Caritas

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CLICCA SU UNO DEI TRE PERCORSI PER INIZIARE LA NAVIGAZIONE

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Volontario è il cittadino che, adempiuti i suoi doveri di stato (famiglia, profes-sione...) E quelli civili (vita amministrativa, vita politica, sindacato, ecc.), Pone se stesso a gratuita disposizione della comunità. Egli impegna prioritaria-mente sul suo territorio le sue capacità, i mezzi che possiede, il suo tempo, in risposta creativa ai bisogni della gente. Ciò attraverso un impegno continuativo di

servizi, coscientizzazione ella comunità, di intervento politico, attuato preferibil-mente a livello di gruppo. Per il Cristiano il servizio di volontariato costituisce una risposta di coerenza con la propria fede che lo stimola a realizzare una testimonianza di condivisione con tutti i fratelli sull’esempio di Cristo. Il Cristiano si batte per far sì che la Carità di oggi - rimosse le cause dei bisogni - diventi la giustizia di domani» (G.Pasini).

IL VOLONTARIOIL VOLONTARIO

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• Parrocchia aperta al territorio: volontariato

• Per tutti i credenti la chiamata al volontariato

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L’invito dei Vescovi italiani ad operare una conversione pastorale (Cfr. Con il dono della Carità dentro la storia n. 23) nella consapevolezza “che il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell’esistente, ma della missione”, comporta la necessità per le nostre comunità parrocchiali di vivere una maggiore apertura al territorio per “andare oltre i luoghi e i tempi dedicati al ‘sacro’ e raggiungere i modi e i tempi della vita ordinaria”

D’altra parte tale necessità di una parrocchia “idonea ad essere Popolo di Dio in missione nel mondo ed incarnata nella Storia” (proposizione n.149 del Sinodo Diocesano) è più volte risuonata nel Magistero:

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«Se la Parrocchia è la Chiesa posta in mezzo alle case degli uomini essa vive e opera profondamente inserita nella società umana ed intimamente solidale con le sue aspirazioni» (ChL n. 27).

«La Parrocchia non può ridursi solo al culto, e tantomeno all’adempimento burocratico delle varie pratiche. Bisogna che nasca una parrocchia missionaria di credenti, che si ponga come ‘soggetto sociale’ nel proprio territorio» (Chiesa italiana e Mezzogiorno n.34).

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• «... dobbiamo evitare di chiuderci in un “parrocchialismo” chiuso in se stesso senza un’apertura missionaria. Come la persona umana, se si chiude in se stessa, non si realizza ... così le comunità, tutte le comunità, quando si chiudono in se stesse non sono più capaci di maturare: neanche la Parrocchia può realizzare pienamente la sua missione se diventa un ghetto chiuso in se stesso. Bisogna equilibrare l’impegno parrocchiale con l’impegno dell’ambiente dove l’uomo vive, lotta, opera, soffre ...» (Mons. Magrassi Convegno Ecclesiale Diocesano “Evangelizzazione e promozione umana”).

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Davanti a questa urgente prospettiva la Caritas parrocchiale, fortemente interpellata, deve assumere un ruolo importante attraverso:

– l’opera che può svolgere come concretamente indicato nel Regolamento di applicazione dello Statuto della Caritas parrocchiale;

– la nascita e la formazione di un volontariato parrocchiale che esprima un’azione ecclesiale capace di incidere sul territorio:• in primo luogo come segno di testimonianza della

Carità “che sta al centro del Vangelo e costituisce il grande segno che induce a credere al Vangelo” (ETC 9);

• in secondo luogo attraverso l’attivazione di servizi specifici e qualificati in risposta ai bisogni emergenti.

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PER TUTTI I CREDENTI LA CHIAMATA AL

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L’impegno verso una promozione e formazione del volontariato parrocchiale va collocato nel solco nel Concilio vaticano II, dentro l’ecclesiologia di comunione.

La concezione di Chiesa-popolo di Dio, tutta ministeriale, ha visto nel post-concilio una grossa rivalutazione dell’importanza del laicato nella vita della chiesa.

Tuttavia, per quanto l’ecclesiologia di comunione punti a far esplodere il laicato in un’assunzione di impegno e di responsabilità dentro la storia, esiste il rischio concreto che essa si risolva in una sorta di organizzazione che, se valorizza il laicato lo valorizza prevalentemente “dentro” la Chiesa: nella liturgia, nella catechesi, in forme “interiori” alla vita della Chiesa.

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Il volontariato, allora, rappresenta una possibilità per la comunità di esprimere una ministerialità laicale a tutto campo: facendo emergere competenze da mettere a servizio per rispondere ai bisogni e alle marginalità presenti sul territorio, favorisce la maturazione di laici che vivano una ministerialità dentro la storia, sulle vie dell’uomo, “in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui la Chiesa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo” (LG 33).

«Se vissuto nella sua verità di sevizio disinteressato al bene delle persone, specialmente le più bisognose e le più dimenticate dagli stessi servizi sociali, il volontariato deve dirsi una espressione importante di apostolato, nel quale i fedeli laici, uomini e donne, hanno un ruolo di primo piano» (ChL 41).

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Quale “espressione importante di apostolato” il volontariato rappresenta, quindi, una forma di partecipazione alla missione salvifica della chiesa cui “sono tutti destinati dal Signore stesso per mezzo del Battesimo e della confermazione” (LG 33).

La motivazione profonda che spinge il cristiano a spendersi nell’impegno di volontariato a servizio degli ultimi va ricercata, allora, nella realtà sacramentale del Battesimo che ci rende partecipi all servizio regale del Cristo:

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Con la carità verso il prossimo i fedeli laici vivono e manifestano la loro partecipazione alla regalità di Gesù Cristo, al potere del Figlio dell’uomo che “non è venuto per essere servito, ma per servire” (Mc 10,45): essi vivono tale regalità nel senso più semplice possibile a tutti e sempre, e insieme nel modo più esaltante, perché la carità è il più alto dono che lo Spirito offre per l’edificazione della Chiesa (1 Cor 13,13) e per il bene dell’unità. La Carità, infatti, anima e sostiene un’operosa solidarietà attenta alla totalità dei bisogni dell’essere umano» (ChL 41)

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... il Battesimo impegna i cristiani e la comunità a una presenza viva sul territorio, per trasformare la storia locale in Regno di Dio. (...) Il Volontariato di matrice cattolica, che prende sempre maggiore sviluppo, riporta in primo piano il valore della gratuità e del dono che sono aspetti fondamentali del Battesimo. Si impone all’attenzione pubblica in momenti di emergenza, come i terremoti, ma deve poi proseguire costante in un lavorio quasi anonimo, che è ancor più prezioso. Di fronte alle forme antiche e nuove di miseria e di violenza, in cui la dignità e i diritti dell’uomo sono posti sotto i piedi il cristiano non può rimanere inerte e silenzioso: sarebbe una incoerenza radicale con il proprio Battesimo. Ognuno al suo posto è chiamato ad impegnare le sue capacità, i mezzi che possiede, il suo tempo, in risposta creativa ai bisogni emergenti...» (Mons. Magrassi Lettera Pastorale “Diventa quello che sei” n.73).

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La Carità verso Dio e verso gli uomini che è l’anima di tutto l’apostolato (e anche del volontariato che ne costitui-sce una “espressione importante”) viene alimentata dai sacramenti, specialmente dall’Eucaristia.

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«La diaconia ecclesiale, che prolunga quella del Signore Gesù, va verso l’Eucaristia e da essa procede. È un servizio esigente che vuole afferrare tutto l’essere: tempo, energie, salute, cultura. Tutte le realtà della vita sono raggiunte in uno stile di servizio. Il credente uscito dall’Eucaristia non può dormire sonni tranquilli; è inquieto della inquietudine di Dio, invaso dalla passione per l’uomo. La porta aperta a Cristo si apre insieme sul mondo e sulla storia» (Eucaristia, Comunione e Comunità n. 29).

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«L’Eucaristia è il momento in cui tutta la vita della Chiesa viene raccolta intorno al Cristo pasquale, riceve il dono del suo amore oblativo e poi viene rilanciata per le strade del mondo, per essere un segno della sua presenza di Buon Samaritano, quasi per far sperimentare ai fratelli l’intensità e la forza con cui Dio li ama, con la qualità stessa del suo amore. Un amore che pensa più a dare che a ricevere ... anche il “volontariato” serio, che impegna cioè la vita con scelta stabile, come “vocazione al servizio”, affonda le sue radici in questo stesso amore evangelico» (ivi nn. 47-48).

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«... dedicare qualche ora e specifiche iniziative di volontariato e di solidarietà, sarebbe certamente il modo per portare nella vita la carità di Cristo attinta alla mensa eucaristica...» (Dies Domini n.72).

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«C’è, nel Vangelo di Giovanni, una triade di verbi scarni, essenziali, pregnantissimi, che basterebbero da soli a sostenere il peso di tutta la teologia del servizio. I tre verbi sono: “si alzò da tavola”, “depose le vesti” , “si cinse un asciugatoio”. Ma “si alzò da tavola” significa una cosa molto importante: significa che gli altri due verbi hanno valenza di salvezza solo se partono dall’Eucaristia. Se prima non si è stati “a tavola”, anche il servizio più generoso ai fratelli rischia l’ambiguità e si sfilaccia nel filantropismo faccendiero, che ha poco o nulla da spartire con la carità di Cristo. Occorre partire dalla “tavola”, dalla consuetudine di Cristo, dalla familiarità con Lui, dall’aver bevuto al calice suo con tutte le valenze del suo martirio».

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Cogliere il nesso esistente tra i sacramenti dell’iniziazione cristiana e l’impegno di volontariato, radicato nel Battesimo e nella Confermazione ed alimentato dall’Eucaristia, dentro una visione della ministerialità laicale riscoperta e portata a compimento, colloca il volontariato nella vita cristiana come scelta coerente e conseguenziale, non più opzionale o ricercata su onde emotive di autocompensazione psicologica

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«Se la comunità ecclesiale è stata realmente raggiunta e convertita dalla parola del vangelo, se il mistero della carità è celebrato con gioia ad armonia nella liturgia, l’annuncio e la celebrazione del vangelo della carità non può non continuare nelle tante opere della carità testimoniata con la vita e con il servizio. Ogni pratico distacco o incoerenza fra parola, sacramento e testimonianza impoverisce e rischia di deturpare il volto dell’amore di Gesù Cristo ...» (ETC 28).

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«L’Eucaristia è il momento in cui tutta la vita della Chiesa viene raccolta intorno al Cristo pasquale, riceve il dono del suo amore oblativo e poi viene rilanciata per le strade del mondo, per essere un segno della sua presenza di Buon Samaritano, quasi per far sperimentare ai fratelli l’intensità e la forza con cui Dio li ama, con la qualità stessa del suo amore. Un amore che pensa più a dare che a ricevere ... anche il “volontariato” serio, che impegna cioè la vita con scelta stabile, come “vocazione al servizio”, affonda le sue radici in questo stesso amore evangelico» (ivi nn. 47-48).

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individualizzazione dei rapporti personali

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L’ORIZZONTE L’ORIZZONTE VALORIALEVALORIALE

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Occorre riaffermare la centralità della persona umana. Il servizio del volontariato, che pure ha un respiro comunitario, è rivolto alla persona, nella consapevolezza che ogni uomo è importante, ogni vita ha un valore incalcolabile ed insostituibile, ogni persona è portatrice di valori. Non c’è un servizio rivolto ad una «categoria di poveri» ma il servizio «al povero» - alla persona in situazione di bisogno - che non è un numero o un dato statistico, ma una persona con una sua storia ed una ricchezza da far riaffiorare.

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In concreto:Assumere la consapevolezza di accostarsi all’altro come persona unica ed insostituibile maturando gli atteggiamenti di:-seguire una situazione di bisogno come se fosse unica;-avviare un dialogo che aiuti la persona a sentirsi viva e protagonista;-individuare e percorrere insieme vie d’uscita dallo stato di necessità.

Per la riflessione:Cristo, Sacramento della Carità del Padre, accentua il rapporto e l’incontro personale; Egli instaura un rapporto personalizzato: non esiste folla anonima, ma il popolo nel quale ciascuno è soggetto unico ed irripetibile:-l’incontro con l’Emoroissa (Mt 9,18); -Zaccheo (Lc 19,2);-il Paralitico della piscina (Gv 5,1);-la parabola del Buon Pastore (Gv 10,3;9).

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È un valore importante perchè la discontinuità e la conseguente saltuarietà della prestazione del servizio gratuito costituisce l’anello debole del volontariato: chi vive nel bisogno non va in vacanza.

La continuità nel volontariato richiede l’assunzione di precisi impegni personali e consente al volontario di operare un salto di qualità tra la prestazione di una sporadica “buona azione”, legata all’emergenza o all’emotività, ad un’atteggiamento che diventi stile di vita.

Il volontariato nel porre primaria attenzione alla persona e al suo bisogno regola su di esso i propri tempi e ritmi e dura finchè lo stesso bisogno persiste. La “continuità” legata alla «individualizzazione dei rapporti personali» consente di realizzare il passaggio dal “gesto” al “legame” (ETC 39).

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In concreto:

È sempre più opportuno organizzarsi in gruppo. Ciò:

- consente una maggiore organicità nell’azione attraverso la strutturazione in compiti differenziati;

- assicura la continuità attraverso la possibilità di realizzare opportune turnazioni.

Per assicurare la nascita di servizi capaci di un’azione organica e persistente, ogni gruppo di volontariato si dia una programmazione, anche minima, con mete generali ed obiettivi intermedi.

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Per la riflessione:Il rapporto di amore che si sviluppa tra Dio e

l’uomo, al quale rimanda l’azione di volontariato, è caratterizzato dalla stabilità, dalla sicurezza, dalla continuità.

La Storia dell’Alleanza è costellata dalle infedeltà del popolo di Israele e dei suoi continui ritorni possibili grazie alla fedeltà persistente di Dio: Is 54,10; Is 49,14-18; Os 16,22; Sal 78 (77).

Un volontariato capace di esprimere un’azione continuativa nel tempo, misurata non sull’emotività del momento ma sul bisogno dell’altro, che accompagni il povero fino all’uscita dalla situazione di bisogno, diventa limpida e trasparente espressione dell’allenaza biblica e quindi una forma concreta di annuncio dell’amore di Dio per l’uomo, della sua fedeltà all’uomo.

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Se il volontario è colui che si mette a servizio, «che pone se stesso a gratuita disposizione della comunità (...), impegna le sue capacità, i mezzi che possiede, il suo tempo, in risposta creativa ai bisogni emergenti», può apparire scontato soffermarci sullo spirito di servizio. Tuttavia è opportuno sottolineare che questo valore permea tutto l’impegno di volontariato, anche nelle sue concrete modalità di attuazione. In concreto:-disponibilità a modificarsi negli atteggiamenti (per es. nel variare orari o mansioni);-impegno nel capire il bisogno nel suo evolversi storico: il volontario è pronto a cambiare “strategia” di intervento quando la sua azione risulti superata e occorra “inventarne” un’altra (creatività del volontariato);-disponibilità ad assumere una preparazione idonea di partenza e a vivere un cammino di formazione permanente;-disponibilità alla collaborazione con altre realtà (di volontariato e non) operanti sul territorio per la realizzazione di progetti comuni.

