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Capitolo 3 - I FATTORI PRODUTTIVI 3.1 Premessa La statistica economica è volta a studiare i fenomeni economici esprimibili in termini numerici con metodo statistico. I fenomeni considerati riguardano un insieme di soggetti e pertanto il metodo statistico è applicato a fenomeni di natura macroeconomica. Il metodo statistico consiste nella raccolta, organizzazione, analisi, interpretazione e presentazione di dati su fenomeni economici da cui trarre, mediante opportune tecniche, conoscenze anche su fenomeni non ancora noti. Occorre avvertire che non tutti i fenomeni economici, cioè quelli prodotti dagli uomini per soddisfare determinati bisogni con mezzi disponibili limitati, sono esprimibili in termini numerici. In tali casi il metodo statistico non è, ovviamente, applicabile. Propedeutico allo scopo è il concetto e la definizione di sistema economico. In maniera abbastanza semplificata si può dire che: Un sistema economico è costituito da individui che, con l'impiego di risorse naturali (terra), di beni prodotti in precedenza (capitali), con il lavoro e la capacità imprenditoriale, producono beni e servizi che utilizzano direttamente (immediatamente o in futuro) e/o scambiano con altri individui. Gli elementi presi in esame per la realizzazione dell'attività di produzione sono detti anche fattori produttivi. Essi sono: (a) lavoro, cioè l'attività produttiva dell'uomo sia materiale che intellettuale; Finalità statistica economica Sistema economico Fattori produttivi

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Capitolo 3 - I FATTORI PRODUTTIVI

3.1 Premessa

La statistica economica è volta a studiare i fenomeni economici esprimibili in termini numerici con metodo statistico.

I fenomeni considerati riguardano un insieme di soggetti e pertanto il metodo statistico è applicato a fenomeni di natura macroeconomica. Il metodo statistico consiste nella raccolta, organizzazione, analisi, interpretazione e presentazione di dati su fenomeni economici da cui trarre, mediante opportune tecniche, conoscenze anche su fenomeni non ancora noti. Occorre avvertire che non tutti i fenomeni economici, cioè quelli prodotti dagli uomini per soddisfare determinati bisogni con mezzi disponibili limitati, sono esprimibili in termini numerici. In tali casi il metodo statistico non è, ovviamente, applicabile.

Propedeutico allo scopo è il concetto e la definizione di sistema

economico. In maniera abbastanza semplificata si può dire che:

Un sistema economico è costituito da individui che, con l'impiego di risorse naturali (terra), di beni prodotti in precedenza (capitali), con il lavoro e la capacità imprenditoriale, producono beni e servizi che utilizzano direttamente (immediatamente o in futuro) e/o scambiano con altri individui.

Gli elementi presi in esame per la realizzazione dell'attività di produzione sono detti anche fattor i produttivi. Essi sono:

(a) lavoro, cioè l'attività produttiva dell'uomo sia materiale che

intellettuale;

Finalità statistica economica

Sistema economico

Fattor i produttivi

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(b) ter ra, cioè le risorse naturali; (c) capitale, cioè l'insieme dei beni di produzione riproducibili ; (d) l'imprenditor ialità o l'organizzazione, cioè la capacità di

organizzare gli altri fattori produttivi. Si può pensare di rappresentare schematicamente l'articolazione

delle attività fondamentali di un sistema economico (produzione, consumo e formazione del capitale) e i tre settori in cui una economia può pensarsi suddivisa (settore delle imprese, settore delle famiglie e settore della proprietà), attraverso lo schema seguente:

PRODUZIONE

(settore delle imprese)

CONSUMO

(settore delle famiglie)

(settore della proprietà)

FORMAZIONE DEL CAPITALE

C

S

F

Y

Esso costituisce la rappresentazione più semplice delle relazioni

accennate nel caso di una economia chiusa. Con la lettera Y si indica il flusso dei redditi dei fattori

produttivi (salari, stipendi, rendite, interessi, profitti) che ha origine nel settore delle imprese e affluisce al settore delle famiglie che, a sua volta, domanda i beni di consumo C al settore delle imprese che produce tali beni.

La differenza S = Y - C è il risparmio che dal settore delle famiglie, dove si origina, affluisce al settore della proprietà che, a sua volta, domanda i beni di investimento F al settore delle imprese.

Da quanto brevemente accennato si può desumere che la famiglia è l'organo che decide la ripartizione del reddito tra consumi e risparmio cioè tra domanda di beni di consumo e domanda di beni capitali. Direttamente o indirettamente il potere di decisione spetta alle famiglie e quindi alla popolazione. Concludendo, in questa visione di

Schema semplificato di sistema economico

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Cap.3 - I fattori produttivi 91

tipo keynesiano, la popolazione si rivela non solo collocata al centro del sistema economico, ma si scopre come l'unico e necessario primum movens del sistema stesso.

3.2 Il lavoro

3.2.1 I l fattore lavoro (concetti e definizioni) Lo studio, sia dello stato sia delle variazioni che una data

popolazione presenta, riveste particolare interesse sotto diversi aspetti: demografici, sociali ed economici. In particolare, tralasciando gli aspetti demografici, si porta l'attenzione su quelli più strettamente economico-sociali.

La popolazione è al centro delle finalità economiche; a essa è destinato il reddito che una data economia produce; da essa nascono le decisioni in base a cui si determinano i consumi e il risparmio da cui, infine, scaturisce il finanziamento per la formazione del capitale; infine essa, mettendo la forza lavoro a disposizione del settore delle imprese, contribuisce in maniera determinante alla formazione del prodotto lordo.

Al concetto di residenza o non residenza in uno Stato, in una

Regione o in un Comune, e del conseguente carattere della presenza o assenza, sono legati i criteri di calcolo di importanti dati economici come quelli relativi al prodotto lordo, ai consumi, al movimento turistico, ai movimenti per ragioni di lavoro.

Per quanto concerne il prodotto lordo è detto interno quando è

costituito dalla somma dei valori aggiunti che si sono formati nelle unità produttive operanti sul territorio economico del paese; mentre è detto nazionale l'aggregato che esprime i risultati economici conseguiti dai fattori produttivi residenti nel paese ed equivale al valore dei servizi produttivi resi nel paese e all'estero dai fattori della produzione residenti. La differenza tra prodotto nazionale lordo e prodotto interno lordo è data dai redditi netti dall'estero.

Per tale motivo particolare importanza riveste la distinzione tra popolazione presente e popolazione residente.

La popolazione presente, in un dato territorio, a un dato istante di tempo, è costituita dalle persone che effettivamente si trovano sul territorio in questione all'istante considerato (sono comprese, pertanto, le persone temporaneamente presenti ed escluse quelle temporaneamente assenti).

