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Capitolo primo Il fegato lavato. Analisi semiotica di un testo di scienze sperimentali 1 1. Introduzione Questo lavoro di analisi è cominciato all’interno di un seminario tematico (collegato al seminario di Seman- tica generale diretto da Algirdas J. Greimas) che ha riu- nito, nell’anno accademico 1977-78, alcuni specialisti di differenti tipi di discorso per esaminare un testo di Claude Bernard, Sul meccanismo di formazione dello zuc- chero nel fegato, pubblicato nei «Comptes Rendus» del- l’Accademia delle Scienze 2 . Si tratta dell’estratto di una relazione presentata da Bernard il 24 settembre 1855 all’Accademia stessa, in cui si racconta di un esperimen- to scientifico e si fa una serie di considerazioni. Questo estratto è preceduto dal rinvio a lavori precedenti svolti in occasione di una violenta polemica con il sostenitore di un’altra tesi, ed è seguito dalla descrizione di alcuni esperimenti complementari di carattere assai meno spet- tacolare e da indicazioni sulle direzioni necessarie al completamento della ricerca. Nell’anno accademico successivo l’analisi semiotica dei testi di scienze sperimentali è stata ripresa all’interno di un laboratorio di ricerca che ha analizzato un corpus più vasto che comprendeva anche alcuni testi scientifici recenti. Nelle pagine che seguono si è tenuto conto di tali contributi. Anche se questo saggio si presenta come un’analisi testuale, tale analisi non ha l’ambizione di es-

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Capitolo primoIl fegato lavato. Analisi semiotica di un testo di

scienze sperimentali1

1. Introduzione

Questo lavoro di analisi è cominciato all’interno diun seminario tematico (collegato al seminario di Seman-tica generale diretto da Algirdas J. Greimas) che ha riu-nito, nell’anno accademico 1977-78, alcuni specialisti didifferenti tipi di discorso per esaminare un testo diClaude Bernard, Sul meccanismo di formazione dello zuc-chero nel fegato, pubblicato nei «Comptes Rendus» del-l’Accademia delle Scienze2. Si tratta dell’estratto di unarelazione presentata da Bernard il 24 settembre 1855all’Accademia stessa, in cui si racconta di un esperimen-to scientifico e si fa una serie di considerazioni. Questoestratto è preceduto dal rinvio a lavori precedenti svoltiin occasione di una violenta polemica con il sostenitoredi un’altra tesi, ed è seguito dalla descrizione di alcuniesperimenti complementari di carattere assai meno spet-tacolare e da indicazioni sulle direzioni necessarie alcompletamento della ricerca.

Nell’anno accademico successivo l’analisi semioticadei testi di scienze sperimentali è stata ripresa all’internodi un laboratorio di ricerca che ha analizzato un corpuspiù vasto che comprendeva anche alcuni testi scientificirecenti. Nelle pagine che seguono si è tenuto conto ditali contributi. Anche se questo saggio si presenta comeun’analisi testuale, tale analisi non ha l’ambizione di es-

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ser completa, poiché ha soltanto l’obiettivo di fornirealcune indicazioni sulle procedure con cui ci si è acco-stati al discorso delle scienze sperimentali. Non è statodifficile applicare al testo trascelto le scoperte compiuteanalizzando testi differenti: la strategia sperimentale epersuasiva del discorso delle scienze sperimentali sem-bra essere davvero poco cambiata dall’epoca di Ber-nard, che è d’altronde riconosciuto come il primo adavere introdotto il metodo sperimentale nel campo dellamedicina. In alcune occasioni abbiamo scelto di presen-tare dal punto di vista teorico gli strumenti concettualiche il nostro corpus ci ha portati a mettere a punto, eche potrebbero permettere di far apparire l’autenticaspecificità del discorso delle scienze sperimentali; sitratta sostanzialmente di programmi narrativi di com-plessità insolita, di una definizione ridotta della compe-tenza modale dei soggetti e della necessità di lasciare unpiù ampio spazio ai fenomeni di temporalizzazione e dispazializzazione.

L’analisi del testo è organizzata, per quanto possibi-le, secondo l’approccio generativo del discorso, cheparte dai valori profondi e dal livello logico-semanticoper terminare al livello discorsivo. L’occasione ci ha ten-tato immediatamente, soprattutto perché Bernard,quando tratta i fenomeni del mondo naturale, procedecostruendo per gradini successivi racconti sempre piùcomplessi, inserendo via via attori, tempi e localizzazio-ni intorno al programma principale della “formazionedello zucchero nel fegato”3; inoltre, egli genera a ognipasso i differenti racconti possibili per rendere conto diuno stato o di un fare. Il discorso delle scienze speri-mentali sembra perciò particolarmente favorevole allostudio delle procedure di conversione tra livelli di perti-nenza del senso. Non vi si trova invece una grande ric-chezza semantica, e le modalità ridotte che sovradeter-minano le performance degli attori non umani vanno

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ugualmente bene per le performance cognitive dei sog-getti umani, i quali vengono definiti solamente dal lororuolo tematico4 di “cercatori di differenze”, affermandodi esser guidati, ossia manipolati, dai fatti che osservano.

Ecco, innanzitutto, il testo che analizzeremo.

RESOCONTO DELLA SEDUTA

DELL’ACCADEMIA DELLE SCIENZE DEL 24 SETTEMBRE 1855presieduta da M. RegnaultMemorie e comunicazioni

dei membri e dei corrispondenti dell’AccademiaFISIOLOGIA – Sul meccanismo di formazione dello zucchero

nel fegato,di Claude Bernard

estratto

§ 1 Passo dunque immediatamente allo studio del mecca-nismo della formazione dello zucchero nel fegato, che èl’oggetto di questo lavoro:

MECCANISMO DELLA FUNZIONE GLICOGENA DEL FEGATO

Tutte le secrezioni hanno necessariamente bisogno, perrealizzarsi, di due cose, e cioè: 1) del sangue, 2) di un tes-suto ghiandolare. Noi dovremo cercare di valutare qual èil ruolo rispettivo di ciascuno di questi elementi nella pro-duzione dello zucchero. […]§ 2 Tutte le ipotesi sulla formazione dello zucchero nel fe-gato che ho appena ricordato esprimono l’idea che ci si fageneralmente oggi del meccanismo delle secrezioni. Sipensa, in effetti, che l’organo ghiandolare non forniscanulla alla secrezione, ma che il suo tessuto si limiti ad agireattraverso una sorta di azione di contatto, o catalitica suglielementi del sangue, la quale attraversa l’organo ghiando-lare al momento stesso in cui si opera la secrezione. Nelcaso particolare della secrezione dello zucchero nel fegato,abbiamo visto in effetti come tutti gli autori supponganoche la materia zuccherosa si formi direttamente nel sangue.

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§ 3 I fatti che devo esporre adesso mi sembrano di naturatale da provare che bisogna comprendere in modo ben di-verso la funzione glicogena del fegato, e che, invece di cer-care nel sangue la sostanza che precorre lo zucchero e chegli permette immediatamente di nascere, bisogna cercarladirettamente nel tessuto epatico stesso. § 4 Ecco un esperimento al quale sono stato condotto, chemetterà questo fatto in luce; lo descriverò con molti detta-gli, affinché sia possibile riprodurne facilmente i risultatiche mi sembrano molto importanti e degni di interessaresia i fisiologi sia i chimici. § 5 Ho scelto un cane adulto, vigoroso e di buona salute,che da diversi giorni era stato nutrito esclusivamente condella carne, e l’ho sacrificato mediante una sezione del bul-bo rachideo sette ore dopo avergli fatto mangiare un copio-so pasto di trippa. Subito dopo, l’addome è stato aperto; ilfegato è stato asportato evitando di intaccarne il tessuto, equesto organo ancora caldo, prima che il sangue avesse iltempo di coagularsi nei vasi, è stato sottomesso a un lavag-gio con acqua fredda attraverso la vena porta. Per far ciò,ho preso un tubo di guttaperca lungo circa un metro cheaveva alle due estremità degli aggiustaggi in cuoio. Essendostato il tubo preventivamente riempito d’acqua, una dellesue due estremità è stata solidamente fissata sul tronco dellavena porta all’entrata del fegato, mentre l’altra è stata attac-cata al rubinetto del lavabo del Laboratorio di medicina delCollège de France. Aprendo il rubinetto, l’acqua attraversa-va il fegato con grande rapidità, dato che la forza della cor-rente d’acqua, appositamente misurata, era capace di solle-vare una colonna di mercurio alta 127 centimetri. Sotto l’in-fluenza di questo energico lavaggio, il fegato si gonfiava, ilcolore del tessuto impallidiva, e il sangue era cacciato viadal getto d’acqua che scorreva continuo nelle vene epatiche.Dopo già un quarto d’ora il tessuto del fegato era pressochéesangue, e l’acqua che scorreva dalle vene era perfettamenteincolore. Ho lasciato questo fegato sottomesso a tale lavag-gio continuo senza interruzione per quaranta minuti. Avevoconstatato all’inizio dell’esperimento che l’acqua colorata dirosso che zampillava nelle vene epatiche era zuccherata eprecipitava abbondantemente mediante il calore; ho consta-

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tato alla fine dell’esperimento che l’acqua perfettamente in-colore che veniva fuori dalla vene epatiche non conservavapiù nessuna traccia di materia albuminosa né di zucchero. § 6 A questo punto il fegato è stato portato via e sottratto al-l’azione dell’acqua corrente; mi sono accertato, facendonebollire una parte in un po’ d’acqua, che il suo tessuto fosse la-vato bene e che non conservasse più nessuna materia zucche-rosa. Il decotto non mostrava alcun segno di riduzione dellasoluzione rameo-potassica né tracce di fermentazione con illievito di birra. Scolava dal taglio del tessuto epatico e dai vasivuoti una piccola quantità di liquido torbido che non conser-vava alcuna traccia di materia zuccherosa. Ho abbandonatoquindi il fegato in un vaso a temperatura ambiente. Ritornan-do dopo ventiquattrore, ho constatato che quest’organo per-fettamente lavato del suo sangue, che avevo lasciato la vigiliadel tutto privo di zucchero, ne era adesso abbondantementeprovvisto. È stato sufficiente, per convincermene, esaminareun po’ di liquido che era scolato intorno al fegato, e che erafortemente zuccherato. In seguito, iniettando una piccola si-ringa di acqua fredda nella vena porta e raccogliendo que-st’acqua mentre usciva dalle vene epatiche, ho potuto consta-tare che questo liquido dava luogo, con il lievito di birra, auna fermentazione molto abbondante e molto attiva. § 7 Questo semplice esperimento, nel quale si vede rina-scere in abbondanza sotto i propri occhi la materia zuc-cherosa in un fegato che, con un lavaggio, ne era stato deltutto privato insieme al suo sangue, è uno dei più istruttiviper la soluzione della questione della funzione glicogenadi cui ci occupiamo. Questo esperimento prova chiara-mente, come avevamo anticipato, che in un fegato attivoallo stato fisiologico, cioè perfettamente in funzione, ci so-no due sostanze: 1) lo zucchero particolarmente solubilenell’acqua che viene asportato con il sangue attraverso illavaggio; 2) un’altra materia assai poco solubile nell’acqua,che è rimasta fissa nel tessuto epatico anche dopo che que-sto era stato spogliato dello zucchero e del sangue con unlavaggio di quaranta minuti. È quest’ultima sostanza che,nel fegato abbandonato a se stesso, si trasforma a poco apoco in zucchero con una specie di fermentazione, comeadesso andremo a mostrare…

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2. La sequenza inglobante

In questo testo si possono distinguere due sequenze:la descrizione dell’esperimento, che costituisce la se-quenza centrale, e un discorso inglobante, di cui si puòdire, come prima approssimazione, che giustifica la de-scrizione. Mediante quest’ultimo la sequenza inglobata,costituita dai paragrafi 5 e 6, viene esplicitamente pre-sentata come una procedura destinata alla creazione diun oggetto, i risultati dell’esperimento, ai quali l’enun-ciatore fa riferimento per garantire ai suoi enunciatari (ichimici e i fisiologi) di esservi interessato.

Esamineremo dapprima il discorso inglobante, la cuifunzione dovrebbe essere quella di modalizzare fisiologie chimici secondo il /voler-fare/ (produrre l’oggetto),mentre invece sembra mettere in atto la modalità del/saper-fare/ o del /poter-fare/.

