cappellaio matto

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Il "Cappellaio matto" vuole essere una RIVISTA CULTURALE. In essa puoi trovare Letteratura, Teatro, Cinema, Musica e Politica Contemporanea; Articoli, saggi, racconti, poesie e recensioni di gruppi musicali fiorentini e non; e ancora inchieste ed interviste a personaggi del mondo della cultura e della politica. Infine, una pagina politica che aiuti a capire l'oggi e il probabile domani, con spunti di riflessione su ciò che accade intorno a noi.Questa rivista è gestita da un gruppo di studenti con voglia, capacità ed entusiasmo; la nostra redazione non ha un capo, ma tante menti capaci di convergere e dirigersi verso un unico obbiettivo, ovvero fare della Rivista un elemento fondamentale della vita studentesca, strumento di conoscenza e appoggio, mani- festo libertario in cui idee e pensieri possano trovar posto. Partecipa anche tu a questo progetto! PROMOZIONE SPECIALE STUDENTI: presentando la rivista alla biglietteria del teatro sarà possibile acquistare i biglietti con la riduzione del 50% (tutti i giorni tranne la domenica) Indice pag. 2 l’intervista pag. 3, 4 studenti a teatro pag. 5 musica & cinema Indice pag. 6 letteratura pag. 7 università pag. 8 attualità n.1

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il giornale di Lettere di Sinistra, gruppo di lettere di Sinistra Universitaria

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Il "Cappellaio matto" vuole essere una RIVISTA CULTURALE.In essa puoi trovare Letteratura, Teatro, Cinema, Musica e Politica Contemporanea; Articoli, saggi, racconti, poesie e recensioni di gruppi musicali fiorentini e non; e ancora inchieste ed interviste a personaggi del mondo della cultura e della politica. Infine, una pagina politica che aiuti a capire l'oggi e il probabile domani, con spunti di riflessione su ciò che accade intorno a noi.Questa rivista è gestita da un gruppo di studenti con voglia, capacità ed entusiasmo; la nostra redazione non ha un capo, ma tante menti capaci di convergere e dirigersi verso un unico obbiettivo, ovvero fare della Rivista un elemento fondamentale della vita studentesca, strumento di conoscenza e appoggio, mani-festo libertario in cui idee e pensieri possano trovar posto.Partecipa anche tu a questo progetto!

PROMOZIONE SPECIALE STUDENTI:presentando la rivista alla biglietteria del teatro sarà possibile acquistare i biglietti

con la riduzione del 50% (tutti i giorni tranne la domenica)

Indice

pag. 2 l’intervistapag. 3, 4 studenti a teatropag. 5 musica & cinema

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Teresa Bettarini, Direttrice Organizzativa di OfficinaGiovani (Prato).di Leandro Picarella

La prima intervista di questa rivista è stata fatta ad una stimata professionista pratese che lavora nel campo dell’organizzazione di eventi e gestione di importanti spazi rivolti al teatro e allo spettacolo dal vivo in generale. Teresa Bettarini è la direttrice organizzativa di Officina Giovani, ovvero quella che da ormai un decen-nio rappresenta una realtà costante e produttiva nonché spazio creativo per tutti i giovani pratesi. I Cantieri Culturali di Officina Giovani sono nati nel 1998 negli spazi ristrutturati degli ex Macelli Pubblici. Luogo di espressione della creatività giovanile e di promozione della cultura giovanile, rappresenta la sintesi della politica culturale del Comune di Prato e al contempo lo specchio delle trasformazioni in atto nel tessuto sociale e politico cittadino.

D: Signora Bettarini quando nasce Officina Giovani, e perché?R: Officina Giovani nasce nell’ormai lontano 1998 grazie all’interesse dell’allora assessore alla cultura del Comune di Prato Massimo Luconi il quale avvertiva l’esigenza di dover creare uno spazio da mettere a disposizione dei giovani artisti pratesi ma anche dei vari musicisti e delle compagnie teatrali che avessero voglia di preparare spettacoli o mostre in un luogo dedito all’arte. È fondamentale ricordare inoltre, che prima della fondazione di Officina Giovani non esistevano luoghi a Prato in cui i giovani artisti potes-sero esprimere la propria creatività essendoci tuttavia un fermento artistico rilevante probabilmente per la presenza di un teatro d’eccellenza come il Metastasio e del primo museo d’arte contemporanea italiano, ovvero il Pecci.D: Come furono i primi anni di attività?R: L’attività cominciò agli Ex Macelli in condizioni molto precarie poiché la struttura mancava dei servizi minimi per lavorare in maniera adeguata, ma pian piano le cose cambiarono, soprattutto quando l’intera struttura venne ristrutturata assumendo l’aspetto che oggi conosciamo. Nei suoi primi anni Officina svolse sia attività di servizio, ossia luogo aperto agli artisti, sia attività teatrali formative con laboratori tenuti da professionisti del settore come Pamela Villoresi. La sala eventi inoltre veniva offerta alle giovani e meno giovani compagnie teatrali della zona oltre che per mostre e concerti.D: Ricordo che l’anno scorso c’è stato un cambiamento.R: Si è vero, nel 2006 sono cambiate molte cose. Innanzitutto la struttura è stata data in appalto ad un consorzio di cooperative che si occupa di tutto l’apparato logistico, inoltre il Comune di Prato ha deciso di inserire un bando per l’inserimento della figura di direttore organizzativo poi vinto da me.D: E la sua direzione verso quale obiettivo si è orien-tata?