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Per la riflessione:Dio si mette a servizio dell’uomo.Gesù si identifica con la figura del servo: Fil 2,7; Gv

13,13-15.Nel memoriale della Pasqua facciamo memoria sia del banchetto eucaristico sia della diaconìa del Signore (la lavanda dei piedi): condividere la Pasqua è possibile se c’è disponibilità a condividere il dono del Signore e i suo banchetto e c’è, insieme, disponibilità a condividere anche il suo servizio. Attraverso il volontariato viviamo questo servizio - la funzione diaconale del cristiano - che è rivolto alla promozione integrale dell’uomo e diventa anticipazione della nuova vita, capace di “trasformare la storia locale in Regno di Dio”.Senza la speranza del Regno il volontariato perde la sua connotazione cristiana e diventa parte dei servizi sociali; con la speranza del Regno la diaconìa Cristiana, e con essa il volontariato, conduce oltre le compensazioni di tipo sociale verso il rinnovamento della comunità umana.

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È possibile leggere diversi livelli di solidarietà:solidarietà delle “relazioni brevi” determinata da vincoli reciproci sentiti come naturali (parentela, amicizia);solidarietà tesa all’autotutela di categorie deboli (associazioni che vivono una qualche forma di servizio in difesa e per la promozione dei propri associati);solidarietà come compassione (sentire insieme): soffrire insieme a colui che soffre. In questa accezione ritroviamo l’esperienza del volontariato come luogo insostituibile di coltivazione dei valori di servizio.

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2«La solidarietà è indubbiamente una virtù cristiana... Alla luce della fede, la solidarietà tende a superare se stessa, a rivestire le dimensioni specificatamente cristiane della gratuità totale, del perdono e della riconciliazione» (SRS n.40).«La solidarietà dice che siamo tutti “in solidum”, che il mio bene e quello dell’altro sono inscindibili o, per usare un’immagine, che essendo tutti nella stessa barca se si apre una falla, andiamo a fondo tutti». (Mons.Magrassi in “Natale di solidarietà”, 1991)Vivere autenticamente il valore della solidarietà nell’esperienza di volontariato significa superare definitivamente una concezione assistenzialistica della Carità che distingue chi “aiuta” da chi “è aiutato”, chi è nel bisogno da chi può aiutare: non esiste più il bisogno di chi stiamo aiutando, ma il problema di tutti nella ricerca comune di rimuovere le cause che generano quel bisogno.

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Per la riflessione:L’incarnazione rivela la solidarietà di Dio con l’uomo:«Natale è l’espressione più luminosa di questo valore, sociale e cristiano insieme. L’uomo era nei guai e Dio gli è venuto incontro per salvarlo. Poteva scegliere la strada più comoda: rimanere fuori dal dramma («Dio non si mescola con le cose degli uomini», come diceva un autore pagano) e dall’alto e dal di fuori, dire una sola Parola “cui anche il vento e il mare obbediscono”. Per Lui dire e fare sono la stessa cosa. Ma non è questa la strada che ha scelto. Ha scelto invece la strada della solidarietà: si è cioè coinvolto nel nostro dramma. Fino al punto di diventare “uno di noi”, uomo come noi». (Mons.Magrassi in “Natale di solidarietà”, 1991).

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Nella Trinità contempliamo il modello della solidarietà di Dio: Il dovere della solidarietà discende dal mistero trinitario, è già presente in quel modello di unione e di distinzione tra le persone divine che ci è stato rivelato da Cristo: Dio è solidarietà per sua natura, essendo comunione e solidarietà di persone. E in Cristo, formato a immagine di Dio, il cristiano è chiamato a vivere questa esperienza di amore solidale nel rapporto con i fratelli. «... il prossimo non è soltanto un essere umano, ma diviene la viva immagine di Dio Padre riscattata da Gesù Cristo e posta sotto l’azione permanente dello Spirito Santo» (SRS 40).

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Chiamati alla solidarietà perchè figli, nel Figlio, dell’unico Padre:«La coscienza della paternità comune di Dio, della fratellanza di tutti gli uomini in Cristo, figli nel Figlio, della presenza e dell’azione vivificante dello Spirito Santo, conferirà al nostro sguardo sul mondo un nuovo criterio per interpretarlo. Al di là dei vincoli umani naturali, già così forti e stretti, si prospetta alla luce della fede un nuovo modello di unità, al quale deve ispirarsi in ultima istanza la solidarietà» (SRS n.40).

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La solidarietà converte ed educa alla responsabilità reciproca: «La solidarietà non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti» (SRS n. 38). Per la riflessione:

La corresponsabilità, ossia la coscienza di essere responsabili degli altri, è indicata dall’apostolo Paolo come dovere derivante dal nostro essere corpo: «Voi siete il corpo di Cristo». Perciò siamo vicendevolmente responsabili: «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con esso, se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1 Cor 12, 26).«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei disepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità ... si sente realmente ed intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia» (GS n.1).

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Il servizio del volontariato mira, in ultima istanza, ad aiutare l’altro ad uscire dallo stato di povertà e di dipendenza; a perseguire il suo sviluppo perchè diventi persona libera, autonoma, partecipe e protagonista. Ciò comporta l’impegno a conoscere le cause che determinano le povertà, per rimuoverle, scongiurando così un’azione che altrimenti rischia di essere solo assistenzialistica e di lasciare il povero nel suo stato di bisogno e di dipendenza dall’esterno.

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In concreto:L’impegno per la promozione e la liberazione dell’uomo si concretizza ponendo in essere: la «valenza politica» del volontariato con:

-l’interpretazione della realtà sociale e dei meccanismi che determinano processi di emarginazione: squilibri del sistema produttivo (disoccupazione e sottoccupazione), insufficienze del regime abitativo (abitazioni malsane, baraccopoli ...), deficienze del sistema sanitario (servizi non accessibili al territorio...), i vuoti del sistema scolastico (evasione e dispersione scolastica ...);

-la capacità di rapportarsi alle istituzioni politiche, amministrative, sindacali, per un’azione di denuncia, laddove necessario, ma primariamente per dare contributi di idee e sperimentazioni (una maniera per dar voce a chi non ha voce; per es. vigilando che le quote dei bilanci (comunali provinciali ...) destinate alle politiche sociali siano congrue alle povertà presenti e siano opportunamente utilizzate);

-l’azione di controllo sociale, realizzata in maniera concertata sul territorio, mirata a vigilare che leggi, disposizioni amministrative, servizi siano effettivamente realizzati e non vengano soffocati dalla burocrazia.

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In concreto:L’impegno per la promozione e la liberazione dell’uomo si concretizza ponendo in essere: la «valenza politica» del volontariato con:

-l’interpretazione della realtà sociale e dei meccanismi che determinano processi di emarginazione: squilibri del sistema produttivo (disoccupazione e sottoccupazione), insufficienze del regime abitativo (abitazioni malsane, baraccopoli ...), deficienze del sistema sanitario (servizi non accessibili al territorio...), i vuoti del sistema scolastico (evasione e dispersione scolastica ...);

-la capacità di rapportarsi alle istituzioni politiche, amministrative, sindacali, per un’azione di denuncia, laddove necessario, ma primariamente per dare contributi di idee e sperimentazioni (una maniera per dar voce a chi non ha voce; per es. vigilando che le quote dei bilanci (comunali provinciali ...) destinate alle politiche sociali siano congrue alle povertà presenti e siano opportunamente utilizzate);

-l’azione di controllo sociale, realizzata in maniera concertata sul territorio, mirata a vigilare che leggi, disposizioni amministrative, servizi siano effettivamente realizzati e non vengano soffocati dalla burocrazia.

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La «valenza sociale» del volontariato con sensibilizzazione e coinvolgimento dei cittadini ai vari livelli:

-di legislazione, (suscitando proposte di iniziativa popolare e promuovedo dibattiti su leggi regionali in via di attuazione, o su delibere comunali, o su iniziative di quartiere);

-di programmazione, indicando priorità sulla base dei maggiori bisogni;

-di controllo del potere locale contro il pericolo di una gestione autoritaria e conservatrice, a danno del bene comune.

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impegno 5

Per la riflessione:La Carità di Dio, rivelata in Cristo, è liberatoria e

promozionale: chiunque viene toccato dal Suo Amore viene liberato. La Storia del popolo di Dio è tutta una serie di atti di amore del Dio che libera. L’avvenimento centrale dell’A.T. è l’Esodo, liberazione dalla dominazione straniera e dalla schiavitù, premessa per la fondazione del popolo dell’Alleanza. Le guarigioni narrate nei Vangeli indicano che l’amore di Gesù è totale: guarisce anzitutto nel cuore ma allarga la sua opera a tutto l’uomo.Gesù amando libera:dall’egoismo e dall’ingiustizia (Zaccheo - Lc 19);dall’emarginazione umiliante (i lebbrosi - Mt 8,1);dalla dipendenza dagli altri (il paralitico della piscina - Gv 5,1);dalla vergogna (l’emorroissa - Mt 9,18);dalla fame (la moltiplicazione dei pani - Gv 6);dalla paura (Gesù sulle onde del lago - Mt 14,22);dalla morte (Lazzaro - Gv 11).

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Il volontario pone se stesso (tempo, energie, risorse, affetto....) a disposizione gratuita del prossimo e della comunità, senza alcun interesse personale, esclusivamente mosso dal bene per l’altro.

Egli assume uno stile di vita improntato alla disponibilità a lasciarsi interpellare dalla sofferenza umana per offrire una risposta d’amore, accompagnamento e speranza, attraverso un’azione di volontariato che si sottrae alla logica di scambi economici o politici e non presta il fianco a proselitismi ideologici o ad altri interessi personali di prestigio o di potere.

«Tratto peculiare della carità cristiana è poi la gratuità che va oltre ogni misura. (...) Gesù ha manifestato quella gratuità e sovrabbondanza di amore che caratterizzano tutto l’agire di Dio. La generosità di Dio non si misura infatti sui bisogni degli uomini: è infinitamente più grande di essi. Perciò la Chiesa e ciascun cristiano devono a loro volta improntare alla gratuità e sovrabbondanza tutte le forme di servizio all’uomo ...» (ETC n.22).

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Per la riflessione:Tutta la rivelazione cristiana è un annuncio della gratuità: nulla ci è dovuto, tutto ci è donato gratuitamente come dono d’amore e misericordia. La gratuità richiama il «gratis» e la «grazia» come un sovrappiù sorprendente, che avvolge la nostra vita rendendola partecipe della stessa vita divina.«Sarete riscattati senza prezzo» (Is 52,9); «A colui che ha sete darò gratuitamente acqua alla fonte della vita» (Ap 21,6); «per grazia di Dio sono quello che sono» (2Cor 15,10); «dalla pienezza (di Cristo) noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia» (Gv 1,16). Scrive san Paolo ai Romani (5, 7-8): «Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto;...ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi». Chi contempla il Crocifisso scorge un amore tanto gratuito e sconfinato da apparire incredibile.

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Il volontariato, nel porsi a servizio di chi è in situazione di bisogno, vive costantemente un’attenzione privilegiata agli ultimi, traduce concretamente uno dei temi caratteristici del magistero che va sotto il nome di opzione preferenziale dei poveri; una scelta che tutti siamo chiamati a compiere:

«L’amore preferenziale per i poveri e la testimonianza della carità sono compito di tutta la comunità cristiana, in ogni sua componente ed espressione» (ETC n.48).

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In concreto:L’opzione preferenziale per i poveri è vera se concretamente:

-i poveri sono presenti: accolti e coinvolti nel servizio di volontariato. Se la prerogativa per far parte di un gruppo di volontariato è la disponibilità al servizio, anche i poveri stessi devono poter partecipare e poter esprimere le loro capacità di vicinanza, di ascolto, di solidarietà ...

-ci poniamo in stato di missione: se i poveri non vengono nelle nostre strutture, un volontariato che voglia esprimere amore preferenziale per i poveri deve andare loro incontro ...

-operiamo integrazione tra chi è povero e chi non lo è ...

-consideriamo i poveri portatori di valori: “La chiesa dei poveri è una chiesa dove i poveri hanno un posto prioritario, un posto d’onore, perché essi hanno una sorta di connaturalità con la buona novella del vangelo, per comprenderla e per viverla; essi sono nostri maestri, nostri iniziatori, evangelizzano la chiesa stessa. Sono fermento di rinnovamento e di fedeltà alle intenzioni della chiesa nascente, segno di speranza...” (Giovanni Paolo II)

-consideriamo i poveri portatori di diritti: “non avvenga che si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia” (AA n.8). Per es. il diritto alla vita, alla salute, alla casa, al lavoro ...

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Per la riflessione:«Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo «che era di condizione divina... spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo» (Fil 2,6-7) e per noi «da ricco che era si fece povero» (2Cor 8,9). Così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche con il suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione» (LG n.8). «Senza questa solidarietà concreta, senza attenzione perseverante ai bisogni spirituali e materiali dei fratelli, non c’è vera e piena fede in Cristo (...) cfr. Gc 1,27; 2,13» (ETC 39).«Questa pagina (Mt 25, 35-46) ci dice senza mezzi termini, che c’è un solo modo possibile all’uomo per salvarsi: quello di rendere alcuni servizi essenziali e primari al Signore, al Figlio dell’uomo: e che questo misterioso Signore è presente nei fratelli più piccoli; San Matteo parlando di “ammalati, affamati, assetati, carcerati, migranti” usa epressamante la parola “ultimi”, “infimi”, che è stata male tradotta in “più piccoli”» (card. C. M. Martini).

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riato Come far nascere un gruppo

di volontariato in Parrocchia: punti di un possibile cammino

La formazione del volontariato indicazioni di contenuto ed operative

NASCITA E NASCITA E FORMAZIONE DEL FORMAZIONE DEL VOLONTARIATOVOLONTARIATO

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11. Conoscenza di uno o più bisogni del territorio (presenza di persone anziane sole, passaggio di immigrati, giovani in disagio, devianza minorile, disabili ...).2. Riflessione animata dalla Caritas in parrocchia sul problema, sulle cause dei bisogni e delle povertà, sulle possibili forme di risposta ad esse (amicizia con gli anziani, sensibilizzazione delle famiglie, “accompagnamento dei disabili”, animazione dei minori a rischio ...), sulle realtà operanti (congregazioni religiose, servizi pubblici, altre realtà di volontariato ...).3. Collegamento della diaconia della carità, di cui il servizio vuole essere un’espressione, con:

- catechesi (ascolto della Parola e ascolto del «povero»)

- liturgia (celebrazione dei misteri e presenza di Cristo nel «povero»).

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4. Organizzazione di un gruppo di persone e coniugi disponibili a dare parte del tempo (ipotesi di un responsabile, definizione di obiettivi del gruppo, indicazioni di possibili azioni da fare a livello di servizio diretto, animazione della comunità parrocchiale, collegamento con i servizi pubblici).5. Programmazione del servizio (servizio domiciliare, centro di ascolto parrocchiale, piccola casa di accoglienza, mensa parrocchiale ... ) nelle fasi di avvio, gestione, verifica.6. Impostazione della formazione di avvio e permanente per accompagnare il cammino del gruppo sia con momenti di riflessione sia con momenti di immersione nella realtà della povertà e della emarginazione.

