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Universit` a degli Studi di Napoli Federico II Facolt` a di Scienze MM. FF. NN. Corso di Laurea in Fisica Caratterizzazione del sistema per la misura di Tempo di Volo dell’esperimento PAMELA con uso di fasci di ioni. Tesi di Laurea Relatori: Candidata: Prof.Giancarlo Barbarino Carbone Rita Dott.Giuseppe Osteria matr. 60/938 Anno Accademico 2005/2006

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Universita degli Studi di NapoliFederico II

Facolta di Scienze MM. FF. NN.Corso di Laurea in Fisica

Caratterizzazione del sistema per lamisura di Tempo di Volo

dell’esperimento PAMELAcon uso di fasci di ioni.

Tesi di Laurea

Relatori: Candidata:Prof.Giancarlo Barbarino Carbone RitaDott.Giuseppe Osteria matr. 60/938

Anno Accademico 2005/2006

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Indice

Introduzione 1

1 I Raggi Cosmici 31.1 Un Po’ di Storia... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.2 Introduzione alla Fisica dei Raggi Cosmici . . . . . . . . . . . 7

1.2.1 Componente Adronica - Interazioni Forti. . . . . . . . 71.2.2 Radiazione Secondaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.2.3 Processi Elettromagnetici . . . . . . . . . . . . . . . . 111.2.4 Dipendenze Angolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.2.5 Componente Muonica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171.2.6 Componente Elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

1.3 Componente Nucleare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191.4 Radiazione Primaria e Campi Magnetici . . . . . . . . . . . . 22

1.4.1 Le Fasce di Van Allen . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221.4.2 Particelle di Albedo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231.4.3 Effetti Est-Ovest, Latitudine e Longitudine . . . . . . 241.4.4 Modulazioni Solari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

1.5 L’Antimateria nello Spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261.5.1 Antiprotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 271.5.2 Positroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 271.5.3 La ricerca di Antinuclei . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2 L’Esperimento PAMELA 312.1 Il Programma WiZard e il Progetto RIM . . . . . . . . . . . . 312.2 La Missione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322.3 Obiettivi Scientifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 332.4 I sottorivelatori di PAMELA . . . . . . . . . . . . . . . . . . 372.5 I modelli di PAMELA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

2.5.1 Il modello meccanico e di massa . . . . . . . . . . . . 382.5.2 Il modello termico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 392.5.3 Il modello tecnologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 392.5.4 Il modello di volo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

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INDICE II

2.6 Descrizione dell’elettronica centrale e della fase di trasmis-sione dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 402.6.1 L’unita di controllo centrale . . . . . . . . . . . . . . . 412.6.2 Il sistema di trasferimento dati . . . . . . . . . . . . . 43

3 Il ToF 443.1 Il ToF di PAMELA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

3.1.1 Gli Scopi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 443.1.2 Geometria e Struttura Meccanica . . . . . . . . . . . . 443.1.3 I Componenti del ToF di PAMELA . . . . . . . . . . 45

3.2 L’elettronica del ToF di PAMELA . . . . . . . . . . . . . . . 503.2.1 La scheda di Front-End . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

3.3 L’identificazione delle particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . 553.3.1 Misura della velocita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 553.3.2 Misura della massa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 583.3.3 Misura della carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

4 Il Test sul Fascio 614.1 Operazioni preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 614.2 Apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

4.2.1 Il tracker ADAMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 644.3 Caratteristiche del fascio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 654.4 Simulazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 664.5 Calibrazioni delle schede di Front-End . . . . . . . . . . . . . 69

4.5.1 Calibrazione della sezione di tempo . . . . . . . . . . . 694.5.2 Calibrazione della sezione di carica . . . . . . . . . . . 714.5.3 Stima dell’effetto di Time Walk . . . . . . . . . . . . . 73

5 Analisi dati 765.1 Calcolo delle costanti di calibrazione e della risoluzione tem-

porale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 765.2 Misure di risoluzione in carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 825.3 Congruita della risposta dei contatori . . . . . . . . . . . . . . 855.4 Correzioni per posizione e risoluzione temporale con traccia-

mento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

Conclusioni 98

A Il Software SRIM 99A.1 Il Programma di Simulazione TRIM . . . . . . . . . . . . . . 99

B Il Software di PAMELA. 100

Bibliografia 102

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INDICE III

Elenco delle figure 111

Elenco delle tabelle 113

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Introduzione

L’esperimento PAMELA (a Payload for Antimatter-Matter Exploration andLight nuclei Astrophysics), ultima fase del programma aerospaziale inter-nazionale WiZard, ha come scopo lo studio dei raggi cosmici, con partico-lare attenzione alla ricerca dell’antimateria in essi presente. L’apparato dirivelazione e installato a bordo del satellite russo Resurs-DK1, il cui lancioe stato effettuato il 15 Giugno 2006 e che si trova ora ad orbitare a circa 600km di altezza dalla superficie terrestre. Il telescopio e stato realizzato da unacollaborazione internazionale di cui fanno parte membri del dipartimento difisica dell’Universita degli Studi di Napoli e della locale sezione INFN; tra ivari rivelatori che lo compongono, il sistema per la misura del tempo di volo(ToF), progettato e realizzato proprio dal gruppo di Napoli, gioca un ruoloparticolarmente importante in quanto, oltre ad assolvere i propri compitisperimentali, fornisce il segnale di trigger all’intero apparato.

Questo lavoro di tesi si inserisce in un momento di transizione partico-larmente delicato per lo sviluppo dell’esperimento: PAMELA e infatti inacquisizione pressoche continua dall’11 Luglio del 2006. Con l’arrivo deiprimi dati di volo diventa quindi pressante l’esigenza di concludere la fasedi studio di calibrazioni, risoluzioni e accettanze dell’hardware, ma anche divalutare validita e completezza del software, maturare una buona confiden-za con gli strumenti propri dell’analisi dati e, soprattutto, approntare unapparato maneggevole e versatile che riproduca le caratteristiche basilari diquello su satellite ma sul quale si possa operare facilmente con operazionidi verifica che possano servire per un confronto costruttivo con le infor-mazioni che quotidianamente ci arrivano dallo spazio. E’nata cosı l’idea direalizzare, con componenti provenienti dal modello tecnologico di PAMELAe quindi identici in tutti i dettagli a quelli dell’esperimento in orbita, unpiccolo apparato che replicasse il sistema per la misura di tempo di volo.Una volta assemblato, tale apparato e stato caratterizzato mediante espo-sizione a fasci di ioni accelerati presso i laboratori GSI di Darmstaadt. Tragli obiettivi scientifici di PAMELA ha un ruolo primario la misura di flussidi nuclei (e, si spera, antinuclei!) con Z≤6 nei raggi cosmici. Il test su fascioha dunque lo scopo di rivelare la risposta dell’apparato all’interazione conqueste tipologie di nuclei, evidenziando le capacita della strumentazione didiscriminare oggetti di diverso Z ma anche eventuali non linearita o com-

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INDICE 2

portamenti inattesi sia del rivelatore che dell’elettronica. Inoltre le misureeffettuate forniscono importanti verifiche sperimentali alle stime di quantitaquali costanti di calibrazione, risoluzioni nelle misure di tempo, velocita ecarica, soglie di saturazione etc., finora calcolate solo in via teorica o permezzo di simulazioni Monte Carlo.

Nella stesura di questa tesi ho cercato di seguire lo stesso ordine logicoe cronologico che ha caratterizzato le varie fasi di preparazione e sviluppodel lavoro sperimentale. Nel primo capitolo ho quindi fornito uno sguar-do d’insieme sulla fisica dei raggi cosmici, soffermandomi in particolare suquegli aspetti che costituiscono anche la fisica di PAMELA (composizionedella radiazione, spettri, fasce di Van Allen, modulazioni solari ecc.). Ilsecondo capitolo e dedicato all’esperimento PAMELA nel suo complesso:componenti, caratteristiche, obiettivi scientifici. Nel terzo capitolo viene in-vece descritto in dettaglio il sistema per la misura del tempo di volo: misono soffermata prima sulla componentistica dei rivelatori e dell’elettronicaper poi introdurre i meccanismi fenomenologici e analitici che permettonol’identificazione delle particelle. Il fulcro di questa tesi e sicuramente il testsu fascio, di cui operazioni preliminari e modalita di svolgimento sono ripor-tate nel capitolo 4 mentre l’analisi dati e i suoi risultati sono descritti nelcapitolo 5.

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Capitolo 1

I Raggi Cosmici

Figura 1.1: Simulazione di Radiazione Cosmica che Investe la Terra eCreazione di Sciami (fonte:NASA).

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 4

1.1 Un Po’ di Storia...

La storia della fisica dei raggi cosmici inizio intorno al 1900, quando Wilsone Rutherford [1] osservarono scariche in elettroscopi anche posti in completaoscurita e ben lontani da sorgenti di radioattivita naturale. Nel 1910 Wulftrovo che il grado di ionizzazione dell’atmosfera passava da 6x106 ioni/m3, aterra, a 3.5·106 ioni/m3, in cima alla Torre Eiffel (330 m); all’epoca la radi-azione ionizzante piu penetrante conosciuta erano i raggi γ, il cui coefficientedi assorbimento in aria era noto: se la ionizzazione rilevata fosse stata dovu-ta a raggi γ originatisi sulla superficie della Terra, la quantita di ioni avrebbedovuto dimezzarsi gia a 80 m d’altezza ed essere trascurabile in cima allaTorre Eiffel. La vera rivoluzione nello studio dei raggi cosmici si ebbe tra il1912 e il 1914 quando Hess e Kolhorster [2] raggiunsero, mediante palloniaerostatici, quota 5 km e 9 km, rispettivamente, misurando la ionizzazionedell’atmosfera ad altitudini crescenti; essi trovarono la prima evidenza im-prescindibile che la sorgente della radiazione ionizzante fosse collocata aldi fuori dell’atmo-sfera terrestre: la ionizzazione media cresceva rispetto aquella misurata a livello del mare al di sopra di 1.5 km di altezza. Oggi sisa che anche a livello del mare vi e una ionizzazione residua, pari a circa1.4·106 coppie ioniche/m3, dovuta a radiazione extraterrestre [4]. Fu quindiuna semplice, anche se errata, estrapolazione assumere che i raggi cosmici,come li chiamo Millikan nel 1925 [8], fossero raggi γ con un potere di pene-trazione molto maggiore di quello osservato per la radioattivita naturale [7].Nel 1929 Skobeltsyn costruı una camera a nebbia per studiare le proprietadei raggi β emessi durante i decadimenti radioattivi: osservando le tracce,ne noto alcune fortemente deflesse che sembravano tracce di elettroni conenergie superiori ai 15 MeV. Egli identifico tali particelle come elettroni sec-ondari prodotti dalla radiazione “ultra-γ”di Hess. L’interpretazione non eracorretta ma le osservazioni di Skobeltsyn costituirono le prime immagini ditracce di raggi cosmici. Il 1929 vide anche l’invenzione del detector Geiger-Muller che permise la rivelazione individuale dei raggi cosmici: questo tipodi contatore ha infatti un tempo di risposta molto breve, di modo che, nonsolo e possibile identificare gli eventi individualmente, ma anche determinarei tempi relativi ai loro arrivi con buona precisione; il problema ad esso corre-lato e pero un’elevata sensibilita a radioattivita contaminante. Negli stessianni Bothe e Kolhorster realizzarono un esperimento chiave per la fisica deiraggi cosmici e introdussero nel processo il concetto fondamentale di contarele coincidenze per eliminare eventi di fondo; Bothe e Kolhorster registraronogli eventi su di un film e riuscirono a misurare coincidenze entro 0.01 s [3]. Loscopo dell’esperimento era determinare se la radiazione cosmica consistessedi raggi γ ad alta energia o di particelle cariche. Usando due contatori,posizionati l’uno sull’altro, trovarono che la scarica simultanea di entrambii rivelatori veniva registrata con grande frequenza, anche quando tra i dueveniva posto un forte assorbitore: cio significava che particelle cariche con

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 5

abbastanza potere penetrante da passare attraverso entrambi erano moltocomuni. La tecnica delle coincidenze e ora uno standard. L’esperimento diBothe e Kolhorster affermo per la prima volta con vigore che la radiazionecosmica fosse formata da particelle cariche; essi rilevarono inoltre che taliparticelle dovessero essere molto energetiche, visto il percorso che riuscivanoa compiere nella materia: l’energia associata fu stimata tra 109 e 1010 eV.Dagli anni ’30 ai primi anni ’50 la radiazione cosmica fu usata come sor-gente naturale di particelle ad alta energia, sufficiente a penetrare i nuclei,al fine di scoprire nuove particelle. Nel 1930, Millikan e Anderson usarono uncampo magnetico dieci volte piu intenso di quello usato da Skobeltsyn perstudiare le tracce delle particelle nella camera a nebbia; Anderson osservotracce curve identiche a quelle degli elettroni ma corrispondenti a particellecon carica positiva [5, 6]. La scoperta fu confermata da Blackett e Occhialininel 1933 con una nuova tecnica che prevedeva l’utilizzo del trigger: gli eventirivelati dalla camera a nebbia venivano selezionati e registrati solo quando siverificava la coincidenza di due contatori Geiger-Muller posizionati sopra esotto la camera. In molte occasioni gli sciami osservati contenevano un ugualnumero di elettroni positivi e negativi: era stato scoperto il “positrone”,previsto dalla teoria di Dirac [17]. Anderson noto inoltre tracce che sembra-vano associabili a particelle positive e negative piu penetranti: queste par-ticelle venivano collimate meno di elettroni e positroni dai campi magneticie mostravano solo piccole evidenze di interazione col gas della camera. Nel1936, Anderson e Neddermeyer annunciarono la scoperta di particelle conmassa intermedia tra quelle dell’elettrone e del protone: i muoni, chiamatiinizialmente “mesotroni”perche erroneamente identificati con le particelleportatrici della forza forte teorizzate da Yukawa. Subito dopo la Secon-da Guerra Mondiale, Rochester e Butler riportarono la scoperta di alcunicasi di tracce di particelle a forma di “V”corrispondenti, apparentemente, anessuna particella entrante. I due fisici suggerirono, correttamente, che le“V”risultassero dal decadimento spontaneo di una particella sconosciuta, lacui massa poteve essere stimata dai prodotti del decadimento. Per ottenereflussi piu intensi di radiazione cosmica gli esperimenti furono ripetuti a sem-pre maggiori altitudini; furono trovati moltri altri esempi di “V”e questaclasse di particelle divenne nota come “strange”. Vennero via via scoperteparticelle strane sia neutre che cariche, quali i kaoni (K+,K−,K0) e le par-ticelle lambda (Λ). Nel frattempo Powell, in collaborazione con la IlfordCompany, realizzo speciali emulsioni fotografiche “nucleari”sufficientementesensibili da registrare le tracce di tutte le particelle scoperte fino ad allora;lo stesso Powell e i suoi collaboratori si specializzarono nella produzione distrati sottilissimi di emulsioni da poter sovrapporre in maniera compatta esoprattutto, dopo l’uso, separare nuovamente e analizzare singolarmente: sipotevano ottenere cosı immagini tridimensionali dell’interazione avvenuta alsuo interno. L’introduzione di questa nuova tecnologia frutto, nel 1947, lascoperta del pione (π): le emulsioni mostrarono chiaramente la produzione,

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 6

nell’interazione di raggi cosmici, di p+ e p−, che decadevano, entro pochidecimi di mm, in muoni, i quali decadevano ancora in elettroni (o positroni)e neutrini correlati (invisibili). Negli anni successivi grazie allo studio deiraggi cosmici furono scoperti ancora due tipi di particelle: la Ξ e la Σ,quest’ultima scoperta nel 1953 da un gruppo di fisici italiani. Dal 1953 inpoi, grazie allo sviluppo tecnologico, lo studio delle alte energie ha legato ilsuo futuro ai grandi acceleratori piuttosto che ai raggi cosmici, la cui fisicaha mantenuto e aumentato, invece, il proprio rilievo in ambito astrofisico[9].

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 7

1.2 Introduzione alla Fisica dei Raggi Cosmici

Quando la radiazione cosmica primaria attraversa l’atmosfera terrestre, leparticelle che la compongono, principalmente protoni, particelle α e alcuninuclei piu pesanti, interagiscono con elettroni e nuclei degli atomi e dellemolecole costituenti l’aria; di conseguenza la composizione della radiazionecambia durante la propagazione e tutte le particelle perdono energia medi-ante processi adronici e/o elettromagnetici. Gli adroni incidenti subisconointerazioni forti con i nuclei atmosferici (in primis ossigeno e azoto) chedanno origine, per energie superiori ad alcuni GeV, a “sciami”(“showers”)di particelle risultanti dalla creazione, negli urti, di mesoni e altre particellesecondarie. Le particelle primarie piu energetiche, o in caso di nuclei primaripesanti i loro frammenti, continuano a propagarsi nell’atmosfera continuan-do ad interagire, producendo ulteriori particelle energetiche lungo le lorotraiettorie e cosı via. Le particelle piu abbondanti emergenti dalle collisioniadroniche energetiche sono i pioni ma vengono anche prodotti kaoni, iperoni,particelle charmate e coppie nucleone-antinucleone. Eventi di questo tipomolto energetici danno origine ai cosiddetti “Extensive Air Showers”(chenel seguito chiameremo, per brevita, EAS), all’interno dei quali si possonodistinguere tre componenti fondamentali (vedi figura 1.2): la componenteadronica, che costituisce il nucleo della cascata, la componente fotoelettroni-ca, che aumenta rapidamente nei processi elettromagnetici a cascata iniziatitipicamente dal decadimento dei pioni neutri, e la componente muonica, cheha origine principalmente dal decadimento dei pioni carichi ma anche dikaoni e particelle con charme; a queste si aggiunge una componente neu-trinica non rilevabile al di sopra del livello del suolo a causa della piccolasezione d’urto neutrinica e della presenza del rumore di fondo.

Esaminiamo un po’ piu in dettaglio i processi schematizzati, le cause ele conseguenze.

1.2.1 Componente Adronica - Interazioni Forti.

Introduciamo il concetto, estremamente utile nella fisica dei raggi cosmici, dicammino libero medio di interazione, λi [g/cm2] , che contiene informazionisul comportamento della particella relativamente al mezzo attraversato ede legato alla sezione d’urto dell’interazione considerata σi dalla relazione:

λi =A

NA

1σi

(1.1)

dove A e il numero di massa del nucleo bersaglio e NA e il numero di Avo-gadro (6,02 · 1023). I protoni primari energetici subiscono in media 12 in-terazioni nell’attraversare, lungo una traiettoria verticale, l’atmosfera finoal livello del mare; a cio corrisponde λi ≈ 80 g/cm2. E’ quindi possibile,

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 8

Figura 1.2: Schema di Creazione di uno Sciame

peraltro frequentemente, la creazione di una cascata adronica che generaun EAS. I nuclei bersaglio, invece, fortemente eccitati dalle collisioni en-ergetiche, emettono particelle α e nucleoni di energia ≤ 15 MeV. La mag-gior parte dei nuclei pesanti presenti nella radiazione primaria viene inveceframmentata nella prima interazione, che avviene ad altezze molto maggioririspetto alle prime interazioni protoniche a causa dell’elevata sezione d’urtoe del corrispondente, piccolo, λi ; il numero medio di interazioni possibili(anche > 50) ci fa inoltre capire come sia praticamente impossibile che unnucleo pesante raggiunga il livello del mare.

Per una stima rapida delle quantita fondamentali legate alle interazionie bene ricordare un po’ di numeri e relazioni elementari: la sezione d’urtonucleone - nucleo e legata approssimativamente alla sezione d’urto nucleone- nucleone dalla relazione

σn,A(E) =σn,n(E)A2/3 (1.2)

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 9

in cui σn,n varia lentamente tra circa 40 mb per E = 10 GeV e circa 80 mbper E = 107 GeV; per lo scattering π - nucleo, invece ,

σπ,A=σπ,nA3/4 (1.3)

e σπ,n ∼ 26 mb. Tutte le considerazioni fatte finora si basano sull’idea chele interazioni trattate siano di tipo puramente elastico; non e cosı, pero, perle interazioni adroniche alle quali e necessario associare una nuova quantita:l’inelasticita k. Un adrone di energia iniziale E0, subendo n interazioni coninelasticita media < k >, avra alla fine un’energia, in media,

E = E0(1− < k >)n = E0 < η >n (1.4)

dove η = (1 − k) e una quantita compresa tra 0 e 1 detta elasticita. Gliurti causati da nucleoni e antinucleoni sono caratterizzati da un alto gra-do di elasticita, infatti tali particelle riescono a mantenere, in media, dopoun urto, il 50% circa della loro energia iniziale; cio significa che un nucle-one primario che raggiunge il livello del mare ha ridotto la sua energia diun fattore (E/E0) = (0, 5)12 ∼= 2, 5 · 10−4. Questo stesso effetto e osserv-abile, ma ovviamente meno pronunciato, per gli altri adroni e mesoni, lecui interazioni sono maggiormente anelastiche. Per energie inferiori a ∼100 GeV bisogna inoltre considerare l’annichilazione (fenomeno ovviamenteanelastico) di antinucleoni.

