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Capitolo 6 - LA PRODUTTIVITA' 6.1 Concetti generali e definitori E' opportuno iniziare questo capitolo distinguendo tra di loro tre concetti che vengono spesso usati come sinonimi, pur riferendosi, a ben vedere, a tre diversi concetti che sono rispettivamente: la produttività, l'efficienza e il progresso tecnico. La produttività, con riferimento a un'impresa, a un insieme di imprese e, in via estensiva, al complesso di un'intera economia, è data dal rapporto tra i risultati conseguiti nel processo produttivo e i mezzi impiegati per realizzarli. Essa misura la capacità dell'entità economica analizzata di trasformare risorse economiche in beni e servizi. Per contro, si intende per efficienza l'aderenza dell'entità economica analizzata a un dato standard di ottimalità. Si suppone cioè che sia possibile definire per l'entità economica analizzata una capacità ottimale di trasformare risorse in beni e servizi, e si rapporta di conseguenza la capacità effettiva dell'entità economica analizzata di trasformare risorse a questa capacità ottimale (standard). La divergenza esistente tra capacità effettiva di trasformare risorse e standard di ottimalità misura l'inefficienza dell'entità economica. Produttività Efficienza

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Capitolo 6 - LA PRODUTTIVITA'

6.1 Concetti generali e definitori E' opportuno iniziare questo capitolo distinguendo tra di loro

tre concetti che vengono spesso usati come sinonimi, pur riferendosi, a ben vedere, a tre diversi concetti che sono rispettivamente: la produttività, l'efficienza e il progresso tecnico.

La produttività, con riferimento a un'impresa, a un insieme di imprese e, in via estensiva, al complesso di un'intera economia, è data dal rapporto tra i risultati conseguiti nel processo produttivo e i mezzi impiegati per realizzarli. Essa misura la capacità dell'entità economica analizzata di trasformare risorse economiche in beni e servizi.

Per contro, si intende per efficienza l'aderenza dell'entità economica analizzata a un dato standard di ottimalità. Si suppone cioè che sia possibile definire per l'entità economica analizzata una capacità ottimale di trasformare risorse in beni e servizi, e si rapporta di conseguenza la capacità effettiva dell'entità economica analizzata di trasformare risorse a questa capacità ottimale (standard). La divergenza esistente tra capacità effettiva di trasformare risorse e standard di ottimalità misura l'inefficienza dell'entità economica.

Produttività

Efficienza

250 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica Infine, per progresso tecnico si intende il processo attraverso il quale variano nel tempo le capacità tecniche a disposizione dell'entità economica analizzata per trasformare risorse in beni e servizi. In altri termini, il progresso tecnico è un processo di cambiamento dello standard di ottimalità tecnica che è rilevante per l'entità economica analizzata.

In effetti, per un dato stato delle capacità tecniche a

disposizione di un'entità economica per trasformare risorse in beni e servizi (quindi, per un dato stato del progresso tecnico), non è detto che l'entità economica ricorra effettivamente a queste capacità tecniche. Inoltre, è possibile supporre che, anche se in possesso di queste capacità tecniche, a causa di carenze e difficoltà organizzative l'entità economica non sappia combinare tra di loro in maniera ottimale i fattori di produzione, oppure non possa trarre profitto dall'esistenza di economie di scala.

Si può quindi vedere come in linea di principio sia possibile scomporre la capacità di un'entità economica di trasformare risorse in beni e servizi in due componenti. Una componente è essenzialmente legata allo stato delle capacità tecniche di trasformazione, e quindi al progresso tecnico. Tuttavia, esiste un'altra componente, legata all'utilizzazione effettiva e alla gestione ottimale di queste capacità tecniche, e quindi all'efficienza dell'entità economica. In maniera intuitiva, è dunque possibile concepire la produttività come la somma di progresso tecnico ed efficienza.

In pratica, questa scomposizione della produttività richiede spesso l'utilizzazione di tecniche analitiche piuttosto complesse. Nel prosieguo del capitolo ci si interesserà perciò a differenti maniere di misurare la produttività, tralasciando quasi sempre il problema della misurazione dell'efficienza (o meglio, dell'inefficienza). Ciò naturalmente impedirà di accertare in quale misura le variazioni riscontrate nelle misure di produttività siano effettivamente dovute all'esistenza di progresso tecnico.

Per misurare la produttività, coerentemente alla definizione

datane qui sopra, sarà di cruciale importanza l'individuazione dei risultati ottenuti e dei mezzi utilizzati nel processo produttivo.

Per ciò che riguarda i primi, esistono essenzialmente due tipi di misure:

(a) la produzione vendibile; (b) il valore aggiunto (o prodotto lordo). Nel primo caso si tiene conto di tutto l'output venduto

dall'entità economica considerata, mentre nel secondo caso si considera solamente quella parte di output direttamente ascrivibile all'attività produttiva dell'entità. Non si terrà cioè conto di quella parte

Progresso tecnico

Produttività come somma di progresso tecnico e produttività

Misura della produttività

Cap.6 - La produttività - 251

di output corrispondente ai beni e servizi intermedi acquistati dall'entità (semilavorati, materie prime, energia, ..).

Naturalmente, la prima misura è più completa, ma anche di più difficile calcolo, soprattutto se si desiderano utilizzare aggregati di contabilità nazionale. Ciò che è in ogni caso fondamentale per la misurazione della produttività, è che la definizione dei mezzi impiegati sia coerente con quella dei risultati ottenuti. Qualora questi ultimi fossero misurati mediante la produzione vendibile, sarebbe infatti appropriato tenere conto nell'ambito dei mezzi impiegati degli input intermedi. Se invece sarà il valore aggiunto a essere preso in considerazione come misura di risultato, i mezzi impiegati potranno comprendere solo i fattori produttivi primari (essenzialmente lavoro e capitale).

Per comodità, e per la loro maggiore diffusione, nel prosieguo

del capitolo ci si riferirà quasi esclusivamente a misure della produttività basate sul valore aggiunto come output, e su lavoro e capitale come mezzi impiegati. Anche in questo caso sono tuttavia possibili due diversi tipi di misura della produttività:

(a) le misure di produttività globale; (b) le misure di produttività parziale.

Si parla di produttività globale quando si misura la produttività con riferimento a tutti i fattori che concorrono alla realizzazione del processo produttivo. Se l'output è rappresentato dal valore aggiunto, la produttività globale è misurata dal rapporto tra il valore aggiunto e tutti i fattori impiegati nel processo produttivo (lavoro e capitale).

Si parla invece di produttività parziale quando si misura la

produttività con riferimento a un solo fattore alla volta. Nell'ambito della produttività parziale è possibile definire:

misure di produttività parziale generica, quando si commisura tutta la produzione a un solo fattore;

in tale categoria rientra la produttività parziale generica del lavoro (o del capitale) che è data dal rapporto tra il valore aggiunto della produzione realizzata e una misura del lavoro (o del capitale) impiegato nella produzione;

misure di produttività parziale specifica quando si commisura la parte di produzione che afferisce a un dato fattore al fattore stesso;

in tale categoria rientrano le produttività parziali specifiche del lavoro o del capitale, che sono misurate dal rapporto tra la parte del

Produttività globale e produttività parziale

Produttività globale

Produttività parziale

Produttività parziale gener ica

Produttività parziale specifica

252 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica valore aggiunto che remunera il lavoro (o il capitale) e una misura del lavoro (o capitale) impiegato nella produzione.

