CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN. Corso di Laurea in Scienze Geologiche CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE RELATORE: Prof. Claudia Meisina CORRELATORI: Dott. Alessandra Leoni Prof. Massimo Setti 1

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA

FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN.

Corso di Laurea in Scienze Geologiche

CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA

DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE

RELATORE: Prof. Claudia Meisina

CORRELATORI: Dott. Alessandra LeoniProf. Massimo Setti

Tesi di Laurea di:Deborah FEDERICI

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Anno Accademico 2011-2012

Indice

1.Introduzione Pag. 3

2.Inquadramento geologico dell’area Pag. 4 2.1 Profilo pedologico Pag. 9

3.Frane superficiali Pag. 12

4.Materiali e Metodi di studio Pag. 19 4.1 Campioni Pag. 19 4.2 Prove Geotecniche Pag. 19 4.2.1 Analisi Granulometrica per Aerometria Pag. 19 4.2.2 Analisi granulometrica per setacciatura Pag. 20 4.2.3 Limiti di Atterberg Pag. 21 4.2.4 Carbonatimetria Pag. 23 4.3 Prove Mineralogiche Pag. 25 4.3.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri Pag. 25 4.3.2 Materiali e metodi Pag. 27 4.4 Prove Pedologiche Pag. 29 4.4.1 Determinazione della capacità di scambio cationico con BaCl2 e TEA Pag. 29 4.4.2 Determinazione delle basi di scambio (Ca, Mg e K) con BaCl2 e TEA. Pag. 33 4.4.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee) Pag. 37 4.4.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen) Pag. 42 4.4.5 Determinazione del grado di reazione (pH) Pag. 46

5. Risultati e Discussioni Pag. 50 5.1 Prove Geotecniche Pag. 50 5.1.1 Analisi granulometrica Pag. 50 5.1.2 Limiti di Atterberg Pag. 52 5.1.3 Carbonatimetria Pag. 53 5.2 Prove Mineralogiche Pag. 55 5.2.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri Pag. 55 5.3 Prove Pedologiche Pag. 59 5.3.1 Determinazione capacità di scambio cationico con BaCl2 e TEA Pag. 59 5.3.2 Determinazione delle basi di scambio (Ca, Mg e K) con BaCl2 e TEA. Pag. 61 5.3.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee) Pag. 64 5.3.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen) Pag. 66 5.3.5 Determinazione del grado di reazione (pH) Pag. 68

6. Conclusioni Pag. 70

7. Ringraziamenti Pag. 73

8. Bibliografia Pag. 74

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1.Introduzione

Nei mesi di Gennaio, Febbraio e Aprile 2009 alcuni comuni del settore nord-

orientale dell’Oltrepò Pavese sono stati colpiti da una serie di precipitazioni che

hanno innescato fenomeni identificabili come frane superficiali. I dissesti di questo

tipo coinvolgono principalmente la copertura detritica superficiale, lasciando intatto

il substrato sottostante. Questi eventi hanno avuto un’intensità tale da provocare

danni alla rete viaria, all’agricoltura e ai relativi insediamenti. Il dipartimento di

Scienze della Terra e dell’Ambiente di Pavia ha dato inizio a un progetto di ricerca,

finalizzato allo studio di questi fenomeni scatenati a seguito degli sopramenzionati

episodi alluvionali.

Per la realizzazione della tesi è stato svolto un tirocinio presso il laboratorio Riccalab

dell’azienda Riccagioia s.c.p.a. di Torrazza Coste con l’obbiettivo di effettuare uno

studio pedologico dei suoli coinvolti in queste frane superficiali, prelevati da un sito

campione che si trova in località Montuè (Canneto Pavese). Ulteriore scopo della tesi

è stata la caratterizzazione geotecnica e mineralogica dei campioni di terreno,

attuatasi mediante analisi geotecniche eseguite nel Laboratorio di Geologia Applicata

e di Geotecnica e in quello di Difrattometria X da polveri del Dipartimento di

Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia.

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2.Inquadramento geologico dell’area

Il substrato del versante in corrispondenza del quale sono stati prelevati i campioni

analizzati nella tesi, è costituito secondo la cartografia più aggiornata ( Scagni &

Vercesi, 1987) dal membro dei Conglomerati di Rocca Ticozzi (PLIOCENE INF. -

MESSINIANO SUP.?). Esso appartiene alla serie messiniana che affiora in questa

zona (anche se non in modo continuo dalle Fonti del Recoaro al sito oggetto di

studi), costituita dal basso verso l’alto dai seguenti termini:

Marne di S.Agata Fossili: marne siltose giallastre passanti verso l’alto a

marne grigio-azzurre. (MESSINIANO-

TORTONIANO)

Formazione Gessoso-Solfifera: marne siltose e siltiti grigio-azzurre con lenti e

stratificazioni di gesso-areniti (MESSINIANO).

Conglomerati di Cassano Spinola: conglomerati e arenarie con lenti ed

intercalazioni marnoso-sabbiose. Qui

suddivisibili in 2 membri;

Conglomerati di Rocca Ticozzi: calcareniti,

conglomerati ben cementati, ghiaie e sabbie solo

localmente cementate (PLIOCENE INF. -

MESSINIANO SUP.?).

Arenarie di Monte Arzolo: arenarie sabbioso-

siltose con presenza di filliti e legno silicizzato

(PLIOCENE INFERIORE).

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Qui la Formazione Gessoso-Solfifera è un termine assente o non affiorante ma per

completezza se ne riporta sopra la descrizione.

I campioni, appartenenti alla coltre di copertura dei Conglomerati di Rocca Ticozzi,

sono stati prelevati in corrispondenza dello scavo eseguito per l’installazione di una

stazione di monitoraggio di frane superficiali e di una tricea esplorativa scavata nelle

immediate vicinanze per la descrizione del profilo pedologico del terreno (TR2).

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Figura 2.1 – Carta geolitologica dell’area di studio (foto volo del 2009)

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Foto 2.2 – Dettaglio del versante oggetto di studio (foto volo 2009)

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frana 1188

frana 1183

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Foto 3.63 – Vista frontale della stazione di monitoraggio a lavori ultimati

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piezometro pluviometro

centralina di acquisizione

tensiometri

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2.1 Profilo pedologico

S.T. spessore

cm

Profondità

in cm

n campion

e

DESCRIZIONE DEL PROFILO P 13

A1 10 0-10 70 Secco; colore umido matrice bruno grigio scuro (10YR4/2); scheletro scarso (3%) molto piccolo (10 mm) a piccolo (50 mm) di scisti e calcari mediamente alterati; tessitura franco limosa; granulometria franco-grossolana; struttura granulare media, mediamente sviluppata; molte radici da fini a grosse; presenza di lombrichi lunghi fino a 7 cm e di abbondanti escrementi di lombrico in strati; effervescenza stimata del 5/10%; a 2-5-7 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro);limite inf. abrupto lineare.

A2 10 10-20 68 Umido; colore umido matrice rosso debole (2,5YR4/2); scheletro scarso (5%) molto piccolo (10-20 mm), arrotondato, scisti e calcari mediamente alterati; tessitura franco limosa; granulometria franco grossolana; struttura primaria poliedrica sub angolare media e struttura secondaria granulare grande moderatamente sviluppate; presenza di abbondanti escrementi di lombrico in strati; effervescenza stimata del 5/10%; molte radici molto fini (< 1mm) a grosse (50 mm); limite inf abrupto lineare.

Ritrovato un fil de ferro probabilmente usato come legaccio della vite.

Ap 20 20-40 69 Umido; colore umido matrice bruno rossastro (2,5YR4/4 e 2,5YR 5/4) con scarse (<2%) screziature piccole (3mm)

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di colore rosso (2,5YR5/6); scheletro scarso (1%) molto piccolo (10-20 mm), arrotondato, scisti, calcari e pezzi di mattoni fortemente alterati; tessitura franco limoso argillosa; granulometria franca; struttura poliedrica subangolare grande (30 mm) fortemente e moderatamente sviluppata; scarsi (1%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata del 5/10%; poche radici grosse (40 mm); limite inf chiaro ondulato.

B 30 40-70 67 molto umido; colore umido matrice bruno rossastro (2,5YR4,5/4 e 2,5YR 5/4) con comuni (3%) screziature piccole (2-3 mm) di colore bruno forte (7,5YR5/8); scheletro scarso (1%) molto piccolo (10-20 mm), arrotondato, scisti, calcari fortemente alterati; tessitura franco limoso argillosa (più sabbia rispetto all’or. sup); granulometria franca; struttura poliedrica subangolare grande (<50 mm) moderatamente sviluppata; comuni (3%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata del 5/10%; scarsi (0,5%) macropori di dimensioni da molto fini (<0,5 mm) a medie (2 mm); poche radici morte grosse (10 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro); limite inf chiaro ondulato.

BC 30 70-110 66 molto umido; colore umido matrice bruno rossastro (2,5YR4/3) e bagnato oliva (5Y 5/4) con comuni (4%) screziature piccole (2-3 mm) di colore bruno forte (7,5YR5/8) e grigio rosato (5Y6/2); scheletro molto scarso (<1%) molto piccolo (10-20 mm), scisti, calcari fortemente alterati; tessitura franco

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limoso argillosa; granulometria franca; struttura poliedrica subangolare da media a grande (da 10 a 50 mm) moderatamente sviluppata; comuni (3%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); prima del limite superiore di C si osserva localmente un accumulo di questi noduli soffici; effervescenza stimata del 5/10%; scarsi (0,5%) macropori di dimensioni da molto fini (<0,5 mm) a medie (2 mm); poche radici morte grosse (10 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro); limite inf chiaro ondulato.

C 20 110-130 64 molto umido; colore umido matrice grigio oliva (5Y5,5/2) e bagnato oliva chiaro (5Y 6/2) con scarse (1%) screziature piccole (1 mm) di colore bruno oliva chiaro (2,5Y5/4) e bruno giallastro (10YR5/6) orientate a strisce parallele alla sup del terreno in lenti a tessitura sabbiosa; scheletro assente; tessitura franco limoso argillosa; granulometria franca; struttura poliedrica subangolare da media a grande (da 10 a 50 mm) fortemente sviluppata; comuni (4%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata del 5/10%; comuni radici morte fini (1-2 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro); prima di 130 cm si osserva marna alterata calcarea; limite inf abrupto lineare.

R 50 130 - 180 65 substrato di marna; limite inf sconosciuto.

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Considerazioni chimiche P1

Ci sono evidenze del movimento dei carbonati lungo il profilo, con successivo

accumulo in forma di concrezioni e concentrazioni soffici negli orizzonti profondi,

che possono portare alla formazione dell’ orizzonte protocalcici BC (70-110 cm) e

in profondità dell’orizzonte calcico C (110-130 cm). Utilizzo il termine ”proto”

perche per il WRB (World Reference Base, FAO, 1998) per essere un vero e proprio

or. calcico ci vorrebbe almeno il 15 % di carbonato di calcio nella terra fine.

L’orizzonte B è direttamente correlato con il clima (es., Jenny and Leonard,

1934;Arkley, 1963).

Il processo di arricchimento di carbonati su substrati calcarei è la carbonatazione.

L’evoluzione di un or. calcico (Allen and Wright, 1989, Gile et al., 1966; Machette,

1985), in questo caso C, prevede uno stadio iniziale dove si sviluppano noduli e

cuticole sullo scheletro. All’aumentare dei carbonati si inizia a formare una zona

laminare che nel tempo va ad impedire la discesa ulteriore del carbonato disciolto in

acqua. In questo modo la zona laminare si inspessisce ed eventualmente si sfalda a

brecce.