1.2.2 Radiazione Secondaria

Le interazioni forti di alta energia e processi elettromagnetici quali la creazionedi coppie provocano la produzione di particelle secondarie. I pioni carichi,cosı come i meno abbondanti kaoni, iperoni e coppie nucleone-antinucleone,vengono creati nell’interazione tra radiazione primaria e atmosfera e contin-uano poi a propagarsi contribuendo al flusso adronico nell’atmosfera stessa.Tali particelle, a questo punto, sono soggette a decadimento ma possonoanche essere sufficientemente energetiche da innescare ulteriori interazioniadroniche con conseguente produzione di una cascata secondaria. La com-petizione tra i fenomeni di interazione e decadimento dipende da energia evita media della particella ma anche dalla densita del mezzo in cui si stapropagando; per una particella fissata che si propaga in atmosfera, le rispet-tive probabilita dei due processi sono quindi funzione di altitudine e angolodi zenit, oltre che dell’energia. A causa della loro minuscola vita media (τ ∼10−16 s) i π0 decadono per lo piu istantaneamente in due fotoni contribuendoall’accrescimento dei canali elettromagnetici. Il momento delle particelle sec-ondarie (intendendo con questo termine sia quelle prodotte dalle interazioni

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 10

della radiazione primaria sia quelle generate dalle successive interazioni diqueste ultime) puo essere calcolato a partire da considerazioni su scatteringadrone-adrone ad alta energia. Ad energie cinetiche superiori a pochi GeV,infatti, lo spettro dei pioni (ma anche kaoni ecc.) secondari ha una formamolto simile a quella dello spettro dei protoni primari, jp(E)=ApE

−γp , percui puo essere espresso da jπ(E)=AπE−γπ con γπ ∼ γp. I pioni carichi hannouna vita media a riposo di 2,6 · 10−8 s, una lunghezza d’interazione λi ∼ 120g/cm2 in aria e decadono attraverso i processi π+ → µ++νµ e π− → µ−+νµ

, arricchendo le componenti muonica e neutrinica dello sciame. I suddettimuoni, nonostante siano caratterizzati da una vita media di 2.2 · 10−6 s,riescono nella maggior parte dei casi a sopravvivere fino al livello del maregrazie alla dilatazione relativistica del tempo che agisce sulla vita media delµ e del π secondo la relazione

τ(E) = τ0E

m0c2= γτ0 (1.5)

dove τ0 e m0 sono vita media e massa a riposo della particella e γ e il fattoredi Lorentz. La piccola componente muonica che decade produce elettroni eneutrini secondo i processi: µ+ → e+ + νµ + νe e µ− → e− + νe + νµ. Ipioni neutri danno origine, mediante il decadimento π0 → γγ, ad un cicloelettromagnetico di bremsstrahlung e creazione di coppie e+e− che si iterafinche il fotone emesso ha un’energia superiore a 1.02 MeV. In definitiva,risulta evidente che una radiazione primaria molto energetica puo generaremilioni di sciami secondari che allargano sempre di piu la cascata deviandolateralmente dalla direzione dell’asse centrale a causa del momento traversoacquisito nei processi di scattering. Poiche la maggior parte delle particellesecondarie derivanti da interazioni adroniche sono instabili, per calcolarneil flusso e lo spettro energetico bisogna tener conto anche delle probabilitadi decadimento. La distanza che una particella instabile riesce a percorreredurante la sua vita media τ e: l = vτ ∼= βcγτ0 [cm]; il rate di decadimentoper unita di cammino percorso puo quindi essere definito come:

1l

=1

γβcτ0(cm−1). (1.6)

Di conseguenza il cammino libero medio per un decadimento spontaneoin un mezzo di densita ρ [g/cm3] si esprime come λd = γβcτ0ρ [g/cm2] e ilnumero di particelle, dN, di una popolazione, N1, che decadono all’internodi un elemento di spessore dX [g/cm2] e dato da:

dN =N1

λddX (1.7)

quindi il numero di particelle rimanenti dopo aver attraversato uno spessoreX g/cm2 e :

N2 = N1e−∫

dXλd (1.8)

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 11

mentre il numero dei decadimenti e, ovviamente, N ′ = N1 - N2. Possiamoquindi calcolare la probabilita di decadimento di una generica particellacome:

W =N ′

N2= 1− e

−∫

m0dX

ρτ0p ∼=m0X

ρτ0p; (1.9)

quando pero la particella incide ad un angolo θ 6=0 rispetto allo zenitl’espressione della probabilita diventa

W ∼=m0X sec θ

ρτ0p. (1.10)

Vediamo come la probabilita di decadimento incide sullo spettro muonico:fissata l’altezza nell’atmosfera, lo spettro differenziale dell’energia dei muonie dato da jµ(E)=AπWπ(E+∆E)−γµ(1−Wµ ) , con Aπ costante di normaliz-zazione, ∆E energia persa per ionizzazione, Wπ probabilita di decadimentopionica e Wµ probabilita di decadimento muonica. Ad energie molto bassetutti i mesoni decadono in muoni; ad alte energie, invece, possono ancheinteragire con i nuclei costituenti l’aria (perdendo energia). In un mezzo adensita costante la competizione tra i due fenomeni favorisce l’interazioneal crescere dell’energia poiche la dilatazione temporale riduce la probabilitadi decadimento; questo andamento e ulteriormente amplificato al cresceredella densita del mezzo.

1.2.3 Processi Elettromagnetici

Tutte le particelle cariche sono soggette a varie interazioni elettromagneticheche comportano perdita di energia; il peso relativo dei diversi processi e fun-zione di energia e massa del proiettile ma anche della natura della targhet-ta. La perdita di energia per ionizzazione e eccitazione atomica ha un an-damento logaritmico con l’energia stessa, come si evince dalla formula diBethe-Bloch [10]:

−dE

dx= 4πNAr2

emec2z2 Z

Aβ2[ln(

2mec2γ2β2

I)− β2 − δ

2] (1.11)

valida per una particella moderatamente relativistica con carica ze in unmezzo di numero atomico Z e numero di massa A; nella formula compaionoi seguenti fattori:

• me , massa a riposo dell’elettrone,

• re , raggio classico dell’elettrone,

• NA , numero di Avogadro,

• 4πNAr2emec

2 = 0, 3071 MeV cm2/g,

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 12

• I , costante di ionizzazione, data approssimativamente da 16·Z0,9 eVper Z >1,

• dx , spessore attraversato, in g/cm2,

• δ , fattore di densita, che per una particella molto energetica vale∼2lnγ +costante.

Figura 1.3: Energia specifica persa per ionizzazione da diverse specie nucleariin poliviniltoluene calcolata in base all’Eq. 1.11 trascurando l’effetto didensita. La parte marcata delle linee e il range atteso per le misure dienergia di PAMELA [11]

In figura 1.3 e riportato l’andamento dell’energia specifica persa per ion-izzazione da protoni, particelle α e nuclei di carbonio in poliviniltoluene (ilpoliviniltoluene, come vedremo, e il materiale di cui sono fatti gli scintilla-tori del contatore di tempo di volo) nell’intorno del minimo della funzioneespressa dalla 1.11. Una particella singolarmente carica che si trovi al min-imo di questa curva e chiamata particella al minimo di ionizzazione, o MIP(acronimo di Minimum Ionizing Particle). Si puo vedere che una MIP cor-risponde a circa 2 MeV cm2/g. Una MIP viene normalmente usata comeunita di misura per l’energia; sempre dalla 1.11 si evince quindi che l’energiarilasciata da un nucleo di C al minimo di ionizzazione e z2 ·MIP .

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 13

Ad energie molto elevate le particelle cariche perdono energia ancheper bremsstrahlung (bs), produzione di coppie (pp) e interazioni nucleari(ni) tramite processi fotonucleari; l’espressione dello stopping power diventaquindi:

dE

dx= aion(E) + b(E)E[eV g−1cm2] (1.12)

dove aion(E) e dato dalla Bethe-Bloch e

b(E) = bbs(E) + bpp(E) + bni(E) (1.13)

L’energia alla quale i termini di ionizzazione e bremsstrahlung si equivalgonoe detta “energia critica”Ec. Per gli elettroni

Ec∼=

800Z + 1.2

(MeV )[4] (1.14)

dove Z e il numero atomico del mezzo in cui l’elettrone si sta propagando; inparticolare, in aria a temperatura e pressione standard (cioe 20oC e 1 atm)Ec vale ∼84,2 MeV per gli elettroni e ∼3,6 TeV per i muoni [4]. I processiradiativi sono fondamentali nella trattazione di muoni di alta energia chesi propagano in mezzi densi, come avviene in esperimenti condotti sottoterra, sott’acqua o sotto ghiaccio, mentre possono essere trascurati quando siconsiderino particelle piu pesanti dei protoni. Un’altra quantita utile quandoabbiamo a che fare con elettroni e fotoni ad alta energia che attraversanola materia e la lunghezza di radiazione x0, in g/cm2 o cm; un’unita diradiazione e la distanza media attraverso la quale un elettrone perde 1/edella sua energia iniziale per bremsstrahlung. La tabella delle lunghezze diradiazione per diversi mezzi e stata compilata nel 1974 da Tsai utilizzandola formula [4]

x0 =716, 4A

Z(Z + 1) ln( 287√Z

)[g/cm2] (1.15)

di cui esiste pero un’approssimazione piu semplice e immediata per la propagazionein aria, dovuta a Cocconi (1961):

xair = 292T

2731P

(m) (1.16)

(per ottenere xair in g/cm2 basta moltiplicare per 36.66) dove P e la pres-sione atmosferica, in atm, e T la temperatura assoluta, in K.

1.2.4 Dipendenze Angolari

Al fine di ricavare una stima dei valori attesi di flusso e distribuzione angolaredella radiazione cosmica rivelata introduciamo alcune quantita osservabili.Si definisce intensita direzionale Ii(θ, φ), di una particella di un dato tipo,i,

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 14

il numero di particelle, dNi, incidenti su un elemento di superficie dA perunita di tempo, dt, da un elemento di angolo solido, dΩ:

Ii(θ, ϕ) =dNi

dAdtdΩ(cm−2s−1sr−1) (1.17)

bisogna precisare che Ii e funzione anche dell’energia e, a basse energie, deltempo. Possiamo quindi definire il flusso J1,i (flusso integrale) dello stessotipo di particelle per unita di superficie (orizzontale) e di tempo come

J1 =∫∩

I(θ, φ) cos θdΩ[cm−2s−1] (1.18)

dove⋂

rappresenta l’emisfero superiore, rispetto alla direzione di vista, adA (θ ≤ π/2).Tutti gli esperimenti condotti finora hanno evidenziato che la dipendenzaazimutale e piccola per tutte le componenti (eccezion fatta per l’effetto Est-Ovest che discuteremo in seguito), mentre e estremamente importante ladipendenza dall’angolo di zenit che si esprime come

Ii(θ) = Ii(0) cosni(θ) (1.19)

dove Ii(0) e l’intensita verticale della componente i-esima e ni e una fun-zione dell’energia e della profondita atmosferica, il cui valor medio misuratoe 2.0±0.5 per la componente elettronica e 1.85±0.10 per la componentemuonica (da qui si ricava la cosiddetta “legge del cos2(θ)”).

L’attenuazione della componente adronica nell’atmosfera e caratterizza-ta dalla lunghezza di attenuazione Λ [g/cm2]; a causa della produzione diparticelle secondarie, la lunghezza di attenuazione e piu grande del cammi-no libero medio di interazione. Per il flusso totale della radiazione cosmicaΛ '120 g/cm2. Il flusso adronico dipende quindi dall’altitudine secondo lalegge:

I(0, X2) = I(0, X1) · e−X2−X1

Λ (1.20)

dove X2 e X1 , con X2 ≥ X1 , sono profondita, in g/cm2, in atmosfera. Datauna profondita verticale in atmosfera, la quantita di materia attraversata dauna particella incidente lungo una traiettoria inclinata sottesa ad un angoloθ ≤ 60 rispetto allo zenit (per cui e trascurabile la curvatura della superficeterrestre) e Xs = X · secθ (denominata “slantdepth”).

Per ragioni pratiche e storiche la radiazione cosmica e stata originari-amente divisa in due componenti: la componente “dura”e quella “molle”.Tale classificazione si basava sulla capacita delle particelle di pentrare omeno 15 cm di piombo(X = 167g/cm2). La componente molle, completa-mente assorbita, e composta principalmente da elettroni e muoni di bassaenergia, mentre la componente dura, ad alto potere penetrativo, si componedi muoni e adroni altamente energetici. Quale delle componenti predominidipende dall’altitudine; al livello del mare la componente dura e composta

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 15

quasi esclusivamente da muoni. Lo spettro differenziale dell’energia, j(E),e, per definizione, il numero di particelle dN(E) per unita di superficie dA,di tempo dt, di angolo solido dΩ, e di energia dE:

j(E)dN(E)

dAdΩdtdE[cm−2s−1sr−1GeV −1]. (1.21)

Lo spettro di una particella puo essere pero espresso anche in funzionedel momento, j(p), e della rigidita, j(P ), dove con “rigidita”si intende laquantita

P =pc

Ze(GV ) (1.22)

rapporto tra l’energia cinetica (in GeV) e la carica elettrica della particellain esame. La comodita di utilizzare la rigidita come variabile risiede nel fattoche particelle con uguale P seguano percorsi identici all’interno di un campomagnetico. Gli spettri possono essere rappresentati da leggi di potenza:

• spettro integrale J(≥E)=CE−γ

• spettro differenziale j(E)=CγE−(γ+1)

con C costante e (γ +1) ∼ 2.7 per E che va da 100 GeV al punto denominato“ginocchio”, che si trova tra 106 e 107GeV, e dalla “caviglia”in poi, cioe109 − 1010 GeV in su, mentre (γ +1) ∼ 3.1 tra ginocchio e caviglia (comeevidenziato in figura 1.4).

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Figura 1.4: Spettro differenziale dei raggi cosmici.

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 17

1.2.5 Componente Muonica

I muoni sono la terza componente piu abbondante, dopo fotoni e neutrini,della radiazione secondaria a livello del mare e rappresentano circa il 99%della componente “dura”; la loro grande importanza sta nel fatto che lamaggior parte delle informazioni sulla radiazione primaria (in particolaresu spettro e composizione) e sulle interazioni atmosferiche derivano propriodallo studio sperimentale che li riguarda. A tal scopo una rilevante quantitafisica e soprattutto l’intensita verticale muonica che, per momenti pµ≤5GeV/c e funzione della latitudine geomagnetica e dell’attivita solare.

Lo spettro muonico in funzione del momento e stato misurato ripetuta-mente, specie con l’utilizzo di spettrometri magnetici: nei primi esperimentiil limite superiore per la misura di pµ era dell’ordine dipochi GeV/c men-tre oggi e possibile raggiungere misure di ∼20 TeV/c. Per quanto riguardale regioni spettrali di piu alta energia, i dati sono stati ottenuti da misuresotterranee di range, “muon bursts”e camere ad emulsione fotografica perraggi X; eventi di cosı alta energia sono pero estremamente rari per cui sisono rese necessarie installazioni sperimentali molto grandi.

La misura di riferimento dello spettro dei muoni verticali e stata ottenu-ta con “spark chambers”nell’ampio range 0.2 ≤ p ≤ 1000 GeV/c. I muonidi piu alta energia sono stati invece rivelati con spettrometi magnetici, indirezioni prossime all’orizzontale: il motivo discende dal fatto che i pioni piuenergetici, emergenti dalla prima generazione di interazioni del “primario”,che entrano nell’atmosfera tangenzialmente viaggiano piu a lungo in un mez-zo a bassa densita rispetto a quelli che si propagano verticalmente; di con-seguenza, per un pione ad una data energia, la probabilita di decadimento,in competizione con l’interazione, e maggiore in direzione orizzontale, il chearricchisce il flusso muonico (questi argomenti non si applicano ai muoniprodotti a partire da particelle con charme, che, come vedremo, creano unacomponente il cui flusso e indipendente dall’angolo di zenit).

Alle basse energie l’intensita muonica risente della asimmetria est-ovest,dovuta alla predominanza di cariche positive nella radiazione primaria cheinfluenza le probabilita di assorbimento e decadimento delle particelle insta-bili. Alle alte energie, invece, lo spettro muonico e modificato da un altroeffetto legato alla particella genitrice: i muoni possono essere infatti generatida decadimenti sia pionici che kaonici. In entrambi i casi comunque, anchese in maniera diversa, la competizione tra interazione e decadimento si ri-solve sempre piu a favore del decadimento all’aumentare dell’angolo di zenit;complessivamente si osserva, di conseguenza, un arricchimento della compo-nente muonica all’aumentare dell’angolo di incidenza rispetto allo zenit dellaradiazione primaria, nonche dell’energia. In particolare, la differenza tra icontributi dei due canali, kaonico e pionico, e principalmente dovuta alledifferenze di massa e vita media. I rispettivi spettri di produzione hannopero la stessa forma.

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 18

Esiste una piccola componente muonica “diretta”, indipendente dall’an-golo di zenit dovuta al decadimento delle particelle charmate; a causa dellabrevissima vita media di tali particelle, infatti, i decadimenti avvengono is-tantaneamente dopo la produzione. I muoni diretti riflettono il carattereisotropo della radiazione primaria; il loro contributo e ovviamente piccolo,paragonato all’insieme dei muoni diversamente originatisi, ma si manifestae diventa rilevante ad energie superiori ad 1 TeV e ad ampi angoli di zenit(dove cioe ci sono pochi muoni di altra origine). Per la rivelazione di questacomponente sono preferibili installazioni sperimentali sotterranee.

Complessivamente, come gia accennato, la dipendenza dall’angolo di zen-it dell’intensita muonica per θ ≤ 75 e descritta dall’espressione, ottenutasperimentalmente:

I(θ) = I(0)cosn(θ), (1.23)

dove n = n(p) vale mediamente 1.85 ± 0.10 µ+ e µ− non sono prodottisimmetricamente: il rapporto di carica, Kµ =

Nµ+

Nµ−, sempre maggiore di 1,

dipende, oltre che dall’angolo di zenit, dalla latitudine geomagnetica e dalladirezione azimutale (gli effetti maggiori si manifestano alle basse energie).

In prossimita del suolo si registra inoltre un flusso di muoni diretti versol’alto, dovuto al backscattering di muono nel suolo stesso. Questo flusso vaconsiderato come fondo negli esperimenti che coinvolgono neutrini perchepossono essere erroneamente interpretati come prodotti di interazioni dineutrini che avvengono nella roccia terrestre.

1.2.6 Componente Elettronica

La componente molle della radiazione cosmica secondaria, composta prin-cipalmente da elettroni, positroni e fotoni, ha un flusso a livello del marepari a circa il 35-40% della componente muonica. Le modalita con cui questacomponente viene generata sono gia state descritte nel paragrafo sui processiellettromagnetici.

Il rapporto di carica di positroni e elettroni e stato determinato fino adenergie di 6 GeV con l’uso combinato di calorimetri e spettrografi magnetici;i risultati sperimentali mostrano che tale rapporto si mantiene sempre aldi sotto dell’unita, come ci si aspetta, a causa di processi, come l’effettoCompton, che generano solo elettroni.

Per quanto riguarda la dipendenza angolare, l’intensita I(θ) = Ivcosn(θ)

ha un andamento del tipo cos2(θ) per θ ≤ 60 in un ampio range di energia.

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1.3 Componente Nucleare

Circa l’11% della radiazione cosmica e composta da nuclei con Z≥2 [20]; leabbondanze relative degli elementi con 1≤Z≤28, calcolate in base ai risultatisperimentali piu recenti e accreditati, sono riportate sul grafico in figura1.6. Sullo stesso grafico si puo osservare il confronto con le abbondanzerelative degli stessi elementi all’interno del Sistema Solare: la cosa piu ovviada aspettarsi sarebbe una coincidenza dei profili, ma cio non avviene pergli elementi di numero atomico immediatamente inferiore al Carbonio e alFerro; proviamo ad interpretare questi dati. I nuclei maggiormente presentinella nella radiazione sono quelli coinvolti nei cicli di produzione di energiaall’interno delle stelle (H, He, C, N, O) e il Ferro, prodotto nell’ultimo stadiodell’evoluzione dei corpi celesti; sulle abbondanze di questi elementi non cisono sostanziali differenze tra dentro e fuori il Sistema Solare. Ben diversoe invece il rapporto tra le due misure per, ad esempio, Litio, Berillio e Boro:la loro abbondanza nei raggi cosmici e piu grande di 4-5 ordini di grandezzarispetto alla loro presenza nel Sistema Solare. Cio si spiega ipotizzando perquesti nuclei una produzione per spallazione [18], cioe frammentazione di unnucleo pesante in due nuclei di Z piu basso, dovuta all’interazione del nucleostesso con il mezzo stellare; tenendo in considerazione la densita del mezzointerstellare, la probabilita di interazione e le probabilita di frammentazionesi puo dedurre che fenomeni di questo tipo non possono essere osservati suscala piu piccola di quella galattica.

In questa ottica si inserisce uno degli obiettivi scientifici di PAMELA:misurare con buona precisione il rapporto dei flussi di Boro e Carbonio aldi fuori dell’atmosfera. Ammettendo infatti che il Carbonio sia di origineprimaria mentre il Boro sia prodotto per spallazione proprio a partire dalCarbonio, misurare l’abbondanza di Boro relativa al Carbonio vuol direstimare la quantita di materia attraversata dalla radiazione; queste stimesarebbero molto importanti nell’ambito della determinazione dei meccanismidi propagazione e accelerazione della radiazione cosmica.

In figura 1.6 si puo anche osservare il caratteristico andamento pari-dispari, conseguenza del fatto che, in natura, la formazione di nuclei conun numero pari di protoni (Z) e neutroni (N) e favorita dalla presenzadel termine di “pairing”, δ(A), nell’espressione semiempirica dell’energia dilegame:

E(A,Z) = −b0A + b1A2/3 + b2

Z(Z − 1)A1/3

+ b3(N − Z)2

A+ δ(A) (1.24)

dove A = Z + N e le bi sono costanti stimate teoricamente e ricavate sper-imentalmente. In questa equazione, composta anche, nell’ordine, da untermine principale, uno di superficie, uno coulombiano e uno di simmetria,il termine di pairing puo assumere valori diversi: e nullo per A dispari, neg-ativo (δ(A) = −b4/A

1/2) per N e Z pari e positivo (δ(A) = +b4/A1/2) per

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 20

Figura 1.5: Risultati sperimentali attuali nella misura del rapporto B/Cal limite dell’atmosfera a confronto con il range atteso per le misure diPAMELA. La linea sovrapposta ai punti sperimentali rappresenta un cal-colo teorico svolto da Molnar e Simon [12] nell’ambito di uno studio di unmodello di diffusione dei raggi cosmici da parte dell’alone galattico senzariaccelerazione.

N e Z dispari. I nuclei piu stabili sono quelli con energia minima, cioe quellicon Z e N entrambi pari.

A causa del rapido assorbimento esponenziale di nuclei energetici nel-l’atmosfera terrestre, il flusso di nuclei primari che riesce a sopravviverefino al livello del mare senza subire collisioni e decisamente infinitesimaleanche per i nuclei piu leggeri come l’elio; anche i nuclei secondari prodottidalla frammentazione dei primari pesanti, hanno scarsissima probabilita disopravvivenza. Di conseguenza per ottenere una misura del flusso nuclearea grandi profondita atmosferiche ci sarebbe la necessita di rivelatori moltograndi che permettessero quindi ampie statistiche. Esiste pero una stimadel flusso di nuclei con 5≤Z≤28, integrato su tutti gli angoli rispetto allozenit, al livello del mare ottenuto per estrapolazione da Price e collaboratori

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 21

Figura 1.6: Abbondanze relative (misurate a 1 AU) degli elementi con Z≤28nei raggi cosmici rispetto alle quantita medie del Sistema Solare. I valorisono relativi ad un’abbondanza di Carbonio pari a 100 [13].

nel 1980 in base a misurazioni fatte in alta atmosfera [19].

