Carmen Pellegrino - Finalista Premio Campiello 2015

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Gazzetta del Sud Mercoledì 8 Luglio 2015 9 . Cultura e Spettacoli Cultura e Spettacoli «Chi appartiene solo a se stesso non può essere abbandonato» David Leavitt ASPETTANDO IL CAMPIELLO A colloquio con una dei cinque finalisti: Carmen Pellegrino Professione abbandonologa I luoghi dimenticati, le persone perdute: come la letteratura può “salvarli”. E salvarci Francesco Musolino A lento è un borgo abban- donato e immaginario che sorge su una terra inesorabilmente destinata a franare, portandosi via tutto, la memoria in primis, dei luoghi così come degli abitanti. Alento è un simbolo, celebra il valore e l’importanza della lentezza in un’epoca in cui la velocità fago- cita tutto. Alento, infine, rap- presenta uno di quei luoghi – e sono migliaia lungo la nostra penisola – in cui il tempo si è fermato per sempre. E proprio qui, in questo borgo che non si trova nelle mappe, la scrittrice campana Carmen Pellegrino ha voluto ambientare il suo ro- manzo d’esordio “Cade la ter- ra” (Giunti), finalista alla 53° edizione del Premio Campiello e già vincitore del Premio Ra- pallo Carige Opera. In “Cade la terra” la Pellegri- no parte dalle sorti segnate di Alento per raccontare soprat- tutto le vicende della sua ulti- ma abitante, Estella, e del suo desiderio di resistere, di tenere in vita la memoria delle anime degli scomparsi, ricomponen- do le loro esistenze con un co- ro di voci e dialoghi dagli echi novecenteschi, restituendo co- sì valore a chi viene dimentica- to dalla storia e cancellato dal tempo. Grazie alla fortuna del suo libro e alla serietà dei suoi stu- di condotti sul campo, la Pelle- grino (classe ’77) – dopo aver indagato alcuni dei nodi sa- lienti della modernità, concen- trando i suoi studi sui movi- menti collettivi di dissidenza e successivamente concentran- do i suoi studi sul razzismo, l’e- sclusione sociale e le condizio- ni di sfruttamento dei migran- ti– ha posto le basi per la nasci- ta dell’ “abbandonologia”, ov- vero una scienza dell’abban- dono come forma di recupero alla coscienza del vissuto stori- co dei luoghi. La Gazzetta del Sud seguirà la fase finale del premio Cam- piello (la premiazione sarà il 12 settembre al teatro La Feni- ce di Venezia) dialogando con i cinque finalisti – Marco Bal- zanocon“L’ultimo arriva- to”(Sellerio),Paolo Colagran- decon “Sentile rane”(Notte- tempo),Vittorio Giacopi- nicon“La Mappa”(Il Saggiato- re),Carmen Pellegrinocon“Ca- de la terra”(Giunti) eAntonio Scuraticon“Il tempo migliore della nostra vita” (Bompiani) – partendo proprio dall’unica autrice in gara (curiosamente la stessa proporzione di genere vista anche nella 69. edizione del Premio Strega), la scrittri- ce napoletana Carmen Pelle- grino. Come nasce “Cade la terra”? «Dalla mia passione per l’abbandono e per tutto ciò che vi ruota attorno, scrivendo la storia di questi luoghi per ri- portarli in vita. Sono nata a Po- stiglione degli Alburni, sul Ci- lento montuoso, un luogo cir- condato da borghi abbandona- ti che era mia abitudine visita- re, sin da quando ero fanciul- la». La tua protagonista nasce co- me un omaggio sia alla lette- ratura che al territorio mon- tano, ma com’è nata l’idea al- la base di questo libro? «Estella, il suo nome stesso, è un omaggio alla Estella di Grandi speranze, alla sua tene- ra crudeltà, e al monte Stella che svetta fra le rupi del Cilen- to. Le letture, la poesia, soprat- tutto, e le montagne hanno formato il mio immaginario. Quando ho deciso di scrivere un romanzo ho capito che do- vevo andare al fondo di ciò che conoscevo meglio: dunque l'abbandono, come condizione evidente, ovvero l’abbandono di un luogo, di un borgo, o più intima, l’abbandono come te- ma che sembra accomunarci tutti, al modo del dolore, del- l’amore. C’è poi un riferimento geografico preciso in Alento, il borgo abbandonato del ro- manzo, ed è Roscigno Vecchia, il