3.Frane superficiali

Gli eventi franosi successivi alle intense precipitazioni del 27-28 aprile 2009 sono

classificabili in letteratura come fenomeni franosi per mobilizzazione della coltre

superficiale (superfici di rottura frequentemente ubicate all’interfaccia suolo-

substrato o al contatto tra orizzonti aventi diverse caratteristiche di permeabilità – es.

sabbie/conglomerati-marne). Si tratta di processi controllati dalla quantità e

dall’intensità delle precipitazioni e che si caratterizzano per l’alta densità. Tali

fenomeni franosi sono contraddistinti da movimenti schematizzabili in due fasi

principali: innesco della frana e mobilizzazione del materiale. La fase di innesco

avviene secondo meccanismi di tipo traslativo, talora rotazionale. Nella fase di

mobilizzazione la massa spostata percorre rapidamente il versante, conservandosi più

o meno integra oppure destrutturandosi completamente (colamento) a seconda delle

caratteristiche geotecniche del materiale. Nonostante gli spessori e i volumi modesti

la particolare pericolosità di questi fenomeni è da mettere in relazione con la loro

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rapidità di sviluppo (le frane si sono attivate ed esaurite nello spazio di pochi minuti

a volte qualche decina di secondi, con la difficoltà di prevederne l’ubicazione, gli

indizi premonitori sono praticamente assenti o, in genere, immediatamente

precedenti il collasso), ma anche con l’elevata densità di distribuzione delle singole

frane.

In base alle caratteristiche del movimento iniziale, al grado di destrutturazione della

massa spostata, della copertura vegetale e delle condizioni topomorfiche del pendio

sottostante, le frane superficiali innescate dalle intense precipitazioni di fine aprile

2009 nel territorio studiato si possono suddividere nelle seguenti tipologie (Campus,

2005, Regione Piemonte, 1998, Cruden & Varnes, 1996):

– tipo A (Fig. a): porzioni della coltre di alterazione superficiale che seppur

delimitate e scomposte da

fratture hanno subito traslazioni di limitata entità tali da non esporre la superficie di

movimento, mantenendo in definitiva una loro originale integrità, pur evidenziando

un incipiente sovrascorrimento del bordo inferiore sul piano campagna (Fig. a.1).

Tali fenomeni in molteplici casi sono allo stato incipiente e si manifestano con

fratture nel terreno poco continue, spesso deformando la viabilità e creando deboli

disallineamenti dei filari di vite.

Figura a: Frana di tipo A (da CUREN D., VARNES D. J.)

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Figura a.1: Canneto Pavese – Esempio di frane di tipo A

– tipo B (translational earth slide, Fig. b): porzioni della coltre di alterazione

superficiale che hanno subito traslazione di entità tale da esporre la superficie di

rottura. La massa spostata, nella sua parte preservata è costituita da zolle disunite che

hanno mantenuto singolarmente la loro integrità grazie all’effetto coesivo svolto

dagli apparati radicali. Questa tipologia di frana si localizza in particolare in

corrispondenza di vigneti (Fig. b.1).

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Figura b: Frana di tipo B (da CUREN D., VARNES D. J.)

Figura b.1: Frana di tipo B. Danni ad un vigneto.

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– Tipo C (Fig. c): porzioni della coltre di alterazione superficiale che a seguito del

movimento iniziale e della successiva destrutturazione della massa spostata

degenerano in colata. Al movimento della massa spostata e al suo trasferimento a

valle sotto forma di colata è spesso associata un’attività erosiva con conseguente

presa in carico di altro materiale. L’accumulo di norma in forma lobata è in genere

ben identificabile (Fig. c.1). Questo tipo di frana è generalmente frequente in

corrispondenza di zone boscate e dove gli spessore della coltre superficiale sono

notevoli (es. Valle del Recoaro a Broni). Si tratta di frane di dimensioni modeste (in

media da pochi metri cubi fino a poche decine di metri cubi); alcune di esse hanno

interessato la viabilità stradale creando danni e situazioni di disagio dovute

all’interruzione dei collegamenti. Esse si sono innescate sia sul lato di monte degli

scassi stradali (controripa) sia sul lato di valle (sottoscarpa); in quest’ultimo caso

sono stati coinvolti prevalentemente i terreni di riporto o di sostegno del rilevato

stradale e ciò ha determinato di fatto l’asportazione o il ribassamento (da pochi

centimetri fino a più di due metri) di tratti di lunghezza variabile del piano stradale.

Figura c: Frana di tipo C (da CUREN D., VARNES D. J.)

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Figura c.1: Frana di tipo C. Particolare di un fenomeno franoso che ha comportato l’interruzione della strada provinciale da Broni a Canneto Pavese

– Tipo D (Fig. d): porzione della coltre di alterazione superficiale che, a seguito della

traslazione iniziale e della destrutturazione della massa, degenerano in colata

estremamente fluida in cui il materiale viene trasportato in sospensione (Fig. d.1). Il

flusso, disponendosi su ampia sezione laminare, progredisce con scarso attrito nei

confronti della superficie topografica, il che non comporta forme erosive sul terreno.

In questo caso non esiste accumulo identificabile in quanto il materiale viene

completamente disperso lungo e alla base del versante.

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Figura d: Frana di tipo D (da CUREN D., VARNES D. J.)

Figura d.1: Frana di tipo D. Valle del Recoaro. Frane classificabili come translational soil slide innescatesi su pendii con inclinazione > 30-35°.

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4.Materiali e Metodi di studio

4.1 Campioni

Sono stati analizzati campioni rimaneggiati ed indisturbati che provengono da un

scavo effettuato in località Montuè (Canneto Pavese). Per il presente lavoro di tesi

sono stati usati 10 campioni prelevati nei primi 140 cm. I campioni sono stati

sottoposti a prove geotecniche , mineralogiche e pedologiche.

n°campione/nome   Profondità70/2012 A1 mt. 0,00 - 0,1068/2012 A2 mt. 0,10 - 0,2069/2012 Ap mt. 0,20 - 0,4067/2012 B mt. 0,40 - 0,7066/2012 Bc mt. 0,70 - 1,1064/2012 C mt. 1,10 - 1,3063/2012 C7 TDR 6 mt. 1,4065/2012 8 II scavo substrato28/2012 TDR5  mt. 1,2029/2012 TDR6 mt. 1,40

Tab. 0 – Elenco campioni analizzati e relative profondità

4.2 Prove Geotecniche

Presso il Laboratorio di Geologia Applicata e di Geotecnica del Dipartimento di

Scienze della Terra e dell’ Ambiente dell’Università di Pavia i terreni sono stati

sottoposti alle seguenti prove:

– analisi granulometriche.

– limiti di Atterberg: evidenziano le caratteristiche di plasticità del materiale. (Prova

non effettuata per il campione “Scavo 1 corrispondenza TDR 6 mt. 1.40”).

– carbonatimetrie. (Analisi non eseguita per i campioni “Scavo 1 corrispondenza

TDR 5 mt. 1.20” e “Scavo 1 corrispondenza TDR 6 mt. 1.40”).

4.2.1 Analisi Granulometrica per Aerometria

La Normativa di riferimento è: ASTM D422. La prova si articola nei seguenti punti :

1. prendere l’apposito modulo per l’analisi granulometrica;

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2. durante l’apertura del campione prelevare circa 400 gr. di materiale per la

sedimentazione;

3. indicare sul foglio di laboratorio il nome del contenitore nel quale viene messo;

4. ridurre il materiare a scaglie sottili;

5. mettere il materiale in forno ad asciugare a 110 °C per 16 h;

6. dopo che il materiale si è essiccato pestarlo per ottenere circa 50 gr. di materiale

passante al setaccio 0,075 mm. servendosi di martello e mortaio;

7. in un beaker pesare la quantità esatta di materiale da sottoporre alla prova (circa 50

gr.);

8. versare 125 ml. di soluzione 40g/l di esametafosfato di sodio e lasciare saturare il

materiale per almeno 12 h.

9. versare la miscela nel bicchiere del frullatore e far frullare per 15' circa;

10. dopo aver frullato il materiale pulire accuratamente il frullino con acqua

distillata, per far entrare nel bicchiere del frullatore tutto il materiale rimasto

sull’elica;

11. versare il tutto nel cilindro di sedimentazione;

12. aggiungere altra acqua distillata fino ad arrivare 1000 CC;

13. agitare il cilindro di sedimentazione 10 volte su è giù per mescolare tutta la

miscela;

14. leggere ai tempi indicati (2’-5’-15’-ecc) la lettura del menisco del densimetro;

15. annotare la lettura del densimetro e la temperatura dell’acqua;

16. la prova viene ritenuta valida solo quando la curva ottenuta dalla sedimentazione

di lega bene con quella ottenuta dalla setacciatura.

4.2.2 Analisi granulometrica per setacciatura

L’analisi granulometrica per setacciatura è la prova più conosciuta per la

classificazione dei terreni. La normativa descrittiva è: ASTM D 422. Si procede

come segue:

• Campionare la porzione di prova in funzione della granulometria massima prevista

• Mettere a bagno il campione per almeno 24 h.

• Lavare al setaccio da 0,063 mm proteggendolo con uno avente maglia da 2 mm ed

avendo cura di non disperdere materiale dai lati.

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• Asciugare il campione in forno a (110 ± 5)°C per 24 h.

• Setacciare tramite setacci di prova nella serie 2 UNI EN 933-2.

• Scuotere manualmente ogni setaccio finché non si ha più apprezzabile passaggio di

materiale e pesare il trattenuto ad ognuno di essi.

Per l’elaborazione dei dati occorre:

• Calcolare la massa del trattenuto su ciascuno staccio,espressa come percentuale

della massa essiccata d'origine Mı.

• Calcolare la percentuale cumulativa rispetto alla massa essiccata d’origine del

passante attraverso ogni staccio,fino a quello da 0,063 mm escluso.

• Calcolare la percentuale delle particelle fini (f) che passano attraverso il setaccio di

0,063 mm con l’equazione:

f¿( Mı−M 2 )+P ∙100

dove:

Mı= massa essiccata della porzione di prova [kg];

M2= massa essiccata del trattenuto sullo staccio da0,063 mm [kg];

P= massa del passante che rimane nel recipiente di fondo [kg].

• Costruire la curva granulometrica in un piano avente sull’asse delle ascisse i

diametri dei setacci [mm] in scala logaritmica ed in ordinate la percentuale di

passante [%].

4.2.3 Limiti di Atterberg

Dopo aver eseguito l’analisi granulometrica è importante determinare, al fine di una

corretta caratterizzazione tipologica del materiale, i limiti di consistenza di Atterberg.

Si definiscono limiti di Atterberg i contenuti d’acqua che rappresentano i passaggi

critici di comportamento del terreno:

 

• limite liquido: WL;

• limite plastico: Wp;

• indice di plasticità Ip.

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Il limite liquido si determina per mezzo dell’apparecchio di Casagrande ed è il

contenuto d’acqua per il quale il solco tracciato con apposita spatola sulla terra posta

in un cucchiaio si richiude dopo 25 cadute. Nella normativa ASTM D4318-84

(recentemente sostituita dalla 17892-12), esiste una procedura standardizzata per la

determinazione del limite di liquidità WL: un campione di terreno viene rimaneggiato

con l’aggiunta di acqua distillata e successivamente mescolato, tale mescola viene

poi disposta sul cucchiaio di Casagrande all’interno del quale viene praticato un

solco. Il cucchiaio di Casagrande viene montato sull’apparecchio di prova costituito

da una base in ebanite e da una manovella; ruotando quest’ultima il cucchiaio viene

sollevato e lasciato poi cadere da un’altezza costante; si contano i colpi necessaria far

richiudere il solco per 13 mm di lunghezza. La prova viene ripetuta più volte con la

stessa mescola in modo tale da ottenere dei risultati poco variabili. Successivamente

viene ripetuto il tutto aggiungendo acqua all’impasto e si determina in questo modo

un nuovo valore dei colpi necessari. A tal proposito vi sono due scuole di pensiero

differenti, in merito alle modalità di lavorazione dell'aggregato:

• le norme UNI prescrivono un procedimento standard nel quale il campione viene

umidificato a poco a poco con l'aggiunta di gocce d'acqua distillata;

• in alcune norme francesi il procedimento è contrario: il campione viene portato ad

un grado di umidità che si ritiene massimo, e successivamente,per passaggi, si

aggiunge una percentuale di campione secco in modo da diminuire progressivamente

l'umidità.

Da esperienze pratiche di laboratorio si ritiene comunque che il procedimento

migliore sia il primo. Quando la prova è stata ripetuta più volte (generalmente 3 o 4)

possono essere riportati in un diagramma i valori del contenuto d’acqua w in

funzione dei colpi necessari. In generale vengono considerate valide tre prove, e

precisamente quelle che hanno richiesto un numero di colpi pari a 16, 25 e 35. Il

limite di liquidità convenzionalmente viene assunto come la media fra il contenuto

d’acqua w riscontrato in queste tre prove.