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1.4 Radiazione Primaria e Campi Magnetici

La radiazione cosmica primaria e influenzata, nell’avvicinarsi alla Terra, daicampi magnetici galattici, interplanetari, magnetosferici e geomagnetici. Ilcampo magnetico interplanetario (IMF) ha un valore costante di 5 nT (∼50 µG)[4] in corrispondenza dell’orbita terrestre; il campo magnetosferico,risultante della somma di campi locali che si generano nello spazio delimitatodalla magnetopausa, e estremamente variabile, mentre il campo geomagneti-co, generato da sorgenti interne alla Terra, e soggetto a variazioni secolari.In complesso, sulla superficie terrestre e riscontrabile un campo magneticodi intensita tra 30 e 60 µT a seconda della posizione geografica. Sono inoltreriscontrabili variazioni temporali dell’ordine del %. Anche la componentecarica della radiazione secondaria subisce l’effetto del campo geomagnetico.

Il flusso radiativo e inoltre modulato dall’attivita solare: esso manifestainfatti effetti ciclici della durata di 11 anni (corrispondenti al ciclo di passag-gio dal massimo al minimo di attivita solare) e 22 anni (legati all’inversionedel dipolo magnetico solare che avviene ad ogni massimo di attivita). Talemodulazione decresce pero all’aumentare dell’energia e diventa trascurabileper particelle con rigidita superiore a 10 GV.

1.4.1 Le Fasce di Van Allen

Nel 1958 un gruppo di ricercatori dell’Universita dell’Iowa, guidati da JamesA. Van Allen, scoprı, esaminando i dati registrati dai contatori Geiger-Muller a bordo dei satelliti statunitensi Explorer I e III, un’estesa fasciadi radiazione attorno alla Terra, composta da particelle “intrappolate”dalcampo magnetico terrestre, in accordo con quanto previsto dalla teoria diCarl Stormer [2]. In un lavoro del 1913, l’astrofisico svedese aveva infattipostulato l’esistenza di particelle intrappolate tra le linee di forza del cam-po dipolare geomagnetico con traiettorie limitate, complesse e difficilmentepredicibili ma schematizzabili in caso di momento iniziale della particellasuficientemente piccolo. Si deve invece ad Alfven (1942) lo studio secondocui ogni particella carica in un campo magnetico dipolare percorre una cir-conferenza il cui centro, guiding center, oscilla in latitudine tra due mirrorpoints lungo una guiding line che ha la forma di una linea di forza in lentarotazione attorno all’asse del dipolo (da est a ovest se ha carica positiva eviceversa nel caso di carica negativa). Poiche il centro guida oscilla lungola linea guida, passando cosı attraverso zone caratterizzate da diverse inten-sita del campo, il raggio dlla circonferenza descritta dalla particella cambiagradualmente in modo da lasciare invariato il flusso magnetico concatenato.

I risultati dell’ispezione della sonda Pioneer-3, pervenuti alla fine del1958 stesso, non solo confermarono l’esistenza delle particelle intrappolatema fornirono anche prova dell’esistenza di ben due fasce di radiazione (vedifigura 1.7):

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 23

• la fascia di radiazione interna, che si estende fino a 2.5 raggi terrestrie contiene protoni di energie dell’ordine di qualche decina di MeV eelettroni non relativistici,

• la fascia di radiazione esterna, con un’estensione di circa 3 raggi ter-restri, contenente elettroni e protoni di energie in feriori a 1 MeV.

Figura 1.7: Rappresentazione schematica delle fasce di radiazione e del motodelle particelle intrappolate.

1.4.2 Particelle di Albedo

In alta atmosfera (a circa 40 km dalla crosta terrestre) alcune particelledella radiazione cosmica secondaria prodotta possono invertire il propriomoto lungo le linee di forza del campo magnetico e rimbalzare nello spazio:nel caso in cui l’angolo d’impatto permetta loro un solo rimbalzo parliamodi particelle d’albedo, quando invece i rimbalzi si ripetono piu volte abbiamoa che fare con particelle quasi-intrappolate. Il flusso di entrambe le tipologierisulta pressoche costante su un ampio intervallo di energie.

Oltre che per il fatto di essere generate molto piu vicino al suolo, leparticelle d’albedo si distinguono da quelle delle fasce di radiazione in quantocaratterizzate da energie ben piu elevate (superiori al GeV) e, quindi, tempidi volo piu brevi.

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 24

1.4.3 Effetti Est-Ovest, Latitudine e Longitudine

Flussi e spettri dei raggi cosmici fino ad energie dell’ordine di ∼100 GeVpresentano asimmetrie rispetto alle direzioni di provenienza Est e Ovest acausa del campo geomagnetico e dell’eccesso di carica positiva della radi-azione primaria. Tale effetto (effetto East-West) si fa sentire maggiormentein alta atmosfera poiche la dipendenza dall’angolo di zenit, che si esprimecon la legge del cos2 θ quando la radiazione penetra profondamente l’atmos-fera, smussa decisamente l’asimmetria a livello del mare. La forma dipolaredel campo geomagnetico provoca inoltre un effetto azimutale. A causa delcutoff geomagnetico (cioe la presenza di un valore di soglia della rigiditaal di sotto del quale le particelle non riescono a penetrare l’atmosfera) ladistribuzione in energia manifesta, fino a 15 GeV, una dipendenza dallalatitudine (effetto latitudine).

Esiste anche un effetto longitudine dovuto al fatto che l’asse del dipolo ge-omagnetico e collocato in maniera asimmetrica rispetto all’asse di rotazioneterrestre.

Si riscontrano, inoltre, anomalie magnetiche locali, la piu famosa e im-portante delle quali e l’anomalia dell’Atlantico Meridionale. Sopra il SudAmerica, fino a circa 200 km oltre le coste brasiliane, si estende la parte piuvicina alla Terra (distanza inferiore ai 500 km) della fascia interna di VanAllen: cio comporta un bombardamento locale di circa 3000 protoni, di en-ergie superiori al GeV, per centimetro quadro per secondo. Ovviamente ciopuo causare seri disturbi alle strumentazioni elettroniche a bordo di satellitio altri velivoli spaziali che si trovino ad attraversare l’area interessata.

1.4.4 Modulazioni Solari

L’interazione tra la radiazione cosmica e il Sole produce, sullo spettro dellaradiazione cosmica stessa, perturbazioni puntuali e cicliche; l’esempio piuimportante per la prima categoria di effetti e rappresentato dai decrementidi Forbush mentre le principali modulazioni hanno periodi di 27 giorni, 11anni e 22 anni.

Il monitoraggio continuo dei raggi cosmici ha permesso di osservare inmolte occasioni decrescite improvvise dell’intensita della radiazione su scalamondiale; tali decrementi avvengono in poche ore e possono raggiungere an-che il 20% dell’intensita media, mentre il ripristino delle condizioni inizialiimpiega generalmente alcuni giorni, talvolta anche settimane. Tali eventi,generalmente associati alle cosiddette “tempeste geomagnetiche”, prendonoil nome di “decrementi di Forbush”e sono associabili ad effetti di vento so-lare. Quando in una regione attiva del Sole si verifica un flare o un’eiezionedi massa dalla corona, la nuvola di plasma emesso e il campo magnetico as-sociato possono superare la velocita del plasma circostante e creare un’ondad’urto: si crea cosı una sorta di “bottiglia”magnetica attorno all Terra che

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 25

scherma la componente di piu bassa energia della radiazione cosmica (comerappresentato in figura 1.8).

Figura 1.8: Schema della Magnetosfera Terrestre Investita dal Vento Solare.

Per quanto riguarda le modulazioni periodiche o quasi-periodiche, l’ef-fetto piu debole e osservabile su un periodo di 27 giorni, corrispondente alperiodo di rotazione del Sole, ed e riconducibile ad attivita esplosive super-ficiali ricorrenti. Modulazioni piu importanti del flusso si osservano invecesu tempi lunghi. Considerando un intero ciclo solare di Schwabe, della du-rata di 11 anni, si scopre, ad esempio, che il flusso osservabile sulla Terra eanticorrelato all’attivita solare: nei periodi di Sole quieto l’intensita della ra-diazione e maggiore mentre si abbassa (di ∼ 15% per l’intensita neutronica,∼ 4.5% per quella muonica, ecc.) nei periodi di Sole perturbato. Le vari-azioni sugli 11 anni sono dovute al cambiamento delle condizioni magnetichenell’eliosfera. L’inversione di polarita del campo magnetico eliosferico, cheavviene al massimo di attivita con un ciclo di 22 anni (ciclo di Hale), produceinoltre un ’alternanza di picchi di flusso piu e meno pronunciati.

Tutti questi cambiamenti nel flusso di particelle cariche che raggiungela Terra sono estremamente importanti nel quadro di relazione tra il Solee il nostro pianeta,influendo fortemente nella descrizione, ad esempio, ditempeste magnetiche, aurore boreali, disturbi delle comunicazioni radio ecosı via.

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CAPITOLO 1. I RAGGI COSMICI 26

1.5 L’Antimateria nello Spazio

Come gia accennato, fu proprio attraverso lo studio dei raggi cosmici che siottenne la conferma sperimentale all’esistenza del positrone (Anderson 1933,[6]), particella avente le stesse caratteristiche dell’elettrone ma con caricaelettrica opposta, prevista da Dirac alcuni anni prima [17]. Nel 1955 fu poiosservato per la prima volta l’antiprotone [21, 22] e lo studio dell’antimateriafu deputato ai grandi acceleratori.

La teoria di Dirac, per quanto sperimentalmente confermata, si ponein forte contrasto con le osservazioni cosmologiche attuali: alla base dellaspeculazione c’e infatti un principio di simmetria secondo cui le antiparticelleobbediscono alle stesse leggi fisiche cui sono soggette le loro corrispondenti.Allora, sorge spontaneo chiedersi, come mai attorno a noi osserviamo quasisolo materia ordinaria? Per rispondere a questo interrogativo sono sortenegli anni molte correnti di pensiero, raggruppabili in due grossi blocchi([23]):

• modelli asimmetrici, secondo cui qualche meccanismo di rotturadella simmetria e avvenuto nei primi stadi di formazione dell’universoprovocando una globale asimmetria evoluzionistica;

• modelli simmetrici, per i quali l’asimmetria osservata e solo locale.

Le ipotesi basilari per un Universo asimmetrico sono state formulate daSakharov nel 1967 [24] e prevedono:

• squilibrio termodinamico;

• violazione di CP (non conservazione simultanea delle simmetrie diparita e coniugazione di carica);

• violazione di B (non conservazione del numero barionico).

La prima condizione e confermata dall’osservazione dell’espansione dell’uni-verso, la violazione di CP e stata osservata in un canale di decadimento diK0 e K0,la non conservazione di B, pur se prevista dalla Teoria della GrandeUnificazione, non e mai stata sperimentalmente verificata.

I modelli simmetrici si basano anch’essi sull’ipotesi della violazione diCP ma con una diversa formulazione [25]: la rottura della simmetria sarebbeavvenuta durante il raffreddamento dell’universo permettendo l’esistenza diuna serie di stati finali equiprobabili che, pur violando singolarmente la sim-metria stessa, la conservano globalmente. Esisterebbero cosı diversi domininon connessi fra loro con diverse abbondanze di materia e antimateria.

La ricerca di antimateria nella radiazione cosmica primaria diventa aquesto punto uno strumento fondamentale per un’eventuale conferma origetto dei modelli sopra descritti [26, 27]. Se supponiamo, infatti, l’esisten-za di galassie di antimateria dobbiamo anche aspettarci di ritrovare parte ditale antimateria nei raggi cosmici.

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1.5.1 Antiprotoni

Dal 1955, anno della scoperta dell’antiprotone in esperimenti con accelera-tori, anche gli studi sui raggi cosmici si concentrarono sulla ricerca di an-tiparticelle nella radiazione stessa; solo nel 1979 furono pero evidenziatiantiprotoni dagli esperimenti su pallone di Robert Golden [21] e EdwardBogomolov [22]. Le prime misure di flusso, compiute negli anni ottanta,rivelarono un considerevole eccesso rispetto alle previsioni teoriche di unapura componente secondaria di antiprotoni, sia ad alte che basse energie (sifaccia riferimento anche alle figure 1.9 e 1.10); cio ispiro numerose specu-lazioni teoriche sulle possibili sorgenti primarie di antimateria nello spazio,quali ad esempio domini extragalattici o buchi neri primordiali evaporati. Aquesti scenari si e aggiunta negli ultimi anni, con l’avvento delle teorie dellesupersimmetrie, l’ipotesi dell’annichilazione di WIMPs [10]: secondo questespeculazioni la materia oscura dell’Universo sarebbe giustificabile postulan-do l’esistenza della particella supersimmetrica piu leggera (denominata neu-tralino), la cui annichilazione produrrebbe coppie di protoni e antiprotoni.Misure di flusso di antiprotoni realizzate con buona precisione, come quelleche PAMELA conta di eseguire, potrebbero essere di grosso aiuto nella con-ferma di queste ipotesi perche offrirebbero una buona base di confronto perle distribuzioni previste dalle varie modellizzazioni teoriche.

1.5.2 Positroni

Nel caso dei positroni un’eventuale componente primaria risulterebbe dif-ficilmente distinguibile mediante misure di flusso in quanto tali particellevengono prodotte in grande abbondanza nell’interazione col mezzo inter-stellare e sono sottoposte a considerevoli perdite di energia per emissione diradiazione bremmstrahlung, di sincrotrone o Compton inverso. I dati finoraregistrati sono infatti relativi solo ad un piccolo intervallo di energia e sonoaffetti da incertezze molto ampie (vedi figura 1.11).

1.5.3 La ricerca di Antinuclei

La ricerca di antinuclei nello spazio e l’unico metodo diretto di verifica deimodelli di simmetria dell’universo: non sono infatti noti meccanismi di pro-duzione secondaria di tale componente. In particolare, rivelare antinucleicon Z≥3 sarebbe un segno inequivocabile dell’esistenza di stelle di antima-teria perche per essi non e ipotizzabile neanche una produzione in seguitoalla nucleosintesi primordiale che potrebbe invece spiegare la presenza diantielio.

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Figura 1.9: Dati sperimentali relativi al rapporto di flusso tra antiprotoni eprotoni a confronto con le previsioni teoriche (linea spezzata) relative allasola produzione secondaria.

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Figura 1.10: Confronto fra stime teoriche e dati sperimentali recenti relativial flusso di antiprotoni nei raggi cosmici: le linee continua e tratteggiataindicano le previsioni teoriche per produzione puramente secondaria di pmentre la linea punteggiata riporta i calcoli relativi esclusivamente a pro-duzione primaria. Sono inoltre riportati, in rosso, i risultati attesi dalle osser-vazioni di PAMELA nel caso di produzione puramente secondaria (quadri)e contaminazione di componente primaria (cerchi).

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Figura 1.11: Dati sperimentali relativi al rapporto tra positroni ed elettronia confronto con le quantita previste in caso di produzione esclusivamentesecondaria: la linea continua e quella a tratti rappresentano le previsioni deidue modelli di produzione secondaria piu accreditati; i punti rossi indicanoinvece i rapporti di flusso previsti per PAMELA. Notiamo che le previsioni diPAMELA si discostano molto dalle altre nelle zone di piu alta energia, dovetengono conto della componente di flusso teorizzata per le annichilazionidi WIMPS (riportata sul grafico mediante la curva puntinata in basso adestra).

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Capitolo 2

L’Esperimento PAMELA

2.1 Il Programma WiZard e il Progetto RIM

La collaborazione WiZard nasce dalle ceneri di un esperimento per lo studiodei raggi cosmici e la ricerca di antimateria spaziale previsto dalla NASA allafine degli anni ’80 che non ando in porto a causa della mancata realizzazionedella stazione spaziale Freedom. Il gruppo di ricerca ha perseguito dal 1989in poi gli scopi scientifici prefissati, prima tramite l’utilizzo di numerosipalloni aerostatici, contribuendo notevolmente alla conoscenza dello spettrodi antiprotoni e positroni, poi, con la nascita, nel 1993, del progetto RIM(Russian Italian Mission), mediante esperimenti su satellite.

Lo scopo della missione russo-italiana e permettere ad apparati di rive-lazione sempre piu complessi ed innovativi, progettati e realizzati da gruppidi alcune sezioni dell’INFN, di essere ospitati su satelliti e stazioni spazialidi costruzione russa. La prima fase del programma, RIM 0.1/0.2, ha vistola realizzazione, sulla stazione orbitante russa MIR, degli esperimenti SilEye01 [14] e 02 [15]; tali impianti consistevano di tracciatori al silicio installatisu speciali caschi, studiati per dare una spiegazione ai lampi di luce che gliastronauti vedono quando si trovano in orbita in zone non illuminate dalSole correlando tali flash con il passaggio di particelle.

Con il progetto RIM-1 e stato invece costruito il telescopio NINA [16],impiantato sul satellite meteorologico Resurs-Arktika 4, lanciato nel 1998.Il rivelatore era costituito principalmente, ancora una volta, da un trac-ciatore al silicio capace di interagire con protoni e nuclei di energie com-prese tra 10 MeV/nucleone e 200 MeV/nucleone; l’esperimento ha con-tribuito alla definizione dei flussi di incidenza delle particelle sulla sommitadell’atmosfera, stime necessarie per tutte le missioni spaziali successive.

L’ultima fase, almeno per ora, del programma, denominata RIM-2, eincentrata proprio sull’esperimento PAMELA.

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CAPITOLO 2. L’ESPERIMENTO PAMELA 32

2.2 La Missione

PAMELA (a Payload for Antimatter Matter Exploration and Light-nucleiAstrophysics) e frutto di una collaborazione internazionale coordinata dal-l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con la partecipazione dell’AgenziaSpaziale Italiana e il contributo delle agenzie spaziali tedesche, svedesi erusse. Installato sul satellite meteorologico di costruzione russa Resurs-DK1,lanciato il 15 Giugno 2006, dalla base di Bajkonur in Kazakhstan, per essereposizionato su un’orbita ellittica quasi polare tra 300 e 600 chilometri d’altez-za, l’apparato registrera e trasmettera dati per almeno tre anni, allo scopo diinvestigare l’affascinante “mistero”dell’antimateria di origine spaziale e del-la materia oscura studiando la radiazione cosmica. In particolare PAMELAmisurera il flusso, l’energia e le caratteristiche dei raggi cosmici di originegalattica, interplanetaria e solare con una precisione e una statistica mai ot-tenute prima, consentendo notevoli progressi in questo importante e giovanesettore dell’astrofisica.

Figura 2.1: Fotografia del lancio del missile Soyuz, vettore del satelliteResurs-DK1 che ospita PAMELA.

Lo strumento pesa quasi cinquecento chili, ha le dimensioni di un paral-

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CAPITOLO 2. L’ESPERIMENTO PAMELA 33

lelepipedo alto 1.3 m con 75x75 cm di base ed e composto essenzialmente daun grande magnete corredato da un notevole numero di rivelatori (vedi figu-ra 2.2) che permettono di riconoscere le particelle, tracciarne la traiettoria emisurarne l’energia. Completano l’apparato sofisticati dispositivi elettroniciper la lettura dei rivelatori, la gestione dell’apparato e il collegamento coni sistemi di comunicazione del satellite. Si noti che il consumo complessivoatteso di potenza e di soli 350 W.

Figura 2.2: PAMELA e i suoi sottorivelatori.

PAMELA e uno degli elementi del programma dell’ASI dedicato allealte energie che, oltre all’importante ruolo nell’astronomia X e gamma conla partecipazione alle missioni SWIFT e GLAST della NASA e il satellitenazionale AGILE, prevede importanti contributi alla realizzazione dell’AntiMatter Spectometer (AMS) per lo studio dei raggi cosmici dalla StazioneSpaziale e altri progetti di nuova generazione. La maggior parte di questiprogrammi e frutto dell’intensa collaborazione tra ASI e INFN che perme-tte all’Italia di essere all’avanguardia nel settore dell’astrofisica delle alteenergie.

2.3 Obiettivi Scientifici

Per i tre anni previsti di permanenza in volo del satellite, PAMELA si com-portera come una sorta di osservatorio spaziale, investigando molti punti diinteresse della ricerca scientifica contemporanea, quali:

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CAPITOLO 2. L’ESPERIMENTO PAMELA 34

Figura 2.3: Schema telescopico dei componenti di PAMELA.

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• composizione e dinamica dei raggi cosmici galattici (GCR);

• esistenza di antimateria cosmica primaria, con particolare attenzionead antiprotoni e nuclei di antielio, e determinazione di un nuovo limitesuperiore per i rapporti di flusso antimateria/materia (si faccia rifer-imento alla figura 2.4 per avere un’idea delle innovative potenzialitadello strumento in questo ambito);

• ricerca ed identificazione di materia oscura;

• studio dell’attivita solare nell’intorno del minimo del 23o ciclo (pre-visto per la meta del 2007) e approfondimento della conoscenza dellemodulazioni solari sullo spettro della radiazione cosmica e sulla fisicainterplanetaria (produzione di particelle energetiche, onde d’urto divento solare ecc.);

• evoluzione della fisica magnetosferica;

• determinazione delle linee di campo locali del vento solare mediantemisure di flusso degli elettroni gioviani;

• studio di particelle d’albedo, intrappolate e quasi-intrappolate.

Per il raggiungimento di tali scopi il campo d’ispezione dell’apparatocopre complessivamente le seguenti tipologie di particelle rivelate:

• Positroni, da energie di 50 MeV fino a circa 270 GeV;

• Antiprotoni, da 80 MeV a 190 GeV;

• Elettroni, da 50 MeV a 2 TeV;

• Protoni, da 80 MeV a 700 GeV;

• Nuclei, con Z≤6 e energie inferiori ai 200 GeV/n;

• Antinuclei, con limite superiore di rapporto di flusso He/He ≈ 108 .

Ovviamente un range d’ispezione cosı vasto impone l’utilizzo di tecnolo-gie diversificate perfettamente integrate tra loro.

