Capitolo 8 La governance europea delle politiche fiscali e ... · Romania; quindi non hanno aderito...

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Capitolo 8 La governance europea delle politiche fiscali e l’adozione

del bilancio dello Stato

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Premessa: l’aritmetica del debito pubblico G: spesa pubblica al netto degli interessi (spesa primaria) T: tasse (prelievo obbligatorio)

G - T: saldo primario r: tasso di interesse B: stock del debito pubblico r B: interessi M = base monetaria

IND = [G - T] + r B

Indebitamento netto = saldo primario + interessi

IND = Δ B + Δ M

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in Europa Δ M = 0 quindi: IND = Δ B Y: PIL g = G/Y; t = T/Y; b =B/Y x = tasso di crescita del Pil si ottiene:

b°= (g – t) + (r – x) b

dove b° è la variazione del rapporto debito /Pil nell’unità di tempo Per b°=0 (t-g) = (r – x) b se r > x perché b non cresca (b°= 0) è necessario t > g (avanzo primario) http://graphics.thomsonreuters.com/14/03/ITINFLDBT.html

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Gli effetti della crisi iniziata nel 2008: •  crescita del rapporto spesa/Pil; ci sono paesi in cui la

spesa pubblica è aumentata molto (in Spagna, nel Regno Unito e negli Stati Uniti), in altri meno;

•  in media le entrate in rapporto al Pil rimangono costanti, in alcuni paesi si riducono, l’Italia è l’unico paese con un incremento (2,7 punti percentuali), seguito dal Giappone.

•  consistente aumento del rapporto debito/Pil

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Questi indicatori vanno letti tenendo sempre a mente che si tratta di rapporti rispetto al Pil: è per esempio, in Italia la crescita del rapporto debito/Pil è in parte imputabile alla riduzione del Pil

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Il Trattato di Maastricht e il Patto di stabilità e crescita

L’Unione Europea (UE) ha un proprio bilancio ma di dimensioni ridotte (pari all’1,08% del PNL del totale degli Stati membri) ed è finalizzato a un numero circoscritto di politiche (politica agricola e fondi strutturali). Con il Trattato di Maastricht (firmato il 7/2/ 1992, entrato in vigore il 1/1/ 1993) e il Patto di Stabilità e Crescita (1997) sono state disciplinate le condizioni per accedere all’UE

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L’adozione della moneta unica (dall’1/1/ 1999 solo come moneta di conto, dal 1/1/2002 a tutti gli effetti) in 12 Stati membri (ora sono diventati 18) ha comportato la loro rinuncia a una politica monetaria propria, la cui gestione è stata conferita alla Banca centrale europea (BCE), che agisce di concerto con le Banche centrali degli Stati aderenti all’Unione Economica e Monetaria, dando luogo al così detto SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali).

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I criteri di Maastricht Criterio Parametro

Stabilità  dei  prezzi   [tasso  medio  d'inflazione  -­‐  quello  dei  tre  Sta8  membri  con  minor  inflazione]  ≤  1,5  pun8  percentuali

Sostenibilità  della  finanza  pubblica

§  indebitamento  ne@o  PA/Pil  ≤  3% §  debito  PA/Pil  ≤  60%

  Stabilità  valutaria  

rispe@o  dei  margini  normali  di  flu@uazione  dello  SME  per  almeno  due  anni,  senza  gravi  tensioni  e  senza  svalutazioni  nei  confron8  dell'euro

Convergenza  dei  tassi  d'interesse

[tasso  d'interesse  nominale  a  l.  t.  -­‐  quello  dei  tre  Sta8  membri  con  minor  inflazione]  ≤  2  pun8  percentuali  

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Il Trattato di Maastricht stabiliva che il rapporto indebitamento/Pil non debba superare il valore di riferimento a meno che: •  non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e

abbia raggiunto un livello che si avvicina al valore di riferimento,

•  oppure il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo e il rapporto resti vicino al valore di riferimento;

e, analogamente, che il rapporto debito/Pil non debba superare il valore di riferimento a meno che: •  non si stia riducendo in misura sufficiente e non si

avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato.

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Il Patto di stabilità e crescita (PSC) stabilisce il principio del pareggio di bilancio come obiettivo di medio termine (OMT) e istituisce la

a) la procedura di sorveglianza multilaterale b) la procedura sui disavanzi eccessivi (PDE) Nel 2005 si ha la prima importante riforma del PSC.