2.1. Il valoreÈ più agevole iniziare dall’ultimo paragrafo, il setti-

mo, che illustra i meriti dell’oggetto costruito. Qualifica-to come “istruttivo”, esso porta a una migliore com-prensione del meccanismo di produzione dello zuccheronel fegato. Si tratta in effetti di un oggetto modale “mol-to importante” per il programma cognitivo in corso disvolgimento, che assicura il passaggio da una domandaalla sua risposta. Abbiamo qui dunque un primo mododi valorizzazione dell’oggetto-risultato in vista della suaacquisizione da parte del destinatario: è un oggetto co-gnitivo desiderabile perché utile.

È difficile precisare meglio lo statuto modale diquesto oggetto, poiché il passaggio dal problema allasua soluzione non è descritto come una trasformazio-ne immediata ma come un processo durativo in cui latrasformazione si manifesta nella soluzione progressi-va di quesiti parziali che si incassano gli uni negli altri.

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Questo incassamento può essere mostrato dai seguentibrani:

- All’inizio dell’articolo questo processo si manifestain un’introduzione [qui non riprodotta] destinata a spie-gare che le scoperte precedenti dell’autore (l’esistenzadella funzione glicogena e la sua localizzazione nel fega-to) hanno imposto il lavoro di cui l’articolo stesso rendeconto:

Dopo avere stabilito, grazie a numerosi esperimenti con-dotti sull’uomo e sugli animali, l’universalità di questanuova funzione, dopo averla studiata nelle sue condizionifisiologiche, dopo averla localizzata nel fegato, ho dovutopreoccuparmi di progredire nella scoperta della natura delfenomeno, e ho tentato di penetrare il meccanismo intimodella produzione dello zucchero negli animali.

- Nel brano che abbiamo posto sotto esame, si esami-na il problema di determinare se il “precursore”5 imme-diato dello zucchero, ciò che serve a produrlo, si trovanel sangue o nei tessuti del fegato;

- Al termine dell’articolo, si dichiara che la scopertadella presenza del precursore nei tessuti del fegato ren-de indispensabile un successivo lavoro per isolare eidentificare questa sostanza:

bisogna cercare di isolare questa materia epatica specificache pre-esiste allo zucchero, sapere come si secerne nel fe-gato, e come poi subisce le trasformazioni successive chela cambiano in zucchero.

Vi è dunque un’aspettualizzazione durativa della pro-cedura cognitiva, manifestata come “ricerca”, e postaqui in correlazione a un’aspettualizzazione della relazio-ne di stato del soggetto cognitivo. Si potrebbe in questocaso parlare di tensitività (Greimas, Courtés 1979, p.

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358) per rendere conto dei qualificativi “uno tra i piùistruttivi” (applicato all’esperimento) e “molto impor-tanti” (applicato ai risultati). Occorrerà riprendere que-sta sovradeterminazione tensiva della relazione soggetto-oggetto al momento dell’analisi del fare persuasivo poi-ché, qualunque sia il “rango”6 dell’articolo nella deluci-dazione del meccanismo della funzione glicogena, l’og-getto cognitivo che vi è costruito è sempre qualificato al-lo stesso modo. “Si tratta di un fatto capitale”, dice Ber-nard quando riassume, all’inizio dell’articolo, la relazio-ne precedente in cui si trova la dimostrazione dell’esi-stenza di una funzione glicogena negli animali.

Oltre al suo statuto modale nel processo di delucida-zione, l’oggetto cognitivo è dotato di un valore proprio:“Questo esperimento prova chiaramente”. L’oggetto è laprova evidente della presenza del precursore immediatodello zucchero nei tessuti del fegato attivo. Si tratta dun-que di un oggetto cognitivo certo. Due passaggi riman-dano alla vista come strumento di verifica: “Questo sem-plice esperimento, in cui si vede rinascere sotto i propriocchi” e “Questo esperimento prova chiaramente”. Pa-rafrasando Bernard, si potrebbe dire che il sapere otte-nuto con l’esperimento è un oggetto che si offre alla vi-sta ben illuminato, con un contorno netto. Tutto ciò ciha suggerito di chiamare /differenziato/ il valore investi-to in questo oggetto. Utilizzeremo allora la categoria/differenziato/ vs /indifferenziato/ per rendere contodella relazione tra questo oggetto e gli altri oggetti co-gnitivi presenti nel nostro testo:

/indifferenziato//differenziato/

/non differenziato//non indifferenziato/

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Il valore contrario (l’/indifferenziato/) sembra che siastato investito nell’oggetto cognitivo del paragrafo 1, do-ve sono presentate “due cose” necessarie alla secrezione,i cui ruoli reciproci non sono però chiari. È dunque unoggetto cognitivo complesso e vago, un sapere sul nonsapere, o piuttosto sul problema che deve essere risolto.

Sarebbe sbagliato porre in parallelo l’affermazioneconcernente le due “cose necessarie” (§ 1) con quellaconcernente le due sostanze “presenti nel fegato attivo”(§ 7), poiché solamente la seconda, “un’altra materia”,costituisce l’informazione nuova, sviluppata dal raccon-to che segue e che ne descrive il ruolo. La presenza dellozucchero, d’altronde, è già stata menzionata in prece-denza nell’articolo: “il fegato, i cui tessuti sono del restocostantemente impregnati di materia zuccherosa in statofisiologico”.

Il primo paragrafo ha la funzione di porre nuova-mente la domanda sulla localizzazione della materia pri-ma (o “precursore”) trasformata in zucchero dal fegato,in contrapposizione a coloro i quali hanno sostenuto cheil precursore fosse nel sangue. Mettendo il problema delruolo possibile dei tessuti epatici sullo stesso piano delruolo del sangue, Bernard introduce un’incertezza sullalocalizzazione del precursore.

Per non citare un frammento testuale troppo lungoabbiamo omesso, tra il primo e il secondo paragrafo, ilriassunto, a opera di Bernard, dei contributi di tre “au-tori” che hanno ipotizzato tre diverse sostanze presentinel sangue come materia prima per lo zucchero. Il para-grafo che abbiamo conservato (§ 2) riporta la descrizio-ne del meccanismo così come è stato presentato da unimpersonale “si pensa”, molto più vasto del gruppo deitre rappresentanti citati. Qualificato come “ipotesi”,questo meccanismo potrebbe rappresentare un valoreche designa l’asse dei subcontrari (/non indifferenziato/vs /non differenziato/).

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Tuttavia le numerose cose “pensate” dal “si” im-personale, dotato della capacità di formarsi delle idee,non sono valorizzate allo stesso modo dell’idea gene-rata da Bernard: “Bisogna cercarla direttamente neltessuto epatico stesso”. D’altronde Bernard non parla,riferendosi a se stesso, di un’idea o di un’ipotesi, madi un “esperimento” a cui è “stato condotto” (§ 4). Sipuò dunque ammettere che dal punto di vista dell’e-nunciatore il valore /non-indifferenziato/ è investitonell’ipotesi di Bernard, mentre il valore /non-differen-ziato/ è investito nelle tesi del “si” o di “tutti gli auto-ri”. In effetti, la molteplicità delle ipotesi conduce aincertezza e confusione, e la questione deve essere ri-considerata. Ovviamente, questo giudizio poco lusin-ghiero è un risultato dell’enunciazione, e si può pensa-re che gli autori citati, da parte loro, mettessero la loroipotesi, o meglio la loro prova, sulla deissi positiva del/differenziato/.

Per indicare i valori euforici e disforici investiti ne-gli oggetti cognitivi descritti nei testi scientifici si po-trebbero scegliere denominazioni diverse da /differen-ziato/ vs /indifferenziato/. Noi però abbiamo conside-rato che il problema si basa sulla differenza tra i ruolidei due attori, la cui partecipazione è necessaria allaproduzione dello zucchero. Nello stesso articolo tro-viamo come fonti di problemi risolti o da risolvere dif-ferenti oggetti cognitivi che possono essere descritticon la stessa categoria: (a) l’affermazione dell’esistenzadi una funzione glicogena nell’uomo e negli animali,delimitazione di un fare specifico, si oppone all’igno-ranza o alla negazione della sua esistenza, e questo la-scia aperta la possibilità di differenti /fare/ che rifor-niscono di zucchero gli organismi; (b) l’identificazionedel fegato come unico soggetto operatore che producelo zucchero si oppone alla candidatura di tutti gli altriorgani a questa funzione; (c) l’isolamento della mate-

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ria epatica che si trasforma in zucchero è l’operazioneche la distingue tra tutte le materie che costituiscono il“tessuto ghiandolare” del fegato.

Il senso nasce dalla differenza, e si sarebbe potutoporre l’accento sul significato dell’oggetto cognitivo perla procedura di ricerca. Avremmo allora potuto prevede-re in anticipo una categoria come /domanda/ vs /spiega-zione/, oppure, insistendo sul carattere multiplo e inuti-lizzabile dell’oggetto investito del valore disforico,avremmo potuto proporre la categoria /disordine/ vs/ordine/, o quella /rumore/ vs /segnale/ tipica della teo-ria dell’informazione. Quest’ultimo riferimento però po-teva creare un equivoco, poiché il discorso scientificonon descrive il mondo naturale come una sorgente dimessaggi diretti al ricercatore, messaggi disturbati daun’istanza malefica che diffonde rumori. Il procedimen-to di comprensione è invece presentato come il lavorodel ricevente che seleziona tra tutti quelli possibili (checostituiscono il “rumore”) un segnale di cui ricostruisceil significato.

Abbiamo dunque preferito l’asse della differenza,che ci è sembrato tenere conto dei tipi di valori descrit-tivi investiti negli oggetti cognitivi. Tuttavia è possibileosservare che la categoria /indifferenziato/ vs /differen-ziato/ contiene anche le categorie del dubbio e del cer-to, dell’errore e della verità, di modo che l’/indifferen-ziato/ può prendere la forma, secondo i casi, di ignoran-za, confusione, o errore. Ci è sembrato che questa fusio-ne sia causata dal fatto che nel discorso delle scienzesperimentali il sapere è sempre espresso con il vedere,mentre l’opposizione significativa è posta tra il vederebene e il vedere male. Questo potrebbe spiegare perchénon abbiamo mai trovato impiegata la distinzione tra ilpiano modale del discorso oggettivo o referenziale equello del discorso cognitivo (Greimas 1979), poiché ve-dere bene porta necessariamente al convincimento.

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2.2. La relazione soggetto-oggettoAbbiamo visto come il valore, incrementato dalla sua

componente timica7, avrebbe potuto essere investito indifferenti oggetti cognitivi: precisando però che conside-riamo l’investimento dal punto di vista dell’enunciazio-ne. Occorre adesso insistere sulla relazione tra soggettocognitivo e oggetto cognitivo.

L’oggetto cognitivo è manifestato da alcuni enunciatiche trattano dello stato o del fare di soggetti assai parti-colari come il fegato, lo zucchero o l’acqua del rubinet-to. Si tratta di soggetti non-umani, reperiti nel mondonaturale. Tuttavia gli enunciati che li mettono in azioneriescono a costituire autentici racconti8. Appare alloracertamente possibile analizzare le strutture semionarrati-ve e quelle discorsive di questi enunciati. Inoltre, non èaffatto difficile distinguere il livello del discorso oggetti-vo dal livello del discorso cognitivo, che tratta delle ope-razioni di soggetti umani a proposito della produzione edella trasmissione di oggetti. Bisogna osservare che que-sti oggetti diventano in qualche modo cognitivi quandosono investiti in una relazione specificata dalla categoriaorganizzatrice del sapere: /differenziato/ vs /indifferen-ziato/. Per comodità, gli enunciati saranno classificaticome pertinenti al discorso oggettivo e potranno essereanalizzati in assenza di istanza cognitiva, poiché questioggetti hanno una scarsa autonomia al di fuori della re-lazione che intrattengono con il soggetto cognitivo: l’i-stanza dell’enunciazione interviene continuamente pervalutare o per modificare il grado di distinzione dell’e-nunciato oggetto.

