie resistente a carenze di ossigeno e all'eutrofizzazione delle acque, situazione da

cui spesso trae vantaggio rispetto alle altre specie ittiche.

Si riproduce tra aprile e giugno e le uova, di piccole dimensioni (circa 1 mm), sono deposte tra la

vegetazione acquatica presso le rive e sul fondo. Le larve nascono dopo pochi giorni e rimangono

tra la vegetazione fino al riassorbimento del sacco vitellino. I piccoli formano sciami misti con altri

Ciprinidi fitofili come il Triotto e l'Alborella. Il dimorfismo sessuale è evidenziato unicamente dalla

presenza dei tubercoli nuziali nel maschio durante il periodo riproduttivo.

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Prima Bozza 173

Figura . Distribuzione e densità della Scardola

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Prima Bozza 174

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cyprinidae

Vairone

Telestes muticellus (Bonaparte, 1837)

Può raggiungere al massimo 18-20 cm di lunghezza e pesare fino a 100 g. La parte dorsale, di

colore marrone-grigio, è nettamente più scura della ventrale. Sui fianchi presenta una banda scura,

che nel periodo riproduttivo è più marcata nei maschi, con riflessi violacei. La pinna dorsale e

quella caudale sono di colore grigio chiaro, le pettorali, le pelviche e l’anale sono invece giallo-

arancio. Le scaglie, dalla superficie irregolare, hanno riflessi madreperlacei. La bocca è piccola e

terminale. Il peritoneo è nero.

È una specie esigente a riguardo della qualità ambientale ed è tipica di ambienti pedemontani, con

acque correnti e fresche e fondi sassosi o ghiaiosi. È gregaria e ad accrescimento lento. La dieta è

costituita prevalentemente da macroinvertebrati acquatici, da vegetali e occasionalmente anche da

insetti alati.

La maturità sessuale è raggiunta al secondo o terzo anno di età e il periodo riproduttivo si estende

da fine primavera all’estate, a seconda delle condizioni termiche; le femmine, estremamente

feconde, possono deporre anche migliaia di piccole uova in relazione alla taglia, direttamente sul

fondo. Queste schiudono dopo 5-10 giorni. Nel periodo riproduttivo i maschi presentano minuti

tubercoli nuziali nella parte anteriore del corpo.

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Prima Bozza 175

Figura . Distribuzione e densità del Vairone

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Prima Bozza 176

Ordine CYPRINIFORMES

Famiglia Cobitidae

Cobite comune

Cobitis taenia Linnaeus, 1758

L’autoctonia del Cobite comune nel distretto tosco-laziale è stata molto discussa.

È una specie di piccole dimensioni, con il corpo longilineo, compresso lateralmente, e può

raggiungere 12 cm di lunghezza, valore che raramente supera. Gli individui femminili raggiungono

taglie maggiori.La bocca è decisamente infera e dotata di 3 paia di piccoli barbigli. Esiste uno

spiccato dimorfismo sessuale: negli individui maschili è presente la "paletta del Canestrini", una

struttura ossea laminare alla base delle pinne pettorali; le pinne pettorali sono lunghe e affusolate

nei maschi, più larghe e meno lunghe nelle femmine. In tutti gli individui esiste una spina

suborbitale bifida ed erettile. Nel cobite comune il numero di raggi della pinna caudale è 16 mentre

nel cobite mascherato è 14. Il corpo è giallastro con quattro file di macchie longitudinali sui fianchi

che possono confluire a dare delle linee continue, e due macchie scure sulla coda.

La specie ha una buona valenza ecologica; vive in gruppi popolando i fondali sia sabbiosi sia

fangosi di vari ambienti fluviali, prediligendo quelli caratterizzati da corrente moderata. Vive

infossato nel substrato, da cui emerge con la testa ma può anche risalire in superficie. Si ciba

soprattutto a carico di piccoli organismi animali e vegetali che filtra dal substrato molle, espellendo

poi la frazione minerale attraverso gli opercoli branchiali. Si riproduce da aprile a giugno e le

femmine depongono da poche centinaia a qualche migliaio di uova del diametro di un millimetro

circa. La schiusa avviene in pochi giorni.

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Prima Bozza 177

Figura . Distribuzione e densità del Cobite

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Prima Bozza 178

Ordine SILURIFORMES

Famiglia Siluridae

Siluro d'Europa

Silurus glanis Linnaeus, 1758

Specie alloctona, originaria dell'Europa settentrionale e centrale e dell'Asia Minore, è stata

introdotta in anni recenti nelle acque del bacino del Fiume Po; le prime segnalazioni sono del

1957, mentre la specie è ritenuta diffusa e acclimatata dal 1970.

Di taglia molto grande (nel fiume Dnjepr venne catturato un esemplare di 306 kg lungo circa 5 m)

può comunemente superare i 2 m di lunghezza e 100 kg di peso. La testa è grossa e tondeggiante

e il corpo è compresso lateralmente nella parte posteriore. La bocca è grande e provvista di lunghi

barbigli. È assente la pinna adiposa, mentre l'anale è lunga e la caudale piccola e arrotondata. Le

pinne pettorali sono provviste di un robusto raggio spinoso.

Ha colore scuro sul dorso e sul capo, lateralmente presenta una marmoreggiatura a chiazze

biancastre e il ventre è chiaro. L'occhio è piccolo e giallastro.

Preferisce acque profonde e a lento corso o stagnanti. Di giorno tende a rimanere inattivo sul

fondo, mentre la notte si muove alla ricerca del cibo. Nella fase giovanile (fino a taglie di 25-30 cm)

si alimenta di invertebrati acquatici per poi diventare ittiofago a scapito soprattutto di Ciprinidi;

spesso nel suo contenuto stomacale si rinvengono anche Anfibi, piccoli Mammiferi e pure Uccelli

acquatici.

Nelle nostre acque si accresce piuttosto rapidamente, raggiungendo i 60-70 cm in 3 anni.

La stagione riproduttiva si estende da maggio a settembre. Ogni femmina depone molte migliaia di

uova per chilo di peso corporeo. Le uova hanno diametro di 3-4 mm e vengono deposte in un nido

scavato dal maschio in acque basse e calme. La schiusa avviene in 2-4 giorni e per tutto questo

periodo il maschio le custodisce attentamente. Il sacco vitellino viene riassorbito in circa una

settimana, dopo di che i piccoli cominciano a condurre vita autonoma.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 179

Il Siluro d'Europa è specie particolarmente resistente e, allo stato attuale, da considerare invasiva,

dal momento che in alcuni corsi d'acqua della Pianura Padana le sue popolazioni costituiscono

una parte cospicua della biomassa ittica totale.