In linea di principio, le misure di produttività globale sono più

vicine alla definizione di produttività data qui sopra. Esse cioè approssimano più fedelmente la capacità dell'entità economica considerata di trasformare risorse in beni e servizi, soprattutto perchè permettono di tenere conto di eventuali fenomeni di sostituzione tra fattori produttivi. Come si vedrà, tuttavia, neppure queste misure sono esenti da pecche. Inoltre, il loro calcolo è sovente assai problematico, in primo luogo a causa delle difficoltà analitiche e pratiche di aggregare input e output tra loro eterogenei. Per tali ragioni, risulta appropriato interessarsi pure alle proprietà delle misure di produttività parziale.

Sia per le misure di produttività parziale che per quelle di

produttività globale, i risultati conseguiti, cioè la produzione, e i mezzi impiegati per ottenerla (lavoro, capitale, materie prime,..) possono essere misurati in termini di unità fisiche (quintali, ettolitri, metri,...) o in termini di valore. In linea di principio, sarebbe auspicabile che la misurazione della produttività sia effettuata esprimendo in unità fisiche sia i risultati che i mezzi impiegati, in modo da rendere l'analisi delle variazioni di produttività indipendente dalle fluttuazioni dei prezzi.

A livello aziendale, la misurazione della produttività può in effetti basarsi talora su rapporti tra quantità fisiche. Ad esempio, per una determinata azienda, la produttività parziale generica del lavoro può venire calcolata facendo il rapporto fra il numero di unità fisiche di output ottenuto in un dato intervallo di tempo e il numero di ore di lavoro effettuate nello stesso intervallo di tempo per ottenere tale produzione. Si ottiene così il numero di unità prodotte per ora di lavoro effettuata.

La produzione conseguita, però, soltanto raramente può misurarsi in termini fisici. Infatti, anche per la misura della produttività a livello aziendale, l'eterogeneità dei prodotti ottenuti è spesso tale che il volume della produzione può essere misurato solo facendo la somma dei valori corrispondenti ai vari prodotti. L'esigenza di esprimere il numeratore del rapporto in termini di valore diventa poi imperativa a mano a mano che da un'impresa si passa a gruppi o classi di imprese, ovvero al complesso delle imprese di un intero sistema economico.

In questo caso, se si vuole che l'analisi delle variazioni di produttività abbia un qualche senso anche in presenza di fluttuazioni dei prezzi, sarà necessario stimare i risultati conseguiti mediante aggregati misurati a prezzi costanti. Per ciò che riguarda i mezzi impiegati nel processo produttivo, si considera invece meno

Cap.6 - La produttività - 253

problematico ricorrere a misure date in termini fisici anche qualora il grado di aggregazione dell'analisi si faccia considerevole.

6.2. La produttività parziale generica

6.2.1 I l prodotto per unità di lavoro La misura a cui si ricorre più correntemente per valutare il livello e/o la dinamica della produttività è la produttività parziale generica del lavoro, che può denominarsi anche prodotto per unità di lavoro (p.u.l.).

Per una singola impresa o a un gruppo di imprese si indica con:

i il generico prodotto (i = 1, 2, ..., n); Y io il valore aggiunto in termini fisici del prodotto i-esimo

ottenuto nel periodo 0; Pio il prezzo del prodotto i-esimo nel periodo 0; Hjo il numero delle ore di lavoro effettuate nel periodo 0

presso il reparto j-esimo dell'entità economica considerata.

Nel periodo 0, la produttività parziale generica del lavoro Π0

sarà data dalla:

(1) Π0

0 01

01

= =

=

Y P

H

i ii

n

ji

m

nella quale la sommatoria posta al numeratore coincide con il valore aggiunto complessivo nel periodo 0 per tutti gli n prodotti e quella posta al denominatore rappresenta il totale delle ore di lavoro impiegate per ottenere tale produzione nello stesso periodo.

Con analoga notazione, si potrà definire Π1, la produttività parziale generica del lavoro nel periodo 1, come:

Prodotto per unità di lavoro (p.u.l.)

254 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica

(2) Π1

1 11

11

=⋅

=

=

Y P

H

i ii

n

jj

n

Per misurare le variazioni della produttività da un periodo

all'altro, evitando che questa misura sia influenzata dalle fluttuazioni dei prezzi, è necessario stimare a prezzi costanti l'aggregato del valore aggiunto, il che equivale a mantenere costanti i prezzi nella (2). Di conseguenza, l'indice Iπ che misura la variazione della produttività parziale generica del lavoro dal periodo 0 al periodo 1, indipendentemente dall'andamento dei prezzi, sarà dato da:

(3) IY P

H

Y P

H

ii

n

jj

m

i ii

n

jj

mΠ = =

=

=

=

1 101

11

0 01

01

:

Se non si ha tanto bisogno di determinare il valore

assoluto del p.u.l., quanto di tenere conto delle sue variazioni attraverso il tempo, si può facilmente approntare un opportuno numero indice, combinando gli indici della produzione (disponibili dalle statistiche ufficiali di quasi tutti i paesi) con degli appropriati indici del volume di lavoro impiegato (in mancanza di dati relativi alle ore di lavoro ci si può riferire al numero degli addetti).

Si può così giungere alla determinazione dell'indice della produttività Iπ senza passare per i valori assoluti del periodo 0 e del periodo 1, ma dividendo direttamente l'indice della produzione Iq per l'indice delle ore di lavoro Ih (o per l'indice dell'occupazione che sia disponibile).

In effetti, l'indice della produzione è dato (con notazione già nota) dalla seguente relazione:

(4) IY P

Y Pq

i ii

n

i ii

n= =

=

1 01

0 01

mentre l'indice del numero delle ore impiegate per ottenere questa produzione è dato da:

Indice di var iazione della produttività gener ica del lavoro

Indice della produttività come rappor to tra indice della produzione e indice del lavoro

Cap.6 - La produttività - 255

(5) I

H

Hh

ij

n

ij

n= =

=

11

01

Dividendo l'espressione (4) per l'espressione (5) si ottiene (3),

e quindi l'indice Iπ della produttività parziale generica del lavoro. Quest'ultimo metodo è di notevole praticità in quanto consente di misurare le variazioni nel tempo del p.u.l. facendo ricorso soltanto a numeri indici disponibili per molti settori e paesi.

6.2.2 Alcuni problemi di misurazione

Nonostante il frequente uso che se ne fà, il p.u.l. è soggetto a varie limitazioni in quanto misura della produttività.