In realtà, è nella relazione che viene investito il valore“differenza”. Possiamo pertanto formulare un sistema diconversione del valore, nella relazione soggetto-oggetto,basato sull’utilizzazione della categoria /congiunzione/vs /disgiunzione. Le differenti relazioni soggetto-oggettosarebbero allora registrate su questo quadrato:

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Dove: S = Soggetto; O = Oggetto; ∩ = Congiunzione; ∪ = Di-sgiunzione; ~ ∩ = Non-congiunzione; ~ ∪ = Non-disgiunzione.

Il valore euforico /differenziato/ può essere investitonella congiunzione se l’oggetto è un sapere preciso e de-limitato, o se il soggetto lo considera soddisfacente, taleda portare a termine la procedura di ricerca. Oppurepuò essere investito nella disgiunzione, se l’oggetto con-siderato è sbagliato o genera confusione. La formulazio-ne /congiunzione/ vs /disgiunzione/ ha il vantaggio dipoter rappresentare altrettanto bene le operazioni logi-che di asserzione e di negazione quanto le operazioninarrative di trasferimento e di produzione di oggetti. Ciè però sembrato necessario, per precisare maggiormenteil percorso cognitivo, prevedere un sistema in cui la rela-zione di stato potrebbe venire specificata dalla trasfor-mazione che l’ha più o meno prodotta. Ugualmente im-portante ci è sembrato distinguere due tipi possibili ditrasformazione: lo spostamento (o il passaggio) di un og-getto tra due soggetti, e la produzione di un oggetto daparte di un soggetto grazie alla distruzione di un altrooggetto.

Osserviamo, a questo proposito, la formulazione delprogramma narrativo presente in Greimas (Greimas,Courtés 1979, pp. 265-266):

PN = F [S1 (S2 ∩ Ov)]PN = F [S1 (S2 ∪ Ov)]

S ∪ OS ∩ O

S ~ ∩ OS ~ ∪ O

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Dove: F = funzione; S1 = soggetto di fare; S2 = soggetto di sta-to; O = oggetto (suscettibile di subire un investimento seman-tico sotto forma di v: valore); [ ] = enunciato di fare; () =enunciato di stato; = funzione di fare (risultante della con-versione della trasformazione); ∩ ∪ = giunzione (congiunzioneo disgiunzione) che indica lo stato finale, la conseguenza delfare.

Questa formulazione non si adatta all’analisi dei te-sti delle scienze sperimentali, nelle quali, secondo leparole di Lavoisier, “nulla si crea, nulla si distrugge”.Ciò è particolarmente evidente per quanto riguarda isoggetti non umani, poiché non appena viene stabilitauna relazione di stato, subito si pone il problema dellatrasformazione e dell’origine del soggetto, molto spes-so ben prima del problema relativo all’identità del sog-getto operatore.

Abbiamo quindi ritenuto utile impiegare due pro-grammi narrativi completati come segue:

(a) per lo spostamento di un oggetto da un soggetto aun altro:

F [~S ∩ O ~S ∪ O] ⊥⊥ [S ∪ O S ∩ O]

In questa formula ⊥⊥ significa l’implicazione reci-proca, mentre S è descritto come primo possessore del-l’oggetto, o più semplicemente come luogo d’origine.Non c’è in questa formula un investimento polemico apriori: si tratta solamente di rendere conto del fattoche l’oggetto proviene da un “altrove” che non è il“qui” del soggetto;

(b) per la produzione di un oggetto grazie alla distru-zione (o alla trasformazione) di un altro oggetto, il pro-gramma si scrive:

F [S ∩ ~O ~S ∪ ~ O] ⊥⊥ [S ∪ O S ∩ O]

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In questo caso ~ O è semplicemente definito come ciòche non è l’oggetto, ma può diventarlo: un precursore.

Ci siamo occupati solamente delle trasformazioniche si concludevano con uno stato finale di congiunzio-ne del soggetto con l’oggetto. Sarebbe però facile de-scrivere le trasformazioni disgiuntive: poiché ogni pro-gramma narrativo è nello stesso tempo congiuntivo edisgiuntivo, è sufficiente invertire i ruoli di soggetto edi non soggetto, di oggetto e di non oggetto. Chiamere-mo questi due programmi narrativi, rispettivamente,programmi di “trasformazione spaziale” e di “trasfor-mazione cronologica”.

Per quanto riguarda i soggetti cognitivi e le loro rela-zioni con gli oggetti cognitivi, abbiamo constatato chel’investimento del valore di differenziazione poteva ge-nerare quattro diversi oggetti. Proponiamo di identifica-re questi quattro oggetti con i termini ottenuti dall’orga-nizzazione in quadrato della classe attante-oggetto(Greimas 1976, p. 54) e di considerare solamente la rela-zione di congiunzione, come è stato proposto da Grei-mas nella sua introduzione all’analisi semiotica dellepassioni (Greimas 1978-79). Il soggetto in congiunzionecon questi oggetti è l’enunciatario.

L’enunciatore si mette qui in scena dicendo “io” (“unesperimento al quale sono stato condotto”, § 4) insieme

/indifferenziato/ (anti-oggetto)

/differenziato/ (oggetto)

(non-oggetto) /non differenziato/

(non-anti-oggetto) /non indifferenziato/

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all’enunciatario implicito del processo di comunicazione(“i fatti che devo esporre” § 3). La scena però compren-de due soggetti ulteriori: un “si” impersonale (§ 2) i cuirappresentanti sono i tre autori di ipotesi diverse, e i “fi-siologi e chimici” (§ 4) coinvolti.

Fin dall’inizio il risultato dell’esperimento è statologicamente considerato come ragione del discorso ecome “l’oggetto di questo lavoro” (§ 1). Se lo conside-riamo ora come un unico oggetto, i differenti soggettiin relazione con lui possono venire distinti applicandoil quadrato della distinzione alla classe degli attanti-soggetto:

Mentre Bernard è chiaramente il soggetto differen-ziato in conseguenza della sua relazione con l’oggetto,sta solo ai “fisiologi e chimici” coinvolti, e già in posi-zione di non-anti-soggetto, la facoltà di passare in posi-zione di soggetto. Assegnare i termini della deissi nega-tiva è più difficile. Se ci si riferisce a una regola di co-struzione che specifica che il termine sub-contrariomantiene “in memoria” la negazione che lo ha prodot-to, allora lo statuto di non-soggetto deve essere attri-buito a un contraddittorio che può trascurare il valoredell’informazione data. Nel brano presentato è una po-sizione non manifestata che potrebbe essere occupata

/indifferenziato/ (anti-soggetto)

/differenziato/ (soggetto)

(non-soggetto) /non differenziato/

(non-anti-soggetto) /non indifferenziato/

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da un enunciatario diffidente. Questa posizione, però,è manifestata in un altro punto dell’articolo a proposi-to di un oggetto cognitivo differente. D’altra parte il“si pensa” impersonale sarebbe in posizione di anti-soggetto, così come i tre autori evocati poco prima,perché non hanno nemmeno pensato alla soluzioneproposta da Bernard. Si potrebbe dire che sono con-giunti all’oggetto senza saperlo. Ciò che sarebbeconforme alla definizione data del termine di anti-og-getto come non sapere o domanda.

Per precisare la struttura narrativa degli enunciati deldiscorso oggettivo che trattano degli attori non-umani,siamo stati indotti a postulare due categorie: /soggetto/vs /non-soggetto/ e /oggetto/ vs /non-oggetto/. I lorotermini sono nello stesso tempo contrari e contradditto-ri. Occorre allora stabilire adesso un rapporto tra questitermini e quelli dei quadrati in cui si dispongono i sog-getti e gli oggetti cognitivi dopo l’investimento nella re-lazione di congiunzione soggetto-oggetto della categoriadella differenza.

Da un punto di vista logico le trasformazioni spazia-li e cronologiche operano una sulla categoria dei sog-getti e l’altra su quella degli oggetti. L’investimento mi-nimo di /non-soggetto/ o /non-oggetto/ consiste nelnon essere il soggetto o l’oggetto ben definiti.

Si ritrova facilmente, perciò, l’opposizione catego-riale /differenziato/ vs /indifferenziato/. Le due tra-sformazioni sono insieme di congiunzione e di di-sgiunzione. L’ingresso e l’uscita si implicitano recipro-camente nella trasformazione spaziale, così come la di-struzione e la produzione nella trasformazione crono-logica. Se si sostituiscono i percorsi sintattici con leoperazioni logiche del livello profondo, si nota che latrasformazione con disgiunzione corrisponde a unanegazione e la trasformazione con congiunzione aun’implicazione:

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La trasformazione è l’equivalente logico del percorso inun semi-quadrato, o di un cambiamento di deissi; si notaallora che la manifestazione narrativa del termine sub-con-trario si produce quando si eseguono separatamente ledue operazioni logiche di negazione di implicazione.

Trasponendo questa separazione al livello delle ope-razioni possibili sul quadrato dell’attante-oggetto incongiunzione con un unico soggetto, si può realizzare:

LIVELLO DELLE OPERAZIONI LOGICO-SEMANTICHE:

LIVELLO DELLE OPERAZIONI NARRATIVE:

dove: (1): soggetto ∩ anti-oggetto → soggetto ∪ non anti-oggetto (2): soggetto ∪ non anti-oggetto → soggetto ∩ oggetto

[S ∩ ~O → S ∪ non ~O] ⊥⊥ [S ∪ non ~O → S ∩ O](1) (2)

anti-oggettooggetto

non-oggettonon-anti-oggetto

(-) /indifferenziato/

(+) /differenziato/

/non differenziato//non indifferenziato/

implicazione (2) negazione

(1)

LIVELLO DELLE OPERAZIONI LOGICO-SEMANTICHE:

LIVELLO DELLE OPERAZIONI NARRATIVE:

[~S ∩ O → ~S ∪ O] ⊥⊥ [S ∪ O → S ∩ O]

[S ∩ ~O → ~S ∪ ~ O] ⊥⊥ [S ∪ O → S ∩ O]implicazione

(2)negazione

(1)

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Lo stesso lavoro può essere svolto sul quadrato del-l’attante-soggetto in relazione di congiunzione con ununico oggetto:

Si potrebbe rappresentare allo stesso modo il passag-gio dalla deissi positiva alla deissi negativa.

Conviene analizzare secondo le forme del fare per-suasivo il sistema che riguarda i soggetti quando mira aqualificare o a dequalificare, agli occhi dell’enunciatario,gli oggetti cognitivi tramite la loro congiunzione consoggetti diversamente competenti. È possibile analizzareil sistema che riguarda gli oggetti come produzione dioggetti da parte della sperimentazione o da parte del di-scorso stesso.

3. La sequenza inglobata

Abbiamo tentato di caratterizzare la sequenza inglo-bante come il luogo in cui l’enunciatore manipola l’e-

LIVELLO DELLE OPERAZIONI LOGICO-SEMANTICHE:

LIVELLO DELLE OPERAZIONI NARRATIVE:

dove: (1): anti-soggetto ∩ oggetto → non anti-soggetto ∪ oggetto (2): non anti-soggetto ∪ oggetto → soggetto ∩ oggetto

[~S ∩ O → non ~S ∪ O] ⊥⊥ [non ~S ∪ O → S ∩ O]1 2

anti-soggettosoggetto

non-soggettonon-anti-soggetto

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nunciatario affinché si unisca all’oggetto “risultati” del-l’esperimento rifacendolo lui stesso. Tuttavia questi ri-sultati, compresi nella descrizione dell’esperimento, so-no un oggetto cognitivo, e il mezzo più semplice per tro-varsi in congiunzione con essi è prestare fede a ciò chedice Bernard. Questa presentazione della descrizionecome un programma di istruzioni sembra solamente unartificio atto alla persuasione: la figura dell’enunciatariopresente nel testo si trova in posizione effettiva di con-giunzione nell’ultimo paragrafo. Non è realistico pensa-re di rifare l’esperimento.

Il percorso figurativo “rifare un esperimento” è inrealtà manifestato nell’articolo, ma si tratta di Bernardche ripete gli esperimenti di un opponente e segnala ilsuo errore. L’obiettivo voluto è quello di screditare l’op-ponente, di modo che l’enunciatario non tenga contodelle informazioni fornite, e invii questi oggetti cognitiviverso il termine contrario della deissi negativa (/indiffe-renziato/).