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Prima Bozza 180

Figura . Distribuzione e densità del Siluro

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Prima Bozza 181

Ordine SILURIFORMES

Famiglia ICTALURIAE

Pesce gatto punteggiato

Ictalurus punctatus (Rafinesque, 1818)

Il pesce gatto punteggiato si distingue dal pesce gatto comune per la forma della pinna caudale,

che presenta il margine posteriore nettamente forcuto. Possiede quattro paia di barbigli, piuttosto

scuri negli adulti. Nei giovani sono presenti delle piccole macchie scure sui fianchi, che tendono a

regredire negli adulti. È un buon nuotatore e nei fiumi frequenta le zone a corrente moderata; è

attivo sia di notte sia di giorno e gli adulti sono spiccatamente ittiofagi.

La biologia riproduttiva è molto simile a quella di Ameiurus melas e anche I. punctatus effettua le

cure parentali. L'accrescimento è lento e tuttavia, trattandosi di una specie piuttosto longeva,

alcuni individui possono superare 90 cm di lunghezza e 5 kg di peso.

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Prima Bozza 182

Figura . Distribuzione e densità del Pesce gatto punteggiato

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Prima Bozza 183

Ordine ESOCIFORMES

Famiglia Esocidae

Luccio

Esox lucius Linnaeus, 1758

Il luccio è presente nelle acque interne di tutta Europa e in alcuni casi si spinge anche in mare,

laddove la concentrazione salina è bassa. Il corpo è fusiforme e allungato, con la testa

proporzionata e dotata di una grande bocca dalla mandibola prominente. L’unica pinna dorsale è

piuttosto arretrata, all'altezza dell'anale. Le pinne pari sono inserite ventralmente. Il colore del

dorso è verde scuro, piuttosto variabile a seconda degli ambienti, mentre il ventre è bianco o giallo.

Le dimensioni tendono a essere maggiori nelle femmine che nei maschi (120 cm contro 100 cm di

media rispettivamente).

Il luccio predilige i grossi corpi idrici a velocità moderata e i bacini lacustri, ma lo si ritrova anche in

piccoli corsi d'acqua e risorgive, aree normalmente utilizzate nel periodo riproduttivo.

L'alimentazione si basa su invertebrati acquatici negli stadi giovanili ma già a pochi centimetri di

lunghezza la dieta tende a spostarsi su piccoli pesci e il cannibalismo è tutt’altro che infrequente.

Gli adulti sono prevalentemente ittiofaghi, ma possono cibarsi anche di piccoli uccelli acquatici e di

Anfibi.

La maturità sessuale viene raggiunta tra il secondo e il quarto anno d'età, prima nei maschi che

nelle femmine. La riproduzione cade tra il tardo inverno e l’inizio della primavera: le uova adesive,

e gialle (almeno 500.000), di 2-3 mm di diametro, vengono deposte sulla vegetazione del fondo.

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Prima Bozza 184

Figura . Distribuzione e densità del Luccio

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Prima Bozza 185

Ordine SALMONIFORMES

Famiglia Salmonidae

Trota fario

Salmo trutta Linnaeus, 1758

La trota fario è una specie di enorme importanza per la pesca sportiva e per questo è stata

introdotta ovunque nei corsi d’acqua a carattere torrentizio, oltre che in laghi di montagna:

necessita infatti di acque correnti, limpide e bene ossigenate, con fondali ghiaiosi e sassosi. La

specie è di medie dimensioni, potendo raggiungere e talvolta superare i 50 cm di lunghezza.

Il corpo è simile a quello di un salmone ma più slanciato, con bocca terminale dotata di numerosi

piccoli denti. La colorazione è scura sul dorso e diventa più chiara e argentata sui fianchi e bianca

o giallastra sul ventre, ma la variabilità fenotipica è molto marcata ed è stata oggetto di vari studi

fin dall’Ottocento, che hanno portato a un fiorire di specie, sottospecie e semispecie. Le macchie

rosse e nere, presenti in numero molto variabile sulla zona dorsale e dei fianchi, assumono spesso

una forma circolare contornata da un alone più chiaro.

La trota fario è carnivora e si ciba soprattutto di invertebrati acquatici ma gli individui di medie e

grosse dimensioni mostrano anche una predisposizione all'ittiofagia oltre alla tendenza a cibarsi di

Anfibi.

La maturità sessuale viene raggiunta nel secondo anno di vita dai maschi e nel terzo dalle

femmine, ma raramente le trote riescono a raggiungere l’età riproduttiva, essendo forte la

pressione di pesca anche sui giovani. Il periodo riproduttivo cade normalmente tra novembre e

gennaio, ma può risultare talvolta piuttosto prolungato. La deposizione avviene su fondali ghiaioso-

sabbiosi, in un avvallamento preparato dalla femmina con vigorosi movimenti della coda: le uova

vengono fecondate dal maschio e successivamente ricoperte.

L'accrescimento è notevolmente influenzato dalla temperatura dell'acqua oltre che dalle

disponibilità trofiche dell’ambiente in cui si trova. In ambienti oligotrofici la trota fario può impiegare

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Prima Bozza 186

4 o 5 anni per raggiungere i 20 cm di lunghezza mentre nelle acque di pianura questa misura viene

mediamente raggiunta già nel secondo anno di vita.

S. trutta è considerata una superspecie, di cui Salmo (trutta) trutta rappresenta una semispecie. In

Italia sono presenti anche la Trotoa marmorata, Salmo (trutta) marmoratus, originaria degli affluenti

di sinistra del Fiume Po e dei principali corsi d’acqua che sfociano nell’Alto Adriatico, il cui habitat

ideale è rappresentato dal tratto inferiore dei torrenti montani e dei corsi dell’alta pianura con

corrente a velocità moderata, e la trota macrostigma , S. (t.) macrostigma, originaria del versante

occidentale dell’Italia oltre che della Sardegna e della Corsica, tipica dei corsi d’acqua che

possono presentare notevoli variazioni stagionali di portata oltre che temperature mediamente

superiori ai corsi del Nord Italia.

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Prima Bozza 187

Figura . Distribuzione e densità della Trota fario

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Prima Bozza 188

Figura . Distribuzione e densità della Trota macrostigma

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Prima Bozza 189

Ordine MUGILIFORMES

Famiglia Mugilidae

Muggine o cefalo

Mugil cephalus Linnaeus, 1758

La famiglia dei Mugilidae è rappresentata nelle acque interne italiane da tre generi: Mugil, Chelon

e Liza. Il primo genere presenta una palpebra adiposa molto sviluppata e ben evidente; Chelon

presenta invece il labbro superiore grosso; Liza ha il labbro superiore sottile e la palpebra adiposa

non è sviluppata.

Nelle acque interne della Provincia di Pisa sono state rinvenute solo specie appartenenti ai generi

Mugil e Liza.

Il Muggine ha un corpo allungato, fusiforme, ricoperto da scaglie di tipo ctenoidie e molto grandi. Il

capo è appiattito e con una bocca piccola, che raggiunge appena l’occhio. La taglia è medio-

grande, con una lunghezza massima di circa 70 cm e un peso che può superare i 5 kg.