Un altro elemento fondamentale per la qualita dell’esperimento e deisuoi risultati e sicuramente l’orbita percorsa dal satellite. La quota scelta(tra 350 e 600 km di altezza dal suolo) consente un’elevata vita balistica delsatellite, permettendo un periodo di raccolta dati non inferiore a tre anni.L’alta frequenza di sorvolo dei poli consente invece di massimizzare il flussodei raggi cosmici rivelati, in particolar modo quello della componente dibassa energia. Inoltre il satellite e rivolto verso la Terra mentre l’apparatodi PAMELA punta verso lo spazio; si riesce cosı a minimizzare l’influenzasull’osservazione della Terra e degli sciami prodotti dai raggi cosmici cheincidono quasi orizzontalmente sull’atmosfera.

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Figura 2.4: Potenzialita di PAMELA nella determinazione dei rapporti diflusso antimateria/materia a raffronto con i limiti superiori posti da missioniprecedenti.

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Figura 2.5: Schema dell’orbita ellittica quasi-polare di PAMELA.L’inclinazione e di 70, la quota varia tra 350 e 600 km.

2.4 I sottorivelatori di PAMELA

Ben sei sottorivelatori principali compongono la struttura telescopica diPAMELA (per la disposizione di tali sottorivelatori nella struttura telescop-ica si faccia riferimento alle figure 2.2 e 2.3):

• uno spettrometro magnetico costituito da un sistema traccianteal silicio immerso in campo magnetico; permette di ricostruire la cur-vatura della traccia lasciata da una particella che lo attraversi e quindidi risalire al segno della carica e alla rigidita della particella stessa.

• un contatore di tempo di volo (Time of Flight sistem, o ToF ),con il quale calcolare la velocita delle particelle in attraversamento,generare il segnale di trigger per l’intera acquisizione e riconoscere leparticelle d’albedo.

• un sistema di anticoincidenza atto a selezionare e rigettare dal-l’acquisizione gli eventi relativi a particelle che hanno interagito con lastruttura di supporto del telescopio o che non rientrano nell’accettanzageometrica dello stesso.

• un calorimetro elettromagnetico “ad immagine”capace di mis-urare l’energia delle particelle che interagiscono con il suo volume

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CAPITOLO 2. L’ESPERIMENTO PAMELA 38

ricostruendo la forma dell’interazione. Tale tecnologia permette didistinguere sciami elettromagnetici da sciami adronici e di riconoscereannichilazioni di antiprotoni dalla caratteristica forma a stella di talieventi a basse energie.

• un contatore a scintillatori (denominato S4) con una funzione dicontrollo sul calorimetro, del quale misura il grado di contenimentoregistrando le particelle che da esso fuoriescono.

• un rivelatore di neutroni che facilita l’identificazione di particelle dialta energia responsabili di eventi adronici non contenuti nel calorimetro.

Tutti i sottorivelatori sono alloggiati negli spazi delimitati da tre ele-menti di supporto: un piano di base, un piano superiore e quattro pernisporgenti. Gli strumenti sono circondati da un sistema di regolazione ter-mica composto da radiatori, flange e condutture idrauliche che formano unciclo di raffreddamento.

Il sistema e completato da quattro scatole elettroniche, poste ai quattrolati, contenenti il sistema CPU centrale, il modulo di protezione di input(IPM), il crate VME e un convertitore AC/DC.

L’intero apparato cosı costituito e installato, come carico pagante a bor-do del satellite Resurs-DK1 [30] in un container posto esternamente ad essoe guidato da un braccio meccanico che ne consente lo spostamento. Durantela fase di lancio, il collocamento in orbita e le correzioni di rotta, l’allog-giamento e stato posto in “posizione di riposo”per ridurre l’effetto dellevibrazioni; durante la percorrenza dell’orbita, invece, la posizione e tale damassimizzare l’accettanza geometrica dei rivelatori e ottimizzare cosı la fasedi acquisizione.

2.5 I modelli di PAMELA

La realizzazione di un apparato sperimentale da impiantare su satellite si ar-ticola in quattro fasi fondamentali che coincidono con la messa a punto di al-trettanti modelli costruttivi. Implementando tali modelli e possibile testare,verificare e ottimizzare alcuni degli aspetti piu delicati della costruzione, in-stallazione e funzionamento dell’attrezzatura. Descriviamo quindi le quattrofasi di modellizzazione di PAMELA che hanno preceduto l’integrazione sulsatellite Resurs-DK1.

2.5.1 Il modello meccanico e di massa

Il primo passo da compiere per l’integrazione dell’apparato sperimentale sulsatellite ospite e la realizzazione del modello meccanico e di massa, il qualereplica esattamente tutte le quote della struttura meccanica (ingombri, sup-porti, punti di aggancio) nonche la distribuzione delle masse del telescopio.

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Lo scopo principale di questo modello e verificare la perfetta compatibilitameccanica di PAMELA con l’alloggiamento ad essa assegnato; vengono in-oltre svolte su di esso prove vibrazionali per verificare la resistenza e stabilitadella struttura rispetto alle forti sollecitazioni meccaniche caratteristiche,ad esempio, della fase di lancio. In questo senso risulta importantissimolo studio e la ricerca delle cosiddette risonanze meccaniche, cioe di quelleparticolari frequenze di vibrazione che conducono un componente mecca-nico comunque robusto al limite della soglia di rottura, provocando danniirreparabili a tutto l’esperimento. Evitare che esistano frequenze per lequali i componenti risultino fragili e un lavoro ingegneristico molto com-plesso che necessita la qualifica di ogni singolo componente. Questa fasedell’integrazione di PAMELA e stata completata nei primi mesi del 2002.

2.5.2 Il modello termico

Nello spazio esiste una fortissima escursione termica nel passaggio da zonedirettamente illuminate dal Sole a zone d’ombra. Per ridurre le difficoltadovute a questo fenomeno, il telescopio e stato alloggiato, a bordo del satel-lite, in un guscio pressurizzato capace di mantenere la temperatura internacompresa tra 0 e 40 gradi centigradi. Cio nonostante e stato necessario re-alizzare anche un modello termico del sistema per studiare e ottimizzare ladissipazione del calore prodotto dai componenti elettronici dell’apparato. Incondizioni di microgravita, infatti, non e possibile la creazione di moti con-vettivi, quindi la dissipazione termica puo avvenire solo per irraggiamentoo per deriva termica. Per risolvere questi inconvenienti e stato realizzatoun sistema di raffreddamento a liquido capace di dissipare calore da tut-ti quei dispositivi che, con l’eccessivo aumento di temperatura, verrebberoseriamente danneggiati. Per valutare l’efficienza di queste soluzioni e statocostruito il modello termico capace di riprodurre fedelmente i comportamen-ti termici di tutti i costituenti di PAMELA. In pratica sono stati riprodottisia i componenti che generano calore, per mezzo di resistenze elettriche op-portunamente dimensionate in potenza, sia i dispositivi che consentono didissiparlo. Il modello, inserito nel suo container, e stato quindi posto in unaspeciale camera in grado di simulare le condizioni che sarebbero poi stateincontrate nello spazio. A questo punto e stato effettuato il monitoraggiodelle temperature massime raggiunte dal modello di telescopio.

2.5.3 Il modello tecnologico

L’ultima fase di modellizzazione precedente la costruzione del telescopio ef-fettivamente integrato sul satellite e stata la realizzazione del modello tec-nologico, dedicato alla verifica delle compatibilita software (protocolli dicomunicazione e altro) e hardware (cavi, connettori e altro) tra PAMELA eil satellite RESURS. Tra i due dispositivi vi e infatti un numero elevatissi-

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mo di connessioni che permettono, ad esempio, al telescopio di trarre l’ali-mentazione dal satellite oppure di sfruttarne il sistema di telemetria per lecomunicazioni con il centro di comando a terra.

E’importante sottolineare che questo modello e l’unico ad aver potutodifferire nella forma e nella struttura da quello finale.

2.5.4 Il modello di volo

Il modello di volo e quello che e stato effettivamente integrato su satellite elanciato in orbita. Su di esso sono state compiute le ultime verifiche strut-turali e di comunicazione; in particolare sono state svolte su quest’ultimomodello prove di vibrazione a bassa intensita per verificare che non vi fos-sero stati errori in fase di assemblaggio che potessero causare la presenzadi risonanze meccaniche impreviste. Il telescopio e stato quindi consegnato,nella sua versione definitiva e corredato da documentazione che ne garan-tisse la non pericolosita per il resto della strumentazione del satellite os-pite (indipendente dal corretto funzionamento), all’istituto TsKB-Progressdi Samara (Russia) che si e occupato dell’assemblaggio del satellite e deltrasferimento alla base di lancio di Baikonur.

2.6 Descrizione dell’elettronica centrale e della fasedi trasmissione dei dati

Lo studio e la realizzazione di un sistema elettronico di controllo e acqui-sizione di un esperimento su satellite sono tematiche estremamente comp-lesse a causa del grande numero di variabili di cui bisogna tener conto per lecondizioni ambientali proibitive. Un sistema di acquisizione dati (spesso ab-breviato in DAQ) come quello realizzato per PAMELA deve avere, tanto percominciare, un consumo di potenza limitato: la corrente elettrica necessariaper il funzionamento degli strumenti, infatti, e generata da pannelli solaried ha quindi intensita proporzionale alla superficie dei pannelli stessi; piucorrente utilizzata significa pannelli solari piu grandi e quindi piu pesanti, ilche incide molto sul costo della missione (che si ricorda essere un carico pa-gante). Inoltre la corrente assorbita dai dispositivi e anche proporzionale alriscaldamento degli stessi e la realizzazione di un sistema di raffreddamentoadeguato in condizioni di microgravita comporta enormi difficolta.

Ovviamente anche la realizzazione di una struttura di comunicazione trasatellite e Terra (downstream) e viceversa (upstream) e fortemente influenza-ta dalle condizioni ambientali. Basti pensare che lo scambio di informazionipuo avvenire solamente quattro volte al giorno, quando il satellite si trovasulla perpendicolare rispetto alla base di telemetria di terra situata a Mosca,per la durata di circa cento secondi ogni volta. Cio comporta anche la neces-sita di conservare all’interno della memoria del satellite una grossa quantita

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CAPITOLO 2. L’ESPERIMENTO PAMELA 41

di dati, nel caso in cui condizioni meteorologiche non ottimali impedisserovari downstream consecutivi.

2.6.1 L’unita di controllo centrale

Il sistema centrale di controllo e acquisizione dell’esperimento PAMELA ecomposto da tre elementi fondamentali:

• l’unita di controllo e memorizzazione dati PSCU (acronimo di PAMELAStorage and Control Unit),

• un sistema di comunicazione intermedio I-DAQ (abbreviazione di In-termediate Data AcQuisition.),

• un sistema di trigger che genera il segnale di avvio acquisizione.

Il sistema PSCU controlla i sottosistemi elettronici di servizio per l’acqui-sizione dei dati da parte dei vari sottorivelatori, si interfaccia con il sistemadi telemetria e gestisce la raccolta e la trasmissione del flusso di dati. Lascheda (prodotta e certificata dall’azienda, leader nel settore, Laben) e es-senzialmente costituita da una CPU altamente resistente alle radiazioni, unamemoria di massa a stato solido avente una capacita di memorizzazione di2 GigaByte ed una memoria EPROM FLASH che contiene un program-ma che permette il funzionamento dell’elettronica contenuta nel processore.Tale sistema e ovviamente di importanza vitale per l’esperimento; poichedopo il lancio sarebbe impossibile intervenire da terra su di esso o sui suoicomponenti, si e scelto di impiantare sul modello di volo due PSCU iden-tiche che possano essere selezionate e abilitate all’occorrenza via software.Tale ridondanza hardware e stata applicata per motivi di sicurezza a tutti icomponenti elettronici fondamentali.

La scheda I-DAQ garantisce la comunicazione tra la sezione di front-enddi ogni sottosistema e la PSCU. Essa consiste in una sezione di smistamentodati, costituita da un multiplexer e un demultiplexer, un DSP(Digital Sig-nal Processor), che compie le operazioni sui dati, e due banchi di memoria.I due blocchi di memoria servono sia per la memorizzazione temporaneadei dati e dei programmi da inviare alla PSCU ed ai sottosistemi, sia al-l’immagazzinamento del software necessario al funzionamento del DSP. Lascheda e connessa ai vari front-end mediante collegamenti seriali basati subus LVDS (Low Voltage Differential Signaling). Tale protocollo e parti-colarmente indicato per uso spaziale poiche assicura basso consumo, bassorumore ed elevata velocita di trasmissione.

La scheda di trigger prende il controllo delle operazioni nella fase diacquisizione dati, discriminando gli eventi acquisibili da quelli che non risul-tano interessanti. Tale riconoscimento viene effettuato confrontando i seg-nali provenienti dai vari rivelatori con lo schema di trigger selezionato da

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CAPITOLO 2. L’ESPERIMENTO PAMELA 42

terra. Quando il confronto fornisce esito positivo viene propagato un seg-nale, il trigger appunto, verso tutti i sottosistemi che provvedono all’elab-orazione dei dati relativi all’identificazione della particella che e transitatanel telescopio. Per fare cio la scheda di trigger controlla i segnali provenientida tutti i fotomoltiplicatori del sistema ToF e li analizza mediante funzionilogiche preimpostate. Come vedremo bene in seguito, i 48 fotomoltiplica-tori del ToF sono raggruppati in tre piani (S1, S2 e S3), ciascuno costituitoda due strati (S11, S12, S21 ecc.); indicando con il simbolo sij l’OR logicotra i segnali provenienti da tutti i PMTs dello strato Sij, le funzioni logichepreimpostate per la generazione del segnale di trigger sono:

• (s11 AND s12) AND (s21 AND s22) AND (s31 AND s32)

• (s11 OR s12) AND (s21 OR s22) AND (s31 OR s32)

• (s21 AND s22) AND (s31 AND s32)

• (s21 OR s22) AND (s31 OR s32)

• s12 AND (s21 AND s22)

• (s11 AND s12) AND (s31 AND s32) (opzionale)

Ognuna di queste funzioni seleziona un tipo di evento giudicato “utile”:

• la prima funzione seleziona passaggi di particelle che hanno prodottosegnale su ogni strato di ogni piano (condizione ottimale);

• la seconda seleziona attraversamenti rivelati almeno da uno strato perpiano;

• la terza e la quarta selezionano gli eventi che sono stati rivelati dalsecondo e terzo piano, rispettivamente con entrambi o almeno unodegli strati;

• la quinta ci fa registrare gli eventi che hanno prodotto segnale sulsecondo strato del primo piano e su entrambi gli strati del secondopiano.

Quando avviene una coincidenza di segnali generati solo nel primo e terzopiano, essi non andrebbero registrati perche hanno un’alta probabilita diessere conseguenza di eventi indipendenti fra loro; l’ultima funzione logica,che seleziona proprio eventi di questo tipo, e stata pero programmata pernecessita di ridondanza: nel malaugurato caso in cui si dovesse riscontrareun malfunzionamento del piano S2 diventerebbe la funzione di trigger prin-cipale. Ci si potrebbe inoltre chiedere come mai vengono selezionati eventirivelati anche da un solo strato del secondo piano piu un solo strato del ter-zo mentre non viene utilizzata una funzione analoga per il primo e secondo

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CAPITOLO 2. L’ESPERIMENTO PAMELA 43

piano; cio, come vedremo meglio nei prossimi capitoli, dipende dalla geome-tria del sistema per la misura del tempo di volo e dal fatto che il segnaledi trigger e valido per tutto l’apparato: la funzione (s11 OR s12) AND (s21OR s22) selezionerebbe anche particelle in moto lungo direzioni che formi-no angoli molto grandi con la verticale di osservazione e che quindi e nonpotrebbero aver attraversato anche altri componenti del telescopio.

Oltre al compito primario di selettore di eventi, il dispositivo descrittoassolve ad una serie di funzioni di servizio, quali fornire dati in merito al ratedel trigger, alla misura del “tempo vivo”e “tempo morto”ed al conteggio deisegnali provenienti dai fotomoltiplicatori.

2.6.2 Il sistema di trasferimento dati

Come gia accennato, il satellite RESURS-DK1, e quindi anche l’apparec-chiatura scientifica a bordo, puo inviare e ricevere dati solo per quattrovolte al giorno, cioe quando passa sulla perpendicolare rispetto alla stazionedi telemetria del Research Center of Earth Operative Monitoring (NTsOMZ)di Mosca. Il primo interlocutore di PAMELA e quindi un’antenna parabol-ica dal diametro di 7 m (denominata appunto PK-7) con un potenziale diricezione di 300 Mbps [29]; considerando che ogni sessione di trasmissionedura all’incirca 100 s, PAMELA puo inviare fino a 15 GB di dati al giorno.Il protocollo di trasmissione e un protocollo standard per le comunicazioniaerospaziali, con utilizzo di doppia frequenza (una per ricevere euna pertrasmettere), banda passante molto stretta e modulazione digitale DSPK.NTsOMZ acquisisce, registra, processa, archivia, cataloga e distribuisce leinformazioni ricevute. In questa fase i dati vengono inoltre ripuliti dal ru-more di trasmissione ed associati ad informazioni telemetriche riguardantil’orbita.

I dati, resi a questo punto accessibili da NTsOMZ, possono essere trasfer-iti, mediante la rete della ricerca europea TEN-34, al CNAF di Bologna, ilCentro Nazionale dell’INFN per la ricerca e lo sviluppo nel campo dellediscipline informatiche applicate agli esperimenti di fisica nucleare e dellealte energie. I gruppi delle varie sezioni INFN impegnate nell’esperimentopossono cosı accedere ai dati e processarli con un software creato apposita-mente per PAMELA. Un’ulteriore copia dei dati di PAMELA viene invececonservata dall’istituto MEPhI (Moscow Engineering Physic Institute) diMosca.

PAMELA e stata accesa il 21 Giugno 2006 alle ore 10 di Mosca; dopo504 secondi dall’accensione sono partite le procedure di inizializzazione edacquisizione e, al passaggio successivo sulla base telemetrica, un primo filedi 2 GB e stato scaricato con successo. Lo strumento e in acquisizionepressoche continua dall’11 Luglio.

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Capitolo 3

Il ToF

La misura del tempo di volo (abbreviato in ToF dall’inglese “Time of Flight”)e un efficace sistema per l’identificazione di particelle di impulso1 inferiorea circa 2 GeV/c. Dalla misura del tempo di percorrenza di una distanza fis-sata (l) si risale infatti facilmente alla velocita e alla massa della particella,calcolata come

m =p

c

√(c2t2

l2− 1). (3.1)

A questo punto la particella e univocamente determinata se all’infor-mazione relativa alla massa si associa una misura della carica ze.

3.1 Il ToF di PAMELA.

3.1.1 Gli Scopi.

Il sistema di misura del tempo di volo dell’esperimento PAMELA nasce persoddisfare le seguenti esigenze:

• misurare il tempo di volo delle particelle che attraversano i piani chelo compongono,

• determinare il valore assoluto della carica delle particelle incidenti,

• supportare lo spettrometro magnetico nella fase di tracciamento,

• fornire un segnale di trigger veloce per i DAQ dell’intero sistema.

3.1.2 Geometria e Struttura Meccanica

Il sistema per la misura del tempo di volo di PAMELA e composto da trepiani (denominati S1, S2 e S3), a distanza relativa fissata (le distanze inter-planari stabilite per il modello di volo sono riportate nella tabella in 3.2), di

1Nel testo ci si riferira spesso all’impulso della particella utilizzando l’inglesismomomento; le due denominazioni sono pero da considerarsi perfettamente equivalenti.

44

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CAPITOLO 3. IL TOF 45

Figura 3.1: Disegno isometrico della disposizione dei tre piani S1, S2 e S3 aformare il ToF di PAMELA.

scintillatori plastici Bicron BC-404 terminati da fotomoltiplicatori (PMT)Hamamatsu R5900; ogni piano e a sua volta costituito da due strati (S11,S12, S21 ecc.) di scintillatori disposti lungo due assi ortogonali del pianostesso. Ciascuno dei piani e caratterizzato da una differente superficie sensi-bile ed ha una precisa collocazione nella sequenza di rivelatori costituenti iltelescopio (per la disposizione relativa dei piani si faccia riferimento alla figu-ra 3.1, per le principali caratteristiche geometriche del sistema si consideriinvece la tabella 3.1).

3.1.3 I Componenti del ToF di PAMELA

Gli scintillatori

Gli scintillatori utilizzati per il contatore di tempo di volo di PAMELA sonoscintillatori plastici; il materiale che ne costituisce il corpo sensibile e unpoliviniltoluene (C10H11) caratterizzato da una densita di 1.032 g/cc e daun indice di rifrazione di 1.58.

Gli scintillatori plastici consistono di una soluzione solida di molecole or-ganiche scintillanti all’interno di una sostanza polimerizzata, con funzione di

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CAPITOLO 3. IL TOF 46

Piano Num. di strip Dim. delle strip Spessore Area sensibile(mm x mm) (mm) (mm2)

S11 8 330 x 51 7 357S12 6 408 x 55 7 385S21 2 180 x 75 5 375S22 2 150 x 90 5 450S31 3 150 x 70 7 420S32 3 180 x 50 7 350

Tabella 3.1: Tabella riassuntiva delle principali caratteristiche geometrichedei contatori a scintillazione del ToF di PAMELA.

Distanza tra i piani (mm)S1-S2 295S2-S3 488S1-S3 783

Tabella 3.2: Distanze tra i piani di contatori nel modello di volo del ToF diPAMELA.

Figura 3.2: Spettro di emissione caratteristico di uno scintillatore BicronBC-404 [32].

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CAPITOLO 3. IL TOF 47

solvente, e sono caratterizzati da un massimo di emissione per scintillazionenell’intorno di 400 nm di lunghezza d’onda (come si puo osservare anchein figura 3.2). La scelta di scintillatori plastici risulta ovvia se si considerache questa tipologia e dotata di tutte le caratteristiche indispensabili perl’esperimento: leggerezza, resistenza e ottime proprieta temporali (in parti-colare tempi di decadimento dell’ordine del nanosecondo che ne permettonol’utilizzo per misure veloci). Di contro, per questi scintillatori l’autoassor-bimento della radiazione scintillante non e trascurabile per cui la lunghezzadi attenuazione (λ, gia definita nel capitolo 1) diventa una grandezza di cuie indispensabile tener conto.

Figura 3.3: In figura si possono osservare, da sinistra, un’estremita delloscintillatore, la guida ottica, il fotomoltiplicatore e la scheda di connessioneall’elettronica.