paesino cilentano abbando- nato dal principio del '900, che dista veramente pochi passi dal luogo in cui sono nata». La vita e la morte per Estella sembrano essere contigui, senza lasciare spazio alla tri- stezza. Cosa significa? «È un po’ come per me: cre- do fortemente nella contiguità fra i mondi, all’accoglimento dei segni che dicono che l’al- trove è qui e ora. La memoria è quella soglia dove i vivi e i morti vivono come in comu- nione. Per Estella, che vive di confusioni fra i due mondi, non c’è spazio per la tristezza, perché nei suoi pensieri, nelle emozioni quelli che sono morti non se ne sono mai andati, non del tutto. Nemmeno le case in- torno, che dirupano, che sono sciupate, che sembrano sem- pre sul punto di consegnarsi al suolo, nemmeno quelle case tutte rotte le fanno tristezza. Anzi, sono il suo posto in cui stare (place to be, cantava Nick Drake), da cui ha tratto il suo scabro, e forse folle, modo di stare al mondo: se quelle ca- se resistono, quelle case intes- sute di tutte le vite e di tutte le età di chi le ha abitate, se ce la fanno e ce la fanno, nonostan- te le guerre e le peggiori furie della natura a cui sono soprav- vissute, case diremmo scam- pate, salve sì, ma solo per ades- so, può farcela anche lei, un giorno buono e l'altro no, an- cora un po’, anche solo un po’». La fortuna di questo libro ha reso celebre tanto i tuoi studi storici che la tua professione, quanto mai attuale. Ma cos'è l'abbandonologia? «È uno stato d'animo, o for- se un’attitudine a cercare nella polvere che il tempo come un maniaco sparpaglia. Cercare la vita, dove si annida, nelle anse in cui si è nascosta; vede- re bellezza in una molteplicità di brandelli; interrogare ogni povera cosa, che d’un tratto può mettersi a parlare. Questo è un modo di abitare le rovi- ne.È una scienza poetica, l’ab- bandonologia, che si nutre di parole, perché dagli scarti pe- trosi si possono trarre parole di cura: pietra e pietà, anche se hanno etimi diversi, comincia- no allo stesso modo nella no- stra lingua». In un’epoca in cui tutto de- v’essere veloce e immediato, questa scienza può avere un forte valore simbolico, no? «Se l’abbandonologia ha un valore simbolico direi che lo si potrebbe trovare in una specie di resistenza al parossismo del contemporaneo, che impone velocità, efficienza, utilità a ogni costo. A me interessa tut- to ciò che rimane indietro, che viene lasciato a perdersi, il fra- gile, l’inutile, il marginale, e mi fermo alla condizione di ab- bandono, non proseguo lungo la via della riqualificazione, perché è nella sottrazione e nella perdita che mi interessa trovare una possibilità, anche solo d’immaginazione, là dove il tempo delle cose ha scalzato quello degli uomini». 3 Prima mostra italiana Vivian “la tata” grande fotografa sconosciuta Al Man di Nuoro un entusiasmante percorso espositivo Nicoletta Castagni ROMA Circa 120 fotografie, una deci- na di filmati e una serie inedita di provini a contatto illustrano, dal 10 luglio al 18 ottobre negli spazi del Man di Nuoro, i 50 an- ni di attività di Vivian Maier, grande fotografa americana del ’900 che per tutta la sua vita condivise la passione per l’im- magine con il suo unico lavoro, quello di bambinaia per le fa- miglie benestanti di New York e Chicago. Rimasta sconosciu- ta, la sua opera, conservata in archivi sterminati, è riemersa solo di recente, conquistando prima gli Usa, quindi l’Europa e quella del Man rappresenta la prima mostra dedicata alla Maier da un museo italiano. Con il titolo “Vivian Maier. Street Photographer”, l’impor- tante esposizione, realizzata in collaborazione con diChro- ma Photography, è stata cura- ta da Anne Morin, che ha volu- to raccontare con un’attenta selezione dei materiali un’arti- sta molto particolare, capace di mettere a punto migliaia di scatti e non partecipare mai a una mostra né ambire a nean- che una pubblicazione. Il suo archivio conta infatti più di 150.000 negativi, una miriade