Per determinare il limite plastico Wp vengono realizzati manualmente dei bastoncini

dello spessore di 3,2 mm sfruttando una lastra di vetro (o ceramica) come appoggio;

22

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il limite di plasticità è il contenuto d’acqua corrispondente al formarsi delle prime

fessurazioni nei bastoncini. Generalmente la definizione del Wp viene fatta

assumendola media di 3 misurazioni. Al di sotto del limite di plasticità il materiale

non risulta più lavorabile e si entra nella zona in cui le caratteristiche sono di tipo

semi solido.

L’indice di plasticità è l’intervallo all’interno del quale il materiale possiede un

comportamento plastico, ovvero può subire deformazioni ed essere rimaneggiato

senza che si creino fessurazioni e cambi di volume. L’indice di plasticità è definito

come la differenza tra il limite liquido e quello plastico:

IP= WL-Wp

4.2.4 Carbonatimetria

1. Principio

I carbonati vengono decomposti per trattamento del suolo con acido cloridrico. Dal

volume dell’anidride carbonica svolta si risale al contenuto in calcare.

2. Reagenti

- Acido cloridrico (HCl) diluito 1:3

3. Apparecchiatura

Attrezzatura da laboratorio dì uso comune.

In particolare:

- calcimetro di Dietrich-Frühling (Figura 4.4.a), contenente acqua satura di CO2

leggermente colorata per comodità di lettura.

4. Procedimento

Trasferire nel contenitore "A" del calcimetro 500 mg di campione macinato il più

fine possibile.

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Inserire nel contenitore "A" del calcimetro, insieme alla prevista quantità di

campione, una provetta contenente 10 mL della soluzione diluita di HCl. Collegare il

contenitore "A" al calcimetro mediante apposito tappo dì chiusura.

Azzerare l'apparecchiatura eguagliando la pressione interna a quella esterna mediante

il rubinetto "C".

Chiudere il rubinetto "C" e far sviluppare la CO2 inclinando il contenitore "A" in

modo che l'HCl, fuoriuscendo dalla provetta di plastica, venga a contatto con il

campione.

La CO2 che si sviluppa farà abbassare il livello dell'acqua nel tubo graduato "B".

Provocare una leggera depressione abbassando il tubo di livello "D".

Continuare ad agitare il contenitore "A" fino a completo sviluppo della CO2

(indicativamente 1-3 minuti).

Eguagliare la pressione interna a quella esterna portando l'acqua contenuta in "D"

allo stesso livello di quella contenuta in "B".

Attendere qualche minuto fino a stabilizzazione dei menischi di livello ed eseguire la

lettura del volume di CO2 che si è sviluppata.

6. Espressione dei risultati

Disponendo di carbonato di calcio puro è possibile leggere direttamente il valore e

determinare la percentuale di carbonato di calcio contenuto nei vari suoli.

Figura 4.2.4.a - Calcimetro di Dietrich-Frühling

24

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4.3 Prove Mineralogiche

I suoli sono stati sottoposti a prove mineralogiche presso il Laboratorio di

Diffrattometria X da polveri del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università

di Pavia.

4.3.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri

La tecnica analitica di diffrazione a raggi X metodo “delle polveri” è stata la prima,

in ordine di tempo, ad essere utilizzata per l’identificazione dei minerali argillosi e

per la determinazione della loro struttura cristallina, ed ancora oggi rimane quella più

diffusa.

La diffrattometria delle polveri sfrutta il fenomeno della diffrazione dei raggi X da

parte dei materiali cristallini, che è descritta dalla legge di Bragg: n = 2dsen, dove

n è un numero intero, è la lunghezza d’onda impiegata, d è la distanza fra due piani

reticolari e e l’angolo formato tra il raggio incidente e il piano reticolare. Secondo

tale legge il fenomeno della diffrazione dei raggi X può essere interpretato attraverso

una riflessione su fasci di piani reticolari paralleli. La riflessione dei raggi X non

avviene per qualsiasi incidenza del raggio diretto sui piani reticolari, ma solo per

determinati angoli definiti dalla equazione stessa.

La diffrazione è un fenomeno fisico associato alla deviazione della traiettoria delle

onde quando queste incontrano un ostacolo sul loro cammino. Nella diffrattometria

delle polveri si fa incidere un fascio di raggi X monocromatici paralleli su una

polvere cristallina. Poiché i granuli che costituiscono la polvere hanno tutte le

orientazioni possibili rispetto ai raggi X incidenti, alcuni dei loro piani reticolari si

troveranno in posizione tale da soddisfare l’equazione di Bragg.

I principali componenti del diffrattometro delle polveri sono il sistema di emissione

dei raggi X (generatore e tubo), il goniometro, il portacampioni, il detector e il

software. I raggi X si generano quando particelle cariche elettricamente, in genere

elettroni, di sufficiente energia interagiscono con un ostacolo materiale. Gli elettroni

vengono emessi per effetto termoionico da un filamento riscaldato che funge da

catodo, costituito in genere da wolframio. Questi elettroni, definiti raggi catodici,

vengono accelerati da una forte differenza di potenziale e colpiscono una targhetta di

metallo (che costituisce l’anodo, o anticatodo). Il sistema è inserito in un tubo dove è

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stato prodotto un vuoto quasi completo. L’anodo emette quindi raggi X di lunghezza

d’onda diversa a seconda del metallo utilizzato (Cu, Fe, Co, Mo, ecc). Nei

diffrattometri delle polveri si usa comunemente il rame. Il goniometro è

essenzialmente una semi-circonferenza sul cui bordo sono disposti sia la sorgente dei

raggi X, in posizione fissa, che il contatore, che è tuttavia in grado di ruotare attorno

all’asse del goniometro. Durante la misurazione, la sorgente a raggi X, il campione, il

rivelatore e l’apparato di registrazione operano simultaneamente. Il contatore viene

fatto ruotare da un motore ad una velocità angolare doppia rispetto al portacampioni,

e raccoglie l’emissione dei raggi diffratti ogni volta che viene soddisfatta l’equazione

del Bragg. In questo modo si ottiene un diagramma (diffattogramma) con diversi

picchi di diffrazione. In un diffrattogramma, sull’asse delle ascisse del tracciato sono

indicati i valori degli angoli 2 che sono riferibili ai valori degli spacings “d”

espressi in Å, mentre sulle ordinate si hanno le intensità dei riflessi, le cui

aree/altezze sono proporzionali alle intensità dei raggi diffratti.

Ogni minerale possiede una caratteristica struttura cristallina, e pertanto è

contraddistinto da una serie di valori d, per tutti i suoi piani reticolari, che ne

consentono la caratterizzazione e l’identificazione.

L’analisi mineralogica di un sedimento viene in genere eseguita sul campione tal-

quale (campione “tout venant”) e sulla frazione argillosa (fraz. < 2 m) per eseguire

una più approfondita indagine sui minerali argillosi.

Nella preparazione del campione da analizzare si devono eseguire dei procedimenti

standard che devono essere svolti con attenzione per non incorrere in risultati finali

non corretti. Nel caso dell’analisi del campione tal-quale, la non “perfetta”

disorientazione delle polveri può indurre una sopravvalutazione di alcune fasi

rispetto ad altre. Di conseguenza le analisi di polveri preparate il più possibile in

modo “random” risultano più accurate; per ottenere questa condizione il campione tal

quale (“tout-venant”) è stato analizzato mediante la tecnica del riempimento del

portacampioni dal retro. In questo caso la polvere viene leggermente compressa con

procedimento manuale nel retro di un portacampioni di metallo che presenta una

cavità cilindrica. Questa operazione viene realizzata con apposite presse, per ottenere

dei preparati omogenei; in questo modo i rischi di una iso-orientazione dei granuli-

particelle sulla superficie opposta da irradiare sono molto ridotti. Occorre porre

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particolare attenzione, poi, che la superficie del campione sulla quale verranno

indirizzati i raggi X sia il più possibile liscia.

Sebbene i più importanti tipi di minerali argillosi siano già identificabili mediante

l’analisi del sedimento totale (“tout-venant”), soprattutto quando sono presenti in

percentuali significative, l’analisi dettagliata di questi minerali prevede la

separazione della cosiddetta frazione “argilla” (< 2 m) dal sedimento “tout venant”.

La separazione della frazione < 2 m viene eseguita per sedimentazione frazionata,

sfruttando la velocità di caduta di un corpo a peso specifico noto entro un fluido sotto

l’azione della gravità, data dalla legge di Stokes. Il procedimento consiste nel porre

in un beker, contenente 500 cl di acqua, circa 30 g di sedimento “tout venant”. Dopo

aver agitato fino ad ottenere l’omogeneizzazione della soluzione, si lascia

sedimentare il preparato. In accordo con la legge di Stokes, trascorse circa 4 ore, la

frazione > 2 m è sedimentata al di sotto di 5 cm rispetto al livello superiore

dell’acqua. Il sedimento presente entro i primi cinque centimetri costituisce la

frazione < 2 m, che viene rimossa dal beker tramite sifonazione. Quindi viene

prelevata, con una pipetta graduata, una certa quantità della sospensione (in genere

sono sufficienti 1-2 ml), depositata e fatta asciugare su un vetrino. La tensione

superficiale trattiene la sospensione sul supporto, evitandone la tracimazione.

4.3.2 Materiali e metodi

Sono state eseguite le analisi mineralogiche mediante diffrattometria a raggi X

(metodo delle polveri) sui campioni di sedimento della frana dell’ Oltrepo Pavese. Le

analisi sono state eseguite sul campione “tout venant” (tal quale) e sulla frazione

argillosa (frazione < 2 µm) per una corretta valutazione dei minerali argillosi,

utilizzando il diffrattometro Philips PW 1800 in dotazione presso il Dipartimento di

Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. I campioni sono stati

analizzati allo stato naturale e dopo trattamento mediante glycol etilenico, per

l’identificazione della smectite (Biscaye, 1965; Thorez, 1976). L’analisi del

sedimento “tal quale” è stata eseguita su preparati “random” mentre quella della

frazione argillosa su preparati “orientati”. La stima semi-quantitativa delle principali

fasi minerali nel sedimento “tout venant” è stata ottenuta misurando le altezze dei

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principali riflessi caratteristici di ogni minerale, mentre quella dei minerali argillosi

presenti nella frazione < 2 µm misurando le aree dei picchi, secondo la tecnica

descritta in Biscaye (1965).

I minerali nel sedimento tal quale sono stati identificati sulla base dei seguenti riflessi

diagnostici: quarzo: picco a 4.26 Å; calcite: picco a 3.03 Å; K-feldspato: picco a 3.24

Å; plagioclasio: picco a 3.18 Å; mica: picco a 10 Å; clorite: picco a 7 Å, dolomite:

picco a 2.88 Å, anfibolo: picco a 8,3 Å circa.

I minerali argillosi nella frazione fine sono stati identificati sulla base dei loro riflessi

basali (Biscaye, 1965; Thorez, 1976): smectite: riflesso basale a circa 17 Å dopo il

trattamento di glicolazione; clorite: riflessi basali a 14 Å, 7 Å e 3.57 Å sul campione

naturale; illite: riflesso basale a 10 Å e 5 Å sul naturale; caolinite: riflessi basali a 7 Å

e 3.53 Å sul campione naturale.

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4.4 Prove Pedologiche

Le prove pedologiche sui campioni di suolo sono state svolte durante un tirocinio

presso il Laboratorio Riccalab dell’azienda Riccagioia s.c.p.a. di Terrazza Coste.

L’attività è consistita nelle seguenti prove standard di classificazione:

determinazione della capacità di scambio cationico con bario cloruro e

trietanolammina.

determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario

cloruro e trietanolammina.

determinazione del carbonio organico.

determinazione del fosforo assimilabile.

reazione (pH) in H₂O, KCl.

4.4.1 Determinazione della capacità di scambio cationico con bario cloruro e

trietanolammina

1. Principio

Il campione di suolo viene monosaturato con bario per ripetuti trattamenti con

soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2. Successivamente, al campione Ba-

saturato viene aggiunta più volte una quantità definita di una soluzione a titolo noto

di magnesio solfato. La reazione porta alla formazione di bario solfato insolubile e,

quindi, allo scambio completo Ba/Mg. L’eccesso di magnesio in soluzione viene

determinato per titolazione complessometrica. Calcolata la quantità di magnesio

adsorbito, che corrisponde alla quantità di bario scambiato, si accerta il valore della

capacità di scambio cationico.