Impor tanza della popolazione

Aggregati “ interni” e “ nazionali

Popolazione e presenza sul ter r itor io

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92 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

Il concetto di popolazione presente rispecchia la relazione per così dire fisica tra popolazione e territorio. Infatti, in base alla definizione adottata dall'Istat la popolazione presente di ciascun comune è costituita:

(a) dalle persone presenti nel comune alla data del censimento e aventi in esso dimora abituale;

(b) dalle persone presenti nel comune alla data del censimento, ma aventi dimora abituale in altro comune o all'estero.

La popolazione residente è costituita dalle persone che, con riferimento a un dato istante, hanno la dimora abituale nel paese considerato, dal quale possono essere temporaneamente assenti.

Più precisamente nelle rilevazioni ufficiali la popolazione residente di ciascun comune è costituita dalle: (a) persone con dimora abituale nel comune e ivi presenti alla data del censimento; (b) persone aventi anche esse dimora abituale nel comune, ma che alla data del

censimento risultavano assenti per uno dei seguenti motivi: (1)servizio militare di leva, di richiamo alle armi, di volontariato istruzione,

rieducazione, noviziato religioso; (2) baliatico per un periodo non superiore ai due anni, esclusi i ricoveri in istituti

psichiatrici in base a provvedimenti di ricovero definitivo ; (3) detenzione in attesa di giudizio o condanna inferiore a 5 anni (4) affari, turismo, breve cura e simili, servizio statale all’estero, imbarco su navi

della marina militare o mercantile

Un esame delle definizioni mette in evidenza che mentre la prima (popolazione presente) fa riferimento al legame fisico istantaneo dell'individuo su un dato territorio, la seconda (popolazione residente) è legata ad aspetti e abitudini di vita e alla dimora abituale nel territorio considerato.

La popolazione presente e residente dell'Italia alle date dei censimenti, dal 1861 al 2001 è riportata nella Tav. 3.1.Dalla suddetta tavola si può desumere che, ad eccezione del 1991, la popolazione residente è stata nel corso del tempo, sia pure con diverso divario, sempre superiore alla popolazione presente. Ciò è da mettere in relazione con il fatto che la popolazione italiana è stata indotta, a causa delle non favorevoli condizioni economiche, alla emigrazione. Il massimo del rapporto della popolazione residente sulla popolazione presente si è raggiunto nel 1911 (103,4) in corrispondenza degli anni di massima emigrazione di popolazione.1:

1 Nel primo decennio del secolo sono emigrati oltre sei milioni di persone di cui tre milioni e

mezzo verso paesi transoceanici.

Popolazione e dimora abituale

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Cap.3 - I fattori produttivi 93

Con il censimento del 1981, il rapporto popolazione residente su

popolazione presente diventa invece pari a uno per poi scendere a 0,99 nel 1991, testimoniando gli avvenuti cambiamenti nella posizione relativa dell'Italia nel mondo per ciò che riguarda il benessere economico. I dati relativi al censimento 2001 sembrano riportare sopra a 1 il valore di tale rapporto, ma tale esito sembra influenzato dal carattere provvisorio dei dati disponibili e quindi ancora non pienamente valutabile.

Altro aspetto di rilievo che si può desumere dai dati riportati nella Tav. 3.1 è costituito dalla composizione per sesso della popolazione. Si può infatti vedere che il rapporto di mascolinità, ottenuto rapportando il numero di maschi al numero di femmine.

Il suddetto rapporto può essere studiato sul lungo periodo con l'ausilio dei risultati dei

censimenti della popolazione dall'unità d'Italia ad oggi; è passato da 103,8 del 1861 a 94,1 del 1991. Il rapporto è stato superiore a 100 nel corso dei primi cinquanta anni di unità italiana e ha presentato il primo valore inferiore a 100 nel 1921. Tale inversione è da mettere in relazione con le forti perdite subite dalla popolazione maschile nel corso della Prima Guerra Mondiale e con l'aumento della durata di vita che è stato più marcato per le femmine. Il rapporto di mascolinità, sufficientemente stabile dal 1931 (96,7) al 1971 (96,0), è ulteriormente e fortemente diminuito ancora nel 1981 (95,4) e nel 1991, per poi stabilizzarsi con i dati provvisori del 2001.

Tav. 3.1 Popolazione residente e popolazione presente ai censimente dal 1981 al 2001

milioni di persone Popolazione residente Popolazione Rapporti %

_________________________ presente Censimenti Maschi Femmine Totale ∆ Totale M/F PR/PP

31-12-1861 13,4 12,9 26,3 ---- 25,8 103,8 102,0 31-12-1871 14,3 13,8 28,1 6,7 27,6 103,6 101,8 31-12-1881 15,1 14,7 29,8 5,7 29,3 102,7 101,7 10-02-1901 17,0 16,8 33,8 6,6 33,4 101,2 101,2 10-06-1911 18,6 18,3 36,9 8,6 35,7 101,6 103,4 1-12-1921 18,8 19,0 37,8 2,4 37,4 98,9 101,1 21-04-1931 20,2 20,9 41,1 8,6 40,6 96,7 101,2 21-04-1936 20,8 21,6 42,4 6,5 42,3 96,3 100,2 4-11-1951 23,3 24,2 47,5 7,4 47,2 96,3 100,6 15-10-1961 24,8 25,8 50,6 6,4 49,9 96,1 101,4 24-10-1971 26,5 27,6 54,1 6,7 53,7 96,0 100,7 25-10-1981 27,5 28,8 56,3 4,4 56,3 95,4 100,0 20-10-1991 27,4 29,1 56,5 0,4 57,1 94,1 98,9 21-10-2001 27,3 29,0 56,3 -0,2 56,1 94,1 100,4

______________________________________________________________ NB:∆ = incremento medio annuo per mille

Composizione per sesso - Rappor to di mascolinità

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94 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

Dal punto di vista economico la composizione per età della popolazione riveste una notevole importanza. La partecipazione o meno al processo produttivo dipende fortemente dall'età delle persone appartenenti a una data popolazione. La conoscenza differenziata della popolazione per classi di età consente di approfondire problemi di varia natura (economici, sociali, É) che si presentano alle diverse età.

Graf.3.1 -Popolazione residente su presente Rapporto di mascolintà -

1861-1991

88

90

92

94

96

98

100

102

104

106

1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991

maschi/femmine

pop.residente/pop.presente

Una popolazione con una forte componente di individui in giovane età presenta problemi connessi con istruzione, formazione e occupazione. Una popolazione con forte presenza di persone in età avanzata pone a sua volta problemi per ciò che riguarda la sfera dell'assistenza e della previdenza. E' pure evidente che le due problematiche, sia pure con diversa intensità, si possono presentare contemporaneamente. Tutto ciò pone l'esigenza di disporre di una approfondita documentazione a proposito della distribuzione per età della popolazione

I risultati dei censimenti consentono di avere la distribuzione per età della popolazione italiana dal 1861 fino al 1991. Si può rilevare dalla Tav. 3.2 che la distribuzione per età della popolazione italiana risulta conforme alla regolarità di una popolazione crescente per eccedenza delle nascite dal 1861 fino al 1921.