Così, nel breve periodo le variazioni del p.u.l. sono influenzate

da fattori puramente ciclici. Si consideri in effetti la seguente approssimazione in tassi di

variazione percentuali di (3):

(3') 100

100I

100

100I

100

100I hq� −−−

≈−

La (3') mette in evidenza come le variazioni percentuali del p.u.l. siano approssimativamente uguali alla differenza tra variazioni percentuali della produzione e variazioni percentuali delle ore di lavoro. Ora, se le imprese aumentano o diminuiscono la produzione per far fronte a fluttuazioni della domanda, è improbabile che, almeno nel breve periodo, esse facciano variare di un pari ammontare le ore di lavoro.

Ciò avviene perché il ricorso a ore di straordinario, l'assunzione di personale inesperto o il licenziamento di personale qualificato (che ha sovente appreso il mestiere a spese dell'impresa stessa) sono attività che presentano un costo per le imprese. Esse saranno disposte a farsene carico solo nel caso in cui siano sicure della permanenza delle variazioni della produzione. In caso contrario, esse preferiranno far fronte alle variazioni di produzione spostando temporaneamente il personale da un reparto all'altro. Per esempio, un aumento della produzione potrà essere realizzato portando al reparto produzione degli addetti alle riparazioni.

Limitazioni del p.u.l.

-fattor i ciclici

256 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica

Dunque, nel breve periodo le variazioni del p.u.l. saranno influenzate dal fatto che la produzione presenta tipicamente fluttuazioni cicliche più accentuate delle ore di lavoro effettuate presso l'entità economica considerata (anche se non delle ore di lavoro effettivamente impiegate nell'ambito dell'attività produttiva), oltre che da un reale cambiamento nelle capacità di questa entità economica di trasformare risorse in beni e servizi.

Come soluzione al problema qui sopra delineato, si potrebbero

considerare misure del p.u.l. in cui si tenga unicamente conto (al denominatore) delle ore di lavoro effettivamente impiegate nell'ambito dell'attività produttiva. Una tale soluzione è tuttavia di difficile attuazione pratica nella maggior parte dei casi.

D'altra parte, quanto più estesi sono gli intervalli di tempo che si considerano (per esempio un triennio rispetto a un trimestre), tanto più le variazioni della produzione saranno dovute a fattori di natura permanente e tanto più il p.u.l. sarà comunque una misura fedele delle capacità produttive dell'entità economica considerata.

Infine, dovrebbe essere chiaro che, dati i minori costi di aggiustamento delle ore pro-capite rispetto al numero degli addetti, l'utilizzazione di quest'ultima grandezza al denominatore del p.u.l. non può che portare a una maggiore distorsione ciclica della misura.

Di conseguenza sembra preferibile utilizzare (per quanto possibile) al denominatore del p.u.l. un indice delle ore di lavoro.

Un'altra limitazione di questa misura della produttività è connessa alla circostanza che il p.u.l. viene ottenuto comparando la produzione complessiva con uno soltanto dei fattori impiegati per ottenerla. Pertanto, le variazioni del p.u.l. forniscono una misura dei progressi realizzati nella produzione per effetto di molteplici cause, senza che sia possibile determinare l'influenza di ciascuna di esse.

Tra queste cause può essere annoverata la migliore

qualificazione dei lavoratori e all'intensità con la quale essi esplicano i loro compiti. Ma questo non è certamente il solo fattore in gioco, perché gli incrementi di produttività possono attribuirsi anche a un aumento della disponibilità di capitale per addetto, alla migliore combinazione delle risorse disponibili, a nuove invenzioni o nuovi procedimenti di lavorazione e ad altri fattori non facilmente individuabili.

Così per esempio, se un imprenditore sostituisce una parte del lavoro impiegato con altre risorse a causa di un aumento nel costo del

-confronto con un solo fattore

Cap.6 - La produttività - 257

lavoro, il p.u.l. risulta più elevato, senza che ciò sia indizio di reale cambiamento nella qualità del fattore lavoro impiegato. Dunque, anche qualora il p.u.l. fosse una misura fedele delle variazioni avvenute nella capacità dell'entità economica considerata di trasformare risorse in beni e servizi, esso, come del resto ogni possibile misura di produttività parziale generica, si dimostrerebbe carente dal punto di vista delle informazioni fornite a proposito delle ragioni di queste variazioni.

6.3 Misure di produttività globale Le considerazioni qui sopra effettuate suggeriscono

che, per meglio valutare la natura dei cambiamenti sperimentati dall'entità economica considerata nella propria capacità di trasformare risorse, è opportuno considerare congiuntamente il complesso di queste risorse e quindi delle misure di produttività globale. In particolare queste misure consentono di verificare in che misura dei fenomeni di sostituzione tra fattori siano accompagnati da un reale aumento dei risultati ottenuti dall'entità economica considerata a partire da un dato complesso di risorse.

Tuttavia, le misure di produttività globale presentano problemi pratici e analitici maggiori rispetto a quelle di produttività parziale. A parte l'ovvia difficoltà di misurare un maggiore numero di input alla volta, il calcolo della produttività globale abbisogna della costruzione di una misura sintetica del complesso di risorse utilizzato nella produzione. Si pone cioè il problema dell'aggregazione degli input.

Dopo aver definito con maggior precisione le caratteristiche di questo problema, se ne potranno esaminare alcune classiche soluzioni, che costituiscono altrettante misure della produttività globale.

6.3.1 I l problema dell'aggregazione degli input

Per poter calcolare la produttività globale dei fattori produttivi, questi ultimi devono essere aggregati in una misura sintetica del complesso di risorse che essi rappresentano. Questo problema viene solitamente risolto ipotizzando che il processo di produzione sia caratterizzato da un particolare tipo di relazione tra output e input. Si fà cioè riferimento in modo più o meno esplicito all'esistenza di una particolare funzione di produzione.

Per meglio chiarire la natura del problema, si consideri un

processo produttivo caratterizzato da due input (le ore di lavoro L e il capitale K) e da un output (Y). Se si vuole misurare in un dato periodo

Carenze del p.u.l.

Misura sintetica delle r isorse

258 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica la produttività globale di questo processo, sarà necessario paragonare Y a una particolare funzione congiunta di L e K, poiché evidentemente prendendo un fattore alla volta si avrà una misura di produttività parziale. In tale caso si può pensare ad una funzione in cui l'output Y sia funzione dei due fattori lavoro L e capitale K:

Y=f(L,k)

Occorre rimarcare che solamente la funzione congiunta di L e K,

basata sulle caratteristiche del processo produttivo (e quindi derivata dalla funzione di produzione), è in grado di dare una misura economicamente fondata del rapporto tra output e input, e quindi della produttività globale.

Fra le funzioni di produzione maggiormente usate nell'analisi del processo produttivo figura la funzione aggregata di produzione Cobb-Douglas:

Y A L K= ⋅ α β

dove A α e β sono coefficienti costanti, L e K gli inputs di lavoro e capitale ed Y il prodotto lordo.