2. Reagenti

Soluzione di ammonio idrossido [30% (r = 0,892)].

Soluzione (1 mole · L-1) acido cloridrico

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Aggiungere con cautela, in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 400 mL di

H2O, 83 mL di acido cloridrico (HCl) [37% (r = 1,186)]. Mescolare e, dopo

raffreddamento, portare a volume con H2O.

Soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2

Trasferire in bicchiere da 1000 mL, contenente circa 800 mL di H2O, 100 g di bario

cloruro (BaCl2 · 2 H2O) e 22,5 mL di trietanolammina [N(CH2OHCH2)3] [98% (=

1,124)]. Agitare fino a completa solubilizzazione del sale e portare il valore di pH a

8,2 per aggiunta della soluzione (1 moli · L-1) di acido cloridrico. Trasferire la

soluzione in matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con H2O.

Soluzione (5 cmoli · L-1) di magnesio solfato

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 12,324 g di magnesio solfato

(MgSO4 · 7 H2O). Portare a volume con H2O.

Soluzione (2,5 cmoli · L-1) di sale bisodico dell'acido

etilendiamminotetracetico (EDTA)

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 9,305 g di sale bisodico

dell’acido etilendiamminotetracetico (EDTA). Portare a volume con H2O.

Soluzione tampone a pH 10

Sciogliere in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 500 mL di H2O, 54 g di

ammonio cloruro. Aggiungere 350 mL di soluzione di ammonio idrossido [(30%)

(= 0,892)]. Portare a volume con H2O.

Indicatore

Omogeneizzare, in mortaio di porcellana, 20 g di sodio cloruro e 0,2 g di nero

eriocromo T (C20H12N3NaO7S).

3. Apparecchiatura

Attrezzatura da laboratorio di uso comune.

In particolare:

- agitatore rotante a 40 giri · minuto-1 o agitatore oscillante 120÷140 cicli · minuto-

1;

- centrifuga;

- tubi da centrifuga da 50 mL con tappo a vite.

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4. Procedimento

Trasferire in tubo da centrifuga da 50 mL con tappo a vite 2 g del campione di terra

fine. Rilevare la massa del tubo + il campione (A). Nel caso di suoli molto argillosi

utilizzare 1 g del campione di terra fine.

Aggiungere 25 mL della soluzione di bario cloruro (BaCl2 · 2 H2O) tamponata pH

8,2. Chiudere il tubo. Tenere in agitazione per 1 ora.

Centrifugare a 3000 giri · minuto-1 e decantare la soluzione limpida in un matraccio

tarato da 100 mL.

Ripetere il trattamento altre due volte decantando le soluzioni limpide nello stesso

matraccio da 100 mL. Portare a volume con la soluzione di bario cloruro (BaCl2 · 2

H2O) tamponata pH 8,2. Utilizzare questa soluzione (I) per la determinazione

dell’acidità totale.

Lavare il campione con 25 mL di H2O, centrifugare, e, dopo avere scartato il

surnatante, rilevare nuovamente la massa del tubo + il campione (B).

Prelevare con buretta di precisione e trasferire nel tubo da centrifuga 30 mL della

soluzione (5 cmoli · L-1) di magnesio solfato. Chiudere il tubo e agitare a mano

accuratamente fino a dispersione completa del campione. Tenere in agitazione per 2

ore e, quindi, centrifugare. Prelevare e trasferire in matraccio conico di Erlenmeyer

da 250 mL 10 mL della soluzione limpida, aggiungere 100 mL di H2O, 10 mL della

soluzione tampone a pH 10 ed una punta di spatola di indicatore. Preparare la

soluzione della prova in bianco trasferendo in matraccio conico di Erlenmeyer da

250 mL 100 mL di H2O, 10 mL della soluzione (5 cmoli · L-1) di magnesio solfato,

10 mL della soluzione tampone a pH 10 e una punta di spatola dell’indicatore.

Titolare la soluzione della prova in bianco e quella del campione con la soluzione

(2,5 cmoli · L-1) di EDTA fino a colorazione azzurra.

5. Espressione dei risultati

La capacità di scambio cationico (CSC) viene espressa in centimoli per kg di suolo

(cmol(+) · kg-1) o in millequivalenti per 100 g di suolo (meq · 100 g-1), con una

cifra decimale. I due valori risultano numericamente uguali.

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Per il calcolo viene utilizzata l’espressione

(VB - VT) · 0,25 · (25 + B - A)CSC = —————————————— · 2 M

che deriva da

(VB - VA) · M · 1000 25 (25 + B - A)CSC = —————————— · —— · ——————— · 2 M · 1000 10 25

dove

CSC = capacità di scambio cationico, espressa in cmol(+) · kg-1

VA = volume della soluzione di EDTA utilizzato per la titolazione della soluzione

del campione, espresso in millilitri

VB = volume della soluzione di EDTA utilizzato per la titolazione della soluzione

della prova in bianco, espresso in millilitri

A = massa del tubo da centrifuga + il campione, espressa in grammi

B = massa del tubo da centrifuga + il campione dopo saturazione con soluzione di

bario cloruro e lavaggio con H2O

25 mL/10 mL = rapporto volumetrico

M = concentrazione della soluzione di EDTA, espressa in cmol · L-1

M = massa del campione utilizzata, espressa in grammi.

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4.4.2 Determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario

cloruro e trietanolammina.

1. Principio

Il contenuto degli ioni calcio, magnesio e potassio, rimossi dai siti di scambio con

soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2, viene determinato per

spettrofotometria in assorbimento atomico con atomizzazione a fiamma (FAAS). Il

metodo può essere utilizzato per tutti i suoli.

2. Reagenti

Acido cloridrico (HCl) [37 % (r = 1,186)]

Soluzione (1 mole · L-1) acido cloridrico

Aggiungere con cautela, in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 400 mL di

H2O, 83 mL di acido cloridrico (HCl) [37% (r = 1,186)]. Mescolare e, dopo

raffreddamento, portare a volume con H2O.

Soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2

Trasferire in bicchiere da 1000 mL, contenente circa 800 mL di H2O, 100 g di bario

cloruro (BaCl2 · 2 H2O) e 22,5 mL di trietanolammina [N(CH2OHCH2)3] [98% (r =

1,124)]. Agitare fino a completa solubilizzazione del sale e portare il valore di pH a

8,2 per aggiunta della soluzione (1 moli · L-1) di acido cloridrico. Trasferire la

soluzione in matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con H2O.

Soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L -1) di calcio

(Ca)

Soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L -1) di

magnesio (Mg)

Soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L -1) di

potassio (K)

Soluzione standard diluita (100 mg · L-1) di magnesio (Mg)

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 100 mL 10 mL

della soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L -1) di

magnesio.

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Portare a volume con H2O.

Soluzione standard di lavoro di calcio e magnesio

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 100 mL 5 mL

della soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di calcio.

Prelevare con buretta di precisione e trasferire nello stesso matraccio tarato da 100

mL 5 mL della soluzione standard diluita (100 mg · L-1) di magnesio. Portare a

volume con H2O. In questa soluzione la concentrazione del calcio e quella del

magnesio sono pari, rispettivamente, a 50 e a 5 mg · L-1.

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in quattro matracci tarati da 50 mL 0,

5, 10 e 20 mL della soluzione (50 e 5 mg · L-1) di calcio e magnesio.

Portare a volume con H2O.

In ciascuna delle quattro soluzioni la concentrazione del calcio è, rispettivamente, di

0, 5, 10 e 20 mg · L-1; quella del magnesio è, rispettivamente di 0, 0,5, 1 e 2 mg · L -

1.

Soluzione (10 g · L-1 ) di cesio

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 12,7 g di cesio cloruro (CsCl).

Aggiungere 27 mL di acido cloridrico (HCl) [37 % (r = 1,186)].

Portare a volume con H2O.

Soluzione (1,25 g · L-1 ) di cesio

Trasferire, in matraccio tarato da 1000 mL contenente circa 500 mL di H2O, 125 mL

della soluzione (10 g · L-1) di cesio. Mescolare e portare a volume con H2O.

Soluzione standard di lavoro di potassio

Prelevare con buretta di precisione e trasferire nello stesso matraccio tarato da 500

mL 10 mL della soluzione standard diluita (1000 mg · L-1) di potassio.

Portare a volume con H2O.

In questa soluzione la concentrazione del potassio è pari, rispettivamente, a 20 mg ·

L-1.

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in quattro matracci tarati di materiale

plastico da 50 mL 0, 5, 10 e 20 mL della soluzione (10 e 20 mg · L-1) di potassio.

Aggiungere a ciascun matraccio 5 mL della soluzione (10 g · L-1) di cesio.

Portare a volume con H2O.

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In ciascuna delle quattro soluzioni la concentrazione del potassio è, rispettivamente

di 0, 2, 4, 8 mg · L-1.

3. Apparecchiatura

Attrezzatura da laboratorio di uso comune.

In particolare:

- agitatore rotante a 40 giri · minuto-1 o agitatore oscillante a 120¸140 cicli · minuto-1;

- Spettrofotometro in assorbimento atomico (FAAS).

4. Procedimento

Trasferire 2,5 g del campione di terra fine in matraccio conico di Erlenmeyer da 250

mL. Aggiungere 50 mL della soluzione di bario cloruro (BaCl2 · 2 H2O) tamponata

pH 8,2. Tenere in agitazione per 1 ora. Passare per filtro di carta (Whatman® n° 42)

raccogliendo il filtrato in contenitore di materiale plastico munito di tappo.

4.1. Determinazione del contenuto di calcio e magnesio di scambio

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 100 mL 10 mL

del filtrato.

Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative.

4.2. Determinazione del contenuto di potassio di scambio

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 50 mL 10 mL

del filtrato.

Portare a volume con la soluzione (1,25 g · L-1 ) di cesio. Se la diluizione (1+4) non

risulta sufficiente diluire ancora la soluzione assicurandosi che il contenuto di cesio

nella soluzione resti sempre pari a 1 g · L-1

Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative.

4.3. Preparazione delle curve di taratura

Preparare la curva di taratura per ciascun metallo allo spettrofotometro in

assorbimento atomico, utilizzando fiamma ossidante laminare aria-acetilene.

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Definire per lo strumento in dotazione condizioni tali da rispettare la proporzionalità

tra l’assorbanza e la concentrazione delle soluzioni standard di lavoro.

Impiegare lampada specifica per ciascun elemento, selezionando le seguenti

lunghezze d’onda:

Calcio 422,7 nm

Magnesio 285,2 nm

Potassio 766,5 nm

Rilevare i valori di assorbanza delle soluzioni standard di lavoro e predisporre per

ciascun metallo curva di taratura.

5. Espressione dei risultati

Il contenuto di ciascun catione di scambio viene espresso in centimoli per kg di suolo

(cmol(+) · kg-1) o in millequivalenti per 100 g di suolo (meq · 100 g-1), con una

cifra decimale. I due valori risultano numericamente uguali.

Per il calcolo viene utilizzata l’espressione:

(A-B) · D · V

C = ———————

M· E · 10

dove

C = contenuto di ciascun catione di scambio, espresso in cmoli (+) · k g-1

A = concentrazione del catione nella saluzione del campione, espressa in mg · L-1

B = concentrazione del catione nella soluzione della prova in bianco, espressa in mg

· L-1

D = fattore di diluizione

M = massa del campione di suolo utilizzata, espressa in grammi.

E = massa equivalente del catione. ECa = 20,04; EMg = 12,16; EK = 39,10; ENa =

22,99.

V = volume della soluzione di BaCl2 espresso in mL

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6. Calcolo del grado di saturazione in basi

Per il calcolo del grado di saturazione in basi (GSB) viene utilizzata l’espressione:

GSB = SB/CSC • 100

dove

GSB = grado di saturazione in basi

SB = somma del contenuto di calcio, magnesio, potassio e sodio di scambio, espresso

in cmol(+) · kg-1

CSC = capacità di scambio cationico (CSC) determinata con il metodo 4.4.1 ed

espressa in cmolc · kg-1.