R: Il mio intento sin da subito è stato quello di dare un’identità più precisa a questo luogo.D: Ovvero?R: Io vedo Officina come uno spazio per giovani artisti, che siano essi attori, registi, compagnie, artisti visivi o musicisti non importa; questa è una prima identificazi-one che potrebbe sembrare scontata ma in realtà non lo è. Spesso questi spazi vengono visti solamente come luoghi di aggregazione giovanile, il che è errato. I momenti d’aggregazione e di festa sono sicuramente elementi fondamentali nella vita dei giovani ma credo che debbano convivere con qualcos’altro. Personal-mente sono molto convinta che sia importantissima l’attività formativa, soprattutto per quei ragazzi che si avvicinano al mondo del teatro o dell’arte in generale, senza sapere come questi siano costituiti. Da questo mio interesse sono nati i corsi di Organizzazione Teat-rale e Musicale i quali cercavano di fornire alle giovani compagnie e ai giovani musicisti le informazioni neces-sarie per comprendere come sia strutturato il mondo dello spettacolo. A questi corsi ho inoltre affiancato degli Stage Teatro e Stage Musica, ovvero appuntamenti settimanali nei quali le stesse compagnie e gli stessi musicisti possono mettere in scena le loro perfor-mance.D: Il rapporto tra Officina Giovani e l’Università di Firenze e con il Polo di Prato in particolar modo?R: E’ un rapporto che ho cercato di costruire dall’anno scorso soprattutto con Teresa Megale, il Presidente del Corso di Laurea in Progettazione e gestione di eventi e imprese dell’arte e dello spettacolo (Progeas), che conoscevo gia da tempo. Penso che con uno spazio come Officina Giovani l’Università debba essere un interlocutore privilegiato per progetti di collabora-zione, ad esempio il laboratorio di regia che Cristina Pezzoli ha tenuto lo scorso anno accademico. Queste collaborazioni sono utili sia all’Università, che non possiede uno spazio da poter dedicare ad iniziative legate all’arte e allo spettacolo, sia agli studenti che sanno di poter trovare uno luogo che si rivolge essenzi-almente a loro, sia a Officina stessa perché riescono a mantenerla piena di vitalità.D: L’ultima domanda riguarda i rapporti, sicuramente fondamentali, con le Istituzioni, Il Comune di Prato, e soprattutto l’Assessorato alla Cultura, quale attenzione rivolgono a Officina?R: Innanzitutto bisogna ricordare che Officina Giovani è uno spazio del Comune di Prato, e devo riconoscere che ho sempre trovato da parte di questo una forte disponibilità, il che è sintomatico del fatto che crede veramente a uno spazio come Officina e questa è una cosa abbastanza rara, soprattutto in un momento come questo in cui le amministrazioni comunali tendono più a lavorare su grandi eventi che portano ritorno di immagine. L‘attenzione per i giovani e per gli spazi come Officina, che non daranno mai una grande visibilità, credo che sia una cosa non comune e molto apprezzabile. Speriamo continui così.

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30 novembre/9 dicembreNoctivagus Produzioni Teatrali

Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia

Massimo Dapporto

I DUE GEMELLI VENEZIANIdi Carlo Goldoni

conAlessandra Raichi, Giovanna Centamore, Osvaldo Ruggieri, Francesco Gusmitta, Umberto Bortolani, Marianna