Entrambe le estremita di ogni stecca di scintillatore sono incollate, me-diante un cemento ottico Bicron BC-600, ad una guida ottica adiabaticain Plexiglass trasparente all’ultravioletto (vedi anche l’immagine in figura3.3; il collante utilizzato ha un indice di rifrazione pari a 1.56 e assicura unfattore di trasmissione superiore al 95% per lunghezze d’onda superiori ai400 nm. Ogni guida d’onda e poi accoppiata meccanicamente ad un foto-moltiplicatore mediante un pad ottico, modello Bicron BC-634A, che ha unindice di rifrazione di 1.41 e raggiunge un fattore di trasmissione superioreal 90% per lunghezze d’onda superiori a 400 nm. Sia gli scintillatori che leguide ottiche sono avvolti in fogli di Mylar spessi 25 µm [33] che ne assicural’isolamento ottico.

I fotomoltiplicatori

Gli scintillatori che compongono i piani del ToF di PAMELA sono terminatida una coppia di fotomoltiplicatori Hamamatsu R5900 con fotocatodo amateriale bialcalino [34].

Piccole dimensioni (la sezione misura soli 30x30 mm2, si veda anche l’im-magine in figura 3.4), leggerezza (pesa solo 25.5 g) e bassi consumi rendono

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Figura 3.4: Un fotomoltiplicatore Hamamatsu R5900; l’immagine neevidenzia le piccole dimensioni.

Figura 3.5: Disegno schematico e fotografia dell’assemblaggio delfotomoltiplicatore.

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CAPITOLO 3. IL TOF 49

questi PMTs particolarmente indicati per esperimenti nello spazio. Al foto-

Figura 3.6: Risposta spettrale tipica di un fotomoltiplicatore HamamatsuR5900 [34].

catodo bialcalino si deve una risposta spettrale (graficata in figura 3.6) cheben si raccorda allo spettro di emissione della maggior parte dei fotomoltipli-catori; la finestra in borosilicato, spessa 1.3 mm, trasmette luce da lunghezzed’onda di circa 300 µm fino all’infrarosso. All’interno del fotomoltiplicatorevi sono poi 10 strati di dinodi in configurazione “metal channel”(mostratain figura 3.7).

Poiche il comportamento dei fototubi e influenzato dalla presenza dicampi magnetici(che producono deflessioni, con conseguente perdita di guadag-no, degli elettroni), e in considerazione del fatto che il nucleo di PAMELAe costituito da un magnete permanente, i PMTs sono avvolti in un foglio diµ-metal spesso 1 mm.

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CAPITOLO 3. IL TOF 50

Figura 3.7: Configurazione “metal channel”dei dinodi.

3.2 L’elettronica del ToF di PAMELA

La prima parte dell’elettronica collegata al ToF di PAMELA consta di seischede di front-end, ognuna delle quali riceve i segnali provenienti da 8PMTs; tali segnali vengono convertiti in formato digitale e registrati in mo-do da poter essere trasferiti alla scheda di DSP (Digital Signal Processing)all’arrivo del segnale di trigger che convalida l’evento. A questo punto i dati(dai quali, come vedremo, e possibile ricavare informazioni di tempo e dicarica), vengono ulteriormente trasferiti alla scheda I-DAQ che garantisce lacomunicazione tra la sezione di front-end di ogni sottosistema e la PSCU;per il modello di terra del ToF, la I-DAQ, oltre a rappresentare l’interfacciatra le schede di Front-End, DSP e Trigger, pone queste ultime in comuni-cazione con il pc (lo schema completo di trasmissione e rappresentato infigura 3.8), tramite la scheda della National Instruments PCI-DIO-96. Leschede DSP e Trigger comunicano con la scheda I-DAQ mediante protocolloseriale data-stobe, mentre la scheda PCI-DIO-96 prevede uno scambio didati in modalita parallela.

3.2.1 La scheda di Front-End

Ognuna delle sei schede di Front-End (di cui uno schema a blocchi e riporta-to in fig. 3.9) riceve, come segnale analogico di ingresso, l’impulso di outputdi otto fotomoltiplicatori. La sezione analogica della scheda provvede quindia duplicare il segnale di modo che possa essere “trattato”separatamente dadue diverse “linee”di Front-End che chiameremo, in base alla misura chericavano, sezione di tempo e sezione di carica. La sezione di tempo utilizza,per ogni linea anodica, un comparatore a doppia soglia atto a discriminaree formare il segnale (la necessita di un discriminatore a doppia soglia nasce

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CAPITOLO 3. IL TOF 51

Figura 3.8: Schema a blocchi dell’elettronica del ToF di PAMELA (inparticolare del modello di terra) e della sequenza di trasmissione delleinformazioni.

Figura 3.9: Schema a blocchi dell’elettronica di Front-End del ToF diPAMELA: la linea rossa rappresenta la linea di propagazione del segnale.

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CAPITOLO 3. IL TOF 52

dall’esigenza di minimizzare l’effetto di Time Walk, di cui parleremo in se-guito); il segnale formato viene “tradotto”in logica LVDS e ulteriormenteduplicato per essere inviato contemporaneamente al trigger e ad un con-vertitore tempo-ampiezza-tempo (TAT) a doppia rampa con un fattore diespansione, per l’intervallo di tempo da misurare, di circa 200. La linea perla misura della carica e invece basata su un convertitore di carica (CT) concontrollo di gate: un amplificatore di carica raccoglie la corrente anodica erestituisce un impulso la cui ampiezza e proporzionale alla carica d’ingresso;un opportuno circuito va quindi a caricare, con il segnale ricavato, un con-densatore fino al valore di picco della forma d’onda d’ingresso, per poi farloscaricare linearmente. L’ultimo stadio dei due convertitori (TAT e CT) eun ulteriore discriminatore che produce un segnale digitale di ampiezza parial tempo di scarica del condensatore. Entrambe le grandezze d’interessevengono quindi convertite in misure di tempo per cui nella sezione digitaletroviamo solamente due TDC, implementati su logica programmabile FP-GA, uno adibito a ricevere e digitalizzare l’informazione di carica, l’altroquella di tempo; cio semplifica l’architettura e minimizza i consumi.

Figura 3.10: Diagrammi temporali per la misura di tempo con il sistema diespansione a doppia rampa dei TDC.

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CAPITOLO 3. IL TOF 53

Vediamo meglio come si generano ed evolvono i segnali, e quindi le mis-ure, coinvolti. In figura 3.10 e riportato un insieme di diagrammi temporaliche descrivono come lavora la sezione di tempo della scheda di Front-End;da essi si evince che quando un segnale proveniente da un PMT supera lasoglia del discriminatore si genera un segnale (START) che fa iniziare la fasedi carica di una capacita (segnale RAMP). Contemporaneamente al segnaleSTART viene generato anche un segnale che viene inviato alla scheda di trig-ger (segnale TO TRIGGER CARD, non riportato in figura); se tale segnalesi trova a realizzare, insieme a quelli provenienti da altri fotomoltiplicatori,una delle funzioni logiche descritte nel paragrafo 2.6.1 entro un tempo pre-fissato, la scheda di Front-End riceve il segnale di trigger che interrompela fase di carica del condensatore (per questo motivo si dice che il TDClavora in modalita COMMON STOP). Inizia quindi la fase di scarica, cheavviene con un tempo caratteristico piu lento. I TDC misurano quindi iltempo che la capacita impiega per scaricarsi (TDC GATE) come multiplodel periodo di CLOCK; questa misura risulta direttamente proporzionale altempo trascorso tra l’arrivo del segnale del PMT e la generazione del seg-nale di trigger. Se invece il segnale di trigger non viene generato, l’eventoe reputato non valido e le capacita sono scaricate rapidamente in modo daripristinare le condizioni iniziali (AUTO RESET).

In figura 3.11 sono invece riportati i diagrammi temporali del sistema diconversione carica-tempo della sezione di carica della scheda di Front-End.Come gia accennato, la corrente anodica entra in un amplificatore di caricache produce una tensione d’uscita proporzionale alla corrente totale. Questosegnale (indicato in figura 3.11 come amplifier output) si scarica rapidamentein maniera esponenziale, quindi l’uscita dell’amplificatore e collegata ad uncircuito denominato “pulsestretcher”, in cui un transistor J-FET carica rap-idamente un condensatore al valore di picco della forma d’onda d’ingresso.Il condensatore viene quindi fatto scaricare linearmente utilizzando una pic-cola sorgente di corrente costante. Anche in questo caso, quindi, la misurache ci interessa diventa una misura del tempo di scarica di una capacita ede per questo motivo che la digitalizzazione di tutte le informazioni in gio-co avviene per mezzo di un solo TDC, con grande risparmio di potenza espazio.

I TDC operano conversioni digitali a 12 bit garantendo una dinamicadi 4096 passi di conteggio. Ad ogni componente viene fornito un segnale diclock a 100 MHz, che consente di avere una risoluzione temporale nominaledi 10 ns sul bit meno significativo (LSB). La dinamica temporale del compo-nente e dunque pari a 212x10ns = 40960ns. L’espansore analogico a doppiarampa asimmetrica realizza un fattore di espansione α ≈200, dunque si hauna risoluzione nominale effettiva che corrisponde ad un LSB di:

LSB =10ns

α∼= 50ps. (3.2)

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CAPITOLO 3. IL TOF 54

Figura 3.11: Diagrammi temporali per la conversione carica-tempo.

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CAPITOLO 3. IL TOF 55

3.3 L’identificazione delle particelle

3.3.1 Misura della velocita

Consideriamo uno scintillatore generico di un piano del sistema per la misuradel tempo di volo di PAMELA terminato, mediante guide ottiche, da duefotomoltiplicatori (che chiameremo PMT1 e PMT2) collegati, per l’acqui-sizione di misure di tempo e carica, ad un TDC e un ADC (l’apparato e rap-presentato in figura 3.12): tale apparato costituisce quello che chiameremocontatore a scintillazione. Quando una particella attraversa lo scintillatore,

Figura 3.12: Configurazione schematica di un singolo scintillatore del ToFdurante operazioni di misura di tempo e carica.

a distanze x e L-x dalle sue estremita, rilascia, all’interno dello scintillatorestesso, una parte della sua energia che, in base alle proprieta del materi-ale, viene convertita in radiazione luminosa. La radiazione viene raccoltadal fotomoltiplicatore, amplificata e convertita in un impulso elettrico. AlTDC arrivano dunque, negli istanti t1 e t2, due segnali provenienti, rispetti-vamente, da PMT1 e PMT2 (si vedano i diagrammi temporali riportati infigura 3.13); t1 e t2 sono misurati dal TDC e sono esprimibili in funzionedell’istante t0, in cui e fisicamente avvenuto l’evento, mediante le relazioni

t1 = t0 +x

veff+ c1 t2 = t0 +

L− x

veff+ c2 (3.3)

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CAPITOLO 3. IL TOF 56

dove veff e la velocita della luce nello scintillatore mentre c1 e c2 sonodelle opportune costanti che tengono conto dei tempi di attraversamento delsegnale nelle guide ottiche, del ritardo generato dalle linee di trasmissione edella risposta del fotomoltiplicatore.

Figura 3.13: Diagrammi temporali dei segnali PMT1, PMT2 e TRIGGERin ingresso al TDC; con t0 viene indicato l’istante reale di attraversamentodella particella.

Utilizzando le relazioni appena definite possiamo semplicemente ricavareche

t0 =t1 + t2

2+ cost x =

veff (t1 − t2)2

+ cost (3.4)

quindi le risposte dei due PMTs determinano univocamente le due grandezzeche ci interessano.

Per ottenere una misura di tempo di volo e necessario utilizzare almenodue piani di contatori a scintillazione posti ad una distanza fissa d. Si con-sideri, ad esempio, la configurazione rappresentata in figura 3.14; in questocaso, chiamando ti l’istante di arrivo del segnale proveniente dal PMT i-esimo e indicando con D la distanza percorsa dalla particella tra i due tra-guardi (pari a dcosθ in caso di traiettoria rettilinea con angolo di zenit θnon nullo), avremo

t1 = c1 + x1veff

t2 = c2 + x2veff

t3 = c3 + x3veff

+ Dcβ t4 = c4 + x4

veff+ D

Possiamo quindi definire una nuova variabile

Ttof =t3 + t4

2− t1 + t2

2(3.5)

tale che

TToF =12

(c3 + c4 − c1 − c2 +

x3 + x4

veff− x1 + x2

veff+

2D

)(3.6)

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CAPITOLO 3. IL TOF 57

Figura 3.14: Schema delle grandezze da considerare per la determinazionedel tempo di volo nella semplificazione di due soli piani del ToF di PAMELA.

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CAPITOLO 3. IL TOF 58

o piu semplicemente

Ttof = K1 + K21β

. (3.7)

La costante K1 dipende dalla lunghezza dei cavi su cui viaggia il segnale trafotomoltiplicatore e TDC e dalla lunghezza degli scintillatori. Il valore diK2 viene invece espresso dalla relazione:

K2 =D

c. (3.8)

3.3.2 Misura della massa

La massa di una particella non puo essere misurata direttamente dai rivela-tori che compongono PAMELA ma puo essere ricavata da misure indipen-denti di due variabili cinetiche legate tra loro da una relazione che tengaconto anche della massa. La relazione piu semplice da utilizzare e quella chelega il momento p (misurato dallo spettrometro magnetico)della particellaalla sua velocita v

p = γmv = γmβc (3.9)

da cui si ottiene, per la massa:

m =p

cβγ=

p

c

√1− β2

β=

p

c

√1β2− 1; (3.10)

sostituendo, nel caso piu semplice,

β =v

c=

l

tc(3.11)

con l distanza percorsa tra i traguardi del sistema di tempo di volo (che ediversa dalla distanza fissa tra i traguardi se la traiettoria non e rettilin-ea e ortogonale agli scintillatori) e t tempo di percorrenza di tale distan-za, si ottiene la relazione 3.1. Dall’equazione 3.1 si ottiene, applicando lapropagazione degli errori, che la formula per la risoluzione nelle misure dimassa di PAMELA:(

σm

m

)2

=(

σp

p

)2

+[γ2(

σl

l+

σt

t

)]2(3.12)

Si noti che alla risoluzione espressa dalla 3.12 contribuiscono la risoluzioneσp

p dello spettrometro nella misura del momento, la risoluzione σll del sistema

di tracciamento nella misura di l e la risoluzione σtt del ToF nella misura di

t.

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CAPITOLO 3. IL TOF 59

Figura 3.15: Grafico dell’energia persa per ionizzazione in funzione del βdella particella ottenuto con le misure del ToF di ISOMAX [37].

3.3.3 Misura della carica

PAMELA effettua la misura della carica ze di una particella che la attraversivalutandone separatamente il segno, mediante lo spettrometro magnetico, eil valore assoluto; quest’ultima misura viene eseguita da vari sottorivelatoritra cui il sistema per la misura del tempo di volo.

Mediante il ToF si puo ottenere il valore assoluto della carica di una par-ticella che attraversi il rivelatore misurando l’energia persa dalla particellaper ionizzazione, dE/dx, all’interno del volume sensibile del rivelatore. Siricordi che il valore di tale energia persa e dato dalla formula di Bethe-Block1.11; da essa si evince che, fissato il valore di β, la perdita specifica di en-ergia cresce come z2 (in prima approssimazione la piccola dipendenza dallamassa della particella incidente puo essere trascurata). Riportando quindisu grafico i valori di dE/dx in funzione di β si puo osservare che i puntisi distribuiscono in bande, ognuna delle quali e riconducibile ad un precisovalore di z. In figura 3.15 e riportato il grafico in questione come ottenuto inbase alle misure dell’esperimento ISOMAX, anch’esso dotato di un sistemadi tempo di volo per la misura di β: la discriminazione in carica delle specienucleari fino all’Ossigeno e lampante.

Ovviamente la possibilita di identificare nuclei di alto z e limitata dal

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CAPITOLO 3. IL TOF 60

range dinamico finito dello strumento per la misura della carica cioe, nelnostro caso, il numero di bit del TDC.

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Capitolo 4

Il Test sul Fascio

4.1 Operazioni preliminari

La parte principale del mio lavoro di tesi e incentrata sulla caratterizzazionedella replica di terra, o meglio di alcuni sottoinsiemi di tale replica, del mod-ello di volo del ToF di PAMELA descritto nel capitolo precedente. A talescopo e stato approntato un apparato minimale che e stato esposto per unasettimana a fasci di ioni accelerati, presso i laboratori GSI di Darmstaadt(Germania). Il mio contributo e stato, in un primo tempo, quello di real-izzare la configurazione sperimentale minima composta da tre scintillatori,uno della tipologia S1, uno S2 e uno S3, terminati a entrambe le estremita dafotomoltiplicatori gemelli di quelli di volo (vedi figura 4.1); ne e stato svoltoil cablaggio, completato e testato l’isolamento ottico del sistema rispetto al-l’esposizione a luce naturale e artificiale diretta. Cio fatto si e procedutoa misurare l’andamento delle frequenze di output dei PMT al variare dellatensione di alimentazione (un esempio e riportato in figura 4.2) al fine distabilire un valore ottimale dell’alimentazione stessa e sostituire, ove neces-sario, quei fototubi che non rispettassero le caratteristiche richieste. Tutte leprocedure descritte sono state eseguite anche per una configurazione repli-ca di sicurezza. Va sottolineato che tutti i componenti usati fanno partedel modello ingegneristico del satellite, quindi,oltre ad essere perfettamenteidentici per proprieta e produzione a quelli di volo, hanno subito anche tuttii test meccanici della fase preliminare della realizzazione del satellite stesso.Cio rende le misure svolte su di essi uno strumento fondamentale e affidabileper la fase di analisi dei dati che riceveremo dallo spazio. L’attraversamentodell’apparato da parte di ioni pesanti, e dei loro prodotti di frammentazione,e infatti tra gli eventi che ci si aspetta di registrare durante la fase di volo;verifiche di linearita della risposta della strumentazione a tali collisioni nonsono state pero svolte in precedenza.

Per decidere quali tipologie di nuclei (e in quale range di energia) an-dassero scelte, tra quelle disponibili, per bersagliare il rivelatore, e stabilire

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 62

Figura 4.1: Schema della replica di terra del ToF di PAMELA nella con-figurazione minima assemblata. Nel disegno sono riportati anche i codiciidentificativi dei fotomoltiplicatori utilizzati.

Figura 4.2: Esempio di grafico della frequenza di output di uno dei foto-moltiplicatori selezionati al variare della tensione di alimentazione; il puntodi lavoro e stato scelto, per ogni PMT, tra i 780 V e gli 820 V, in modo damantenere costante il guadagno per tutti i fotomoltiplicatori.

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 63

quali materiali potessero essere utilizzati come centri diffusori da anteporreall’apparato, sono state eseguite simulazioni delle collisioni attese utilizzan-do il programma di simulazione TRIM, contenuto nel pacchetto softwareSRIM [38].

Bisogna specificare che anche l’elettronica utilizzata per l’acquisizionedurante il test beam e perfettamente identica a quella di volo; anche perquesto aspetto l’esperienza e stata quindi un importante momento di veri-fica. La linearita del dato finale e infatti conseguenza della contemporanealinearita della risposta di scintillatori, fotomoltiplicatori e elettronica di ac-quisizione e le cause di eventuali deviazioni dal comportamento atteso vannoricercate lungo tutta la filiera di produzione dell’informazione acquisita.

4.2 Apparato sperimentale

Figura 4.3: Schema del setup sperimentale esposto al fascio di ioni.

La versione definitiva dell’apparato sperimentale presentata ai labora-tori GSI e rappresentata schematicamente in figura 4.3: i contatori a scintil-lazione S1, S2 e S3 (completi di PMT) precedentemente descritti sono statiposizionati ortogonalmente alla direzione del fascio collimato in modo che ilpunto d’impatto cadesse al centro della superficie sensibile degli scintillatori;sono state fissate meccanicamente le seguenti distanze relative:

• distanza tra S1 e S3 = 80 cm,

• distanza tra S1 e S2 = 67 cm,

• distanza tra S2 e S3 = 13 cm.

Completa l’apparato una scheda di Front-End (in particolare sono sta-ti utilizzati solo i primi sei degli otto canali disponibili della scheda, unoper ogni fotomoltiplicatore), anch’essa perfettamente identica a quelle delmodello di volo.

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 64

4.2.1 Il tracker ADAMO

Tra S1 ed S2 e stato posizionato il sistema tracciante, o tracker, del rivela-tore ADAMO, realizzato dal gruppo WiZard-INFN di Firenze. ADAMO [39]e un piccolo spettrometro magnetico pensato per misure di precisione dellospettro della componente carica dei raggi cosmici a livello del suolo; durantela realizzazione di PAMELA e stato utilizzato frequentamente per test sufascio e i risultati ottenuti hanno fatto da punto di partenza per lo sviluppodei sottosistemi che costituiscono lo spettrometro magnetico dell’apparatosu satellite.

Figura 4.4: Fotografia di due ladder di ADAMO; in quello piu in alto sipossono osservare i due sensori al silicio che sono invece coperti, in quelloin basso, dallo strato di mylar che ne assicura l’isolamento ottico in fase dipresa dati [40].

Il sistema tracciante di ADAMO e costituito da un array di cinque rivela-tori a microstrisce di silicio, analoghi a quelli realizzati per PAMELA, postiall’interno della cavita di un magnete [40]. L’unita di rivelazione di base eun ladder(riportato in fig. 4.4), cioe una struttura realizzata con due sen-sori di silicio, delle dimensioni di (53.3 x 70.0)mm2 x 300 µm, e un circuitoibrido, cioe un supporto ceramico su cui e alloggiata l’elettronica di front-end. Il funzionamento dei rivelatori a microstrisce di silicio e basato sulleproprieta della giunzione p-n contropolarizzata. Un’opportuna differenza dipotenziale di contropolarizzazione applicata alla giunzione tra due semicon-duttori di tipo p e di tipo n produce, nella zona circostante la giunzione,una regione svuotata dai portatori di carica maggioritari. In questa regione

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 65

e presente un campo elettrico in grado di rimuovere un’eventuale carica ineccesso comunque depositata: questo effetto consente di rivelare i rilasci dienergia dovuti a particelle ionizzanti, il cui passaggio all’interno della re-gione di svuotamento produce un certo numero di coppie elettrone-lacuna;il campo elettrico rimuove la carica prodotta guidando elettroni e lacune,rispettivamente, verso il lato ohmico e lato giunzione, producendo un segnalesui rispettivi elettrodi. Un’opportuna segmentazione delle impiantazioni didroganti permette inoltre di individuare il punto dove la carica viene raccol-ta, cioe dove e stata depositata l’energia della particella. I sensori utilizzatiper ADAMO, prodotti da Hamamatsu Photonics, sono realizzati su “bulk”disilicio di tipo n e sono segmentati in microstrips su entrambe le facce. Sul la-to giunzione sono impiantate, ortogonalmente allo spigolo di 53.3 mm, 2048miscrostrisce di tipo p+ con passo di impiantazione di 25 µm e passo di readout di 50 µm (cioe solo una striscia ogni due viene letta dall’elettronica difront-end). Sul lato giunzione, invece, sono impiantate, perpendicolarmentealle precedenti, 1024 microstrip di tipo n+ con passo di 67 µm, intervallateda strisce p+, dette strisce di blocco, la cui funzione e evitare che si creinocanali di bassa impedenza che provocherebbero la distribuzione della caricasu molte strisce. Le strip sui due lati del piano sono dunque ortogonali traloro: cio consente la “doppia vista”, cioe la possibilita di avere per ognipiano un’informazione spaziale con due coordinate.

