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LANATI ET AL. , CARATTERIZZAZIONE POLIFENOLICI ED AROMATICA DI VINI BARBERA, PAG. 1 WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2006, N. CARATTERIZZAZIONE POLIFENOLICA ED AROMATICA DI VINI BARBERA Donato LANATI, Dora MARCHI Enosis Meraviglia Articolo tratto dalla relazione presentata al Convegno Internazionale sul BARBERA, Alessandria, venerdì 2 dicembre 2005 Insieme al Nebbiolo, e forse più di questo, il Barbera rappresenta il vitigno più classico ma anche il più popolare del Piemonte. La sua fama si estende anche alle regioni limitrofe, dove viene coltivato e vinificato in abbinamento con altri vitigni che, di solito, hanno caratteristiche compositive opposte. Si tratta di una cultivar tardiva, fortemente condizionata dall’ambiente, facilmente attaccabile dalla Botrytis, dotata di acini mediamente grossi e colorati e di un succo che difficilmente perde la sua forte acidità. È un buon produttore di zuccheri, che possono raggiungere tenori molto elevati anche in condizioni di acidità sostenuta del succo (basso pH e alta acidità totale). Il tenore in acido malico del mosto permane sempre importante. A differenza del Nebbiolo e delle altre varietà piemontesi, le uve di questa cultivar sono poco tanniche, ma ricche di antociani, sensibilmente acide anche a maturità avanzata che viene raggiunta solo nelle posizioni più soleggiate e dotate di maggior luminosità. La fama di cultivar poco tannica gli deriva dal fatto che abitualmente le uve venivano raccolte quando ancora erano lontane dalla maturità e quando venivano coltivate con sensibili carichi produttivi. In queste condizioni, effettivamente il tenore in tannini dei vini risulta molto modesto (a stento supera 1 g/L). L’esame di uve provenienti da vigneti collinari ben esposti e con limitati carichi produttivi ha mostrato, tuttavia, che anche questa cultivar è in grado di sintetizzare quantità importanti di tannini, sebbene a livelli nettamente inferiori rispetto al Nebbiolo e al Dolcetto, per citare solo i due vitigni quantitativamente più importanti del Piemonte, dopo quello in questione. I vini Barbera comuni reperibili sul mercato risentono della scarsa dotazione in tannini: ciò si traduce in una scarsa sensazione di corpo e in una magrezza eccessiva al gusto, e in un colore che perde rapidamente le tonalità blu per assumere quelle rosso rubino, spesso mattonato. Quello che si nota al gusto viene confermato dalla sensazione olfattiva quasi sempre neutra. Questo vitigno, pertanto, può dare due tipi di vini nettamente diversi: con le uve di grande qualità è possibile produrre sia vini giovani, sia vini da lunga conservazione, mentre con uve di qualità media o modesta solo vini giovani, gradevoli, a patto di interventi pesanti per modificare l’acidità e per aumentare la dotazione in tannini, particolarmente carenti in queste uve. Si può ancora osservare che il vitigno Barbera impersona uno stereotipo comune nei territori vitivinicoli italiani. Basti pensare al Negramaro della Puglia o al Nero d’Avola della Sicilia, per citare i più noti. Solo a maturità spinta e con una corretta viticoltura queste cultivar riescono a rendere estraibili i propri tannini e a perdere l’eccessiva acidità che li caratterizza. Polifenoli Dal punto di vista compositivo, si riscontra che il profilo antocianico del Barbera è dominato dalle forme trisostituite (i 3-glucosidi della malvidina, della delfinidina e della petunidina). Gli antociani acilati, di solito, sono sensibilmente rappresentati e con rapporto acetati/cinnamati maggiore di uno Fig.1.