de Pinto, Carlo Ragone, Felice Casciano, Adriano Braidotti, Lamberto Consani

scene Pierpaolo Bislericostumi Elena Mannini

luci Sergio Rossiregia Antonio Calenda

Debutta venerdì 30 novembre (in scena fino al 9 dicembre) un classico goldoniano, I due gemelli veneziani per la regia di Antonio Calenda e interpretato da Massimo Dapporto. Un capolavoro della scrittura comica, l’eccezionale virtuosismo sul classico tema dello sdoppiamento, l’incanto del gioco teatrale dei simili e degli opposti… Carlo Goldoni ne I due gemelli veneziani porta a livelli altissimi il teatro comico: lo fa usando le tecniche della drammaturgia settecentesca e la sapienza scenica di chi il teatro lo scrive ma sa anche “farlo”, di chi impone agli attori una parte, ma solo dopo averla costruita sulle loro personali potenzialità e inclinazioni… Ne risulta una commedia che, dall’esordio nel 1747 ad oggi, non ha smesso di sorprendere e divertire, e non ha mai sofferto il peso del tempo. “Si tratta di uno dei testi minori di Goldoni – commenta Massimo Dapporto protagonista dello spettacolo - scritto in età giovanile, ma molto interessante: si ritrovano i primi segni del cambiamento del teatro, del passaggio dal canovaccio della Com-media dell’Arte al testo della commedia borghese scritta da un autore. Un po’ alla volta alcune maschere scompaiono: ne I due gemelli veneziani si conservano ancora quelle di Brighella e di Arlecchino, però la maschera di Zanetto, che è uno dei due gemelli del titolo e che fa parte della Commedia dell’Arte, viene invece risolta dall’autore come un carattere ben risoluto, è un personaggio che recita la sua parte. Un altro cambiamento importante registrato da questo testo è la descrizione dei rapporti tra servo e padrone: ci si avvicina alla Rivoluzione Francese e già si avverte una ribellione che parte dallo stato socialmente più basso nei confronti del padrone. Il testo è stato scritto in un periodo particolare della vita di Goldoni: I due gemelli veneziani simboleggiano la duplicità dell’anima dell’autore, combattuto tra continuare ad essere avvocato oppure passare al mondo del teatro, cedendo ad una passione che manteneva sempre viva dentro di sé, pur esercitando l’avvocatura.”Separati fin dall’infanzia, Zanetto e Tonino non sono a parte l’uno dell’esistenza dell’altro: il destino li conduce improvvisa-mente nella stessa città. Il primo è ricco e un po’ lento, il secondo, veloce e scaltro, è di contro poverissimo. Impossibile per chi li circonda – servi, amici, fidanzate – non confonderli e scambiarli dando vita a un turbinio di equivoci, rivelazioni, follie. C’è ne I due gemelli veneziani tutto il mondo (di sentimenti, inquietudini, emozioni e rivalità) e tutto il teatro (fatto di equivoci, frenesie, mascheramenti, malintesi) che il grande autore veneziano conosceva e che tuttora continuiamo a sentire validi. E sebbene il plot abbia radici lontane (nell’antica tradizione latina, nelle commedie di Plauto e Terenzio) il genio goldoniano riesce a donargli un soffio di universalità.

PROMOZIONE SPECIALE STUDENTI:presentando la rivista alla biglietteria del teatro sarà possibile acquistare i biglietti

con la riduzione del 50% (tutti i giorni tranne la domenica)

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Programma spettacoli dicembre-febbraio

20/25 Novembre 2007Sicilia TeatroOTELLOdi William Shakespearecon Sebastiano Lo Monacoregia Roberto Guicciardini

30 Novembre/9 Dicembre 2007Noctivagus Produzioni TeatraliTeatro Stabile del Friuli Venezia GiuliaI DUE GEMELLI VENEZIANIdi Carlo Goldonicon Massimo Dapportoregia Antonio Calenda

11/16 Dicembre 2007 Teatro di Roma Compagnia Lombardi-TiezziI GIGANTI DELLA MONTAGNAdi Luigi Pirandellocon Silvio Castiglioni,Marion D'Amburgo, Iaia Forte, Sandro Lombardi, Massimo Verdastroregia Federico Tiezzi

27 Dicembre 2007/6 Gennaio 2008I due della città del soleQUARANTA MA NON LI DIMOSTRA!di Peppino e Titina De Filippocon Luigi De Filippo e la sua compagniaregia Luigi De Filippo

8/13 Gennaio 2008Teatro di RomaCompagnia Lavia-AnagniMISURA PER MISURAdi William Shakespeareregia Gabriele Lavia

15/20 Gennaio 2008DoppiaeffeROMOLO IL GRANDEdi Friedrich Durrenmattcon Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossiniregia Roberto Guicciardini

22/27 Gennaio 2008Diana OrisIL SINDACO DEL RIONE SANITA'di Eduardo De Filippocon Carlo Giuffrèregia Carlo Giuffrè

29/30 Gennaio 2008La Contemporanea

PROCESSO A DIOdi Stefano Massini

con Ottavia Piccoloregia Sergio Fantoni

spettacolo fuori abbonamento

1/10 Febbraio 2008Compagnia Mauri-Sturno

FAUSTdi Wolfgang Goethe

con Glauco Mauri, Roberto Sturnoregia Glauco Mauri

12/17 Febbraio 2008Fondazione Atlantide Teatro Stabile di Verona- GATin coproduzione con Teatro Stabile del Veneto Carlo

Goldoni7 PIANI

di Dino Buzzaticon Ugo Pagliai, Paola Gassman

regia Paolo Valerio

19/24 Febbraio 2008Noctivagus Produzioni Teatrali

DUE PARTITEdi Cristina Comencini

con Chiara Noschese, Stefania Felicioli, Susanna Marcomeni, Sara Bertelàregia Cristina Comencini

26 Febbraio/2 Marzo 2008Associazione Teatrale Pistoiese

La Biennale di Veneziain collaborazione con Tauma Produzioni

LA VEDOVA SCALTRAda Carlo Goldoni

con Raffaella Azimregia Lina Wertmuller

La biglietteria di prevendita (via della Pergola 32, tel. 055/2264353 - 334) è aperta nei seguenti orari:

dal martedì al sabato 9.30/18.45 (continuato), domenica 10.00/12.15, lunedì riposo.

INFORMAZIONI (9.30-13.30/14.30-18.45)

Tel. 055/2264353Fax 055/245346

[email protected]

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ON THE ROAD - in fuga con i THE SECOND

GRACEdi Leandro Picarella

Prendi un giorno d’estate. Uno qualunque in cui, preso da

mille impegni, confuso da eterne paranoie, stressato da mesi

trascorsi dietro una qualunque scrivania, di un qualunque

ufficio, di un qualsiasi minuscolo comune o immensa

metropoli, decidi di scappare. Toglierti di mezzo per un po’…

Esistono tanti modi per definire la voglia di lasciarti tutto alle

spalle e ricominciare a respirare.