I cinque piani sono allineati lungo un supporto di materiale amagneti-co che non influisca col campo generato dal magnete permanente nella cuicavita e alloggiato l’apparato; tale supporto e una sorta di scatola di allu-minio con finestre, in corrispondenza delle superfici sensibili dei ladder (pernon interferire con le misure), ricoperte da un foglio di mylar (per garantirel’isolamento ottico, vedi anche figura 4.4). I blocchi magnetici sono dispostiusualmente attorno al sistema in modo da garantire un campo medio di0.4 T all’interno del volume tracciante. Nella configurazione sperimentaleapprontata per il test su fascio non erano pero presenti i magneti.

4.3 Caratteristiche del fascio

I fasci di ioni accelerati selezionati per il testing delle apparecchiature de-scritte sono stati i seguenti:

• nuclei di 12C con energia cinetica di 200 MeV/nucleone (cui corrispondeβ ≈ 0.57);

• nuclei di 12C da 1200 MeV/nucleone (β ≈ 0.9);

• nuclei di 50Cr da 500 MeV/nucleone (β ≈ 0.76).

In tutti i casi il fascio era impulsato: le particelle arrivavano in pacchetti diquattro secondi ognuno, intervallati di tre secondi. La scelta delle tipologie

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 66

di ioni da utilizzare e stata fatta in considerazione prima di tutto dei limitiintrinseci dell’elettronica (ad esempio imponendo che la carica depositata alpassaggio dei frammenti non eccedesse i limiti di saturazione dell’ADC) e,in seconda istanza, sulla base di previsioni ottenute mediante simulazioniche verranno descritte nei prossimi paragrafi.

Durante le misure giornaliere l’intensita del fascio era ottimale per lenostre misure in quanto risultava fissata a circa 500 pps/cm2; in notturnainvece il flusso di particelle incidenti raggiungeva intensita per noi elevatis-sime, fino a 109 pps/cm2, per cui si e reso necessario porre la strumentazionea valle di un centro diffusore e ad un angolo di 45o rispetto alla direzionedel fascio; il centro diffusore era rappresentato da alcune provette sottopostead esposizione cosı intensa per un esperimento di biofisica contemporaneoal nostro.

L’interposizione di opportune targhette tra il fascio e la strumentazionee stata utilizzata anche durante operazioni di misura diurne per aumentarela statistica di frammentazione dei nuclei proiettili, di modo che i segnalirelativi al passaggio dei prodotti di frammentazione si evidenziassero mag-giormente e non rischiassero di essere completamente coperti da quelli legatiall’attraversamento degli ioni indisturbati. Oltre alle misure ad esposizionediretta, sono quindi stati raccolti dati anche con le seguenti targhette postea monte del sistema:

• 1.5 cm di Alluminio;

• 1.3 cm di Polietilene;

• 5 cm di Polietilene;

• 3.5 cm di PMMA 1.

4.4 Simulazioni

In previsione del test beam da svolgersi presso i laboratori del GSI di Darm-stadt (Germania) a partire dal 16 Febbraio 2006, ho eseguito delle simu-lazioni, con il programma SRIM (descritto in appendice A), della rispostadell’apparato all’attraversamento dei fasci di ioni disponibili, ai fini di sta-bilire quali fosse preferibile utilizzare o escludere e di preventivare l’eventualeincidenza sulle misure dei materiali utilizzati per il cablaggio e l’isolamen-to ottico. I fasci utilizzati come proiettili nella simulazione, e le rispettiveenergie, sono stati i seguenti:

• ioni 58Ni da 200 MeV per nucleone;

• ioni 58Ni da 800 MeV per nucleone;1un particolare tipo di plexiglass comunemente usato nell’impiantistica sperimentale

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 67

• ioni 12C da 200 MeV per nucleone;

• ioni 12C da 800 MeV per nucleone;

• ioni 12C da 1.2 GeV per nucleone;

• ioni 50Cr da 500 MeV per nucleone.

Per quanto riguarda la targhetta, poiche il software prevede una configu-razione massima di sette strati consecutivi di materiale, ho impostato ilcalcolo, per tutti gli ioni, utilizzando il seguente bersaglio (che schematiz-za l’apparato di rivelazione ideale, con tutti i componenti perfettamentesovrapposti e in assenza di strati isolanti):

• uno strato di poliviniltoluene da 7 mm di spessore (lo scintillatore S1);

• cinque strati di silicio da 300 µm ciascuno (i piani di tracciamento);

• uno strato di poliviniltoluene da 5 mm (lo scintillatore S2);

• uno strato di poliviniltoluene da 7 mm (lo scintillatore S3).

Successivamente ho provveduto ad inserire, per step successivi, strati isolantie gap d’aria secondo il seguente schema:

• prima e dopo ogni scintillatore ho posto uno strato di mylar spesso 25µm, uno strato di alluminio da 10 µm e uno strato di nastro isolantenero da 10 µm;

• tutti i piani di rivelazione sono stati intervallati da gap d’aria di 10cm.

Dalla simulazione cosı impostata si evince complessivamente che:

• il fascio di ioni Nichel da 200 MeV per nucleone si arresta completa-mente all’interno del terzo scintillatore, nel quale il grafico dell’energiapersa per ionizzazione presenta un picco di Bragg con valore di puntadi 3 MeV/µm (vedi anche figura 4.5);

• la presenza di strati d’aria di qualsiasi spessore non incide assoluta-mente sui risultati del calcolo;

• l’inserimento degli strati isolanti produce effetti apprezzabili nel casodel fascio di Ni da 200 MeV (precessione e abbassamento del picco,slargamento del fascio etc., si veda anche la figura 4.5), provoca vari-azioni dell’ordine del per mille nella perdita di energia e nella disper-sione angolare del fascio di ioni Carbonio da 200 MeV mentre non hainfluenza sui risultati relativi agli altri fasci.

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 68

Figura 4.5: Simulazione dell’energia rilasciata dal fascio di ioni 58Ni da 200MeV/n all’interno dell’apparato sperimentale in funzione della profonditadella targhetta: i due grafici diferiscono in quanto quello a sinistra si riferisceal calcolo senza strati isolanti, che sono invece presenti nel grafico piu adestra. Si noti il picco di Bragg all’interno del quarto strato, corrispondentead S3: per apprezzare meglio precessione e abbassamento di tale picco, sulgrafico piu a destra sono riportate delle linee colorate che marcano i valoridi riferimento del grafico a sinistra.

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 69

4.5 Calibrazioni delle schede di Front-End

Tutte le schede di Front-End realizzate per PAMELA sono state testate ecalibrate prima di essere integrate nei rispettivi modelli (di volo o tecnologi-co). La calibrazione consiste nel far acquisire alla scheda segnali che sianocompatibili con quelli che ci si attende all’uscita del rivelatore ma che ab-biano caratteristiche (ampiezza, intensita, ecc.) note e valutare la rispostadella strumentazione. Cosı facendo si possono riconoscere le zone di lin-earita, capire i tagli da imporre ai dati veri per evitare misure falsate dapiedistalli e saturazioni e calcolare i parametri di conversione da utilizzareper ricavare, dal numero di conteggi misurato, le misure nelle unita propriedella grandezza che si sta considerando.

Tutti i dati relativi ad operazioni di calibrazione svolte nel corso deglianni [41, 42], conservati nell’archivio informatico e cartaceo del laboratoriodella locale sezione INFN-Wizard, sono stati da me analizzati al fine diricavare quei parametri che mi sarebbero stati necessari in fase di analisi deidati del test su fascio nonche gli analoghi da utilizzare per l’analisi dei datidi volo.

4.5.1 Calibrazione della sezione di tempo

L’andamento del numero Nc dei conteggi effettuati dai TDC della schedadi Front-End rispetto al ritardo temporale ∆t tra il segnale di un canale diPMT e il segnale di TRIGGER e atteso, per un determinato intervallo divalori di ∆t, lineare secondo la relazione:

Nc = A0 + A1∆t (4.1)

dove l’inverso di A1 e il parametro che ci permette di convertire le misuredi tempo ottenute da unita di conteggio a unita di tempo.

Per la verifica sperimentale [41] della relazione 4.1 sono stati simulatii segnali di TRIGGER e PMT utilizzando il generatore di segnali Agilent81130A [43] con il quale e stato possibile impostare il ritardo ∆t tra 10 ns e110 ns, a passi di 50 ps, con una precisione di 15 ps + 0.1% di ∆t.

Riportando i dati2 su grafico si osserva immediatamente che:

• per ∆t ≤ 20 ns il sistema non riesce a compiere la misura e restituisceil valore di fondo scala3;

• per ∆t ≥ 95 ns il TDC va in saturazione.

2i valori utilizzati di Nc sono gia valori medi ottenuti da distribuzioni su misure ripetutead uguale ∆t; lo stesso discorso varra per tutti i dati utilizzati in questo paragrafo.

3i valori di ∆t per i quali si verifica questa situazione vengono usualmente denominatipiedistallo del TDC.

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 70

Figura 4.6: Esempio delle regressioni lineari effettuate a partire dai dati dicalibrazione della sezione di tempo delle schede di Front-End; in particolare,i grafici in figura si riferiscono ai primi quattro canali di una delle schede delmodello di volo, il cui nome simbolico e “sk6 ”. Si noti che in questo graficonon e riportata la zona di saturazione.

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 71

A questo punto si e proceduto interpolando i dati all’interno della zonadi linearita con una retta; un esempio dei grafici ottenuti e riportato in figura4.6.

In base alle regressioni lineari sono stati ricavati i parametri di conver-sione 1/A1 che sono risultati compatibili, entro gli errori, per tutte le schede.Si e potuto cosı ricavare, come media pesata dei valori medi ottenuti per ognischeda, il seguente parametro di conversione:

CTDC = 50.91± 0.12ps/ch (4.2)

Inoltre il parametro A1 moltiplicato per il periodo di clock del TDC, pari a10 ns, fornisce una stima del fattore di espansione α della sezione analogicadi tempo, introdotto nel paragrafo 3.2.1, di 198±1, contro un valore teoricodi 200.

4.5.2 Calibrazione della sezione di carica

Le operazioni di calibrazione della sezione di carica delle schede di Front-Endsono perfettamente analoghe a quelle descritte per la sezione di tempo [42],con l’unica differenza che stavolta l’impulsatore genera segnali di ampiezzavariabile tra 150 mV e 5 V con passi di 100 mV che simulino i segnaliprovenienti dai fotomoltiplicatori. La relazione da determinare e quindi:

Nc = B0 + B1 · VPMT (4.3)

Per prima cosa le misure di tensione VPMT sono state convertite in misuredi carica QPMT mediante la relazione

QPMT =VPMT · δt

R(4.4)

dove R = 50 Ω e l’impedenza del generatore e δt = 20 ns e la durata delsegnale impostata. Tale conversione e stata effettuata perche la grandezzafisica a cui si vuole risalire a partire dal numero di conteggi, nelle misurecon segnali non simulati, e la carica rilasciata, dalle particelle in transito,all’interno degli scintillatori, ovviamente amplificata dai fotomoltiplicatori.

I dati sono stati quindi riportati su grafico (si veda, ad esempio, quantoriportato in figura 4.7; da cio si e potuto evincere che:

• per valori di carica compresi tra 20 e 800 pC l’andamento del numerodi conteggi e lineare entro gli errori con una pendenza di ≈1.42 ch/pC;

• nell’intorno di 900 pC di carica iniettata l’elettronica comincia a sat-urare: si riscontra quindi un “ginocchio”della curva;

• per valori di carica superiori a 950 pC la risposta dello strumentocontinua ad essere lineare entro gli errori, stavolta con una pendenzadi ≈ 0.21ch/pC.

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 72

Figura 4.7: Esempio di grafico dell’andamento del numero di conteggi effet-tuati dal TDC al variare della carica iniettata dal generatore di segnali; perrendere maggiormente evidente il ginocchio e il cambiamento di pendenzadella curva e stata sovrapposta al grafico solo la regressione lineare relativaal range di linearita a valori di carica piu bassi.

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 73

Anche stavolta sono stati confrontati i parametri ricavati dalle regressionilineari per tutti i canali di ogni scheda: verificato che fossero compatibilientro gli errori, si e proceduto a ricavare i seguenti parametri di conversioneda unita di conteggio a unita di carica:

• per Nc ≤ 1150CADC = 0.704± 0.002pC/ch (4.5)

• per Nc ≥ 1250CADC = 4.74± 0.07pC/ch (4.6)

4.5.3 Stima dell’effetto di Time Walk

La presenza di un valore di soglia prefissato per il discriminatore, posto all’in-gresso della scheda di Front-End, genera una dipendenza del tempo misuratodall’intensita del segnale dovuta al tempo di salita finito dell’impulso. Seg-nali generati contemporaneamente ma con diverse ampiezze attraversano lasoglia del discriminatore a tempi diversi (vedi figura 4.8); la differenza tem-porale tra i due attraversamenti sara maggiore quanto piu alta e la soglia.Questo effetto, detto di Time Walk, puo causare un peggioramento significa-tivo della risoluzione nelle misure di tempo, soprattutto in caso di segnalinon molto intensi, per i quali la sottostima diventa percentualmente piusignificativa.

Attraverso i dati di calibrazione si puo ottenere anche una stima quanti-tativa dell’effetto di Time Walk e soprattutto dei parametri da utilizzare perun’eventuale correzione Tempo-Ampiezza da apportare ai dati provenientida misure reali in fase di analisi. A tale scopo, in fase di calibrazione dellasezione di carica, ad ogni misura di conteggi in funzione della carica e stataassociata anche una misura del ∆t definito nella sezione sulla calibrazione ditempo, che pero stavolta veniva mantenuto costante. In figura 4.9 e ripor-tato un esempio dei grafici di ∆t in funzione della carica iniettata, e quindidell’intensita del segnale: e evidente la deviazione, soprattutto a bassi valoridi carica, dall’andamento costante.

I punti sperimentali sono stati quindi interpolati con una funzione deltipo:

∆t = p0 +p1√(Q)

+1Q

(4.7)

spesso utilizzata negli esperimenti di fisica particellare la cui elettronica diacquisizione preveda l’utilizzo di discriminatori a soglia (si veda, ad esempio,[44]). I valori medi ricavati dei parametri, validi per tutte le schede, sonostati:

p0 = 1295± 4ch/pC (4.8)

p1 = −900± 100ch/pC (4.9)

p2 = 2900± 700ns/pC (4.10)

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 74

Figura 4.8: Esempio di Time Walk: i due segnali, generati contemporanea-mente ma con ampiezze, e quindi tempi di salita, diverse, attraversano lasoglia in momenti diversi; si noti che la differenza e maggiore quanto piualta e la soglia.

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CAPITOLO 4. IL TEST SUL FASCIO 75

Figura 4.9: Esempio di grafico dell’andamento delle misure di ∆t, impostocostante, in funzione della carica iniettata; la deviazione dall’andamentoatteso e causata dall’effetto di Time Walk.

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Capitolo 5

Analisi dati

L’output di ogni scheda di Front-End si presenta, per ogni singola oper-azione di misura, come un’unica parola binaria contenente informazioni dicarica, tempo e temperatura. Un software specifico creato appositamenteper PAMELA (si veda, a tal proposito, l’appendice B) provvede quindi adecodificare il dato traducendo la parola in un array di parole da 32 bit eassegnando ad ognuna di esse un nome simbolico che permetta di riconosceree richiamare agevolmente, nelle fasi successive dell’analisi, i conteggi effet-tuati, per ogni canale (e quindi per ogni fotomoltiplicatore), dal TDC dellasezione di tempo, quelli effettuati dal TDC della sezione di carica (che d’orain avanti chiameremo ADC)e la temperatura di entrambi i TDC della schedaregistrata durante l’operazione di misura.

I dati raccolti durante il test su fascio sono stati utilizzati in questaforma.

Fatte queste necessarie premesse, possiamo descrivere la trattazione verae propria dei dati raccolti e i risultati ottenuti.

5.1 Calcolo delle costanti di calibrazione e dellarisoluzione temporale

Nel paragrafo 3.3.1 sono state introdotte le costanti di calibrazione K1 e K2;il calcolo di tali costanti e una caratterizzazione indispensabile da eseguireper poter poi eseguire la trattazione delle misure di velocita. Ricordiamoche il valore di K2 e espresso dalla relazione

K2 =D

c∼=

d cos θ

c(5.1)

dove la nomenclatura e la stessa utilizzata nel paragrafo 3.3.1 (e in figura3.14) e l’angolo θ e quello che la direzione della traiettoria della particella,supposta rettilinea, forma con l’asse z del sistema (si ricordi che il sistema diriferimento interno convenzionalmente utilizzato per il ToF e quello riportato

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 77

in figura 3.1), cioe con la direzione del fascio incidente nel caso del testsu fascio o con la linea di zenit nel caso delle misure eseguite su satellite.Nel caso del test su fascio l’ipotesi di traiettoria rettilinea e valida percheil sistema non e immerso in un campo magnetico che possa far curvarele traiettorie delle particelle incidenti; la collimazione del fascio permetteinoltre di trascurare la dipendenza da θ, per cui si ottiene che K2 dipendesolo dalla distanza relativa tra i piani S1, S2 e S3:

KSiSj2 =

dSiSj

c. (5.2)

I valori di K2 calcolati in base a questa relazione sono riportati in tabella5.1 insieme alle distanze tra i piani di riferimento.

Piani di riferimento Distanza (cm) K2 (s)S1-S2 67 2.23 · 10−9

S2-S3 13 0.43 · 10−9

S1-S3 80 2.67 · 10−9

Tabella 5.1: Valori calcolati della costante di calibrazione K2 in base allarelazione 5.2.

A questo punto l’idea alla base del calcolo di K1 e quella di invertirela relazione 3.7 per oggetti di beta noto. Per fare cio sono stati utilizzatii dati relativi all’esposizione frontale diretta del sistema ai tre fasci di ionidisponibili. In queste condizioni si riscontra infatti un tasso di frammen-tazione molto basso e quindi un’elevata statistica di ioni che, interagendopoco col sistema, hanno mantenuto la loro energia cinetica e quindi la lorovelocita. Come prima operazione e stato selezionato il campione di ioni nonframmentati in base alla distibuzione del segnale ADC. La carica rilasciataall’interno di ogni scintillatore dai nuclei in transito e infatti proporzionalealla media dei conteggi effettuati dai due fotomoltiplicatori: riempiendo unistogramma con queste misure si evidenzia il picco degli ioni non fram-mentati, accompagnato da piccoli addensamenti, comunque poco popolati,a valori di carica piu bassi, riconducibili al transito dei pochi frammenti.Come si puo vedere dall’esempio in figura 5.1, le distribuzioni ottenute bensi adattano ad una distribuzione gaussiana. Per riempire gli istogrammi rel-ativi alle distribuzioni di K1, come quelli riportati in figura 5.2, sono statiquindi selezionati solo quegli eventi i cui valori di ADC ricadessero entro unaσ dal picco della distribuzione su ogni piano. Ancora una volta e stato ese-guito un fit gaussiano delle distribuzioni ottenute da cui sono stati ricavatii valori di K1 riportati in tabella 5.2.

Come possiamo vedere dalla tabella 5.2 ma soprattutto dalla figura 5.3c’e buona compatibilita tra i valori delle costanti relative agli stessi pianidi riferimento; in particolare possiamo definire, come media pesata di quelli

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 78

Figura 5.1: Esempio di distribuzione dei conteggi ADC (e quindi della car-ica) sui tre scintillatori, relativa ad un campione di dati raccolti durantel’esposizione frontale, senza targhetta interposta, al fascio di 12C con ener-gia cinetica di 200 MeV/n. Si puo notare distintamente il picco riconducibileal transito di nuclei di Carbonio non frammentati, al quale ben si adattauna gaussiana.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 79

Ioni Energia cinetica Piani di K1 σK1

(MeV/n) riferimento (s) (s)12C 1200 S1-S2 -5.6 · 10−10 0.7 · 10−10

S2-S3 -1.37 · 10−9 0.05 · 10−9

S1-S3 -1.91 · 10−9 0.07 · 10−9

12C 200 S1-S2 -4.5 · 10−10 0.6 · 10−10

S2-S3 -1.33 · 10−10 0.05 · 10−9

S1-S3 -1.77 · 10−9 0.07 · 10−9

50Cr 500 S1-S2 -1.7 · 10−10 0.6 · 10−10

S2-S3 -1.61 · 10−9 0.06 · 10−9

S1-S3 -1.78 · 10−9 0.07 · 10−9

Tabella 5.2: Valori della costante di calibrazione K1 calcolati in base allarelazione 3.7 per ioni di β noto.

Figura 5.2: Istogrammi dei valori di K1 ricavati, per ogni piano, invertendola relazione 3.7 su campioni di β noto; in particolare, il grafico in figurasi riferisce al campione di 12C da 1200 MeV/n non frammentato, aventeβ ∼0.90.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 80

ottenuti, un valore unico di riferimento per K1 relativa ai piani S1-S3:

KS1S31 = (−1.82± 0.07) · 10−9s (5.3)

Figura 5.3: Andamento della costante di calibrazione K1 al variare di β;si noti principalmente la compatibilita, entro gli errori, dei valori ottenu-ti, rimarcata anche dal valore, compatibile con zero, della pendenza dellaregressione lineare.