Viene in particolare rivista l’imposizione del pareggio come OMT, ammettendosi la possibilità di obiettivi differenziati che tengano conto della peculiarità della situazione di ciascuno Stato membro.

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Procedura di sorveglianza multilaterale

Ciascuno Stato membro ha OMT differenziato, che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, offrendo comunque un margine di sicurezza rispetto al rapporto tra disavanzo pubblico e PIL del 3 per cento. Per gli Stati membri che hanno adottato l'euro si stabilisce una forcella:

-1% del PIL ≤ saldo strutturale ≤ pareggio o l'attivo

Il saldo strutturale è quello: •  corretto per il ciclo economico; •  al netto delle misure temporanee e una tantum.

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Gli Stati che hanno adottato la moneta unica devono presentare annualmente un Programma di stabilità (PS), nel quale precisano l’OMT, il percorso di avvicinamento, l’andamento del rapporto debito pubblico/PIL, le previsioni sull’economia del Paese; le misure di politica economica che intendono adottare per conseguire gli obiettivi del PS ecc.

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Il Consiglio esamina, entro tre mesi, i PS presentati, adottando un parere con il quale può, invitare lo Stato membro ad adeguare il proprio programma. Viene configurata una specifica procedura di allarme preventivo (early warning) nel caso in cui si registri una divergenza sensibile tra la situazione finanziaria e gli obiettivi precedentemente fissati, tale da comportare il rischio di un disavanzo eccessivo. Qualora la situazione persista o si aggravi, il Consiglio può adottare un’ulteriore raccomandazione affinché lo Stato adotti prontamente misure correttive.

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Procedura per i disavanzi successivi È consentito superare il tetto massimo del 3 per cento del deficit rispetto al PIL, senza incorrere in sanzioni, solo in “circostanze eccezionali e temporanee” (è la formulazione originaria del PSC): eventi che non sono soggetti al controllo dello Stato interessato; presenza di una grave recessione economica (tasso di crescita negativo o diminuzione della produzione durante un periodo prolungato di crescita molto bassa in relazione alla crescita potenziale). Il Consiglio decide sull’esistenza di una situazione di disavanzo eccessivo sulla base del parere della Commissione e del comitato economico e finanziario.

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Il Consiglio formula una raccomandazione finalizzata a porre fino al disavanzo. Nel caso si reputi che lo Stato membro non abbia adempiuto alla prima raccomandazione, si procede con una seconda decisione sui provvedimenti necessari; nel caso in cui venga disattesa anche la seconda decisione, si procede ad applicare le sanzioni.

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La sanzione (applicabile solo agli Stati dell’area euro) ha in un primo momento la forma di un deposito infruttifero costituito presso la Commissione: 0,2% del PIL + 1/10 * [disavanzo – 3% PIL] L’importo complessivo del deposito non può comunque superare lo 0,5 per cento del PIL. Se il rapporto deficit/PIL risulta superiore al 3 per cento anche negli anni successivi, lo Stato membro deve costituire per ciascun anno un deposito aggiuntivo pari al secondo addendo di quello del primo anno.

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Lo Stato membro ha due anni di tempo dalla decisione sulla costituzione del deposito infruttifero per correggere il disavanzo eccessivo e vedere restituito il deposito medesimo (senza gli interessi). Trascorsi due anni senza che il deficit sia stato ridotto entro il valore di riferimento del 3 per cento, il deposito (come pure gli interessi maturati) è trasformato in ammenda definitiva, da ripartirsi tra gli Stati membri facenti parte dell’area dell’euro che non presentano disavanzi eccessivi.