4.4.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee)

1. Principio

Il carbonio organico viene ossidato ad anidride carbonica con soluzione di potassio

bicromato in presenza di acido solforico, in condizioni standardizzate. La quantità di

potassio bicromato che non ha reagito viene determinata per titolazione con una

soluzione di ferro (II) solfato. Il punto finale della titolazione viene accertato con

l'aggiunta di un opportuno indicatore di ossidoriduzione o per via potenziometrica

utilizzando un elettrodo di platino. Il metodo differisce dalla normale ossidazione per

via umida come descritta dal metodo Walkley-Black in quanto la reazione tra

carbonio organico e bicromato è resa quantitativa per riscaldamento della miscela a

160°C. Non sono necessari, pertanto, fattori di correzione.

2. Reagenti

- Acido solforico (H2SO4) [96% (ρ = 1,835)]

- Acido fosforico (H3PO4) [85% (ρ = 1,695)]

- Soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato

37

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Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 98,08 g di potassio bicromato

(K2Cr2O7) preventivamente essiccato in stufa, per almeno un'ora, a 130°C. Portare a

volume con H2O.

- Soluzione (0,2 moli x L-1) di ferro (II) solfato eptaidrato

Trasferire in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 100 mL di H2O, 55,6 g

di ferro (II) solfato eptaidrato (FeSO4 x 7 H2O). Aggiungere lentamente, facendoli

scorrere lungo le pareti interne del matraccio, 20 mL di acido solforico (H2SO4)

[96% (ρ = 1,835)].

Mescolare e, dopo raffreddamento, portare volume con H2O. La soluzione non è

stabile e va ripreparata di frequente (1-2 giorni). In ogni caso, il titolo della soluzione

deve essere controllato per ogni serie di analisi.

- Indicatore oxred

Sciogliere in 50 mL di acido solforico (H2SO4) [96% (ρ = 1,835)], in matraccio

tarato da 100 mL, 0,2 g di sodio 4-difenilamminosolfonato (C12H10NaNO3S).

Portare a volume con H2SO4 [96% (ρ = 1,835).

- Argento solfato (Ag2SO4) cristalli

3. Apparecchiatura

Attrezzatura da laboratorio di uso comune.

In particolare:

- matraccio per l'attacco da 200 mL fornito di termometro con scala fino a 200°C e

graduazioni di PC (Figura 1)

- fornello Bunsen corredato di piastre di protezione in vetroceramica

- potenziometro o pHmetro con possibilita' di lettura dei mV. In alternativa, titolatore

automatico corredato di elettrodo combinato di platino e buretta automatica da 5 mL

- agitatore magnetico.

4. Procedimento

4.1. Preparazione del campione

Trasferire nel matraccio per l'attacco le seguenti quantità di campione di terra fine,

secco all'aria e setacciato a 0,5 mm:

- 5,0 g, per suoli con contenuto di carbonio organico inferiore a 14,5 g x kg -1

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- 2,5 g, per suoli con contenuto di carbonio organico compreso tra 14,5 e 28,5 g x

kg-1

- 1,0 g, per suoli con contenuto di carbonio organico compreso tra 28,5 e 72,5 g x

kg -1.

Nel caso di suoli torbosi non si devono impiegare quantità di campione che

contengano più di 80 mg di carbonio organico.

4.2. Ossidazione del carbonio organico ad anidride carbonica

Prelevare con buretta di precisione e trasferire nel matraccio per l'attacco 20 mL della

soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato (K2Cr2O7).

Sistemare il matraccio per l'attacco in un bagno di acqua e ghiaccio e, facendo

attenzione a non sovrariscaldare la miscela, aggiungere lentamente 26 mL di H2SO4.

Dopo aver inserito il termometro, avendo cura che il bulbo non tocchi il fondo del

matraccio, riscaldare su fornello Bunsen il piu' rapidamente possibile per raggiungere

la temperatura di 160 ± 2 °C. Mantenere costante la temperatura per 10 minuti esatti,

agitando leggermente la miscela.

Raffreddare rapidamente a temperatura ambiente e trasferire quantitativamente il

contenuto in un matraccio tarato da 200 mL. Portare a volume con H2O. Mescolare e

lasciare sedimentare il residuo minerale solido.

4.3. Titolazione volumetrica

Prelevare con pipetta di precisione e trasferire in matraccio conico di Erlenmeyer da

250 mL a collo largo 20 mL della soluzione limpida. Aggiungere 100 mL di H2O e,

in successione, 8 mL di H3PO4 e 0,5 mL dell'indicatore oxred.

Sistemare il matraccio conico di Erlenmeyer sull'agitatore magnetico e titolare con la

soluzione di ferro solfato da violetto scuro a verde.

4.4. Titolazione potenziometrica

Nel caso della titolazione potenziometrica il potenziale varia da circa 900-1000 mV a

650-700 mV oltre il punto di equivalenza.

Se viene utilizzato titolatore automatico, è opportuno operare aggiunte unitarie non

superiori ai 3 μL.

39

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4.5. Determinazione del titolo effettivo della soluzione di ferro (II) solfato

Le soluzioni di sali ferrosi non sono stabili a causa dell'ossidazione del ferro II da

parte dell'ossigeno.

Tale processo di ossidazione si verifica, seppur lentamente, anche sul sale allo stato

solido. Pertanto, per ogni serie di analisi, è necessario controllare, il titolo esatto della

soluzione (0,2 moli x L -1) di ferro (II) solfato.

Il metodo prevede di trattare una quantità nota della soluzione di bicromato allo

stesso modo del campione per effettuare contemporaneamente la correzione relativa

alla possibile parziale decomposizione del bicromato a caldo ed il controllo che tale

decomposizione non sia stata eccessiva.

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in un matraccio tarato da 200 mL,

sistemato in un bagno di acqua e ghiaccio, 20 mL della soluzione (0,3334 moli x L-

1) di potassio bicromato (K2Cr2O7).

Aggiungere lentamente 26 mL di H2SO4. Mescolare e, dopo raffreddamento, portare

a volume con H2O.

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio conico di Erlenmeyer a

collo largo da 250 mL 20 mL della soluzione. Aggiungere 100 mL di H2O e, in

successione, 8 mL di H3PO4 e 0,5 mL dell'indicatore oxred.

Sistemare il matraccio conico di Erlenmeyer sull'agitatore magnetico e titolare con la

soluzione di ferro solfato da violetto scuro a verde.

Effettuare, nelle stesse condizioni sperimentali, una prova in bianco a caldo (160 +

2°C) per accertare l'errore eventualmente causato dalla possibile parziale

decomposizione del diicromato dovuta al riscaldamento.

Una differenza maggiore di 0,4 mL tra la titolazione con soluzione (0,2 moli x L-1)

di ferro (II) solfato della soluzione di potassio bicromato e della prova in bianco

trattata come il campione indica la presenza di un errore o nella determinazione della

molarità del ferro o nella procedura di riscaldamento.

4.6. Calcolo del titolo effettivo della soluzione di ferro (II) solfato

Tenuto conto che

MFe(II) x VFe(II) = VCr2O72- x MCr2O7 x 6

40

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si ha

MFe(II) = 4/VFe(II)

dove

MFe(II) = molarità effettiva della soluzione di ferro (II) solfato

VFe(II) = volume della soluzione di ferro (II) solfato impiegato per la titolazione di

VCr2O7 espresso in millilitri VCr2O72-= volume della soluzione di potassio

bicromato utilizzata per la titolazione, espresso in millilitri (2 mL) MCr2O72- =

molarità della soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato.

5. Espressione dei risultati

Il contenuto di carbonio organico è espresso in g x kg-1.

Per il calcolo viene utilizzata l'espressione

3 (B - A) MFe(II) 200 1000C = --- x --------- x --------- x ------ x 12 x ------- 2 1000 6 20 M

dove

C = contenuto di carbonio organico, espresso in g x kg-1

3/2 = rapporto molare della reazione di ossidoriduzione (2 moli di potassio bicromato

reagiscono con 3moli di C)

B = volume della soluzione di ferro (II) solfato utilizzato nella titolazione della prova

in bianco, espresso in mL

A = volume della soluzione di ferro (II) solfato utilizzato nella titolazione della

soluzione del campione, espresso in mL

200 mL/20 mL = rapporto volumetrico

MFe(II) = molarita' effettiva della soluzione di ferro (II) solfato

12 = peso atomico del carbonio, espresso in g x mole-1

M = massa del campione di suolo, espressa in grammi.

da cui

(B−A)

C=30 x−−−−−−−−−x MFe (II )

M

41

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5.1. Correzione in presenza di Ioni cloruro

In presenza di una quantità di ioni cloruro superiore a 2 g x kg-1, il contenuto

effettivo di carbonio organico è dato da

Ce = C - (Cl- /12)

dove

Ce = contenuto effettivo di carbonio organico, espresso in g x kg-1

C = contenuto di carbonio organico, espresso in g x kg-1

Cl- = contenuto di ioni cloruro presenti nel campione, espresso in g x kg-1

1/12 = fattore di conversione degli ioni cloruro consumati nella formazione del

cloruro di crollare nella corrispondente quantità di C.

6. Valutazione del contenuto di sostanza organica

Considerando pari al 58 % il contenuto medio di carbonio nella sostanza organica del

suolo, è possibile utilizzare il fattore 1,724 per trasformare i g x kg-1 di carbonio

organico accertati nel corrispondente contenuto di sostanza organica:

Sostanza organica = C 1,724

4.4.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen)

1. Principio

Il metodo è applicabile sia ai suoli acidi che a quelli caratterizzati dalla presenza di

calcio carbonato.

La presenza nella soluzione di sodio bicarbonato di ioni carbonato e ossidrile abbassa

l’attività di Ca2+ e di Al3+ con conseguente incremento della solubilità del fosforo (P).

Nei suoli calcarei, l’aumentata solubilità del calcio fosfato deriva dalla diminuzione

della concentrazione del calcio dovuta all’elevata presenza di ioni carbonato ed alla

conseguente precipitazione di CaCO3.

Nei suoli acidi o neutri, la solubilità dei fosfati di alluminio e di ferro viene

incrementata dall’aumento della concentrazione degli ioni ossidrile che induce

diminuzione della concentrazione di Al3+, con formazione di ioni alluminato, e di

Fe3+, con precipitazione di ossidi.

42

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Deve essere tenuto presente, altresì, che, a pH elevato, l’aumento delle cariche

negative e/o la diminuzione dei siti di adsorbimento sulle superfici degli ossidi di

alluminio e di ferro può portare al desorbimento del fosforo fissato.

Il contenuto di fosforo viene determinato per spettrofotometria con il metodo

all’acido ascorbico.

2. Reagenti

Soluzione (2,5 moli · L-1) di acido solforico

Aggiungere, con cautela, in matraccio tarato da 1000 mL contenente circa 500 mL di

H2O, 140 mL di acido solforico (H2SO4) [96% (r= 1,835)].

Mescolare e, dopo raffreddamento, portare a volume con H2O.

Soluzione (1 mole · L-1) di sodio idrossido

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 40 g di sodio idrossido (NaOH).

Mescolare e, dopo raffreddamento, portare a volume con H2O.

Soluzione (0,5 moli · L-1) di sodio bicarbonato

Sciogliere in un bicchiere, contenente circa 900 mL di H2O, 42 g di sodio

bicarbonato (NaHCO3).

Aggiungendo goccia a goccia la soluzione (1 mole · L-1) di sodio idrossido, portare il

pH al valore di 8,5.

Trasferire in matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con H2O.

Per evitare il contatto diretto della soluzione con l’aria atmosferica, aggiungere uno

strato di olio minerale.

Carbone attivo

E’ opportuno controllare la purezza di questo reagente effettuando un’estrazione con

la soluzione (0,5 moli · L-1) di sodio bicarbonato. In presenza di fosforo, lavare più

volte con la stessa soluzione fino a livelli di P non rilevabili per spettrofotometria.

Soluzione (0,25%) di p-nitrofenolo

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 100 mL, 0,25 g di p-nitrofenolo

(NO2C6H4OH).

Soluzione (40 g · L-1) di ammonio molibdato

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 40 g di ammonio molibdato

(NH4)6Mo7O24 · 4H2O]. Portare a volume con H2O.

43

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Conservare la soluzione in recipiente di vetro scuro.

Soluzione (1 mg di Sb · mL-1) di antimonio potassio tartrato

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 100 mL, 0,2728 g di antimonio potassio

tartrato [(K(SbO) · C4H4O6 · ½ H2O]. Portare a volume con H2O.