di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, ap- punti e altri documenti di vario genere che la tata “francese” (la madre era originaria delle Alpi Provenzali) accumulava, custodendo tutto con grande gelosia. Confinato infine in un magazzino, il materiale è stato confiscato nel 2007, per il mancato pagamento dell’affit- to, e quindi scoperto dal giova- ne John Maloof per caso. Partendo da questi materia- li, il progetto espositivo inten- de porre l’accento su elementi chiave della poetica della Maier, a partire proprio dal- l’ossessione per la documenta- zione e l’accumulo, fondamen- tali per la costruzione di un corretto profilo artistico, oltre che biografico. Insieme a 120 fotografie tra le più importan- ti, scattate tra i primi anni 50 e la fine dei 60, la mostra presen- ta una serie di filmati in super 8 e una selezione di immagini a colori. Gli scatti degli anni 70 raccontano invece il cambia- mento di visione, dettato dal passaggio dalla Rolleiflex alla Leica, che obbligò Vivian Maier a trasferire la macchina dall’altezza del ventre a quella dell’occhio, offrendole nuove possibilità di racconto. 3 La sua sterminata opera (oltre 150mila negativi) scoperta nel 2007 solo per caso Un autoscatto. Vivian Maier in una foto del 1954 Morta Eva Fischer Fu una dei pittori di via Margutta Aveva 94 anni e viveva a Roma dal dopoguerra ROMA È morta a Roma la pittrice Eva Fischer. Nata nel 1920 nella ex Jugoslavia, viveva nella Capi- tale dal secondo dopoguerra, naturalizzata italiana. Figlia del rabbino capo di Belgrado, deportato dai nazisti, era stata a sua volta internata con la ma- dre e il fratello minore nel cam- po di Vallegrande, nell’isola di Curzola, e profondamente se- gnata dagli anni del conflitto. A guerra finita il radicamento a Roma, dove entrò a far parte del gruppo di artisti di Via Mar- gutta, e i suoi amici erano Ma- fai e Guttuso, Carlo Levi, Cor- rado Alvaro, ma anche de Chi- rico, Sandro Penna, Ungaretti, Giuseppe Berto, Alfonso Gat- to. Le sue colorate tele, spesso a tema - barche, biciclette, mercati, ma anche nature mor- te, paesaggi, ritratti - vengono esposte in tutto il mondo. Apprezzata da Salvador Da- lì, incontrò Picasso a casa di Luchino Visconti. E più tardi a Parigi diventò grande amica di Chagall. Visse per brevi perio- di anche a Madrid e negli anni Sessanta a Londra. Tra i suoi amici anche Ennio Morricone: «Abitavamo nello stesso palaz- zo, tutti e due poverissimi. Lo sentivo che suonava tutto il giorno, dalle 6 del mattino», ha ricordato lei in un’intervista. Un’amicizia che si è tradotta anche in un sodalizio di lavoro, con la pittrice che ha dedicato alle note del grande maestro 38 dipinti e lui che ha ricam- biato dedicandole un cd con 12 brani (A Eva Fischer pittore). Al dramma della Shoah l’ar- tista ha dedicato una messe di lavori, oli, incisioni, disegni ri- masti a lungo segreti, protago- nisti nel 2014 d’una mostra al- l’Accademia di Ungheria. A Roma ha realizzato, tra l’altro, le vetrate del Tempio Maggio- re. 3 “Addio”. Un dipinto sulla Shoah, del 1949 In Sicilia Scrittori in tournée Per il secondo anno consecutivo i cinque fi- nalisti del Premio Cam- piello sbarcano in Sici- lia con un doppio ap- puntamento: oggi sa- ranno a Catania (ore 21 al Palazzo della Cultura di via Vittorio Emanue- le) e domani a Palermo (ore 18 nella Sala Con- ferenze della Direzione Generale di Banca Nuo- va di via G. Cusmano). I due incontri fanno par- te del tour nazionale dei finalisti del Premio, isti- tuito nel 1962 dagliIn- dustriali del Veneto, promosso e gestito dal- la Fondazione “IlCam- piello”. La tournée si concluderà sabato 12 settembre al Teatro La Fenice di Venezia, dove verrà proclamato il vin- citore della 53a edizio- ne del Premio Campiel- lo, scelto dallagiuria dei trecento lettorianonimi. Credo fortemente nella contiguità fra i mondi, nei segni che dicono che l’altrove è qui e ora Carmen Pellegrino Cade la terra GIUNTI PP. 220 EURO 14,00