Ne scegli uno.

Bene, se hai accarezzato questa idea, voglia inconscia di

qualunque essere umano disperso nel caos della quotidianità,

THE SECOND GRACE è l’unica e irrinunciabile colonna

sonora del tuo viaggio-fuga che dovrai rigorosamente

intraprendere in automobile. Impianto audio senza grandi

pretese. Solo, nella tua auto che finirai di pagare tra tre anni,

viaggi con uno zaino nel posto passeggeri con dentro il

minimo indispensabile.

Accendi il motore. Accendi lo stereo. Accendi la mente. Final-

mente libero. Parte il cd. Traccia uno. Ti investe ANTANAN-

ARIVE. In quello stesso istante capisci di aver fatto la scelta

giusta ad abbandonare tutto per riscoprirti uomo, con la voglia

di disintossicarti da inutili futilità. Sconvolto da sensazioni

dimenticate il tuo viaggio comincia e quella musica sarà la tua

unica compagna.

In principio il grigio asfalto, che velocemente si distorce e si

raddrizza, ti conturba ma pian piano l’essenzialità di quella

musica assume forme sempre più seducenti, affascinanti. Le

chitarre acustiche appena sfiorate, i sussurri di una voce come

poche, i ritmi latini e africani, le varie contaminazioni che si

intersecano in melodie e arrangiamenti di un garbo commov-

ente, ti aprono il cuore. Il battito accelera e il respiro si

affanna. Tra curva e rettilinei comprendi che Semplicità non

vuol dire Banalità, ma scostamento dell’anima. Concetto che

sta alla base della musica, ma che da essa troppo presto si è

distaccato. In questa colonna sonora puoi trovare le melodie

angeliche di Jeff Buckley, l’emotività minimalista dei Sigur

Ros, il folk di Bob Dylan. Quest’ultimo semente per ogni

cantautore. E proprio da essi, dai grandi cantautori i The

Second Grace prendono le melodie vocali, ovvero quelle che ti

trasmettono un brivido che arriva dritto al cuore prima ancora

di pretendere di essere considerati ottimi musicisti.

Se della Sicilia i quattro componenti sono figli, da essa devono

per forza trarre ispirazione. Terra frutto di dominazioni,

invasioni, mescolanze di culture, essa plasma la traspa-rente

creatività di uno dei gruppi emergenti con il maggior talento.

Se il tuo viaggio comincerà da Palermo, Catania , Torino, ma

anche Londra o Berlino non avrai difficoltà a capire e a rispec-

chiarti in questi acquerelli sonori. L’internazionalità della loro

musica non sta tanto nei testi scritti e cantati in Inglese , molto

semplici e puri tra l’altro, ma proprio nelle ricercate contamin-

azioni, sicchè potrai trovare tracce del tuo albero genealogico

in ognuno dei 13 brani che compongono la tracklist

dell’esordio discografico di questo quartetto.

Sei in viaggio già da un’ora e qualcosa. Ti sei perso tra le dolci

melodie di LIKE A JULIET e NOBODY KNOWS. Con YOUR

KEY l’album si conclude, ma non il tuo cammino. Tasto play.

Metti la III, poi IV, poi acceleri e poi di nuovo, inesorabil-

mente, ANTANANARIVE.

Si ricomincia a viaggiare.

I The Second Grace sono prodotti da Edel Italia.

75 ANNI E NON LI DIMOSTRAdi Roberto Bognanno

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di

Venezia quest’anno ha festeggiato i suoi 75 anni,

giungendo alla 64° edizione. Come una Signora

d’altri tempi ha mostrato tutto il suo fascino,

consapevole del potere che esercita su centinaia di

persone che ogni anno vengono a visitarla e ad

omaggiarla da tutto il mondo. Anche per questo il

presidente della Mostra, Marco Muller, ha voluto

riproporre la stessa formula adottata 75 anni fa,

ovvero una giuria di soli registi, presieduta dal

cinese Zhang Yimou.

A fare grande quest’edizione c’erano tutte le

premesse: 55 pellicole in prima mondiale, tra cui

tutte quelle dei 22 film in concorso, e 6 in prima

internazionale; la retrospettiva dedicata al cinema

Western all’italiana, con 32 lungometraggi italiani;

nomi del calibro di Ang Lee, Kenneth Branagh,

Brian De Palma, Ken Loach, Eric Rohmer, Nikita

Mikhalkov, Claude Chabrol, Takeshi Kitano,

Manoel de Oliveira e Woody Allen, solo per citare

alcuni dei registi presenti al Lido con una pellicola,

più una pletora numerosissima di attori che hanno

portato alla kermesse veneziana quel lato gla-mour

che non guasta mai.