Nei censimenti del 1921 e del 1951 sono evidenti i risultati della forte contrazione delle nascite verificatasi durante le guerre mondiali. Nei censimenti successivi, a causa della sempre maggiore contrazione dei tassi di natalità, la popolazione italiana diventa sempre meno giovane e sempre più aumenta il contingente di persone anziane.

Composizione per età

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Cap.3 - I fattori produttivi 95

L'analisi della distribuzione della popolazione per classi di età

può essere effettuata sotto diversi aspetti e con l'ausilio di opportuni indicatori, come, per esempio:

l'indice di dipendenza demografica ottenuto rapportando il contingente di popolazione in età non lavorativa (P0-14 + P65-ω) a quello della popolazione in età lavorativa P15-64.

L'indice può essere quindi espresso mediante la seguente

formula:

(1) P P

P0 14 65

15 64

− −

+ ω

Si può tenere separata la parte del contingente che figura al

numeratore relativa ai giovani non ancora in età di lavoro (P0-14) da quella relativa agli anziani che non sono più in età lavorativa (P65-ω), ottenendo di conseguenza il seguente indice di dipendenza demografica giovanile:

(2) PP

0 14

15 64

. Tav. 3.2 Popolazione residente per classi di età ai censimenti 1881-1991

Distribuzione percentuale per classi di età

Censimenti Popolazione residente

milioni

0-4

5-14

15-24

25-44

45-54

55-64

65-74

75-ω

31-12-1861 26,3 13,6 20,6 17,8 28,0 9,4 6,4 3,1 1,1 31-12-1871 28,1 11,6 20,9 17,8 27,4 10,3 6,9 3,7 1,4 31-12-1881 29,8 12,1 20,1 17,9 27,3 10,0 7,6 3,6 1,4 10-02-1901 33,8 13,0 21,4 17,4 24,7 9,8 7,6 4,4 1,7 10-06-1911 36,9 12,4 21,4 17,6 24,2 9,7 7,7 4,7 2,1 1-12-1921 37.8 9.3 21.7 18.7 25.8 9.5 7.7 4.8 2.4 21-04-1931 41,1 11,2 18,5 19,1 26,5 9,8 7,6 5,1 2,2 21-04-1936 42,4 10.1 20.6 16.4 28.0 9.9 7.6 5.1 2.3 4-11-1951 47.5 9.1 17.0 17.1 28.8 11.4 8.4 5.7 2.5 15-10-1961 50.6 8.3 16.2 15.5 28.0 12.8 9.6 6.3 3.3 24-10-1971 54.1 8.2 16.3 14.7 27.1 11.5 10.9 7.4 3.9 25-10-1981 56.6 5.9 15.5 15.6 26.8 12.7 10.3 8.5 4.7 20-10-1991 57.6 4.9 11.8 16.0 28.6 28,6 14,5

Indici di dipendenza demografica

Indici di dipendenza demografica giovanile

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96 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

In maniera analoga si può costruire il seguente indice di dipendenza demografica degli anziani:

(3) PP

65

15 64

ω

I dati riportati nella Tav. 3.3 consentono di determinare gli indici

di dipendenza demografica alle date dei vari censimenti succedutisi in Italia dal 1861 al 1991.

Gli indici di dipendenza demografica presentano un valore iniziale nel 1861 pari a 623 per mille e valori abbastanza stabili fino al 1936 in cui si ritrova un valore (615) molto prossimo a quello iniziale. In occasione del censimento del 1951 si ottiene un valore pari a 522 per mille cui fanno seguito nei censimenti successivi valori molto prossimi. Nel 1991 si ottiene invece un indice che scende a 454 per mille. Sulla base dei dati esaminati, di conseguenza, si può individuare un primo periodo piuttosto lungo con un livello di dipendenza attorno ai due terzi, cui fa seguito un altro notevole periodo con un livello di dipendenza pari a poco più della metà

Negli ultimi dieci anni si manifesta una ulteriore contrazione che colloca la dipendenza a un livello pari a poco più del 40%. Su un arco di 130 anni la contrazione dell'indice di dipendenza demografica risulta in pratica abbastanza contenuto (- 28% circa).

Se si passa a considerare l'evoluzione degli indici di dipendenza demografica dei giovani e dei corrispondenti indici degli anziani si possono mettere in evidenza particolarità di maggior rilievo. Per i giovani si può notare un andamento che ha lo stesso segno di quello

Tav. 3.3 Indici di dipendenza demografica ai censimenti dal 1861 al 1991

Distribuzione per età Indici di dipendenza demografica Censimenti 0-14 15-64 65-ω giovani anziani totale

percentuali unità per mille 31-12-1861 34,2 61,6 4,2 555 68 623 31-12-1871 32,5 62,4 5,1 521 82 603 31-12-1881 32,2 62,8 5,0 513 80 593 10-02-1901 34,4 59,5 6,1 578 103 681 10-06-1911 33,0 59,2 6,8 557 114 671 1-12-1921 31,0 61,8 7,2 502 117 619 21-04-1931 29,7 63,0 7,3 471 116 587 21-04-1936 30,7 61,9 7,4 495 120 615 4-11-1951 26,1 65,7 8,2 397 125 522 15-10-1961 24,5 65,9 9,6 372 146 518 24-10-1971 24,5 64,2 11,3 382 176 558 25-10-1981 21,4 65,4 13,2 327 202 529 20-10-1991 16,7 68,8 14,5 243 211 454

Indici di dipendenza demografica degli anziani

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Cap.3 - I fattori produttivi 97

generale (benché sia maggiormente accentuato), mentre per l'indice degli anziani l'andamento è di segno opposto.

Graf.3.2-Indici di dipendenza demografica -1861-1991

0

100

200

300

400

500

600

700

1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991

giovani anziani

Totale

L'analisi di questi indici porta a individuare un primo insieme di

problemi legati alla composizione per età della popolazione e alla sua evoluzione. I dati esaminati portano ragionevolmente a ritenere che in futuro, sia pure in termini relativi, dovrebbe verificarsi una minore accentuazione delle spese per l'istruzione e una maggiore spesa per la previdenza e assistenza degli anziani.

3.2.2 Popolazione totale e popolazione attiva

Prendendo in esame aspetti della popolazione più pertinenti dal

punto di vista economico si possono ulteriormente articolare ed estendere le conclusioni qui sopra raggiunte.

La popolazione di un dato paese può essere disaggregata in base a opportuni caratteri individuali che permettono di porre in evidenza la funzione economica degli elementi che compongono la collettività. Sono qui considerati quei caratteri individuali che si riferiscono alle caratteristiche strutturali socio-economiche della collettività stessa.

Si può pensare di rappresentare la popolazione di un dato

territorio in un determinato istante con un rettangolo le cui partizioni stanno a significare i contingenti di popolazione di maggiore significato.

Popolazione totale e popolazione attiva

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98 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

Dall'osservazione del grafico si possono distinguere due

aggregati fondamentali della popolazione complessiva: (a) popolazione attiva; (b) popolazione non attiva.