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Sul quotidiano Gazzetta del Sud l'intervista alla scrittrice campana Carmen Pellegrino, finalista Premio Campiello 2015.

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Gazzetta del Sud Mercoledì 8 Luglio 2015 9.

Cultura e SpettacoliCultura e Spettacoli «Chi appartiene solo a se stesso non puòessere abbandonato» David Leavitt

ASPETTANDO IL CAMPIELLO A colloquio con una dei cinque finalisti: Carmen Pellegrino

Professione abbandonologaI luoghi dimenticati, le persone perdute: come la letteratura può “salvarli”. E salvarci

Francesco Musolino

A lento è un borgo abban-donato e immaginarioche sorge su una terra

inesorabilmente destinata afranare, portandosi via tutto, lamemoria in primis, dei luoghicosì come degli abitanti. Alentoè un simbolo, celebra il valore el’importanza della lentezza inun’epoca in cui la velocità fago-cita tutto. Alento, infine, rap-presenta uno di quei luoghi – esono migliaia lungo la nostrapenisola – in cui il tempo si èfermato per sempre. E proprioqui, in questo borgo che non sitrova nelle mappe, la scrittricecampana Carmen Pellegrinoha voluto ambientare il suo ro-manzo d’esordio “Cade la ter-ra” (Giunti), finalista alla 53°edizione del Premio Campielloe già vincitore del Premio Ra-pallo Carige Opera.

In “Cade la terra” la Pellegri-no parte dalle sorti segnate diAlento per raccontare soprat-tutto le vicende della sua ulti-ma abitante, Estella, e del suodesiderio di resistere, di tenerein vita la memoria delle animedegli scomparsi, ricomponen-do le loro esistenze con un co-ro di voci e dialoghi dagli echinovecenteschi, restituendo co-sì valore a chi viene dimentica-to dalla storia e cancellato daltempo.

Grazie alla fortuna del suolibro e alla serietà dei suoi stu-di condotti sul campo, la Pelle-grino (classe ’77) – dopo averindagato alcuni dei nodi sa-lienti della modernità, concen-trando i suoi studi sui movi-menti collettivi di dissidenza esuccessivamente concentran-do i suoi studi sul razzismo, l’e-sclusione sociale e le condizio-ni di sfruttamento dei migran-ti– ha posto le basi per la nasci-ta dell’ “abbandonologia”, ov-

vero una scienza dell’abban-dono come forma di recuperoalla coscienza del vissuto stori-co dei luoghi.

La Gazzetta del Sud seguiràla fase finale del premio Cam-piello (la premiazione sarà il12 settembre al teatro La Feni-ce di Venezia) dialogando coni cinque finalisti – Marco Bal-zanocon“L’ultimo arriva-to”(Sellerio),Paolo Colagran-decon “Sentile rane”(Notte-tempo),Vittorio Giacopi-nicon“La Mappa”(Il Saggiato-re),Carmen Pellegrinocon“Ca-de la terra”(Giunti) eAntonioScuraticon“Il tempo miglioredella nostra vita” (Bompiani) –partendo proprio dall’unicaautrice in gara (curiosamentela stessa proporzione di generevista anche nella 69. edizionedel Premio Strega), la scrittri-ce napoletana Carmen Pelle-grino.Come nasce “Cade la terra”?

«Dalla mia passione perl’abbandono e per tutto ciò chevi ruota attorno, scrivendo lastoria di questi luoghi per ri-portarli in vita. Sono nata a Po-stiglione degli Alburni, sul Ci-

lento montuoso, un luogo cir-condato da borghi abbandona-ti che era mia abitudine visita-re, sin da quando ero fanciul-la».La tua protagonista nasce co-me un omaggio sia alla lette-ratura che al territorio mon-tano, ma com’è nata l’idea al-la base di questo libro?

«Estella, il suo nome stesso,è un omaggio alla Estella diGrandi speranze, alla sua tene-ra crudeltà, e al monte Stellache svetta fra le rupi del Cilen-to. Le letture, la poesia, soprat-tutto, e le montagne hannoformato il mio immaginario.Quando ho deciso di scrivereun romanzo ho capito che do-vevo andare al fondo di ciò checonoscevo meglio: dunquel'abbandono, come condizioneevidente, ovvero l’abbandonodi un luogo, di un borgo, o piùintima, l’abbandono come te-ma che sembra accomunarcitutti, al modo del dolore, del-l’amore. C’è poi un riferimentogeografico preciso in Alento, ilborgo abbandonato del ro-manzo, ed è Roscigno Vecchia,il paesino cilentano abbando-nato dal principio del '900, chedista veramente pochi passidal luogo in cui sono nata».La vita e la morte per Estellasembrano essere contigui,senza lasciare spazio alla tri-stezza. Cosa significa?