A Tim Burton, festeggiato con il “Tim Burton Day”

(un giorno di proiezioni a lui dedicate), è andato il

Leone d’Oro alla carriera - il più giovane regista

della storia del cinema a ricevere un tale riconosci-

mento - consegnatogli da uno dei suoi attori

preferiti, Johnny Depp; mentre per festeggiare

l’anniversario raggiunto dalla Mostra, è stato tribu-

tato a Bernardo Bertolucci il Leone d’Oro del 75°, il

quale ha detto come questo premio fosse: “Una

responsabilità enorme, perché vuole racchiudere in

sé tutto il cinema che in questi 75 anni è passato per

la laguna di Venezia. Un onore troppo grande che

voglio condividere con tutti i registi e gli attori.”

Tra il centinaio di titoli che sono stati proiettati negli

schermi lagunari, però, molti sono passati senza

infamia e senza lode, tra quelli più belli e interes-

santi abbiamo sicuramente: “La Graine et le Mulet”

di Abdellatif Kechiche, un ritratto intenso sulle

problematiche sociali legate all’integrazione, allo

sfaldarsi della famiglia, al conflitto tra tradizioni e

valori moderni, un film che ha raccolto forse il

maggior numero di consensi e premi tra le giurie

collaterali; “The Darjeeling Limited” di Wes Ander-

son, una simpatica commedia che ha per protago-

nisti tre improbabili fratelli (interpretati da Owen

Wilson, Jason Schwartzman e Adrien Brody), che

vanno in giro per l’India alla ricerca

dell’illuminazione spirituale dopo la morte del

padre. “It’s a free a world” di Ken Loach, è invece un

film di forte denuncia sociale, dove il regista punta

ancora l’attenzione verso la working class, e parla di

un mondo che è tutto tranne che un mondo libero,

mostrandoci una giovane donna fagocitata dalla

mentalità di un’imprenditoria senza scrupoli,

volendo così dirci che bisogna opporsi all’idea: “Per

la quale dobbiamo vivere in un mondo orientato al

mercato, competitivo e dove tutto ha un prezzo”. “I’m

not there” di Todd Haynes, è invece un inedito

ritratto di Bob Dylan, senza Bob in carne e ossa, ma

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con sei attori che si alternano a interpretare le molte anime

di un uomo che riesce a far immedesimare su di sé mi-

gliaia di persone; tra gli attori la bravissima Cate Blanchett

premiata a proposito con la Coppa Volpi per la miglior

interpretazione femminile.Per gli italiani è stato Gianni

Zanasi, nella sezione delle Giornate degli Autori con “Non

pensarci”, a catalizzare tutte le speranze sul cinema di casa

nostra; c’è riuscito con un film che affronta con autentica

semplicità e realismo la tematica della presa di coscienza

del dolore, descrivendo l’atmosfera asfissiante della

provincia italiana con grande ironia. Altro film italiano, che

ha cercato di riscattare l’imbarazzante figura dei tre film in

concorso per il Leone d’Oro, è stato “Le ragioni

dell’aragosta” di Sabina Guzzanti, anch’essa presente nelle

Giornate degli Autori. Un film, il suo, in cui si è circondata

dei colleghi della trasmissione Avanzi, e che, in una specie

di amarcord dove ognuno interpreta sé stesso, la regista

ha voluto richiamare l’attenzione su come oggi “si faccia

politica dal basso”, ripensando ai tempi d’oro di Avanzi

come: “All’ultima occasione di libertà totale per i comici,

perché coincideva col momento in cui i politici erano troppo

preoccupati di non andare in galera per pensare a cosa si

faceva in tv”.

Tra gli appuntamenti festivalieri, a riscuotere un notevole

successo è stato il ciclo di incontri “Lido Philo – i filosofi

pensano il cinema”, voluti da Stefano Bonaga e Andrea

Gropplero di Troppenburg, che quotidianamente si sono

tenuti presso lo spazio Cinecittà dell’Hotel Excelsior;

un’occasione a cui hanno preso parte molti filosofi italiani

per confermare come sia: “Piacevole che il cinema, oltre che

guardarlo, si possa anche pensarlo” ha detto lo stesso

Bonaga. Una novità interessante è stata la creazione di un

nuovo premio ufficiale della Mostra del Cinema, il “Queer

Lion Award”, assegnato al miglior film a tematica gay o

d’interesse queer, da un’apposita giuria presieduta dal

regista e attore britannico Alan Cumming e coordinata dal

promotore del premio stesso Daniel Casagrande; un

premio unico nel suo genere che promuove: “Una cultura

visiva consolidata e da sempre all’avanguardia

sull’orizzonte dell’arte”, ha detto Marco Muller, e che: “E’ il

risultato delle battaglie politiche che le comunità gay e

lesbiche portano avanti per il riconoscimento dei loro diritti”

ha ribadito Daniel Casagrande.

In conclusione di questa 64° edizione restano, oltre ai tanti

film ed alle tante emozioni, le parole del direttore Muller, il

quale ha voluto esprimere come Venezia sia un’occasione

unica nel panorama cinematografico internazionale,

perché tende ad unire l’arte alla vita, riconoscendo in

quella contemporanea:

“Un’epoca del cinema che non sembrerebbe più in grado di

costruirsi sulla memoria di sé. (…) La Mostra ha provato a

reagire a quest’assenza di memoria, a trovare rapporti

immaginativi che legassero ciò che è stato a quello che

dev’essere ancora possibile.”