La funzione Cobb-Douglas gode delle seguenti proprietà:

(a) è omogenea1 di grado α+β (b) i parametri α e β rappresentano l'elasticità della produzione

rispetto al lavoro ed al capitale2

1Una funzione z=f(x,y) si dice omogenea di grado n quando moltiplicando ciascuna variabile indipendente per un fattore k positivo la funzione risulta moltiplicata per kn

f(kx,ky)=knf(x,y) 2 Data una funzione y=f(x), si definisce elasticità della variabile y rispetto a x il rapporto tra la variazione relativa della variabile dipendente e la variazione relativa della variabile indipendente:

E

y

yx

x

=

che può essere espressa come rapporto tra produttività marginale e produttività media

E

y

xy

x

y

x

x

y= = ⋅

∆∆ ∆

Se si fa tendere a zero ∆x si ha infine:

Funzione Cobb-Douglas

Propr ietà fondamentali

Cap.6 - La produttività - 259

Si può infatti vedere che l'elasticità del prodotto rispetto al lavoro è dato da:

E

y

Ly

L

AL K

AL KL = =−

∂∂ α α β

α β

1

1 =α

e l'elasticità rispetto al capitale è dato da:

E

y

Ky

K

AL K

AL KK = = =−

∂∂ β

βα β

α β

1

1

Dalle precedenti due relazioni si ricava pure:

∂∂

α∂∂

β

yL

yL

y

K

y

K

=

=

��

��

con cui si viene a vedere che la produttività marginale del lavoro e del capitale sono proporzionali rispettivamente alla produttività media del lavoro, con fattore di proporzionalità pari α. ed alla produttività media del capitale, con fattore di proporzionalità pari a β

I parametri α e β sono numeri puri adatti per confronti anche tra paesi diversi o industrie diverse.

La somma α + β indica i guadagni di scala della produzione, cioè la misura del maggiore o minore aumento della produzione può conseguire con determinati inputs di lavoro e di capitale. Rispetto ai fattori produttivi il prodotto, se risulta:

α + β > 1 cresce più rapidamente

α + β = 1 cresce alla stessa maniera α + β < 1 cresce meno rapidamente Con l'adozione della funzione Cobb-Douglas di produzione si

potrà ottenere la seguente misura di produttività globale per il periodo 0:

(6) Π00

0 0

=⋅

Y

L Kα β

E=f '(x).x/y

Misura produttività globale

260 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica

E' possibile vedere in tal modo che la produttività globale dei fattori equivale al termine Ao, chiamato a volte il termine di progresso tecnico, della sottostante funzione Cobb-Douglas modificata calcolata in corrispondenza del tempo 0:

(6’ ) Y A L Ko o o o= ⋅ α β

Per quanto riguarda la capacità di A di rappresentare effettivamente lo stato del progresso tecnico, valgono le considerazioni fatte al § 6.1.

Naturalmente, la (6) non costituisce nulla più di un semplice esempio. Cambiando le ipotesi fatte a proposito del processo di produzione, cambierebbe pure la susseguente misura di produttività globale. Si noti a questo proposito che anche misure di produttività globale apparentemente non riconducibili a particolari ipotesi sul processo produttivo, possono essere interpretate alla luce di una particolare funzione di produzione.

Un esempio di tali procedure di misurazione è basato

sull'idea di trasformare il lavoro e il capitale in unità comparabili (e quindi sommabili) mediante le loro retribuzioni. Così è possibile ottenere una misura del flusso di servizi produttivi derivati dal capitale, e i risultati ottenuti dal processo di produzione possono essere paragonati al valore dei servizi resi dal lavoro e dal capitale.

Se per esempio un'ora di lavoro viene in media

remunerata con 3.000 lire e 10.000 lire di capitale investito in impianti al tasso del 6% producono un reddito annuo di 600 lire per rendite e profitti, allora 50.000 lire di capitale equivarranno a un'ora di lavoro. In termini analitici, se r misura il tasso di remunerazione del capitale e w misura il tasso di remunerazione del lavoro, si avrà la seguente misura di produttività globale (detta di Kendrick):

(7) ( )Πoo

o o o o

Y

w L r K=

+

Ma sotto l'ipotesi di uguaglianza tra la produttività marginale dei fattori e il loro prezzo (ipotesi necessaria per la massimizzazione dei profitti in concorrenza perfetta), è possibile mostrare come (7) possa essere derivata dalla seguente funzione di produzione:

Cap.6 - La produttività - 261

(7’ )

( )Y

L K

aL bKo

o o

o o

=+τ τ τ

1

dove a, b e τ sono parametri caratteristici del processo produttivo considerato.

Successivamente saranno illustrate le caratteristiche principali di alcune soluzioni al problema dell'aggregazione degli input che per vari motivi hanno conosciuto un'applicazione particolarmente vasta.

6.3.2 I l metodo di Solow

La misura di produttività globale dei fattori caratterizzata dalla più vasta applicazione è probabilmente quella proposta da Solow nel suo classico lavoro del 1957. Scopo precipuo di questo scritto era quello di di fornire una procedura elementare per scomporre le variazioni del p.u.l. dovute al progresso tecnico da quelle legate a cambiamenti nella quota disponibile di capitale per addetto. In ogni caso, le caratteristiche metodologiche del lavoro ne fanno una pietra miliare nell'ambito della misurazione della produttività globale, e sarà in questo senso che esso verrà qui considerato.

Tratto fondamentale dell'analisi è quello di basarsi su di una funzione di produzione per l'entità economica considerata del tipo:

(8) Y0 =ƒ ( Lo, Ko, to )

dove Y, L e K hanno il consueto significato, mentre t

rappresenta una misura del progresso tecnico legata al trascorrere del tempo. Solow fà l'ipotesi che questo progresso tecnico possa considerarsi Hicks-neutrale, nel senso che sue variazioni potranno influenzare l'ammontare di Y0 ottenibile per dati Lo e Ko, senza far variare i saggi marginali di sostituzione tra questi due fattori. In base a questa ipotesi, (8) può essere riscritta come:

(8') Yo =A( to ) ƒ( Lo, Ko )

dove A ( to ) è una misura del progresso tecnico dotata della

succitata proprietà di neutralità. Un cambiamento nella combinazione di L e K comporta uno spostamento di Y lungo la funzione di produzione (ovvero per un t costante). Per contro, il verificarsi di un progresso tecnico comporta uno spostamento della funzione di produzione. Il termine A( to ) misura quindi l'effetto cumulato nel tempo degli spostamenti di ƒ (.).

Metodo di Solow

262 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica Se si esprime la precedente relazione introducendo i logaritmi si

avrà pure:

log Y =log A(t)+log f(L,K)

Se si deriva membro a membro si ottiene3:

'' KK

K)f(L,

K)f(L,

1L

L

K)f(L,

K)f(L,

1A'

A

1Y'

Y

1 ⋅⋅+⋅⋅+⋅=⋅∂

∂∂

nella quale si è posto tX/X' ∂∂= .