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CARATTERIZZAZIONE POLIFENOLICA ED AROMATICA DI VINI BARBERA Donato LANATI, Dora MARCHI Enosis Meraviglia Articolo tratto dalla relazione presentata al Convegno Internazionale sul BARBERA, Alessandria, venerdì 2 dicembre 2005 Insieme al Nebbiolo, e forse più di questo, il Barbera rappresenta il vitigno più classico ma anche il più popolare del Piemonte. La sua fama si estende anche alle regioni limitrofe, dove viene coltivato e vinificato in abbinamento con altri vitigni che, di solito, hanno caratteristiche compositive opposte. Si tratta di una cultivar tardiva, fortemente condizionata dall’ambiente, facilmente attaccabile dalla Botrytis, dotata di acini mediamente grossi e colorati e di un succo che difficilmente perde la sua forte acidità. È un buon produttore di zuccheri, che possono raggiungere tenori molto elevati anche in condizioni di acidità sostenuta del succo (basso pH e alta acidità totale). Il tenore in acido malico del mosto permane sempre importante. A differenza del Nebbiolo e delle altre varietà piemontesi, le uve di questa cultivar sono poco tanniche, ma ricche di antociani, sensibilmente acide anche a maturità avanzata che viene raggiunta solo nelle posizioni più soleggiate e dotate di maggior luminosità. La fama di cultivar poco tannica gli deriva dal fatto che abitualmente le uve venivano raccolte quando ancora erano lontane dalla maturità e quando venivano coltivate con sensibili carichi produttivi. In queste condizioni, effettivamente il tenore in tannini dei vini risulta molto modesto (a stento supera 1 g/L). L’esame di uve provenienti da vigneti collinari ben esposti e con limitati carichi produttivi ha mostrato, tuttavia, che anche questa cultivar è in grado di sintetizzare quantità importanti di tannini, sebbene a livelli nettamente inferiori rispetto al Nebbiolo e al Dolcetto, per citare solo i due vitigni quantitativamente più importanti del Piemonte, dopo quello in questione. I vini Barbera comuni reperibili sul mercato risentono della scarsa dotazione in tannini: ciò si traduce in una scarsa sensazione di corpo e in una magrezza eccessiva al gusto, e in un colore che perde rapidamente le tonalità blu per assumere quelle rosso rubino, spesso mattonato. Quello che si nota al gusto viene confermato dalla sensazione olfattiva quasi sempre neutra. Questo vitigno, pertanto, può dare due tipi di vini nettamente diversi: con le uve di grande qualità è possibile produrre sia vini giovani, sia vini da lunga conservazione, mentre con uve di qualità media o modesta solo vini giovani, gradevoli, a patto di interventi pesanti per modificare l’acidità e per aumentare la dotazione in tannini, particolarmente carenti in queste uve. Si può ancora osservare che il vitigno Barbera impersona uno stereotipo comune nei territori vitivinicoli italiani. Basti pensare al Negramaro della Puglia o al Nero d’Avola della Sicilia, per citare i più noti. Solo a maturità spinta e con una corretta viticoltura queste cultivar riescono a rendere estraibili i propri tannini e a perdere l’eccessiva acidità che li caratterizza. Polifenoli Dal punto di vista compositivo, si riscontra che il profilo antocianico del Barbera è dominato dalle forme trisostituite (i 3-glucosidi della malvidina, della delfinidina e della petunidina). Gli antociani acilati, di solito, sono sensibilmente rappresentati e con rapporto acetati/cinnamati maggiore di uno Fig.1.

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Figura 1

Si assiste a una modesta variabilità nelle percentuali relative delle singole antocianine semplici o acilate, in dipendenza dal livello di maturità dell’uva, dall’ambiente e dalle pratiche colturali. Tale variabilità, comunque, è sempre molto inferiore a quanto si riscontra per le cultivar a prevalenza di antociani disostituiti (ad es.Nebbiolo). La variazione più importante riguarda la diminuzione della percentuale degli antociani acilati. Il tenore in tannini delle bucce dell’uva Barbera normalmente supera quello estraibile dai semi. I tannini dei semi non sono totalmente estraibili, ma il loro tenore complessivo è comunque abbastanza elevato come risulta dai dati delle catechine monomere e delle procianidine dimere e dalle forme gallate di questi composti. Il tenore dei flavani estraibili dai semi diminuisce sensibilmente durante la maturazione per poi aumentare prima della raccolta. Anche il contenuto complessivo in catechine monomere e in procianidine dimere diminuisce durante la maturazione per poi aumentare leggermente nella fase finale di questo processo. Il peso molecolare dei flavani (in maggioranza tannini) delle bucce è particolarmente alto, come si deduce dal basso valore del rapporto V/P (flavani rattivi alla vanillina/proantocianidine). Altra caratteristica del Barbera è il tenore elevato in acidi idrossicinnamici del succo e della polpa. Questi si ritrovano in quantità importante anche nel vino in quanto le reazioni di ossidazione enzimatiche a livello di mosto sono contenute, a meno che non sia presente laccasi da Botrytis cinerea. Durante la maturazione dell’uva si osserva una diminuzione continua e una prevalenza dell’acido caffeil tartarico sul p-cumaril tartarico soprattutto nell’uva meno matura. L’acido ferulil tartarico è sempre presente in quantità modesta. Fra i flavonoli delle bucce prevalgono le forme glicosilate della quercetina ma importante risulta anche il tenore di miricetina-3-glucoside. Durante la maturazione si osserva, inoltre, un incremento della miricetina e del campferolo e una diminuzione delle forme glicosilate della quercetina. Pectine E’ interessante ricordare che le pectine del Barbera sono ricche di omogalatturonani i quali subiscono una idrolisi completa durante la fermentazione. Forse per questo motivo le bucce delle uve di questa cultivar, alla fine della fermentazione, sono molto deboli, molto più di quelle del Nebbiolo. Questa caratteristica è messa in luce dal contenuto in acido galatturonico e in alcol metilico dei vini. Probabilmente, si deve allo scarso tenore in polifenoli e in colloidi provenienti dall’idrolisi delle pectine delle bucce il minor tenore in potassio dei vini Barbera rispetto a quelli di altre cultivar (ad es. Nebbiolo). Se si escludono i prodotti di qualità elevata, i vini Barbera sono di