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Sapere: cosa deve conoscere il volontariato.Va definito anzitutto quali conoscenze deve avere il volontariato per svolgere il suo servizio.

Saper fare: i livelli di "professionalità" a cui formare il volontariato.Pur evitando confusioni tra servizi professionali e servizi del volontariato e pur nella convinzione che l'apporto del volontariato è complementare e non sostitutivo del servizio gestito da operatori professionali, si deve parlare, se non di una professionalità in senso stretto, di idoneità.

Saper essere: quali valori, quali atteggiamenti, quale cultura sviluppare nella formazione del volontariato in vista di un cambiamento della società e delle istituzioni.

Saper far fare: formare il volontariato come volano di cambiamento. Questo aspetto è uno dei più importanti nella formazione del volontariato.

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aConoscenze relative al settore operativo in cui è impegnato (malati, handicappati, minori ...), relative cioè:-alle condizioni di bisogno reale e alle cause che generano questo bisogno;-alle linee politiche di intervento nel settore e nell'ambito più vasto della malattia o dell'emarginazione;-alle linee culturali emergenti rispetto all'intervento nel settore (ad esempio: grandi ricoveri o piccole strutture?);-è necessaria anche la conoscenza delle persone con cui si andrà ad operare e dei riflessi che la situazione di bisogno ha sulla loro personalità;-sembra necessario avere ben chiaro anche il ruolo degli operatori professionali, per capire meglio il ruolo del volontariato.

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leSono richieste conoscenze relative alla popolazione del territorio su cui il volontariato opera, e verso la quale dovrà svolgere azione di responsabilizzazione; in particolare conoscenze su:- le condizioni economiche, sociali, culturali, religiose;- eventuali sperequazioni esistenti;- il grado di responsabilizzazione di fronte ai problemi o al contrario la tendenza alla delega;- gli atteggiamenti di fronte ai poveri, ai «diversi»;- il grado di coscienza delle proprie responsabilità di fronte alle situazioni di povertà e di emarginazione esistenti;- l'esistenza di fermenti di novità, sul piano culturale e operativo presenti tra la popolazione;- il costume di partecipazione della popolazione.

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Un terzo livello di conoscenza, riguarda la situazione amministrativa e politica, nei cui confronti il volontariato dovrebbe essere stimolo:- i servizi esistenti e la qualità dei servizi;- i criteri e le priorità dei bilanci;- i rapporti tra pubblico e privato;- la legislazione regionale sui servizi sociali e l'at-tuazione reale di queste leggi;- i meccanismi per incidere sul potere politico.

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aIdoneità a svolgere il servizio di volontariato:- esso cambia in rapporto alla finalità del servizio: volontariato ospedaliero generico o specifico (oncologico, per malati in camera di rianimazione, ecc.); volontariato assistenziale con anziani, con minori, con handicappati fisici, con malati mentali; volontariato in cooperative di lavoro, di solidarietà sociale, agricole, zootecniche, elettroniche, ecc.; volontariato scolastico o culturale, ecc.;- vale per tutti il principio che le forti motivazioni non danno la idoneità al servizio: ci vuole apprendimento, ci vuole tirocinio, ci vuole aggiornamento;- simultaneamente però ci si deve muovere anche con un'ottica di creatività: ci sono oggi bisogni non coperti da professionalità adeguate.

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Impegno di socializzazione e di coscientizzazione:- ci sono tecniche di approccio alla popolazione;ci sono metodologie precise per guidare una discussione, per realizzare una ricerca, per stilare un questionario e per leggerne i risultati, per impostare un articolo o un volantino o un manifesto;- ci sono anche strumenti per verificare il cambiamento dell'opinione pubblica;anche in questo piano, il solo essere volontari non assicura nessuna idoneità.

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Anche l'impegno politico è un'arte da imparare:- si tratta ad esempio di individuare i passi da compiere e le strutture da mettere in moto per modificare una legge già superata o per costringere gli amministratori ad attuare la legge ancora valida;- come realizzare un coordinamento tra le forze di volontariato e tra volontariato e altre forze sociali, sindacali, culturali agli effetti di sviluppare pressione politica;- ci sono tecniche per la raccolta delle firme, per l'organizzazione di una manifestazione pubblica, ecc.

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aci sono atteggiamenti che fanno parte integrante della “professionalità” del volontario:-accettare le persone come sono e rispettarne il ritmo di maturazione;-lavorare «con» le persone e non solo «per» le persone: lo stile della condivisione;-saper lavorare in gruppo, superando atteggiamenti individualistici;-sapersi muovere con il criterio della progettualità;-sviluppare lo «spirito di servizio» e quindi avere la disponibilità al cambiamento delle cose che si fanno e di come si fanno;-mantenere l'apertura a tutti ma assicurare la preferenza per gli ultimi;-valorizzare gli aspetti positivi delle persone per facilitare il loro cambiamento.

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leC'è un «saper essere» che riguarda anche l'impegno sociale del volontariato:- anzitutto va sottolineata l'esigenza e la linearità e la coerenza del volontariato tra il tempo del servizio e l'ordinarietà della vita;- se il volontariato desidera realmente un cambiamento, deve vivere nel quotidiano tutti quei valori che ritiene necessari nel servizio di volontariato (attenzione alle persone, capacità di dialogo, rispetto dei tempi di maturazione, accettazione e valorizzazione delle diversità, duttilità nel servizio , ecc.);- inoltre il volontariato va formato a sentirsi «parte della gente», non già «élite»: a stare volentieri soprattutto con la povera gente, per impararne i «valori», per capirne le sofferenze, per valorizzarne le potenzialità.

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Sul piano dell'impegno politico la formazione dei volontariato dovrebbe aiutarlo a cogliere:- il senso dei propri limiti, agli effetti del cambiamento e quindi l'esigenza di cercare alleanze con altre forze;- per altro verso ad avere la coscienza che sempre si fa una «scelta politica» anche quando si optasse per essere «apolitici»: si dà in ultima analisi un certo giudizio sulla situazione esistente e si decide di non volerla cambiare; si fa una scelta di assistenzialismo, anziché di promozione umana.

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Sull'aspetto del servizio diretto, esso comporta l'impegno ad «aiutare le persone ad aiutarsi», a servire i poveri, promuovendone l'autonomia e l'uscita da uno stato di povertà e di dipendenza. Ma significa anche creare nelle persone aiutate lo stimolo a porsi esse stesse a servizio degli altri, sviluppando così a spirale l'impegno di solidarietà (ad esempio: provocare nei malati di un ospedale la disponibilità ad aiutarsi tra di loro).

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leSul piano dell'impegno sociale, vale il principio che la vera umanizzazione dei servizi ci sarà soltanto se i volontari riusciranno a trasferire lo spirito del volontariato negli operatori dei servizi, nei medici, negli assistenti sociali.Il volontariato che non operasse in tale direzione, finirebbe per restare come un'isola di umanità «idealistica» e inefficace. Va ripresa qui l'osservazione che il modello di impegno lavorativo che registriamo nei servizi, è lo stesso modello adottato nelle fabbriche: s'ignora la differenza che, nelle fabbriche, si opera su «cose», mentre nei servizi si opera su «persone».

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Sul piano dell'impegno politico, la formazione al «far fare» può avere uno sbocco preciso nel mobilitare gli emarginati e gli oppressi, perché si organizzino da soli in vista del rivendicare i propri diritti, secondo la filosofia di don Milani: «Finiamola di parlare dei poveri: è tempo di dare la parola ai poveri».

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• Un binomio naturale

• Giovani e confronto con i modelli

• Caratteristiche del volontariato giovanile: limiti e prospettive

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rale Gran parte del volontariato si sostiene

grazie alla presenza dei giovani, che con il loro entusiasmo, la voglia di rendersi utili agli altri, la gratuità e la disponibilità popolano i numerosi servizi che il volontariato esprime (sia all’interno della chiesa sia all’interno di strutture civili). I giovani esprimono con il loro modo di essere un’inclinazione positiva nei riguardi delle sofferenze che li circondano.

Il fenomeno del volontariato rispecchia e concretizza questa “utopia” tipica del mondo giovanile: andare incontro ai bisogni, realizzare un mondo più giusto, lottare per la pace e l’uguaglianza …

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elli 1 Spesso queste prospettive di cui si è parlato sopra

sono contrastate nella fase di costruzione dell’identità personale (adolescenza, giovinezza) producendo una tensione e un confronto con i modelli culturali proposti dalla società. Così i grandi ideali di giustizia e di pace vengono come “catturati” e depistati verso forme negative e di violenza. Positivo però è il fatto che, pur dentro questi limiti che provengono dalla società in cui si vive, dalla realtà giovanile emergono elementi di reazione alla mediocrità, dovuta al fatto di vivere nelle pieghe di questa società: c’è insofferenza verso il pragmatismo, verso l’indifferenza, la precarietà subita passivamente. Questi elementi di reazione alla frammentazione del quotidiano sono da valorizzare. C’è la volontà di cercare un senso profondo del vivere, in questa società del consumismo, in questa cultura dell’abbondanza.

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Per la riflessione:“Oso dire che un giovane della vostra età che non dia, in una forma o nell’altra, qualche tempo prolungato al servizio per gli altri, non può dirsi cristiano, tali e tante sono le domande che nascono dai fratelli e sorelle che ci circondano.” (Giovanni Paolo II ai giovani di Torino, 3 settembre ‘88). “Occorre puntare su proposte essenziali e forti, coinvolgenti, che non chiudano i giovani in prospettive di compromesso e nei loro mondi esclusivi, ma li aprano alla più vasta comunità della Chiesa, della società e della mondialità”. (ETC 45).“...anche nell’itinerario di preparazione al Sacramento della Cresima la catechesi abbia concreto riferimento al Vangelo della carità, attraverso opportune esperienze di coinvolgimento e di servizio” (ivi).“Dalla base si chiede che la comunità parrocchiale svolga il proprio ruolo educativo ... chiedendo al cresimato con gradualità e come tirocinio impegni concreti negli ambiti della realtà parrocchiale (catechesi liturgia e carità) e della vita sociale (famiglia, scuola, quartiere, volontariato)” (dalla relazione Armenise sulla VIII tematica sinodale - La Cresima o Confermazione - letta e discussa durante i lavori della II Sessione del Sinodo Diocesano).

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In concreto:

Occorre condurre i gruppi giovanili delle nostre parrocchie, che già in molti casi esprimono numerosi ministeri all’interno della comunità in ambito catechetico e liturgico, a scoprire anche la possibilità di esprimere una peculiare ministerialità laicale attenta al territorio e capace, attraverso il volontariato, di rispondere ai bisogni che in esso emergono.

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Il volontariato giovanile ha una duplice connotazione: è prestazione di un servizio ma anche esperienza formativa. Si tratta di un’esperienza propedeutica, preparatoria, educativa, necessariamente rivolta alla formazione del soggetto che lo vive e alla prestazione di un servizio.

Mentre il volontariato adulto ha molto meno la funzione di preparazione, di formazione, di crescita, il volontariato giovanile è transitorio e per questo è, in un certo senso, ambiguo. Il giovane spesso si presta ad un servizio perché al momento non ha molto da fare, perché è ancora in attesa di un lavoro ed occupa con l’impegno di volontario il suo tempo.

È di fondamentale importanza, allora, elaborare, assimilare ed incarnare un modello di volontariato adulto, così come emerge da questo sussidio, per dire ai giovani che si affacciano ad un servizio di volontariato che esiste la possibilità di vivere il volontariato non come una parentesi interessante e formativa solo per i giovani, ma come una realtà che accompagna tutta la vita, come una scelta vocazionale.

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Questo significa creare degli spazi per il volontariato dentro le istituzioni educative che noi abbiamo, offrire responsabilità, motivi di partecipazione, di creatività, di protagonismo al volontariato. Il senso vocazionale è legato alla possibilità di vivere per tutta l’esistenza i valori che caratterizzano il volontariato, in modo che non sia solo una parentesi giovanile.

Ma il volontariato non competente è una contraddizione. Certo, la competenza a livello giovanile può essere relativa, ma si richiede studio e volontà. Il giovane che fa volontariato deve trarre dalle prime esperienze competenza e capacità per dare poi, nel tempo, un contributo maggiore per crescere. Bisogna puntare, soprattutto, sulla riscoperta dell’educativo. Emerge sempre più la centralità dello specifico educativo nelle diverse forme di presenza: nella prassi di animazione, di attività culturale, nella prassi di insegnamento, di cooperazione e di servizio internazionale.

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Per la riflessione:

“È indispensabile che nel suo servizio di educazione alla fede dei giovani tutta la comunità cristiana proceda per progetti e itinerari educativi rispettosi della realtà dei singoli e della ricchezza della proposta evangelica, riconoscendo i giovani come soggetti attivi della propria crescita e capaci di servizio generoso alla comunità.” (“Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia”, documento preparatorio al convegno di Palermo n.41).

“In ogni progetto formativo i giovani e le giovani vengano orientati a vivere in effettivo esercizio di carità evangelica mediante esperienze concrete di servizio e volontariato, compreso il Servizio Civile e l’Anno di Volontariato Sociale per le ragazze, così da far crescere una cultura di condivisione, di non violenza, di giustizia e di pace. Non manchi pertanto in ogni itinerario educativo un solido approfondimento della dottrina sociale della Chiesa, concretizzata anche dalla partecipazione a scuole di formazione socio-politica” (Convegno ecclesiale di Palermo, I lavori del V ambito, proposte, 3).

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In concreto:

Puntare sull’educativo vuol dire promuovere un cammino di formazione in cui i valori di cui il volontariato è portatore non siano dei temi trattati sporadicamente, ma elementi portanti degli itinerari stessi.

Educare il giovane al volontariato, allora, vuol dire:

- Decidersi per l’amore alla vita nella sua quotidianità. Alla vita nel suo insieme si riconosce una dignità che viene non tanto dalle cose che si fanno, ma da una dignità intrinseca che trova la ragione ultima nel suo sconfinamento nel trascendente. Alla luce di questa dignità non c’è situazione umana che non sia redimibile, che non sia - nella concreta situazione che per altri versi rimane incomprensibile, quando non insensata – umanizzabile da qualche gesto. L’amore alla vita del volontario non è esaltazione del progresso, della scienza, del lavoro dell’uomo, ma della redimibilità di ogni situazione umana. Mai l’uomo è del tutto votato allo scacco.

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- Educare al dono e alla gratuità. Le cose della vita acquistano senso solo nel momento in cui vengono liberate dalla solitudine e donate gratuitamente. Il gesto che redime è il dono. Il volontariato è un tempo sottratto alle logiche del profitto e del tornaconto.

- Educare al sacrificio e all’impegno. Il volontariato richiede di intensificare alcune qualità preacquisite nella vita del gruppo: continuità, resistenza alla fatica e al logorio della monotonia, capacità di collaborare con gli altri e di decentrarsi rispetto ai propri modi di vedere problemi e le loro soluzioni, sopportare la sofferenza degli altri senza esserne distrutti, non aver paura della conflittualità, saper dilazionare nel tempo i possibili risultati, riprendersi dopo momenti di comprensibili crisi, purificare continuamente le motivazioni. Impegno e sacrificio devono essere proporzionati al cammino del gruppo; non sono l’impegno e il sacrificio che devono sviluppare un adulto.