Il cacciatore di aquiloni«…non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente…»di Leandro Picarella

La storia dell'Afghanistan degli ultimi decenni è una storia terribile, composta da dolore e morte. Il cacciatore di aquiloni, narrando le vicende di due ragazzini, Hassan e Amir, per creare un affresco che rappresenti tutte le terribili vicende che hanno distrutto quel paese - dall'occupazione russa alla piaga talebana, dai bombardamenti americani alla presa del potere da parte del governo dell'Alleanza del Nord - parte da un periodo della storia dell’Afghanistan in cui nei cieli di Kabul volavano aquiloni colorati, i quali rappresentavano la libertà del paese.Poi gli aquiloni non volarono più, e con la loro caduta in picchiata comincia la tremenda odissea del popolo afghano. Amir orfano di madre, vive col ricco padre, Baba, in una grande e lussuosa villa di Kabul. A far loro compagnia il servi-tore Alì ed il figlio Hassan. I due ragazzi sono inseparabili ed oltre a trascorrere insieme le spensierate giornate dell'infanzia, formano una formidabile coppia nei tornei cittadini di combattimenti tra aquiloni. Infatti Hassan, col suo viso da bambola ed il labbro leporino, è il più forte cacciatore di aquiloni di Kabul: quando un filo viene reciso in un combatti-mento e l'aquilone vaga in cielo senza meta, lui saprà sempre dove andrà a cadere. Ma l'armonia tra i due ragazzini si spezza quando qualcosa di terribile accade ad Hassan per colpa della codardìa di Amir. L'atteggiamento di quest'ultimo cambierà radicalmente la loro amicizia che andrà disgregandosi. L'arrivo dei russi a Kabul, inoltre, porterà alla separazione di servitori e padroni. Amir e Baba fuggiranno in America, Alì ed Hassan resteranno in Afghanistan. Dopo venticinque anni Amir ha realizzato il suo sogno di diventare scrittore, si è sposato, ha una buona vita nella sua casa di San Francisco, ma a sollevare le nebbie del passato sarà una telefonata dall'Afghanistan. Amir parte alla volta di Kabul, alla ricerca di Sohrab, il figlio di Hassan reso orfano dalla crudeltà dei Talebani. Ma in Afghani-stan non ci sono solo i fantasmi del passato: quello che trent'anni prima era il suo paese ora è uno sterminato deserto di nulla, un paese di povertà e miseria e di relitti umani, un paese in cui gli aquiloni non volano più.Il cacciatore di aquiloni è una storia d'amicizia, di dolore e di rimpianti, sullo sfondo di un paese che siamo abituati a cono-scere dalle notizie dei telegiornali o nelle barbe lunghissime di guerriglieri spietati. Hosseini scrive in un modo meraviglioso, capace di incollare il lettore alla poltrona fino alla ultime pagine. Lettore che non si sorprenderà di ritrovarsi con il viso ricoperto di lacrime per il sorriso di un bambino di nome Sohrab.

Il cacciatore di aquiloni è il primo romanzo dello scrittore americano di origine afgana Khaled Hosseini, pubblicato in Italia dalle Edizioni Piemme nel 2004.

A dicembre uscirà nelle sale americane il film tratto da questo splendido romanzo prodotto e diretto da Steven Spielberg.

Tim Burton premiato con il Leone d’Oro alla Carriera dal suo attore-feticcio Jonny Depp

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7Gli ostacoli all’accesso universitario

A settembre si è fatto un gran parlare dello scandalo dei

test di ammissione a Medicina. Ma perché?

Come prevede la legge 264/99 alcuni corsi di laurea

sono a numero chiuso (medicina e chirurgia, veteri-

naria, architettura, scienze della formazione primaria,

odontoiatria); per entrarci è perciò necessario superare

un test di ammissione. Ciò si traduce in un’ottantina di

domande a crocette sui temi più disparati, dal cui esito

dipende il futuro del candidato.

Quest’anno gli stessi autori ministeriali del test di

medicina hanno riconosciuto di aver sbagliato la formu-

lazione di 2 domande, tanto che il Ministro le ha annul-

late dal computo totale. Il fatto che 2 quesiti fossero

errati ha, nei fatti, falsificato l’intero esame, perché in un

test a crocette tutte le domande si tengono insieme, e

l’uso del tempo da parte del candidato consegue

l’impegno complessivamente previsto.

Per questo motivo l’UdU (Unione degli Universitari-il

sindacato studentesco italiano) ha promosso un ricorso

collettivo nazionale contro quel test, giudicandolo

fasullo; ricorso a cui abbiamo partecipato anche noi di

Sinistra Universitaria.

Parallelamente a questo, è scoppiato anche lo scandalo

dei test truccati; è emerso ciò che tutti sapevano: in

molti atenei italiani chi voleva passare la prova doveva

pagare migliaia di euro. Le prove svolte nelle suddette

città sono state annullate.

Ma da quali mali è affetta realmente l’università italiana?

L’illegalità, certo, come i test truccati dimostrano; la

gestione privatistica delle baronie universitarie, come è

noto.