Se si moltiplica e divide per A il secondo e terzo termine a secondo membro si ha:

'' K

K

K)f(L,

K)f(L,A

1AL

L

K)f(L,

K)f(L,A

1AA'

A

1Y'

Y

1 ⋅⋅⋅

⋅+⋅⋅⋅

⋅+⋅=⋅∂

∂∂

da cui segue pure:

Y

'K

K

K)f(L, A

Y

'L

L

K)f(L, AA'

A

1Y'

Y

1 ⋅⋅+⋅⋅+⋅=⋅∂

∂∂

In termini di differenze finite, assumendo una variazione unitaria del tempo (∆t=1), si potrà scrivere anche:

(9) 0000 Y

�K

K

K)f(L, A

Y

�L

L

K)f(L, A

A

�A

Y

�Y ⋅⋅+⋅⋅+=

∂∂

∂∂

Solow introduce due ulteriori ipotesi riguardanti il processo di

produzione avviene in condizioni (a) di concorrenza perfetta e (b) di massimizzazione dei profitti. Queste ipotesi implicano che le remunerazioni medie (o prezzi) dei fattori lavoro e capitale siano uguali alle rispettive produttività marginali. Indicando questi prezzi rispettivamente con w e r, si avrà allora:

3 Si applica un noto risultato del calcolo differenziale in base al quale, sotto condizioni molto generali, data una funzione composta del tipo y=f[x(t), z(t)], si ha ∂y/∂t=[∂y/∂x]x’+[∂y/∂z]z’ , con x’=∂x/∂t e z’=∂z/∂t.

Cap.6 - La produttività - 263

(10) w

Y

L

Y

L

rY

K

Y

K

= =

= =

���

���

α ∂∂

β ∂∂

0

0

0

0

Dalla (10) si può ricavare:

(10) α

∂∂

β∂∂

= ⋅ = ⋅

= ⋅ = ⋅

���

���

wY

L

Y

L

L

Y

rY

K

Y

K

K

Y

0

0

0

0

0

0

0

0

dove con α e β si indicano le quote di reddito spettanti, rispettivamente, al lavoro e al capitale. Dato che le derivate parziali della Y rispetto alla variabile L ed alla variabile K sono rispettivamente uguali a:

��

��

⋅=⋅=

⋅=⋅=

0

00

0

00

K

Y�

K

K)f(L, A

K

Y

L

Y�

L

K)f(L, A

L

Y

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

la (9) diventa:

(9') ∆ ∆ ∆ ∆YY

AA

LL

KK0 0 0 0

= + ⋅ + ⋅α β

da cui si ottiene:

(11) ∆ ∆ ∆ ∆AA

YY

LL

KK0 0 0 0

= − ⋅ − ⋅α β

Come si deduce agevolmente da quanto detto in precedenza,

nello scritto di Solow il significato della (11) è di fornire una misura della variazione relativa del progresso tecnico.

Tuttavia, questa interpretazione è rigorosa solo nel caso in cui l'entità economica considerata sia efficiente, cioè soddisfi dei requisiti di ottimalità nella trasformazione di risorse in beni e servizi. In tutti gli altri casi, è più opportuno concludere che mediante la (11) si possono misurare le variazioni percentuali della produttività globale dei fattori.

Qualora si disponga di misure appropriate per il valore

aggiunto (misurato in termini reali), per le ore di lavoro (o il numero degli addetti), per lo stock di capitale materiale e per le quote di

Misura del progresso tecnico

264 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica reddito che vanno a remunerare, rispettivamente, i fattori capitale e il lavoro, è possibile utilizzare una semplice trasformazione di (11) per misurare il livello della produttività globale. Tuttavia, è opportuno notare che per le prime tre grandezze è spesso più facile ottenere dei numeri indici che delle misure in valore assoluto. Dunque, l'utilizzazione più frequente del metodo di Solow si verificherà nell'ambito della misurazione delle variazioni percentuali della produttività globale dei fattori.

6.3.3 I l metodo di Kendr ick (o delle var iazioni relative) A parte il metodo di Solow, esiste un'altra procedura di

larga applicazione che consente di calcolare un numero indice delle variazioni della produttività globale sulla base di un numero relativamente ridotto di dati. Si tratta del metodo di Kendrick, a cui si è già accennato nel § 6.3.1. In linea di principio questa procedura consentirebbe di calcolare una misura del livello, oltre che che della dinamica, della produttività globale. Peraltro, considerazioni di ordine pratico analoghe a quelle presentate qui sopra per il metodo di Solow hanno fatto sì che il metodo di Kendrick venisse quasi sempre applicato nell'ambito della misurazione delle variazioni di produttività globale dei fattori, tanto da divenire conosciuto anche come il metodo delle variazioni relative.

In tal caso, supposto che la produzione sia misurata dal valore aggiunto e che i fattori produttivi siano capitale e lavoro, per applicare questo metodo sarà necessario disporre di numeri indici a prezzi costanti del valore aggiunto e dello stock di capitale; di un numero indice delle ore di lavoro (o dell'occupazione) e delle quote di reddito che vanno a remunerare, rispettivamente, i fattori capitale e il lavoro.

Concettualmente, il metodo di Kendrick si basa sul presupposto che i due fattori lavoro e capitale possano essere considerati come due stock di ricchezza: il capitale materiale e il capitale umano.

Per la valutazione del capitale umano, occorre far ricorso al

concetto di valore monetario del lavoratore, il quale permette di stimare il lavoro in termini di stock, anziché in termini di servizi resi.

Se per il gruppo j-esimo di lavoratori si conosce oltre che il

reddito medio, anche la distribuzione per età, si può determinare il valore monetario medio di un generico lavoratore del gruppo avente l'età x come differenza tra il valore attuale probabile dei redditi che il detto lavoratore ricaverà in media della sua

Metodo di Kendr ick o delle var iazioni relative

Capitale umano

Misura del capitale umano

Cap.6 - La produttività - 265

attività lavorativa futura e il valore attuale probabile delle spese per consumi che egli dovrà sostenere.

I detti valori attuali probabili si determinano, a loro volta, tenendo conto delle residue probabilità di sopravvivenza dopo l'età x desumibili da una tavola di mortalità e riportando al valore attuale (in base a un conveniente saggio di sconto) sia i redditi sia le spese.

Per ciascun gruppo professionale j e, nell'ambito di questi, per ciascuna classe di età x si otterrà così al tempo 0 un valore monetario v0jx. La media di questi valori (ponderata con pesi proporzionali alle frequenze corrispondenti alle varie classi di età) fornirà v0j, il valore monetario medio per il gruppo j-esimo. Pertanto questo valore è funzione del reddito medio del gruppo professionale j-esimo e della distribuzione per età nell'ambito del gruppo, oltre che, naturalmente, delle ipotesi alla base del calcolo dei valori attuali probabili.