3.1. La ricerca dell’oggettoPrima di esaminare il ruolo della sequenza inglobata

nella struttura sintagmatica della persuasione, la studie-remo separatamente in riferimento alle strutture semio-narrative e discorsive dei racconti. È proprio in questopassaggio, infatti, che si trova manifestata una strategiadi ricerca del sapere che prende un aspetto molto prag-matico grazie alla confusione tra il sapere e il vedere.

La descrizione contiene due tipi di operazioni: a) alcuni fare pragmatici espressi da enunciati del ge-

nere “ho scelto”, “l’ho sacrificato”, presi in carico dalsoggetto enunciatore “io”, oppure, al contrario, privi diun soggetto esplicito: “il fegato è stato asportato”,“aprendo il rubinetto”;

b) alcuni fare cognitivi, a volte preceduti da un enun-ciato del tipo “ho constatato”.

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Poiché nel discorso delle scienze sperimentali è la vi-sta a trasformare un oggetto qualsiasi (appartenente almondo naturale o costruito dallo sperimentatore) in og-getto cognitivo, è necessario che le condizioni di una re-lazione visiva siano soddisfatte, ovvero che l’osservatoree l’oggetto siano presenti nello stesso tempo e nello stes-so luogo. Questo può essere realizzato da due tipi di ri-cerca: o perché l’osservatore si colloca nel tempo e nelluogo dell’oggetto, o perché con le sue manovre l’osser-vatore (più propriamente chiamato sperimentatore) puòfar giungere o far nascere l’oggetto nel proprio tempo eluogo (“sotto i propri occhi” dice Bernard). La strategiasperimentale è costituita da queste due ricerche.

La coincidenza o l’incontro tra osservatore e oggettoproduce un sapere che riguarda la presenza dell’oggetto e,nello stesso tempo, un cambiamento duraturo dello statocognitivo del soggetto. Dato che ha riscontrato la presenzadell’oggetto, il soggetto è certo della sua esistenza, anchese ha ormai abbandonato il luogo del loro incontro o l’og-getto è andato distrutto. È proprio a questo incontro cheBernard invita i fisiologi e i chimici. Tuttavia, ciò che essisono invitati a vedere non è un oggetto, nel senso propriodel termine, ma una successione di avvenimenti, cioè qual-cosa di molto più astratto: la scomparsa dello zuccherodurante il lavaggio del fegato e la sua ricomparsa venti-quattro ore più tardi. Inoltre lo zucchero è invisibile quan-do è in soluzione in un liquido, quindi bisogna far ricorsoalla fermentazione con il lievito di birra per renderlo visi-bile. Illustreremo, a proposito dell’acquisizione di oggetticognitivi parziali (oggetti con valore d’uso necessari per lediverse tappe del programma di base) la progressiva com-plicazione di un percorso figurativo di ricerca.

(a) Sapere sul lavaggio del sangue contenuto nel fegatoÈ il caso più semplice, perché il colore del sangue si

vede attraverso il tessuto parzialmente trasparente del

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fegato, e l’osservazione della progressione del lavaggio sieffettua senza intermediari, grazie al cambiamento delcolore dell’acqua e del colore dell’organo stesso: “il co-lore del suo tessuto impallidiva”, “all’inizio dell’esperi-mento”, “l’acqua colorata di rosso”, “al termine l’acqua[…] perfettamente incolore”. L’osservatore producedunque l’oggetto “sotto i propri occhi” e lo esamina di-rettamente.

Tuttavia l’oggetto in questione è già complesso. Inordine crescente di complessità, si ha:

- la presenza di una sostanza (il sangue) o di una pro-prietà (il rosso);

- la messa in evidenza di un processo di trasformazio-ne che richiede l’osservazione della presenza e dell’as-senza di una proprietà (è il caso del sangue e del fegato);

- la messa in evidenza di un processo aspettualizzato(il sangue e l’acqua) che richiede non solo l’osservazionelungo tutta la durata del processo, ma anche l’individua-zione del suo inizio e della sua fine: incoativo (assenza epresenza: assenza nell’acqua del rubinetto in entrata,presenza nell’acqua che esce), terminativo (presenza eassenza: presenza nell’acqua che esce all’inizio, assenzanell’acqua che esce alla fine);

- alcune diverse combinazioni di processi aspettualiz-zati o meno.

(b) Sapere sulla presenza dello zuccheroLo zucchero in soluzione in un liquido non si vede9.

Due /fare/ sono menzionati come criterio di constata-zione della presenza dello zucchero: la riduzione dellasoluzione rameo-potassica e la fermentazione del lievitodi birra. Il lievito di birra è un attore designato dal suoruolo tematico: il percorso figurativo ben noto che glicompete è la produzione, a partire dallo zucchero conte-nuto in una data quantità di cereali, dell’alcool e dell’a-nidride carbonica. Quest’ultima è la causa della presen-

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za nel liquido di bolle e di schiuma, fenomeno che losperimentatore può constatare personalmente.

Il percorso di ricerca si stabilisce dunque così: dap-prima lo sperimentatore incarica (aggiungendolo nel li-quido) un attore competente che trasformi lo zuccheroin un nuovo oggetto; poi istituisce se stesso come desti-natario di questo nuovo oggetto. Tutto ciò è possibilesolamente perché egli ha a sua disposizione un soggettooperatore in grado di trasformare lo zucchero in oggettovisibile. D’altra parte, lo sperimentatore deve avere fidu-cia nel soggetto che ha incaricato, oppure deve assicu-rarsi che la sua fiducia sia ben riposta10, in modo che larealizzazione del percorso-fermentazione significhi concertezza la presenza dello zucchero, oppure che la suamancata realizzazione sia la prova certa della sua assen-za. Si può notare che a volte la fermentazione (o la nonfermentazione) è citata in appoggio all’enunciato dellapresenza dello zucchero (o della sua assenza), mentre al-tre volte è omessa. L’omissione crea l’effetto di sensodell’osservazione diretta come nel caso del sangue: “ave-vo constatato all’inizio dell’esperimento che l’acqua […]era zuccherata”.

(c) Sapere sul lavaggio dello zucchero contenuto nelfegato

Considereremo ora da un punto di vista teorico lacrescita di complessità a un rango superiore prima diesaminare l’attribuzione dei ruoli agli attori. Questa cre-scita di complessità si verifica tramite l’ingresso di nuoviattori specializzati del percorso figurativo di ricerca.L’oggetto prodotto dal soggetto operatore incaricato èattribuito questa volta a un destinatario che corrispondea un attore distinto dal soggetto cognitivo. Affinché que-st’ultimo sia istruito sulla performance è dunque necessa-rio che istituisca un nuovo attore dotato del ruolo quasicognitivo di osservatore, anche se non è umano. Questo

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genere di ricerca si presenta quando non è noto un sog-getto operatore capace di trasformare l’oggetto inizialedirettamente in un oggetto visibile. Il primo soggetto in-caricato, che abbiamo soprannominato “Demone diMaxwell” per distinguerlo dagli altri soggetti11, può pos-sedere un percorso figurativo che specifichi il suo desti-natario, in quanto la sua competenza consiste nella sele-zione di ciò che interessa il soggetto cognitivo. Colui cheeffettua l’esperimento non può in questo caso istituire undestinatario a suo piacimento. In altri casi il destinatariopuò essere incaricato dallo sperimentatore in virtù dellasua competenza a effettuare una nuova trasformazione,ovvero a emettere un segnale quando la performance èrealizzata. È allora sufficiente incaricare un messaggeroper trasmettere il segnale al soggetto cognitivo.

I due modelli hanno la caratteristica comune di im-plicare la presenza di tre soggetti manipolati dal sogget-to cognitivo, contro un solo soggetto nella ricerca dirango inferiore12. Esistono dunque tre competenze dellequali il soggetto cognitivo deve essere certo per poterconcludere sull’esistenza di ciò che cerca a partire dallapresenza di un segnale. Le denominazioni e i differentiruoli attribuiti nei due modelli agli attori manipolati de-rivano probabilmente da un differente dosaggio delletrasformazioni spaziali e temporali nei tre programminarrativi concatenati. Sarebbe interessante svilupparel’insieme dei differenti percorsi di ricerca e vedere comesono sfruttati per creare alternative nei resoconti speri-mentali, ma possediamo un insieme di osservazioni an-cora troppo limitato per condurre a termine questa in-dagine. Ci limiteremo allora a fornire l’esempio del con-trollo del lavaggio del fegato.

A questo punto il fegato è stato portato via e sottratto al-l’azione dell’acqua corrente. Mi sono accertato, facendonebollire una parte in un po’ d’acqua, che il suo tessuto fosselavato bene, e che non conservasse più nessuna materia

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zuccherosa. Il decotto non mostrava alcun segno di ridu-zione della soluzione rameo-potassica, né tracce di fer-mentazione con il lievito di birra.

È chiaro che l’autore dell’esperimento vuole esseresicuro che non vi sia zucchero nel fegato, e per questoattua una ricerca della sua presenza: il fallimento dellaricerca ne indicherà allora l’assenza. Tuttavia il lievito dibirra non può far fermentare lo zucchero quando è fis-sato in un tessuto semi-solido. D’altra parte, l’ebollizio-ne utilizzata per estrarre lo zucchero dai tessuti elimine-rebbe definitivamente la capacità del fegato di produrrezuccheri. Bernard divide perciò il fegato in due parti,una per il dosaggio dello zucchero, l’altra per il prose-guimento dell’esperimento, ammettendo che ogni parterappresenti il tutto13. La ricerca è organizzata nel modoche segue:

(a) istituzione di un destinatario per lo zucchero: “unpo’ d’acqua”; messa in contatto del destinatario con ilfegato, fonte possibile dello zucchero;

(b) istituzione di un soggetto competente per effet-tuare un trasferimento dello zucchero dal fegato all’ac-qua; è il soggetto operatore che abbiamo chiamato Dia-voletto di Maxwell. Il suo ruolo qui è operare una tra-sformazione spaziale, ovvero il calore;

(c) istituzione di un attante osservatore competenteper emettere, se il trasferimento si realizza, un segnaleinterpretabile da parte del soggetto cognitivo: è il lievitodi birra, il cui percorso, esaminato in precedenza, è unatrasformazione cronologica.

3.2. L’argomentazione nascostaIl successo della ricerca, beninteso, significa la pre-

senza dello zucchero solamente se la realizzazione dellaseconda performance, la fermentazione, dipende stretta-mente dalla prima, l’ebollizione. Ugualmente, l’insucces-

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so della ricerca significa l’assenza dello zucchero sola-mente se ogni attante è competente.

Vedremo nell’esperimento del fegato lavato come lapresenza e l’assenza possano essere asserite o negate se-guendo due criteri: concatenazione dei programmi ecompetenza dei soggetti. Il Demone è un atto di ritornoal tempo zero del processo di produzione dello zuccherotramite il lavaggio con acqua di rubinetto (una sorta ditaglio nel tempo). Il destinatario è uno spazio di venti-quattro ore. L’osservatore è ancora l’acqua, ma questavolta iniettata dolcemente e in piccola quantità. Può ap-parire sorprendente vedere un tempo d’attesa istituitocome destinatario, ma questo si deve al fatto che la ricer-ca della localizzazione del precursore dello zucchero ètramutata in ricerca di una aspettualizzazione temporale.

Nel punto in cui inizia il nostro testo, viene stabilitoche lo zucchero è presente nel fegato perché vi vieneprodotto a partire da una sostanza. Il problema è allorariuscire a sapere dove sia localizzata questa sostanza lacui natura è ignota. Ne risulta che la presenza o l’assen-za non possono essere constatate direttamente. La stra-tegia consiste perciò nel tentativo di fare in modo che ilprecursore tradisca la sua presenza con la manifestazio-ne dell’unica proprietà che lo definisce, la sua trasfor-mazione in zucchero.