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corpo modesto, mostrano un’acidità aggressiva e, in bocca, non danno sensazione di “grasso”. Durante l’affinamento si comportano in modo del tutto particolare: non essendo necessario un abbattimento dell’astringenza, per la scarsa dotazione in tannini, ed essendo basso il pH, l’evoluzione degli antociani è diversa da quanto si osserva nei vini ricchi di tannini. Aromi La dotazione in aromi delle uve di questa cultivar, sia a livello di bucce che di polpa, è piuttosto modesta. Difficilmente, infatti, si possono riscontrare nel vino aromi varietali caratteristici. Solo durante l’invecchiamento, proprio a causa del basso pH, si ha una rapida evoluzione dell’aroma verso note catramose che vengono attenuate se il vino subisce una disacidificazione chimica e biologica. Tutto questo è coerente con la maggior importanza dei norisoprenoidi rispetto ai composti terpenici e ai benzenoidi nel profilo aromatico di questa cultivar. Nei Barbera elaborati un tempo artigianalmente, tuttavia, era possibile rilevare aromi di frutta conservata, di marmellata, di ciliegia, dovuti, probabilmente, al fatto che le uve raccolte manualmente durante la giornata, erano lasciate sui carri, coperti da teloni impermeabili, fino alla pigiatura che avveniva a raccolta ultimata. In queste condizioni il mosto che si originava dalla rottura degli acini posti nella parte più bassa iniziava a fermentare e le uve della parte più alta restavano in atmosfera di anidride carbonica, sufficiente ad indurre i processi di macerazione carbonica con produzione di benzenoidi che, nel vino, venivano percepiti come aromi di frutta conservata. Qualità dei vini, maturazione e influenze colturali e ambientali Dal vitigno Barbera possono essere prodotti vini molto diversi: tutto dipende dalla qualità dell’uva di partenza. Le esperienze effettuate fino ad ora dimostrano che questa cultivar è molto sensibile all’andamento climatico dell’annata, alla zona e alle pratiche colturali. Se le temperature estive sono moderate, la maturazione viene spostata verso l’autunno. Una raccolta precoce ha come conseguenza che la sintesi degli antociani non si è completata, i polifenoli della buccia non si sono evoluti verso forme a più alto peso molecolare, le reazioni idrolitiche a carico dei polisaccaridi parietali sono avvenute in modo insufficiente e, probabilmente, non si è formata una quantità sensibile di complessi polisaccaridi tannini, glicoproteine tannini a cui si attribuisce molta importanza nella formazione di molecole stabili e nell’estraibilità durante la macerazione. Proprio in queste condizioni, la cessione di antociani e tannini durante la macerazione sarà sensibilmente limitata, il pH del succo sarà molto basso (intorno a 3.00) l’acidità avrà una forte componente malica. Questi problemi per il Barbera sono molto più critici che per altre cultivar (ad es. quelle precoci) per le quali, comunque, il periodo in cui avviene la sintesi degli antociani è caratterizzato da maggior energia e maggiore luminosità. A differenza di quanto avviene per le cultivar a maturazione precoce, la raccolta delle uve Barbera che non hanno conseguito un buon livello di maturità non consente la produzione di vini di qualità ma di vini che necessitano di aggiustamenti del pH, che resteranno comunque “magri” e che possono essere adibiti solo all’elaborazione di prodotti da bere giovani. Le pratiche colturali similmente condizionano la qualità dei vini in quanto questa cultivar è, come tante altre autoctone, molto produttiva e la diluizione certamente non avvantaggia la scarsa dotazione in tannini e la resistenza agli attacchi botritici, sempre possibili considerato il periodo in cui avviene la maturazione. La sua coltivazione nelle zone fertili può soltanto consentire la produzione di vini giovani, ottenuti con interventi correttivi più o meno forti. L’ambiente per questa cultivar riveste notevole importanza per i riflessi climatici, per la fertilità del suolo e per l’energia disponibile (esposizione). Pare evidente che, anche nelle colline meno fertili, è necessario che il vigneto sia esposto in modo da catturare la maggior quantità di luce e di energia possibile per la sintesi dei metaboliti primari e secondari. Come sopra si è accennato, questa cultivar è potenzialmente in grado di sintetizzare, in condizioni di coltivazione ottimali, elevati tenori di zuccheri. Per la sua tenuta acida, è possibile raccogliere l’uva quando il tenore in zuccheri è molto elevato. Se le condizioni climatiche lo consentono e se gli attacchi parassitari sono contenuti, è anche possibile spostare la vendemmia nel tempo, tanto da poter realizzare contenuti in zuccheri corrispondenti ad alcoli potenziali maggiori del 15 % vol. Questo è possibile solo se l’uva ha una buona resistenza agli attacchi dei parassiti, caratteristiche certamente non