È un pesce gregario, di acque non troppo profonde, estremamente resistente e in grado di

adattarsi anche ad acque inquinate e con basse concentrazioni di ossigeno disciolto. La specie

predilige acqua calme e luoghi con fondale molle, ricchi di vegetazione. La dieta di questi pesci

cambia in relazione alla taglia: gli avannotti si nutrono soprattutto di zooplancton, mentre alla

lunghezza di circa 35 mm la dieta è composta prevalentemente di microalghe e detrito vegetale.

Successivamente si nutrono soprattutto di alghe, di detrito organico, di piccoli invertebrati e, nel

caso dei cefali più grossi, anche di qualche piccolo pesce. Tollerano bene l’acqua dolce, per cui

risalgono i fiumi anche per diversi chilometri.

Gli stadi giovanili tendono a effettuare una migrazione trofica in piena estate, assembrandosi nelle

foci o nelle lagune. La maturità sessuale avviene intorno al secondo o terzo anno di età e non vi è

alcun dimorfismo sessuale. La riproduzione ha luogo in mare, nelle acque poco profonde delle

zone costiere e nel versante tirrenico si prolunga per vari mesi nel periodo estivo. Durante il

corteggiamento, la femmina è in genere seguita da diversi maschi e produce varie centinaia di

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Prima Bozza 190

migliaia di uova per ogni chilogrammo di peso. Le uova sono pelagiche e di forma sferica e munite

di gocciolina oleosa che ne permette il galleggiamento.

Tutti i Mugilidae sono stati e sono tutt’ora pesci oggetto di largo consumo alimentare, ma questa

specie è considerata la più pregiata per la bontà delle carni.

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Prima Bozza 191

Figura . Distribuzione e densità del Muggine o Cefalo

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Prima Bozza 192

Ordine MUGILIFORMES

Famiglia Mugilidae

Muggine calamita

Liza ramada (Risso, 1827)

Il Muggine calamita ha una crescita lenta e al terzo-quarto anno di età arriva a 400 g di peso e

molto raramente raggiunge 60 cm di lunghezza. Si riconosce facilmente dall’altra specie

congenere per la presenza di piccole scaglie tra le narici e di una macchia pettorale scura, mentre

la macchia dorata sull’opercolo è pochissimo evidente. Le pinne pettorali, piegate in avanti,

arrivano appena oltre il margine posteriore dell'occhio e sono provviste di processo ascellare.

Come le altre specie di Muggini, si tratta di pesci eurialini con ampia valenza ecologica e in grado

di tollerare forti escursioni termiche. Si può trovarli anche in laghi, dove vengono a volte introdotti.

Di abitudini gregarie, li si ritrova spesso in gruppi assai numerosi in zone a fondale molle e con

molta vegetazione e anche nelle aree lagunari, nelle zone litorali e negli estuari dei fiumi che

alcune specie rimontano per parecchi chilometri alla ricerca di cibo. Questo Muggine si nutre

generalmente di invertebrati, detrito organico e materiale vegetale, ma, come nelle altre specie

della famiglia, la dieta varia in relazione alla taglia, passando da una prevalenza di zooplancton a

una di alghe e detrito organico.

La riproduzione avviene tra settembre e dicembre in ambiente marino. La rimonta degli avannotti

nelle zone estuariali e lagunari si prolunga da settembre-ottobre a marzo-aprile. La fase di

accrescimento degli avannotti avviene soprattutto in zone lagunari e costiere. Negli avannotti

appena pescati sono evidenti riflessi color rame sui fianchi, una banda scura alla base della pinna

caudale e una zona depigmentata sul capo di forma triangolare. Maschi e femmine si possono

distinguere per la zona urogenitale, che è provvista di un solo sbocco per i maschi e di due

aperture separate per la femmina. Le piccole uova sono pelagiche e dotate di una goccia oleosa

che ne consente il galleggiamento

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Prima Bozza 193

Figura . Distribuzione e densità del Muggine calamita

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Prima Bozza 194

Ordine ATHERINIFORMES

Famiglia Atherinidae

Latterino o crognolo

Atherina boyeri Risso, 1810

Il latterino è presente in acque costiere europee sia dell’area mediterranea sia di quella atlantica.

In Italia è ampiamente diffuso tanto sul versante tirrenico quanto su quello adriatico, oltre che in

laghi dove vi sono popolazioni acclimatate, ed è l’unica specie indigena del genere Atherina.

La specie è piuttosto piccola, con una lunghezza totale massima nell’area mediterranea di circa 12

cm. Possiede due pinne dorsali e la colorazione varia dal beige, nella parte superiore, al bianco

argento sull’addome. La bocca è supera e con labbra evidenti.

Si tratta di una specie anfidroma e ad ampia valenza ecologica, potendo tollerare forti escursioni di

salinità oltre che di temperatura e si adatta quindi a vivere anche in ambienti estuariali e in lagune.

In acque interne è possibile rinvenirne la presenza in corpi idrici con corrente debole e ricchi di

vegetazione acquatica. È un pesce gregario e carnivora che si ciba soprattutto di piccoli crostacei,

molluschi e larve di pesci.

Raggiunge la maturità sessuale intorno a 6 cm (un anno di età) e ha un tasso di mortalità piuttosto

elevato, che non gli permette di superare i 5 anni di età. Non c’è dimorfismo sessuale ma i maschi

sono mediamente più piccoli delle femmine. Quest’ultime depongono alcune migliaia di uova in un

arco di tempo lungo qualche mese, tra la fine della primavera e l’estate inoltrata, direttamente sul

fondo e non le sorvegliano.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 195

Figura . Distribuzione e densità del Latterino o Crognolo

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 196

Ordine PERCIFORMES

Famiglia Centrarchidae

Persico sole

Lepomis gibbosus (Linnaeus, 1758)

È una specie alloctona, originaria del Nord-America, introdotta in Italia nel 1900 e precisamente nel

Lago di Comabbio, ora in provincia di Varese. Dal suo insediamento nelle nostre acque, ha

velocemente colonizzato gran parte della penisola adattandosi in breve tempo a vari ambienti

(laghi, fiumi, stagni) con acque a lento decorso e ricche di vegetazione.

Il persico sole ha il corpo di forma ovale, alto e compresso lateralmente. La colorazione è vivace

con numerose macchie giallo-aranciate e variegature azzurre sui lati; è ben visibile una grossa

macchia scura sulla parte posteriore dell'opercolo; il ventre e le pinne ventrali e anale sono giallo-

aranciate. Raggiunge di norma la lunghezza totale di 20 cm, ma vengono riportate anche catture di

individui di maggiori dimensioni.