Esiste però un problema più ampio. Perché un test di

ammissione all’università? Per i corsi citati ci si appella

spesso alle “direttive europee”, che imporrebbero in

tutto il continente questa selezione. Nulla di più falso. Le

tante direttive europee formulate negli ultimi 30 anni

parlano solo di uniformità nelle competenze profession-

ali e di alti standard qualitativi. E gli esami a crocette

non sono proprio la garanzia di qualità…fossero anche

regolari. L’unico metro di giudizio possibile è la valuta-

zione del percorso in itinere, attraverso una selezione

nel corso degli anni universitari basata sul metodo

critico acquisito, sulle competenze, sulle capacità

personali.

Un accesso libero all’università è un diritto inalienabile. Come lo è il diritto di ciascun individuo di

costruirsi il proprio futuro. Uno dei grandi problemi

dell’università italiana oggi, è che questo diritto è

negato. In vari modi.

Pensiamo al continuo aumento delle tasse universitarie.

Questo è un ostacolo economico all’accesso, splicita-

mente teorizzato da alcuni “intellettuali” (Giavazzi o

Ostellino) che in esso vedono la soluzione

all’inefficienza della università italiana.

Oppure pensiamo all’ostacolo fisico all’accesso: le aule

inadeguate e l’assenza di servizi per gli studenti diversa-

mente abili sono un esempi lampanti di inciviltà e di

chiusura degli atenei in se stessi.

In più esiste questo ostacolo “ideologico” del

numero chiuso. Sia all’ingresso per quei corsi

ritenuti molto “professionalizzanti” (“ma come

si fa a immettere nel mercato migliaia di

studenti laureati in medicina o

architettura?”chiedono i fautori del numero

chiuso. E non si domandano perché si dovrebbe

bloccare la concorrenza nel mondo del lavoro a

vantaggio di corporazioni lautamente pagate,

mentre la libera concorrenza vale per i laureati

in lettere, agraria, economia...); ma l’accesso è

precluso anche nel passaggio tra triennale e

specialistica (magistrale). E questo caso

riguarda anche Lettere. Sempre di più Lettere:

infatti nell’applicazione della nuova riforma

didattica (270+decreti mussi) si è sentito

proporre da più presidenti di corso di laurea

una forma di selezione dei requisiti di accesso

alle specialistiche. In barba ad alcuni dei pochi

principi sani introdotti da fine anni ’90 in

Europa. Garantire la mobilità nazionale e inter-

nazionale attraverso il riconoscimento dei

percorsi formativi individuali.

Noi di LdS-Sinistra Universitaria vogliamo che

l’università sia un luogo aperto, dove la qualità

viene riconosciuta. E per questo ci opporremo

ad ogni sbarramento all’accesso.

LdS-Sinistra Universitaria

La caduta dell’Impero, o quasi.di borellato84In data 19/09/07 si sono tenute le elezioni per il

rinnovo della Presidenza del corso di laurea in

Comunicazione Linguistica e Multimediale. Elezioni

che hanno determinato la fine del dominio del prof.

Enrico Borello. Purtroppo non tanto per la scelta

coraggiosa e giusta dei professori-elettori, ma

piuttosto per la non rieleggibilità dopo tre mandati. Il

nuovo Presidente è la prof.ssa di linguistica Maria

Pia Marchese.

Conosciuto come uno dei più controversi e ambigui

corsi di laurea, dalla nascita viene affidato al Borello,

che fallito l’assalto ad una cattedra di docente di

prima fascia all’Università di Torino (forse anche

perchè nella Commissione Giudicatrice compare un

certo Tullio De Mauro), ripiega sulle facili terre di

conquista fiorentine ergendo un’inattacabile fortino

in difesa dei suoi feudi universitari. A nulla varranno

le numerose proteste degli studenti della gleba, il

Sovrano resterà al suo posto con l’ampia schiera di

marchesi, vescovi, valvassori e cavalieri. I pochi

conti “ribelli”, perché consci della situazione dram-

matica, investiranno gli studenti del compito di rove-

sciare la monarchia (come dire, la forza è del

popolo), ma gli alti prelati minori faranno buona

guardia. La forzata caduta dello scorso settembre si

spera possa rappresentare il definitivo tramonto del

medioevo per il disastrato CDL. Intanto il destituito

sovrano, governerà ancora a lungo la laurea specia-

listica e il Master corrispondente, ultimi baluardi di

quello che fu il Grande Impero; due possedimenti

minori, ma molto redditizi.

Ora si che vivremo TUTTI felici e contenti.

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àSPUNTI DI RIFLESSIONE

Lorenzo Guadagnucci è giornalista: collabora con Altre-conomia e Carta. Durante il G8 di Genova del 2001 si trovava all'interno della scuola Diaz al momento dell'irruzione della polizia. Fu pestato e trattenuto in stato d'arresto per due giorni all'ospedale Galliera. Su questi fatti ha scritto un libro, “Noi della Diaz” uscito all'inizio del 2002. Inoltre è tra i fondatori del Comitato Verità e Giustizia per Genova; Puoi trovare altre informazioni per approfondire il tema: il blog www.altreconomia.it/noidelladiaz/, da cui è tratto questo articolo, www.giustiziaeliberta.it.