Se supponiamo che i gruppi corrispondenti alle qualifiche professionali siano:

1, 2,...j,....s;

potremo indicare per ciascuna qualifica professionale il corrispondente numero di lavoratori al tempo 0

� 01,�� 02,....�� 0j,....�� 0s,

il cui numero complessivo sarà

L0 = Σj�� 0j e con

� 01x,�� 02x,....�� 0jx,....�� 0sx,

il corrispondente numero di lavori aventi età x al tempo 0. Il valore monetario corrispondente alle diverse categorie professionali e relative ad una data età x sarà a sua volta

v01x,v02x,....v0jx,....v0sx,

Con riferimento a ciascuna qualifica professionale si può

calcolare il valore monetario medio, ponderando i precedenti valori con il corrispondente numero di lavoratori:

v01 ,v02 ,....v0j ,....v0s ,

266 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica Di conseguenza il valore monetario dei lavoratori occupati al

tempo 0 aventi la qualifica professionale j-esima sarà dato

� 01v01 ,�� 02v02,....�� 0iv0i ,....�� 0sv0s , mentre la loro totalità

Σj�� 0iv0i Capitale umano

rappresenta il valore complessivo del capitale umano impiegato nel processo produttivo al tempo 0. Inoltre si potrà scrivere:

(12)

l v

l

l v

Lv

oj ojj

s

ojj

s

oj ojj

s

=

=

=�

�= =1

1

1

00

La (12) rappresenta il valore monetario medio v0 di tutti i lavoratori occupati al tempo 0. Quindi, il valore complessivo del capitale umano impiegato nel processo produttivo al tempo 0 può essere scritto anche

Lo vo=Σj�� 0iv0i. Si consideri ora la struttura dello stock di capitale mater iale

al tempo 0, e si supponga che i tipi di beni che lo compongano siano: 1, 2,....i,....r;

Il numero delle unità dei suddetti tipi di beni sarà rispettivamente

k01, k02,.... k0i,.... k0r,

e i relativi prezzi (valori monetari medi)

h01, h02,....h0i,.... k0r, ,

Segue che il valore dei vari tipi di beni capitali utilizzati al tempo 0 sarà rispettivamente

h01 k01, h02 k02,....., h0i k0i,....., h0r k0r

Valore monetar io medio dei lavorator i

Capitale mater iale

Cap.6 - La produttività - 267

Il valore dell'intero stock di capitale materiale utilizzato al tempo 0. sarà:

Σi h0i k0i Capitale mater iale mentre

(13) k h

h

k h

Kh

oi oii

r

oii

r

oi oii

r

=

=

=�

�= =1

1

1

00

rappresenta il valore monetario medio ho delle unità di capitale al tempo 0, di conseguenza , si viene a vedere che il valore complessivo dello stock del capitale materiale è dato da :

K0 h0 = Σi h0i k0i Ora, si indichino con Yo il valore aggiunto netto prodotto da una

data entità economica al tempo 0 e con α e β le quote di reddito spettanti, rispettivamente, al lavoro e al capitale (per ipotesi, α + β = 1) e si supponga che le dette quote siano delle costanti. Al tempo 0 la produttività parziale specifica del lavoro (λo) sarà allora data dalla seguente espressione :

(14) λo = α Yo/Lo vo

mentre la produttività parziale specifica del capitale (κ0) sarà data da: (15) κo = β Yo/Ko ho

La (14) rappresenta l'ammontare del reddito percepito per ogni

lira di capitale umano impiegato e la (15) l'ammontare del reddito percepito per ogni lira di capitale materiale impiegato.

Dalla (14) si ricava:

(14') α Yo =λo Lo vo

che rappresenta il reddito che affluisce al lavoro è uguale al valore del capitale umano impiegato moltiplicato per la sua produttività specifica.

Analogamente, dalla (15) si ricava:

(15') β Yo =κoKo ho

Valore monetar io medio del capitale

Produttività parziale specifica del lavoro

Produttività specifica del capitale

268 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica la quale dice che il reddito che affluisce al capitale è uguale al valore del capitale materiale impiegato moltiplicato per la sua produttività specifica. Sommando membro a membro le due precedenti relazioni si ha:

(16) Yo = λo Lo vo + κo Ko h0

Per analogia, misurando il valore aggiunto del periodo 1 in

termini reali (cioè ai prezzi del periodo base 0), si avrà:

(17) Y1 = λ1 L1vo + κ1K1 ho Supponiamo ora di mantenere costanti oltre a v0 e h0, anche λ0

e κ0. Il prodotto virtuale Y1* che si può ottenere in tal caso è:

(18) Y1*= λo L1 vo + κo K1 ho Mediante il rapporto

(19) o1oo1o

o11o11*1

1�

hKkvL�

hKkvL�

Y

YI

++

==

si ottiene un indice di var iazione della produttività globale. In effetti, il valore di IΠ dipende solo dalle variazioni delle produttività specifiche di lavoro e capitale, dato che si tratta degli unici elementi a differenziare il numeratore dal denominatore.

Naturalmente, per il calcolo della (19) sarà necessario avere

misure in valore assoluto di L e K. E' tuttavia possibile riformulare (19) in maniera tale da ottenerla mediante l'uso di numeri indici. Dividendo sia il numeratore che il denominatore di (19) per Y0, utilizzando prima la (18) che definisce il prodotto virtuale Y1*, e quindi la (14') e la (15'), si otterrà:

o

o1oo1o

o

1

o

*

1

o

1

YhKkvL

�YY

Y

Y

YY

I +==

da cui segue pure

Prodotto vir tuale

Indice di var iazione produttività globale

Cap.6 - La produttività - 269

I

Y

Y

YL

LY

K

K

Y

o

oo

oo

o

Π =+

1

1 1α β

ed infine si ottiene

(19’ )

o

1

o

1

o

1

K

K�

L

L�

Y

Y

I+

=

Dunque, l' indice della produttività globale può essere calcolato come un rapporto che abbia al numeratore l'indice di variazione del valore aggiunto reale e al denominatore la somma degli indici di variazione di lavoro e capitale, ponderati con la quota di reddito dei rispettivi fattori.

Chiaramente, per il calcolo di (19') non è necessario disporre di misure in valore assoluto di lavoro e capitale.

I concetti elaborati nell'ambito del metodo di Kendrick possono essere anche usati per scomporre le cause dell'evoluzione del valore aggiunto reale da un periodo all'altro. Sostituendo in (18) le formule della produttività specifica (14) e (15) si ottiene:

YY

L vL v

Y

K hK h Y

L

LY

K

Ko

o oo

o

o oo o

oo

o1 1 1

1 1* = + = +α β

α β

Y YL L

LY

K K

KY Y

L

LY

K

Koo

oo

o

oo o

oo

o1* =

++

+= + +α β α β

∆ ∆ ∆ ∆

Y Y v L k h Ko o o o o1

* = + +λ ∆ ∆

Si può così vedere che

Indice di produttività globale

Scomposizione delle cause di evoluzione del valore aggiunto

Prodotto vir tuale

270 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica il prodotto virtuale Y1* è uguale al prodotto effettivo del periodo 0 aumentato degli incrementi assoluti dei fattori, ciascuno moltiplicato per la rispettiva remunerazione media dello stesso periodo base.

Dalla precedente relazione si ricava immediatamente:

(18") Y Y v L k h Ko o o o o1* − = +λ ∆ ∆

da cui si osserva che la differenza tra il prodotto virtuale del periodo 1 e il prodotto effettivo del periodo 0 è pari alla remunerazione media del lavoro del periodo 0 moltiplicata per la variazione assoluta del fattore lavoro più la remunerazione media del capitale dello stesso periodo moltiplicata per la variazione assoluta del fattore capitale.