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proprie di uve coltivate per raggiungere elevati livelli produttivi. Ecco perché la produzione di uva per pianta deve essere contenuta e le esposizioni devono essere quelle a più alta energia. Sarebbe un errore coltivare il Barbera in posizioni poco soleggiate o ad altezze che esaltano la sua tardività. Pare proprio che non ci sia possibilità di scelta: se si vuole produrre un vino di qualità è necessario raggiungere un elevato grado di concentrazione del succo in modo che il rapporto bucce/polpa (parti solide/succo) sia il più alto possibile, far avvenire in modo ottimale le reazioni biosintetiche e idrolitiche, raggiungere livelli di zuccheri che si traducano in una quantità di alcol sufficientemente alta da consentire una buona estrazione degli antociani e dei tannini dalle bucce. Il Barbera, infatti, si comporta in modo diverso da altre cultivar, non cede gli antociani e, a maggior ragione, i tannini in fase acquosa ma in fase alcolica. Solo i vini dotati di tenori in alcol piuttosto alti (ad es. maggiori di 13 % vol.) possiedono tenori di antociani e tannini appena sufficienti per superare un processo di affinamento e per sviluppare caratteri sensoriali di “grasso” e di corpo. Dalle analisi effettuate sui vini che hanno partecipato al concorso internazionale del Barbera tenutosi in Alessandria nel 2005, si è ottenuto un profilo dei vini provenienti totalmente o in parte da questa cultivar. Le differenze analitiche riscontrate tra i vini sono dovute a numerose cause tra cui annata, zona, andamento climatico, modalità di allevamento e di vinificazione; inoltre ci sono differenze dovute anche ai diversi disciplinari di produzione. Il disciplinare del Barbera d’Asti e Monferrato prevede che il vino provenga da i seguenti vitigni: Barbera dall’85 al 100%; Freisa, Grignolino e Dolcetto da soli o congiuntamente, fino al massimo del 15%. Il disciplinare del Barbera d’Alba prevede che il vino sia prodotto da uve Barbera d’Alba. E’ consentita comunque la correzione del mosto o del vino con uve, mosto o vino Nebbiolo. Il disciplinare del Barbera dei Colli Piacentini prevede che il vino sia ottenuto dal vitigno Barbera almeno per l’85%; all’altro 15% possono concorrere anche le uve a bacca di colore rosso, non aromatiche, raccomandate e/o autorizzate tra cui croatina, Pinot nero e molte altre. Grado alcolico I risultati riportati in Tab. 1 mostrano che i vini Barbera esaminati possiedono contenuti in alcol sensibili.

Tabella 1

La media generale di questo parametro è, infatti, di 13,95% vol con una dispersione dei dati non molto elevata (deviazione standard: 0,82, CV%: 5,90). Pare evidente, da questa caratteristica, che i vini Barbera di qualità vengano prodotti, generalmente, da uve che hanno accumulato una quantità di zuccheri elevata, in quanto solo a questo livello della sintesi zuccherina, corrisponde anche una elevata sintesi di antociani e una buona estraibilità degli antociani e dei tannini durante la fermentazione. Per i vini 2003 è probabile anche che il contenuto elevato di zuccheri, sia talvolta dovuto, oltre che ai processi biosintetici, anche alla disidratazione che l’acino può aver subito a causa delle elevate temperature che si sono registrate nell’estate di quell’anno. Il ridotto volume dell’acino indotto dagli stress termici e idrici di quel periodo, deve anche aver consentito di realizzare un aumento del rapporto parti solide/mosto con una maggior concentrazione nel vino di metaboliti secondari. Tuttavia, anche nei vini del 2001, 2002 e 2004 si osserva una composizione simile la quale, evidentemente, è dovuta ad una maturazione spinta delle uve che, nel caso del Barbera dei Colli Piacentini ha raggiunto la massima espressione. Questo vino, infatti presenta un grado alcolico di 15,12% vol, mentre la media dei valori di tale parametro è 14,00 nei Barbera d’Asti, di 14,18 nei Barbera d’Alba e 12,97 nei Barbera del Monferrato. Estratto non riduttore Il valore medio dell’estratto non riduttore di 28,48 g/L è piuttosto elevato (Tab.2). Come per il grado alcolico, anche per questo parametro, il Barbera d’Alba presenta il valore più alto (29,92 g/L) seguito dal Barbera d’Asti (28,28 g/L) e dal Barbera del Monferrato (26,33 g/L). Il Barbera dei Colli

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Piacentini, stranamente per un vino molto concentrato, presenta un valore dell’estratto (27,9 g/L) inferiore alla media generale. La dispersione dei dati per questo parametro (CV%: 8,30) è maggiore di quanto visto per l’alcol.

Tabella 2 Acidità totale e pH Riguardo ai parametri legati all’acidità (Tab.3), si osserva che la totalità dei Barbera presenta una acidità totale media di 5,94 g/L (CV% 9,46) e un pH medio (Tab.4) di 3,42 (CV% 2,61). Si ha pertanto una certa omogeneità dei dati. Questi valori mostrano che la media dei vini è stata ottenuta da uve mature, nelle quali si è realizzato un consumo di acido malico e una salificazione degli acidi liberi con corrispondente diminuzione dell’acidità totale e del pH. Inoltre, dal punto di vista sensoriale, essi sono in linea con prodotti dal gusto pieno e maturo. È ben noto, infatti, che i Barbera da uve non mature sono dotati di un gusto acido aggressivo che per essere limitato richiede interventi di disacidificazione chimica oltre che biologica.

