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N.d.C. – Ampl, Banda Larga-3 1 Capitolo 9° AMPLIFICATORI A BANDA LARGA (Parte 3ª: Tipi speciali di amplificatori) Prerequisiti: Buona conoscenza dei principi e delle leggi fondamentali dell’Elettricità. Buona conoscenza della matematica. Obiettivi: Sufficiente padronanza delle varie configurazioni di amplificatori. Finora, negli amplificatori si è sempre usato il tubo elettronico con il segnale applicato alla griglia e con l’uscita sull’anodo, secondo lo schema generale di Fig.01, che rappresenta la comune configurazione con catodo a massa. Il tubo, però, viene talvolta usato in modo diverso, scambiando la funzione degli elettrodi. Sorgono così altre configurazioni con particolari caratteristiche, a volte anche interessanti, che possono risolvere alcuni problemi circuitali. Accenneremo un po’ ad alcune di esse. 1) Inseguitore catodico. Un tipo di circuito molto importante è quello detto “ad inseguimento catodico” (cathode follower) di fig.02, nel quale la resistenza di carico è posta sul catodo, mentre l’ingresso continua ad essere sulla griglia controllo e l’anodo risulta a massa per il segnale. Fig.01 Fig.02 L’importanza di questo tipo di amplificatore risiede nel fatto che presenta un’impedenza d’entrata molto più alta di quella del normale tipo con catodo a massa, mentre quella d’uscita ne è notevolmente più bassa. Fig.03 Esso risulta, per esempio, prezioso nel collegamento a distanza di due parti con segnali a frequenza elevata. Infatti, in questo caso, il cavo di collegamento caricherebbe l’apparecchio trasmettitore con una forte capacità verso terra, il che, come è noto, produrrebbe il taglio alle alte frequenze. Se, all’uscita dell’apparecchio si trova invece disposto un cathode follower, che ha un’impedenza d’uscita bassa, la capacità dei collegamenti perde d’importanza rispetto alla forte conduttanza in parallelo. L’amplificazione calcolata dello stadio risulta essere: (1*) + µ + = = k a e k k R r 1 1 1 1 V V A (03) Da questa espressione si rivela la proprietà principale di questo tipo di amplificatore e cioè che esso non dà guadagno ma perdita, perché il denominatore è sempre maggiore di uno (ad esempio per µ =20 e k a R r =4 si ottiene A =0,8). La (03) riscritta nel seguente modo: k a k e k k R 1 r R 1 V V A + + + = = µ µ µ (03a) da luogo al circuito equivalente di Fig.03a che rappresenta meglio il circuito “cathode follower” chiamato anche configurazione con anodo a massa”. Inoltre, cosa importantissima, non si ha inversione di fase tra la tensione di

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Capitolo 9°

AMPLIFICATORI A BANDA LARGA (Parte 3ª: Tipi speciali di amplificatori)

Prerequisiti: Buona conoscenza dei principi e delle leggi fondamentali dell’Elettricità. Buona conoscenza della matematica. Obiettivi: Sufficiente padronanza delle varie configurazioni di amplificatori. Finora, negli amplificatori si è sempre usato il tubo elettronico con il segnale applicato alla griglia e con l’uscita sull’anodo, secondo lo schema generale di Fig.01, che rappresenta la comune configurazione con catodo a massa. Il tubo, però, viene talvolta usato in modo diverso, scambiando la funzione degli elettrodi. Sorgono così altre configurazioni con particolari caratteristiche, a volte anche interessanti, che possono risolvere alcuni problemi circuitali. Accenneremo un po’ ad alcune di esse.

1) Inseguitore catodico. Un tipo di circuito molto importante è quello detto “ad inseguimento catodico” (cathode follower) di fig.02, nel quale la resistenza di carico è posta sul catodo, mentre l’ingresso continua ad essere sulla griglia controllo e l’anodo risulta a massa per il segnale.

Fig.01 Fig.02

L’importanza di questo tipo di amplificatore risiede nel fatto che presenta un’impedenza d’entrata molto più alta di quella del normale tipo con catodo a massa, mentre quella d’uscita ne è notevolmente più bassa.

Fig.03

Esso risulta, per esempio, prezioso nel collegamento a distanza di due parti con segnali a frequenza elevata. Infatti, in questo caso, il cavo di collegamento caricherebbe l’apparecchio trasmettitore con una forte capacità verso terra, il che, come è noto, produrrebbe il taglio alle alte frequenze. Se, all’uscita dell’apparecchio si trova invece disposto un cathode follower, che ha un’impedenza d’uscita bassa, la capacità dei collegamenti perde d’importanza rispetto alla forte conduttanza in parallelo. L’amplificazione calcolata dello stadio risulta essere:

(1*)

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+

µ+

==

k

ae

kk

Rr111

1VVA (03)

Da questa espressione si rivela la proprietà principale di questo tipo di amplificatore e cioè che esso non dà guadagno ma perdita, perché il denominatore è sempre maggiore di uno (ad esempio per µ =20 e ka Rr =4 si ottiene A =0,8). La (03) riscritta nel seguente modo:

k

a

k

e

kk

R1

rR

1VVA

++

+==

µµ

µ (03a)

da luogo al circuito equivalente di Fig.03a che rappresenta meglio il circuito “cathode follower” chiamato anche “configurazione con anodo a massa”. Inoltre, cosa importantissima, non si ha inversione di fase tra la tensione di

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segnale applicata all’entrata e quella utile in uscita, per cui a variazioni considerate in un certo senso della eV corrispondono variazioni concordi della uV , quindi la tensione tra griglia e catodo keg VVV −= si mantiene sempre a valori molto piccoli. A ciò è dovuto il nome dell’apparecchio: “inseguitore catodico” o “cathode follower”.