D'altra parte la differenza tra il prodotto Y1 e il prodotto Y1* rappresenta la variazione del prodotto reale al netto di variazioni verificatesi negli input di lavoro e di capitale. Essa rappresenta cioè la variazione del prodotto reale dovuta unicamente al cambiamento della produttività congiunta dei due fattori di produzione.

Con riferimento ai due periodi 0 e 1, la variazione complessiva del prodotto reale ( Y1 - Y0 ) sarà dunque data da:

Y1 - Yo = ( Y1* - Yo ) + ( Y1 - Y1* ) (20) Y1 - Yo = λovo ∆L + κoho∆K + ( Y1 - Y1*)

Dall'espressione precedente si osserva che Y1 - Yo può essere decomposto in tre parti determinate rispettivamente: (a) dalla variazione assoluta del fattore lavoro, pesata per la remunerazione media del lavoro del periodo base (funzione a sua volta di produttività specifica, valore monetario medio del capitale umano e struttura per età delle diverse componenti professionali); (b) dalla variazione assoluta del fattore capitale, pesata per la remunerazione media del capitale del periodo base (funzione a sua volta di produttività specifica, valore monetario medio del capitale materiale e struttura dello stock di capitale materiale); (c) maggiore produttività congiunta dei fattori capitale e lavoro, cioè aumentata capacità del sistema economico di trasformare risorse in beni e servizi.

Differenza tra produzione vir tuale e reale

Decomposizione della var iazione prodotto reale

-var iazione fattore lavoro

-var iazione fattore capitale

-var iazione congiunta di capiatle e lavoro

Cap.6 - La produttività - 271

6.3.4 Alcune considerazioni conclusive

A) Solow e Leontief

E' possibile mostrare che la misura della produttività proposta da Solow è essenzialmente identica a una misura elaborata da Leontief nell'ambito dell'analisi delle interdipendenze settoriali.

La procedura di misurazione proposta da Leontief è basata in

maniera determinante sulla utilizzazione dei coefficienti diretti. Dalla definizione di questi ultimi appare evidente come ai reciproci dei coefficienti diretti corrispondano altrettante misure di produttività parziale. In effetti, per queste ragioni, essi furono addirittura definiti da Leontief productivity coefficients.

Dunque, la procedura suggerita da Leontief consiste prima di tutto nel determinare per ogni input il relativo coefficiente diretto in due diversi periodi, e di calcolare le differenze relative per ognuna di queste coppie di coefficienti. Per esempio, prendendo per semplicità il caso in cui vi siano due soli input, L e K, e un solo output, X, le variazioni relative nei coefficienti diretti tra i periodi t e t-1 saranno rispettivamente per il lavoro:

L

X

L

XL

X

a a

a

t

t

t

t

t

t

l t l t

l t

−=

−−

1

1

1

1

1

1

e per il capitale

K

X

K

XK

X

a a

a

t

t

t

t

t

t

k t k t

k t

−=

−−

1

1

1

1

1

1

272 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica Una volta calcolate le variazioni relative dei coefficienti

diretti, la procedura prevede che esse siano aggregate utilizzando come pesi i rapporti tra i valori dei singoli input e la somma dei valori degli input. Se si indicano rispettivamente con Lpt e kpt i prezzi (valori unitari) di L e K, si avrà così la seguente misura aggregata delle variazioni relative nei fabbisogni diretti di input:

(21)

l t l t

l t

t L t t L t

t L t t L t t K t t K t

a a

a

L p L p

L p L p K p K p

−⋅

++ + +

+−

− −

− − − −

1

1

1 1

1 1 1 1( )

+ k t k t

k t

t K t t K t

t L t t L t t K t t K t

a a

a

K p K p

L p L p K p K p

−⋅

++ + +

− −

− − − −

1

1

1 1

1 1 1 1( ) ( )

I pesi utilizzati nella (21) sono l’equivalente delle quote di reddito α e β utilizzate da Solow e da Kendrick, mentre le variazioni relative dei coefficienti diretti possono essere approssimate rispettivamente come:

L L

L

X X

Xt t

t

t t

t

−−

−−

1

1

1

1

K K

K

X X

Xt t

t

t t

t

−−

−−

1

1

1

1

D'altra parte, i pesi utilizzati in (21) per aggregare queste variazioni relative non sono altro che l'equivalente delle quote di reddito α e β utilizzate da Solow (e da Kendrick).

Pertanto la (21) può essere riformulata nella seguente maniera:

(21’ ) βα ���

� −−

−+��

� −−

1

1

1

1

1

1

1

1

t

tt

t

tt

t

tt

t

tt

X

XX

L

LL

X

XX

L

LL

e, nel caso in cui si abbia ( o si ipotizza) α + β = 1, la (21') è l'immagine speculare dell'espressione al lato destro della (11), cioè la misura proposta da Solow per le variazioni della produttività globale.

Misura aggregata var iazioni inputs diretti

Cap.6 - La produttività - 273

La differenza di segno rispetto alla (11) è dovuta al fatto che la (21) costituisce una media ponderata delle variazioni relative intervenute nei coefficienti diretti i quali, come si è evidenziato all’ inizio di questo paragrafo, altro non sono che i reciproci delle produttività parziali generiche dei fattori primari L e K. A variazioni negative dei coefficienti corrisponderanno quindi variazioni positive delle produttività parziali e conseguentemente della produttività globale dei fattori.

Ma se valgono le consuete condizioni di concorrenza perfetta e massimizzazione dei profitti, l'ipotesi di rendimenti scalari costanti propria dell'analisi input-output implica effettivamente che le remunerazioni dei fattori siano uguali al prodotto, assicurando l'equivalenza formale dei due metodi di misurazione della produttività. Infine, si può notare che il metodo di Leontief è appropriato per il calcolo delle produttività parziali degli input intermedi, nonché di misure di produttività globale che tengano conto di questi input.

B) M isure di produttività parziale e di produttività globale : un confronto

Può essere interessante utilizzare alcuni dei costrutti analitici

elaborati qui sopra per esemplificare le condizioni in cui misure di produttività parziale possono risultare delle soddisfacenti approssimazioni a misure di produttività globale.

Si consideri a questo proposito la seguente misura in variazioni percentuali del p.u.l.:

(3") ∆ ∆ ∆( . . .)

( . . .)

p u l

p u l

Y

Y

L

Lo o o

= −

nonché la misura della produttività globale di Solow, qui riproposta per comodità:

Produttività parziale come approssima zione produttività globale

274 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica

(11) ∆ ∆ ∆ ∆AA

YY

LL

KK0 0 0 0

= − ⋅ − ⋅α β

Nel caso in cui si avrà α + β = 1, e quindi α = 1 - β, (11) diventa:

(11’ ) ∆ ∆ ∆ ∆ ∆ ∆ ∆ ∆A

A

Y

Y

L

L

K

K

L

L

p u l

p u l

K

K

L

L0 0 0 0 0 0 0 0

= − − ⋅ −�

�� = − ⋅ −

��β β

( . . .)

( . . .)

La (11') mostra in maniera evidente quanto già detto più volte,

e cioè che, in presenza di variazioni nella dotazione di capitale per unità di lavoro, le variazioni percentuali del p.u.l. non forniscono una misura veridica dei cambiamenti effettivamente avvenuti nella capacità dell'entità economica considerata di trasformare beni e servizi in risorse.