In genere i persici sole stazionano lungo le sponde, dove i maschi, tra maggio e agosto,

costruiscono il nido: questo di solito è un piccolo avvallamento del fondo che il pesce continua a

mantenere pulito. Dopo alcuni complessi rituali di accoppiamento le femmine vi depongono le

uova. Il maschio effettua le cure parentali ricambiando continuamente l'acqua nel nido con il tipico

battito delle pinne pettorali ("fanning") e difendendo il territorio da qualsiasi intruso.

In questa specie si sono evolute diverse strategie riproduttive per i maschi, ma solo un maschio

"parentale" costruisce il nido, corteggia la femmina ed effettua le cure parentali, mentre altri maschi

fecondano le uova emesse dalla femmina corteggiata dal maschio "parentale".

L'alimentazione è carnivora e la dieta è costituita prevalentemente da invertebrati ma anche da

piccoli pesci e uova di altre specie.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 197

Figura . Distribuzione e densità del Persico sole

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 198

Ordine PERCIFORMI

Famiglia Centrarchidae

Persico trota

Micropterus salmoides Lacépède, 1802

Specie alloctona, il Persico trota invece proviene dal Nord d’America e nel 1897 fu introdotto in Nord

Italia, in località sconosciuta; in seguito ha colonizzato gran parte dei corpi idrici a corso lento con

acque ricche di vegetazione di tutta Italia. La specie presenta un corpo moderatamente allungato e

robusto con la testa che occupa circa un terzo della lunghezza totale; la bocca è ampia, munita di

numerosi denti disposti su più file. Il dorso è da bronzo a grigio-verde con grosse macchie scure

laterali. L'accrescimento è veloce e il Persico trota può raggiungere dimensioni di 50-55 cm (oltre 3

kg) ma sono state riportate segnalazioni di esemplari di 83 cm di lunghezza e 10 kg di peso.

L’alimentazione è prevalentemente basata su piccoli pesci, ma può predare anche anfibi

macroinvertebrati acquatici.

La riproduzione avviene tra marzo e luglio; i maschi raggiungono la maturità sessuale già al secondo

anno di età, mentre le femmine si riproducono a partire dal terzo anno. Una femmina può compiere

più deposizioni nel corso della stagione riproduttiva. Le uova adesive, sono deposte in un nido, che

può avere anche grandi dimensioni (intorno ai 90 cm), preparato dal maschio. Più femmine possono

deporre le uova nello stesso nido e ognuna di queste può deporre fino a 30.000 uova. Il maschio

effettua cure parentali, difendendo le uova da eventuali predatori e ossigenandole mediante il

movimento delle pinne. L'accrescimento è veloce e il Persico trota può raggiungere dimensioni di 50-

55 cm (oltre 3 kg).

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 199

Figura . Distribuzione e densità del Persico trota

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Prima Bozza 200

Ordine PERCIFORMES

Famiglia Gobiidae

Ghiozzo padano

Padogobius bonelli (Bonaparte, 1846)

La specie è originaria del distretto padano-veneto. L’introduzione accidentale nel Fiume Amaseno,

in provincia di Latina, è stata segnalata nel 1986 e probabilmente è dovuta alle semine di materiale

ittico a scopo alieutico effettuate nei corsi d’acqua della zona.

Gli adulti di questa piccola specie misurano al massimo 10 cm. La testa è relativamente grande

rispetto al corpo, con bocca mediana munita di grandi labbra carnose. Di colore di fondo marrone-

verde, presenta sui fianchi delle tipiche bande scure a sella. Si distingue dal congenere nigricans

per la mancanza di canali cefalici.

Il ghiozzo padano è una specie con buona valenza ecologica, purché l’ambiente acquatico si

presenti limpido e ben ossigenato. Si trova infatti in corsi con acque correnti e poco profonde, con

fondo a ciottoli, nei tratti medio-alti di piccoli e grandi fiumi. Il dimorfismo sessuale di questa specie

è principalmente a livello delle dimensioni e della forma della papilla genitale, che è conica nei

maschi e biloba nelle femmine, oltre che una banda verde-azzurra sul margine posteriore della

prima delle due pinne dorsali.

L’alimentazione si basa principalmente su larve e pupe di Ditteri, Efemenotteri e Tricotteri e anche

di insetti adulti caduti nell’acqua. Entrambi i sessi esercitano un territorialismo individuale a

funzione trofica.

Nel corso del corteggiamento il maschio può emettere suoni per richiamare la compagna e prepara

il nido. La femmina depone le uova nella tarda primavera e le fa aderire sulla superficie inferiore di

un sasso dove vengono poi fecondate dal compagno. In genere vengono deposte alcune centinaia

di uova peduncolate e adesive, che il maschio ossigena e accudisce fino alla schiusa.

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Prima Bozza 201

Figura . Distribuzione e densità del Ghiozzo padano

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Prima Bozza 202

Ordine PERCIFORMES

Famiglia Gobiidae

Ghiozzo dell’Arno

Padogobius nigricans (Canestrini, 1867)

La specie è autoctona nel distretto ittiofaunistico tosco-laziale, dal Fiume Serchio all’Amaseno, ed

è stato introdotta anche nel distretto padano-veneto in epoca recente. Questo gobide raramente

supera i 10 cm di lunghezza totale.

Il corpo è tozzo, la testa relativamente grossa, con la bocca ampia e gli opercoli leggermente

prominenti. La pinna caudale è arrotondata così come le pinne pettorali, che sono ben sviluppate,

mentre le ventrali sono unite a formare un disco pelvico usato come ventosa per aderire al

substrato. I maschi hanno una papilla genitale conica e leggermente allungata, mentre nelle

femmine è più corta e arrotondata.

Il ghiozzo dell’Arno è un pesce bentonico, vive in acque correnti con velocità anche elevate,

prediligendo fondali ciottolosi o ghiaiosi. I giovani invece si ritrovano solo in ambiente ripariale dove

la corrente è moderata. L'alimentazione è carnivora basata su macroinvertebrati bentonici. La

specie è territoriale ma meno aggressiva del congenere P. bonelli, che tende quindi a soppiantarlo

nei corsi d’acqua del versante tirrenico dove quest’ultimo è stato accidentalmente introdotto. La

territorialità ha sia funzione trofica sia riproduttiva.

Si riproduce tra maggio e luglio, quando il maschio ripulisce o scava attivamente un nido dove più

femmine deporranno le proprie uova. L'accoppiamento è preceduto da un corteggiamento rituale

complesso che si basa su meccanismi visivi, chimici (tramite il rilascio di feromoni) e acustici.

Le uova sono di forma ovoidale e adesive; esse vengono deposte nel numero di poche centinaia e

fatte aderire dalla femmina alla volta del nido e schiudono in 2-3 settimane. Il maschio effettua le

cure parentali proteggendo dai predatori e ossigenando le uova, attraverso il ricambio d’acqua

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 203

prodotto con il movimento delle pinne pettorali (fanning),.e provvedendo alla continua pulizia del

nido.