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ecclesiale: curando il rapporto tra CdA e Comunità Parrocchiale;

pastorale: curando il rapporto tra CdA e Caritas Parrocchiale;

Territoriale: curando il rapporto tra CdA, le istituzioni locali e i servizi pubblici

Miriamo a suggerire un’esperienza di

Centro di Ascolto che abbia un radicamento:

QUALE CENTRO DI ASCOLTO ?

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Una corretta lettura del territorio e delle sue realtà è oggi quanto mai urgente a motivo dei rapidi cambiamenti ai quali siamo sottoposti.

Ciò impone la maturazione, da parte nostra, di nuove consapevolezze.

Lo stesso termine “povertà”, rischia di assumere oggi una connotazione generica; necessita di ulteriori specificazioni: parliamo di povertà materiali, di povertà spirituali (o meglio immateriali), di vecchie e nuove povertà …

Lo stesso fenomeno della povertà è soggetto a rapidi cambiamenti per cui è più opportuno pensare in termini di dinamiche di povertà.

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“La fascia dei poveri è in aumento, soprattutto tra le categorie degli anziani, dei giovani e delle famiglie a basso reddito, mentre per le persone in difficoltà vi sono sempre meno risorse nel campo assistenziale, sanitario, previdenziale …”

“A livello di definizioni generali si può parlare di:

povertà se si accentua l’aspetto economico; di disagio se si accentua quello esistenziale; di emarginazione se si accentua quello

relazionale;di esclusione se si fa riferimento alla carenza

di politiche sociali.

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Si parla di poveri, emarginati, ultimi, nuove e vecchie povertà. Qui ci sembra importante sottolineare l’aspetto dinamico del fenomeno e parlare di rischi e di percorsi di povertà piuttosto che di situazioni definite stabilmente”(Lo riconobbero nello spezzare il pane n. 12-

13).

Già nel settembre del 1972, parlando alle Caritas Diocesane, Paolo VI affermava:

«Desideriamo inoltre sottolineare che è oggi indispensabile superare i metodi empirici e imperfetti, nei quali spesso finora si è svolta l’assistenza, e introdurre nelle nostre opere i progressi tecnici e scientifici della nostra epoca. Di qui la necessità di formare persone esperte e specializzate (…)

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o/4

… e ancora

«Di qui la necessità di promuovere studi e ricerche, sia per una migliore conoscenza dei bisogni e delle cause che li generano e li alimentano, sia per una efficace programmazione degli interventi assistenziali. Sappiamo che in questa moderna concezione dell’assistenza già si orienta il vostro lavoro con lusinghieri risultati. Ce ne rallegriamo con voi e nutriamo fiducia che la vostra opera, oltre a giovare ai fini di una programmazione pastorale unitaria, potrà servire altresì per stimolare gli interventi delle pubbliche autorità ed un’adeguata legislazione».

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o/5

All’art. 3 dello Statuto della Caritas Italiana questi temi riecheggiano:«(tra i compiti della Caritas vi è quello di):realizzare studi e ricerche sui bisogni per aiutare a scoprirne le cause, per preparare piani di intervento sia curativo che preventivo, nel quadro della programmazione pastorale unitaria, e per stimolare l’azione delle istituzioni civili ed una adeguata legislazione;

promuovere il volontariato e favorire la formazione degli operatori pastorali della carità e del personale di ispirazione cristiana sia professionale che volontario impegnato nei servizi sociali, sia pubblici che privati, e nelle attività di promozione umana».

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o/6

Allora il CdA, orecchio della caritas parrocchiale e antenna dei bisogni, rilanciato e qualificato

esprime l’attenzione pastorale della comunità parrocchiale, attraverso la caritas, verso la formazione di persone, volontari e non, che acquisiscano una preparazione e competenze specifiche rispetto ai problemi della povertà e del disagio;

è senza dubbio lo strumento privilegiato a disposizione della Parrocchia per avviare una lettura del territorio e dei bisogni che questo esprime.

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o/7

Costituisce un pre-requisito essenziale per la nascita dell’Osservatorio Diocesano delle Povertà e delle Risorse, del quale è un punto di osservazione. L’Osservatorio Diocesano delle povertà e delle risorse è uno strumento pastorale che la Caritas Diocesana promuove con la funzione di interpretare, valutare, discernere le dinamiche sociali che più interpellano la coscienza cristiana, con l’obiettivo individuarne le cause per rimuoverle o prevenirle e di fornire orientamenti alle scelte pastorali della Comunità Diocesana

e alle politiche sociali.

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o/8

“Dobbiamo inoltre acquisire una adeguata competenza nella lettura dei bisogni, delle povertà, dell’emarginazione: un osservatorio permanente, capace di seguire le dinamiche dei problemi della gente e di coinvolgere direttamente la comunità ecclesiale in modo sistematico, non dovrebbe mancare in nessuna Chiesa locale”

(La Chiesa in Italia dopo Loreto n.22)

Concretamente il suo lavoro parte dallo studio su base scientifica dei dati che raccolgono i suoi punti di osservazione dislocati sul territorio diocesano (i Centri di Ascolto, appunto) e collegati in rete.

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E’ uno strumento di Carità, antenna dei bisogni del territorio, punto di riferimento per le persone in difficoltà.

È uno strumento pastorale, ema-nazione della Comunità cristiana. è luogo di elaborazione di un vissuto evangelico di ascolto, di condivisione.

IL CENTRO DI ASCOLTO

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Strumento pastorale, punto di riferimento per le persone in

difficoltà

Il CdA è lo strumento che la comunità cristiana si dà per ascoltare in modo attivo coloro che si trovano in difficoltà, con la consapevolezza che in essi Dio stesso ci interpella.

Dalla Comunità il CdA riceve il mandato dell’ascolto dei poveri e ad essa riporta le richieste dei poveri, ricoprendo un ruolo pastorale e non confondendosi con un segretariato sociale, un’associazione di volontariato o un ente di servizi.

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/1

Il CdA è espressione della Comunità Cristiana.In questo modo diventa lo strumento che sollecita la corresponsabilità di tutta la comunità e non il luogo della sua delega:

non esonera cioè dal dovere dell’accoglienza, dell’ascolto e della testimonianza,

ma è espressione visibile e concreta di un coinvolgimento comunitario ed al tempo stesso stimolo ad ulteriore impegno.

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/2

In questa prospettiva è essenziale il collegamento con la Comunità Parrocchiale, curando in maniera particolare il rapporto vitale con la Caritas e il CPP. Se questo rapporto non funziona si determina l’inaridirsi del collegamento con la comunità cristiana ed il conseguente venir meno delle

caratteristiche pastorali del CdA.

L’immagine che accosta il CdA ad un’antenna è particolarmente significativa.

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/3

L’antenna (televisiva, radiofonica ecc.) capta un segnale e lo trasmette ad un apparecchio ad essa collegato (televisore, radio ecc.).

Non avrebbe alcun senso un’antenna che, pur capace di captare un segnale, non lo trasmettesse a nessun apparecchio: verrebbe meno alla sua funzione che è quella non solo di captare un segnale (televisivo) ma anche di trasmetterlo ad un apparecchio (televisione) perché l’utente dell’apparecchio possa fruirne (guardare il telegiornale).

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/4 Allora, rispetto ad un bisogno emergente

ricorrente nella Comunità Parrocchiale,

possiamo individuare i seguenti passaggi:

1. Il CdA, funzionando proprio come un’antenna, rileva un bisogno e lo comunica alla Comunità Parrocchiale, attraverso la Caritas Parrocchiale, Commissione pastorale presente nel CPP.

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/5

2. La Caritas Parrocchiale, venuta così a conoscenza del bisogno emergente, si attiva nel compito di animazione e sensibilizzazione di tutta la Comunità Parrocchiale, attraverso il CPP, perché si ricerchino soluzioni in grado di rispondere al bisogno emergente (sensibilizzazione di enti pubblici, promozione del volontariato parrocchiale ecc.)

3. Il CdA orienta chi è in situazione di bisogno verso le modalità di risposta individuate dalla comunità (enti, volontariato …)

4. Gli enti sensibilizzati, il volontariato parrocchiale promosso, ecc., a seconda dei casi, rispondono al bisogno emergente.

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/6

Se salta il collegamento tra CdA e Comunità Parrocchiale, saltano i passaggi velocemente schema-tizzati:

il Centro di Ascolto perde la connotazione di

strumento pastorale si disperde rincorrendo le

emergenze piuttosto che funzionare come

antenna dei bisogni, diventa un parafulmine

(Cfr. scheda pag. 8).

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Accoglie, ascolta, orienta e si fa carico delle persone in difficoltà. Individua i bisogni espressi e latenti presenti sul territorio. Diffonde cultura di solidarietà, suscita il senso della centralità della persona nella Comunità cristiana e in tutta la società.

OBIETTIVI E FUNZIONI DEL CENTRO DI ASCOLTO

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L’obiettivo principale del CdA è condurre la persona che vive uno stato di bisogno, di qualunque natura, in un processo di liberazione progressivo dalle cause che hanno provocato la domanda di aiuto coinvolgendo la comunità parrocchiale.È lo strumento pastorale, espressione della comunità cristiana, che ha la funzione di accogliere, ascoltare, orientare, prendere in carico ed accompagnare la persona che vive in stato di bisogno, avviandola verso possibili soluzioni da ricercare insieme e delle quali essere protagonista in prima persona

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Il CdA non eroga servizi (pacchi, vestiti, alimenti, soldi). È vero che la richiesta più frequente, che perviene ai nostri CdA si muove in questa direzione: quella di ottenere aiuti concreti e immediati. È invalsa l’idea che al CdA si “prende” qualcosa (forse anche perché il principale servizio che ha offerto il

nostro CdA è quello di “dare” qualcosa).

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to/2

Pertanto, qualora si valuti opportuno rispondere alla richiesta di aiuto

concreto e immediato pervenuta al CdA, dando qualcosa • degli alimenti• dei vestiti, ecc:

si faccia in modo che la gestione diretta di questa risposta sia affidata ad un gruppo di

volontariato costituitosi ad hoc • banco alimentare,• addetti al guardaroba parrocchiale ecc…,

che possibilmente operi in un luogo anche fisicamente diverso da quello del CdA

(sia pure la porta accanto).

Si tratta di cambiare mentalità, a cominciare dagli operatori.

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1. Una signora si reca al CdA con la richiesta di viveri.

2. La richiesta è di estrema urgenza e provata necessità, per cui l’operatore del CdA valuta positivamente la necessità di rispondere al bisogno;

3. Non è nei compiti del CdA rispondere al bisogno; la sua funzione è quella di accogliere, ascoltare, orientare, prendere in carico chi è in stato di bisogno. Ma in parrocchia si è costituito un gruppo di volontariato che cura una distribuzione “razionale” di viveri, di vestiti …, dando risposta a questo tipo di bisogno concreto ed urgente

Per esempio:

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4. L’operatore del CdA orienta la signora verso questo gruppo di volontariato, le dice di recarvisi a suo nome (le firma un buono) oppure l’accompagna;

5. Il volontario, accertata la provenienza della signora dal CdA, provvede ad aiutarla secondo le disposizioni dell’operatore del CdA e in accordo con le reali possibilità contingenti del gruppo (avere o non avere in quel momento viveri a disposizione).

Il CdA ha mantenuto la sua identità. La signora pian piano imparerà che al CdA si va non solo per chiedere delle cose da prendere ma soprattutto per chiedere aiuto quando si è in difficoltà.

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L’accoglienza è intimamente connessa all’ascolto e prelude ad esso: non ci può essere ascolto se non accogliamo chi incontriamo al CdA come persona unica e irripetibile, riconoscendo in essa prima ancora che uno stato di bisogno da rimuovere o cui rispondere, una straordinaria ricchezza da far riaffiorare, una persona da accompagnare in un cammino di promozione umana verso una graduale liberazione dal bisogno.

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za/2

un’accoglienza adeguata richiede anche la

disponibilità di spazi fisici in cui poter allestire

le stanze del CdA:

“Nelle parrocchie più grandi è opportuno

realizzare anche una struttura di servizio ai

poveri che, aggiungendosi agli edifici

destinati al culto e alla catechesi, sia segno

della dimensione caritativa della pastorale”

(Con il dono della carità dentro la storia

n.35).

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Occorre continuamente matu-rare la consapevolezza che tra chi accoglie per ascoltare e chi è accolto per essere ascoltato vi sono: Elementi di uguaglianzaElementi di diversità

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la stessa dignità (le stesse origini e lo stesso destino);

gli stessi bisogni per tutti, da quelli primari/materiali al bisogno di relazione/riconoscimento;

il limite che appartiene ad ogni persona.

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CHI È ASCOLTATO: Chiede qualcosa che non ha e che ritiene

l’ascoltatore abbia e avverte un senso di disagio e inferiorità;

Avverte spesso un bisogno confuso, anche se è portatore di esigenze pratiche impellenti (bollette da pagare …);

Può non avere energie o risorse; essere aggressivo a motivo di storie passate o di condizioni psichiche fragili o patologiche; può essere segnato da una generalizzata diffidenza nei confronti del suo interlocutore a causa di rapporti negativi (con famiglia, amici e istituzioni).

CHI ASCOLTA: È solitamente tranquillo e motivato Ha un certo tipo di sicurezza nei rapporti Ha un certo potere Deve comprendere ciò che ascolta e sollecitare,

promuovere, prospettare una soluzione

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/Accog

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za/4

“Accogliere significa sempre rischiare, disturba sempre.

Ma Gesù non viene forse a disturbarci nelle nostre abitudini, nei nostri comodi, nelle nostre stanchezze?

Bisogna che siamo continuamente stimolati per non cadere in un bisogno di sicurezza e di comodo, e per non continuare a camminare dalla schiavitù del peccato e dell’egoismo verso la terra promessa della liberazione.

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Accogliere non è per prima cosa aprire la porta della propria casa, ma aprire le porte del proprio cuore e con questo diventare vulnerabili.

È prendere l’altro all’interno di sé, anche se è una cosa che disturba e toglie sicurezza; è preoccuparsi di lui, essere attenti, aiutarlo a trovare il suo posto.”

(da: Jean Vanier, La comunità luogo della festa e del perdono)

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“Il primo dovere che si deve al prossimo è quello di ascoltarlo. Come l’amore di Dio comincia con l’ascoltare la sua Parola, così l’inizio dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo … chi non sa ascoltare il fratello ben presto non saprà neppure più ascoltare Dio; anche di fronte a Dio sarà sempre lui a parlare”

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/Ascolt

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Gli atteggiamenti e le consapevolezze maturate per l’accoglienza costituiscono, per così dire, in un unicum, un primo ascolto, lo preparano adeguatamente e conducono all’ascolto stesso.In un mondo in cui nessuno sembra più capace di ascoltare “il primo servizio che si deve al prossimo è quello di ascoltarlo”. È un impegno per l’intera comunità parrocchiale.

L’ascolto deve essere luogo della relazione d’aiuto nel senso che chi ascolta e chi è ascoltato vengono coinvolti, con ruoli diversi, in un progetto che, ricercando le soluzioni più adeguate, punta a un processo di liberazione della persona dal bisogno.