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Il Six-Pack (2011) E’ la seconda grande riforma del PSC. Si tratta di un pacchetto di sei provvedimenti legislativi (cinque regolamenti e una direttiva). Il pacchetto: introduce la disciplina del semestre europeo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri (trova una prima applicazione già nel 2011); riconduce al semestre europeo gli strumenti di coordinamento e sorveglianza multilaterale sulle politiche economiche in particolare:

Ø  i programmi di stabilità o di convergenza; Ø  i programmi nazionali di riforma

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Si stabilisce che gli Stati il cui debito supera il 60% del PIL dovranno adottare misure per ridurlo verso in misura sufficiente e con un ritmo adeguato (si richiede una diminuzione dell’eccedenza di debito al ritmo di un ventesimo all'anno in media negli ultimi tre anni). Nel valutare il percorso di avvicinamento verso l'obiettivo a medio termine il Consiglio e la Commissione esaminano se: lo Stato interessato persegua un miglioramento del saldo strutturale adeguato:

è parametro di riferimento = 0,5% del PIL; è parametro di riferimento > 0,5% del PIL per gli Stati membri con debito superiore al 60% del PIL

un maggiore sforzo di aggiustamento è richiesto in periodi di congiuntura favorevole sia rispettato il limite alla crescita della spesa.

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Il limite alla crescita della spesa per gli Stati che hanno conseguito l'OMT:

il tasso di crescita della spesa ≤ tasso di crescita del PIL potenziale

per gli Stati che non hanno ancora conseguito l'OMT: il tasso di crescita della spesa primaria ≤ x% tasso < tasso

di crescita del PIL potenziale salvo che il superamento non sia coperto con aumenti discrezionali delle entrate. la spesa aggregata considerata esclude: gli interessi le spese relative a programmi UE, coperte da finanziamenti UE; le modifiche non discrezionali nella spesa per le prestazioni di disoccupazione.

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Il Patto Euro Plus (2011). E’ stato approvato dai capi di Stato o di governo della zona euro e da Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania; quindi non hanno aderito sei Stati membri: Regno Unito, Repubblica Ceca, Svezia e Ungheria Si tratta di un impegno ad adottare un pacchetto globale di misure con le quali si intende compiere un salto di qualità nel coordinamento delle politiche economiche, in particolare sul fronte dell’occupazione, della competitività e della produttività.

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Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), è un fondo europeo di liquidità per gli Stati dell’eurozona. Il Trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità è stato sottoscritto a Bruxelles il 2 febbraio 2012 da tutti gli Stati dell’eurozona. Il MES è stato istituito in base al par. 3 dell’art. 136 del TFUE, (aggiunto dalla Decisione del Consiglio europeo del 25 marzo 2011, n. 199), che stabilisce: << Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità>>.

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ll Trattato MES è entrato in vigore il 1° maggio 2013. Il modello è quello del FMI, la richiesta di assistenza finanziaria è valutata da BCE e dalla Commissione (art. 13 del Trattato MES) Eventuali nuovi ingressi nella zona euro devono essere accompagnati dall’adesione anche a questa nuova istituzione finanziaria

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Il Fiscal compact (patto di bilancio) marzo 2012 “Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria” Sottoscritto 25 paesi membri dell’UE (dei 27 paesi allora componenti l’Unione solo il Regno Unito e la Repubblica Ceca non aderirono). Non fa parte del diritto della U.E: si tratta normale trattato internazionale tra gli Stati contraenti. Non introduce quindi nuovi vincoli alle politiche di bilancio, ma incorpora e integra in una cornice unitaria le principali regole e procedure già previste dal sistema della governance economica europea, definito dal Trattato di Mastricht e dal PSC rivisto.

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Contiene l‘impegno delle parti contraenti a rispettare il principio del pareggio del bilancio e a introdurlo nel proprio ordinamento interno, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme costituzionali o di rango equivalente. La regola del pareggio di bilancio: la regola si considera rispettata se il saldo strutturale della PA è pari all'OMT, quale definito nel PSC rivisto, con il limite inferiore di un disavanzo strutturale dello 0,5% del Pil. Gli Stati devono assicurare la rapida convergenza verso il loro OMT. Gli Stati possono deviare temporaneamente dal loro OMT o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo solo in circostanze eccezionali

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Quando il rapporto tra il debito pubblico e il Pil ai prezzi di mercato è significativamente inferiore al 60% e i rischi sul piano della sostenibilità a l. t. delle finanze pubbliche sono bassi, il limite inferiore per l'OMT (stabilito allo 0,5%) può arrivare fino ad un massimo dell'1,0% del Pil.

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La regola del pareggio di bilancio produce effetti nel diritto nazionale al più tardi un anno dopo l'entrata in vigore del trattato tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio.

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La riduzione del rapporto debito/Pil (un ventesimo) (art. 4) Quando il rapporto debito pubblico/Pil supera il valore di riferimento del 60%, si opera una riduzione a un ritmo medio di 1/20 all’anno.