Fig.03a

Nella (03) in prima approssimazione si può trascurare l’unità rispetto a ka Rr per cui avremo più semplicemente:

1Rg

Rg

Rg11

1

Rr1

1VVA

km

km

kmk

ae

kk +

=+

=

µ+

== (04)

espressione approssimata che però viene frequentemente usata nei calcoli: mg si misura in mA/V e nei triodi vale generalmente 2 ÷ 3mA/V; mentre kR può essere 3 ÷ 30K Ω , per cui risulta che kmRg =5 ÷ 12. Con questi valori l’amplificazione kA può andare da un minimo di circa 0,85 ad un massimo di circa 0.98. In modo perfettamente analogo a quanto vien fatto per i normali amplificatori, si può calcolare l’impedenza d’ingresso. Essa risulta:

(2*) e

e

Cj1

IVZ

ω== (04a)

che è puramente capacitiva ed ha un valore ugule a: gkkage C)A1(CC −+=

Fig.04

Facciamo una prova: un tubo (per esempio il triodo PC97), che ha una agC =0,48pF e una gkC =3,2pF, può avere un’amplificazione anodica

40Aa = e un’amplificazione catodica 95,0Ak ≅ . Per il circuito amplificatore di placca abbiamo:

[ ]=+= gkaage CACC 19,2+3,2=22,4pF; Per il circuito ad inseguitore catodico, abbiamo:

≅−+= gkkage C)A1(CC 0,48+0,16=0,64pF.

annullandosi praticamente l’effetto di gkC . Il rapporto tra i due valori di impedenza è quindi addirittura di 35 a 1. Così la banda passante ne risulta migliorata alquanto alle frequenze elevate. Per quanto riguarda l’impedenza d’uscita Riu, essa può essere calcolata secondo il teorema di Thevenin cortocircuitando le sorgenti di f.e.m (Fig.05).

Fig.05

per cui si ha (Fig.03a):

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1

rR aiu +µ

= (06)

Se accettiamo che 1+≅ µµ , in prima approssimazione possiamo ritenere:

m

iu g1R = (07)

Se, per esempio, si usa un tubo che abbia una mg =13,3mA/V (potrebbe essere un pentodo EF183 adeguatamente polarizzato), risulta Ω≅ 75Riu , che è uno dei valori normalizzati dell’impedenza caratteristica dei cavi coassiali di collegamento, il che permette di eseguire un corretto adattamento.

Facciamo un esercizio applicativo: Riprendiamo il nostro tubo ECC82 polarizzato con i valori già rilevati nei capitoli 4°e 6° e qui riportati:

VCC=250V; Vao=100V; Vgo=-2V; Iao=6mA; µ=18; gm=2,85mA/V; ra=7,2KΩ. Vogliamo calcolare: il valore della resistenza di catodo Rk, dell’amplificazione Ak e della resistenza d’uscita Riu. Il circuito è quello descritto in Fig.02a.

Fig.02a

La resistenza catodica Rk risulta facilmente da:

.K271025106

100250I

VVR 33

ao

aoCCk Ω→⋅=⋅

−=

−=

E’ necessario un partitore di tensione sul circuito di griglia per fissare la sua polarizzazione a -2V rispetto al potenziale di catodo il quale è a 150V rispetto alla massa. Quindi il potenziale di griglia Ve deve essere a 150-2=148V rispetto alla massa. Se adoperiamo una resistenza di griglia di 680KΩ, dalla formula del partitore di tensione ricaviamo il valore di R.

Ω→⋅=⋅−

=⋅−

= K4701046810680148

148250RV

VVR 33

ge

ecc

Utilizzando la (04) otteniamo l’amplificazione Ak:

98,0110251085,2

10251085,21Rg

RgVVA 33

33

km

km

e

kk =

+⋅⋅⋅⋅⋅⋅

=+

== −

Utilizzando la (06) o la (07) otteniamo la resistenza d’uscita Riu (resistenza interna):