La popolazione attiva è costituita dalle persone che partecipano o desiderano partecipare al processo produttivo.

Occupati

Disoccupati

Persone in cerca di prima occupazione

Popolazione

attiva

Popolazione attivain condizioneprofessionale

Popolazione attivain condizionenon professionale

Persone in età prescolasticaPersone in età di obbligo scolastico

Studenti in età lavorativaCasalinghePensionatiBenestanti

Invalidi

Popolazione

non

attiva

POPOLAZIONE TOTALE

Per quanto concerne la popolazione attiva, è opportuno fare una

successiva classificazione per individuare l'insieme di persone che, occupate o già occupate, hanno una caratterizzazione professionale, per tenerle distinte dall'insieme di coloro che, essendo in cerca di una prima occupazione, non sono ancora in possesso di una caratterizzazione professionale. La popolazione attiva può pertanto essere suddivisa in:

(a) popolazione attiva in condizione professionale (occupati in proprio o alle dipendenze altrui e disoccupati in cerca di nuova occupazione);

(b) popolazione attiva in condizione non professionale (persone in cerca di prima occupazione).

Questi due aggregati identificano, salvo le precisazioni concettuali e metodologiche che verranno fatte in seguito :

(a) forza di lavoro in condizione professionale e (b) forza di lavoro in condizione non professionale

Popolazione attiva

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Cap.3 - I fattori produttivi 99

La popolazione non attiva è composta dalla popolazione che non partecipa al processo produttivo.

La popolazione non attiva comprende:

(a) studenti; (b) casalinghe; (c) persone in età prescolastica e prelavorativa, costituita dai

bambini fino a 6 anni e da quelli in età 6-14 anni soggetti all'obbligo scolastico;

(d) altre categorie di persone che per età o per altre ragioni (agiatezza, invalidità, detenzione superiore a 5 anni) non lavorano e non cercano lavoro

Da quanto detto, si desume che la popolazione attiva da una parte non comprende le donne che attendono alle cure domestiche e, dall'altra comprende, invece, le persone in cerca di occupazione.

La popolazione attiva corrisponde alla offerta di lavoro, cioè al complesso di persone sul quale un paese può contare per l'esercizio e lo sviluppo delle attività economiche.

3.2.3 Definizione e concetto di popolazione attiva

Per meglio precisare i concetti presentati qui sopra, è opportuno

tener presente come essi sono stati definiti in occasione dei più recenti censimenti della popolazione.

La popolazione attiva è costituita dalle persone in condizione professionale e quelle in cerca di prima occupazione.

La popolazione in condizione professionale è costituita dalle persone che nella settimana precedente la data del censimento risultavano occupate o disoccupate alla ricerca di nuova occupazione.

Le persone in cerca di prima occupazione sono coloro che non hanno mai esercitato un'attività lavorativa o hanno cessato una attività lavorativa in proprio e sono alla ricerca di una occupazione alle dipendenze essendo in grado di accettarla se viene loro offerta.

La popolazione non attiva è costituita da: (a) tutti i bambini e ragazzi fino a 14 anni; (b) casalinghe, che si dedicano prevalentemente alla cura della

propria famiglia e della propria casa; (c) studenti, che si dedicano prevalentemente allo studio;

Popolazione non attiva

Popolazione attiva

Popolazione in condizione professionale

Popolazione in cerca di I occupazione

Popolazione non attiva

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(d) persone ritirate dal lavoro, che hanno cessato una attività lavorativa per raggiunti limiti di età o altra causa;

(e) censiti in età da 15 anni in poi non appartenenti alla popolazione attiva come sopra definita. Tra questi ultimi sono compresi anche coloro che stanno assolvendo gli obblighi di leva.

Si può pertanto desumere, sulla base delle definizioni riportate,

che la separazione tra popolazione attiva e popolazione non attiva è legata alla partecipazione (o volontà di partecipazione) al processo produttivo. Infatti la popolazione attiva, oltre a comprendere coloro che sono occupati, comprende anche coloro che desiderano lavorare; la popolazione non attiva è invece costituita da coloro che non partecipano al processo produttivo né intendono farlo.

L'approfondimento successivo dello studio della popolazione

attiva riguarda la condizione professionale che è analizzata mediante un triplice ordine di caratteri riguardanti rispettivamente:

(a) professione; (b) posizione nella professione; (c) ramo di attività. Tale approfondimento è richiesto per meglio comprendere come

la popolazione attiva partecipi alle diverse attività di una data economia.

La professione è il genere di lavoro, economicamente produttivo, esplicato da una data persona. Pertanto, per professione si intende il lavoro individuale prestato che, essendo un fenomeno rilevabile nel tempo e nello spazio, rappresenta un dato concreto della realtà, caratterizzato da elementi che possono essere percepiti con l'osservazione diretta.

Nel concetto di lavoro è implicito lo sforzo fisico o intellettuale

richiesto alla persona che lo esercita e l'oggetto sul quale tale sforzo viene applicato. In relazione alla prevalenza e alla natura di questi elementi, si è soliti far distinzione tra lavoro prevalentemente intellettuale e lavoro manuale. Le attività di carattere prevalentemente intellettuale sono comunemente designate come professioni o arti liberali; quelle di carattere prevalentemente manuale, come arti o mestieri. Tuttavia, per semplicità di linguaggio, si designano con il termine professioni sia le professioni e arti liberali che le arti e mestieri.

Le professioni forniscono la qualificazione tecnologica delle attività di natura economica svolte dai singoli e concorrono alla classificazione statistica delle medesime unitamente alla specificazione economica e a quella istituzionale, rispettivamente

Condizione professionale

Professione

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Cap.3 - I fattori produttivi 101

espresse dalla posizione nella professione e dal ramo di attività economica in cui tali attività vengono esplicate.

In una collettività economicamente avanzata il numero delle

professioni è grandissimo e continuamente in aumento. In quasi tutti i paesi gli Uffici di Statistica hanno elaborato un elenco di professioni opportunamente raggruppate per affinità. Nella classificazione adottata dall'Istat le singole voci professionali sono dapprima raggruppate in professioni elementari; più categorie costituiscono le classi e infine più classi formano i gruppi.

Le professioni elementar i sono raggruppamenti di voci

professionali che possono considerarsi, in linea di massima, omogenee.

Le classi sono costituite da un insieme di categorie aventi in comune i caratteri generici più importanti.