«È un po’ come per me: cre-do fortemente nella contiguitàfra i mondi, all’accoglimentodei segni che dicono che l’al-trove è qui e ora. La memoria èquella soglia dove i vivi e imorti vivono come in comu-nione. Per Estella, che vive diconfusioni fra i due mondi,non c’è spazio per la tristezza,perché nei suoi pensieri, nelleemozioni quelli che sono mortinon se ne sono mai andati, nondel tutto. Nemmeno le case in-

torno, che dirupano, che sonosciupate, che sembrano sem-pre sul punto di consegnarsi alsuolo, nemmeno quelle casetutte rotte le fanno tristezza.Anzi, sono il suo posto in cuistare (place to be, cantavaNick Drake), da cui ha tratto ilsuo scabro, e forse folle, mododi stare al mondo: se quelle ca-se resistono, quelle case intes-sute di tutte le vite e di tutte leetà di chi le ha abitate, se ce lafanno e ce la fanno, nonostan-

te le guerre e le peggiori furiedella natura a cui sono soprav-vissute, case diremmo scam-pate, salve sì, ma solo per ades-so, può farcela anche lei, ungiorno buono e l'altro no, an-cora un po’, anche solo un po’».La fortuna di questo libro hareso celebre tanto i tuoi studistorici che la tua professione,quanto mai attuale. Ma cos'èl'abbandonologia?

«È uno stato d'animo, o for-se un’attitudine a cercare nellapolvere che il tempo come unmaniaco sparpaglia. Cercarela vita, dove si annida, nelleanse in cui si è nascosta; vede-re bellezza in una molteplicitàdi brandelli; interrogare ognipovera cosa, che d’un trattopuò mettersi a parlare. Questoè un modo di abitare le rovi-ne.È una scienza poetica, l’ab-bandonologia, che si nutre diparole, perché dagli scarti pe-trosi si possono trarre parole dicura: pietra e pietà, anche sehanno etimi diversi, comincia-no allo stesso modo nella no-stra lingua».In un’epoca in cui tutto de-v’essere veloce e immediato,questa scienza può avere unforte valore simbolico, no?

«Se l’abbandonologia ha unvalore simbolico direi che lo sipotrebbe trovare in una speciedi resistenza al parossismo delcontemporaneo, che imponevelocità, efficienza, utilità aogni costo. A me interessa tut-to ciò che rimane indietro, cheviene lasciato a perdersi, il fra-gile, l’inutile, il marginale, e mifermo alla condizione di ab-bandono, non proseguo lungola via della riqualificazione,perché è nella sottrazione enella perdita che mi interessatrovare una possibilità, anchesolo d’immaginazione, là doveil tempo delle cose ha scalzatoquello degli uomini». 3

Prima mostra italiana

Vivian “la tata”grande fotografasconosciutaAl Man di Nuoroun entusiasmantepercorso espositivo

Nicoletta CastagniROMA

Circa 120 fotografie, una deci-na di filmati e una serie ineditadi provini a contatto illustrano,dal 10 luglio al 18 ottobre neglispazi del Man di Nuoro, i 50 an-ni di attività di Vivian Maier,grande fotografa americanadel ’900 che per tutta la sua vitacondivise la passione per l’im -magine con il suo unico lavoro,quello di bambinaia per le fa-miglie benestanti di New Yorke Chicago. Rimasta sconosciu-ta, la sua opera, conservata inarchivi sterminati, è riemersasolo di recente, conquistandoprima gli Usa, quindi l’Europae quella del Man rappresentala prima mostra dedicata allaMaier da un museo italiano.