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Le ragioni economiche dei vincoli

Nonostante quanto previsto dal Patto di Stabilità e Crescita, sull’opportunità di vincolare le politiche fiscali dei Paesi aderenti a una unione monetaria non c’è consenso unanime. Secondo la teoria delle aree valutarie ottimali (AVO), la perdita del potere sulla politica monetaria, e in particolare sullo strumento del tasso di cambio, richiede la flessibilità dei salari e della forza lavoro per affrontare gli shock simmetrici (che colpiscono cioè tutti i Paesi nello stesso modo) e la necessità di centralizzare una parte significativa dei Bilanci nazionali per far sì che i Paesi colpiti da shock asimmetrici (ossia che riguardano un solo Paese) possano beneficiare di trasferimenti automatici.

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Le ragioni economiche dei vincoli

Sulla base di queste indicazioni, riferendosi alla prospettiva di un’unione monetaria europea, il Rapporto MacDougall del 1977 suggeriva una progressiva centralizzazione del potere di Bilancio. Qualora questa strada non fosse percorribile, la teoria tradizionale delle AVO raccomanda che le politiche fiscali nazionali siano lasciate libere di rispondere con una certa flessibilità agli shock negativi.

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Le ragioni economiche dei vincoli

Questa libertà può essere utilizzata da parte degli Stati membri creando spillover negativi sugli altri Paesi. Un Paese con alto debito può anche divenire inadempiente e l’integrazione dei mercati finanziari di un’unione è tale per cui il non salvataggio metterebbe in difficoltà soprattutto le istituzioni finanziarie degli altri Paesi. Ci sarebbero pressioni sulla Banca centrale perché allenti la propria politica monetaria o perché intervenga in salvataggio del Paese inadempiente, comprandone i titoli. In tutte e due i casi ci sarebbe un aumento dell’offerta di moneta e un effetto sull’inflazione a carico di tutti i cittadini dell’Unione.

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Le ragioni economiche dei vincoli

Un salvataggio di un Paese inadempiente da parte della Banca centrale alimenterebbe la convenienza a comportamenti opportunistici. In realtà, l’esistenza di un Paese con un debito molto elevato ha l’effetto citato sui tassi di interesse dell’unione monetaria solo se i mercati finanziari non sono perfetti; se lo sono, infatti, dovrebbero distinguere il rischio di inadempienza di ciascun Paese in maniera tale da diversificare i tassi di interesse richiesti per i titoli di ciascuno di loro. A proposito dell’inadempienza di un Paese, invece, una clausola di non salvataggio è stata espressamente prevista nel Trattato di Maastricht.

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Il Patto di stabilità e crescita e la nuova governance europea

Tra il 2010 e il 2012, in seguito alle pressioni speculative che hanno colpito i titoli di Stato di alcuni Paesi dell’area euro, la Commissione Europea e il Consiglio non solo hanno riformato il Patto di Stabilità e Crescita ma hanno adottato anche un insieme di provvedimenti di riforma della cosiddetta governance europea. L’Italia e gli altri Paesi aderenti, quindi, hanno dovuto rivedere le loro regole di bilancio e fiscali per adeguarsi al nuovo assetto.

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La definizione di operatore pubblico

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Il conto economico consolidato delle Pubbliche Amministrazioni

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Il Bilancio dello Stato: l’art. 81 della Costituzione

Il Bilancio dello Stato è il principale documento di finanza pubblica di un paese. In Italia la normativa che lo disciplina è stata modificata più volte ma sempre entro i principi costituzionali

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Il Fiscal Compact e la modifica dell’articolo 81

A seguito della firma da parte dell’Italia del Fiscal Compact, è stata adottata la legge costituzionale 1/2012 che ha modificato il quadro costituzionale entro il quale deve svilupparsi la normativa sul bilancio dello Stato, modificando l’articolo 81, e ha esplicitamente coinvolto gli enti periferici nel mantenimento degli equilibri di bilancio, modificando anche gli articoli 117 e 119.

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Art.%81%Prima%della%L.%Cost.%n1/2012 Art.%81%come%modificato%dalla%%L.%Cost.%n1/2012

Le#Camere#approvano#ogni#anno#i#bilanci#e#il#rendiconto#consuntivo#presentati#dal#Governo.