Grandi gruppi Gruppi Classi Professioni.

elementari

Voci

1.Legislatori, dirigenti e imprenditori 2 6 34 183 2.Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione

6

20

105

774

3.Professioni intermedie (tecnici) 4 13 90 859 4..Professioni esecutive relative all'amminstra zione e gestione

2

6

44

215

5.Professioni relative alle vendite e servizi per le famiglie

5

15

63

557

6.Artigiani, operai specializzati e agricoltori 5 21 117 1743 7.Conduttori di impianti, operatori di macchinari e operai di montaggio industriale

4

21

102

1438

8.Personale non qualificato 6 16 43 464 9.Forze armate 1 1 1 86

Totali 35 119 599 6319

I gruppi sono stati costituiti allo scopo di riunire in ciascuno di essi le classi di professioni affini tra loro e per dare una visione sintetica della classificazione stessa. I primi nove gruppi fanno riferimento alle professioni, mentre l'ultimo gruppo riguarda le condizioni non professionali

La classificazione adottata in occasione del censimento 1991 è stata elaborata per tenere conto della raccomandazioni formulate a livello internazionale dalla Conferenza internazionale degli statistici del lavoro. Questa classificazione è stata realizzata considerando come unità elementare la "professione", intesa come un'insieme di posti di lavoro che implicano una serie di compiti comuni. Per tale motivo esse sono sintetizzate in "gruppi professionali" che individuano il livello di qualificazione e la specializzazione della qualificazione.

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102 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

La classificazione delle professioni è articolata su 9 grandi gruppi, 35 gruppi, 119 classi, 599 professioni e 6319 voci elementari.2

L'analisi delle professioni è basata sul "tipo di lavoro svolto" identificato attraverso tre componenti fondamentali: (a) il livello di autonomia/responsabilità nei processi decisionali (b) l'area di specializzazione (c) la funzione

La classificazione adottata nel 1991, da un lato, ha avvicinato la classificazione italiana a quella internazionale, dall'altro, rende difficile la comparazione con le classificazioni adottate nei precedenti censimenti a causa dei diversi criteri classificatori adottati.

Nella classificazione le singole voci professionali sono raggruppate in

professioni elementari; più professioni elementari costituiscono le classi; più classi compongono i gruppi ed infine più gruppi formano i grandi gruppi.Se si considera il 4° grande gruppo che si suddivide in due gruppi, a loro volta suddivisi in classi (caratterizzati da tre cifre) ed ancora in professioni elementari (caratterizzati da quattro cifre), nello schema che segue le voci professionali sono scritte in corsivo e non sono contraddistinte da alcun numero di codifica. La condizione non professionale è individuata dalle particolari condizioni delle persone che non sono ancora, o non sono più, o non sono mai state in grado, o nella necessità di esercitare una professione.

I dati sulle professioni danno adito peraltro a motivi di

incertezza quando l'esame è molto analitico, per due ordini di motivi legati a fattori oggettivi e soggettivi.

La classificazione adottata in occasione del censimento del 1981 si articolava in 258 categorie,

raggruppate in 58 classi e 10 gruppi.

Grandi gruppi Gruppi Classi Professioni elementari

Voci professionali

4.Professioni relative all'amm. e gestione 4.1 Impiegati d'ufficio 4.2 Impiegati contatto diretto con clientela 4.2.1 - Cassieri,addetti allo sportello, assimilati

4.2.1.1 -Cassieri,bigliettai (escl.commess negozio)

Addetto all'incasso di effetti, bollette e similari Bigliettaio di autobus,filobus e tram Cassiere Esattore di autostrada Sportellista

4.2.1.2 -Addetti allo sportello bancario Addetto allo sportello bancario Cambiavalute Cassiere di banca

Condizione non professionale

Motivi di incer tezza

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Cap.3 - I fattori produttivi 103

(a) I fattori oggettivi, come si è osservato, dipendono dalla concreta impossibilità di stabilire le diverse forme in cui può manifestarsi il lavoro professionale.

Questo fa sì che, per quanto curate siano le classificazioni delle professioni, esse da un lato non comprendano nuove professioni create dall'evoluzione socio-economica, e dall'altro comprendano professioni già scomparse.

(b) I fattori soggettivi riguardano l'eventuale incapacità che

l'individuo può avere nel dichiarare correttamente la professione esercitata,con le specificazioni che il caso richiede, proprio perché non sa definire, se non in modo generico, la sua attività nell'ambito del processo produttivo in cui presta la propria opera.

Da questo punto di vista va infatti ricordato che, mentre nella rilevazione della popolazione attiva effettuata ai diversi censimenti, è l'individuo che compila il modello di rilevazione (foglio di famiglia) assumendosi le responsabilità di quanto dichiarato, nelle indagini campionarie sulle forze di lavoro, la compilazione dei modelli stessi è affidata a personale appositamente addestrato dall'Istat, che rileva le risposte individuali curandone specificamente la loro completezza.

La posizione nella professione caratterizza l'individuo come fattore della produzione. In linea di massima può essere articolata in tre sottogruppi: (a) imprenditore; (b) imprenditore lavoratore; (c) lavoratore dipendente.

Il concetto di posizione nella professione è un concetto di natura

prettamente economica che mette in luce il tipo e la qualità dell'apporto individuale allo svolgimento della produzione economica. Si possono individuare tre diverse posizioni nella professione.

L'imprenditore è una persona che svolge esclusivamente le

funzioni imprenditoriali. Partecipa quindi al processo produttivo sia con il suo capitale che con le sue capacità decisionali.

L'imprenditore lavoratore accoppia le funzioni imprenditoriali

a quelle di prestatore di opera, come è il caso dei coltivatori diretti di aziende agricole e dei conduttori di aziende non agricole a carattere generalmente familiare e artigianale.

Il lavoratore dipendente infine partecipa alla produzione

soltanto con il suo lavoro. Quest'ultima posizione suole essere

-fattor i oggettivi

-fattor i soggettivi

Posizione nella professione

Imprenditore

Imprenditore lavoratore

Lavoratore dipendente

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104 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

ulteriormente specificata, a seconda della qualità dell'opera prestata, come dirigente, impiegato e lavoratore dipendente.

La classificazione delle attività economiche presenta diversi livelli di raggruppamenti: quello minimo è denominato categoria, quello successivo classe, quelli superiori rispettivamente gruppi, divisioni, e sezioni3.

Le sezioni C (Estrazione di minerali) e D (Attività

manifatturiere) sono a loro volta suddivise in sottosezioni (rispettivamente 2 per la C e 14 per la D).

Le sezioni sono individuate con una lettera maiuscola dell’alfabeto (da A fino Q); le sottosezioni da due lettere dell’alfabeto di cui la prima è quella della sezione di appartenenza.

Le divisioni sono individuate da una coppia di numeri; a questa coppia di numeri se ne aggiunge uno via via per identificare i gruppi (3 cifre), le classi (4 cifre) e le categorie (5 cifre). A partire dal gruppo i numeri che precedono l’ultima cifra servono per identificare il raggruppamento superiore: ad esempi nel caso dei gruppi contraddistinti da 3 numeri i primi due identificano la divisione di appartenenza.

La conoscenza della distribuzione della popolazione attiva è di estrema importanza per l'analisi dello sviluppo economico e sociale di un determinato paese.