Con il titolo “Vivian Maier.Street Photographer”, l’impor -tante esposizione, realizzatain collaborazione con diChro-ma Photography, è stata cura-ta da Anne Morin, che ha volu-to raccontare con un’attentaselezione dei materiali un’arti -sta molto particolare, capacedi mettere a punto migliaia discatti e non partecipare mai auna mostra né ambire a nean-che una pubblicazione. Il suoarchivio conta infatti più di150.000 negativi, una miriadedi pellicole non sviluppate,stampe, film in super 8 o 16millimetri, registrazioni, ap-punti e altri documenti di variogenere che la tata “francese”(la madre era originaria delleAlpi Provenzali) accumulava,custodendo tutto con grandegelosia. Confinato infine in unmagazzino, il materiale è statoconfiscato nel 2007, per ilmancato pagamento dell’affit -to, e quindi scoperto dal giova-

ne John Maloof per caso.Partendo da questi materia-

li, il progetto espositivo inten-de porre l’accento su elementichiave della poetica dellaMaier, a partire proprio dal-l’ossessione per la documenta-zione e l’accumulo, fondamen-tali per la costruzione di uncorretto profilo artistico, oltreche biografico. Insieme a 120fotografie tra le più importan-ti, scattate tra i primi anni 50 ela fine dei 60, la mostra presen-ta una serie di filmati in super 8e una selezione di immagini acolori. Gli scatti degli anni 70raccontano invece il cambia-mento di visione, dettato dalpassaggio dalla Rolleiflex allaLeica, che obbligò VivianMaier a trasferire la macchinadall’altezza del ventre a quelladell’occhio, offrendole nuovepossibilità di racconto. 3

La sua sterminataopera (oltre150mila negativi)scoperta nel 2007solo per caso

Un autoscatto. Vivian Maierin una foto del 1954

Morta Eva Fischer

Fu una dei pittoridi via MarguttaAveva 94 annie viveva a Romadal dopoguerra

ROMA

È morta a Roma la pittrice EvaFischer. Nata nel 1920 nella exJugoslavia, viveva nella Capi-tale dal secondo dopoguerra,naturalizzata italiana. Figliadel rabbino capo di Belgrado,deportato dai nazisti, era stataa sua volta internata con la ma-dre e il fratello minore nel cam-po di Vallegrande, nell’isola diCurzola, e profondamente se-gnata dagli anni del conflitto.A guerra finita il radicamento aRoma, dove entrò a far partedel gruppo di artisti di Via Mar-gutta, e i suoi amici erano Ma-fai e Guttuso, Carlo Levi, Cor-rado Alvaro, ma anche de Chi-rico, Sandro Penna, Ungaretti,Giuseppe Berto, Alfonso Gat-to. Le sue colorate tele, spessoa tema - barche, biciclette,mercati, ma anche nature mor-te, paesaggi, ritratti - vengonoesposte in tutto il mondo.

Apprezzata da Salvador Da-lì, incontrò Picasso a casa diLuchino Visconti. E più tardi aParigi diventò grande amica diChagall. Visse per brevi perio-di anche a Madrid e negli anniSessanta a Londra. Tra i suoiamici anche Ennio Morricone:

«Abitavamo nello stesso palaz-zo, tutti e due poverissimi. Losentivo che suonava tutto ilgiorno, dalle 6 del mattino», haricordato lei in un’intervista.Un’amicizia che si è tradottaanche in un sodalizio di lavoro,con la pittrice che ha dedicatoalle note del grande maestro38 dipinti e lui che ha ricam-biato dedicandole un cd con 12brani (A Eva Fischer pittore).

Al dramma della Shoah l’ar -tista ha dedicato una messe dilavori, oli, incisioni, disegni ri-masti a lungo segreti, protago-nisti nel 2014 d’una mostra al-l’Accademia di Ungheria. ARoma ha realizzato, tra l’altro,le vetrate del Tempio Maggio-re. 3

“Addio”. Un dipinto sullaShoah, del 1949

In Sicilia

Scrittoriin tournéePer il secondo annoconsecutivo i cinque fi-nalisti del Premio Cam-piello sbarcano in Sici-lia con un doppio ap-puntamento: oggi sa-ranno a Catania (ore 21al Palazzo della Culturadi via Vittorio Emanue-le) e domani a Palermo(ore 18 nella Sala Con-ferenze della DirezioneGenerale di Banca Nuo-va di via G. Cusmano). Idue incontri fanno par-te del tour nazionale deifinalisti del Premio, isti-tuito nel 1962 dagliIn-dustriali del Veneto,promosso e gestito dal-la Fondazione “IlCam-piello”. La tournée siconcluderà sabato 12settembre al Teatro LaFenice di Venezia, doveverrà proclamato il vin-citore della 53a edizio-ne del Premio Campiel-lo, scelto dallagiuria deitrecento lettorianonimi.

“Credo fortementenella contiguità fra imondi, nei segniche dicono chel’altrove è qui e ora

CarmenPellegrinoCade laterraGIUNTIPP. 220EURO 14,00