Secondo la logica della presenza cronologica (la pre-senza di una sostanza risulta dalla trasformazione di unprecursore), prima della trasformazione è presente ilprecursore mentre lo zucchero è assente; dopo la tra-sformazione è presente lo zucchero ed è assente il pre-cursore. La presenza e l’assenza riguardano quindi lostesso luogo, quello della trasformazione. Questo luogoperò non è costituito quando la trasformazione non èl’avvenimento puntuale della conversione di un oggettoin un altro, ma un processo iterativo che interessa uncerto numero di oggetti identici14. Nel nostro caso lo

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zucchero viene sottratto al fegato dal sangue che vi cir-cola: secondo una delle ipotesi rifiutate da Bernard,questo stesso sangue ritorna al fegato, rifornito di pre-cursore, dopo aver distribuito lo zucchero nel corso delsuo passaggio attraverso l’organismo. Bernard non puòbasare il suo ragionamento sulla constatazione della pre-senza o dell’assenza rispettivamente del precursore edello zucchero prima e dopo la trasformazione, e adottadunque questa prospettiva: la successione (presenza epoi assenza del precursore) implica necessariamente chein un arco di tempo più o meno lungo il prodotto chedapprima è presente diventi assente. Se il fegato non èpiù alimentato da un precursore, dopo un lasso di tem-po che dipende dalla quantità di zucchero immagazzina-to, il sangue non è più rifornito di zucchero.

Occorre allora provocare l’assenza del precursore,ignorandone pur sempre la natura. Si suppone che ilprecursore sia trasportato dal luogo della sua produzio-ne fino al fegato, secondo la logica della presenza topo-logica che prevede la presenza di un oggetto in un luo-go in conseguenza del suo trasferimento da un altroluogo: l’oggetto non può essere presente nello stessomomento nei due luoghi. Questo però non accadequando si verifica un trasporto iterativo di una serie dioggetti identici, mentre assume valore informativo sola-mente la relazione tra la presenza seguita dall’assenzanel luogo d’origine e la presenza, seguita dall’assenza,nel luogo di consumo. Se il precursore è condotto nelfegato dal sangue, un sangue privo di precursore, o piùsemplicemente l’assenza di sangue, comporterà logica-mente la cessazione della produzione di zucchero. Per“vedere” però che lo zucchero non si produce più, ènecessario far prima smaltire al sangue la sua riserva. Illavaggio del fegato con l’acqua mira quindi a un doppiorisultato: poiché circola più velocemente, l’acqua è piùefficace del sangue per eliminare lo zucchero già pro-

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dotto, e per distruggere immediatamente lo zuccheroche si produce di nuovo. Questo permette di stabilireun tempo zero a partire dal quale la trasformazione delprecursore in zucchero può essere scoperta immediata-mente grazie alla presenza dello zucchero. D’altra par-te, l’acqua costituisce un conduttore certamente sprov-visto di precursore: quando ha sostituito il sangue, laprobabile sorgente del precursore si è esaurita. È dun-que chiaro che, se in seguito appare nuovamente dellozucchero, la ragione è che la fonte del precursore si tro-va nel fegato stesso.

La strategia sperimentale consiste dunque nell’istitu-zione, all’interno di un processo continuo, di un tempozero a partire dal quale diventa significativa l’osservazio-ne della presenza o dell’assenza. Contemporaneamentea questa manipolazione cronologica, si introduce unasemplificazione dell’organizzazione spaziale rimpiazzan-do con acqua, che circola in un solo senso in un fegatoisolato, il percorso ciclico del sangue tra il fegato, checonsuma il precursore e che produce zucchero, e il restodell’organismo, consumatore lui stesso di zucchero e,forse, origine del precursore.

Il fegato così lavato e abbandonato alle sue proprierisorse si trova però di nuovo provvisto di zucchero do-po ventiquattro ore. Questo dimostra, per la logica dellapresenza e dell’assenza, che il precursore si trova nel fe-gato. Esiste però, sia per lo zucchero che per il sangue,un’altra spiegazione possibile, che fa intervenire la com-petenza dell’acqua come soggetto operatore per istituireil tempo di partenza di un calcolo sperimentale dei tem-pi. In effetti è possibile che l’acqua non abbia raggiuntoalcuni anfratti del fegato, dove sarebbe rimasto zucche-ro prodotto in precedenza, che si sarebbe poi dispersonell’organo per effetto dell’invecchiamento del tessuto.L’assenza nel momento zero iniziale sarebbe allora soloapparente, e la presenza dopo ventiquattro ore sarebbe

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priva del significato della localizzazione del precursorenel fegato. Perché questo argomento non possa mai es-sere sollevato, Bernard scrive: “mi sono accertato […]che il suo tessuto fosse lavato bene” (§ 6). L’ebollizionepuò infatti essere considerata come un invecchiamentoaccelerato, di modo che sia negata l’ipotetica assenza ap-parente (o la presenza nascosta) e che sia invece affer-mata l’autenticità dell’assenza.

Questo quadrato prevede una posizione corrispon-dente alla “presenza apparente”: è il caso eventuale incui il soggetto operatore incaricato di evidenziare lo zuc-chero per lo sperimentatore dia una risposta positiva inassenza di zucchero. Il problema di come evidenziare lozucchero è già stato discusso in precedenza nell’articolo,e Bernard ha ormai già sostenuto l’affidabilità della solu-zione rameo-potassica e del lievito di birra. Si cautelatuttavia contro questo sospetto indicando che ha cercatolo zucchero nel “liquido torbido” che il fegato emettevacome una bava non solo dopo ventiquattro ore ma subi-to dopo essere stato lavato. Diventa perciò improbabilel’attribuzione della risposta positiva dopo ventiquattroore a una causa diversa dalla ricomparsa dello zucchero,perché se la causa fosse stata un’altra, si sarebbe manife-stata anche al primo tentativo.

Una serie di dettagli si organizzano allo stesso modoquando si applica al sangue lo stesso quadrato “presen-za vs assenza”. Infatti un po’ di sangue contenente il

presenzaassenza

non assenza (assenza apparente)

non presenza (presenza apparente)

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precursore avrebbe potuto restare, similmente, negli“anfratti” del fegato e avrebbe potuto trovarsi a dispo-sizione, dopo il preteso lavaggio, per la produzionedello zucchero. In questo caso il controllo è più diffici-le, ma questo spiega perché venga descritto con tantadovizia di particolari il fatto che il fegato scolorisca, eanche perché venga precisato che il lavaggio è duratoquaranta minuti nonostante che l’assenza del sanguesia stata resa chiaramente visibile con questa pulizia.Più in generale, la competenza del soggetto operatoredel lavaggio, sia per il sangue che per lo zucchero, èdescritta a lungo spiegando le condizioni del collega-mento con il rubinetto e la violenza del getto d’acqua.In più ci vengono indicate tutte le precauzioni preseper sottoporre il fegato a un buon lavaggio: il fegato èestratto immediatamente ed è posto a lavare “primache il sangue avesse il tempo di coagularsi”. In effettisarebbe stato possibile obiettare che qualche grumo disangue coagulato avrebbe potuto otturare qualche vasosanguigno provocando la formazione di frammenti ditessuto protetti dal lavaggio. Vediamo i dettagli delladescrizione dell’esperimento, a prima vista superflui,prendere senso allo scopo di rispondere a obiezionipossibili, fino a costituirsi nell’architettura di una com-pleta argomentazione implicita.

4. L’organizzazione globale

Nella sequenza inglobante abbiamo già osservato unasuddivisione degli oggetti e dei soggetti cognitivi confor-me al quadrato della differenza. Il problema che si poneora è l’eventuale organizzazione sintagmatica delle duesequenze, che possa convertire le relazioni logiche di ne-gazione di implicazione in programmi narrativi in cuipossano prendere posto, come attanti, differenti soggetti

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con i quali l’enunciatario è invitato a identificarsi o alcontrario è dissuaso dal farlo.

La sequenza inglobata, come si è intravisto, è moltodi più che una semplice descrizione. Essa è argomentataimplicitamente con dettagli descrittivi che sbarrano lastrada a un’interpretazione differente da quella dell’e-nunciatore, ovvero che il precursore immediato dellozucchero sia nel fegato. Sembra allora che il fare persua-sivo consista nella sequenza inglobata a mettere in scenail fare interpretativo dell’enunciatore in modo conformealle peripezie di una ricerca riuscita. Questa ricerca saràallora la conversione in forma sintagmatica dell’opera-zione di implicazione, che conduce a porre il termine/differenziato/, e corrisponderà alla trasformazione del“non-anti-oggetto” in oggetto. La negazione dell’“inter-rogativo” (/differenziato/, anti-oggetto) sarà allora at-tuata in modo indipendente nei paragrafi 3 e 4.

4.1. La manipolazione dell’enunciatarioSi può notare che nel primo e nell’ultimo paragrafo

appare un “noi” che non è un plurale majestatis, poi-ché Bernard non esita a dire “io” in altri luoghi. Que-sto “noi” di fatto fonde enunciatore ed enunciatario inuno stesso ruolo attanziale. Poiché lo schema narrativoè quello di una ricerca, questo ruolo attanziale corri-sponde, all’inizio del testo, a quello di un soggetto ope-ratore istituito per contratto (soggetto virtuale): “Noidovremo cercare di valutare”. Alla fine del testo lostesso ruolo attanziale è quello di un attante che puntaallo statuto di soggetto realizzato: “la soluzione dellaquestione […] di cui ci occupiamo”. Questo “noi” èun artificio persuasivo, poiché all’inizio per l’enuncia-tore i fatti devono in realtà “essere esposti” e non inda-gati: di conseguenza, soltanto l’enunciatario deve effet-tivamente “cercare”. Alla fine la situazione è rovescia-ta: sotto gli occhi del solo Bernard si realizza la riappa-

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rizione dello zucchero, ma lo scienziato, grazie a un“si” impersonale poi ripreso da un “noi”, colloca l’e-nunciatario nel suo stesso posto.

Enunciatore ed enunciatario si scindono immediata-mente prima della descrizione dell’esperimento: da unaparte colui che mostra (“mettere in luce questo fatto”),dall’altra colui che osserva la riapparizione dello zucche-ro (chimici e fisiologi, § 4). Occorre però anche chequest’ultimo guardi nel posto giusto, e per di più dallostesso punto di vista. Vi sono dunque due tempi nellasintassi della persuasione: (a) trasformazione di un og-getto cognitivo da /indifferenziato/ a /differenziato/ permano del soggetto operatore Bernard a vantaggio delsoggetto di stato enunciatario; (b) spostamento dell’inte-resse dell’enunciatario affinché sia lo stesso dell’enun-ciatore. Per spostamento dell’interesse si può intenderelo spostamento dell’oggetto nel quale era stato investitoil valore: l’oggetto “idea che ci si fa generalmente” (§ 2)è in relazione con un “si” impersonale che ingloba inmodo naturale l’enunciatario. Quest’ultimo è costretto adisgiungersi dall’oggetto attribuendolo a un anti-sogget-to, omologo dell’/indifferenziato/. Il luogo della di-sgiunzione è indicato da un “noi” che trasforma l’enun-ciatario in osservatore esterno delle supposizioni degliautori: “noi abbiamo visto, infatti, che tutti gli autoriipotizzano”. Questa operazione precede logicamentequella della trasformazione dell’oggetto poiché l’interro-gativo sui ruoli rispettivi del sangue e del fegato (§ 1)può essere posto solamente alla condizione che la rispo-sta già data sia sconfessata. Tuttavia l’inversione nellasuccessione degli enunciati produce l’effetto di smentireulteriormente questa risposta. La congiunzione tra unsoggetto e un oggetto può essere realizzata solamente seinizialmente erano disgiunti; ma si può ugualmente for-malizzare, invece di una disgiunzione, una congiunzionecon l’oggetto portatore di un valore contrario e disforico

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della stessa categoria. Allo stesso modo, se un oggetto èin relazione con un soggetto che investe la sua relazionecon un valore euforico, agli occhi di un osservatore èidentico esprimere il disforico tramite la disgiunzionedel soggetto dall’oggetto o tramite la congiunzione del-l’oggetto con un anti-soggetto.

Il problema dell’organizzazione sintagmatica delbrano si può porre in maniera completamente differen-te se si ammette che i due oggetti cognitivi (O1: il pre-cursore è nel sangue, O2: il precursore è nel fegato) so-no in posizione conflittuale, fatto che la retorica di Ber-nard tende a nascondere. Questi due oggetti sono allorain stato di uguaglianza, né differenziati né indifferenzia-ti, ovvero provvisoriamente privi di ogni investimentosecondo il valore della differenza, valore di natura net-tamente assiologica. Bisogna far risaltare una differenzatra i due oggetti.