“In un paese davvero attento alla tutela dei propri valori costituzionali, una commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti del G8 del 2001 sarebbe stata istituita subito dopo quegli eventi. L’Italia, come sappiamo bene, è un paese ancora lacerato, con una cultura democratica piuttosto incerta e malferma. Il senso dello stato, non da ora, è scarsamente radicato negli apparati politici e quindi nelle istituzioni. In fondo la mancata istituzione della commissione, per cinque anni osteggiata dal centrodestra, e adesso arenata nei meandri parlamentari a causa di tradimenti e ripensamenti in senso alla nuova maggioranza di centrosinistra, riflette la mancanza di dignità istituzionale da parte del nostro parlamento. Mai e poi mai, in un paese con solide tradizioni di democra-zia parlamentare, la massima assemblea legislativa avrebbe rinunciato alle proprie prerogative in un caso come quello del G8 di Genova. Siamo così abituati a quest’incapacità del mondo politico di agire con rigore e senso di responsabilità, che alla fine tolleriamo anche le peggiori ‘prestazioni’ delle nostre istituzioni rappresenta-tive. Quasi non facciamo caso alla distruttività di certe posizioni come quelle espresse dalla destra, dal partito dell’ex magistrato Di Pietro e da quello dell’attuale mini-stro della Giustizia. Secondo queste forze una commis-sione parlamentare metterebbe ’sotto processo’ le forze dell’ordine, e questo - dicono - non è tollerabile.Quest’affermazione è falsa e pericolosa. Falsa perchè la commissione non dovrebbe processare nessuno, bensì accertare le responsabilita’ della catena di comando e del potere politico nella sciagurata gestione dell’ordine pubblico durante il G8. Il processo, anzi i processi, alle forze dell’ordine peraltro ci sono già, al tribunale di Genova, ma riguardano ’solo’ le responsabilità penali e personali di agenti, funzionari e dirgenti. E’ poi un’affermazione pericolosa, perchè proprio le forze dell’ordine avrebbero solo benefici da una seria inchiesta parlamentare e da un rigoroso accertamento delle responsabilità operative e politiche legate ai numerosi misfatti del luglio 2001, dalla caccia all’uomo per strada, alle ingiustificate cariche ai cortei, all’uccisione di Carlo Giuliani, fino alla sanguinosa irruzione alla Diaz e alle torture nella caserma di Bolzaneto.Le destre vogliono far credere che la copertura, la rinun-cia all’accertamento delle responsabilità, l’oblio sui fatti piu’ gravi, le promozioni degli imputati sono un modo per difendere le forze dell’ordine, il cui prestigio sarebbe

altrimenti intaccato. E’ vero l’esatto contrario. Il presti-gio delle forze dell’ordine è precipitato nelle tragiche giornate del 2001. Le divise delle nostre forze di polizia sono ancora oggi sporche del sangue versato a Genova da decine di cittadini ingiustamente attaccati, e del fango attirato da comportamenti inaccettabili e fuori all’etica democratica. Chi lavora in polizia ha diritto ad avere dirigenti al di sopra di ogni sospetto, e questo in Italia non è, visto che alcuni dei più alti dirigenti hanno ottenuto promozioni, mentre erano imputati a Genova, che suonano come gesto di sfida ai poteri dello stato, a cominciare dalla magistratura. Gli stessi sindacati di polizia, sempre più deboli e screditati, si sono accodati alla campagna delle destre parlamentari e politiche, mostrandosi sollevati dal mancato varo della commis-sione. Un ulteriore segno dell’indebolimento della cultura democratica all’interno  della polizia di stato. Nessuno, oltretutto, ai vertici dello stato e delle forze dell’ordine, ha mai espresso la propria vergogna per i fatti della Diaz e di Bolzaneto, o per le cinque condanne al risarcimento, già decise dal tribunale civile, a carico del ministero dell’Interno per le ingius-tificate violenze inflitte a pacifici cittadini.

La debacle in parlamento è stata una sconfitta per il parlamento stesso e anche un sinistro segnale d’allarme per tutti noi, che da anni ci battiamo non solo per sanare la ferita aperta nelle giornate del G8, ma anche per contrastare quell’involuzione autori-taria che in queste settimane sta procedendo a tappe forzate, sull’onda di eventi come le abnormi richieste di condanna al processo contro i 25 manifestanti e la mancata approvazione della commissione.

E’ un nuovo campanello d’allarme che suona. Chissà se riusciremo a coglierne la portata.”.

Lorenzo Guadagnucci

Ringraziamenti

Si ringraziano tutti coloro che hanno collaborato a questo primo numero, in particolar modo il Teatro della Pergola, la signora Elisabetta De Fazio (resp.

comunicazione) e il direttore Riccardo Ventrella per la fiducia e sperando in una sempre più attiva collabora-

zione per promuovere il teatro tra gli studenti.

I NOSTRI CONTATTISe hai voglia di partecipare alle redazioni o contribuire in qualche modo alla rivista puoi trovarci:- ogni lunedì alle 15,in via Alfani 56b ,di fronte all’aula 17 - www.lds07.splinder.itSe sei interessato anche alle nostre attività di LdS-Sinistra Universitaria puoi trovarci:- ogni Lunedì alle 21,15 presso il circolo il Campino, via Caccini (linea Ataf 14b )- [email protected] - www.sinistrauniversitaria.orgPer ulteriori informazioni: Leandro 340 3477109 - Laura 338 6369565 - Antonio 388 7558890