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/Ascolt

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Allora, ascoltare concretamente significa: Avere un’attenta presenza a se stessi. Centrare la comunicazione sull’altro: saper

tacere e dare precedenza all’altro; lasciar parlare; lasciare a chi parla tutto il tempo necessario.

Vivere un atto interiore che non permette di pensare ad altro.

Voler capire. Ascoltare con tutta la persona: non solo

con l’udito, ma con la mente, con l’animo, con l’espressione del viso, con i cenni del capo, con la posizione del corpo …

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1. Dio ascolta il grido del povero. Il comportamento di Dio è comandamento per il cristiano:

“… nell’angoscia ho invocato il Signore, ho gridato al mio Dio, Egli ha ascoltato dal suo tempio la mia voce; il mio grido è giunto ai suoi orecchi (2 Sam 22,7)

“Tu invece hai ascoltato la voce della mia preghiera quando a te gridavo aiuto (Sal 30)

“questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce” (Sal 33)

“poiché il Signore ascolta i poveri e non disprezza i suoi che sono prigionieri” (Sal 68)

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2. Nel Vangelo Gesù ascolta il grido dei

poveri, espresso e inespresso, perché lui

sa leggere nel profondo dei cuori

Atteggiamenti che caratterizzano

l’Ascolto di Gesù

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3. La comunità cristiana è caratterizzata dall’atteggiamento di ascolto. “Ascolta, Israele!” (cfr. Deut 6, 4-5; Mc 12, 29-31;). “Il religioso ascolto della parola di Dio” (DV)

Dall’ascolto Dio all’ascolto del fratello il passaggio è naturale per una mentalità cristiana: Dio ci interpella nel volto del sofferente.

L’altro rimanda immancabilmente all’Altro e viceversa. “Ascoltate le cause dei vostri fratelli” (Deut. 1,16): le parole rivolte da Dio ai giudici di Israele esprimono molto bene l’atteggiamento di fondo del cristiano.

L’atteggiamento dell’ascolto è diverso da quello conoscitivo: la conoscenza tende a fagocitare l’oggetto nel soggetto, l’ascolto lascia l’interlocutore in tutta la sua alterità e singolarità

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4. La Chiesa è una comunità di corresponsabili: i suoi membri non sono chiamati a rispondere solo rispetto a uffici e ministeri ma soprattutto rispetto al fratello, in particolare bisognoso e sofferente:

«Allora il Signore disse a Caino: “Dov’è Abele tuo fratello?”. Egli rispose: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”» (Gen 4,9).

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Orientamento Il CdA non è chiamato a fornire risposte dirette,

salvo casi di estrema necessità e provata urgenza.

A questo sono deputate le realtà operanti sul territorio: Istituzioni, Comunità Parrocchiale, Volontariato parrocchiale e non.

La funzione del CdA, una volta instaurata con chi è in stato di bisogno una relazione d’aiuto attraverso l’accoglienza e l’ascolto, è quella di orientarlo verso possibili soluzioni da ricercare sul proprio territorio e di cui essere primo protagonista.

Ritorna urgente il problema della conoscenza del territorio non solo rispetto ai bisogni che in esso emergono ma anche rispetto alle risorse che offre.

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to/2

Ci sono al meno due livelli di orientamento:

1. Il più semplice corrisponde al fornire l’informazione giusta al momento giusto: indicazioni o indirizzi di Enti pubblici e privati; modalità di accesso ai servizi, comunità, centri di accoglienza, ecc. Ciò, naturalmente, comporta la precisa conoscenza della realtà verso cui orientiamo chi è in stato di bisogno. Allora sarà necessario allestire, in progresso di tempo, elenchi di risorse anche informali presenti sul territorio; costruire una rete di relazioni con persone-ganci che vogliano offrire la loro disponibilità di collaborazione con il CdA parrocchiale.

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2. Orientare chi è in stato di bisogno verso la comprensione del reale bisogno nel quale si trova, attraverso una graduale decodifica dello stesso. Questo è più difficile ma anche prioritario. Non sempre il bisogno espresso è quello reale. Attraverso l’accoglienza e l’ascolto può emergere che il bisogno espresso attraverso una domanda nasconde un altro, inconscio e comunque inespresso, più grave e/o più urgente. Se vogliamo instaurare una relazione d’aiuto che accompagni il fratello verso la liberazione dal bisogno è necessario innanzitutto aiutarlo a comprendere di quale bisogno realmente si tratti.

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Presa in carico

È un accompagnamento.

Segna il passaggio dal gesto al legame

auspicato dall’Episcopato italiano in

Evangelizzazione e Testimonianza della carità

n. 39.

Non sempre può bastare fornire un

orientamento, spesso può rendersi necessario

seguire personalmente la vicenda di chi mi

chiede aiuto.

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È necessario prendere a cuore il caso di una persona come se fosse l’unico:

guardare a chi è in stato di bisogno come ad una persona unica ed irripetibile, una storia da assumere e non come ad una pratica da evadere;

Mettere in contatto con i servizi presenti sul territorio, verificando che questi si facciano veramente carico della situazione e denunciando le eventuali inadempienze;

Attivare tutte le risorse possibili a cominciare da quelle della persona;

Coniugare professionalità e Carità, competenza e servizio cristiano.

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Gesù si è fatto carico dell’umanità.Nella parabola del Buon samaritano (Lc 10, 34 e ss) la scansione delle scene e i verbi che connotano gli atteggiamenti del Buon Samaritano descrivono Gesù come Samaritano dell’uomo.

“Alla domanda di un dottore della legge, prima di indicargli il comandamento più importante e poi spiegargli chi era il prossimo, Gesù raccontò la parabola del samaritano: uno straniero capace di avere compassione di suo fratello, di chinarsi su di lui, curargli le ferite, pagare di tasca propria. Quelle parole non hanno mai abbandonato la Chiesa nel suo bimillenario cammino e sempre le insegnano la strada ad ogni svolta della storia, le suggeriscono il da farsi di fronte a vecchie e nuove povertà …” (Da questo vi riconosceranno n.42).

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non sempre il bisogno espresso è quello reale;

non sempre la richiesta impellente che la persona rivolge corrisponde al suo reale bisogno, spesso confuso.

Il CdA individua i bisogni espressi:

li recepisce operando una necessaria

decodifica poiché

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Una signora si reca al CdA rivolgendo una richiesta urgente e necessaria: chiede un contributo in danaro perché non riesce a pagare la bolletta del gas.

Qual è il bisogno reale?1. Ipotesi di partenza: la signora chiede tale

contributo perché, avendo dovuto affrontare grosse spese impreviste per la famiglia, si trova momentaneamente scoperta. Si può rispondere al bisogno corrispondendo il contributo e concordando una qualche forma di restituzione.

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2.Tuttavia l’ascolto porta l’operatore a scoprire che la signora è disoccupata e vedova: il reale bisogno allora è quello di trovare alla signora un lavoro; o magari di avviare le pratiche perché possa percepire la pensione di reversibilità del marito alla quale, senza saperlo, ha diritto …

3.Oppure l’ascolto porta l’operatore a scoprire che il marito della signora è disoccupato ed alcolizzato: qui il bisogno reale e prioritario non è tanto cercare un lavoro (pur urgente), quanto liberare il marito dalla dipendenza dall’alcool, orientandolo opportunamente verso risorse esistenti sul territorio per dare risposta questo bisogno latente di liberarsi dall’alcolismo...

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4

Possibile specializzazione del CdA L’individuazione dei bisogni emergenti nel

territorio parrocchiale conduce allora necessariamente a formulare una mappatura tanto dei bisogni quanto delle risorse attivabili per far fronte ai bisogni stessi.

Questo discorso può spingersi fino a determinare una sorta di specializzazione del servizio del CdA con un conseguente restringimento del suo raggio di azione. In un quartiere con una fortissima presenza di

immigrati extracomunitari una comunità parrocchiale o un vicariato zonale può opportunamente ritenere di costituire un CdA specializzato per l’accoglienza, l’ascolto, l’orientamento e la presa in carico di persone extracomunitarie …

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Il CdA può essere strumento per la diffusione di una cultura della solidarietà nei confronti:

delle persone in difficoltà, per dare loro una voce e per aiutarle a essere protagoniste e soggetti attivi nel superamento della loro condizione di disagio e nella ricerca di se stesse;

dei volontari e degli operatori, che vi trovano uno spazio di confronto per crescere come uomini e come cristiani, nella prossimità e nel servizio ai fratelli;

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della comunità cristiana, perché viva il proprio essere comunione in una continua tensione missionaria, percorrendo i cammini di sofferenza e di disagio delle persone, perché al di là dei bisogni che le opprimono, emerga la pienezza della loro dignità;

della comunità civile, perché possa mantenersi attenta alle realtà di povertà del proprio territorio, facendosene carico concretamente e impegnandosi in un cammino di corresponsabilità (sentire tutti responsabili di tutti).

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Gruppo di lavoro

Progetto operativo

STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE DEL CENTRO DI ASCOLTO

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È un gruppo di lavoro con competenze differenziate in cui si esprime la corresponsabilità e la complementarietà della Chiesa tramite l'accoglienza, l'ascolto e la presa in carico delle persone in difficoltà.

STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE DEL CENTRO DI ASCOLTO

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/1

È impensabile che il CdA funzioni come

tale grazie all’impegno, pur generoso, di una

o due persone che per qualche ora alla

settimana ricevono i poveri della comunità.

Tale esperienza, destinata inevitabilmente a

tradursi in erogazione di una qualche forma

di servizio, non può dirsi Centro di Ascolto.

Gruppo di lavoro

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Il gruppo di lavoro si riunisce periodicamente in relazione alle necessità di:

Valutazione Intervento Assunzione di incarichi sui casi pervenuti

Normalmente la riunione è settimanale.

Per avviare l’esperienza del CdA, articolata in tutte le sue fasi

è indispensabile la costituzione di un’equipe di lavoro, che:

raccolga le diverse competenze necessarie al corretto funzionamento del CdA

sia guidata da un coordinatore.

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pp

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Il gruppo di lavoro:

Può essere opportunamente coadiuvato da una figura professionale (come ad es. Assistente sociale).

In base alla preparazione e alla disponibilità degli operatori può articolarsi in due sottogruppi operativi: il primo si impegna nell’ascolto e il secondo nella presa in carico:

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pp

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icola

zion

e Gruppo di ascolto: ha la funzione di accogliere chi ha bisogno, di ascoltarlo e di definire un possibile orientamento. Occorre predisporre turni di avvicendamento ed orari di appuntamento così da salvaguardare la continuità del rapporto personale tra chi è in stato di bisogno e l’operatore del CdA.

Gruppo della presa in carico: conduce la persona verso il conseguimento della possibile risposta individuata (consulenza su specifici problemi, reperimento delle risorse, accompagnamento …). In questo sottogruppo giocoforza devono poter confluire competenze più varie e perciò risulterà più numeroso. Guardandoci attorno in Parrocchia forse scopriamo tante “competenze” già presenti e forse anche operanti.

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136

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Collab

ora

zion

i

È anche auspicabile costituire una rete di collaboratori esterni:

di professionisti che di volta in volta possano offrire il loro contributo per consulenze in specifiche situazioni (Avvocati, medici, commercialisti …);

di volontari che possano offrirsi per determinati servizi (accompagnamenti, prenotazioni visite …)

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137

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Riu

nio

niNell’ambito della periodica riunione sono effettuati:

la valutazione del bisogno sui casi presentatisi all’ascolto,

il programma-progetto di intervento sugli stessi,

l’affidamento dei casi nuovi agli operatori, l’aggiornamento e la verifica dei casi in

corso, lo scambio e il confronto di esperienze tra

gli operatori con gli approfondimenti pastorali e metodologici necessari,

le necessità di coinvolgimento della comunità parrocchiale

ed in generale la verifica sul complessivo funzionamento del CdA.

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/il coord

inato

reSempre in uno spirito di servizio, il coordinatore è figura importante del CdA, suo punto di riferimento, e riconduce ad unità il lavoro complessivamente svolto. Fa parte della Caritas e, preferibilmente, del Consiglio Pastorale parrocchiale.

Suo compito è: assicurare il collegamento con la Comunità

Parrocchiale attraverso il rapporto con il Parroco e con la Caritas Parrocchiale;

curare il collegamento con la Caritas Diocesana;

curare il i rapporti con eventuali consulenti e con istituzioni civili;

coordinare gli incontri di programmazione e di verifica del lavoro svolto;

garantire le convocazioni degli operatori per le riunioni;

organizzare i turni dei volontari per garantire presenza e continuità;

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/ M

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rup

po/1 Lavorare per progetti significa riconoscere che è

importante dare risposte personalizzate per promuovere l’autonomia della persona nella ricerca della risposta ai propri bisogni.

In concreto significa, fare un’analisi della situazione, darsi un obiettivo realistico e dei tempi per raggiungerlo, ricercare le risorse, darsi degli obiettivi intermedi rispetto a quello finale.

lavorare per progetti

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eto

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el g

rup

po/2

Perché questo tipo di lavoro risulti efficace è necessario:

accompagnare le persone conoscere il territorio coinvolgere la comunità e tutte le realtà

che si occupano delle stesse problematiche, lavorare insieme e stimolarle affinché facciano sorgere risposte nuove e sempre più adeguate ai bisogni delle persone

non accettare deleghe di sorta verificare il progetto ed eventualmente

modificarlo

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141

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Si dota di un progetto operativo che definisca identità, motivazioni, obiettivi e funzioni. Può costituirsi in Associazione e avvalersi della colla-borazione di operatori professionisti.

STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE DEL CENTRO DI ASCOLTO

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tivo

Il progetto operativo è un documento che fornisce le linee a cui devono attenersi tutti i membri del CdA per poter agire con unità di finalità e di intenti.

La formulazione di un progetto operativo è indispensabile per l’acquisizione di motivazioni

comuni, di linguaggio comune, di verifica reale.

Si dota di un progetto operativo

Page 143: Caritas

143

ESC

STRUMENTI OPERATIVIDEL CENTRO D’ASCOLTO

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Utilizza come strumenti operativi: il colloquio e la registrazione del colloquio su schede; la mappatura delle risorse e la documentazione; la verifica e la formazione; il lavoro di rete.

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Il c

olloq

uio

Il colloquioSi possono individuare alcuni elementi che caratterizzano il colloquio.

Il tempo Le modalità I contenuti L’approfondimento Le proposte e il progetto

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uio

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mp

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Il tempo

L’incontro non deve,

indicativamente, durare più di trenta

minuti.

Se necessario meglio aggiornarlo ad

altra data.

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k il colloq

uio

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mod

alità

Le modalità

occorre dialogare:

lasciando all'interlocutore la possibi-lità di esprimersi senza interromperlo,

mettendolo a suo agio,

rispettando anche i momenti di silenzio.

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uio

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ten

uti

I contenuti: occorre fermare l'attenzione in particolare su alcuni dati:

la richiesta espressa;il motivo che la determina;la situazione della persona così come

emerge (ordinando i frammenti del discorso e le impressioni suscitate dal suo modo di atteggiarsi).

i punti contraddittori e/o non sufficien-temente approfonditi;

il bisogno fondamentale e le possibili cause (spesso nella richiesta fatta il bisogno non è immediatamente manifestato!).