Non è possibile constatare la presenza o l’assenza delprecursore, la cui natura è ignota, in una delle due loca-lizzazioni proposte. Il criterio della sua presenza, si sa,può essere solamente la sua trasformazione in zucchero.La differenza invece deve essere cercata tra i due per-corsi figurativi che seguono: lo scenario in cui il precur-sore è nel sangue, descritto al paragrafo 2, e lo scenarioin cui il precursore è nel fegato. Questa prospettiva po-trebbe benissimo essere quella che ha “condotto” Ber-nard a inventare il suo esperimento, sebbene non sia de-scritto preliminarmente, né chiaramente. Se ne trovanoalcuni elementi nel § 7.

4.2. L’aspettualizzazioneIl percorso narrativo del precursore nel sangue non

facilita la distinzione topologica. In effetti descrive dueluoghi, uno inglobante (il fegato), e uno inglobato (ilsangue durante il suo passaggio nel fegato). Ne risultadefinito anche un oggetto trasformato, il precursore, che

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non si trasforma in zucchero nel sangue ma nel fegato.Non si può quindi rendere conto del percorso con unprogramma narrativo di performance (Greimas, Courtés1979, pp. 248 sgg.) in cui il soggetto del fare e il sogget-to di stato siano convogliati, sincreticamente, in un soloattore. Occorre che il tessuto del fegato sia precedente-mente congiunto al precursore perché la trasformazionesia compiuta: ne deriva che il fegato è congiunto allozucchero, ma questo punto è abbondantemente sottoli-neato nel testo. Vi è dunque, oltre alla trasformazionedell’oggetto, un programma di trasferimento del precur-sore del sangue verso il fegato, e un programma di tra-sferimento in senso inverso dello zucchero. In confrontoal racconto di produzione semplificato, nel quale il san-gue riveste i due ruoli, si manifesta invece, a causa dellanon competenza del sangue come soggetto trasformato-re, una sorta di “aspettualizzazione attoriale”, che com-porta la distinzione tra il soggetto di stato (il sangue) e ilsoggetto operatore, il fegato. Occorre inoltre distingueredue ruoli attanziali del sangue: il sangue che entra nelfegato rifornito di precursore ipotetico e sprovvisto dizucchero è destinante nei riguardi del destinatario “san-gue” che esce dal fegato, sprovvisto di precursore erifornito di zucchero. Questo vale se si ammette che lagerarchia dei ruoli attanziali di destinante e di destinata-rio è determinata dal rapporto cronologico che intrat-tengono tra loro i due oggetti con cui i due tipi di san-gue sono in congiunzione.

L’aspettualizzazione è dunque concepita come ciòche per un osservatore fa sì che “l’azione realizzata daun soggetto installato nel discorso appare come un pro-cesso, ovvero come un ‘andamento’, uno ‘svolgimento’”(Greimas, Courtés, 1979, p. 37). L’aspettualizzazionetemporale è perciò chiaramente definita, a partire dallacategoria logica /ora/ vs /non-ora/ o /concomitanza/ vs/non-concomitanza/, dalla distinzione posta nell’opposi-

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zione /anteriorità/ vs /posteriorità/, all’interno dei ter-mini della /non-concomitanza/. Ne derivano, per unprocesso che si svolga in forma di durativo nell’/ora/, al-cuni limiti che lo separano da uno stato anteriore e dauno posteriore dove non può sussistere. Questi confinisono segnati dagli aspetti incoativo e terminativo. L’ideadi “andamento” suggerisce di definire la duratività, nelquadro dell’aspettualizzazione temporale, come il tragit-to che collega due luoghi non contigui. Così come per iltempo, la categoria logica /qui/ vs /altrove/ può esserecompletata con la distinzione, all’interno del termine/altrove/, tra un luogo di origine (sorgente) e un luogodi destinazione (obiettivo). Si può porre l’uscita dal luo-go d’origine come incoativo e l’ingresso nel luogo di de-stinazione come terminativo, oltre che considerare comedurativo topologico la presenza lungo il percorso.

Secondo queste definizioni il passaggio nel fegatocorrisponde a un durativo topologico. L’uscita del pre-cursore dal sangue corrisponde al momento incoativodel suo ingresso nel fegato. L’ingresso nel sangue da par-te dello zucchero prodotto dal fegato è il momento ter-minativo. L’uso di una simile aspettualizzazione topolo-gica del percorso narrativo potrebbe consistere nella ri-cerca della differenza esistente, oltre allo zucchero, tra ilsangue che entra e quello che esce. Ed è ciò che ha fattouno degli “autori” che non abbiamo citato15.

Bernard preferisce utilizzare la dimensione tempora-le. Il percorso narrativo precedente, la cui aspettualizza-zione è sul piano topologico, prevede la mancanza diaspettualizzazione temporale nel processo di produzio-ne dello zucchero, fatto su cui questo autore insiste ripe-tutamente. La trasformazione, lessicalizzata col terminedi “catalisi”, si realizza in un solo istante. L’esperimentodi Bernard mostra al contrario che il processo è durativopoiché si sviluppa in un periodo di ventiquattro ore, edurante questo lasso di tempo il fegato è abbandonato a

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se stesso, senza circolazione di sangue. Esiste perciò unaaspettualizzazione temporale, e nel percorso figurativodella produzione dello zucchero Bernard la denomina“fermentazione” per contrapporla alla catalisi. Questopercorso può essere considerato simile a quello che pre-vede un’aspettualizzazione spaziale. Il percorso della ca-talisi comprendeva infatti tre luoghi (l’origine, il passag-gio, e la conclusione) insieme a due oggetti: il precurso-re e lo zucchero, disposti in rapporto cronologico. Ilpercorso di fermentazione, limitato a ciò che accade nelfegato, prevede tre oggetti in rapporto cronologico: ilprecursore “lontano” che passa dal sangue al fegato, ilprecursore “immediato” (la sostanza presente nel fega-to), lo zucchero. Prevede inoltre due luoghi che hannotra loro una relazione “inglobante/inglobato”, il fegato eal suo interno il sangue.

Per la costruzione dei racconti, l’istituzione di unacronologia e di una spazializzazione, che possiamo chia-mare aspettualizzazione designando con lo stesso nomela procedura di produzione e il suo risultato, si accom-pagnano a un’attorializzazione. Tenteremo ora di ren-dere esplicita la procedura di attorializzazione in formadi aspettualizzazione, fatto che ci condurrà inoltre achiamare in causa il problema della competenza per gliattori non umani. Nel quadro abituale della definizionedel programma narrativo di performance, esamineremoil caso in cui l’oggetto viene trasformato, e in particola-re il caso in cui l’oggetto circola tra un soggetto e unnon-soggetto:

F (S1) [S2 ∩ ~O S2 ∪ ~O]⊥⊥[S2 ∪ O S2 ∩ O] (S1 = S2)

Quando il processo così descritto mette in gioco unsolo soggetto (in modo che S1 = S2) la sua realizzazionepresuppone alcune competenze che conviene esaminareseparatamente. Occorre distinguere il caso della trasfor-

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mazione disgiuntiva che riguarda l’oggetto iniziale e ilcaso della trasformazione congiuntiva che riguarda l’og-getto ottenuto: il soggetto operatore possiede per ognu-na di esse la modalità del /poter fare/ e in più per ognu-na lo stato finale è modalizzato secondo la necessità. Ilsoggetto di stato deve essere disgiunto dall’oggetto ini-ziale e deve essere congiunto all’oggetto prodotto.

L’eventualità in cui il processo sia realizzato da un at-tore differente da quello che ha il ruolo di soggetto distato corrisponde alla distinzione, nella formula appenaenunciata, tra due soggetti indicati rispettivamente conS1 e S2. In questo caso la modalizzazione dello stato del-l’attore passivo nelle due trasformazioni, cioè la sua noncompetenza sul piano del fare, si traduce, sul piano dellacompetenza del soggetto operatore, nella comparsa diuna nuova modalità, quella del /dover fare/, sviluppatasu entrambe le trasformazioni. In questo caso si puòparlare di manipolazione. Infatti la realizzazione delprocesso presuppone una correlazione tra il /dover esse-re/ disgiuntivo del soggetto di stato e un /far fare/ corri-spondente esercitato sul soggetto operatore. Lo stessoaccade per la trasformazione di congiunzione con l’og-getto prodotto.

Se con un’aspettualizzazione temporale si distinguo-no due soggetti di stato, uno anteriore e uno posteriore,la performance di trasformazione dell’oggetto si trovaincorniciata tra due programmi satellite. Il primo è iltrasferimento dell’oggetto iniziale tra il soggetto di statoanteriore, che si può chiamare destinante, e il soggettoimplicato nella performance. Il secondo, dopo la perfor-mance, è il trasferimento dell’oggetto prodotto al sog-getto di stato posteriore, che può essere individuato co-me destinatario. La modalità di /dover essere/ che ri-guarda la disgiunzione dall’oggetto iniziale compete aldestinante, mentre la modalità del /dover essere/ che ri-guarda la congiunzione con l’oggetto prodotto è riserva-

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ta al destinatario. Il processo può essere rappresentatocon la successione di tre programmi narrativi: la loroconcatenazione rigida, necessaria alla realizzazione delprocesso, implica una doppia manipolazione del sogget-to della performance, da parte sia del destinante sia deldestinatario. Questa doppia manipolazione evita l’arre-sto del processo, sia quando il soggetto della trasforma-zione è congiunto all’oggetto iniziale sia quando è con-giunto all’oggetto prodotto. Tuttavia per i soggetti nonumani che appaiono nel testo la realizzazione del per-corso appare inevitabile dal momento in cui il soggettodella performance è congiunto all’oggetto da trasforma-re: si potrebbe dire altresì che la concatenazione dei treprogrammi deriva dalla competenza del destinante nelconsegnare l’oggetto iniziale al soggetto della perfor-manza, e dalla competenza del destinatario nell’appro-priarsi dell’oggetto prodotto.

Si può anche concepire un’aspettualizzazione spazia-le che distingua la fonte come destinante e l’obiettivocome destinatario: il soggetto operatore realizza allorauna performance che consiste nel trasporto dell’oggettoda un luogo all’altro, mentre il destinante produce l’og-getto e il destinatario lo distrugge. La distribuzione dellemodalità del fare e dell’essere resta la stessa, ma apparepiù chiaramente il significato del /dover essere/, peresempio la necessità per il destinatario di essere con-giunto all’oggetto, poiché lo consuma.

Le modalizzazioni dei soggetti non umani presi inconsiderazione sono molto semplificate, ma comportanocomunque due aspetti:

1) La competenza a effettuare un determinato tipo diprogramma narrativo. Se si tratta di una trasformazionetemporale, è la capacità di distruggere un oggetto perprodurne un altro. Se abbiamo caratterizzato questacompetenza come /poter fare/, essa ci appare comunquecome fortemente dipendente dall’investimento semanti-

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co dei due oggetti. È il caso del lievito di birra, il cuipercorso “fermentazione” (dallo zucchero alle bolle) èinvariabile, tanto che si potrebbe considerare questacompetenza come un ruolo tematico. Bisogna poi segna-lare che il percorso ha carattere obbligatorio quando lesue condizioni di realizzazione sono soddisfatte. Se sitratta di una trasformazione spaziale, la competenzaconsiste nella realizzazione della possibilità di uno spo-stamento della fonte verso l’obiettivo. Bisogna che ilsoggetto della performance non sia solamente un per-corso, ma una sorta di nastro trasportatore. È il caso delsangue, che circola attraverso il fegato, ma anche del-l’acqua che esce dal rubinetto per la pressione, o cheviene spinta da una piccola siringa.

2) L’occasione di effettuare la trasformazione. Al pri-mo sguardo essa è offerta dallo stato iniziale dei diffe-renti attori del percorso: se si tratta di una trasformazio-ne spaziale, l’oggetto deve essere disponibile, presente eaccessibile, nel luogo d’origine, e deve esserci un postoapposito a lui riservato nel luogo di destinazione, dalquale è assente. È ciò che abbiamo presentato sotto dueforme: una modalizzazione di stato del destinante e deldestinatario, relativa allo stato finale, e una manipolazio-ne del soggetto della performanza sia da parte del desti-nante, relativa dunque allo stato iniziale, sia da parte deldestinatario, relativa allora allo stato finale.