Nei paesi che si trovano ancora a uno stadio iniziale di sviluppo

la quota di popolazione dedita alle attività agricole (attività primarie) è di gran lunga la prevalente. Tale quota tende a decrescere, a favore principalmente della quota di popolazione addetta al settore industriale (attività secondarie), mano a mano che si manifesta lo sviluppo industriale. La quota degli addetti ai servizi (attività terziarie) tende a essere prevalente nei sistemi ad avanzato stadio di sviluppo.

Sulla base dei dati dei censimenti della popolazione italiana dal 1861 al 1991 è possibile seguire come le quote di attivi in agricoltura, industria e servizi siano andate mutando nel corso del tempo.

3 Qui si fa riferimento alla nuova classificazione delle attività economiche

ATECO91, adottata con il Censimento della popolazione del 1991. A proposito dell’ATECO91 si veda la nota 14 del capitolo 1.

Classifica- zione delle attività economiche

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Cap.3 - I fattori produttivi 105

Graf.3.3-Popolazione in condizione professionale 1861-1991

0

10

20

30

40

50

60

70

1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991

%

agricoltura industria servizi

La quota di popolazione attiva in condizione professionale del settore agricolo è passata da circa il 70 per cento del 1861 all'8,5 per cento del 1991.

Tav. 3.4 Popolazione residente attiva in condizione

professionale per settore di attività economica Censimenti 1861-1991

Pop.attiva in condizione professionale Popolazione Pop.attiva Censi- Agricol Indu Servizi Totale residente Pop.totale

menti tura stria totale . ..................%................ .........migliaia......... %.

1861 69,7 18,1 13,2 15.535 26.328 59,0 1871 67,5 19,2 13,3 15.941 28.151 56,6 1881 65,4 20,2 14,4 16.090 29.791 54,0 1901 61,7 22,3 16,0 16.695 33.778 49,4 1911 58,4 23,7 17,9 17.497 36.921 47,4 1921 55,7 24,8 19,5 17.468 37.856 46,1 1931 51,7 26,3 22,0 18.212 41.043 44,4 1936 49,4 27,3 23,3 18.583 42.399 43,8 1951 42,2 32,1 25,7 19.577 47.516 41,2 1961 29,1 40,6 30,3 19.592 50.624 38,7 1971 17,2 44,4 38,3 18.831 54.137 34,8 1981 11,1 39,5 49,4 20.246 56.557 35,8 1991 8,5 32,0 59,5 21.592 57.103 37,8

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106 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

L'andamento decrescente di tale quota, continua e dell'ordine di 2-3 punti percentuali per decennio fino al 1951, ha avuto un andamento più velocemente declinante nell'ultimo quarantennio di osservazione in cui lo sviluppo dell'economia è stato tale da portare il nostro paese a un avanzato livello di industrializzazione. Nel 1951 infatti la percentuale di attivi in agricoltura rispetto al totale di popolazione attiva in condizione professionale era ancora più elevata sia di quella dell'industria che di quella del terziario. Nel 1961, per la prima volta nella storia economica del nostro paese, il settore industriale ha presentato una quota di attivi superiore a quella dell'agricoltura che a sua volta era ancora quasi uguale a quella del terziario. Il culmine della fase di industrializzazione è stato raggiunto nel 1971. In tale anno i livelli della quota di attivi nell'industria raggiunge il 44,4 per cento, nel terziario arriva quasi al 40 per cento, nell'agricoltura scende al 17 per cento. Con i censimenti del 1981 e del 1991, la struttura dell'economia italiana mostra infine i chiari segni di una iniziata epoca post-industriale. Il settore industriale mostra una perdita di importanza relativa in termini di attivi: rispettivamente il 39,5 e il 32 per cento contro il 44,4 del 1971. Nello stesso tempo il terziario "esplode" rappresentando prima il 49,4 e poi il 59,5 per cento della popolazione attiva in condizione professionale.

Sulla base dei dati sulla popolazione attiva in condizione professionale si può

concludere che nel corso degli anni settanta il nostro paese ha iniziato il terzo stadio di sviluppo produttivo in cui le attività terziarie hanno un ruolo prevalente rispetto all'industria e ancor più rispetto all'agricoltura.

L'utilizzazione del concetto di popolazione attiva per analizzare

il processo di sviluppo di una data economia deve però tenere conto anche delle eventuali distorsioni che le rilevazioni censuarie possono presentare a causa dei cambiamenti e dei perfezionamenti in esse introdotti nel corso del tempo. Nei primi censimenti i dati degli individui in condizione professionale erano prevalentemente forniti secondo una classificazione di tipo soggettivo, cioè a seconda della professione esercitata, e non di tipo oggettivo e cioè a seconda del ramo di attività nel cui ambito la professione era effettivamente esercitata. Altre distorsioni sono legate:

(a) al diverso trattamento riservato a importanti contingenti di popolazioni come quelli dei militari di leva, ricoverati, detenuti;

(b) dal variare dell'età minima per cui si era inclusi o meno tra la popolazione attiva in condizione professionale;

(c) ai diversi criteri di realizzazione dei censimenti stessi che possono variare in ragione dei particolari momenti in cui furono effettuati.

Il ricorso ai censimenti demografici per la conoscenza della

popolazione attiva, da un lato, costituisce motivo di maggiore attendibilità dei dati poiché essi si riferiscono alla totalità della popolazione. D'altro canto, l'intervallo di tempo che intercorre tra un

Difficoltà nei confronti per la diversità delle definizioni adottate

Necessità di maggiore tempestività

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Cap.3 - I fattori produttivi 107

censimento e l'altro è di per sé un serio problema. Proprio in quanto il censimento della popolazione riguarda la totalità della popolazione italiana, dando da un lato un'articolata misura del fenomeno rilevato, esso trova d'altro lato il suo maggior difetto nel ritmo decennale della sua effettuazione.

La necessità di statistiche aggiornate e quindi più frequenti, riveste oggigiorno non soltanto un interesse di significato scientifico, ma costituisce dal punto di vista operativo esigenza fondamentale per corrette scelte di politica economica.

3.2.4 La r ilevazione delle forze di lavoro in I talia

In base a quanto visto in precedenza i censimenti demografici

rappresentano gli strumenti tradizionali per la rilevazione statistica della mano d'opera intesa questa nella sua più ampia accezione; se da un lato consentono una visione esatta e completa della mano d'opera esistente, sono però, realizzabili a intervalli lunghi di tempo e non presentano un'immediatezza di spoglio delle notizie rilevate.

Si è cercato di ovviare a tale inconveniente facendo ricorso a indagini di più snella esecuzione o anche ad altre fonti di informazione esistenti presso enti e organizzazioni.