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Prima Bozza 204

Figura . Distribuzione e densità del Ghiozzo dell’Arno

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Prima Bozza 205

Ordine PERCIFORMES

Famiglia Gobiidae

Ghiozzetto di laguna

Knipowitschia panizzae (Verga, 1841)

L’areale originario di provenienza della specie comprende le acque dolci e salmastre della costa

nord adriatica. È stata introdotta in alcune regioni del centro e del meridione dove ha costituito

popolazioni che si autosostengono. Le prime segnalazioni della presenza della specie al di fuori

del proprio areale autoctono risalgono ad alcune decine di anni fa e fanno seguito a operazioni di

ripopolamento di specie eurialine pregiate.

La specie è di piccole dimensioni, dato che non supera normalmente 4 cm di lunghezza e pochi

grammi di peso. Si riconosce facilmente dal congenere punctatissima (anch’essa originaria

dell’area nord adriatica, ma assente in Provincia di Pisa) per la mancanza di scaglie nella prima

metà della base della seconda pinna dorsale. Sui fianchi di entrambi i sessi sono presenti quattro

strie scure ma nel maschio la prima è leggermente più corta.

Vive tipicamente in ambienti di estuario o di laguna, ma è possibile rinvenirne la presenza anche

nel medio corso dei fiumi, in acque non troppo profonde con vegetazione abbondante. La dieta è

costituita da piccoli invertebrati sia bentonici sia plantonici.

Ha una vita piuttosto breve e normalmente gli adulti di un anno circa muoiono nel corso dell’estate.

I dati relativi al periodo di riproduzione sono unicamente riferibili alla Laguna di Venezia, dove ha

luogo tra marzo e agosto.

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Prima Bozza 206

Figura . Distribuzione e densità del Ghiozzetto di laguna

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Prima Bozza 207

Ordine PERCIFORMES

Famiglia Moronidae

Branzino o spigola

Dicentrarchus labrax (Linnaeus, 1758)

La spigola è comune nei mari di tutta l’Europa, sia sul versante mediterraneo sia su quello

atlantico, fino al Senegal.

La specie raggiunge taglie ragguardevoli: 1 m di lunghezza e 12 kg di peso (30 anni circa di età). Il

corpo è snello e slanciato, con una bocca grande e munita di denti a uncino. La mandibola è

leggermente prominente e l’opercolo presenta una macchia scura e due spine sull’angolo supero-

posteriore. Possiede due pinne dorsali ben distinte, mentre la pinna caudale è leggermente forcuta

e inserita in un peduncolo caudale spesso e alto. La colorazione del dorso è grigio verde, mentre i

fianchi sono argentei e il ventre bianco. I giovani fino a 10 cm presentano macchie nere sui fianchi.

È un pesce con ampia valenza ecologica, che si adatta facilmente alle variazioni ambientali sia

termiche sia di concentrazione salina. Può colonizzare ambienti diversi, in relazione alle varie fasi

del ciclo biologico, sia in fondali bassi degli estuari e delle lagune sia presso la costa fino a 100 m

di profondità. Normalmente gli adulti conducono vita solitaria, mentre i giovani sono gregari. La

dieta è costituita prevalentemente di pesci, crostacei e cefalopodi.

Dopo la riproduzione e lo sviluppo embrionale, i giovani branzini tendono ad accumularsi alle foci,

dove iniziano ad accrescersi. La maturità sessuale è raggiunta a taglie inferiori (32-34 cm) dai

maschi rispetto alle femmine (oltre i 42 cm) durante il periodo riproduttivo, che va da dicembre a

marzo, i branzini abbandonano le zone di foce e si spostano in mare aperto, dove si riproducono.

La riproduzione avviene sotto costa; la femmina depone diverse migliaia di uova pelagiche che

vengono trasportate via dalla corrente. Questa specie non presenta dimorfismo sessuale.

La spigola ricopre una notevole importanza da un punto di vista economico.

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Prima Bozza 208

Figura . Distribuzione e densità della Spigola o Branzino

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Prima Bozza 209

Ordine PERCIFORMES

Famiglia Percidae

Lucioperca o Sandra

Sander lucioperca (Linnaeus, 1758)

Il lucioperca è una specie alloctona originaria dell’Europa centro-orientale, ma è attualmente

presente sia in Paesi dell’area mediterranea sia nel Regno Unito.

La forma generale richiama quella del persico ma è più slanciata (da cui il nome “lucioperca”) con

una bocca piuttosto ampia, il cui angolo oltrepassa il margine posteriore dell’occhio, e dotata di

robusti e grossi denti. La colorazione sfuma dal verde scuro sul dorso al bianco argenteo sul

ventre e sui fianchi si possono trovare delle strie che possono essere più o meno irregolari. Le due

pinne dorsali presentano strisce o macchie nere.

Predilige le acque torbide, dove si può avvicinare più facilmente alle sue prede. Data la buona

tolleranza a variazioni di salinità, è possibile rinvenirne la presenza anche in acque salmastre. È

una specie molto territoriale, almeno per quanto riguarda gli adulti, che normalmente staziona in

prossimità dalle aree maggiormente profonde, e utilizza gli ambienti ripari solo nel periodo

riproduttivo. Al contrario i giovani di sono normalmente gregari e si spostano in banchi numerosi.

Tra i 5-10 cm variano la loro alimentazione, diventando spiccatamente ittiofagi.

Il lucioperca si riproduce in primavera, tra aprile e giugno, utilizzando fondali fangosi a basse

profondità. In questa specie le uova, anche 500.000 per femmina, sono deposte in una buca

appositamente creata che funge da nido e sono curate e protette da entrambi i genitori che le

ossigenano muovendo in continuazione le pinne. Le uova hanno un diametro di circa 6 mm e

schiudono in 3-11 giorni.

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Prima Bozza 210

Figura . Distribuzione e densità del Lucioperca o Sandra

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Prima Bozza 211

Ordine PERCIFORMES

Famiglia Percidae

Persico reale

Perca fluviatilis Linnaeus, 1758

È una specie originaria dell’Europa orientale e centrale, inclusa l’Italia settentrionale.

Il Persico reale ha taglia media, potendo raggiungere la lunghezza massima di 50 cm per un peso

di oltre 3 kg. Questa specie presenta una evidente gibbosità dorsale che aumenta

proporzionalmente alle dimensioni; il capo è affusolato e la bocca terminale, è ampia e dotata di

numerosi dentelli; ha due pinne dorsali di cui la prima, più estesa, presenta posteriormente una

evidente macchia scura. Il dorso è grigio-verde scuro con strie scure verticali lungo i fianchi. Il

ventre è bianco-argenteo mentre le pinne pettorali, ventrali, anale e caudale sono gialle o rosse.

Vive nei bacini lacustri e in acque con corrente moderata, purché con elevate concentrazioni

d’ossigeno e con presenza di vegetazione acquatica, su fondali sassosi o ghiaiosi.