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ap

pro

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to”

L'approfondimento persegue l'obiet-tivo di fare chiarezza sui termini reali del problema esposto.

deve avvenire attraverso: la restituzione di quanto si è

compreso, la richiesta di chiarimento su

quanto non si è compreso, domande discrete che, se è il

caso, vanno motivate.

.

Page 149: Caritas

149

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rog

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Le proposte e il progetto si prefiggono di:

individuare gli interventi prioritari (soddisfazione di bisogni primari e urgenti obiettivi intermedi, contatti con altri servizi...);

stabilire i rispettivi compiti. tenendo conto della necessaria gradualità delle richieste da fare all'interessato oltre che dell'impegno che il Centro può assumere;

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rop

oste

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rog

ett

o”/2

proporre quando è il caso. un altro appuntamento (il tempo tra il primo e il secondo incontro servirà per verifiche, informazioni, ecc.);

rilevare da un documento l'identità dichiarata. Gli operatori valuteranno a loro discrezione quando tale richiesta. con i risvolti che implica. sia davvero necessaria.

Un percorso di successivi colloqui potrebbe portare ad approfondimenti che consentono all'équipe di formulare un progetto personalizzato concordato con l'interessato che tenga conto:

della sua situazione personale; degli accordi presi con i servizi pubblici; delle strategie promozionali complessivamente

perseguite dall'équipe.

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istr

azi

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el colloq

uio

2. La registrazione del colloquioGli operatori che si occupano dell'ascolto

cureranno la registrazione dei colloqui e le successive verifiche.

In particolare devono essere descritte le richieste avanzate e gli interventi già effettuati e/o concordati sia con l'interessato sia con altri servizi.

Se si tratta di un colloquio successivo, sarà opportuno riportare sulla scheda di registrazione:

gli elementi che sono stati ulteriormente approfonditi rispetto all'incontro precedente,

quelli ancora da approfondire, le verifiche da fare rispetto al progetto

formulato, le ulteriori decisioni.

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el colloq

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/2

La scheda personale è uno strumento di lavoro indispensabile perché se adeguatamente compilata e costantemente aggiornata, consente di conoscere la particolare condizione di bisogno dell'interessato e di verificare, attraverso gli interventi già realizzati e le prospettive future, se il progetto per la promozione della persona effettivamente la aiuta a superare il disagio.

Prima del colloquio è importante che l'operatore faccia riferimento alla scheda personale per conoscere la situazione generale dell'interlocutore, il tipo di rapporto instaurato, gli interventi già fatti. Questa operazione servirà per mantenere la continuità delle linee operative intraprese negli incontri precedenti.

La rilettura delle schede durante le riunioni di verifica consente infine di individuare, in relazione ai bisogni emersi, le nuove risposte da sollecitare attraverso la sensibilizzazione delle risorse presenti nel territorio.

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isors

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La mappatura delle risorse Si tratta di un elenco/schedario che può

essere realizzato distinguendo le risorse pubbliche da quelle private e raggruppandole secondo le tipologie dei bisogni. L'elenco/schedario dovrà essere facilmente consultabile.

Rispetto alle risorse è necessario: conoscere Aggiornarne la mappatura Operare collegamento tra CdA e

l’Osservatorio Diocesano delle povertà e delle risorse

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oscere

” Di ciascuna risorsa è necessario conoscere:

denominazione, indirizzo, numero telefonico;

nome del responsabile e/o di altri eventuali referenti;

tipologia del servizio offerto;orari e modalità di accesso;note con particolari informazioni

qualitative.

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La mappatura deve essere periodicamente aggiornata.

La necessità di avere informazioni precise è legata alla volontà di evitare che la persona debba poi rivolgersi altrove: se orientiamo, dobbiamo farlo in maniera meno approssimata possibile riconoscendo alla persona che si ha di fronte una precisa dignità.

I maggior vantaggi di questo strumento sono legati ad un suo continuo aggiornamento.

Page 156: Caritas

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“colleg

am

en

ti …

È opportuno che la Caritas coordini tutta questa attività mettendo in sinergia e comunicazione

Centro di Ascolto

e Osservatorio Permanente delle Povertà e delle Risorse

altro strumento da promuovere sul piano pastorale e da vedere in un'unica ed organica progettazione.

Page 157: Caritas

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La d

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men

tazi

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e

La documentazione Tra gli strumenti del Centro di

Ascolto, la documentazione serve sia per l'organizzazione del lavoro sia per la formazione permanente degli operatori.

Page 158: Caritas

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tazi

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e/2

Possono essere utili: questionari, statistiche ed altri strumenti per la

conoscenza del territorio, delle risorse presenti e per la rilevazione dei bisogni;

pubblicazioni relative ad atti di seminari e corsi di formazione;

riviste specializzate sul volontariato e sulle attività del privato-sociale;

raccolta della legislazione in materia socio-assistenziale a livello nazionale e regionale;

raccolta di normative locali (delibere e regolamenti comunali e provinciali) che dettano direttive sui rapporti con il volontariato e sulla valorizzazione del "privato sociale".

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ESC

Lavoro

di re

te/1

Lavorare in termini di rete significa conoscere il territorio nel modo più completo possibile; vuol dire conoscere le risorse presenti sia nell'ambito pubblico che in quello privato. È indispensabile una conoscenza piena delle competenze e delle modalità con cui tali servizi vengono erogati.

Lavorare in rete significa anche conoscere gli altri operatori. Le conoscenze a corto raggio sono estremamente importanti nell'accompagnamento e nell'efficacia delle nostre azioni.

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ESC

Lavoro

di re

te/2

Lavorare in termini di rete vuol dire anche prendersi a cuore certe situazioni particolari; essere, per esempio, coloro che, nei confronti dell'ente pubblico, sollecitano, stimolano, non permettono inadempienze agendo sempre in termini gentili, ma intervenendo puntualmente e irreprensibilmente.

Avere una rete di collaborazione a corto raggio vuol dire anche possedere, oltre alla mappatura dei servizi presenti sul territorio, una cerchia di collaboratori (un avvocato, un idraulico, ecc). magari all'interno della Parrocchia, che possa essere interpellata a seconda dei bisogni e delle emergenze

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ESC

Lavoro

di re

te/3

Il CdA opera facendo propria la logica di rete:

Nell’approccio alle diverse persone che ad esso si rivolgono: affrontando il rapporto con la persona nel suo contesto relazionale (reti familiari, amicali, lavorative, di vicinato, di quartiere ecc., che costituiscono “reti informali”)

nei suoi aspetti positivi In quelli problematici e anche quando tale contesto appare

del tutto assente (immigrati, senza fissa dimora).

Il CdA coinvolge, valorizza e promuove tali reti informali.

Page 162: Caritas

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ESC

Lavoro

di re

te/4

Il CdA opera facendo propria la logica di rete:

Nella fase di orientamento e presa in carico, lavorando in sinergia con

le Istituzioni, gli Enti pubblici e privati, le agenzie educative, i gruppi e le associazioni di volontariato:

attivando, cioè, la cosiddetta “rete formale” delle risorse presenti sul territorio, nella consapevolezza di essere un nodo di tale rete.

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Ascolt

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attenzione rispetto dialogo fiducia valorizzazione

Atteggiamenti che caratterizzano

l’Ascolto di Gesù

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Gesù è attento:

al gesto di Zaccheo Lc 19,3-5; alla fede del Centurione e della Cananea

Mt 8,10-12; 15,28 alle preoccupazioni della Samaritana Gv

4,19 ss al gesto del buon ladrone Lc 23, 42-43;

Atteggiamento di attenzione

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Rispetto di Gesù per le persone: tiene conto del ritmo di maturazione delle

persone Mt 13,3-8; Mc 4, 26-29; 8, 22-26; Lc 13, 6-9;

rispetta sempre la libertà Mc 10,17-23; l’atteggiamento di rispetto presuppone

saper perdere tempo, saper sperare, essere disponibili Mc 3,20; 6,31;

solidarietà nell’ora della prova Mt 8, 23-27; non imporre Mt 16, 24 non utilizzare procedimenti emozionali per

conseguire adesioni Gv 7,3-6;

Atteggiamento di rispetto

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go”

La pedagogia di Gesù è quella di dialogo:

fa sempre il primo passo dando l’amicizia Gv 11,5; 15, 14-17;

dialogo con la Samaritana Gv 4, 5-42 Dialogo con Nicodemo Gv 3,1-21;

Atteggiamento di dialogo

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La pedagogia di Cristo:

ha fiducia delle persone: Mt 10,5 ss; Lc 19, 8;

non si fida delle apparenze: Lc 20, 20-26; sa che la persona può superare le difficoltà

se la si aiuta: Gv, 1-16; Mt 14, 28-31; dà responsabilità: Mt 10,5 ss. non chiede più di quanto si può dare Mt 9,

14-17

Atteggiamento di fiducia

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Gesù ammira la fede del Centurione Mt 8,10-12

Dell’emorroissa Mt 9, 20-22; della Cananea Mt 15,28; della peccatrice Lc 7,47-50; Gesù loda la generosità della vedova Mc 12,

41-44; Gesù apprezza lo slancio di Zaccheo Lc 19,

1-10.

Atteggiamento di valorizzazioneGesù valorizza le persone ed i piccoli gesti di

bontà:

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170

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messa/1

PER LA «NUOVA» EVANGELIZZAZIONE

OCCORRONO PRESENZE «NUOVE»

Nelle nostre comunità è abbastanza definita la figura del catechista e quella dell’animatore liturgico. Queste due presenze devono necessariamente essere ripensate alla luce del Vangelo della Carità:

“La carità è il cuore del Vangelo: sia nel senso che essa costituisce l’evento/contenuto centrale della rivelazione di Dio che giunge al suo compimento in Gesù Cristo; sia nel senso che la fede, come risposta a questo evento, anzi come coinvolgimento in esso, è fin dall’inizio carità e giunge al suo primo e maturo dispiegarsi nella carità verso Dio e verso i fratelli”.

(Piero Coda)

Page 171: Caritas

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Pre

messa/2

Il Vangelo della carità suggerito dallo Spirito alla Chiesa, così come indicato dai nostri vescovi nel documento dopo Palermo, è la via che la nuova evangelizzazione deve percorrere.

Attorno al Vangelo della carità deve oggi crearsi la necessaria osmosi tra

catechesi, Liturgia servizio della carità

nell’azione ecclesiale di ogni comunità.

Page 172: Caritas

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ESC

Pre

messa/3

Secondo il Cardinal Martini:Esiste una sproporzione tra coloro che nelle nostre comunità si dedicano al servizio di catechista e di animatore liturgico e quelli che si dedicano alla diaconia della Carità; la sproporzione tra i pochi delegati al servizio delle Carità e l’insieme della comunità inerte e passiva.

due le cause: la disarmonia tra le tre dimensioni - catechesi,

liturgia e Carità “la ricerca teologica ha approfondito abbastanza

il rapporto Chiesa-Parola e il rapporto Chiesa-liturgia, non ha ancora approfondito il rapporto Chiesa-Carità”.

Page 173: Caritas

173

ESC

Pre

messa/4

Partendo da queste premesse teologico-pastorali, diventa urgente ripensare la figura dell’educatore (catechista, animatore liturgico) e crediamo la stessa composizione del Consiglio Pastorale Parrocchiale. Per la nuova evangelizzazione occorrono presenze nuove.

Una presenza educatrice capace di assumere in sé, con una sintesi dinamica ed armonica, le tre dimensioni: catechesi, liturgia e carità.

Una presenza che, in ogni ambito pastorale, sia spiritualmente formata e preparata a coniugare catechesi, liturgia e carità,

guidando all’ascolto e all’approfondimento della fede, orientando alla liturgia, animando alla testimonianza-servizio della carità,

nella consapevolezza che l’unico mistero di Cristo è celebrato, incontrato e vissuto percorrendo insieme catechesi, liturgia e carità.

Page 174: Caritas

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ESC

Pre

messa/4

Ciascun operatore pastorale di una qualunque fascia di età o ambito pastorale in definitiva deve:

essere aiutato, avere gli strumenti essere preparato

a vivere l’incontro formativo avendo come obiettivo il messaggio catechetico, l’apertura alla liturgia, ’orientamento al servizio della carità.

Attingendo queste tre dimensioni, non più separate, dalla riscoperta visione teologico-pastorale del Vangelo della carità, via della nuova evangelizzazione, la carità

potrà finalmente diventare anche luogo di formazione.

Page 175: Caritas

175

ESC

Art

. 1 –

Art

. 2

Art. 1 La Caritas parrocchiale, quale espressione e articolazione della Caritas diocesana, è

l'organismo Pastoralel'organismo Pastorale che ha il compito di promuovere e animare la dimensione della carità nell'intera comunità parrocchiale.

Art. 2 La Caritas parrocchiale è un organismo pastorale che non ha finalità propria e autonoma; persegue invece la finalità globale e totalmente ecclesiale della evangelizzazione.

NATURA DELLA CARITAS PARROCCHIALE

Page 176: Caritas

176

ESC

FINALITÀ DELLA CARITAS PARROCCHIALE

Art. 3 Le finalità della Caritas parrocchiale sono:

Art

. 3 c

om

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)

a) Sensibilizzare la parrocchia nel suo insieme

(bambini, giovani, adulti, famiglie, scuola,

mondo del lavoro) a vivere la testimonianza

della carità come dimensione essenziale per

un cristianesimo autentico, capace di

coniugare fede e vita, parole e opere,

chiesa e mondo. Le vie ordinarie per tale

sensibilizzazione sono la liturgia, la catechesi,

la presenza educativa nel territorio.

Page 177: Caritas

177

ESC

Art

. 3 c

om

mi b

) -

c)

b) Ricercare le forme di povertà e di bisogno presenti nel territorio e stimolare la parrocchia a prendere coscienza della loro esistenza e della loro causa, e a farsene carico sia con risposte dirette, sia stimolando la società civile attraverso adeguati servizi sociali.

c) Promuovere la nascita e la formazione del volontariato, capace di attivare servizi specifici e qualificati in rapporto ai bisogni più scoperti e alle maggiori forme di povertà e di emarginazione; promuovere la formazione spirituale degli operatori impegnati professionalmente nei servizi sociali.

Art. 3 Le finalità della Caritas parrocchiale sono:

Page 178: Caritas

178

ESC

d) Promuovere la nascita e la formazione di un laicato sensibile all’impegno sociale e politico, inteso come servizio alla comunità civile, capace di esprimere presenza e azione nelle istituzioni e negli organismi di partecipazione democratica dei cittadini; promuovere la formazione spirituale dei laici impegnati nell'ambito sociale e politico, attraverso l'educazione al Magistero sociale della Chiesa

e) Educare alla cultura e ai valori della Mondialità per vincere vecchi e nuovi egoismi che tendono ad escludere i poveri dalla partecipazione al bene comune (razzismo, nazionalismo, individualismo, separatismo, corporativismo).

Art. 3 Le finalità della Caritas parrocchiale sono:A

rt.