Oltre al censimento altre fonti maggiormente utilizzate per ottenere dati sull'occupazione sono:

(a) rilevazioni dirette presso le imprese; (b) rilevazioni indirette tramite gli Enti gestori delle

assicurazioni sociali obbligatorie; (c) rilevazioni della produzione, del prodotto lordo e del conto

economico delle imprese che contengono notizie sul numero dei lavoratori occupati

(a) Le rilevazioni dirette presso le imprese. In questo primo

ambito si può far riferimento all’ indagine condotta dall’ Istat sulle grandi imprese dell’ industria e dei servizi4; in cui. sono interessate le imprese con più di 500 addetti dell’ industria in senso stretto (con l’esclusione quindi delle costruzioni) e dei servizi. L’ indagine ha cadenza mensile e rileva circa 1.000 imprese. Sulla base dell’elaborazione dei dati rilevati, produce alcuni indicatori rilevanti ai fini dell’ interpretazione delle dinamiche in atto nelle grandi imprese: gli occupati (al lordo e al netto del ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni), le retribuzioni lorde, il costo del lavoro, le ore effettivamente lavorate, le ore di CIG, l’ incidenza delle ore di straordinario sulle ore ordinarie, i tassi di entrata e di uscita.

4 Per ulteriori informazioni relative alle caratteristiche dell’ indagine sulle grandi

imprese si può far riferimento al volume pubblicato dall’ ISTAT, "Lavoro e retribuzioni", Annuario del 1997, collana Annuari, n.3, 1999.

Altre fonti per l’occupazione

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108 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

Va ricordato che in base ai dati del censimento intermedio dell’ industria e dei servizi che ha fotografato il sistema delle imprese in Italia con riferimento al 1996, le imprese con più di 500 addetti sono risultate essere 1.061 (solo lo 0,03 per cento rispetto al numero complessivo di imprese), ma con 2.229.477 addetti, ossia il 16,2 per cento del totale. Questo quadro che emerge dal censimento intermedio, pur confermando la tendenza alla riduzione della dimensione media dell’ impresa (mentre nel 1991 era pari a 9,5, nel 1996 si è ridotta a 8,9 addetti), testimonia il persistente peso delle grandi imprese nel tessuto produttivo del paese5 e quindi la loro rilevanza per l’ interpretazione delle dinamiche occupazionali.

I dati vengono elaborati e diffusi mensilmente utilizzando la tecnica dei numeri indice (a parte l’ incidenza percentuale ed i tassi di entrata ed uscita, che rimangono espressi sotto forma di quote percentuali). Gli indici, calcolati per operai, impiegati e totale (operai + impiegati) vengono classificati secondo l’ATECO91 e sono disponibili (a parte problemi di segreto statistico6) a livello di gruppi (tre cifre ATECO91) e per destinazione economica. Attualmente gli indici dell’occupazione sono in base dicembre 1995=100, i restanti in base 1995=100. Alcuni degli indici prodotti vengono anche destagionalizzati (occupati, ore effettivamente lavorate) e, per quel che riguarda le ore effettivamente lavorate, viene elaborato e diffuso anche il dato corretto per i giorni lavorativi.

Va ricordato inoltre che a partire da gennaio 1989 è cambiato il campo di osservazione poiché si è passati dagli stabilimenti con più di 500 addetti alle imprese con più di 500 addetti (va ricordato che un’ impresa può avere più stabilimenti).

(b) Le statistiche basate sui dati degli iscritti agli Enti di

previdenza sfruttano il fatto che le assicurazioni sociali obbligatorie impongono l'iscrizione a detti Enti in base a precise norme di legge.

Dette statistiche sono largamente usate all'estero e costituiscono, per molti Paesi, l'unica fonte di informazione sull'occupazione. Il loro principale difetto è che la registrazione dei lavoratori è effettuata a fini assicurativi, per tale motivo i dati rivestono il carattere di sottoprodotto contabile della attività assicurativa, volta istituzionalmente a seguire le variazioni che avvengono nel campo delle prestazioni erogate e dei contributi riscossi. Inoltre non è frequente la disponibilità di registrazioni sufficientemente complete per i lavoratori indipendenti. Ciò

5 I dati qui riportati sono stati tratti dal volume pubblicato dall’ ISTAT, "Il censimento

intermedio dell’ industria e dei servizi", ITALIA, 1999 e dal "Rapporto Annuale" sulla situazione del

paese nel 1998. Entrambi i volumi sono disponibili sul sito Internet www.istat.it. 6 I dati relativi ad aggregazioni economiche nelle quali siano presenti meno di tre imprese non

vengono diffusi, poiché potrebbero rendere possibile ricondurre ad un’ impresa individuale le

informazioni divulgate.

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Cap.3 - I fattori produttivi 109

nonostante, tale fonte si rivela di notevole efficacia quando concorrono particolari circostanze quali l'esistenza di un solo tipo di assicurazione obbligatoria almeno a tutti i lavoratori dipendenti in tutti i settori di attività produttiva.

(c) Le altre fonti di dati sull'occupazione sono indagini che

hanno come fine principale la conoscenza di un dato carattere delle unità produttrici e che forniscono in maniera quasi fatale, dati sull'occupazione.

E' il caso delle informazioni sul numero degli addetti alle ditte o alle unità locali raccolte dall'Istat, nelle rilevazioni annuali sulla produzione industriale, sul prodotto lordo delle imprese industriali, commerciali e dei trasporti e comunicazioni con più di 20 addetti e sui conti economici delle imprese di assicurazione degli Istituti finanziari e degli Enti pubblici; nonché quelle raccolte dalla Banca d'Italia, cui è affidata la rilevazione dei conti economici delle aziende di credito, che rileva il numero dei lavoratori dipendenti da tali aziende.

Quando queste indagini sono complete forniscono una visione particolarmente importante dell'occupazione, perché evidenziano la correlazione tra l'impiego di lavoro e i risultati produttivi o più genericamente economici delle unità nelle quali i lavoratori sono addetti.

Per quanto concerne la disoccupazione, le fonti correntemente

utilizzate sono: (a) statistiche degli uffici di collocamento; (b) statistiche dell'assistenza ai disoccupati; (c) statistiche delle assicurazioni sociali.

La fonte più usata è quella degli Uffici di collocamento, specialmente nei Paesi dove la funzione del collocamento è pubblica. E' questo infatti un vantaggio rispetto ai sistemi dove tale funzione è interamente lasciata all'iniziativa privata, oppure è svolta in forma mista, privata e pubblica. I pregi e i difetti per tale via che una statistica di questo tipo presenta dipendono dal fatto che la validità dei dati ottenuti risulta strettamente connessa col grado di aggiornamento dei registri; nonché dal grado di propensione delle persone in cerca di lavoro a iscriversi nelle liste di degli Uffici di collocamento. Inoltre è da tenere presente che le statistiche degli iscritti agli Uffici di collocamento elaborate dal Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale non sono comparabili con quelle dell'Istat a causa della diversa natura delle due fonti.