La dieta si compone sia di invertebrati acquatici sia di pesci; questi ultimi, con l'aumentare della

taglia, possono rappresentano la porzione più consistente del catturato.

La specie si riproduce tra marzo e giugno in relazione alle condizioni ambientali e le femmine

depongono un numero elevato di uova, normalmente diverse migliaia per individuo, che vengono

emesse in forma di "nastri", tenute insieme in una matrice gelatinosa provvista di fori che

permettono il passaggio dell'acqua e quindi l'ossigenazione. I nastri vengono deposti in acque

poco profonde sulla vegetazione acquatica. La schiusa avviene in pochi giorni e i giovani

assumono da subito un comportamento gregario, che diminuisce con l'aumentare dell'età e in

genere è nullo nei grossi esemplari, che conducono vita solitaria.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 212

Figura . Distribuzione e densità del Persico reale

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 213

Ordine CYPRINODONTIFORMES

Famiglia Poeciliidae

Gambusia

Gambusia holbrooki Girard, 1859

La gambusia è una specie originaria del Messico e del Sudamerica ed è stata introdotta in acque

libere italiane nei primi decenni del Novecento allo scopo di combattere biologicamente la malaria,

di cui è vettore Anopheles, un genere di zanzara. Si nutre infatti prevalentemente di larve di insetti

acquatici, soprattutto ditteri, oltre che di altri organismi planctonici quali i crostacei e le alghe Al

presente è ampiamente distribuita nei Paesi del sud Europa.

La specie ha una taglia piuttosto piccola, essendo lunga al massimo 5 cm. Presenta un corpo

tozzo, con bocca supera e capo leggermente compresso dorso-ventralmente. La pinna caudale ha

il margine posteriore arrotondato e quella anale del maschio possiede un gonopodio che deriva

dalla modificazione dei primi raggi ed è usato per la fecondazione interna delle femmine, dato che

la specie è vivipara. Il colore è argenteo sui fianchi e bianco sul ventre, leggermente più scuro sul

dorso.

Predilige acque calme con fondo fangoso e ricche di macrofite acquatiche, dove nuota presso la

superficie. Oltre che in acque dolci, lo si può rinvenire anche in zone a moderata salinità, nelle

quali può entrare in competizione alimentare con il nono.

Il periodo riproduttivo è in estate e le femmine partoriscono a più riprese da 5 a 40 piccoli di 8-9

mm. I nati nell'anno riescono a riprodursi già nella stagione in corso. Le femmine sono

generalmente più grandi dei maschi e si riconoscono per la caratteristica macchia addominale

scura molto evidente dopo la fecondazione. Data l’elevata capacità riproduttiva, le popolazioni di

questa specie possono presentare ampie fluttuazioni numeriche e cali consistenti possono essere

determinati da eventuali sbalzi termici a cui la gambusia è particolarmente sensibile.

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Car t a I t t i ca di Pi sa La f auna i t t i ca

Prima Bozza 214

Figura . Distribuzione e densità della Gambusia

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Car t a I t t i ca di Pi sa Concl usi oni

Prima Bozza 215

5. Conclusioni

Vocazioni ittiche

Il tema delle vocazioni ittiche è considerato di primaria importanza per la legislazione regionale

vigente. Infatti l’art. 8 della Legge Regionale del 3 gennaio 2005 n. 7 “Gestione delle risorse ittiche

e regolamentazione della pesca in acque interne” introduce il Piano Regionale per la pesca nelle

acque interne per il periodo 2007-2012, che tra i suoi obiettivi indica la necessità di suddivisione in

zone ittiche i corpi idrici utilizzando criteri ecologici. Da un punto di vista ambientale, il territorio

pisano risulta in gran parte pianeggiante, con basse colline in una piccola parte del Bacino

dell’Arno, del Cecina e del Cornia. Tuttavia anche questa zona collinare è affetta da fenomeni

siccitosi piuttosto spinti per molti mesi l’anno, che quando non portano a una totale scomparsa del

corpo idrico nella bella stagione, fanno innalzare la temperatura dell’acqua a livelli tali da rendere

piuttosto difficile la vita degli organismi acquatici. La massiccia presenza sia di zone con alta

densità abitativa sia di insediamenti industriali porta poi a un utilizzo piuttosto consistente di acqua

attinta dai corsi provinciali, fenomeno che ne aggrava lo stato già precario.

Questa premessa serve a una necessaria riconsiderazione della zona a Salmonidi che appare

molto sopravvalutata nel territorio provinciale pisano. Il Piano Ittico Regionale (2007-2012) fa

giustamente riferimento a una Zona a Salmonidi Superiore e a una Inferiore, considerando la

prima come la parte di un corso d’acqua montano dove la Trota fario è in grado di riprodursi e

quella Inferiore dove la medesima specie è in grado di sopravvivere, trovando un ambiente idoneo

sia da un punto trofico sia da quello delle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua e in particolare

della temperatura, che non può essere troppo elevata in estate. Almeno nel corso dei

campionamenti effettuati, non è stata riscontrata la chiara e inconfutabile evidenza di riproduzione

di Trota fario tale da sostenere una popolazione, anche se un progetto di studio specifico in questo

senso sarebbe opportuno, programmando le uscite nei periodi invernali e con metodi più opportuni

di cattura (data la taglia minima di questi animali che difficilmente vengono presi utilizzando

l’elettrostorditore) in modo da riscontrare l’eventuale presenza di avannotti e/o giovani di questa

specie. Vi è invece l’evidenza, data la taglia degli animali catturati, che si tratti di Trote di

immissione a scopo alieutico, quasi sempre campionate insieme a specie che indicano una

vocazione per la Zona a Ciprinidi Reofili: emblematico è il caso del Rio Magno (considerato come

“Rio Gentivola” nei reports del Piano Ittico Provinciale), Bacino del Fiume Arno, che è stato

proposto per una classificazione a Salmonidi pur presentando nel corso del campionamento,

eseguito in periodo invernale, una temperatura di oltre 11 gradi e una massiccia presenza di

Rovelle, entrambi chiari indicatori di Zona a vocazione non salmonicola (nello specifico a Ciprinidi

Reofili). Anche per gli altri bacini idrografici rimangono ferme le medesime considerazioni di

carattere ecologico: il Torrente Trossa e il Possera, che ricadono nel Bacino del Fiume Cecina,

presentano consistenti popolazioni di Ciprinidi Reofili.

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Car t a I t t i ca di Pi sa Concl usi oni

Prima Bozza 216

La predazione da parte della Trota nei confronti degli stadi giovanili di altre specie è nota ed è

provata, quindi, da un punto di vista gestionale, la conversione di una zona a vocazione ciprinicola

in una a gestione salmonicola produce effetti anche gravi sulle popolazioni di Pesci e Anfibi del

corso interessato. Inoltre l’immissione di Trote introduce fenomeni di competizione alimentare e

spaziale con i Ciprinidi di maggiori dimensioni, data la spiccata tendenza, sia dei Salmonidi in

questione sia dei Cavedani o Barbi eventualmente presenti nel tratto, di cibarsi di

macroinvertebrati, oltre che di piccoli pesci.