Ω≅⋅=µ+

= 3801019

2,71

rR 3aiu ; oppure: .35010

85,21

g1R 3

miu Ω≅⋅==

Tutto molto semplice. Abbiamo provato a costruirne un prototipo (Fig.02b), a cui abbiamo aggiunto i condensatori di accoppiamento in ingresso e in uscita. La lettura delle polarizzazioni ci ha fornito i seguenti risultati: Vk=158V; misurata ai capi di Rk. (Il valore calcolato è Vk=150V; è da tenere presente però che Rk ora è 27K e non 25K). La corrente Iao calcolata è: 158/27K=5,85mA (è 6mA nei dati). Vg=-1,6V; misurata tra G e K.(Il valore imposto è Vg=-2V); La lettura di Ve è inattendibile perché falsata dal parallelo tra la Rg, e l’impedenza interna del multimetro (abbiamo letto: 152V che fa sembrare di avere una Vg=152-158=-6V!). Con un segnale applicato all’ingresso di 300mV abbiamo letto in uscita 285mV a vuoto, perciò l’amplificazione Ak è risultata: 285/300=0,95 (Il valore calcolato è 0,98). I valori misurati sono molto vicini a quelli teorici. Inoltre abbiamo posizionato un reostato Rx (2200Ω) come carico, per determinare sperimentalmente l’impedenza interna Riu del nostro inseguitore catodico. Infatti, per il teorema del massimo trasferimento di energia (Teorema di Carson), possiamo dire che quando la tensione generata in uscita si dimezza rispetto a quella misurata a vuoto, ci

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troviamo nella condizione per cui l’impedenza interna del generatore eguaglia l’impedenza di carico.

Fig.02b

Il circuito sotto prova. Il carico Rx montato alla buona, formato da un potenziometro. Posto, ora, all’ingresso un segnale a 1000Hz, si è regolata la sua ampiezza per avere in uscita un segnale di 1V a vuoto tra Cu e la massa. Inserito poi il reostato Rx abbiamo variato il suo valore fin quando non abbiamo ottenuto una tensione di segnale pari alla metà (0,5V) della tensione letta a vuoto. A questo punto abbiamo tolto Rx e abbiamo misurato il suo valore ohmico. Abbiamo letto: 440Ω. Questo valore uguaglia sicuramente la resistenza interna dell’inseguitore catodico. Perciò la resistenza interna Riu risulta di 440Ω più vicina al calcolo con la (06) che con la (07).

----*---- 2) Amplificatore con ingresso sul catodo (amplificatore con griglia a massa).

Un’altra possibilità di impiego del tubo è quella con la griglia a massa mentre l’entrata avviene sul catodo (Fig.06). Il circuito presenta una bassissima impedenza d’ingresso ed un’alta impedenza d’uscita. La griglia a massa esercita una forte azione schermante tra anodo e catodo per cui diminuisce molto l’importanza delle capacità interelettrodiche, in quanto sia la gkC che la agC sono direttamente a terra mentre rimane la akC che però è molto più piccola delle altre due.

Fig.06

Il tipico campo d’impiego di questi amplificatori è perciò quello nelle altissime frequenze, in cui, come è noto, è molto sensibile l’influenza nociva delle capacità interelettrodiche. In questi circuiti si nota che essendo, al solito, la griglia negativa rispetto al catodo, si ha 0Ig ≈ e perciò ue II ≅ per cui non si ha amplificazione di corrente. Viceversa si ha una buona amplificazione di tensione “A” la cui espressione generale è:

(3*) Rr

R)1(Aa +

+µ+= (08)

Come si vede dalla (08) l’amplificazione non introduce l’inversione di fase ed è leggermente maggiore di quella di un normale amplificatore con catodo a massa (µ’=µ+1). Il valore della resistenza d’ingresso Re è data dalla relazione:

(3*) µ+

+=

1RrR a

e (08a)

Essa può assumere valori sufficientemente bassi per poter creare un buon adattamento con sistemi a bassa impedenza (cavo di un’antenna, per esempio).

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Sviluppiamo un esempio numerico: Utilizziamo lo schema disegnato in Fig.06a con l’uso di una sezione della ECC82, i cui valori di polarizzazione sono sempre:

VCC=250V; Vao=100V; Vg=-2V; Iao=6mA; µ=18; gm=2,85mA/V; Ra=7,2KΩ. Vogliamo calcolare l’amplificazione A e la resistenza d’ingresso Re. Si presume che la reattanza di Ck sia trascurabile rispetto a Rk per le frequenze in gioco.

Fig.06a

La resistenza di placca è:

Ω⋅=⋅−−

=−−

= 33

ao

gaocc 106,24106

2100250I

VVVR

Calcoliamo la resistenza catodica Rk:

Ω=⋅== 3331062

IV

R 3

ao

gk

Calcoliamo l’amplificazione:

7,146,242,7

6,2419Rr

R)1(Aa

=+

=+

+µ+=

Calcoliamo, infine la resistenza d’ingresso Re(potendo trascurare la Rk perché cortocircuitata dalla reattanza di Ck):

Ω=⋅+

=µ+

+= 167310

196,242,7

1RrR 3a

e

Questo valore è troppo elevato per creare un buon adattamento con i circuiti esterni a bassa impedenza. Se ne deduce che la ECC82 non è una valvola adatta a questo scopo. Sono migliori i tubi con un più alto coefficiente d’amplificazione µ: per esempio la ECC83 (µ=100) o la ECC81 (µ=60).