Soluzione (0,1 moli · L-1) di acido ascorbico

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 100 mL, 1,76 g di acido ascorbico

(C6H8O6). Portare a volume con H2O.

Preparare la soluzione al momento dell’uso.

Reagente solfomolibdico

Mescolare, al momento dell’uso, 50 mL della soluzione (2,5 moli · L-1) di acido

solforico, 15 mL della soluzione (40 g · L-1) di ammonio molibdato, 30 mL della

soluzione (0,1 moli · L-1) di acido ascorbico e 5 mL della soluzione (1mg di Sb · mL-

1) di antimonio potassio tartrato.

Soluzione standard (1000 mg · L-1) di fosforo (P)

Trasferire in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 500 mL di H2O, 4,3938

g di potassio diidrogeno fosfato (KH2PO4) essiccato in stufa a 40°C.

Dopo solubilizzazione del sale, portare a volume con H2O.

Soluzione standard diluita di fosforo (P)

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 1000 mL 2 mL

della soluzione (1000 mg · L-1) di fosforo. Portare a volume con H2O.

In questa soluzione la concentrazione del fosforo è di 2 mg · L-1.

3. Apparecchiatura

Attrezzatura da laboratorio di uso comune.

In particolare:

- pH-metro con compensatore della temperatura, elettrodo di vetro con elettrodo di

riferimento o elettrodi combinati;

- agitatore oscillante a 120÷140 cicli · minuto-1;

- filtri a membrana da 0,45 mm;

- spettrofotometro.

4. Procedimento

4.1. Estrazione

44

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Trasferire 2 g del campione di terra fine in matraccio conico di Erlenmeyer o in

contenitore di

materiale plastico da 125 mL. Aggiungere 0,5 g di carbone attivo e 40 mL (V1) della

soluzione (0,5 moli · L-1) di sodio bicarbonato a pH 8,5. Tenere in agitazione per 30

minuti e passare più volte per carta Whatman® n°42 raccogliendo il filtrato in

contenitore di materiale plastico munito di tappo.

Se necessario, passare per filtro a membrana da 0,45 mm.

Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative, omettendo il

campione di suolo.

4.2. Determinazione colorimetrica

Prelevare con buretta di precisione e trasferire, in matraccio tarato da 50 mL, una

aliquota della soluzione limpida (V2) contenente da 2 a 40 mg di P. Aggiungere 5

gocce della soluzione di pnitrofenolo e, goccia a goccia, una quantità della soluzione

(2,5 moli · L-1) di acido solforico fino a scomparsa del colore giallo dell’indicatore.

Le gocce di acido solforico devono essere fatte scorrere lungo le pareti interne del

matraccio tarato per evitare rapido sviluppo di CO2 e conseguenti perdite della

soluzione.

Diluire a circa 25 mL con H2O e aggiungere 8 mL del reagente solfomolibdico.

Portare a volume con H2O.

Dopo 10 minuti leggere allo spettrofotometro il valore di estinzione 882 nm contro

un bianco che contenga tutti i reagenti esclusa la soluzione di fosforo.

4.3. Curva di taratura

Prelevare con buretta di precisione e trasferire in sei matracci tarati da 50 mL 0, 5,

10, 15, 20 e 25 mL della soluzione standard diluita (2 mg · L-1) di fosforo.

Diluire a circa 25 mL con H2O e aggiungere 8 mL del reagente solfomolibdico.

Portare a volume con H2O.

In ciascuna delle sei soluzioni, la concentrazione del fosforo è, rispettivamente, di 0,

0,2; 0,4; 0,6; 0,8; 1 mg · L-1.

Dopo 10 minuti leggere allo spettrofotometro il valore di estinzione 882 nm contro

un bianco che contenga tutti i reagenti esclusa la soluzione di fosforo.

5. Espressione dei risultati

45

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Il contenuto di fosforo estratto con soluzione di sodio bicarbonato dal campione di

suolo viene espresso in mg · kg-1, senza cifre decimali.

Per il calcolo viene utilizzata l’espressione

V 150

C=( A−B)· — — · — —

V 2 M

dove

C = contenuto di fosforo assimilabile presente nel suolo, espresso in mg · kg-1

A = concentrazione di fosforo nella soluzione del campione, espressa in mg · L-1

B = concentrazione di fosforo nella soluzione della prova in bianco, espressa in mg ·

L-1

V1 = volume dell’estratto (40 mL)

V2= volume della soluzione del campione utilizzata per la determinazione

colorimetrica

M = massa del campione di suolo, espressa in grammi.

6. Note

Tutti i prodotti utilizzati devono essere privi di silicio, tenuto conto della reattività di

questo elemento con

il reagente solfomolibdico.

Per lo stesso motivo, è preferibile utilizzare acqua distillata dal momento che l’acqua

deionizzata può contenere silice.

4.4.5 Determinazione del grado di reazione (pH)

1. Principio

Il pH è determinato per via potenziometrica, dopo taratura del sistema di misura, su

sospensioni di:

suolo-acqua

46

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i valori ottenuti non rispecchiano fedelmente il valore dei pH in campo, ma sono

indicativi del grado di reazione del sistema

suolo-soluzione di sali neutri (KCl o CaCI2)

i valori ottenuti sono maggiormente correlati al grado di saturazione e alla natura del

complesso di scambio

suolo-soluzione di NaF

i valori ottenuti servono per caratterizzare gli andisuoli.

2. Reagenti

- Soluzioni tampone del commercio pronte all'uso (pH = 4,7, 10)

- Soluzione (1 mole x L) di potassio cloruro

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 74,6 g di potassio cloruro (KCl).

Portare a volume con H2O.

- Soluzione (0,01 moli x L-1) di calcio cloruro

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 1,11 g di calcio cloruro (CaCl2)

(o 1,47 g di CaCl2 x 2H2O) Portare a volume con H2O.

- Soluzione (0,1 moli x L-1) di acido fluoridrico

Aggiungere a 800 mL di H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 3,5 mL di acido

fluoridrico (HF) [50% (ρ = 1,155)].

Portare a volume con H2O.

Conservare la soluzione in una bottiglia di materiale plastico.

- Soluzione (1 mole x L-1) di sodio fluoruro

Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 42 g di sodio fluoruro (NaF).

Portare a volume con H2O. Trasferire in una bottiglia di materiale plastico e lasciare

a riposo per due giorni, agitando occasionalmente. Trasferire 50 mL del decantato m

un bicchiere di materiale plastico.

Il pH della soluzione dovrebbe essere compreso tra 7,2 e 8, 1.

Se il valore di pH dovesse risultare più elevato, correggerlo con l'aggiunta di qualche

goccia della soluzione 0,1 moli x L-1 di HF.

3. Apparecchiature

Attrezzatura da laboratorio di uso comune.

In particolare:

47

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- pH-metro con compensazione della temperatura, elettrodo di vetro con elettrodo di

riferimento o elettrodi combinati

- agitatore magnetico a velocità regolabile

- bicchieri in materiale plastico

- bacchette per agitazione in PVC.

4. Procedimento

4.1. Taratura del sistema di misura

Tarare il sistema di misura facendo uso di una soluzione tampone e(1) riferimento

avente pH vicino a quello del campione. Controllare la linearità dei sistema, facendo

uso di almeno un'altra soluzione tampone di riferimento a pH diverso.

4.2. Misura del PH (in H2O e in soluzione di KCl o CaCl2)

Trasferire 10 g del campione di terra fine in un bicchiere da 50 mL Aggiungere 25

mL di H2O o di ciascuna delle soluzione saline. Agitare per almeno due ore. Lasciare

sedimentare la sospensione per alcuni minuti. Introdurre il sistema elettrodico nel

surnatante e rilevare il valore di pH.

4.3. Misura del pH in soluzione di NaF

Trasferire 1 g del campione di terra fine in un bicchiere di materiale plastico da 100

mL.

Aggiungere 50 mL della soluzione (1 mole x L-1) di NaF. Agitare la sospensione per

60 secondi con bacchetta di PVC. Introdurre il sistema elettrodico nel surnatante.

Agitare ancora per 30 secondi.

Esattamente dopo altri 30 secondi leggere il valore di pH.

5. Espressione dei risultati

Il grado di reazione viene espresso come unità di pH, con una cifra decimale.

6. Note

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La misura del valore di pH in soluzione di CaCl2 è, con molta probabilità, il metodo

più usato per definire il grado di reazione del suolo.

Infatti, come riportato da Peech (1965), da Conyers e Davey (1988) e da Davey a

Conyers (1988), in presenza di calcio cloruro, il valore di pH:

- non risulta influenzato, entro certi limiti, dal rapporto suolo: soluzione

- è praticamente indipendente dalla concentrazione di sali solubili

- corrisponde con buona approssimazione al grado di reazione accertato in pieno

campo per i suoli coltivati

- non risente degli errori dovuti al potenziale di giunzione liquida, tenuto conto che la

sospensione resta flocculata

- è praticamente coincidente per i campioni umidi e secchi all'aria

- non varia anche dopo prolungata conservazione del campione secco all'aria.

Non conservare le soluzioni tampone per tempi lunghi.

Pulire e rigenerare regolarmente e con accuratezza gli elettrodi.

49

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5. Risultati e Discussioni

5.1 Prove Geotecniche

5.1.1 Analisi granulometrica

I risultati dell’analisi granulometrica eseguita sui campioni di suolo prelevati a diverse profondità sono riassunti nelle Tabella sottostante (Tab.1).

n°campione Nome Profondità %argilla %limo %sabbia %ghiaia70/2012 A1 mt. 0,00 - 0,10 20 60 13 768/2012 A2 mt. 0,10 - 0,20 21 54 13 1269/2012 Ap mt. 0,20 - 0,40 23 62 14,5 0,567/2012 B mt. 0,40 - 0,70 22 57 19 266/2012 Bc mt. 0,70 - 1,10 19 62 16 3,3564/2012 C mt. 1,10 - 1,30 36 61 3 063/2012 C7 TDR 6 mt. 1,40 25 58 15 265/2012 8 II scavo substrato 22 54 11 13

Tab. 1 – risultati analisi granulometriche

I dati ottenuti hanno permesso di stabilire che i campioni sono tessituralmente molto

simili. In tutti e otto si può notare infatti, la netta maggioranza delle frazioni più fini.

A predominare è la frazione limosa che per tutti i campioni è sempre superiore al

54%, arrivando fino al 62% nei campioni 66/2012 e 69/2012. Dopo il limo la classe

granulometrica prevalente è quella delle argille che nei terreni analizzati va da un

minimo del 19% (nel 66/2012) a un massimo pari al 36 % (nel 64/2012). Le

percentuali di sabbia e ghiaia sono decisamente inferiori e, in particolare, la prima va

da un massimo equivalente al 19% (nel 67/2012) a un minimo del 3% (nel 64/012),

50

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mentre la seconda da un 12% (nel 68/2012) a uno 0% ed è quindi completamente

assente nel 64/2012.

In generale si può notare che nella successione dei terreni analizzati la granulometria

non varia con la profondità, ad eccezione dell’orizzonte C che è contraddistinto da un

aumento del contenuto di argilla.

Un’altra prova degli esiti ottenuti sono le curve cumulative riportate nel grafico

5.1.1.a.

51

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0,001 0,01 0,1 1 10 100 1000

Diametro grani mm

% p

assa

nte

70-2012

69-2012

68-2012

67-2012

66-2012

65-2012

64-2012

63-2012

Fig. 5.1.1.a - Curve granulometriche relative agli 8 campioni analizzati.

Page 52: CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE

5.1.2 Limiti di Atterberg

Nella Tabella 2 sono elencati i risultati conseguiti dalla determinazione dei Limiti di

Atterberg.

n°campione Nome Profondità Wl Wp IP

70/2012 A1 mt. 0,00 - 0,10 43,13 23,82 19,31

68/2012 A2 mt. 0,10 - 0,20 39,79 22,61 17,18

69/2012 Ap mt. 0,20 - 0,40 43,13 24,47 18,66

67/2012 B mt. 0,40 - 0,70 35,42 22 13,42

66/2012 Bc mt. 0,70 - 1,10 35,74 22,64 13,09

64/2012 C mt. 1,10 - 1,30 53,49 24,69 28,81

63/2012 C7 TDR 6 mt. 1,40 37,07 22,31 14,76

65/2012 C8 II scavo substrato 43,13 21,45 21,67

Tab. 2 – Limiti di Atterberg sui campioni analizzati.