A questo punto, con i valori ottenuti di K1 e K2, e stato possibile utiliz-zare l’equazione 3.7 per calcolare, per gli stessi campioni di dati utilizzati peril calcolo delle costanti, le distribuzioni di β, di cui un esempio e riportato infigura 5.4. In tabella 5.3 sono riportati i valori medi ottenuti per β, insiemecon la rispettiva σ, a confronto con i valori attesi. Nella stessa tabella sonoriportati anche i valori di risoluzione temporale ∆t corrispondenti alle variemisure di β, ottenuti applicando la propagazione degli errori all’equazione3.7:

∆t =d · σβ

cβ2(5.4)

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 81

Figura 5.4: Distribuzione in β del Carbonio da 1200 MeV/n nonframmentato.

Ioni Energia cinetica Piani di β atteso β medio σβ ∆t(MeV/n) riferimento misurato (ps)

12C 1200 S1-S2 0.899 0.90 0.02 67S1-S3 0.902 0.019 62

12C 200 S1-S2 0.568 0.568 0.009 61S1-S3 0.570 0.007 62

50Cr 500 S1-S2 0.759 0.760 0.016 63S1-S3 0.760 0.015 68

Tabella 5.3: Valori di β misurati come media della distribuzione gaussianaa confronto con i valori attesi; nell’ultima colonna sono inoltre riportati ivalori di risoluzione temporale corrispondenti.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 82

5.2 Misure di risoluzione in carica

Per stimare la capacita del sistema di discriminare nuclei di diverso Z e val-utare la risoluzione nelle misure di carica e stata svolta, utilizzando i metodidescritti nel paragrafo 3.3.3, un’analisi dei dati relativi all’esposizione al fas-cio con targhetta a monte del sistema stesso. Si ricorda che l’interposizione ditarghette tra fascio e sistema serve proprio ad aumentare la frammentazionedei nuclei e quindi la statistica di ioni di basso Z.

Figura 5.5: Grafico dei conteggi ADC in funzione di β per i frammentidel Carbonio da 1200 MeV/n; le bande piu densamente popolate seguonol’andamento della Bethe-Block al minimo di ionizzazione per i diversi valoridi Z. Si noti che, per meglio evidenziare la famiglia di curve relative aiprodotti di frammentazione, i dati relativi al Carbonio non frammentatosono stati tagliati: ne sopravvive solo un piccolo residuo nella parte alta delgrafico.

Per prima cosa sono stati trattati i dati relativi al fascio di 12C da 1200MeV/n. In base ai grafici dei valori di ADC (che, si ricordi, e proporzionalealla carica rilasciata e, soprattutto, al dE/dx), dati dalla media dei conteggieffettuati ai due lati di ogni scintillatore, in funzione di β, di cui un esempioe riportato in figura 5.5, si puo osservare che tutti i frammenti prodottihanno β sufficientemente alti da trovarsi nella parte costante, al minimodi ionizzazione, della Bethe-Block. Ne segue che la distribuzione in caricacorretta (in unita di canali ADC) e data proprio dalla proiezione di tale

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 83

grafico sull’asse della carica.

Figura 5.6: Distribuzioni dei conteggi ADC sui tre scintillatori relative all’e-sposizione al fascio di Carbonio da 1200 MeV/n con targhette frapposte peraumentare la frammentazione; i picchi delle distribuzioni sono interpolaticon gaussiane.

In figura 5.6 sono riportate le distribuzioni ottenute, nelle quali si possonofacilmente riconoscere i picchi relativi al Carbonio e ai frammenti riconosci-bili come Boro, Litio e Elio; non e invece distinguibile un picco riconducibileal transito di Berillio. A questo punto si puo ricostruire la discriminazionein Z del ToF associando al numero atomico dell’elemento riconosciuto ilvalor medio della gaussiana che meglio interpola il picco della distribuzionedi carica. Si ottengono cosı i grafici in figura 5.7 in cui e ben evidente ladiretta proporzionalita tra i conteggi ADC effettuati, quindi l’energia rilas-ciata negli scintillatori, e lo Z2 della particella in transito, prevista dallaBethe-Block (eq. 1.11). I valori di carica misurati (in canali ADC) per ogniZ in ogni scintillatore sono riportati in tabella 5.4 insieme alla risoluzioneassociata.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 84

Figura 5.7: Linearita dei conteggi ADC effettuati dai contatori ascintillazione rispetto al quadrato del numero atomico Z.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 85

Scintillatore Z Carica rilasciata Q σQ Risoluzione(ADC ch) (ADC ch) %

S1 2 (He) 123 34 273 (Li) 230 55 245 (B) 669 51 86 (C) 909 40 4

S2 2 (He) 128 41 323 (Li) 251 51 205 (B) 731 53 76 (C) 991 47 5

S3 2 (He) 253 66 263 (Li) 526 98 195 (B) 1348 66 56 (C) 1754 64 4

Tabella 5.4: Valori di carica misurati come media della distribuzionegaussiana associati al numero atomico della particella in transito nelToF; nell’ultima colonna sono riportati i valori di risoluzione in caricacorrispondenti.

5.3 Congruita della risposta dei contatori

Un utile strumento per valutare la coerenza delle risposte dei tre conta-tori a scintillazione puo essere seguire l’evoluzione della frammentazione.Selezionando, infatti, solo campioni riconducibili, entro una o due sigma,ad un preciso valore di Z su S1 e osservando l’evoluzione di questo campi-one su S2 e S3 si puo, oltre ad avere una stima grossolana dei rapporti diframmentazione, verificare la validita delle corrispondenze imposte.

Consideriamo le distribuzioni riportate nelle figure 5.8 e 5.9. La pri-ma cosa da osservare e che non ci sono discordanze significative tra i trepiani riguardo il valore massimo di Z imposto: ad esempio, nessuno ionericonosciuto come Boro in S1 viene poi identificato come Carbonio su unodegli altri scintillatori; questo ci dice che non c’e componente significativa dieventi di pile-up, cioe di sovrapposizione di segnali dovuti a piu particelle cheattraversino lo scintillatore contemporaneamente 1. Una piccola ambiguitae pero presente nel caso dell’Elio (si vedano le distribuzioni in basso della

1Si ricordi che i TDC utilizzati per l’acquisizione lavorano in modalita common-stop,cioe attendono il segnale di trigger per scaricare i condensatori in cui e raccolto il segnale.Puo quindi avvenire che durante questa attesa al TDC arrivi un altro segnale relativoad un altro evento che produca un supplemento di carica del condensatore; in questi casisi parla di fenomeno di pile-up. Nel caso specifico, il passaggio contemporaneo, entro itempi di attesa del trigger, di un nucleo di Boro e, ad esempio, uno di Elio potrebbe farinterpretare il segnale totale come dovuto al transito di un Carbonio.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 86

Figura 5.8: Evoluzione dei frammenti di Carbonio e Boro: le due dis-tribuzioni in alto si riferiscono all’evoluzione, su S2 e S3, di campioni ri-conosciuti come Carbonio entro due sigma su S1; le distribuzioni in bassoseguono invece l’evoluzione del campione di Boro.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 87

Figura 5.9: Evoluzione dei frammenti di Litio e Elio: le distribuzioni in altoriportano la frammentazione su S2 e S3 del campione identificato come Litioentro due sigma su S1; quelle in basso si riferiscono invece al campione diElio.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 88

figura 5.9): nelle code delle distribuzioni relative all’evoluzione di quello chee identificato come Elio in S1 si possono notare degli addensamenti a val-ori di carica che ricadrebbero gia nella zona riconducibile al Litio. Questaanomalia e pero dovuta, piu che a fenomeni di pile-up, ad effetti della dipen-denza del segnale dalla posizione del punto d’impatto lungo lo scintillatoreche, per questi frammenti piu lenti e con direzioni piu angolate, diventa nontrascurabile; di questo effetto ci occuperemo meglio nel prossimo paragrafo.

Un commento a parte lo meritano i protoni. Il guadagno dei fotomolti-plicatori, fissato mediante la scelta della tensione di alimentazione, e statoimpostato a valori non troppo elevati2, in modo da permettere la rivelazionedei nuclei relativistici di Carbonio. Cio comporta, pero, che il segnale dovu-to ai protoni risulti sotto soglia: nelle distribuzioni dei conteggi ADC di S1e S2, infatti, non vediamo nessun evento al di sotto del picco dell’Elio. Nelledistribuzioni relative a S3 compare pero un piccolo addensamento intorno a90 canali (ben visibile nelle distribuzioni a destra in figura 5.9), quindi al disotto dei valori di carica riconducibili all’Elio. La presenza di questo piccoe dovuta al fatto che lo scintillatore S3 e piu corto degli altri 3 quindi ilsegnale giunge ai fotomoltiplicatori meno attenuato: e quindi possibile cheuna parte dei segnali dovuti al transito di protoni faccia scattare la soglia deidiscriminatori e vanga acquisita. La lunghezza di S3 e anche responsabiledel fatto che tutti i picchi delle distribuzioni di carica su tale contatore sianotraslati a valori di ADC piu elevati rispetto alle stesse distribuzioni misuratedagli altri due contatori.

Contatore ADC medio atteso per Be(ch)

S1 422S2 458S3 849

Tabella 5.5: Valor medio atteso del numero di conteggi ADC associabile altransito di Berillio (Z=4) nei diversi contatori a scintillazione, calcolato inbase alle regressioni lineari rappresentate dal grafico in figura 5.7.

Resta da motivare l’assenza, anche nelle distribuzioni dei soli frammenti,di un picco inequivocabilmente riconducibile al Berillio (Z=4). I valori mediattesi di ADC per questo elemento, calcolati in base alle regressioni linearidei conteggi in funzione di Z2 (riportate in figura 5.7), sono riassunti intabella 5.5. Nell’intorno di questi valori non si riesce pero a distinguere,come succede per gli altri elementi, un picco o comunque un andamento

2sono state in realta impostate le tensioni di alimentazione dei PMT, la cui relazionecon il guadagno dei fotomoltiplicatori stessi e stata descritta nel paragrafo 4.1.1, in modotale che tutti i fotomoltiplicatori avessero un guadagno nominale di 3.9 ·106.

3180 mm contro i 408 mm di S1 e i 330 mm di S2, come riportato in tabella 3.1

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 89

assimilabile ad una gaussiana piu o meno larga. I processi di frammentazionenucleare tra i cui prodotti vi sia Berillio hanno infatti una probabilita moltopiu bassa di avere luogo rispetto alla produzione degli altri nuclei con Z≤6[45][46] quindi la statistica raccolta risulta insufficiente e la zona interessatarisulta uniformemente poco popolata.

5.4 Correzioni per posizione e risoluzione tempo-rale con tracciamento

Abbiamo calcolato, come descritto nel paragrafo 5.1, la risoluzione con cuisono state effettuate le misure di tempo di volo, cioe dell’intervallo di tempotra gli istanti in cui avvengono gli impatti della particella in transito congli scintillatori di riferimanto. Calcoleremo adesso, invece, la risoluzionecon cui vengono determinati proprio gli istanti dell’impatto. Per fare cio enecessario utilizzare le relazioni che intercorrono tra il tempo misurato e laposizione del punto d’impatto, confrontata con la proiezione della tracciaricostruita dal tracker ADAMO.

Figura 5.10: Andamento del ∆t/2 misurato dal ToF, proporzionale allaposizione del punto d’impatto sullo scintillatore, in funzione della posizionedello stesso punto d’impatto ricostruita dal tracker; il grafico riportato siriferisce al fascio di ioni 50Cr da 500 MeV/n.

Nel paragrafo 3.3.1 abbiamo ricavato, con l’equazione 3.4, che la po-

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 90

sizione del punto d’impatto sullo scintillatore e data da

xSj =veff (t1 − t2)

2=

veff ·∆t

2(5.5)

dove veff e la velocita della luce all’interno dello scintillatore mentre t1 et2 sono gli istanti in cui i segnali, generati nell’impatto, giungono ai foto-moltiplicatori ai due lati dello scintillatore; ricordiamo che il TDC misuraproprio t1 e t2 rispetto al trigger, da cui si ricava la misura dell’istante t0 incui avviene l’attraversamento come

t0 =t1 + t2

2. (5.6)

E’ proprio sulla misura di t0 che vogliamo ricavare la risoluzione sfruttandoil fatto che la risoluzione su t1 + t2 e uguale alla risoluzione su t1 − t2. Atale scopo consideriamo i dati provenienti dal sistema tracciante4 ADAMO,descritto nel paragrafo 4.2.1.

Dai dati di ADAMO e possibile ricavare (tramite gli strumenti del soft-ware di PAMELA descritti in appendice B) le coordinate x e y del puntodi impatto su ognuno dei rivelatori al silicio sui quali il transito di unaparticella ha generato segnale. Avendo a disposizione i punti di impattosi puo ricostruire la traccia, imponendo degli opportuni tagli di qualita5,con una risoluzione spaziale dell’ordine di qualche µm. E’ quindi possibileproiettare la traccia ottenuta sugli scintillatori del ToF. La coordinata xSj

cosı ricostruita avra un’indeterminazione decisamente trascurabile rispettoa quella misurata dal solo ToF, che e verosimilmente dell’ordine dei mil-limetri6. Sono stati quindi eseguiti grafici dell’andamento di ∆t/2 in fun-zione della coordinata ottenuta per proiezione, dei quali vi e un esempio infigura 5.10. Eseguendo le regressioni lineari di tali grafici per tutti i datidisponibili si e riscontrato che c’e un’ottima uniformita dei parametri pertutte le misure effettuate con sistema ad esposizione frontale. Dalla penden-za p1 della retta ottenuta si ricava il valore della veff , utilizzando il fattoredi conversione CTDC=51 ps/ch ottenuto dalle relazioni di calibrazione delleschede di Front-End, come:

veff =1

CTDC · p1= (1.2943±0.0004)·108m/s = 12.943±0.004cm/ns (5.7)

compatibile con il valore medio misurato nei laboratori dell’Universita diNapoli per gli scintillatori del modello di volo [11]

veff = 12.877± 0.003cm/ns. (5.8)4ovviamente i dati provenienti da ToF e Tracker sono sincronizzati5tagli operati principalmente sul χ2, per escludere, ad esempio tracce ricostruite a

partire da punti relativi a transiti di particelle diverse6nell’ipotesi (che poi verificheremo) di una risoluzione di 1 canale sulle misure di ∆t/2 e

utilizzando per veff il valore di 1.2877·108 m/s, misurato nei laboratori dell’Universita diNapoli per gli scintillatori del modello di volo [11] otterremmo una risoluzione in posizionedi 7 mm.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 91

La risoluzione temporale del singolo scintillatore e invece data dalla σ delladistribuzione dei residui

R =∆t

2− p0 − p1xproj (5.9)

dove xproj e la coordinata sullo scintillatore data dalla proiezione della trac-cia del tracker. Le distribuzione dei residui per i tre scintillatori relativea tutti i dati raccolti durante l’esposizione frontale sono riportate in figura5.11, mentre i valori di risoluzione temporale, δt, ricavati sono riportati intabella 5.6.

Figura 5.11: Distribuzione dei residui definita dall’equazione 5.9 calcolatacon tutti i dati relativi all’esposizione frontale al fascio del sistema; la σdella distribuzione rappresenta la risoluzione temporale (in ch) del singoloscintillatore.

Contatore δt (ps)S1 47.6 ± 0.3S2 44.8 ± 0.3S3 45.6 ± 0.3

Tabella 5.6: Risoluzioni nelle misure di tempo dei singoli contatori a scintil-lazione relative all’esposizione frontale del sistema ad ogni tipo di fascio, cone senza targhetta interposta, calcolate in base alla distribuzione dei residui5.9.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 92

In base alle risoluzioni temporali di singolo scintillatore appena calcolatesi possono ricavare anche le risoluzioni nelle misure di tempo di volo tra duedei piani di riferimento come

∆tij =√

(δti)2 + (δtj)2 (5.10)

I valori ottenuti, riassunti in tabella 5.7, sono compatibili con quelli calcolatiin base alla 3.7 e riportati in tabella 5.2.

Piani di riferimento ∆t (ps)S1 - S2 65.4 ± 0.4S2 - S3 63.9 ± 0.4S1 - S3 65.9 ± 0.4

Tabella 5.7: Risoluzione delle misure di tempo di volo calcolate dallerisoluzioni di singolo scintillatore in base all’equazione 5.10; si confrontinoquesti valori, validi per ogni tipologia di ione, con quelli riportati in tabella5.2, calcolati in base alle distribuzioni di β.

A questo punto possiamo valutare anche la risoluzione nelle misure dellacoordinata del punto d’impatto xToF (definita dalla relazione 5.13:

∆xToF (Sj) = veff · δtj = 6mm (5.11)

E’ quindi confermata l’ipotesi, fatta all’inizio del paragrafo, che l’indeter-minazione sulle misure di posizione del sistema tracciante e trascurabilerispetto a quella sulle misure di posizione eseguite dal ToF.

Contatore δt (ps)S1 147 ± 1S2 134.7 ± 0.8S3 137.7 ± 0.7

Tabella 5.8: Risoluzioni nelle misure di tempo dei singoli contatori a scin-tillazione relative all’esposizione del sistema posto a 45 gradi rispetto alladirezione del fascio, calcolate in base alla distribuzione dei residui 5.9.

Per quanto riguarda i dati relativi alle misure compiute in notturna conl’apparato posto a 45 gradi rispetto alla direzione del fascio, le risoluzionitemporali calcolate con i metodi appena descritti sono risultate decisamentepeggiori. I valori ottenuti sono riportati in tabella 5.8. Questa discrepanzacosı marcata, viene parzialmente spiegata, e risolta, tenendo conto dell’ef-fetto di Time Walk, descritto nel paragrafo 4.5.3. Riportando su grafico,

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 93

Figura 5.12: Andamento dei residui in funzione della carica: e evidentel’effetto di Time Walk. I dati sono stati interpolati con la funzione 4.7. Iparametri calcolati sono stati utilizzati per la correzione Tempo-Ampiezza.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 94

infatti, i residui in funzione dell’intensita del segnale si riscontra un anda-mento perfettamente analogo a quelli descritti nel paragrafo 4.5.3, come sipuo vedere comparando le figure 5.12 e 4.9.

Anche in questo caso i dati sono stati interpolati con la funzione 4.7; inbase ai parametri calcolati si e potuta operare la correzione Tempo-Ampiezzadelle misure di tempo tij ricavate ad ogni lato (i) di ogni contatore (j):

tij = TDCij −(

p0 +p1√

ADCij+

p2

ADCij

)(5.12)

dove TDCij e ADCij rappresentano il numero di conteggi effettuati da TDCe ADC per il segnale d’uscita del fotomoltiplicatore i dello scintillatore Sj .Le misure cosı ottenute sono in ch, per ottenere le misure in unita di tempobisogna ancora una volta moltiplicare per il fattore di conversione CTDC .Questa correzione comporta un miglioramento della risoluzione nelle misuredi tempo eseguite a 45 gradi del 15-20%, come si puo vedere confrontando ivalori riportati in tabella 5.9 con quelli in tabella 5.8.

Contatore δt (ps)S1 117.1 ± 0.9S2 114.7 ± 0.6S3 109.0 ± 0.6

Tabella 5.9: Risoluzioni nelle misure di tempo dei singoli contatori a scin-tillazione relative all’esposizione del sistema posto a 45 gradi rispetto alladirezione del fascio, con la correzione Tempo-Ampiezza; si confrontino talivalori con quelli riportati in tabella 5.8, ricavati senza effettuare la suddettacorrezione.

Per quanto riguarda le misure di tempo relative all’esposizione frontale alfascio, la correzione Tempo-Ampiezza ha effetti sulla risoluzione temporaleinferiori all’1%.

Va inoltre sottolineato che i parametri calcolati a partire dall’interpo-lazione dei residui sono compatibili, opportunamente riscalati per esserericondotti nelle stesse unita di misura, con quelli calcolati a partire dallemisure di calibrazione.

Un’altra informazione che si puo trarre a partire dalle misure di posizionedel punto d’impatto e la stima dell’attenuazione luminosa degli scintillatori.Come gia accennato in precedenza, un “difetto”degli scintillatori plastici equello di avere piccole lunghezze di attenuazione (che indicheremo nel se-guito con λatt); un effetto di questa caratteristica e gia stato evidenziatonel paragrafo precedente, quando si e spiegato come mai su S3 si sia potutariscontrare anche una piccola componente di protoni. La conseguenza piuimportante e pero sicuramente rendere il segnale dipendente dalla posizione

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 95

Figura 5.13: Distribuzione dei punti d’impatto degli ioni lungo gli scintilla-tori durante l’esposizione frontale al fascio di nuclei di 12C da 1200 MeV/n.L’origine dell’asse x e posta nel centro degli scintillatori; si puo quindi notareche i tre contatori non erano centrati rispetto alla direzione del fascio.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 96

del punto d’impatto lungo lo scintillatore. Si osservino i grafici a destra infigura 5.14: in essi sono rappresentati gli andamenti del numero di conteggieffettuati dall’ADC per le varie famiglie di frammenti in funzione del ∆t/2,in ch, che, come abbiamo detto, e proporzionale alla posizione del puntod’impatto lungo lo scintillatore; i grafici si riferiscono allo scintillatore S3,sul quale il fascio arriva meno collimato (come si puo vedere anche dal-l’allargamento della distribuzione dei punti d’impatto lungo gli scintillatoririportata in figura 5.13, per aver gia interagito con S1, S2 e ADAMO, quin-di la dipendenza dalla posizione e piu evidente. L’andamento dell’intensitadel segnale If registrato all’estremita dello scintillatore in funzione dell’in-tensita del segnale generato Ii e della distanza ∆x dell’estremita dal puntod’impatto e regolato da una legge del tipo [47, 48]:

If = Ii · e− ∆x

λatt (5.13)

Per alcune tipologie di scintillatori plastici questo tipo di funzione non inter-pola bene gli andamenti perche la lunghezza di attenuazione non e propria-mente una costante caratteristica del mezzo; per alcuni materiali scintillanti,infatti, la riflettivita diventa non trascurabile rispetto all’autoassorbimento[49]: in questi casi λatt e piu grande per i segnali piu intensi e piu piccolaper quelli meno intensi. Questo e proprio il nostro caso. La correzione deidati e stata quindi svolta imponendo:

ADCcorrij = ADCij · e

∆x

λ1att (5.14)

per ADCij ≤800ch e

ADCcorrij = ADCij · e

∆x

λ2att (5.15)

negli altri casi. I parametri numerici sono stati calcolati eseguendo regres-sioni esponenziali dei dati negli intervalli considerati. Con questa correzionei segnali sono stati resi indipendenti dalla posizione del punto d’impatto,come si puo notare dalla figura 5.14; cio ha avuto influenza anche sulle dis-tribuzioni in carica. Come si puo vedere dalle distribuzioni in figura 5.13,infatti, gli scintillatori non erano perfettamente centrati rispetto alla di-rezione del fascio: considerare come carica rilasciata la media delle dellemisure operate alle due estremita non bastava quindi a compensare benel’attenuazione. I valori medi delle distribuzioni di ADC corrette associateai diversi nuclei, e le rispettive risoluzioni, sono riportati in tabella 5.10; ilrisultato piu significativo si ha nella separazione tra He e Li, che aumentada 1.21σ a 1.54σ.