3) Invertitore di fase Negli amplificatori di potenza in controfase i segnali sulle griglie controllo dei due tubi devono essere in opposizione di fase e di uguale ampiezza. Di solito, per ottenere questi due segnali viene adoperato un trasformatore avente un secondario a presa centrale. Il metodo è semplice, però porta con sé tutti i difetti di un trasformatore: distorsione di non linearità, scarsa banda passante, possibili picchi di risonanza alle alte frequenze. Inoltre la realizzazione di un buon trasformatore intervalvolare è difficile e costosa.

Fig.07 Fig.08

Se nel controfase non vi è corrente di griglia e quindi non vi è assorbimento di potenza, è preferibile l’invertitore di fase a tubo elettronico, il cui schema elettrico di base è disegnato in Fig.07. In Fig.08 è riportato lo schema del circuito equivalente. Il funzionamento è semplice: essendo le due resistenze d’uscita R uguali e attraversate dalla stessa corrente Iu, su di esse vi sarà la stessa caduta di tensione, perciò: V1=V2=V . Per quanto riguarda la fase, basta pensare che la resistenza R verso massa è su un’uscita ad inseguitore catodico, quindi senza rotazione di fase; l’altra resistenza è sull’anodo e quindi provoca una rotazione di fase di 180°. Nelle condizioni di Fig.07, l’espressione dell’amplificazione è data dalla:

(4*) R)2(r

RAa ⋅+µ+

⋅µ= (09)

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che mostra come l’amplificazione sia minore di uno. Del resto, non poteva essere diversamente, essendoci un’uscita su un inseguitore catodico. Il circuito ha il vantaggio di fornire una ampia banda passante, per contro, ha lo svantaggio di non amplificare i segnali. Per questo motivo è sempre preceduto da uno stadio preamplificatore.

Studiamo un caso reale. Progettiamo un invertitore di fase che utilizza una sezione del doppio triodo ECC82. La resistenza di griglia può essere: Rg=1MΩ.

Sulle caratteristiche anodiche scegliamo il punto P0 di lavoro in : Vg=-4V; Vak=125V; Ia=4,5mA.

La tensione di alimentazione è: Vcc=250V (vedere il Diagr.01). Facciamo riferimento al circuito di Fig.07. La resistenza di catodo sarà:

Ω≅== 820105,4

4IV

R 3

a

gk

Il carico 2R, suddiviso tra anodo e catodo è:

Ω33

a

akcc 10777,27105,4125250

IVVR2 ⋅=

−=

−=

Il carico 2R dovrà essere diviso in parti uguali sull’anodo e sul catodo, perciò

avremo sulle due uscite: Ω310888,13R ⋅= che arrotonderemo al valore commerciale:

R=15KΩ Nel punto P0 sulle caratteristiche valutiamo anche: µ=15; ra=8600Ω.

Diagr.01

Con questi valori calcoliamo l’amplificazione:

85,0101517106,8

101515R)2(r

RA 33

3

a≅

⋅⋅+⋅

⋅⋅=

⋅++⋅

=µµ

Essa risulta sensibilmente minore di uno, come era da prevedersi.

4) Amplificatore con ingressi sulla griglia e sul catodo. Se applichiamo contemporaneamente due differenti segnali sulla griglia e sul catodo otteniamo un amplificatore a due ingressi (Fig.09a).

Fig.09a Fig.09b Fig.09c

Il circuito equivalente completo è disegnato in Fig.09b, mentre in quello di Fig 09c è messa in evidenza l’amplificazione della differenza tra i due segnali d’ingresso.

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La tensione d’uscita risulta essere:

(5*) )VV(Rr

RV eka

u −+

= µ (10)

In definitiva, il circuito di Fig.09a, tenendo presente la (10), può essere considerato come un amplificatore differenziale. L’inconveniente principale di questo circuito è dovuto al fatto che il segnale introdotto nel catodo, essendo in serie con il circuito d’uscita, è costretto a fornire potenza. Ciò spesso non è tollerabile. Ma studieremo tra poco un circuito che elimina questo problema.

5) Amplificatori in continua Qualsiasi amplificatore ha una sua Banda Passante determinata dalle frequenze di taglio superiore sf ed inferiore