Dai dati è possibile osservare che, fatta eccezione per il 64/2012, i restanti campioni

sono praticamente identici oltre che dal punto di vista della distribuzione

granulometrica anche da quello della plasticità, essendo tutti limi argillosi

debolmente sabbiosi caratterizzati da una plasticità medio-bassa. Il 64/2012 è l’unico

ad evidenziare differenze poiché, da come è possibile osservare anche nella Carta

della plasticità (Fig. 5.1.2), si sposta nel campo delle argille inorganiche di alta

plasticità. Ne consegue che il materiale lungo la sezione che è stata scavata è

pressoché il medesimo, ma con la profondità variano i parametri di contenuto

d’acqua, colore, porosità e consistenza.

52

Page 53: CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE

10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0

10

20

30

40

50

60

70

70-2012

Linear (70-2012)

69-2012

68-2012

67-2012

66-2012

65-2012

64-2012

63-2012

WL

IP

CL

OL-ML

CH

OH-MH

Fig. 5.1.2.a – Carta della plasticità relativa agli 8 campioni analizzati.

5.1.3 Carbonatimetria

I risultati dell’analisi del calcare totale indicati nella tabella (Tab. 3) hanno lo scopo

di determinare la quantità di tutti i carbonati presenti nel terreno. (L’indiviuazione è

importante soprattutto per i suoli a vigneto e l’Oltrepò Pavese è da sempre

riconosciuto proprio per questi).

n°campione Nome Profondità %carbonati Ca

70/2012 A1 mt. 0,00 - 0,10 12,941

68/2012 A2 mt. 0,10 - 0,20 14,118

69/2012 Ap mt. 0,20 - 0,40 12,941

67/2012 B mt. 0,40 - 0,70 10,98

66/2012 Bc mt. 0,70 - 1,10 12,941

64/2012 C mt. 1,10 - 1,30 35,294

63/2012 C7 TDR 6 mt. 1,40 13,725

53

Page 54: CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE

65/2012 C8 II scavo substrato 30,196

Tab. 3 – Carbonatimetria sui campioni analizzati.

La letteratura riporta le seguenti soglie:

< 5% basso

5-15% medio

> 15% elevato

La maggior parte dei terreni è caratterizzato da una percentuale in calcare totale

media, salvo i campioni 64/2012 e 65/2012 che mostrano un tenore in CaCO3 elevato

pari rispettivamente al 35,294% e al 30,196%.

54

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5.2 Prove Mineralogiche

5.2.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri

La tabella (Tab. 4) riporta le sommattorie delle percentuali di minerali argillosi,

carbonatici e feldaspatici presenti in ciascun campione.

n°campione %∑ min.arg. %∑ carb. %∑ feld.70/2012 37 25 2168/2012 43 21 1769/2012 35 22 2667/2012 51 14 2266/2012 43 15 2564/2012 33 42 1563/2012 41 17 2665/2012 41 24 22

Tab. 4 – Risultati Diffrattometria a raggi X.

63/2012

64/2012

65/2012

66/2012

67/2012

68/2012

69/2012

70/2012

0

10

20

30

40

50

60

∑ min.arg.∑ carb.∑ feld.

%

Fig. 4.3.1.a – Grafico % ∑ min.arg, ∑ carb. e ∑ feld nel “tout venant”

La quasi totalità dei terreni mostra una netta prevalenza dei minerali argillosi.

L’unica eccezione è rappresenta dal campione 64/2012 che è caratterizzato da una

maggiore percentuale di minerali carbonatici. I minerali feldspatici costituiscono

55

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invece una chiara minoranza in tutti e 8 i campioni. Un’altra tabella (Tab. 5) mette in

evidenza in modo più preciso le percentuali minerali presenti.

n°campione %Sme %Clor. %Caol. %Mica %Qz %K-F %Plag. %Calc. %Dol. %Anf.70/2012 7 9 9 12 15 7 14 14 11 268/2012 14 10 7 12 15 7 10 11 10 469/2012 11 8 6 10 15 8 18 12 10 267/2012 16 12 11 12 10 9 13 8 6 366/2012 14 11 9 9 15 6 19 10 5 264/2012 11 9 7 6 10 9 6 26 16 063/2012 16 9 5 11 10 11 15 10 7 665/2012 12 9 10 10 10 7 15 16 8 3

Tab. 5 – Percentuali presenza singoli minerali.

In generale, minerali argillosi quali la caolinite, la mica-illite e la clorite sono

considerati “inerti”, mentre smectite, vermiculite, illite degradata sono minerali

argillosi fortemente “attivi”, in quanto presentano proprietà rigonfianti/collassanti e

con capacità di scambio relativamente elevate. In particolare la smectite, per la sua

particolare attività di rigonfiamento/collasso in seguito a cicli di

umettazione/essiccamento, crea delle superfici di discontinuità che possono costituire

piani di scivolamento delle masse franose. In linea di massima, i movimenti di massa

sono comunemente lenti in terreni prevalentemente costituiti da minerali quali

smectite, vermiculite, interstratificati e illite degradata. Dissesti repentini sono invece

caratteristici di terreni in cui prevale la presenza di minerali argillosi quali caolinite,

illite e clorite.

Indagini precedenti sulla composizione mineralogica dei terreni franosi nell’area

dell’ Oltrepo Pavese sono riportate nel lavoro di Braga et al. (1985). In generale,

nell’area dell’ Oltrepo, i terreni entro la formazione delle “argille varicolori” sono

costituiti prevalentemente da minerali argillosi “inerti” mentre le masse franose entro

i litotipi marnosi dei complessi flyschioidi sono costituiti da smectite. La smectite è

presente in quantità significative anche nelle formazioni delle “marne di Monte

Piano” e delle “argille varicolori”. Nelle arenarie di Ranzano, dove prevale la

56

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componente arenacea, risultano più abbondanti i minerali detritici come quarzo e

feldspati, insieme a minerali argillosi inerti quali clorite, illite e caolinite.

Dalle analisi effettuate sugli 8 campioni emerge la presenza della Smectite che

potrebbe aver avuto un ruolo fondamentale nella dinamica delle frane avvenute in

seguito alle alluvioni del 27-28 aprile 2009, a causa delle particolari proprietà che

essa presenta. Questo minerale, anche se non in percentuali elevate, si sarebbe

comportato come una sorta di collante fra le varie particelle che costituiscono il

terreno e, in seguito alle forti piogge, avrebbe subito i caratteristici processi di

rigonfiamento responsabili della venuta meno alla sua funzione legante. Conferma

del probabile ruolo decisivo della Smectite è fornita dall’analisi della frazione

inferiore a 2 µm, grazie alla quale viene evidenziata la prevalenza di questo minerale

(Tab. 6).

n°campione   Frazione < 2 µm    Sme. Clor. Caol. Mica70/2012 51 8 5 3668/2012 48 8 6 3869/2012 52 7 5 3667/2012 46 8 5 4166/2012 47 9 7 3764/2012 56 9 4 3163/2012 47 11 7 3565/2012 56 8 5 31

Tab. 6 – Percentuali frazione < 2µm.

57

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63/2012

64/2012

65/2012

66/2012

67/2012

68/2012

69/2012

70/2012

0

10

20

30

40

50

60

Sme.Clor.Caol.Mica

%

Fig. 4.3.1.b – Grafico % Smectite Clorite Caolinite Mica nella frazione <2µm

58

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5.3 Prove Pedologiche

5.3.1 Determinazione capacità di scambio cationico con bario cloruro e

trietanolammina

La capacità di scambio cationico (CSC) rappresenta la quantità massima di cationi

adsorbibili (cationi scambiabili) dai colloidi organici e minerali del suolo (Gessa e

Testini, 1989). La capacità di scambio cationico rappresenta un buon indicatore di

qualità del suolo, in quanto fornisce un’indicazione sulla fertilità potenziale e sulla

natura dei minerali argillosi. L’assorbimento per scambio ionico rappresenta, infatti,

il meccanismo più importante di trattenimento degli ioni nel suolo e coinvolge quasi

esclusivamente i cationi, tra cui quelli utili alla nutrizione delle piante come calcio,

magnesio, potassio e sodio. In base ai valori assunti, la capacità di scambio può

essere valutata secondo lo schema riportato in tabella (Tab. 7):

Valori di CSC (meq/100 g di suolo)

Valutazione

< 5 Molto bassa5-10 j Bassa

10-206 Media>20 Alta

Tabella 7 - Valutazione della CSC

Dai dati ottenuti dalle analisi (Tab. 8) si osserva che i campioni sono tutti terreni

discreti, cioè caratterizzati da una bassa capacità di scambiare cationi Ca, Mg e K.

59

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n°campione CSC (meq/100g)

70/2012 16,5441268/2012 15,9313769/2012 14,7058867/2012 15,3186366/2012 12,254965/2012 13,4864/2012 14,0963/2012 15,93TDR 5 15,93137TDR 6 8,578431

Tabella 8 – Valori della CSC ottenuti

63/2

012

64/2012

65/2012

66/2012

67/2012

69/2012

68/2012

70/2012

TDR 5

TDR 6

02468

1012141618

CSC

meq

/100

g

Fig. 5.3.1.a – Grafico CSC meq/100g

5.3.2 Determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario

cloruro e trietanolammina.

60

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Tale analisi ha consentito di quantificare la presenza delle basi di scambio Magnesio,

Calcio e Potassio disponibili nel terreno.

Il calcio (Tab. 9) ha un ruolo fondamentale nella struttura del terreno, quantità

elevate di calcio possono alzare il pH rendendo il fosforo, il ferro e il boro non

assimilabili.

VALORE (Ca ppm) GIUDIZIO

0-1000 Scarso

1000-2000 Sufficiente

>2000 Buono

Tabella 9 – Valori del Calcio

Il magnesio (Tab. 10) si trova in molti minerali silicatici (olivine, pirosseni e

anfiboli) e in alcuni alluminiosilicati come ad esempio le miche. Il magnesio è un

elemento di essenziale importanza per la vita della pianta è infatti un componente

della molecola della clorofilla e un attivatore di molti processi enzimatici.

VALORE (Mg ppm) GIUDIZIO0-50 Molto scarso

50-101 Scarso101-151 Sufficiente151-250 Buono

>250 Elevato

Tabella 10 – Valori del Magnesio

Il potassio (Tab. 11) si trova nel suolo per il 90-98 % nei minerali, principalmente

nei feldespati e nelle miche, intrappolato nei reticoli cristallini e in forma non

scambiabile, disponibile per le piante solo nel corso dei processi di alterazione.

61

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VALORE (K ppm) GIUDIZIO0-41 Molto scarso

41-81 Scarso81-141 Sufficiente141-200 Buono

>200 Elevato

Tabella 11 – Valori del Potassio

I valori delle basi di scambio risultanti dalle analisi sono riassunti nella tabella

sottostante (Tab. 12):

n°campione Ca Mg K

70/2012 4007 227 145,2

68/2012 3816 221,3 106,3

69/2012 4011 235,5 107,1

67/2012 3647 261,5 80,07

66/2012 3496 377,9 83,5

64/2012 3950 543,5 98,79

63/2012 3702 473,4 87,01

65/2012 3487 512,3 85,51

TDR 5 3422 473,5 67,07

TDR 6 1045 187,2 84,5

Tabella 11 – Valori delle basi di scambio espressi in ppm (mg/Kg)

62

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63/2012

64/2012

65/2012

66/2012

67/2012

69/2012

68/2012

70/2012

TDR 5

TDR 6

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

4500

CaMgKpp

m

Fig. 5.3.2.a – Grafico valori delle basi di scambio

Il calcio presenta valori abbondanti per tutti e 10 i campioni. I valori più alti

appartengono ai campioni 69/2012 e 70/2012 che sono anche i più superficiali.

Il magnesio appare elevato nella maggior parte dei terreni, mentre diminuisce, ma

rimanendo sempre notevole nei suoli 68/2012, 69/2012 e 70/2012.

Il potassio risulta invece scarso nel TDR5, mentre è giudicato sufficiente in tutti gli

altri.