Lo#Stato#assicura#l’equilibrio#tra#le#entrate#e#le#spese#del#proprio#bilancio,#tenendo#conto#delle#fasi#avverse#e#delle#fasi#favorevoli#del#ciclo#economico.

L'esercizio#provvisorio#del#bilancio#non#può#essere#concesso#se#non#per#legge#e#per#periodi#non#superiori#complessivamente#a#quattro#mesi.

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Con#la#legge#di#approvazione#del#bilancio#non#si#possono#stabilire#nuovi#tributi#e#nuove#spese.

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Art. 81, commi 1 e 2 1. Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. 2. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. I primi due commi sono la principale novità di questo articolo e rispondono all’esigenza di dare forza costituzionale all’impegno assunto dall’Italia con il Fiscal Compact di assicurare l’equilibrio del bilancio

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3. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Questo comma stabilisce che il Parlamento e il Governo non possono alterare gli equilibri finanziari risultanti dal bilancio di previsione per l’anno in corso caricando l’esercizio di nuove e/o maggiori spese rispetto alle previsioni. Se il Governo, e la maggioranza che lo sostiene, ritengono essenziali tali maggiori spese, devono assumersi la responsabilità politica di indicare come reperire i fondi per finanziarle (con nuovi o maggiori tributi o con riduzione di spese già previste in bilancio oppure, ove possibile, con indebitamento)

Art. 81, comma 3

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4. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. Il 4° comma stabilisce che i documenti contabili relativi alle entrate e alle spese dello Stato sono formati dal Governo e presentati al Parlamento per la discussione e l’approvazione. In questa procedura si concretizza un principio fondamentale del moderno Stato di diritto a democrazia rappresentativa, nel quale il potere dell’Esecutivo di riscuotere le imposte e spendere il denaro pubblico per soddisfare i bisogni collettivi è fondato sulla legge, ovvero sul consenso dei rappresentanti che siedono nell’organo legislativo.

Art. 81, comma 4

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L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il 5° comma disciplina l’ipotesi, non infrequente in passato, che il disegno di legge del bilancio non giunga al voto finale entro il 31 dicembre e pertanto si apra un nuovo anno finanziario senza che la Pubblica Amministrazione sia autorizzata a compiere gli atti di gestione, in particolare gli atti di spesa iscritti nel bilancio. Per evitare la paralisi dello Stato che ne deriverebbe, i costituenti hanno previsto che il Parlamento possa espressamente autorizzare con legge l’esercizio provvisorio del bilancio non ancora approvato, ma con il limite temporale massimo di quattro mesi

Art. 81, comma 5

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6. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle Pubbliche Amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale

Art. 81, comma 6

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In sintesi •  Il Bilancio dello Stato è un documento politico, giuridico e contabile. •  Il Bilancio dello Stato è un Bilancio preventivo, annuale. •  Il Rendiconto è costituito da un Bilancio consuntivo annuale e da un

conto del patrimonio dello Stato. •  Essendo il Bilancio dello Stato una legge meramente formale, per poter

attuare una manovra finanziaria, il Governo e il Parlamento, prima di approvare la legge di Bilancio, approvano una legge detta Finanziaria, che traduce in legge le scelte di politica economica e finanziaria per il periodo successivo, anche modificando le leggi tributarie e di spesa vigenti.

•  In conseguenza di ciò il Progetto di Bilancio, presentato in un primo momento con entrate e spese previste secondo la legislazione vigente, può essere variato recependo le disposizioni della Finanziaria; in tal modo il disegno di legge di Bilancio sottoposto all’approvazione del Parlamento entro il 31 dicembre di ogni anno assume un contenuto programmatico.

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Il contenuto della legge di Stabilità

Così come la legge Finanziaria, anche la legge di Stabilità ha un contenuto obbligatorio, uno eventuale e uno vietato ed è suddivisa in una parte di testo in forma di articoli di legge e in alcune tabelle.