if . In particolare, la frequenza di taglio inferiore if può essere bassa quanto si vuole ma non potrà mai essere zero, per la presenza inevitabile dei condensatori di accoppiamento aC tra i vari stadi. A volte, però, abbiamo bisogno di amplificare anche "segnali in continua" con la conseguenza immediata di dover avere amplificatori con 0f i = . Per fare qualche esempio, si pensi alla visione di un segnale continuo sullo schermo di un oscilloscopio o al segnale costante in un pilota automatico in rotta, oppure al comando che stabilizza la velocità di una rotativa di stampa, ecc... Il sistema più semplice per risolvere il problema sarebbe togliere letteralmente il condensatore di accoppiamento aC e sostituirlo con un collegamento diretto. Effettivamente ciò si può fare e il tutto funziona se operiamo questa modifica, ma c'è qualche grave effetto collaterale da tenere in considerazione. In una catena di amplificazione a più stadi, il valore della tensione d'ingresso del tubo elettronico successivo, che ha una sua polarizzazione ben precisa, viene ad essere modificato dalla tensione d'uscita dell'elemento precedente, con alcune conseguenze sgradevoli, come la perdita di linearità, l’introduzione di saturazioni, o, addirittura, interdizioni del sistema. Inoltre, le tensioni di alimentazione crescerebbero, stadio per stadio, di un valore pari alla tensione anodo-griglia Vag per mantenere le giuste polarizzazioni, con aumenti di potenziale inaccettabili e poco gestibili, se gli stadi sono molti. Quest'inconveniente potrebbe essere risolto con un circuito a partitore connesso ad un potenziale positivo Vcc+ e ad un potenziale negativo Vbb− , regolato in modo che le polarizzazioni di anodo 1aV e di griglia 2gV assumano i valori giusti, come è mostrato in Fig.10, con le Vg1 e Vg2 praticamente sul potenziale zero.

Fig.10

Un circuito siffatto, comunque, produce una forte perdita di amplificazione a causa del partitore resistivo 21 RR ÷ e non risolve il difetto più grave e più subdolo degli amplificatori in continua ad accoppiamento diretto: la deriva di segnale. Per ovvi motivi (variazioni termiche, invecchiamento dei tubi e dei materiali, instabilità dell'alimentazione, variazione della tensione d’accensione dei filamenti) sicuramente può verificarsi una piccola variazione di polarizzazione sul primo stadio che viene poi vista amplificata 1A volte dal secondo, 21 AA ⋅ volte dal terzo e così via, portando così con grande facilità alla saturazione o alla paralisi l'intero sistema. Ma, ammesso in modo molto improbabile che ciò non avvenga, come può, ad esempio, il secondo stadio sapere se la variazione in arrivo è prodotta dal segnale utile in ingresso al primo stadio, o da una variazione non desiderata della sua polarizzazione? La soluzione, quindi, del partitore resistivo, che pur risolve il problema della banda passante alle frequenze basse, è da scartare quando si vuole grande stabilità di amplificazione, e sicurezza sia di valutazione sia di riconoscimento dei segnali.

6) Amplificatore differenziale Un circuito che può risolvere effettivamente i problemi dell’amplificazione di segnali continui esiste ed è l'Amplificatore Differenziale. Esso elimina l’inconveniente sorto nel circuito di Fig.10 e, sotto strette condizioni realizzative, riesce a risolvere egregiamente il problema di discriminare una variazione indesiderata interna da un segnale utile esterno. Questo amplificatore, nella sua configurazione teorica, è formato da due tubi uguali collegati in un parallelo molto particolare, con i due catodi in comune tramite la Rk, come è disegnato in Fig.11. Esso ha due ingressi ( 1V e 2V ), e tre

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uscite: due tra gli anodi e la massa ( 1aV e 2aV ) e una tra i due anodi ( PPV ). (Al limite, si potrebbe considerare come uscita anche la tensione di segnale kV ai capi della resistenza catodica comune Rk).

Fig.11

L’alimentazione è fornita da due adeguate fonti di energia, una positiva +VCC ed una negativa –VBB. Il circuito equivalente risultante è disegnato in Fig.12.

Fig.12

Studiamo e risolviamo questo circuito. Essendo i due triodi uguali e possibilmente contenuti nella medesima ampolla (per esempio un tubo ECC82), le resistenze interne saranno praticamente uguali: Ra1=Ra2=Ra così come i coefficienti di amplificazione: µ1=µ2=µ. Nel circuito poniamo anche: RC1=RC2=RC in modo che il sistema sia il più equilibrato possibile. Se, nella progettazione, facciamo in modo che si verifichi anche:

)1(2

RRR ack +

+>>

µ (11)

le espressioni che risolvono il circuito di Fig.12 si semplificano notevolmente, fornendo questi due importanti risultati:

(6*) )vv(RR

R2

v 12ca

c1a −

= )vv(RR

R2

v 21ca

c2a −

= (12)