Tabella 3

Tabella 4 Acidità volatile L’acidità volatile media (Tab.5) dell’insieme dei Barbera è 0,64 g/L, quella dei Barbera d’Asti 0,56 g/L, dei Barbera d’Alba 0,69 g/L, dei Barbera del Monferrato 0,72 g/L e del Barbera dei Colli Piacentini 0,77 g/L. Malgrado le più basse gradazioni alcoliche, i Barbera del Monferrato presentano allora le più alte acidità totali medie. I Barbera d’Asti, di conseguenza, sono i vini elaborati con una attenzione maggiore. All’interno dell’intera popolazione e dei singoli gruppi, tuttavia, la dispersione è molto elevata, con una tendenza a raggiungere i valori più alti nella tipologia “superiore”. Pare evidente che la maggior gradazione alcolica e la maggior importanza dei singoli vini, di solito, porta a valori più alti di questo parametro.

Tabella 5 Acidi fissi Riguardo agli acidi fissi (Tab.6), si può notare che la media generale è molto simile alle medie dei singoli gruppi per l’acido tartarico, mentre differisce per l’acido lattico per il quale si osservano valori delle singole classi di vini in linea con quanto sopra osservato per la maturità dell’uva.

Tabella 6

Si nota infatti che il valore più basso di quest’ultimo acido è quello del Barbera dei Colli Piacentini, seguito in ordine crescente da quello dei Barbera d’Asti e dei Barbera d’Alba, per arrivare al valore massimo dei Barbera del Monferrato, per i quali si è ipotizzata l’origine da uve meno mature. Considerato che l’acido lattico è diretta espressione dell’acido malico dei mosti, si conferma che le uve con cui è stato ottenuto il Barbera dei Colli Piacentini avevano raggiunto il più alto livello di maturità. Contenuto polifenolico Dall’esame dei dati dei polifenoli, si ricava che la media del tenore in antociani (Tab.7) dell’intero insieme dei Barbera è di 220,2 mg/L con una elevata dispersione dei dati (CV% 32,87).

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Tabella 7

Le medie di questo parametro all’interno dei singoli gruppi sono: 231,75 g/L per il Barbera d’Asti, 195,33 g/L per il Barbera d’Alba, 180,0 g/L per il Barbera del Monferrato e 398,0 g/L per il Barbera dei Colli Piacentini. La dispersione dei valori all’interno dei singoli gruppi è tuttavia altrettanto elevata che nell’intera popolazione, senza particolari tendenze fra tipologie “normale” e “superiore” e fra composizione più o meno importante. Fa eccezione il Barbera del Monferrato in cui, come normalmente accade, il vino più giovane è anche il più ricco di antociani, il più vecchio il più povero. Il valore più alto di questo parametro viene raggiunto nel Barbera dei Colli Piacentini che è anche il vino con grado alcolico più alto, ma anche il valore medio del tenore in antociani dei Barbera d’Asti è superiore a quello dell’intera popolazione. Considerato che il livello di maturità delle uve nei Barbera d’Asti e nei Barbera d’Alba era confrontabile, si deve ipotizzare un diverso stile di affinamento dei produttori delle due zone, oltre a una influenza della zona sulla sintesi di questi composti. Una situazione analoga a quella vista per gli antociani totali si osserva per l’insieme dei polifenoli flavonoidi (Tab.8): media generale 1709,1 mg/L, Barbera d’Asti 1776,5 mg/L, Barbera d’Alba 1719,2 mg/L, Barbera del Monferrato 1391,7 mg/L e Barbera dei Colli Piacentini 2061,0 mg/L. I Barbera del Monferrato, di conseguenza, si discostano nettamente dai Barbera delle altre zone sia per la maturità delle uve, sia per la composizione polifenolica.