3 c

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) -

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Page 179: Caritas

179

ESC

f) Educare alla Giustizia e alla Legalità: la

prima carità consiste nell'adempiere i propri

doveri (familiari, professionali, civici) e nel

tutelare i diritti degli ultimi e dei piccoli.

g) Educare alla Pace e alla non-violenza

attraverso la promozione, la formazione e la

gestione degli Obiettori di coscienza, quale

segno evidente di un impegno per la pace

che si concretizza in un servizio a favore dei

poveri.Art

. 3 c

om

mi f)

– g

)Art. 3 Le finalità della Caritas parrocchiale sono:

Page 180: Caritas

180

ESC

Art. 4 Ribadendo che la Caritas non ha il

compito di gestire servizi bensì

quello di educare al servizio, tuttavia

in alcun casi essa potrà farsi carico della

gestione diretta di servizi, quando si

verifica una urgenza di intervento a

fronte di assenza di risposte. In caso di

gestione diretta di servizi, devono essere

salvaguardati due criteri:

GESTIONE DEI SERVIZIA

rt.

4

Page 181: Caritas

181

ESC

a) La "Provvisorietà" della gestione

La Caritas potrà supplire ma non sostituirsi al Volontariato e/o alle Istituzioni, gli unici organi abilitati a gestire servizi in maniera autonoma e permanente, nel quadro della specifica normativa legislativa ed amministrativa

b) La "ecclesialità" del servizio

La Caritas, in quanto realtà ecclesiale, non potrà impegnarsi in gestione di servizi "di parte" ossia sponsorizzati da associazioni o movimenti politici o partitici, ma solo in quei servizi senza nessuna etichetta, aperti a tutti, finanziati dalla parrocchia.

Art

. 4 c

om

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– b

)

Page 182: Caritas

182

ESC

Art. 5 La Caritas è l'espressione ufficiale della pastorale della carità nella parrocchia. Perciò la sua struttura, dovendo riflettere l'impegno pastorale della chiesa, risulta così articolata:

a) Il Consiglio Pastorale Parrocchiale elegge al proprio interno una "Commissione pastorale della carità" che costituisce il nucleo portante della Caritas parrocchiale. All'interno della commissione saranno designati il

Coordinatore, il Segretario, il Cassiere.

STRUTTURA DELLA CARITAS PARROCCHIALEA

rt.

5 c

om

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)

Page 183: Caritas

183

ESC

b) La Commissione è presieduta dal Parroco (o da un suo delegato), principale responsabile della pastorale della carità nella parrocchia.

c) La Commissione può cooptare altre presenze (laici e religiosi) qualificate per carismi (consacrati), ministeri (ministri straordinari della S. Comunione), competenze (insegnante, medico, avvocato ecc.), testimonianze (famiglie con affido, extracomunitari ecc.), laici particolarmente impegnati in servizi di carità, rappresentanti di gruppi di volontariato e di gruppi di impegno socio-politico.

Art

. 5 c

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mi b

) –

c)

Page 184: Caritas

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ESC

Art. 6 La Caritas parrocchiale presenta al Consiglio Pastorale Parrocchiale tutti i problemi presenti in parrocchia e anche esterni (es. Terzo Mondo) e ipotesi di intervento; suggerisce al CPP linee di orientamento, attua nel suo lavoro quanto è stato pastoralmente deciso.

Art. 7 La Caritas si muove in stretto collegamento con il gruppo dei catechisti e con gli animatori della liturgia, così da consentire che il cammino di formazione catechistica e di vita liturgica siano momenti di crescita nel senso della carità.

COLLEGAMENTI PASTORALIA

rt.

6 –

Art

. 7

Page 185: Caritas

185

ESC

Art

. 8 –

Art

. 9

Art. 8 La Commissione Caritas viene rinnovata alla scadenza del CPP ed ha la stessa durata.

Art. 9 Il Consiglio per gli Affari Economici affida alla Caritas parrocchiale un "fondo di solidarietà" destinato ad interventi di emergenza e per finanziare servizi di carità non sostenibili momentaneamente dal volontariato.

DURATA DEGLI INCARICHI

GESTIONE ECONOMICA

Page 186: Caritas

186

ESC

Vai a Schema Riassuntivo

Art

. 10 –

Art

.11 –

Art

. 1

2

Art. 10 La Caritas presenta all'inizio e alla fine di

ogni anno pastorale un preventivo ed un

consuntivo spese al Consiglio per gli

Affari Economici.

Art. 11 Il fondo viene alimentato, oltre che dalla

parrocchia, anche da offerte libere.

Art. 12 L'uso del denaro viene deciso dalla

Caritas nel suo insieme.

Page 187: Caritas

187

ESC

PER L’ATTUALIZZAZIONE:

IN CONCRETO:

a) Rapporto Caritas Parrocchiale-Caritas Diocesana

Questo rapporto potrà essere tanto più fecondo quanto più sarà rafforzata la coscienza di appartenere alla Chiesa locale: il Vescovo è il Presidente della Caritas. Perciò è necessaria la fedeltà della Caritas Parrocchiale alle indicazioni della Caritas Diocesana.

Il collegamento viene realizzato:

con l’indicazione, da parte di ogni parrocchia, di due rappresentanti, coordinati da quello vicariale, alla Caritas Diocesana;

con gli incontri periodici, informativi e formativi, stabiliti nel calendario diocesano.L

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Page 188: Caritas

188

ESC

b) organismo pastorale ...

Per la sua prevalente funzione pedagogica la

Caritas è insostituibile nell’educazione alla

carità. In ogni ambito della pastorale

parrocchiale la Caritas deve essere presente.

Perciò non può essere “usata” come gruppo

operativo, ma deve essere valorizzata come

luogo privilegiato di consultazione prima di ogni

scelta ed iniziativa pastorale perché in ciascuna

di essa sia individuata la dimensione della carità

e della educazione ad essa.

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 189: Caritas

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ESC

la Caritas è parte costitutiva del Consiglio

Pastorale Parrocchiale sia questo formato

per fasce d’età sia costituito per commissioni;

è impegnata con lo studio e la progettazione

ad evitare gli squilibri pastorali esistenti tra

catechesi, liturgia e carità; perciò deve essere

attenta e preparata a sviluppare itinerari

formativi dentro quelli già esistenti di

catechesi e liturgia, in modo da far

nascere l’unico completo itinerario per la

nuova evangelizzazione

IN CONCRETO:

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Page 190: Caritas

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ESC

c) Compito di promuovere ed animareOccorre muovere a favore della carità l’intera comunità e contribuire a dare un’anima d’amore a tutta l’attività pastorale. “Caritas Christi urget nos...” (2Cor 5,14).

“LA CARITAS PARROCCHIALENON SI OCCUPA DEI POVERI,

MA SI PREOCCUPA CHE TUTTA LA COMUNITÀ

SI OCCUPI DEI POVERI”.

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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1

Page 191: Caritas

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ESC

Individuare gesti concreti* e segni in riferimento

alla vita della parrocchia e del suo territorio

finalizzati a questa educazione alla Carità,

operando il passaggio dal gesto sporadico (di

elemosina e di soccorso) al legame alla

condizione di coloro che soffrono per farcene

stabilmente carico, perché …

“la Carità è molto più impegnativa di una

beneficenza occasionale: la prima coinvolge e

crea un legame, la seconda si accontenta di un

gesto”(ETC n.39).

IN CONCRETO:

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Page 192: Caritas

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la promozione di famiglie aperte ad accogliere provvisoriamente persone in difficoltà;

l’organizzazione di gruppi di volontariato a favore di anziani, malati, extracomunitari, ecc;

la promozione e sostegno di fondazioni a scopo caritativo;

la risposta ai molteplici bisogni di persone sole e disagiate (compagnia, assistenza notturna, aiuto scolastico-culturale, accompagnamento, servizi di spesa per persone he non possono muoversi);

Questi legami si possono realizzare attraverso:Lin

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3

Page 193: Caritas

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ESC

la creazione di campi di lavoro per i giovani, sia in funzione del Terzo Mondo, sia per particolari necessità del territorio;

l’animazione dell’anno di volontariato sociale delle ragazze o del sevizio sostitutivo del servizio militare o il sostegno e l’incoraggiamento del volontariato internazionale;

la formazione alla condivisione dei redditi familiari, individuando precisi obiettivi da raggiungere.

… e ancora attraverso:Lin

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4

Page 194: Caritas

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ESC

a) La finalità dell’evangelizzazione

“L’Evangelizzazione è un’azione globale e dinamica che comporta inscindibilmente le dimensioni dell’annuncio, della celebrazione e del servizio di carità” (Ev. Vitae n.78).(Cfr. anche proposizione n. 26 del Sinodo Diocesano).Non è compito della Caritas risolvere i problemi sociali (povertà, disoccupazione, emarginazione, emergenze varie, ...) ma evangelizzare, attraverso l’educazione e la testimonianza della carità.

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 195: Caritas

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ESC

Cristo non è venuto a risolvere i problemi sociali,

ma si è incarnato. La strada dell’incarnazione è

quella:

dell’essere dentro l’umanità, dentro la

storia: studio, conoscenza, comprensione,

amore;

dell’essere con l’umanità, con la persona,

facendosene carico perché luogo teologico;

dell’essere per l’umanità, per la persona,

capace di portare a compimento quello che

in ogni persona rimane di incompiuto, resta

solo potenziale.

Lin

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Page 196: Caritas

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ESC

IN CONCRETO:

Avendo la Caritas la finalità

dell’evangelizzazione comune a tutte e tre le

dimensioni della pastorale, è impegnata ad

individuare e sollecitare tempi e modi per

incontri sistematici tra le tre commissioni

Catechesi

Liturgia

Carità

sia per la programmazione pastorale

parrocchiale sia per la verifica nel corso

dell’anno.

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Page 197: Caritas

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ESC

a1) Via liturgica La Caritas vive un costante collegamento con la commissione liturgica o con il gruppo degli animatori liturgici.

suggerisce ed evidenzia nei tempi forti dell’anno liturgico, in particolari festività e nell’amministrazione dei sacramenti, segni liturgici con forte valenza pedagogica verso la Carità (particolari raccolte di offerte, preghiere dei fedeli, scambi della pace, gesti di condivisione, ecc).

a) Le vie ordinarie per la sensibilizzazione ...

IN CONCRETO:

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Page 198: Caritas

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ESC

a) Le vie ordinarie per la sensibilizzazione ... a2) Via catecheticaLa Caritas vive un costante collegamento con la commissione della catechesi o con il gruppo dei catechisti.

la Caritas individua, con il gruppo dei catechisti, negli itinerari e sussidi catechetici della C.E.I., il momento di educazione alla Carità e di testimonianza della carità, presenti nelle singole unità didattiche.

IN CONCRETO:

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Page 199: Caritas

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ESC

in questa prospettiva è opportuno che in ogni parrocchia si formi un “pool” di educatori che si impegni a coadiuvare le guide dei vari gruppi parrocchiali per maturare il servizio educativo nuovo per la nuova evangelizzazione.

Così ogni catechista diventerà, una presenza nuova che non assolve più alla funzione soltanto di puro catecheta, ma insieme di liturgo e di educatore alla carità;

Lin

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Page 200: Caritas

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ESC

a) Le vie ordinarie per la sensibilizzazione ... a3) Via del territorioPerché la sensibilizzazione della Caritas

raggiunga la Parrocchia nel suo insieme

non solo i vicini: bambini, giovani, adulti della parrocchia; ma anche i lontani: nel mondo del lavoro, del sociale ...

è necessario che essa realizzi una costante apertura al territorio interagendo con le varie realtà ivi presenti.

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Page 201: Caritas

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Promozione nei vari ambiti (scolastico, sindacale, politico) di incontri, tavole rotonde, dibattiti sui temi della Mondialità, della Pace, della giustizia, su problemi sociali, povertà vecchie e nuove ...;

animazione delle associazioni culturali asistenti sul territorio circa tematiche inerenti la carità;

favorire scambi formativi ed informativi con le agenzie socio-culturali operanti sul territorio.

IN CONCRETO:

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Page 202: Caritas

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ESC

Bisogna cercare i poveri là dove sono e non aspettare che bussino alle nostre sacrestie. A tale scopo la Caritas deve maturare e proporre strumenti capaci di lettura del territorio privilegiando in questo compito il rapporto con il Centro di Ascolto (CdA), suo strumento operativo.

È opportuno qui ribadire le differenze di identità, di funzioni, di organizzazione, che distinguono nettamente la Caritas, organismo pastorale con prevalente funzione pedagogica, dal Centro di Ascolto, strumento operativo-pastorale: «l’orecchio della Caritas».

b) Ricercare le forme di povertà presenti nel territorio

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 203: Caritas

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ESC

Il CdA funziona come antenna dei bisogni.

Infatti:

recepisce il “bisogno espresso” (del

povero che si rivolge al centro ed esprime

la sua situazione di bisogno);

ricerca i bisogni inespressi (latenti),

funzionando da “antenna mobile” dei

bisogni, scovandoli nelle situazioni più

sotterranee.

IN CONCRETO:

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Page 204: Caritas

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In questo passaggio il CdA, attraverso la Caritas, coinvolge l’intera comunità ecclesiale e si avvale delle risorse monitorate sul territorio (siano ecclesiali o no, pubbliche o private)

sia per orientare verso una risposta immediata al bisogno,

sia per collaborazioni su progetti volti al raggiungimento di risposte meno immediate.

Il CdA, punto di osservazione privilegiato sulle povertà del territorio, opera anche una mappatura delle risorse ivi esistenti per poter efficacemente orientare verso una risposta al bisogno.

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Page 205: Caritas

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ESC

c) Promuovere la nascita e la formazione del volontariato

PER L’ATTUALIZZAZIONE:

Bisogna distinguere bene la differenza tra Caritas e Volontariato:la Caritas è organismo pastorale per l’educazione alla carità;il Volontariato è gruppo operativo per le risposte ai bisogni.Tra Caritas e Volontariato c’è quindi autonomia ma non indipendenza:autonomia perché le sfere di azione sono differenziate tra loro;dipendenza perché le sfere di azione sono collegate tra loro. La Caritas sta al volontariato come l’anima sta al corpo: la Caritas senza volontariato sarebbe come un’anima senza corpo; il Volontariato senza Caritas sarebbe come un corpo senz’anima.

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Page 206: Caritas

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IN CONCRETO:

All’interno della Parrocchia è bene quindi che si formino (o, se ci sono, si specifichino) le varie realtà di volontariato in grado di rispondere ai bisogni specifici (es: Volontariato Vincenziano, Fratres, Anspi ecc.);

ogni gruppo di volontariato deve avere una sua autonomia gestionale (Presidente, assemblea dei soci ecc.) per dare possibilità ai laici di essere i protagonisti diretti sia negli incarichi che nelle responsabilità;

ogni gruppo di volontariato conserverà un legame pastorale con la comunità attraverso suoi rappresentanti nella Caritas, così da realizzare, nel proprio specifico, le indicazioni pastorali maturate dalla Caritas nel Consiglio Pastorale Parrocchiale.

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Page 207: Caritas

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ESC

d) Promuovere un laicato sensibile all’impegno sociale e politico

PER L’ATTUALIZZAZIONE:

“... Il campo proprio dell’attività evangelizzatrice dei laici è il mondo vasto e complicato della politica della realtà sociale, dell’economia, della cultura della vita internazionale ...