Le (12) ci dicono che i segnali in uscita su ambedue gli anodi sono proporzionali alla differenza dei segnali d’ingresso sulle due griglie. Quindi solo se i due segnali d’ingresso sono differenti potremmo avere dei segnali in uscita. Questa conclusione è importantissima perché porta immediatamente a dire che se i due segnali d’ingresso v1 e v2 sono uguali non avremo nessun segnale in uscita. Ed è proprio quello che succede nella deriva. Se i due elementi attivi sono contenuti nello stesso involucro si può pensare con ragionevolezza che le cause che portano alla deriva producano anche gli stessi effetti quantitativi, che si risolvono nella variazione della polarizzazione uguale sui due ingressi. Ma due variazioni uguali portano ad una differenza nulla e quindi in uscita non abbiamo alcun segnale. I segnali esterni, ossia quelli utili, si proporranno in modo diverso sui due ingressi producendo variazioni differenziali diverse da zero, con il risultato di avere sicuramente tensione di segnale in uscita proporzionale alla loro differenza secondo le (12). Così, automaticamente, il circuito differenziale discrimina i segali utili dai segnali non voluti, risolvendo elegantemente il problema della deriva ed elimina inoltre anche l’inconveniente che rendeva difficile l’applicazione del circuito a doppio ingresso visto più sopra (Fig.09a), perché ora ambedue gli ingressi sono sulle griglie, ossia su punti ad alta ed uguale impedenza. E’ da ricordare però che ciò detto è vero solo se il valore della resistenza di catodo Rk è molto grande (teoricamente tendente all’infinito) rispetto agli altri valori secondo la (11). Ma l’aumento indiscriminato di Rk non è possibile altrimenti saremo costretti a far crescere notevolmente la tensione negativa Vbb, con conseguente forte consumo sulla stessa Rk. Perciò vi è un limite severo alla perfettibilità di questo circuito. Uno studio attento delle (12) ci porta ad un nuovo aspetto funzionale di questo circuito. Se consideriamo una sola delle uscite del sistema, per esempio, l’uscita su cui preleviamo la tensione di segnale va2 vediamo che il segno di fase dipende dai segnali presenti all’ingresso. Anzi, se chiamiamo con:

ca

cd RR

R2

A+

µ=

l’amplificazione differenziale, possiamo scrivere le (12) più semplicemente in questo modo: )vv(Av 12d1a −= ; )vv(Av 21d2a −= ; (12a) Se poniamo a massa uno degli ingressi, per esempio l’ingresso su cui insiste v1 )0v( 1 = e se mandiamo il segnale sull’altro )0v( 2 ≠ , per la seconda delle (12a) possiamo scrivere:

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2d2d2a vA)v0(Av ⋅−=−= (12b) mentre se poniamo a massa l’ingresso su cui insiste v2 e mandiamo il segnale su v1, possiamo scrivere: 1d1d2a vA)0v(Av ⋅+=−= (12c) Ci troviamo, così, di fronte ad un sistema che ha sempre la stessa amplificazione Ad ma con il segno di fase positivo o negativo dipendente solo dalla presenza del segnale sull’uno o sull’altro ingresso. Nel primo caso (12b) abbiamo un amplificatore che inverte la fase ossia è nella configurazione “Invertente” nel secondo caso (12c), abbiamo un amplificatore che non inverte la fase ossia è nella configurazione “Non Invertente”. Questi due modi di funzionare sono alla base della notevole versatilità di funzionamento dell’Amplificatore differenziale, che diventa l’elemento di circuito essenziale per la costituzione della grande famiglia degli “Amplificatori Operazionali”. Nelle Fig.13a,13b sono schematizzate le due configurazioni or ora discusse.

Fig.13a: Ampl. Invertente Fig.13b: Ampl. Non Invertente

----*---- La versatilità di questo circuito porta anche ad altre soluzioni circuitali interessanti. Per esempio porta alla soluzione di un problema insito nell’invertitore di fase. Abbiamo detto nelle pagine precedenti che il funzionamento del circuito invertitore di fase è buono solo se i carichi in uscita non assorbono corrente. Ciò purtroppo è in dipendenza del fatto che l’uscita sull’anodo è ad alta impedenza mentre quella sul catodo è a bassa impedenza. Un eventuale prelievo di corrente andrebbe a squilibrare il circuito con la conseguenza di non fornire più sulle due uscite tensioni uguali.

Fig.13c

Se utilizziamo il circuito differenziale di Fig.13c il problema è elegantemente risolto. Infatti, se mandiamo un segnale all’ingresso V1 mentre l’altro ingresso rimane a potenziale costante (V2=0), per le (12a) avremo sulle due uscite due segnali perfettamente uguali e ruotati di fase di 180°:

1d1d1a vA)v0(Av ⋅−=−= ; 1d1d2a vA)0v(Av ⋅+=−= ; come si verifica effettivamente anche nel circuito invertitore di fase. Però in questo caso abbiamo le due uscite su impedenze uguali e qualsiasi doppio prelievo di corrente porterà a variazioni uguali di segnale sulle due uscite senza squilibrare il circuito. Inoltre, e ciò non è di poco conto, abbiamo anche una discreta amplificazione.

----*---- Come esercizio progettiamo un amplificatore differenziale:

Utilizziamo lo schema circuitale disegnato in Fig.11 che qui riportiamo per comodità:

Fig.11

Adoperiamo la solita ECC82, i cui valori di polarizzazione sono sempre:

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N.d.C. – Ampl, Banda Larga-3 10

VCC=250V; Vao=100V; Vg=-2V; Iao=6mA; µ=18; gm=2,85mA/V; Ra=7,2KΩ. Il sistema è alimentato con due tensioni opposte:

VCC=+250V; VBB=-250V Calcoliamo i valori dei componenti del circuito. Inoltre determiniamo l’amplificazione differenziale e controlliamo se è verificata la condizione (11). Ammettiamo che le griglie siano praticamente a potenziale zero rispetto alla massa, come punto medio tra +VCC e -VBB per un buon equilibrio del circuito. Determiniamo quindi la Rk. Se le griglie sono a potenziale zero, il catodo deve essere a +2V rispetto ad esse, perciò:

Ω⋅=⋅+

=+

= 33

ao

goBBk 102110

122250

I2VV

R 22KΩ

Calcoliamo la potenza dissipata su Rk:

W388,21022

252P 32

Rk →=⋅= −

Continuiamo. Il valore RC delle due resistenze di carico sarà:

Ω⋅=⋅−

=−

= 33

ao

aoCCC 102510

6100250

IVVR 27KΩ

Calcoliamo la potenza dissipata su RC:

W183,01027

150P 32

Rc →=⋅= −

Calcoliamo ora l’amplificazione differenziale Ad:

98,610)252,7(2

102518RR

R2

A 3

3

ca

cd =

⋅+⋅⋅

=+

µ=

Verifichiamo infine se è rispettata la condizione:

)1(2RRR ac

k ++

>>µ

.

La frazione assume il valore:

Ω≅⋅=⋅+

+=

+µ+ 84710

382,3210

)118(22,725

)1(2RR 33aC

Possiamo dire che la condizione (11) è verificata (22000Ω>>847Ω) in modo appena sufficiente (circa 26 volte). Perciò anche in questo caso, similmente a quello del circuito con griglia a massa, è bene utilizzare triodi con un più alto valore del coefficiente µ o, ancor meglio, utilizzare i pentodi. In laboratorio abbiamo realizzato un prototipo, utilizzabile come invertitore di fase. Lo schema costruito è riportato in Fig.11a:

Fig.11a

Le misure sul circuito hanno portato ai seguenti risultati. Valori di polarizzazione: Tensione sul primo anodo (piedino n°1): +89V Tensione sul secondo anodo (piedino n°6): +92V Tensione sui catodi (piedini n°3 e n°8): +1,3V Tensione sulle griglie(piedini n°2 e n°7) 0V. I valori anodici sono più bassi di quelli calcolati perché le resistenze RC sono state portate al valore commerciale di 27KΩ e sono diverse tra loro in quanto la loro tolleranza è al 10%. Ciò si ripercuote anche sull’Amplificazione. E’ da considerare pure la probabile diversa efficienza dei due triodi. Per la misura dell’Amplificazione differenziale Ad abbiamo seguito lo schema di principio di Fig.13c. Posta a massa la seconda griglia (pied.n°7), abbiamo introdotto un segnale di 500mV a 1000Hz nella prima griglia (pied.n°2). Abbiamo letto all’ingresso e sulle due uscite i seguenti valori (Diagr.02): Ingresso: 501,3mV Uscita A: 3,935V (in opposizione di fase)

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N.d.C. – Ampl, Banda Larga-3 11

Uscita B: 3,896V (in fase)

Diagr.02

Il circuito (costruito in fretta) Il circuito sotto collaudo. e senza badare all’estetica. Sul fondo si notano i due Alim. A.T. Le amplificazioni, che sarebbero dovute essere uguali, sono invece risultate leggermente diverse:

85,75013,0935,3AA == ; 77,7

013,5896,3AB ==

probabilmente a causa del valore non molto grande di Rk e della notevole tolleranza (10%) delle resistenze RC. Si deve concludere che vi è l’assoluta necessità che le resistenze anodiche siano di alta precisione e selezionate a coppia. L’arrotondamento ai valori commerciali, purtroppo, è necessario e di ciò bisogna tener conto poi quando si valuta l’amplificazione. Nel nostro caso abbiamo avuto un’amplificazione maggiore di quella calcolata (6,98) e ciò era da aspettarsi poiché il valore delle RC è stato aumentato da 25KΩ a 27KΩ.

----*----

Per i più esigenti. Approfondimenti

(1*)

Giustifichiamo la (03). Lo schema equivalente dell’inseguitore catodico è quello di Fig.03 a cui corrisponde l’equazione: kaag VIrV −=µ− (01)

E’ molto facile notare che è (si veda la Fig.02):

keg VVV −=

ed essendo inoltre (attenzione al senso della corrente!):

akkkk IRIRV −≅−= si ha pure:

k

ka R

VI =

per cui, sostituendo nella (01) si ha:

( ) kk

akke V

RrVVV −−=−µ−

e cioè:

kk

ae V

Rr111V ⋅

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+

µ+= (02)

L’amplificazione risulta:

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N.d.C. – Ampl, Banda Larga-3 12

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+

µ+

==

k

ae

kk

Rr111

1VVA (03)

----*---- (2*)

Giustifichiamo la (04a). Trascurando al solito la corrente propria di griglia gI , la corrente I diretta come in fig.04 risulta data da:

=ω+ω= ggkeag VCjVCjI

=−ω+ω=−ω+ω= )VAV(CjVCj)VV(CjVCj ekegkeagkegkeag

( )[ ] egkkag VCA1Cj ⋅−+ω

L’impedenza di entrata è perciò:

( )[ ]gkkag

e

CA1Cj1

IVZ

−+ω==

e quindi corrisponde ad una capacità equivalente: gkkage C)A1(CC −+= (05)

----*---- (3*)