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Tabella 8

L’intensità colorante delle singole tipologie di vini non è in linea con i dati degli antociani e dei polifenoli flavonoidi sopra discussi. Si osserva, infatti, che la media generale di questo parametro è 12,02 (CV% 28,06), quella dei Barbera d’Asti 11,52, dei Barbera d’Alba 12,39, dei Barbera del Monferrato 10,32 e del Barbera dei Colli Piacentini 18,82. Analogo trend si osserva per il contenuto in proantocianidine (tannini) la cui media generale è 2223,1 mg/L (CV% 33,26) e per i Barbera d’Asti 2082,1 mg/L, per i Barbera d’Alba 2267,2 mg/L, per i Barbera del Monferrato 1900,7 mg/L e per il Barbera dei Colli Piacentini 4054,0 mg/L. La reattività alla vanillina presenta un valore medio della popolazione di 1159,3. Per i singoli gruppi di vini si ha: 2410,0 per il Barbera dei Colli Piacentini, 1210,4 per i Barbera d’Asti, 1083,2 per i Barbera d’Alba e 758,3 per i barbera del Monferrato. Anche il rapporto V/P segue lo stesso trend con il valore più alto nel Barbera dei Colli Piacentini e il più basso nei Barbera del Monferrato. I dati delle proantocianidine, della vanillina e del rapporto V/P indicano che il contributo dei polifenoli dei semi diminuisce passando dal Barbera dei Colli Piacentini ai Barbera del Monferrato. Trattandosi in quest’ultimo caso di vini da uve che non hanno raggiunto un livello completo di maturità, si deve ammettere che la durata della macerazione è stata diversa e che non sempre l’estraibilità dei tannini dei semi è legata al livello di maturità dell’uva. Anzi si riscontra che verso la fine del processo di maturazione aumenta l’estraibilità dei composti in questione da questi organi. Riguardo ai Barbera del Monferrato si osserva, inoltre, che il vino del 2003 presenta il valore più alto del rapporto V/P (0,61), mentre in quelli delle annate precedenti non si raggiunge 0,3. Tutto questo potrebbe essere correlato con il maggior livello qualitativo del vino del 2003 (almeno dal punto di vista compositivo). Sembrerebbe che il colore più intenso, in media, sia legato al contenuto in tannini, oltre che a quello in antociani. Il Barbera dei Colli Piacentini, comunque, è quello che presenta i valori più alti dei singoli parametri, i Barbera del Monferrato, i più bassi. La dispersione dei valori all’interno dei singoli gruppi è altrettanto elevata che per l’intera popolazione. Pare interessante notare, inoltre, che nei Barbera del Monferrato i valori dell’intensità colorante seguono il trend degli antociani e dei flavonoidi totali, con i livelli più bassi nel vino più vecchio. Seguono abbastanza i dati delle proantocianidine le intensità coloranti dei Barbera d’Asti, senza alcuna apparente distinzione fra le tipologie “normale” e “superiore”. Lo stesso si riscontra nei Barbera d’Alba. Riguardo alla tonalità si osserva una maggiore omogeneità, essendo la media generale 0,76, quella del Barbera d’Asti 0,74, del Barbera d’Alba 0,78, del Barbera del Monferrato 0,79 e del Barbera dei Coli Piacentini 0,66. Considerato il periodo di affinamento che hanno subito i vini, si può ritenere che i valori di questo parametro non siano elevati, cosa che sta ad indicare che il colore è di buona qualità con limitate componenti brune. Qualche preoccupazione può essere espressa per i Barbera del

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Monferrato la cui tendenza ad assumere tonalità brune è evidente ed è accentuata dalla loro debole struttura polifenolica. Generalmente, i valori più alti di questo parametro, come atteso, sono quelli dei vini più vecchi. Considerato che il colore dei vini è dovuto soprattutto al contributo dei pigmenti polimeri evoluti (dTAT generalmente maggiore del 50%), i valori della tonalità colorante minori dell’unità, garantiscono che il colore sia brillante con tinte che vanno dal rosso granato al rosso rubino, a volte anche con sfumature blu. In tutti i vini sono presenti ancora antociani monomeri. Il loro tenore medio nell’insieme complessivo è 52,1 mg/L con un’ampia dispersione dei valori (CV% 52,74). I valori medi dei singoli gruppi sono: per il Barbera d’Asti 59,75 mg/L, per il Barbera d’Alba 39,8 mg/L, per il Barbera del Monferrato 45,5 mg/L e per il Barbera dei colli Piacentini 84,1 mg/L. Come atteso, i valori più bassi di questo parametro si ritrovano nei vini più vecchi (2001 e 2002). Le percentuali medie dei singoli antociani non acilati e degli acilati divisi in acetati e cinnamati, riferiti alla popolazione e ai singoli gruppi, sono riportate nella stessa tab. 1. Si osserva che la media generale differisce poco dalle medie dei singoli gruppi indicando che, sostanzialmente, il profilo varietale, modificato dal processo fermentativo, si mantiene inalterato al variare della zona e delle tecniche produttive. Rispetto al profilo antocianico dell’uva, si osserva nei vini una minor percentuale di delfinidina, di cianidina, di acetati e di cinnamati, mentre è simile la percentuale della petunidina e maggiori quelle della peonidina e della malvidina. Inoltre, non sempre il rapporto acetati/cinnamati è maggiore di uno. Queste variazioni sono coerenti con le reazioni che avvengono durante la pigiatura dell’uva e durante la fermentazione, Infatti, si ossidano più facilmente gli antociani che contengono nell’anello laterale ossidrili fenolici vicinali, facendo crescere in percentuale la malvidina (che è l’antociano più stabile nei riguardi delle reazioni di ossidazione – riduzione accoppiate), gli acetati si idrolizzano nel tempo e i cinnamati vengono estratti in misura minore degli altri antociani. Ci si sarebbe aspettati percentuali minori della peonidina e della petunidina che, generalmente, vengono coinvolte nelle reazioni enzimatiche suddette. Aromi varietali Composti terpenici Riguardo agli aromi varietali sotto forma glicosilata, si osserva che la media della somma dei contenuti degli alcoli terpenici monoidrossilati e glicosilati pari a 139,4 µg/L è molto simile a quella dei singoli gruppi dei vini: 136,5 µg/L per i Barbera d’Asti, 143,0 µg/L per i Barbera d’Alba, 134,7 µg/L per il Barbera del Monferrato e 73,3 µg/L per il Barbera dei colli Piacentini. Pare evidente che le differenze fra i singoli gruppi, se si esclude il Barbera dei Colli Piacentini, sono modeste. I singoli valori con cui sono state costruite le medie, comunque, risentono di una forte dispersione che rende difficile qualsiasi giudizio sulle differenze all’interno dei gruppi. Si tratta, chiaramente, di una cultivar in cui il contributo dei composti terpenici all’aroma potenziale del vino è molto limitato o, addirittura, insignificante. Norisoprenoidi Le stesse considerazioni possono essere svolte per i norisoprenoidi, per i quali, la media generale di 423,0 µg/Lappare diversa da quella dei singoli gruppi: 397,6 µg/L per i Barbera d’Asti, 473,3 µg/L per i Barbera d’Alba, 468,0 µg/L per i Barbera del Monferrato e 185,9 µg/L per il Barbera dei Colli Piacentini. Da questi valori si deduce che anche il contributo dei norisoprenoidi all’aroma potenziale del vino risulta limitato, a meno che dalla loro idrolisi e successiva trasformazione si originino composti dalla soglia olfattiva particolarmente bassa. Alcanoli Anche per gli alcanoli la media generale non differisce in misura sensibile da quella dei singoli gruppi. Questi composti sono di scarsa importanza aromatica e comunque, il loro tenore è troppo basso perché possano svolgere un ruolo anche modesto nella formazione dell’aroma dei vini. Benzenoidi Diverso è il caso dei benzenoidi per i quali la media generale di 549,3 µg/L è diversa da quella dei Barbera d’Asti (593,7 µg/L), dei Barbera d’Alba (715,2 µg/L), dei Barbera del Monferrato (238,6 µg/L) e del barbera dei Colli Piacentini (195,5 µg/L). I Barbera d’Alba risultano i vini più ricchi di benzenoidi, mentre il Barbera dei Colli Piacentini il più povero. Considerato che quest’ultimo vino presenta la composizione più importante per un vino da lunga conservazione, e per un Barbera in particolare, e che questo vino è il più povero in aromi varietali, si deve dedurre dai dati sui