…La pedagogia della Chiesa deve assumersi maggiormente questo impegno formativo di laici che siano soggetti attivi e responsabili di una storia da fare alla luce del Vangelo ....”

(La Chiesa italiana e le prospettive del paese, nn. 22-23).

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Page 208: Caritas

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IN CONCRETO:

Far inserire e sviluppare negli itinerari catechetici il Magistero Sociale della Chiesa, oggi quasi totalmente assente;

costituire in parrocchia un gruppo di “formazione socio politica con il compito di aiutare i fedeli ad assumersi tutte le responsabilità politiche e sociali derivanti dalla loro condizione laicale (es: partecipazione alla vita scolastica, della circoscrizione ecc.).

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Page 209: Caritas

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ESC

e) Educare alla Mondialità...

PER L’ATTUALIZZAZIONE:

Su questo piano siamo fortemente stimolati dalla forte ondata di immigrazione. L’arrivo degli immigrati deve condurci a pensare i problemi su scala planetaria. Educare alla Mondialità significa impostare in maniera diversa la vita per un mondo di popoli fratelli, in un mondo in cui si comincino ad affrontare i problemi a partire dalla logica dei più poveri.

Occorre quindi conoscere le ingiustizie e le “strutture di peccato” che si determinano tra i popoli del Mondo, per agire progettualmente nel comune sforzo di sconfiggerle.

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Page 210: Caritas

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ESC

IN CONCRETO:

la Caritas potrà studiare come valorizzare i momenti dedicati alla mondialità, già esistenti durante l’anno pastorale (es.: Giornata del Migrante, Giornata delle Missioni ecc.);

la Caritas potrà anche prendere iniziative (incontri, dibattiti ecc.) per favorire il dialogo e la conoscenza di persone appartenenti a razze, culture, religioni diverse tra loro, in collegamento con l’ufficio C.I.S.C.A.I., presso la Caritas Diocesana.L

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Page 211: Caritas

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ESC

f) Educare alla giustizia e alla legalità ...

PER L’ATTUALIZZAZIONE:

“La comunità Cristiana si sente fortemente impegnata, in forza della stessa fede... a combattere le cause di ingiustizia ancora diffusa e a contribuire fattivamente per il rispetto delle giuste leggi ...” ;

“... La legalità, intesa come rispetto ed osservanza delle leggi, è una forma particolare della giustizia. E questa, a sua volta, nasce e fiorisce sul riconoscimento della dignità personale di ogni uomo, e quindi dei suoi diritti e dei suoi doveri, e sul riconoscimento dell’essenziale dimensione sociale della persona.

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Page 212: Caritas

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ESC

Per questo la giustizia e la legalità, colte nelle loro radici profonde, scaturiscono dalla moralità e si configurano come amore - e per i credenti come carità o amore evangelico - verso ciascuna persona e verso la comunità”

(Educare alla legalità nn. 10 e 18) IN CONCRETO:

la Caritas è chiamata ad alzare la voce contro ogni forma di ingiustizia e illegalità;

è necessaria, accanto alla profezia, una personale (comunitaria) conversione permanente così da estirpare alcune consuetudini illegali che ormai fanno parte della nostra cultura (evasione fiscale, omertà ...): non dobbiamo tollerare con benevolenza ciò che moralmente non è lecito;

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Page 213: Caritas

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ESC

la Chiesa rende questo servizio: “con i contenuti e lo stile che le sono propri, soprattutto attraverso la predicazione, la catechesi, le varie iniziative di presenza e di servizio sul territorio, perché i cristiani considerino lo stato democratico non come una realtà estranea, ma come il luogo sociale e politico al quale appartengono a pieno titolo di cittadini e nel quale si impegnano a migliorare la convivenza di tutti testimoniando e proponendo i grandi valori umani ed evangelici della Dottrina sociale della chiesa”

(Educare alla legalità n.10; cfr. ivi n.15);

Lin

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Page 214: Caritas

214

ESC

g) Educare alla Pace e alla Non-violenza ...

PER L’ATTUALIZZAZIONE:

La Caritas stimola la comunità ad una

riflessione sui temi della Pace;

fornisce ai giovani (ma anche agli adulti)

modelli di non-violenza, educandoli a non

credere nella violenza come metodo

vincente per la risoluzione dei conflitti;

diffonde la conoscenza delle “tecniche di

azione non violenta”.

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Page 215: Caritas

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IN CONCRETO:

la Caritas promuove incontri di formazione sui temi della Pace e della Non-violenza;

diffonde la conoscenza della legge sul Servizio Civile- Obiezione di Coscieza, sensibilizzandovi i giovani in maniera particolare;

potrà farsi promotrice della stipula della convenzione tra Parrocchia e Ministero per la “gestione” di alcuni obiettori di coscienza, da impiegare nelle realtà di volontariato.L

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Page 216: Caritas

216

ESC

La Caritas è un po’ come l’avanguardia che scopre le vecchie e nuove povertà: in assenza di risposta alcuna, cerca di rispondere ad esse, in attesa della costituzione di un gruppo capace di provvedere permanentemente a quel bisogno.

a) La provvisorietà della gestione ...

PER L’ATTUALIZZAZIONE:

IN CONCRETO:

difronte ad un qualunque bisogno “scoperto”, la Caritas, pur facendosene momentaneamente carico, si attiva sollecitamente a promuovere un gruppo di volontariato capace di rispondere al bisogno stesso.Lin

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Page 217: Caritas

217

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“Ecclesialità del servizio” vuol dire “servizio finalizzato alla evangelizzazione”; come tale, nessun servizio può essere “sponsorizzato” da club, movimenti, associazioni, gruppi, partiti ecc.

Se una di queste realtà vorrà offrire un contributo economico per il sostegno di un servizio, esso sarà accettato volentieri a condizione che tale contributo non venga né pubblicizzato (con targhe o altro) né reso pubblico attraverso mezzi di comunicazione.

In questa maniera, la Caritas educa all’offerta che deve essere sempre gratuita (cioé senza ritorno di pubblicità per l’offerente) e anonima (aiutare il povero è atto profondamente religioso e quindi deve essere celebrato nel sacrario della propria silenziosa coscienza).

b) La ecclesialità del servizio ...

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 218: Caritas

218

ESC

Il Coordinatore avrà il compito di coordinare la caritas nella sua vita:interna (favorire sintonia ed intesa tra i gruppi di volontariato) ed esterna (creare osmosi con le commissioni liturgiche e catechetiche attraverso incontri periodici).

Il Segretario avrà il compito di:convocare i componenti della caritas alle varie riunioni;redigere i verbali degli incontri e comunicare i contenuti alla comunità parrocchiale;attuivare un canale di informazione permanente tra la Caritas parrocchiale, la Parrocchia e la Caritas Diocesana.

Il Cassiere avrà il compito della gestione economica e della redazione dei bilanci preventivi e consuntivi di ogni anno pastorale, distinti da quelli della parrocchia.

a) Il coordinatore, il Segretario e il Cassiere della Caritas

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 219: Caritas

219

ESC

È preferibile che la Caritas sia sempre presieduta dal Parroco, principale responsabile della pastorale della carità in parrocchia.

La sua presenza evidenzia la centralità e l’importanza della carità nella vita parrocchiale (al pari della liturgia e della catechesi).

In caso di impedimento, il Parroco potrà delegare un suo collaboratore nel ministero (Vice-parroco o diacono) alla guida degli incontri della Caritas.

È importante chiarire che per “delega” non si intende “affidare” la Caritas a qualcuno, ma solo farsi rappresentare temporaneamente.

b) La Caritas è presieduta dal Parroco (o da un suo delegato)

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 220: Caritas

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Indicativamente è bene che il numero

totale dei componenti della Caritas sia di circa

10.

Ricordando la specifica funzione

pedagogica della Caritas, le presenze siano

significative soprattutto dal punto di vista

educativo.

c) Cooptazione di altre presenze

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 221: Caritas

221

ESC

Soggetto attivo della Carità non è …

un gruppo di persone …

né una commissione,

ma l’intera comunità cristiana, che va

sempre sensibilizzata e coinvolta.

Ecco perché la Caritas è, e deve essere,

un’articolazione del CPP, espressione di tutta la

comunità parrocchiale, al cui interno si

maturano ipotesi di intervento e linee di

orientamento

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 222: Caritas

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“È necessario prendere coscienza piena del rapporto indissolubile tra Catechesi, Sacramenti ed azione caritativa”. (documento dopo Loreto n.22).

Circa il rapporto tra liturgia, catechesi e carità, “è diventata un’immagine corrente quella del tripode. Se un tavolo ha solo due piedi, non si regge: ce ne vogliono tre e devono ‘andare insieme’. I tre uffici diocesani stanno collaborando attualmente tra loro, dovrebbe essere così nelle singole parrocchie” (Mons. Magrassi, conclusioni del terzo Convegno Ecclesiale: Celebrare in Spirito e Verità, 1991).

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 223: Caritas

223

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Il pane della Parola di Dio e il pane della carità, come il pane dell’eucaristia, non sono pani diversi: sono la Persona di Gesù” (ETC n. 1).

La Vergine Maria, Icona della Chiesa e Patrona della nostra diocesi con il titolo di “Odegidria”, “Colei che indica la via”, brilla come luminoso esempio sul nostro impegno: quando è in ascolto della Parola e pronuncia il suo “fiat”, all’Annunciazione; quando si mette in viaggio per andare a servire la parente Elisabetta (Visitazione); quando loda il Signore con il canto del Magnificat.

In Maria ritroviamo, nell’unicità della persona, l’unità e la contemporaneità dell’esperienza di catechesi, liturgia e carità.

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2

Page 224: Caritas

224

ESC

Se il Consiglio per gli Affari Economici è il

supporto tecnico-amministrativo per tutta la

pastorale parrocchiale lo è anche per la Caritas.

È importante educare i laici ad assumersi

responsabilità anche economiche, per liberare il

clero da incombenze non specifiche del loro

ministero, e per far esercitare ai laici prerogative

specifiche del loro stato.

a) Il fondo del CPAE ...

PER L’ATTUALIZZAZIONE:Lin

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Page 225: Caritas

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Caritas Parrocchiale Commissionedella carità

Commissionedella liturgia

Commissionedella catechesi

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ConsiglioPastorale

Parrocchiale

Comunità Parrocchiale

Ascolto(CdA)

Comunità Parrocchiale

Volontariato

Giustizia Pace

Mondialità

Page 226: Caritas

226

ESC

La Caritas Parrocchiale non è un Centro di Ascolto, non è un gruppo di volontariato è piuttosto l’organismo pastorale che ha il compito di animare, coordinare e promuovere la testimonianza della carità nella parrocchia con funzione prevalentemente educativa.

Essa, collocata all’interno del Consiglio Pastorale Parrocchiale, è composta non solo di “esperti di carità” (operatori del CdA, gruppi di volontariato, associazioni) ma anche da catechisti e animatori liturgici.

Il suo obiettivo principale è quello di “pensare” la pastorale della carità e curarne l’animazione.

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Page 227: Caritas

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ESC

Il Centro di Ascolto non è la Caritas Parrocchiale, non è un gruppo di volontariato ma è lo strumento pastorale, espressione della comunità cristiana che ha il compito di accogliere, ascoltare, orientare, avviare a prima soluzione, prendersi carico e accompagnare la persona che vive uno stato di disagio.

Preferibilmente non eroga servizi (pacchi,alimenti, vestiti, soldi) se non in condizioni di estrema e provata necessità.

Il suo obiettivo principale è accompagnare la persona che vive uno stato di necessità in un processo di liberazione progressivo dalle cause che hanno provocato la domanda di aiuto coinvolgendo la comunità cristiana e attivando le risorse disponibili.

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Page 228: Caritas

228

ESC

Il gruppo di volontariato parrocchiale non è la Caritas parrocchiale, non è un Centro di ascolto, ma nasce da un’attenta analisi dei bisogni delle povertà nel territorio parrocchiale.

Esso pone la sua attenzione ad una specifica “fascia di povertà” (ad es. ragazzi a rischio, anziani, malati di mente, portatori di handicap, scolarizzazione immigrati).

Il suo obiettivo principale è essere una concreta risposta al bisogno concreto individuato con la consapevolezza di essere uno strumento educativo che propone uno stile di vita basato sulla condivisioneDIF

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Page 229: Caritas

229

ESC

CENTRO DI ASCOLTOCARITAS

È uno strumento di Carità,

antenna dei bisogni del

territorio, punto di

riferimento per le persone

in difficoltà.

È uno strumento

pastorale, emanazione

della Comunità cristiana.

È luogo di elaborazione di

un vissuto evangelico di

ascolto, di condivisione.

È l'organo pastorale delle

Diocesi che ha il compito di:

coinvolgere la Comunità

cristiana affinché realizzi la

testimonianza della Carità

sul territorio in cui è

inserita;

stimolare la Comunità ad

approfondire i fondamenti

evangelici della Carità.

IDENTITÀ E MOTIVAZIONIId

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Page 230: Caritas

230

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CENTRO DI ASCOLTOCARITAS

Accoglie, ascolta, orienta e

si fa carico delle persone in

difficoltà.

Individua i bisogni espressi e

latenti presenti sul territorio.

Diffonde cultura di

solidarietà, suscita il senso

della centralità della persona

nella Comunità cristiana e in

tutta la società.

La sua funzione è "prevalentemente

pedagogica".

Suo obiettivo prioritario è la sensibilizzazione e la formazione della Comunità cristiana alla Carità in forme consone ai bisogni e ai segni dei tempi.

Cura il coordinamento delle iniziative e delle opere caritative di ispirazione cristiana, fungendo da coscienza critica.

Indaga per conoscere i bisogni emergenti o sommersi dei territorio.

OBIETTIVI E FUNZIONIO

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Page 231: Caritas

231

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CENTRO DI ASCOLTOCARITAS

È un gruppo di lavoro con competenze differenziate in cui si esprime la corresponsabilità e la complementarietà della Chiesa tramite l'accoglienza, l'ascolto e la presa in carico delle persone in difficoltà.

Si dota di un progetto operativo che definisca identità, motivazioni, obiettivi e funzioni.

Può costituirsi in Associazione e avvalersi della collaborazione di operatori professionisti.

La Caritas si articola sul territorio diocesano attraverso:

Referenti parrocchialireferenti vicariali, commissioni vicariali e parrocchiali

che si riferisconodirettamente

ai consigli ai consigli

pastorali.pastorali.

STRUTTURE E ORGANIZZAZIONES

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CENTRO DI ASCOLTOCARITAS

Il colloquio e la registrazione

del colloquio su schede.

La mappatura delle risorse e

la documentazione.

La verifica e la formazione.

Il lavoro di rete.

Il Centro di Ascolto

l'Osservatorio Permanente

delle Povertà e delle Risorse.

MEZZI E STRUMENTIM

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Gu

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Guida

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Fin

e

FineFinePer la realizzazione di questa

pubblicazione si ringrazia per la gentile collaborazione:Anna Falco

Francesco Ferrara

Alfredo Giannelli

Antonio Giannelli

Pasquale Soleo

Vito Vavalle

e gli O.d.C. dell’Ufficio Caritas