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Il contenuto obbligatorio della legge di Stabilità

• il livello massimo del ricorso al mercato e del saldo netto da finanziare in termini di competenza, coerentemente con quanto stabilito nel DEF; • gli effetti derivanti dalla manovra sul saldo netto da finanziare, sull’indebitamento netto e sul fabbisogno della Pubblica Amministrazione; • l’importo complessivo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego; • le Tabelle A e B, una di parte corrente e l’altra in conto capitale, che quantificano i fondi speciali, ossia gli accantonamenti per la copertura di nuove leggi di spesa; • la Tabella C per finanziamento di leggi di spesa permanenti; • la Tabella D che descrive gli stanziamenti annuali destinati al finanziamento delle leggi che dispongono spese in conto capitale a carattere pluriennale; • la Tabella E che contiene le riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa corrente che si ritengano superflue.

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Il contenuto eventuale della legge di Stabilità

•  variazioni di aliquote, detrazioni e deduzioni e altre misure che incidono sulla determinazione della singola imposta, ma non nuove imposte e tasse;

•  norme per l’attuazione del Patto di Stabilità Interno.

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Il contenuto vietato della legge di Stabilità

•  norme di delega, perché è difficile stabilirne l’impatto finanziario;

•  norme a carattere ordinamentale e organizzatorio e interventi localistici e micro settoriali (se così va lu ta te da i Pres ident i de l le assemblee parlamentari).

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Bilancio di cassa e bilancio di competenza

Le entrate e le spese dell’Amministrazione Pubblica sono il risultato di procedimenti che si svolgono in più fasi successive. Tra le fasi per realizzare le entrate se ne ricordano solo due: quella dell’accertamento, nella quale l’Amministrazione acquisisce il diritto a riscuotere un credito da un determinato soggetto, e quella della riscossione, nella quale il credito viene materialmente versato nelle casse dello Stato. Tra le fasi per realizzare una spesa si ricordano quella dell’impegno, nella quale l’Amministrazione assume l’obbligo di pagare una determinata somma a un determinato soggetto, e quella del pagamento, nella quale la somma impegnata viene effettivamente erogata.

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Bilancio di cassa e bilancio di competenza

Tra l’accertamento e la riscossione di un’entrata trascorre un periodo di tempo che può collocare i due eventi in due esercizi diversi; la stessa situazione può verificarsi per l’impegno e il pagamento di una spesa. Ciò determina la distinzione tra Bilancio di competenza e Bilancio di cassa: nel primo sono registrate le entrate e le spese nella fase in cui si prevede che sorgerà per lo Stato, rispettivamente, il diritto a riscuotere e l’obbligo a pagare; nel secondo sono registrate entrate e spese nella fase in cui se ne prevede, rispettivamente, la riscossione e il pagamento.

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Residui attivi e passivi

Dal momento che si può verificare che alcune entrate accertate in un esercizio non vengano anche riscosse nell’esercizio, così come alcune spese impegnate in un esercizio non vengano effettivamente pagate in quell’esercizio, si generano i cosiddetti residui e precisamente le entrate accertate e non riscosse danno luogo a residui attivi, mentre le spese impegnate e non pagate danno luogo a residui passivi.

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La classificazione economica delle entrate e delle uscite

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La classificazione funzionale delle uscite

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I saldi di Bilancio

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Scheda 8.1 LA FORMAZIONE DEL DEBITO

PUBBLICO IN ITALIA

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In Italia lungo l’intera storia unitaria (150 anni): •  solo per 39 anni b < 60% (3 anni all’inizio dello Stato

unitario, 36 nel secondo dopoguerra) per ben 95 anni b > 95%

L’Italia non è affatto l’unico caso: •  Regno Unito anni ’20 e ‘30 del ‘900 b sensibilmente al

di sopra del 100%, talora del 150%; •  Giappone anni 2000: b oltre il 200% del Pil.

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Gli stati potevano convivere con un debito molto alto anche perché, qualora necessario, possedevano gli strumenti per ridurlo: - imporre limiti verso l’alto ai tassi di interesse, anche al di sotto del tasso di inflazione; - costringere banche, intermediari, fondi pensione ad acquistare titoli pubblici a condizioni non remunerative (una sorta di prestito forzoso); - pagare con titoli i debiti delle amministrazioni pubbliche. - ecc.

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Primo fra tutti il potere di signoraggio: la possibilità di acquisire risorse creando moneta. Per mezzo del signoraggio gli stati potevano svalutare il debito in circolazione. Tramite l’inflazione, l’Italia che usciva dalla guerra ridusse in soli 4 anni, tra il 1944 e il 1947, il debito pubblico dal 102% al 24% del Pil: un ripudio di fatto del debito del regime fascista.