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CAPITOLO 5. ANALISI DATI 97

Scintillatore Z Carica rilasciata Q σQ Risoluzione(ADC ch) (ADC ch) %

S3 2 (He) 269 77 283 (Li) 556 108 195 (B) 1374 65 4.66 (C) 1794 66 3.7

Tabella 5.10: Valori di carica misurati come media della distribuzione gaus-siana associati al numero atomico della particella in transito nel ToF; nell’ul-tima colonna sono riportati i valori di risoluzione in carica corrispondenti.Questi valori, che tengono conto della correzione dell’attenuazione, vannoconfrontati con quelli in tabella 5.4

Figura 5.14: Grafici dell’andamento del segnale d’uscita dei fotomoltiplica-tori di S3 in funzione della posizione del punto d’impatto lungo lo scintilla-tore; nei grafici di destra, senza correzione, e evidente la dipendenza del seg-nale dalla posizione, nei grafici a sinistra il segnale e stato reso indipendentedalla posizione stessa correggendo i dati per l’attenuazione luminosa.

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Conclusioni

Scopo principale di questo lavoro di tesi era valutare la capacita del sistemarivelatore-elettronica di ottenere misure di tempo e discriminazioni in caricacon risoluzioni paragonabili a quelle attese in base ai parametri di proget-tazione; in tutti i casi questa compatibilita si e verificata. Per le risoluzionitemporali i valori ricavati sono risultati anche migliori di quelli attesi. Lemisure di carica effettuate seguono l’andamento lineare in Z2 previsto dallaBethe-Bloch e le risoluzioni in carica migliorano all’aumentare di Z mante-nendo circa costante la risoluzione per singolo nucleone. La correzione deglieffetti di Time Walk e attenuazione luminosa ha dato risultati soddisfacenti.

Si puo quindi affermare che il sistema e stato opportunamente carat-terizzato nella configurazione utilizzata, cioe con i valori di guadagno deifotomoltiplicatori e di soglia dei discriminatori che verranno utilizzati an-che dall’esperimento in orbita per l’identificazione di nuclei all’interno dellaradiazione cosmica.

Per concludere in maniera esaustiva il lavoro di caratterizzazione dellareplica di terra del ToF potrebbe risultare utile esporre il sistema, nellealtre configurazioni di soglia e guadagno selezionabili, a fasci di protoni,per valutare le prestazioni anche in relazione a questo tipo di particelle intransito.

Il futuro dell’esperimento PAMELA, comunque, e essenzialmente legatoai dati che cominciano ad arrivare dallo spazio e alle informazioni che daessi sara possibile trarre.

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Appendice A

Il Software SRIM

SRIM [38](acronimo di “the Stopping and Range of Ions in Matter”) e uninsieme di programmi atti a misurare lo stopping power e il range di ioni,di energia compresa tra 10 eV e 2 GeV/amu, in materia trattando quanto-meccanicamente le singole collisioni tra gli ioni “proiettile”e gli atomi cos-tituenti la targhetta. Tra i suddetti elementi, durante l’attraversamento,avvengono complesse interazioni coulombiane schermate, comprendenti an-che interazioni di scambio e correlazione tra shell elettroniche che si sovrap-pongono [46], che vengono investigate, analizzate e descritte dal softwaretenendo conto delle strutture elettronica collettiva e di legame interatomicodel bersaglio. Lo stato di carica dello ione viene descritto in base al concet-to di carica efficace, dipendente dalla velocita e schermata a lungo range acausa del “mare di elettroni”.

A.1 Il Programma di Simulazione TRIM

Nel pacchetto SRIM e compreso il programma di simulazione TRIM (TRans-port of Ions in Matter) che sviluppa un calcolo Monte-Carlo, basato su algo-ritmi statistici, del comportamento di ioni nel passaggio attraverso materia,fornendo calcoli dettagliati dell’ energia trasferita durante ogni collisione conatomi della targhetta. Il software permette di considerare sistemi discreta-mente complessi, con targhette, stratificate e multifasiche, di composti di-versi, e di ottenere distribuzioni tridimensionali di ionizzazione, produzionedi fononi, creazione di cascate ecc.. TRIM e stato usato al fine di ottenereprevisioni sulla risposta della strumentazione ai test beam.

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Appendice B

Il Software di PAMELA.

Per la gestione e l’analisi dei dati trasmessi da PAMELA e stato apposita-mente creato dalla collaborazione un software in linguaggio C++ che utilizzale classi di ROOT [50]. Tale software e diviso in vari programmi che svol-gono operazioni consequenziali ben definite [51]. I dati forniti da NTsOMZ(le cui caratteristiche sono descritte nel paragrafo 2.6.2) vengono inizial-mente processati dal programma RawReader che spacchetta il contenuto deldownlink1 e separa le informazioni relative ai singoli download2. Dopo ciole informazioni vengono processate dal programma Yoda [52], che riconosce,all’interno di ogni download, tutti i dati relativi ad ogni singolo evento iden-tificato da un segnale di trigger, e li suddivide per i diversi sottorivelatorida cui sono stati prodotti, creando cosı gli item (oggetti del codice) di livel-lo 0 di PAMELA (ad esempio l’oggetto tofevent, che richiama tutto l’arrayderivato dalla lettura della memoria delle schede di Front-End del ToF al-l’arrivo di un preciso segnale di trigger). A questo punto i dati vengonoduplicati; una delle copie viene sottoposta ad una prima analisi sommariamediante il programma Quick Look, la cui funzione e, come dice anche ilnome, fornire rapidi strumenti di controllo del funzionamento dell’apparec-chiatura in tempi quanto piu brevi possibile. L’altra copia continua invecel’iter procedurale passando al vaglio dello YodaCleaner, che raggruppa tuttele informazioni con lo stesso identificativo e elimina eventuali ripetizioni.A questo punto puo intervenire lo YodaProfiler che crea gli item di livello1 di PAMELA, cioe gli oggetti di codice che richiamano solo la parte del-l’informazione (che, ricordiamo, e fondamentalmente una sequenza binaria)relativa ad ogni determinata misura di una precisa entita fisica (ad esempio,all’interno dell’array di dati richiamato dal gia citato oggetto tofevent, glioggetti ADC, TDC, e temp richiamano solo le righe e colonne in cui sonoespresse le misure, rispettivamente, di carica, tempo e temperatura). LoY odaProfiler svolge anche la funzione di riempire, con gli item di livello 0

1trasferimento dei dati da satellite a base2trasferimento dei dati dalla PSCU di PAMELA a quella del satellite

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APPENDICE B. IL SOFTWARE DI PAMELA. 101

e 1, il DataBase. L’ultima parte del software di PAMELA e il programmaDarthVader, che processa calibrazioni e correzioni dei dati per ottenere gliitem di livello 2, cioe quelli che verranno poi utilizzati per l’analisi vera epropria.

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Elenco delle figure

1.1 Simulazione di Radiazione Cosmica che Investe la Terra eCreazione di Sciami (fonte:NASA). . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2 Schema di Creazione di uno Sciame . . . . . . . . . . . . . . . 81.3 Energia specifica persa per ionizzazione da diverse specie nu-

cleari in poliviniltoluene calcolata in base all’Eq. 1.11 trascu-rando l’effetto di densita. La parte marcata delle linee e ilrange atteso per le misure di energia di PAMELA [11] . . . . 12

1.4 Spettro differenziale dei raggi cosmici. . . . . . . . . . . . . . 161.5 Risultati sperimentali attuali nella misura del rapporto B/C

al limite dell’atmosfera a confronto con il range atteso per lemisure di PAMELA. La linea sovrapposta ai punti sperimen-tali rappresenta un calcolo teorico svolto da Molnar e Simon[12] nell’ambito di uno studio di un modello di diffusione deiraggi cosmici da parte dell’alone galattico senza riaccelerazione. 20

1.6 Abbondanze relative (misurate a 1 AU) degli elementi conZ≤28 nei raggi cosmici rispetto alle quantita medie del Sis-tema Solare. I valori sono relativi ad un’abbondanza di Car-bonio pari a 100 [13]. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

1.7 Rappresentazione schematica delle fasce di radiazione e delmoto delle particelle intrappolate. . . . . . . . . . . . . . . . . 23

1.8 Schema della Magnetosfera Terrestre Investita dal Vento Solare. 251.9 Dati sperimentali relativi al rapporto di flusso tra antipro-

toni e protoni a confronto con le previsioni teoriche (lineaspezzata) relative alla sola produzione secondaria. . . . . . . . 28

1.10 Confronto fra stime teoriche e dati sperimentali recenti rela-tivi al flusso di antiprotoni nei raggi cosmici: le linee continuae tratteggiata indicano le previsioni teoriche per produzionepuramente secondaria di p mentre la linea punteggiata riportai calcoli relativi esclusivamente a produzione primaria. Sonoinoltre riportati, in rosso, i risultati attesi dalle osservazionidi PAMELA nel caso di produzione puramente secondaria(quadri) e contaminazione di componente primaria (cerchi). . 29

107

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ELENCO DELLE FIGURE 108

1.11 Dati sperimentali relativi al rapporto tra positroni ed elet-troni a confronto con le quantita previste in caso di pro-duzione esclusivamente secondaria: la linea continua e quellaa tratti rappresentano le previsioni dei due modelli di pro-duzione secondaria piu accreditati; i punti rossi indicano in-vece i rapporti di flusso previsti per PAMELA. Notiamo chele previsioni di PAMELA si discostano molto dalle altre nellezone di piu alta energia, dove tengono conto della componentedi flusso teorizzata per le annichilazioni di WIMPS (riportatasul grafico mediante la curva puntinata in basso a destra). . . 30

2.1 Fotografia del lancio del missile Soyuz, vettore del satelliteResurs-DK1 che ospita PAMELA. . . . . . . . . . . . . . . . 32

2.2 PAMELA e i suoi sottorivelatori. . . . . . . . . . . . . . . . . 332.3 Schema telescopico dei componenti di PAMELA. . . . . . . . 342.4 Potenzialita di PAMELA nella determinazione dei rapporti

di flusso antimateria/materia a raffronto con i limiti superioriposti da missioni precedenti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

2.5 Schema dell’orbita ellittica quasi-polare di PAMELA. L’incli-nazione e di 70, la quota varia tra 350 e 600 km. . . . . . . . 37

3.1 Disegno isometrico della disposizione dei tre piani S1, S2 e S3a formare il ToF di PAMELA. . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

3.2 Spettro di emissione caratteristico di uno scintillatore BicronBC-404 [32]. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

3.3 In figura si possono osservare, da sinistra, un’estremita delloscintillatore, la guida ottica, il fotomoltiplicatore e la schedadi connessione all’elettronica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

3.4 Un fotomoltiplicatore Hamamatsu R5900; l’immagine ne ev-idenzia le piccole dimensioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

3.5 Disegno schematico e fotografia dell’assemblaggio del foto-moltiplicatore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

3.6 Risposta spettrale tipica di un fotomoltiplicatore HamamatsuR5900 [34]. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

3.7 Configurazione “metal channel”dei dinodi. . . . . . . . . . . . 503.8 Schema a blocchi dell’elettronica del ToF di PAMELA (in

particolare del modello di terra) e della sequenza di trasmis-sione delle informazioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

3.9 Schema a blocchi dell’elettronica di Front-End del ToF diPAMELA: la linea rossa rappresenta la linea di propagazionedel segnale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

3.10 Diagrammi temporali per la misura di tempo con il sistemadi espansione a doppia rampa dei TDC. . . . . . . . . . . . . 52

3.11 Diagrammi temporali per la conversione carica-tempo. . . . . 54

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ELENCO DELLE FIGURE 109

3.12 Configurazione schematica di un singolo scintillatore del ToFdurante operazioni di misura di tempo e carica. . . . . . . . . 55

3.13 Diagrammi temporali dei segnali PMT1, PMT2 e TRIGGERin ingresso al TDC; con t0 viene indicato l’istante reale diattraversamento della particella. . . . . . . . . . . . . . . . . 56

3.14 Schema delle grandezze da considerare per la determinazionedel tempo di volo nella semplificazione di due soli piani delToF di PAMELA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

3.15 Grafico dell’energia persa per ionizzazione in funzione del βdella particella ottenuto con le misure del ToF di ISOMAX[37]. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

4.1 Schema della replica di terra del ToF di PAMELA nella con-figurazione minima assemblata. Nel disegno sono riportatianche i codici identificativi dei fotomoltiplicatori utilizzati. . . 62

4.2 Esempio di grafico della frequenza di output di uno dei foto-moltiplicatori selezionati al variare della tensione di alimen-tazione; il punto di lavoro e stato scelto, per ogni PMT, tra i780 V e gli 820 V, in modo da mantenere costante il guadagnoper tutti i fotomoltiplicatori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62

4.3 Schema del setup sperimentale esposto al fascio di ioni. . . . 634.4 Fotografia di due ladder di ADAMO; in quello piu in alto si

possono osservare i due sensori al silicio che sono invece cop-erti, in quello in basso, dallo strato di mylar che ne assicural’isolamento ottico in fase di presa dati [40]. . . . . . . . . . . 64

4.5 Simulazione dell’energia rilasciata dal fascio di ioni 58Ni da200 MeV/n all’interno dell’apparato sperimentale in funzionedella profondita della targhetta: i due grafici diferiscono inquanto quello a sinistra si riferisce al calcolo senza stratiisolanti, che sono invece presenti nel grafico piu a destra. Sinoti il picco di Bragg all’interno del quarto strato, corrispon-dente ad S3: per apprezzare meglio precessione e abbassamen-to di tale picco, sul grafico piu a destra sono riportate dellelinee colorate che marcano i valori di riferimento del graficoa sinistra. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

4.6 Esempio delle regressioni lineari effettuate a partire dai datidi calibrazione della sezione di tempo delle schede di Front-End; in particolare, i grafici in figura si riferiscono ai primiquattro canali di una delle schede del modello di volo, il cuinome simbolico e “sk6 ”. Si noti che in questo grafico non eriportata la zona di saturazione. . . . . . . . . . . . . . . . . 70

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ELENCO DELLE FIGURE 110

4.7 Esempio di grafico dell’andamento del numero di conteggi ef-fettuati dal TDC al variare della carica iniettata dal genera-tore di segnali; per rendere maggiormente evidente il ginoc-chio e il cambiamento di pendenza della curva e stata sovrap-posta al grafico solo la regressione lineare relativa al range dilinearita a valori di carica piu bassi. . . . . . . . . . . . . . . 72

4.8 Esempio di Time Walk: i due segnali, generati contempo-raneamente ma con ampiezze, e quindi tempi di salita, di-verse, attraversano la soglia in momenti diversi; si noti che ladifferenza e maggiore quanto piu alta e la soglia. . . . . . . . 74

4.9 Esempio di grafico dell’andamento delle misure di ∆t, impos-to costante, in funzione della carica iniettata; la deviazionedall’andamento atteso e causata dall’effetto di Time Walk. . . 75

5.1 Esempio di distribuzione dei conteggi ADC (e quindi dellacarica) sui tre scintillatori, relativa ad un campione di datiraccolti durante l’esposizione frontale, senza targhetta inter-posta, al fascio di 12C con energia cinetica di 200 MeV/n. Sipuo notare distintamente il picco riconducibile al transito dinuclei di Carbonio non frammentati, al quale ben si adattauna gaussiana. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78

5.2 Istogrammi dei valori di K1 ricavati, per ogni piano, inver-tendo la relazione 3.7 su campioni di β noto; in particolare, ilgrafico in figura si riferisce al campione di 12C da 1200 MeV/nnon frammentato, avente β ∼0.90. . . . . . . . . . . . . . . . 79

5.3 Andamento della costante di calibrazione K1 al variare di β;si noti principalmente la compatibilita, entro gli errori, deivalori ottenuti, rimarcata anche dal valore, compatibile conzero, della pendenza della regressione lineare. . . . . . . . . . 80

5.4 Distribuzione in β del Carbonio da 1200 MeV/n non fram-mentato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

5.5 Grafico dei conteggi ADC in funzione di β per i frammen-ti del Carbonio da 1200 MeV/n; le bande piu densamentepopolate seguono l’andamento della Bethe-Block al minimodi ionizzazione per i diversi valori di Z. Si noti che, per meglioevidenziare la famiglia di curve relative ai prodotti di fram-mentazione, i dati relativi al Carbonio non frammentato sonostati tagliati: ne sopravvive solo un piccolo residuo nella partealta del grafico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82

5.6 Distribuzioni dei conteggi ADC sui tre scintillatori relative al-l’esposizione al fascio di Carbonio da 1200 MeV/n con targhettefrapposte per aumentare la frammentazione; i picchi delledistribuzioni sono interpolati con gaussiane. . . . . . . . . . . 83

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ELENCO DELLE FIGURE 111

5.7 Linearita dei conteggi ADC effettuati dai contatori a scintil-lazione rispetto al quadrato del numero atomico Z. . . . . . . 84

5.8 Evoluzione dei frammenti di Carbonio e Boro: le due dis-tribuzioni in alto si riferiscono all’evoluzione, su S2 e S3,di campioni riconosciuti come Carbonio entro due sigma suS1; le distribuzioni in basso seguono invece l’evoluzione delcampione di Boro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86

5.9 Evoluzione dei frammenti di Litio e Elio: le distribuzioni inalto riportano la frammentazione su S2 e S3 del campioneidentificato come Litio entro due sigma su S1; quelle in bassosi riferiscono invece al campione di Elio. . . . . . . . . . . . . 87

5.10 Andamento del ∆t/2 misurato dal ToF, proporzionale allaposizione del punto d’impatto sullo scintillatore, in funzionedella posizione dello stesso punto d’impatto ricostruita daltracker; il grafico riportato si riferisce al fascio di ioni 50Crda 500 MeV/n. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

5.11 Distribuzione dei residui definita dall’equazione 5.9 calcolatacon tutti i dati relativi all’esposizione frontale al fascio delsistema; la σ della distribuzione rappresenta la risoluzionetemporale (in ch) del singolo scintillatore. . . . . . . . . . . . 91

5.12 Andamento dei residui in funzione della carica: e evidentel’effetto di Time Walk. I dati sono stati interpolati con lafunzione 4.7. I parametri calcolati sono stati utilizzati per lacorrezione Tempo-Ampiezza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

5.13 Distribuzione dei punti d’impatto degli ioni lungo gli scintil-latori durante l’esposizione frontale al fascio di nuclei di 12Cda 1200 MeV/n. L’origine dell’asse x e posta nel centro degliscintillatori; si puo quindi notare che i tre contatori non eranocentrati rispetto alla direzione del fascio. . . . . . . . . . . . . 95

5.14 Grafici dell’andamento del segnale d’uscita dei fotomoltipli-catori di S3 in funzione della posizione del punto d’impattolungo lo scintillatore; nei grafici di destra, senza correzione, eevidente la dipendenza del segnale dalla posizione, nei graficia sinistra il segnale e stato reso indipendente dalla posizionestessa correggendo i dati per l’attenuazione luminosa. . . . . . 97

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Elenco delle tabelle

3.1 Tabella riassuntiva delle principali caratteristiche geometrichedei contatori a scintillazione del ToF di PAMELA. . . . . . . 46

3.2 Distanze tra i piani di contatori nel modello di volo del ToFdi PAMELA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

5.1 Valori calcolati della costante di calibrazione K2 in base allarelazione 5.2. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

5.2 Valori della costante di calibrazione K1 calcolati in base allarelazione 3.7 per ioni di β noto. . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

5.3 Valori di β misurati come media della distribuzione gaussianaa confronto con i valori attesi; nell’ultima colonna sono inoltreriportati i valori di risoluzione temporale corrispondenti. . . . 81

5.4 Valori di carica misurati come media della distribuzione gaus-siana associati al numero atomico della particella in tran-sito nel ToF; nell’ultima colonna sono riportati i valori dirisoluzione in carica corrispondenti. . . . . . . . . . . . . . . . 85

5.5 Valor medio atteso del numero di conteggi ADC associabileal transito di Berillio (Z=4) nei diversi contatori a scintil-lazione, calcolato in base alle regressioni lineari rappresentatedal grafico in figura 5.7. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88

5.6 Risoluzioni nelle misure di tempo dei singoli contatori a scin-tillazione relative all’esposizione frontale del sistema ad ognitipo di fascio, con e senza targhetta interposta, calcolate inbase alla distribuzione dei residui 5.9. . . . . . . . . . . . . . 91

5.7 Risoluzione delle misure di tempo di volo calcolate dalle risoluzionidi singolo scintillatore in base all’equazione 5.10; si confron-tino questi valori, validi per ogni tipologia di ione, con quelliriportati in tabella 5.2, calcolati in base alle distribuzioni di β. 92

5.8 Risoluzioni nelle misure di tempo dei singoli contatori a scin-tillazione relative all’esposizione del sistema posto a 45 gra-di rispetto alla direzione del fascio, calcolate in base alladistribuzione dei residui 5.9. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92

112

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ELENCO DELLE TABELLE 113

5.9 Risoluzioni nelle misure di tempo dei singoli contatori a scin-tillazione relative all’esposizione del sistema posto a 45 gradirispetto alla direzione del fascio, con la correzione Tempo-Ampiezza; si confrontino tali valori con quelli riportati intabella 5.8, ricavati senza effettuare la suddetta correzione. . 94

5.10 Valori di carica misurati come media della distribuzione gaus-siana associati al numero atomico della particella in tran-sito nel ToF; nell’ultima colonna sono riportati i valori dirisoluzione in carica corrispondenti. Questi valori, che ten-gono conto della correzione dell’attenuazione, vanno confrontaticon quelli in tabella 5.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97