Esiste dunque un rapporto molto stretto tra l’aspet-tualizzazione spaziale o temporale e la distribuzione deiruoli attanziali ad attori modalizzati in modo diverso.Per la conversione della performance nei processi finoraesaminati, si potrebbe parlare di aspettualizzazione atto-riale, o di “débrayage modale”16. A partire da un pro-gramma narrativo che comprenda non-soggetto e sog-getto in relazione con un oggetto, oppure non-oggetto eoggetto in relazione con un soggetto, l’attorializzazionecon destinante e destinatario si stabilisce secondo la

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stessa regola della temporalizzazione o della localizza-zione (Greimas, Courtés 1979, p. 203).

Precursore e residuo rivestono nei confronti dell’og-getto lo stesso ruolo che destinante e destinatario rive-stono nei confronti del soggetto. L’aumento di comples-sità che abbiamo appena descritto a proposito della rap-presentazione dei ruoli del fegato e del sangue negli sce-nari della produzione dello zucchero si ripete nei per-corsi della ricerca cognitiva descritta nella seconda par-te: la ricerca appare come il sostituto di una performan-ce visiva impossibile.

4.3. La polemizzazionePer gli attori i cui enunciati oggettivi descrivono i

percorsi narrativi si può dire che il fare presuppone lacompetenza, ovvero è l’occasione per sviluppare un per-corso e un ruolo tematico adeguati. Si può però anchedire che l’attribuzione o il riconoscimento del ruolo te-matico e la presenza degli altri attori presuppongono ilfare corrispondente. Il ricercatore si serve di questa rigi-dità per la strategia sperimentale nella costruzione deglioggetti cognitivi, poiché la constatazione che il percorso

Temporalizzazione

Adesso/non-adesso

Localizzazione

qui/non-qui

Anteriorità/posteriorità fonte/obiettivo

Oggetto/non-oggetto soggetto/non-soggetto

Precursore/residuo destinante/destinatario

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si è realizzato può essere utilizzata per asserire la presen-za del soggetto operatore provvisto di ruolo tematico, sela presenza degli altri attori è già nota, oppure, al con-trario, per asserire la presenza degli altri attori, se la pre-senza del soggetto operatore adeguato è riconosciutaper la prima volta oppure se viene così prodotta.

Tuttavia il soggetto cognitivo può non avere un sape-re sufficiente a proposito della presenza o dell’assenza didiversi attori con i rispettivi ruoli tematici. L’oggettoprodotto dalla sua ricerca può essere giudicato errato dachi se ne accorga. Abbiamo visto in precedenza che lamaggior parte degli elementi della descrizione potevanoessere interpretati come precauzioni contro questo ge-nere di valutazioni.

Lo sperimentatore deve infatti ottenere, come abbia-mo già notato, qualcosa di visibile, di /differenziato/,che può sempre essere descritto come la congiunzionedell’oggetto con il soggetto cognitivo. Poiché il sapere èfondato sul vedere, la presenza è distinguibile, ma nonl’assenza. L’assenza infatti non significa nulla, poichépotrebbe significare troppe cose: che l’osservatore hadifficoltà di vista, che ha osservato male, nel posto sba-gliato o nel momento sbagliato. L’assenza è l’/indifferen-ziato/ a meno che non possa essere messa in relazionecon la presenza: in quel momento la trasformazione del-l’una nell’altra dà significato a entrambe.

La coincidenza però, o la concomitanza dell’oggettocon il soggetto cognitivo (o con il soggetto operatoreche ha associato alla sua ricerca) avviene in una fase incui possono prodursi simultaneamente altri fenomeni,e in uno spazio in cui è nota o presupposta anche lapresenza di altri attori. Questi altri attori possono in-trodursi furtivamente nei programmi concatenati dellaricerca, come candidati manipolatori o manipolati. Seperò la catena viene interrotta il risultato, qualunquesia, non ha più alcun significato. Ecco un esempio in

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cui un confutatore di Bernard contesta la presenza del-lo zucchero come osservabile attraverso la presenza dilievito di birra:

Più recentemente, in un terzo Mémoire, lo stesso autorepretende di sostenere che se non ha potuto mostrare dellozucchero nella vena porta, questo dipende dall’esistenza diuna sostanza sconosciuta che maschera la presenza dellozucchero opponendosi alla fermentazione. Descrive anchea questo proposito alcuni esperimenti in cui dice di averemesso lo zucchero in evidenza distruggendo questa mate-ria indeterminata, che lo maschera, grazie alla bollituracon acido solforico o nitrico. Io stesso ho fatto questoesperimento così come lo descrive l’autore, e dopo averlaripetuta più volte con cura devo constatare che i fattiesposti sono completamente sbagliati.

Il luogo “sangue della vena porta” non è l’arena dovesi affrontano lo zucchero e il lievito di birra, dopo chequesta è stata introdotta dallo sperimentatore. Questoluogo contiene molti altri attori, e l’autore della confuta-zione pensa che in realtà intervenga uno di questi permodificare il ruolo tematico del lievito, impedendone lafermentazione, anche in presenza dello zucchero. Ab-biamo visto che lo zucchero svolge il ruolo di un desti-nante che esercita sul lievito un /far fare/ (fermentare).Il nuovo attore “sostanza sconosciuta” oppone a questo/far fare/ un /far non fare/ gerarchicamente superiore. Ilrisultato è un /non fare/ equivalente al risultato che sa-rebbe stato ottenuto in assenza di zucchero (/non far fa-re/), evento chiaramente espresso da “mascherare lapresenza dello zucchero”. Per smascherare lo zuccheroe ottenere la performance abituale del lievito, occorredistruggere la sostanza in questione, renderla cioè assen-te. Il sistema di manipolazione del soggetto operatore“lievito” si organizza quindi secondo lo stesso modellostabilito per gli esseri umani (Greimas, Courtés 1979, p.

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206). Si potrebbe allo stesso modo utilizzare la strutturaelementare della categoria del destinante rappresentan-do le posizioni dei soggetti del /far fare/:

La posizione del destinante è assunta dalla presenzadello zucchero, quella di non-destinante dalla sua assen-za. La posizione di anti-destinante è assunta dalla pre-senza della sostanza sconosciuta, e quella di non-anti-destinante dalla sua assenza. Occorre però notare chenella situazione di “conflitto”, dove sono presenti desti-nante e anti-destinante, l’anti-destinante prevale e laperformance di fermentazione non si realizza.

Se l’autore della confutazione si crea l’ingombro diquesta sostanza sconosciuta, è perché lui stesso ha fidu-cia in un dosaggio chimico che gli fa “vedere” lo zuc-chero nel sangue della vena porta. Bisogna qui pensare auna sostanza sconosciuta che svolge in qualche modo ilruolo di un meta-destinante, il cui /far fare/ prevale suquello dello zucchero, poiché lo zucchero sembra pre-sente anche quando è assente.

Invece di un conflitto di destinanti il confutatoreavrebbe potuto immaginare un conflitto di destinatari.Poiché il lievito di birra produce anidride carbonica nel-la fermentazione, se l’ambiente di reazione avesse conte-

(impedimento) fare non fare

(intervento) far fare

non far fare (non intervento)

non far non fare (non impedimento)

anti-destinantedestinante

non-destinantenon anti-destinante

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nuto molto potassio l’anidride carbonica avrebbe potutoessere fissata sotto forma di carbonato e non avrebbeprodotto bolle. Allo stesso modo, lo sperimentatoreavrebbe concluso per l’assenza, mentre lo zuccheroavrebbe potuto essere presente.

Bernard distrugge l’argomentazione del suo avversa-rio con alcuni contro-esperimenti in cui mostra che lesostanze sconosciute presenti nel sangue, distrutte o no,non impediscono al lievito di birra di fermentare, a con-dizione che abbia aggiunto lui stesso lo zucchero neces-sario. Le diverse sostanze sono dunque relegate a unostatuto gerarchicamente inferiore a quello dello zucche-ro, per la precisione al ruolo di non-destinante (non-in-tervento), mentre il ruolo tematico del lievito non è mo-dificato dalla loro presenza.

4.4. RicapitolazioneCi sono dunque due strategie sperimentali che si

combinano. Da una parte vi è la strategia che consistenel reperimento, all’interno dell’/indifferenziato/, dinuovi limiti per un oggetto /differenziato/ troppo ri-stretto, per arricchirlo progressivamente integrandolo inun percorso sempre più figurativo, e che abbiamo esa-minato in termini di aspettualizzazione. Dall’altra vi è lastrategia che consiste nell’eliminazione dal campo trop-po esteso di questo percorso degli elementi e dei feno-meni senza rapporto diretto col campo stesso. Si trattain qualche modo di ridurre il campo del “visibile” ri-mandando all’/indifferenziato/, attraverso un’elimina-zione “fisica”, il maggior numero possibile di attori dicui non si può negare la presenza, oppure mostrandoche essi non giocano alcun ruolo nel percorso figurativosu cui il soggetto cognitivo sta concentrando l’attenzio-ne. Oltre all’esempio già dato, abbiamo poi riconosciutonei particolari della descrizione un’argomentazione po-lemica implicita che si situa su due livelli. Al primo, il li-

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vello elementare degli oggetti cognitivi parziali, abbiamovisto l’instaurazione di una polemica implicita tra unpercorso di lavaggio buono e uno cattivo, insieme allascelta operata tra un’assenza apparente e una reale dellozucchero e del sangue nel fegato dopo il suo lavaggiocon acqua di rubinetto. Al livello generale abbiamo in-vece visto l’introduzione esplicita, nello spazio del fega-to, di un’opposizione tra il tessuto ghiandolare e il san-gue che attraversa il tessuto, insieme a una valutazionedella loro possibilità di contenere il precursore imme-diato dello zucchero (§ 1). Qui era necessario stabilirenel luogo /differenziato/ una dicotomia: dei due spazicosì ottenuti, uno viene soppresso, oppure è rimpiazzatoda uno spazio che non contiene l’oggetto (l’acqua delrubinetto sostituisce il sangue), mentre l’altro viene sot-toposto a una prova, quella di realizzare il proprio per-corso. Se il “fare” non si produce, è perché gli attoripresenti nello spazio soppresso rivestivano un ruolo nelpercorso, e non si può dire nulla dello spazio rimanente.Se il “fare” nondimeno si produce, è segno che gli attoripresenti nello spazio soppresso non hanno un ruolo nelpercorso e possono essere deposti nell’/indifferenziato/,mentre lo spazio /differenziato/ si trova precisato. Que-sta esclusione produce dunque un aumento del carattereeuforico del /differenziato/. La situazione di scelta tradue alternative risulta molto favorevole, poiché la con-statazione della presenza del “fare”, dopo tale sorta di“amputazione”, comporta la certezza tanto dell’esclusio-ne quanto dell’inclusione, almeno fino alla successivapolemizzazione che porta con sé una nuova dicotomia.Si è dunque costretti ogni volta a fare la scelta giusta.Per quanto riguarda lo spazio, abbiamo visto come ilsangue fosse stato privato del ruolo di portatore del pre-cursore. Per quanto concerne il tempo, si potrebbero fa-re le stesse osservazioni e abbiamo già visto come lo spe-rimentatore abbia istituito un inizio assoluto, un tempo

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zero nella produzione di zucchero grazie al lavaggio delfegato. La competenza del soggetto cognitivo si fonda, aproposito della performance di scelta, su un percorso diricerca per il quale delega alcuni attori competenti cherendono visibile per lui una differenza tra gli oggetti co-gnitivi posti come alternative della scelta. Si può perciòdire che i diversi “fare pragmatici” dello scienziato si ri-ducono a due attività: aggiungere e scartare.

Si potrebbe tentare di rendere conto dell’organizza-zione testuale completa del brano che abbiamo analizza-to invocando la sovrapposizione, nella strategia persua-siva, di un percorso di costruzione di un oggetto cogniti-vo (che risponde a una domanda di sapere) e di un per-corso di polemizzazione, destinato a eliminare un altrooggetto cognitivo, cioè le ipotesi degli “autori” che pon-gono nel sangue il precursore dello zucchero.