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Progressivamente, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, nell’ambito del processo di internazionalizzazione e deregolamentazione della finanza, gli stati hanno perso il dominio sul proprio debito. Particolarmente vero in Europa, dove i paesi dell’euro hanno rinunciato a un’ampia fetta di sovranità, in particolare all’uso della politica monetaria come strumento con il quale governare, tra l’altro, l’andamento nel tempo del rapporto debito/Pil. .

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Il debito italiano: l’origine

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Il debito italiano: l’origine

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I dati delle figure precedenti possono essere letti più facilmente se si distinguono tre periodi:

1. dall’inizio degli anni ’80 fino al 1992; 2. dal 1992 al 2005; 3. dal 2005 a oggi.

Il debito italiano: l’origine

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Il debito italiano: dagli anni ’80 al 1992

Gli anni ’70 e ’80 sono stati caratterizzati da un saldo primario costantemente negativo.

Negli anni ’70, a seguito dell’estensione degli interventi del welfare

state a favore della grande maggioranza della popolazione e delle pressioni sul Bilancio pubblico derivanti dalle crisi petrolifere, l’incremento nelle uscite è stato solo parzialmente accompagnato da un aumento della pressione fiscale.

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Il debito italiano: dagli anni ’80 al 1992

A partire dai primi anni ’80, la pressione fiscale ha cominciato

ad aumentare stabilmente, poiché le riforme tributarie adottate nella prima metà degli anni ’70 sono entrate definitivamente a regime.

Il saldo primario è rimasto negativo perché anche le uscite hanno continuato a crescere, sebbene all’epoca non si siano verificati rilevanti mutamenti istituzionali rispetto a quanto avvenuto negli anni ’70.

In effetti, gli anni ’80 sono stati inoltre caratterizzati da una continua crescita della spesa per interessi, dovuta all’aumentare dei tassi di interesse, che all’epoca dovevano coprire sia il rischio di cambio, ossia il rischio di una svalutazione della lira, sia le aspettative di inflazione, che allora era piuttosto alta.

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Dal 1992 al 2005

La firma del Trattato di Maastricht e l’obiettivo dell’ammissione all’Unione Monetaria hanno caratterizzato il decennio ’90: il saldo primario è stato per la prima volta positivo nel 1992 e nel 1997 ha raggiunto il suo massimo, pari al 6,62% del PIL. Il dato del saldo primario si spiega con un notevole incremento della pressione fiscale, e ha permesso di raggiungere nel 1997 un indebitamento netto inferiore al 3%. Lo stock del debito è passato dall’essere inferiore al 60%, alla fine degli anni ’70, a superare il 100%, agli inizi degli anni ’90 e arrivare a oltre il 120% del PIL, nel triennio 1994-1996.

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Dal 1992 al 2005

L’inversione di tendenza verificatasi nel 1992 ha permesso al rapporto debito/PIL di ridursi costantemente nel decennio 1996-2005. A questo risultato hanno contribuito l’incremento della pressione fiscale, il controllo del saldo primario, ma soprattutto il risparmio sulla spesa per interessi sui titoli di Stato, che è stato uno degli effetti positivi dell’ingresso nell’Unione Monetaria. Adottando la moneta unica, gli interessi sui titoli del debito pubblico non devono più coprire il rischio di cambio della lira, bensì quello dell’euro, che è molto più contenuto.

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Il 2005 e gli anni seguenti

Il 2005 segna una nuova svolta: il saldo primario è azzerato, l’indebitamento netto sfiora il limite del 3% e dall’anno successivo il rapporto debito/PIL ricomincia a crescere. Nell’ultimo biennio la crisi economica internazionale ha definitivamente allontanato la finanza pubblica italiana dai parametri europei. Questo è avvenuto anche negli altri Paesi dell’Unione Monetaria, per l’effetto combinato della contrazione del PIL e dell’adozione di politiche anticicliche per attenuare gli effetti della crisi. In Italia non sono state adottate politiche per alleggerire gli effetti della crisi e la contrazione del PIL è l’unica spiegazione dell’allontanamento dell’indebitamento netto dall’obiettivo europeo e del ritorno del rapporto debito/PIL a valori superiori a quelli registrati nella prima metà degli anni ’90.