Tuttavia, mediante (11') è pure possibile accertare chiaramente come qualora la dotazione di capitale per unità di lavoro rimanga costante, implicando l'uguaglianza tra ∆K/Ko e ∆L/Lo , vi possa essere perfetta coincidenza tra le variazioni percentuali del p.u.l. e della produttività globale.

Ancora, si noti che nella maggior parte dei casi il valore di β è

vicino a 0,3. Quindi, se la differenza tra le variazioni percentuali di K e L non si discosta di molto da zero, allora le variazioni percentuali del p.u.l. saranno abbastanza prossime a quelle della produttività globale. Ciò contribuisce a spiegare come il p.u.l., universalmente utilizzato a fini pratici e analitici negli anni cinquanta e sessanta, sia stato gradualmente abbandonato (almeno per ciò che riguarda i lavori metodologicamente più solidi) dai primi anni settanta. E' infatti a partire da tale data che si sono verificate nelle economie industrializzate delle notevoli fluttuazioni nella dotazione di capitale per unità di lavoro.

C)Utilizzazione dei fattor i e misure di produttività globale

Pare opportuno concludere la trattazione delle misure di

produttività globale mettendo in luce come esista per esse un

Cap.6 - La produttività - 275

problema di distorsione ciclica simile a quello già riscontrato per la produttività parziale del lavoro. In effetti, non solo restano valide le considerazioni fatte a proposito dell'utilizzazione di addetti e ore di lavoro nell'ambito della misurazione del p.u.l., ma bisogna tenere conto di un ulteriore problema, legato alla corretta valutazione dei servizi di capitale impiegati nel processo di produzione.

Si ricorderà che il p.u.l. può essere influenzato da fattori

puramente ciclici se, per ragioni di convenienza delle imprese, le ore di lavoro effettivamente impiegate nell'ambito dell'attività produttiva fluttuano più di quanto non facciano le ore di lavoro complessivamente prestate dalla manodopera. Sarà quindi chiaro che un problema di natura simile, ma di entità probabilmente maggiore, esisterà anche per lo stock di capitale materiale.

Infatti, le misure tipicamente disponibili per lo stock di capitale

materiale ben difficilmente potranno dar conto delle variazioni cicliche presentate dai servizi forniti dal fattore capitale nel processo di produzione. Di fronte alla necessità di effettuare variazioni nella quantità prodotta, le imprese preferiranno far variare il tasso di utilizzazione dei propri impianti prima di procurarsi nuovi beni capitali o di disfarsi dei vecchi beni capitali.

E' quindi evidente che se non è possibile correggere le misure dello stock di capitale per tener conto del tasso di utilizzazione degli impianti, le fluttuazioni cicliche della produzione saranno ben più accentuate di quelle del capitale. Similmente a quanto già avveniva nell'ambito del calcolo del p.u.l., in una fase di recessione (espansione) vi sarà dunque una sottostima (sovrastima) delle reali capacità dell'entità economica considerata di trasformare risorse in beni e servizi.

Come si è già detto, per ciò che riguarda la misurazione del

fattore lavoro, l'impiego delle ore di lavoro pro-capite accanto al numero degli addetti rende questa distorsione ciclica della produttività meno accentuata. Nell'ambito della misurazione del fattore capitale, è possibile utilizzare delle misure del tasso di utilizzazione degli impianti, che tuttavia non sempre si rivelano attendibili. In ogni caso, è chiaro che qualora le stime disponibili per i fattori di produzione tendano a sottostimare o a sovrastimare nel corso del ciclo economico i servizi produttivi effettivamente resi da questi fattori, ciò influenzerà non solo le misure di produttività parziale ma anche le misure di produttività globale basate su queste stime.

Fluttuazioni cicliche di produzione e capitale

276 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica

Cap.6 - La produttività - 277

Spunti per la discussione

a) Fornisci degli appropriati esempi di variazioni della

produttività, dell'efficienza e del progresso tecnico. b) Definisci i seguenti concetti: economie di scala, rendimenti

scalari e saggio marginale di sostituzione tra fattori. c) Definisci il significato dei seguenti termini nell'ambito della

statistica economica (e più precisamente nell'ambito della misurazione della produttività): reale, effettivo, virtuale, nominale, monetario. Quali sono sinonimi tra di loro?

d) Nella funzione Cobb-Douglas modificata, o nel metodo di

Solow, il termine A è sovente definito come una misura di progresso tecnico. Pensi che questa definizione sia interamente appropriata?

e) Suggerisci una trasformazione della formula (11) del testo,

mediante la quale sia possibile misurare il livello della produttività globale.

f) Quali sono a tuo parere le ipotesi cruciali alla base del calcolo

dei valori attuali probabili di redditi e consumi futuri? g) Con riferimento al _ 6.3.3, dimostra che λ0 v0 e κ0 h0 sono

rispettivamente le remunerazioni medie di lavoro e capitale al tempo 0.

h) La distorsione ciclica nella misurazione della produttività di

lavoro e capitale è dovuta alla natura delle misure effettivamente disponibili per questi fattori. Pensi che un problema analogo possa verificarsi qualora per il calcolo delle produttività siano rilevanti delle misure dell'energia elettrica o delle materie prime utilizzate nel processo produttivo?

278 - A.Santeusanio G.Storti - Statistica economica

Nota bibliografica KENDRICK, W. (1956), Productivity Trends: Capital and

Labour, Review of Economics and Statistics. LEMMI, A., QUARANTA, A. e VIVIANI, A. (1991), La

misura della produttività: questioni di metodo ed evidenze empiriche, Università degli studi di Siena, Dipartimento di Metodi Quantitativi, Serie Rapporti Tecnici, n. 1.

LEONTIEF, W. (1968), Teoria economica delle

interdipendenze settoriali (input-output), Etas, Milano. NISTICO', A. e PROSPERETTI, L. (1991), Produzione e

produttività, in G. MARBACH (a cura di), Statistica Economica, UTET, Torino.

PREDETTI, A. (1984), Introduzione alla statistica economica,

cap. 8, Loescher, Torino. SOLOW, R. (1957), Technological Change and the Aggregate

Production Function, Review of Economics and Statistics.

Cap.6 - La produttività - 279

CAPITOLO 6 - LA PRODUTTIVITA' 249

6.1 Concetti generali e definitor i 249

6.2. La produttività parziale gener ica 253 6.2.1 Il prodotto per unità di lavoro 253 6.2.2 Alcuni problemi di misurazione 255

6.3 M isure di produttività globale 257 6.3.1 Il problema dell'aggregazione degli input 257 6.3.2 Il metodo di Solow 261 6.3.3 Il metodo di Kendrick (o delle variazioni relative) 264 6.3.4 Alcune considerazioni conclusive 271

A) Solow e Leontief 271 B) Misure di produttività parziale e di produttività globale un confronto 273 C)Utilizzazione dei fattori e misure di produttività globale 274

Spunti per la discussione 277 Nota bibliografica 278