63

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5.3.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee)

Il contenuto in carbonio organico del suolo (Fig. 5.3.3.a) è in stretta relazione con

quello della sostanza organica, che a sua volta rappresenta il principale indicatore

chimico della qualità del suolo (Schoenholtz et al., 2000). La sostanza organica del

suolo può assumere valori variabili da meno di 0.5% (dotazione bassa) ad oltre il 4%

(dotazione alta) secondo Soil Conservation Service (Russell, 1994; Tab. 13).

La sostanza organica nel suolo ha una composizione molto eterogenea e risulta

costituita principalmente da cellule di microrganismi, da residui animali e vegetali a

diverso stadio di decomposizione, dalle sostanze secrete sia dalle radici che a livello

della superficie delle foglie (Sequi, 1989). La sostanza organica ha un effetto diretto

sulla qualità del suolo grazie alla sua influenza sulle proprietà fisiche, chimiche e

biologiche che ne determinano il suo corretto funzionamento. Più precisamente essa

svolge un ruolo chiave nella determinazione della struttura del suolo attraverso lo

sviluppo di aggregati, di dimensioni variabili a seconda delle caratteristiche di

tessitura del suolo, i quali tendono a disporsi e organizzarsi spazialmente

determinando la forma e le dimensioni degli spazi vuoti all'interno del suolo. Tra i

vari componenti del suolo, la sostanza organica è senz’altro la più reattiva dal punto

di vista chimico. Ha un'elevata superficie specifica, interagisce con i metalli e con i

minerali argillosi, agisce come scambiatore ionico e costituisce una riserva di azoto.

64

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Fig. 5.3.3.a – Valori in % relativi al Carbonio organico e alla Sostanza organica. La quantità “Consumption” rappresenta la quantità di Ferro ammonio solfato (oso) consumata durante l’analisi.

63/2012

64/2012

65/2012

66/2012

67/2012

69/2012

68/2012

70/2012

TDR 5

TDR 6

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

Sostanza organica %

Fig. 5.3.3.b – Grafico in % relativo al alla Sostanza organica

Sostanza organica (%) GIUDIZIO<0.5 Molto bassa

0.5-1.0 Bassa1.0-2.0 Moderatamente bassa2.0-4.0 Media

>4.0 Alta

Tabella 13– Valutazione della riserva di sostanza organica nel suolo

(%) secondo Soil Conservation Service (Russell, 1994)

Dai risultati della sostanza organica si può riscontrare un suo deciso aumento

andando dai suoli più profondi a quelli più esterni. Tale esito era prevedibile, poiché

la sostanza organica che proviene da residui di microrganismi, di vegetali e di

animali, è sempre particolarmente abbondante nello strato più superficiale del

terreno.

65

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5.3.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen)

Il fosforo è un elemento importantissimo, il suo ruolo principale è di essere un

costituente dell’ ATP (adenosintrifosfato), molecola trasportatrice di energia. Come

tale entra a far parte di tutti i processi biochimici di una pianta.

Il suo assorbimento è dipendente dal pH del suolo: a pH elevati infatti il fosforo

forma fosfato bicalcico e tricalcico, non assimilabili dalle piante.

In Italia, mediamente, i terreni hanno una buona dotazione di fosforo.

VALORE (P ppm) GIUDIZIO

0-5 Molto scarso

05-11h Scarso

411-16 Sufficiente

16-25 Buono

>25 Elevato

Tabella 14 – Valori del Fosforo

La Tabella 15 mostra i valori del Fosforo sono molto scarsi per tutti i campioni di

suolo. Il valore maggiore, ma comunque indiscutibilmente basso, è raggiunto nei

terreni 69/2012 e 70/2012.

n°campione mg/I PO4

70/2012 0,868/2012 0,5369/2012 0,7967/2012 0,2366/2012 0,4164/2012 0,2263/2012 0,5665/2012 0,42TDR 5 0,2TDR 6 0,28

Tabella 15 – Risultati della determinazione del Fosforo assimilabile

66

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63/2012

64/2012

65/2012

66/2012

67/2012

69/2012

68/2012

70/2012

TDR 5

TDR 6

00.10.20.30.40.50.60.70.80.9

mg/I PO4

Fig. 5.3.4.a – Grafico in % relativo al fosforo assimilabile

67

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5.3.5 Determinazione del grado di reazione (pH)

L’analisi del pH ha lo scopo di determinare l’ acidità del terreno, che corrisponde alla

quantità di ioni H3O+ presenti in una soluzione acqua-suolo. Anche il pH del suolo,

come la sostanza organica, è in grado di influenzare molti processi fisici, chimici e

biologici del suolo, rappresentando quindi un indicatore chiave nella valutazione

dalla qualità del suolo.

Il terreno in base alla misurazione dell’ acidità può essere così classificato:

VALORE GIUDIZIO<5,3 molto acido

5,4-5,9 acido6,0-6,7 subacido6,8-7,2 neutro7,3-8,1 subalcalino8,2-8,8 alcalino

>8,8 molto alcalino

Tabella 16 – Valori del pH

Nella Tabella 17 sono indicati i valori ottenuti ponendo il campione a contatto con acqua:

n°campione PH70/2012 8,1968/2012 8,3069/2012 8,2767/2012 8,5666/2012 8,5864/2012 8,6763/2012 8,6065/2012 8,64TDR 5 8,48TDR 6 8,76

Tabella 17 – Valori di Reazione (pH) in H2O

68

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I terreni appaiono tutti alcalini. Esiti praticamente molto simili si raggiungono

addizionando il campiono di suolo, invece che con l’acqua con la soluzione salina di

Potassio cloruro (KCl):

n°campione PH70/2012 7,4668/2012 7,4769/2012 7,4967/2012 7,5166/2012 7,5464/2012 7,5163/2012 7,5565/2012 7,59TDR 5 7,52TDR 6 7,72

Tabella 18 – Valori di Reazione (pH) in KCl

63/2012

64/2012

65/2012

66/2012

67/2012

69/2012

68/2012

70/2012

TDR 5

TDR 6

6.5

7

7.5

8

8.5

9

PH in H2OPH in KCl

Fig. 5.3.5.a – Grafico valori del PH in H2O e KCl

69

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6. Conclusioni

I risultati dell’analisi granulometrica eseguita sui campioni di suoli hanno permesso

di stabilire che i campioni sono tessituralmente molto simili. In tutti e otto si può

notare infatti, la netta maggioranza delle frazioni più fini. A predominare è la

frazione limosa che per tutti i campioni è sempre superiore al 54%, arrivando fino al

62% nei campioni 66/2012 e 69/2012. Dopo il limo la classe granulometrica

prevalente è quella delle argille che nei terreni analizzati va da un minimo del 19%

(nel 66/2012) a un massimo pari al 36 % (nel 64/2012). Le percentuali di sabbia e

ghiaia sono decisamente inferiori e, in particolare, la prima va da un massimo

equivalente al 19% (nel 67/2012) a un minimo del 3% (nel 64/012), mentre la

seconda da un 12% (nel 68/2012) a uno 0% ed è quindi completamente assente nel

64/2012.

In generale si può notare che nella successione dei terreni analizzati la granulometria

non varia con la profondità, ad eccezione dell’orizzonte C che è contraddistinto da

un aumento del contenuto di argilla.

Dai dati ottenuti dalla determinazione dei Limiti di Atterberg è possibile osservare

che, fatta eccezione per il 64/2012, i restanti campioni sono praticamente identici

oltre che dal punto di vista della distribuzione granulometrica anche da quello della

plasticità, essendo tutti limi argillosi debolmente sabbiosi caratterizzati da una

plasticità medio-bassa. Il 64/2012 è l’unico ad evidenziare differenze poiché, da

come è possibile osservare anche nella Carta della plasticità (Fig. 5.1.2), si sposta nel

campo delle argille inorganiche di alta plasticità. Ne consegue che il materiale

lungo la sezione che è stata scavata è pressoché il medesimo, ma con la profondità

variano i parametri di contenuto d’acqua, colore, porosità e consistenza.

L’analisi del calcare totale ha messo in evidenza che la maggior parte dei terreni è

caratterizzato da una percentuale in calcare totale media, salvo i campioni 64/2012 e

65/2012 che mostrano un tenore in CaCO3 elevato pari rispettivamente al 35,294% e

al 30,196%.

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Tramite le analisi mineralogiche sul tout venant si è potuto osservare che la quasi

totalità dei terreni mostra una netta prevalenza dei minerali argillosi. L’unica

eccezione è rappresenta dal campione 64/2012 che è caratterizzato da una maggiore

percentuale di minerali carbonatici. I minerali feldspatici costituiscono invece una

chiara minoranza in tutti e 8 i campioni.

In particolare emerge la presenza della Smectite che potrebbe aver avuto un ruolo

fondamentale nella dinamica delle frane avvenute in seguito alle alluvioni del 27-28

aprile 2009, a causa delle particolari proprietà che essa presenta. Questo minerale,

anche se non in percentuali elevate, si sarebbe comportato come una sorta di collante

fra le varie particelle che costituiscono il terreno e, in seguito alle forti piogge,

avrebbe subito i caratteristici processi di rigonfiamento responsabili della venuta

meno alla sua funzione legante. Conferma del probabile ruolo decisivo della

Smectite è fornita dall’analisi della frazione inferiore a 2 µm, grazie alla quale viene

evidenziata la prevalenza di questo minerale.

Dalle analisi sulla capacità di scambio cationico si osserva che i campioni sono tutti

terreni discreti, cioè caratterizzati da una bassa capacità di scambiare cationi Ca,

Mg e K.

Gli esami relativi alle basi di scambio hanno mostrato che il calcio presenta valori

abbondanti per tutti e 10 i campioni. I valori più alti appartengono ai campioni

69/2012 e 70/2012 che sono anche i più superficiali. Il magnesio appare elevato

nella maggior parte dei terreni, mentre diminuisce, ma rimanendo sempre notevole

nei suoli 68/2012, 69/2012 e 70/2012. Il potassio risulta invece scarso nel TDR5,

mentre è giudicato sufficiente in tutti gli altri.

Dalle indagini sulla sostanza organica si può riscontrare un suo deciso aumento

andando dai suoli più profondi a quelli più esterni. Tale esito era prevedibile, poiché

la sostanza organica che proviene da residui di microrganismi, di vegetali e di

animali, è sempre particolarmente abbondante nello strato più superficiale del

terreno.

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I valori acquisiti relativamente al Fosforo assimilabile sono molto scarsi per tutti i

campioni di suolo. Il valore maggiore, ma comunque indiscutibilmente basso, è

raggiunto nei terreni 69/2012 e 70/2012.

Le analisi sul pH hanno evidenziato che i terreni appaiono tutti alcalini.

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7. Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare la Prof.ssa Claudia Meisina, per la disponibilità e

l’aiuto fornito durante la realizzazione di questa tesi.

Un sentito ringraziamento all’azienda Riccagioia s.c.p.a., e in particolare alla

Dott.ssa Alessandra Leoni e a tutta la squadra del laboratorio Riccalab per quanto

hanno fatto per me durante il periodo di stage.

Ringrazio inoltre il Prof. Setti e il Dott. Marinoni che sono stati sempre bendisposti

durante l’esecuzione delle prove mineralogiche.

Non posso non ringraziare il Geom. Tumiati per l’indimenticabile e interminabile

estate trascorsa nel laboratorio di Geotecnica tra setacci, calmetri e strumenti vari.

Inoltre, vorrei esprimere la mia sincera gratitudine ai miei compagni di corso con i

quali ho vissuto questa avventura, e in particolare ringrazio quelli che sono diventati

più che semplici compagni. Un pensiero poi va inevitabilmente al buon Claudio che

come noi si meritava di raggiungere questo traguardo.

Ringrazio le mie amiche di sempre, perche mi hanno dato il sostegno e i consigli di

cui avevo bisogno, anche se per un periodo non me li sarei proprio meritati, ma ci

sono amicizie come la nostra destinate a durare e in grado di superare ogni ostacolo.

Grazie al mio Simone che mi è sempre stato accanto, dandomi affetto, coraggio e

sopportando con pazienza i miei sbalzi d’umore.

Il grazie più grande di tutti va ai miei genitori grandi finanziatori della mia scalata

verso la laurea, che hanno creduto in me, senza mai farmi mancare niente.

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8. Bibliografia

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seguito dell’evento del 27-28 Aprile 2009 in Oltrepo Pavese e redazione di linee

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Provincia di Pavia, Dipartimento di Scienze della Terra – Università degli Studi di

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