Ferme restando le considerazioni sopra dette, si riconosce l’opportunità di una gestione

salmonicola di tratti con dichiarata vocazione ciprinicola per venire incontro alla tradizionale pesca

alla Trota, che in alcuni pochi casi specifici quali il Torrente Zambra di Calci e i tratti a monte dei

corsi in Val di Cecina e Val di Cornia, possono avvalersi di questa peculiare forma di gestione che

non stravolge la corretta visione del Piano Ittico Regionale di Zonazione ittica conforme alla reale

Vocazione del corso d’acqua (basato su parametri biotici e abiotici) ma permette di conciliare

pesca sportiva e conservazione della fauna ittica locale. La stessa “Vocazione a Trota inferiore”,

descritta dalla Carta ittica Regionale del 1995 e ripresa nei concetti generali dall’attuale Piano Ittico

Regionale, altro non è che una zona a Ciprinidi reofili in cui la Trota può sopravvivere senza che

avvenga la riproduzione o che questa sia tale da permettere alle popolazioni di autosostenersi.

Ancora a proposito della Trota è necessario tenere in debito conto del ritrovamento delle Trote

macrostigma nel Torrente Trossa, in alta Val di Cecina: se ne fosse confermato il ritrovamento

anche attraverso analisi genetiche, il corso potrebbe costituire senza dubbio una importante zona

di protezione per questa rara specie che in questo ambiente con scarso impatto avrebbe

l’opportunità di fondare una popolazione in grado di autosostenersi. Tuttavia è anche necessario

considerare il fatto che il fenotipo delle Trote si adatta a peculiari condizioni ambientali e che il

riconoscimento di questi animali è stato effettuato appunto solo attraverso l’osservazione delle

caratteristiche fenotipiche. Inoltre, come giustamente osservato all’interno del Piano Ittico

Provinciale, la presenza di Trote macrostigma in questo torrente potrebbe semplicemente essere

dovuto all’introduzione di esemplari, con le tipiche caratteristiche morfologiche di questa specie,

del “Progetto di introduzione della Trota macrostigma in Provincia di Pisa”, commissionato dalla

Comunità Montana Val di Cecina al Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Univeristà degli Studi

di Siena. È dunque indubbio che sia necessario un approfondimento sulla reale provenienza di

esemplari di T. macrostigma in Alta Val di Cecina e sull’andamento della struttura di popolazione

nel tempo.

Criticità ambientali

Come è già stato sottolineato a proposito della distribuzione delle stazioni di campionamento, in

molti corsi d’acqua, soprattutto nella zona centrale e meridionale del territorio provinciale, in estate

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la portata è molto ridotta se non addirittura assente e ciò ovviamente influisce notevolmente sulla

distribuzione della fauna ittica e sulla conservazione delle popolazioni esistenti. Recenti studi

condotti da Ceddia et al. (in stampa) su un tratto a monte del Fiume Arno hanno evidenziato la

deriva del regime di portata che, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, mostra una

sensibile riduzione della disponibilità idrica e una progressiva asimmetria rispetto agli usuali

contributi stagionali. Tale effetto al suolo rispecchia gli aspetti del cambiamento climatico in termini

di distribuzione spaziale e temporale delle precipitazioni e dell’andamento delle temperature e ciò

influisce notevolmente anche sull’habitat disponibile per le specie acquatiche. Occorre quindi una

maggiore attenzione alla conservazione del deflusso minimo vitale per le specie ittiche, che deve

essere garantito incidendo maggiormente sul mantentenimento della portata minima, attraverso un

uso parsimonioso della risorsa idrica.

Un altro recente studio condotto dall’Autorità di Bacino dell’Arno e dal Dipartimento di Ingegneria

Agraria e Forestale (Università degli Studi di Firenze) ha messo in evidenza il problema della

continuità fluviale impedita dal posizionamento di briglie e manufatti trasversali di vario genere

lungo il corso del fiume o torrente, problema comune a molti corsi d’acqua, che vengono così a

essere frammentati ma, soprattutto, diventano impraticabili per molte specie che lungo il corso

della loro esistenza, sia per motivi trofici (specie potamodrome) sia per esigenze riproduttive

(specie diadrome, tanto anadrome quanto catadrome), hanno necessità di spostarsi. I casi più

conosciuti sono quelli delle specie migratrici in senso stretto, ossia quelle specie che, come la

Lampreda di mare e la Cheppia, vivono gran parte della loro esistenza in mare ma che per

riprodursi imboccano i fiumi e cercano siti idonei dove deporre i loro gameti. Il Fiume Serchio, che

ospita entrambe queste specie protette ai sensi della Legge regionale 56/2000, vede stagliarsi la

briglia di Ripafratta prima del confine con Lucca: i campionamenti fatti nell’ultimo anno, oltre che le

numerose segnalazioni dei pescatori negli ultimi anni, hanno chiaramente messo in evidenza che

questo manufatto è invalicabile per le popolazioni locali di queste due specie, che pure

necessitano, per continuare a sopravvivere, di proseguire i loro spostamenti per la ricerca di

opportuni siti riproduttivi.

Distribuzione della fauna ittica e gestione degli a lloctoni

I campionamenti di fauna ittica effettuati hanno portato alla cattura di 45 specie . Come premesso

non è stato in alcun modo tenuto conto delle segnalazioni ma solo delle specie effettivamente

rinvenute nella campagna di monitoraggio finalizzata alla redazione del Piano Ittico Provinciale e

in quella per la presente Carta Ittica.

Di queste specie, 22 (48,89 %) sono autoctone del distretto ittiofaunistico tosco-laziale a cui

appartiene il territorio della Provincia di Pisa, 8 (17,78%) sono transfaunate dal distretto

ittiofaunistico padano-veneto, e 15 (33,33%) sono esotiche ossia alloctone in quanto provenienti

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da aree al di fuori del territorio nazionale. In totale gli alloctoni (specie transfaunate e esotiche

insieme) sono esattamente la metà di tutte le specie rilevate nei corsi d’acqua provinciali.

Tra le specie autoctone sicuramente salta all’occhio la mancanza totale della Tinca, diffusa

ovunque in Toscana, anche se con densità molto basse, che però non sembra essere scomparsa

dai corsi d’acqua del territorio provinciale in tempi recenti, dato che pare non essere presente

nell’area anche durante i monitoraggi che precedono la preparazione del volume “Presupposti

ecologici e popolazionistici”, pubblicato nel 1988. La stessa Carpa, specie esotica considerata

diretto competitore della Tinca visto che presenta simili necessità in termini di caratteristiche

ambientali, non è molto diffusa nei corsi d’acqua analizzati e presenta densità non rilevanti.