Giustifichiamo la (08). Teniamo presente la Fig.06. Se consideriamo trascurabile l’effetto di un’eventuale resistenza catodica RK (perché inesistente o perché derivata su una capacità) possiamo disegnare il circuito equivalente di Fig.06b, possiamo scrivere: ge VV −= , perciò:

)Rr(IVV auge +=− µ ; )Rr(IV)1( aue +=+ µ ; uu IRV ⋅=

Fig.06 Fig.06b

Sostituendo, otteniamo:

Rr

R)1(VVA

ag

u+

++== µ (08)

Calcoliamo l’impedenza d’ingresso eR . Per la legge di Ohm scriviamo:

u

e

e

ee I

VIVR == ; ma è:

µ++

=1

RrIV aue ; da cui:

µ++

=1

RrR ae

La resistenza d’uscita è, per il teorema di Thevenin, praticamente uguale alla ar . ----*---- (4*)

Giustifichiamo la (09). Tenendo presenti le Fig.08 e 09 possiamo scrivere:

ueg IRVV ⋅−= ; uag I)R2r(V +=µ ;

uaue I)R2r()IRV( +=⋅−µ ; uae I)RR2r(V µ++=µ

Tenendo conto che: RV

RV

RVI 21

u ===

possiamo ancora scrivere:

VR

)2(RrV ae ⋅

+⋅+=

µµ

da cui la (09): R)2(r

RAVV

ae ⋅+µ+⋅µ

==

che può essere anche scritta così:

R2

rR

2A

a ++µ

⋅+µµ

=

Questa diversa scrittura ci mostra come siano diminuiti il coefficiente d’amplificazione e la resistenza interna. ----*---- (5*)

Giustifichiamo la (10).

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N.d.C. – Ampl, Banda Larga-3 13

La differenza di potenziale Vgk che è l’effettiva tensione di comando del tubo, è pari a: kegk VVV −= , per cui possiamo scrivere che il tubo

amplifica: )VV(V kegk −−=− µµ .

Ma la Vk deve essere sottratta al comando del tubo perciò:

ekkekgkk V)1(VVVVVV µµµµµ −+=+−=−

Potendo accettare che µµ ≅+1 , possiamo scrivere: )VV(VV ekgkk −≅− µµ

come è stato espresso nella Fig.09c.

Risolvendo la maglia e applicando il partitore di tensione si ottiene subito la (10) )VV(Rr

RV eka

u −+

= µ .

----*---- (6*)

Giustifichiamo le (12) che riscriviamo:

)vv(RR

R2

v 12ca

c1a −

= ; )vv(RR

R2

v 21ca

c2a −

= (12)

Per comodità di studio riportiamo anche la Fig.11:

Fig.11

Se i segnali d’ingresso sono 1v e 2v , i potenziali di griglia saranno:

k11gk vvv −= ; k22gk vvv −= (13)

Ed ancora, le tensioni sugli anodi e sul catodo saranno: c1a1a Riv ⋅= ; c2a2a Riv ⋅= ; )ii(Rv 2a1akk += (14) Scriviamo ora le equazioni relative al circuito equivalente di Fig.12 che qui riportiamo per comodità:

Fig.12

⎪⎩

⎪⎨⎧

⋅++=−

⋅++=−

2acak2gk

1acak1gk

i)RR(vv

i)RR(vv

µ

µ (15)

Applicando le (13) e sviluppando, otteniamo:

2acak2

1acak1

i)RR(v)1(vi)RR(v)1(v⋅++⋅+=⋅++⋅+=

µµµµ

(16)

Sommiamo membro a membro le (16) e otteniamo: )ii(R)ii(Rv)1(2)vv( 2a1aa2a1ack21 +++++=+ µµ

Tenendo presenti le (14) scriviamo:

=⋅⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛++⋅+=+++=+ k

k

a

k

ck

k

ka

k

kck21 v

RR

RRv)1(2

RvR

RvRv)1(2)vv( µµµ

kk

ac21 v

RRR)1(2)vv( ⋅⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛ +++=+= µµ (17)

Se è valida la condizione:

k

acR

RR)1(2 +>>+ µ , ossia è valida la posizione (11):

)1(2RRR ac

k ++

>>µ

la (17) si riduce a: k21 v)1(2)vv( µµ +=+

Da cui:

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N.d.C. – Ampl, Banda Larga-3 14

)vv()1(2

v 21k ++

µ (18)

Sostituendo la (18) nelle (16) e dopo alcuni passaggi, otteniamo:

2aca212

1aca211

i)RR()vv(2

v

i)RR()vv(2

v

⋅+=+−

⋅+=+−

µµ

µµ

dalle quali ricaviamo le correnti:

)vv(

)RR(2i

)vv()RR(2

i

21ca

2a

12ca

1a

−+

=

−+

=

µ

µ

(19)

Applicando le prime due delle (14) alle (19), finalmente concludiamo, esprimendo le (12):

)vv(RR

R2

v 12ca

c1a −

= ; )vv(RR

R2

v 21ca

c2a −

=

----*---- Ottobre 2014

N.d.C.