In uno schema di ricerca del sapere, l’enunciatario,posto in congiunzione con un non-sapere disforico, de-lega lo scienziato, che si trova nella stessa situazione mapossiede un /saper fare/, affinché costruisca un oggettocognitivo e glielo trasmetta. Apparterrebbero a questoschema i paragrafi 1, 5, 6 e 7. La situazione però è resacomplessa dalla confusione dei ruoli di manipolatore emanipolato in un “noi” che li congiunge al livello dell’e-nunciazione. Forse l’enunciatore è preoccupato di nonconfutare la competenza dei “fisiologi e chimici”, scien-ziati come lui, e così si potrebbe spiegare l’invito a ripe-tere l’esperimento. Però questo schema di ricerca, chepresuppone un manipolatore privo di competenza, pre-suppone anche un manipolatore che desidera un sapere,ovvero in stato di disgiunzione da una soluzione già ac-certata, e che si pone un interrogativo. Questo però nonè il nostro caso, poiché l’oggetto O1 (il precursore è nelsangue) appartiene allo spazio del sapere dell’enunciata-rio, come è indicato nel paragrafo 2. Vi sono dunque inrealtà due soggetti in conflitto per svolgere nei confronti

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dell’enunciatario la funzione di spiegazione della produ-zione di zucchero da parte del fegato. Questi due sog-getti propongono due oggetti cognitivi differenti: O1 (itre autori), secondo i quali il precursore immediato del-lo zucchero si trova nel sangue, e O2 (Bernard), secondoil quale il precursore è nel fegato. È per questa ragioneche l’enunciatore introduce un discorso referenziale suO1 (§ 2): per quanto riguarda lo schema della ricerca eracompletamente inutile, dato il successo della performan-ce (sottolineato al § 7), citare O1, che risulta automatica-mente eliminato, così come d’altronde ogni altra spiega-zione che si potesse immaginare della produzione dellozucchero da parte del fegato.

Uno schema esplicito di polemizzazione avrebbe peròdescritto come ugualmente possibili, nella situazione ini-ziale, i due oggetti cognitivi tra i quali l’enunciatario devescegliere, prima che siano presentati i risultati dell’esperi-mento, ovvero l’unico elemento capace di permettere fi-nalmente all’enunciatario di distribuire i due oggetti co-gnitivi secondo la categoria /differenziato/ vs /indifferen-ziato/. La strategia enunciativa di Bernard evita di rende-re esplicite l’alternativa iniziale e la scelta corrisponden-te, che farebbe apparire l’oggetto che si desidera intro-durre come un’idea preconcetta, un’idea che Bernard sisarebbe fatta da solo contro “tutti gli autori” e che sisforzerebbe di difendere a tutti i costi. Al contrario èproprio questa l’immagine negativa del suo avversarioche Bernard presenta nella prima parte dell’articolo(Darrault 1977-78). È dunque comprensibile che scelgainvece di presentare il suo oggetto come una scoperta, eil suo stesso ruolo come quello di qualcuno che vienemanipolato dalla scienza stessa, nello stesso modo in cuiciò accade all’enunciatario (§ 3 e 4). Si trova così ancheattenuato il carattere di accanimento che avrebbe potutorivestire una polemica contro “tutti gli autori”, che fannoparte evidentemente dell’attante collettivo enunciatario;

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inoltre è proprio questo che autorizza l’enunciatore adapprofondire in anticipo il divario tra O1 (qualificato co-me “ipotesi”) e O2, qualificato come “fatti”, e di cui vie-ne sottolineato, ancora prima di esporlo, il carattereconforme alla deissi positiva del /differenziato/.

A questo stadio è ancora difficile identificare l’e-ventuale particolarità del discorso delle scienze speri-mentali. Il fenomeno più sorprendente che scaturisceda questo studio è quello dell’argomentazione implici-ta, una strategia persuasiva che consiste nel consolida-mento della certezza di verità su uno dei due terminidi un’alternativa senza neppure menzionare esplicita-mente l’altro. La polemica viene occultata, con unprocedimento che non è sempre così sistematico neitesti più recenti che abbiamo esaminato, ma che si ve-rifica sempre, di regola, nella descrizione di esperi-menti originali. È caratteristico in Bernard il fatto chela dimensione polemica sia esplicita solamente quandoqualcuno ha pubblicamente sostenuto il contrario diciò che propone Bernard, ed è per questa ragione cheabbiamo dovuto cercare in una parte dell’articolo rife-rita a lavori anteriori un esempio di polemica esplicitaa livello sperimentale. È possibile che questo fenome-no possa essere posto in relazione con l’allestimento diun meta-destinante (Darrault 1977-78), la scienza, acui sono sottomessi i protagonisti del discorso. Il pro-blema della fiducia che l’enunciatario può accordareall’enunciatore, e che si stabilisce logicamente sulla va-lutazione che l’enunciatario effettua sulle performanceinterpretative dell’enunciatore, è allora eluso a vantag-gio di un sistema di manipolazione capace di garantireun fare interpretativo comune, che si traduce a livellodell’enunciazione con un “noi” che unifica le dueistanze dell’enunciatore e dell’enunciatario. Si puòperò pensare che una tale organizzazione possa essereritrovata in altri discorsi persuasivi.

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Il carattere, però, estremamente denso di questa ar-gomentazione implicita forse non si ritrova al di fuoridei testi scientifici che riportano per la prima volta i ri-sultati di una ricerca a un pubblico che si presupponeabbia la stessa competenza dell’autore. Questa argomen-tazione si basa sui vincoli narrativi e discorsivi che assi-curano la coerenza e la capacità di significare di un rac-conto; d’altra parte, uno stesso fenomeno può essere ar-gomentato in forma astratta (presenza vs assenza) oppu-re in forma figurativa (percorso aspettualizzato o no se-condo la duratività). Perciò i testi delle scienze speri-mentali si prestano bene a una verifica della teoria se-miotica per quanto riguarda i meccanismi di conversio-ne tra i diversi livelli del percorso generativo.

1 «Actes Sémiotiques» - Documents du Groupe de Recherches sémio-lin-guistiques, 1979 a. I, n. 7, p. 34.

2 CR 1855, T. 41, pp. 461-469. 3 Nel corso delle ricerche sul problema medico del diabete mellito, Ber-

nard ha avviato una revisione concettuale nella fisiologia generale del regnoanimale. I lavori precedenti ai suoi avevano condotto a una distribuzione deiruoli di questo genere: (1) sono i vegetali che producono lo zucchero distrut-to dagli animali per i loro bisogni vitali; (2) ogni organo del corpo svolge unae una sola funzione. Quando espone la sua relazione, Bernard ha già pubbli-cato il risultato di esperimenti che mostrano come gli organismi animali sianoin grado di produrre zucchero proprio come i vegetali, e che questa funzioneglicogena sia svolta dal fegato, unitamente con quella, già nota, di produzionedella bile. Nella relazione di cui ci occuperemo, Bernard espone alcuni risul-tati nuovi che confermano la localizzazione nel fegato della funzione glicoge-na, e mostra l’esistenza nel fegato di una materia prima che si trasforma inzucchero. Quindi, a partire dalla definizione di un luogo e di ciò che vi acca-de (viene prodotto zucchero) è progressivamente allestito un intero percorsofigurativo destinato a rendere conto in dettaglio della produzione dello zuc-chero, specificando gli attori, le loro rispettive localizzazioni, e la natura delprocesso che realizzano, nonché l’aspetto durativo o istantaneo di questo pro-cesso.

4 La semiotica definisce in questo modo il ruolo tematico: “Si intende perruolo tematico la rappresentazione, in forma attanziale, di un tema o di unpercorso tematico (il percorso “pescare”, per esempio, può essere condensatoo riassunto dal ruolo di ‘pescatore’)”; cfr. Greimas e Courtés (1979, p. 356).

5 La qualifica di precursore è attualmente di uso corrente in biologia, per

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indicare una molecola in grado di essere all’origine di un’altra molecola in se-guito a una reazione enzimatica.

6 I ranghi sono le tre tappe della ricerca, in corso di svolgimento, che ab-biamo riassunto in precedenza: scoperta e localizzazione della funzione glico-gena; localizzazione del precursore immediato dello zucchero nel fegato; iso-lamento e identificazione di questo precursore. Queste tre tappe sono oggettodi tre differenti articoli di Bernard che formano una serie, in cui abbiamo se-lezionato l’articolo centrale.

7 La categoria timica è così definita da Greimas e Courtés (1979, p. 363):“Categoria classematica la cui denominazione è motivata dal senso del vocabo-lo timia – ‘umore, disposizione affettiva di base’ (Petit Robert) – […] La catego-ria timica si articola […] in euforia/disforia (con aforia come termine neutro) egioca un ruolo fondamentale nella trasformazione dei microuniversi semanticiin assiologie: connotando come euforica una deissi del quadrato semiotico, ecome disforica la deissi opposta, provoca la valorizzazione positiva e/o negativadi ciascuno dei termini della struttura elementare della significazione”.

8 Esempio (§ 7): “È quest’ultima sostanza che, nel fegato abbandonato ase stesso, si trasforma a poco a poco in zucchero con una specie di fermenta-zione”.

9 Lo zucchero potrebbe essere riscontrato dalle papille gustative dellosperimentatore, ma non abbiamo trovato alcun esempio, nel corpus dellescienze sperimentali, di acquisizione e di controllo di un sapere certo espressoda termini che si riferissero a sensi diversi dalla vista o da percorsi differentida quelli della relazione visiva. Questo fatto forse va messo in relazione con ilconcetto di oggettività scientifica. In effetti assaggiare l’“oggetto” lo distrug-ge, mentre vederlo, fatto che rispetta una certa distanza tra l’osservatore el’oggetto, non lo modifica. Si può anche immaginare, quando l’oggetto è unessere vivente, la relazione “vedere senza essere visto”. Tuttavia, questa con-dizione di distanza, poco compatibile con la nozione stessa di esperimento,qui non è soddisfatta, poiché il lievito di birra stesso “mangia” (consuma) lozucchero.

10 Oppure ancora lo sperimentatore è già sicuro (grazie ai discorsi prece-denti degli altri sperimentatori) della competenza dei suoi soggetti incaricati,oppure la controlla nel corso dell’esperimento stesso in diverse maniere (peresempio Bernard aggiunge zucchero nel sangue della vena aorta per verificareil potere di fermentazione del lievito in questo ambiente complesso).

11 Cfr. il cap. 2 di questo volume.12 È d’altronde inutile prevedere più di tre soggetti incaricati, poiché

molto raramente si trova un livello superiore di complessità, che porterebbe icolleghi a considerare l’esperimento come inelegante e poco convincente.

13 La strategia di selezione di campioni che rappresentano la totalità po-trebbe diventare oggetto di una lunga discussione. In effetti, se si sospetta chela totalità da cui è estratto un campione non sia omogenea, o se il campione èuna porzione troppo limitata del tutto, i risultati potrebbero essere contestatiinvocando l’intervento del caso. Esiste quindi un’argomentazione implicitache stabilisce la validità della generalizzazione: ad esempio, per quanto ri-guarda il cane utilizzato in questo esperimento, viene descritto come “adulto,vigoroso, e robusto”.

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14 Da un calzolaio si possono trovare simultaneamente il cuoio e le scar-pe, ma si possono anche immaginare condizioni in cui sia presente solo unadelle due cose, oppure nessuna, se per esempio il calzolaio si rifornisce dicuoio solamente prima della produzione e se il cliente si impossessa dellescarpe appena sono terminate.

15 Questo autore, qualificato da Bernard come “abile chimico”, ha notatoche una sostanza chiamata “ematina” durante il passaggio del sangue nel fe-gato si riduceva parzialmente. Questo chimico, peraltro, è stato capace diprodurre zucchero a partire da questa sostanza, sostituendosi al fegato. Que-sto risultato costituisce un buon argomento per l’identificazione di questa so-stanza come precursore. Bernard non respinge d’altronde questi risultati e silimita a sovrapporre all’aspettualizzazione topologica un’aspettualizzazionetemporale.

16 Seguendo l’uso ormai largamente invalso, non abbiamo tradotto il ter-mine francese “embrayage”, come d’altronde neppure “débrayage”, con untermine italiano imperfettamente corrispondente. Cfr. le definizioni dei duetermini in Greimas e Courtés (1979, pp. 119-121 e 90-93) [N.d.T.].

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