Tra le specie autoctone che invece non sembrano soffrire, almeno a giudicare dalla loro

distribuzione e densità, di particolari problemi vi sono sicuramente il Cavedano comune e il Barbo

tiberino che appaiono presenti ovunque (a eccezione del Fiume Serchio per il B. tiberino) e

occupano ambienti con caratteristiche anche molto diverse in termini di quota, pendenza e di livello

di antropizzazione. Eventuali tentativi di ripopolamento di tali specie, molto comuni data la facilità

di reperimento del materiale da semina, sono quindi da sconsigliare. Anche in questo caso, l’ampia

distribuzione di queste due specie autoctone suggerisce una vocazione a Ciprinidi Reofili per gran

parte dei corsi d’acqua della Provincia di Pisa.

Un discorso a parte è invece necessario per le specie migratrici presenti nei corsi d’acqua del

pisano: sia la Lampreda di mare sia la Cheppia, presenti nel Fiume Serchio (entrambe inserite

nell’Allegato A della Legge Regionale 56/2000, “Habitat naturali e seminaturali e specie animali e

vegetali di interesse regionale, la cui conservazione può richiedere la designazione di SIR” e la

prima anche nell’allegato B del medesimo testo di legge, “Specie animali protette ai sensi della

presente legge”), fanno di questo breve tratto di fiume presente nel territorio il vero cuore

ittiofaunistico della Provincia di Pisa. Alle specie migratrici è giustamente dedicato un programma

di monitoraggio specifico che ha il compito di raccogliere informazioni riguardo alla loro presenza,

distribuzione ed eventuale riproduzione. Il progetto sulle specie migratrici è solo ai primi stadi e

tuttavia questa dicotomia tra i due grandi fiumi, l’Arno e il Serchio, è già piuttosto evidente. Già

dopo i primi mesi di ricerca è stato possibile appurare che la Lampreda di mare, che si pensava

fosse totalmente estinta nel territorio della Regione Toscana, vi si riproduce ancora: individui in

frega sono stati trovati alla base della briglia di Ripafratta, sul Fiume Serchio, nel mese di giugno

del 2009 e un ammocete della stessa specie è stato catturato nello stesso mese a Migliarino

Pisano, nel medesimo corso d’acqua. Per quanto riguarda il Fiume Arno sono stati fatti diversi

tentativi di campionamento per riscontrare la presenza delle specie migratrici ma al momento

questa è stata rilevata solo per l’Anguilla.

Come si evince dalla cartina di distribuzione, molto diversa è la situazione dell’Anguilla,

uniformemente distribuita sul territorio, presente in tutti i bacini idrografici, anche nei tratti più in

quota di ogni bacino idrografico e con chiara evidenza della rimonta di individui giovani per tutto il

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corso dei fiumi, vista la presenza di esemplari di piccola taglia anche nella zona più elevata di

alcune valli (Val di Cecina per esempio). Occorre ricordare che per l’Anguilla la situazione generale

a livello europeo che viene registrata è tutt’altro che rosea: la International Union for Conservation

of Nature (IUCN) considera la specie Critically Endangered e la Commissione per la pesca del

Parlamento europeo (Progetto di relazione sullo sviluppo di un piano d’azione comunitario per la

gestione degli stock di anguilla europea) considera che negli ultimi 20 anni lo stock di anguille è

diminuito del 50% (del 75% nel corso degli ultimi 40 anni), lo stock di cieche del 95% del

medesimo periodo. Alla luce di ciò, è da considerare come notevole la situazione locale e come

prioritario un piano di conservazione locale della specie, che si attui con adeguate misure di tutela

dei riproduttori (le cosidette “anguille argentine”) quali il divieto di pesca al di sopra dei 60 cm. Nel

territorio pisano si riscontra la presenza di un’altra specie tra quelle inserite sia nell’Allegato A sia

nell’Allegato B della già citata Legge Regionale 56/2000, il Ghiozzo dell’Arno (Padogobius

nigricans) endemica nel distretto tosco-laziale.

Per quanto riguarda le specie alloctone, il Piano Ittico Regionale fa chiaramente riferimento alla

necessità del loro contenimento e alla realizzazione di progetti specifici che considerino come

prioritario il fine di abbatterne la densità quando questa risulti elevata rispetto a quella delle specie

autoctone. È tuttavia necessario rilevare che, soprattutto per quanto riguarda il Fiume Arno, la

localizzazione di alcuni campi di gara deve infatti il suo successo alla presenza di elevate quantità

di specie alloctone (ad es. Calcinaia, con la massiccia presenza di Pesce gatto punteggiato) e che

al momento è più necessario un piano di monitoraggio e controllo che un piano di smaltimento,

almeno fino a quando la presenza delle specie alloctone non risulterà davvero sovradensitaria.

Importante invece evitare in modo definitivo quello che fino a oggi sembra il maggiore veicolo di

introduzione di specie alloctone, ossia le semine di pesci a scopo alieutico provenienti da aree

dislocate al di fuori del distretto ittiofaunistico di appartenenza. A questo proposito è da segnalare

la diffusione del Leucisco d’Albania, Pachychilon pictum, probabilmente introdotto proprio grazie a

semine di pesce oltre venti anni fa: la specie fu segnalata nel 1990 esclusivamente per il Fiume

Serchio, dove è stata effettivamente rinvenuta anche nel corso di questa ricerca, e la sua recente

cattura nel Fiume Arno, a Calcinaia, è probabilmente da imputare al passaggio attraverso il Canale

demaniale di Ripafratta, che collega i due bacini idrografici. La sua futura veloce diffusione in gran

parte del Fiume Arno risulta piuttosto probabile. Non si tratta di una specie che presenta un profilo

di particolare pericolosità ma quasi certamente compete per lo spazio e per l’alimentazione con

alcune specie autoctone quali la Rovella.

La situazione del Siluro invece risulta controversa: sono state effettuate poche catture e tutte a

carico di esemplari giovani, probabilmente nati lo stesso anno; nonostante le numerose

segnalazioni di pescatori (e dello stesso Piano Ittico Provinciale) e i diversi campionamenti fatti

lungo tutta l’asta pisana dell’Arno, in quest’ultimo corso d’acqua non sono mai stati ritrovati grossi

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esemplari di questa specie. Ciò è da imputare probabilmente al fatto che la densità degli animali è

ancora bassa e in questo senso un programma di monitoraggio con appropriati mezzi di cattura, di

controllo ed eventualmente di contenimento nelle prime fasi di diffusione sarebbe auspicabile, per

evitare quanto sta accadendo in corsi di altre province toscane dove la biomassa riferibile al Siluro

appare preponderante rispetto alle altre specie ittiche

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Vocazioni ittiche rilevate per il reticolo idrograf ico della Provincia di Pisa

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