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precursori d’aroma che questi composti, alle concentrazioni rilevate, abbiano una scarsa importanza come aromi potenziali per questi vini. Aromi di fermentazione, aromi varietali liberi ed aromi esogeni Esteri di fermentazione Riguardo agli aromi liberi si osserva, come atteso, che gli esteri di fermentazione sono presenti in tutti i campioni in tenori piuttosto bassi per dare un significativo contributo sensoriale, a meno che non si ipotizzino azioni sinergiche. In particolare, la media della somma degli acetati degli alcoli superiori (331,0 µg/L), diversa da quella dei singoli gruppi, indica una forte dispersione dei dati (CV% 28,7). Il Barbera dei Colli Piacentini presenta il valore medio più alto (470,3 µg/L), seguito dai Barbera d’Asti (355,9 µg/L), dai Barbera d’Alba (308,7 µg/L) e dai Barbera del Monferrato col valore più basso (262,5 µg/L). Questi risultati sono diversi da quelli attesi in quanto ci si sarebbe aspettati un maggior tenore di questi composti nei vini meno complessi che fondano i propri pregi sull’aroma fruttato. Evidentemente, sulla loro produzione ha anche una influenza importante il grado alcolico raggiunto. La situazione cambia per gli esteri etilici degli acidi grassi a media catena, pur restando bassi i loro contenuti trattandosi di vini rossi. La media generale è 395,7 µg/L con una forte dispersione dei dati (CV% 23,1), mentre quella dei singoli gruppi, in ordine decrescente è: per il Barbera dei Colli Piacentini 448,6 µg/L, per i Barbera del Monferrato 419,0 µg/L, per i Barbera d’Alba 408,9 µg/L e per i Barbera d’Asti 370,4 µg/L. Pare evidente che sono diversi i fattori che influenzano la presenza degli esteri acetici e degli esteri etilici: i primi possono essere prodotti dai lieviti e da reazioni di esterificazione, a causa dell’aumento dell’acido acetico durante l’affinamento, mentre per i secondi l’esterificazione è poco importante a causa dei bassi tenori degli acidi grassi a media catena presenti nel mezzo. Anche l’importanza sensoriale di questi composti, a meno di azioni sinergiche, risulta molto modesta. Composti esogeni I furani e i lattoni di quercia sono indicatori del contatto del vino con il legno di rovere. Dalla tab. 3 si osserva che la media generale dei furani è di 429,7 µg/L, mentre le medie delle singole tipologie di Barbera, in ordine decrescente, sono: 1221,2 µg/L per il Barbera dei Colli Piacentini, 538,6 µg/L per i Barbera d’Asti, 303,4 µg/L per i Barbera d’Alba e 128,2 µg/L per i Barbera del Monferrato. Per i lattoni di quercia la media generale è di 120,4 µg/L, mentre quella delle singole classi di vini è: 229,7 µg/L per il Barbera dei Colli Piacentini, 137,4 µg/L per i Barbera d’Alba, 126,7 µg/L per i Barbera d’Asti e 33,3 µg/L per i Barbera del Monferrato. Si dovrebbe dedurre che siano state utilizzate per l’affinamento botti nuove nel caso del Barbera dei Colli Piacentini, botti nuove e di uso limitato per i Barbera d’Asti e d’Alba e botti vecchie per i Barbera del Monferrato. L’esame dei dati a livello dei singoli vini mostra, tuttavia, che i Barbera d’Asti 253 – 82 e 38 , i Barbera d’Alba 286 e 290 e i Barbera del Monferrato 202 e 150 sono stati affinati in botti vecchie o parte in botti vecchie e parte in botti usate. I vini finalisti del concorso appartenenti alla prima categoria dove rientravano i Barbera d’Alba, i Barbera Monferrato, i Barbera d’Asti e i Barbera dei Colli Piacentini di diverse annate sono stati messi a confronto dal punto di vista analitico. E’ stato proposto un sistema di visualizzazione e confronto sotto forma di immagini. Il gusto, il colore e la struttura dei vini è stata rappresentata da un pupazzo: l’intensità colorante è rappresentata dalla lunghezza dei piedi, gli antociani dalla lunghezza delle gambe, l’estratto e l’alcool rispettivamente dalla grandezza del corpo e della testa del pupazzo, la polimerizzazione dalla grandezza del papillon e i polifenoli dal cappello a cilindro.

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Figura 2

La Fig. 2 mostra 12 pupazzi, dalla forma e dalle dimensioni si vede chiaramente la potenzialità di alcuni Barbera d’Alba, l’equilibrio e l’armonia dei Barbera d’Asti, l’eleganza dei Barbera Monferrato, meno potenti ma molto proporzionati. La componente aromatica è stata rappresentata sotto forma di fiori. I petali rappresentano alcune classi di aromi liberi identificate da colori diversi: esteri di invecchiamento, esteri e acetati, terpeni e norisoprenoidi, furani e lattoni, alcoli e benzenoidi. La parte centrale della corolla rappresenta la sommatoria degli aromi liberi. Le foglie ai piedi del fiore rappresentano alcune classi degli aromi glicosilati: norisoprenoidi, terpeni e norisoprenoidi. La Fig. 3 mette in evidenza appunto la parte aromatica. La presenza del petalo che rappresenta furani e lattoni dà indicazioni concrete sul tipo di affinamento. Dove il petalo è grande e sproporzionato rispetto agli altri indica un affinamento in botti piccole e nuove. L’assenza o il basso contenuto di furani e lattoni testimonia un affinamento non in legno o in legno grande e vecchio. In generale, più grande è la corolla più il vino ha un aroma percepibile, più è lungo lo stelo del fiore, maggior vita avrà questo vino, con potenzialità ancora da esprimere a livello aromatico.

Figura 3

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Conclusioni I dati sopra riportati, riferiti ad una serie di vini di elevato livello qualitativo da uve Barbera delle zone di Asti, d’Alba, del Monferrato e dei Colli Piacentini, pur nella loro rilevante variabilità (almeno in riferimento alla maggior parte dei parametri presi in considerazione), forniscono alcuni elementi di giudizio utili per inquadrare la qualità dei vini sotto l’aspetto compositivo, le tendenze dei produttori delle singole zone e le influenze zonali. Intanto, appare chiaro che la cultivar Barbera si rivela molto povera di aromi varietali delle classi degli alcanoli, degli alcoli terpenici, dei norisoprenoidi e dei benzenoidi. Inoltre, non si riscontrano pirazine nella frazione volatile esaminata per via strumentale e per via sensoriale. Sarebbe opportuno verificare se siano presenti altri aromi da mettere in luce per mezzo di tecniche di vinificazione opportunamente programmate. L’aroma presente nei vini esaminati è dovuto, per la maggior parte, a composti di fermentazione. L’esame dei composti volatili presenti nei vini ha, tuttavia, consentito di trarre importanti considerazioni sulle modalità con cui sono state effettuate le vinificazioni, gli affinamenti e le conservazioni. Si è osservato infatti che, al di là del caso del Barbera dei Colli Piacentini, la zona del Barbera d’Asti è quella in cui viene posta maggior cura nella scelta delle condizioni di conservazione e di affinamento. Nelle zone dei Barbera d’Asti e d’Alba, inoltre, vengono utilizzate, per l’ottenimento dei vini di alta qualità, uve ad elevato livello di maturità. La zona del Barbera del Monferrato è quella in cui si è riscontrato uno stile rivolto alla produzione di vini con gradi alcolici più bassi ma anche quella in cui si riscontrano i maggiori problemi in fase di affinamento e di conservazione. In tutte le zone, con una minor frequenza in quella del Barbera d’Asti o nelle realtà produttive in cui si elabora questo tipo di vino, si è dedotto, dalla presenza dei fenoli volatili e delle N-aceti-alchil o aril-ammidi, l’inquinamento da parte di microrganismi estranei che potrebbero esercitare una influenza negativa sulla qualità compositiva e sensoriale dei vini. Bibliografia

• Studio per la caratterizzazione del territorio, delle uve e dei vini dell’area di produzione del Barbera d’Asti DOC. Supplemento al n° 26 dei “Quaderni della regione Piemonte – agricoltura”, 2001

• Di Stefano et al., - 198 – Precursori d’aroma glicosilati presenti nelle uve di alcune cultivar a frutto colorato. L’Enotecnico, 34, (3), 63-74