In effetti, le liste di collocamento, oltre alle persone in cerca di

occupazione rilevate come tali anche dall'Istat, comprendono: (a) persone che in mancanza di una stabile occupazione

svolgono una attività lavorativa occasionale alle dipendenze

Altre fonti per la disoccupazione

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110 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

altrui o in aziende familiari, oppure sono occupate in lavori marginali;

(b) lavoratori in proprio che aspirano a un lavoro subordinato (c) persone che non sono alla ricerca di una occupazione, ma che

si iscrivono nelle liste per ottenere sussidi di assistenza conseguibili col certificato di iscrizione, per fare ottenere al coniuge gli assegni familiari, ecc

(d) persone che avrebbero dovuto essere cancellate dalle liste, ma che vi figurano ancora per ritardi nella cancellazione.;

Per contro, le liste di collocamento non comprendono le seguenti

persone che sono senz'altro da considerare disoccupate e come tali vengono classificate nelle indagini dell'Istat:

(a) persone che sono alla ricerca di un lavoro non subordinato; (b) persone che sono alla ricerca di un lavoro subordinato per il

quale non è prevista la iscrizione nelle liste (impiegati nello Stato, Enti, Aziende pubbliche, ...).

E' ancora da rilevare che l'iscrizione alle liste rappresenta solo

uno dei numerosi canali attraverso i quali si può cercare una occupazione, anche se di gran lunga il più importante.

Per una più puntuale e precisa conoscenza dei vari contingenti di

popolazione occupata, disoccupata, in cerca di prima occupazione, un modo di preminente importanza riveste la r ilevazione delle forze di lavoro effettuata dall'Istat presso le famiglie, con periodicità trimestrale nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre e con la tecnica del campione. Tale indagine nata per fini limitati nel tempo è andata imponendosi come il più importante strumento di conoscenza del mercato del lavoro7.

7 La prima rilevazione italiana a carattere nazionale è stata eseguita dall'Istat nel settembre 1952

su invito della Commissione parlamentare di inchiesta sulla disoccupazione. La rilevazione venne

ripetuta due anni dopo e precisamente nel maggio 1954. Successivamente essa venne eseguita nel

maggio 1955, aprile 1956, maggio e novembre 1957 e ottobre 1958. A partire dal 1959, ha assunto

periodicità trimestrale e viene effettuata, di regola, nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre. Dal

gennaio 1977 è iniziata una nuova serie di rilevazioni trimestrali, con modifica di alcune definizioni e

classificazioni e un ampliamento del modello di rilevazione. Dopo una serie di successivi cambiamenti

(1984, 1986, 1989, 1990 e 1991), una nuova profonda revisione è stata operata nel 1992 con

l’ introduzione di un nuovo questionario (p/90) che ha ampliato il set di informazioni richieste e

introdotto numerose novità, tra le quali, ad esempio l’ innalzamento di un anno (da 14 a 15) del limite

dell’età lavorativa per adeguarsi alle disposizioni comunitarie. Come sempre accade quando si

introducono importanti modifiche nelle rilevazioni statistiche, a una migliore osservazione dei fenomeni

corrisponde la perdita di confronti pienamente validi con i risultati precedenti.

Rilevazione delle forze di lavoro

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Cap.3 - I fattori produttivi 111

Le pr incipali peculiar ità delle rilevazioni delle forze di lavoro effettuate dall'Istat per la determinazione statistica (e non amministrativa) dell'occupazione e della disoccupazione sono:

(a) autonomia, nel senso che tali rilevazioni costituiscono una fonte di indagine non subordinata a finalità amministrative ;

(b) campo di osservazione di notevole dimensione superato solo nei censimenti demografici. L'occupazione è intesa nel suo più ampio significato, in quanto è comprensiva anche dei coadiuvanti e dei lavoratori in proprio, non sempre considerati dagli altri tipi di statistiche. Le leve di lavoro non assorbite dall'occupazione vengono parimenti rilevate nella loro interezza e non restano escluse neppure forme speciali di disoccupazione (intellettuale, occulta, ...), non facilmente rilevabili attraverso altre fonti statistiche;

(c) inquadramento unitario dell'occupazione e della disoccupazione, che, rilevate nell'ambito della famiglia, sono poste in piena luce nella loro naturale interdipendenza ;

(d) aggiornamento rapido di dati riguardanti aggregati completi e molto numerosi, dovuto alla particolare tecnica del campione con la quale le indagini sono eseguite

Scopo della rilevazione è quello di fornire informazioni quantitative e qualitative sui principali aspetti del mercato del lavoro.

In particolare essa mira ad accertare il livello e le variazioni, tra

un trimestre e l'altro dell'offerta di lavoro (forze di lavoro in senso stretto) nonché a determinare il numero di coloro che, pur non attivamente presenti sul mercato di lavoro, sarebbero tuttavia disposti ad accettare una occupazione a particolari condizioni.

Le forze di lavoro rappresentano la componente che risulta

attivamente operante (o desiderosa di operare) nella economia del paese cui si contrappongono quanti non sono in grado o interessati a lavorare o cercare lavoro, in quanto in età non lavorativa, oppure casalinghe, studenti, inabili, e così via.

Sotto tale aspetto pertanto le statistiche sulle forze di lavoro si inseriscono fra le statistiche socio-economiche perché indagano sul rapporto esistente tra i componenti una data popolazione e il loro stato professionale o condizione, quale necessario presupposto alla formazione della ricchezza, alla distribuzione del reddito, allo sviluppo delle interrelazioni sociali. L'individuazione e la definizione della condizione sono, dunque, di rilevante importanza sia per la delimitazione delle strutture sociali di una collettività sia per la loro comparabilità spaziale e temporale.

Scopo

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112 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

Il quadro sinottico illustra i concetti di base dell'indagine delle forze di lavoro così come si è venuta configurando in base alla revisione del 1992. Le definizioni adottate sono state concepite in maniera da rispettare da una parte le definizioni internazionali e dall'altra le dichiarazioni che i soggetti rilasciano all'atto della intervista.

Le forze di lavoro comprendono gli occupati e le persone in cerca di occupazione.

Gli occupati comprendono le persone di 15 anni e più che alla domanda sulla condizione professionale rispondono:

di possedere un’occupazione anche se nella settimana precedente l’ intervista (settimana di riferimento) non hanno svolto attività lavorativa (occupati dichiarati)

di essere in una condizione diversa da occupato, ma di aver effettuato ore di lavoro nella settimana di riferimento (altre persone con attività lavorativa).

Le persone in cerca di occupazione comprendono le persone di

15 anni e più che alla domanda sulla condizione professionale dichiarano: (a) una condizione professionale diversa da occupato (b) di non aver effettuato ore di lavoro nella settimana di riferimento dell'indagine; (c) di essere alla ricerca di un lavoro (d) di aver effettuato almeno un’azione di ricerca di lavoro nei trenta giorni che precedono la rilevazione; (e) di essere immediatamente disponibili (entro due settimane) ad accettare un lavoro, qualora venga loro offerto

In base alle dichiarazioni degli intervistati vengono definiti i seguenti gruppi:

I disoccupati, ossia persone che hanno perduto una precedente

occupazione alle dipendenze, non hanno effettuato neppure un'ora di lavoro nella settimana di riferimento e hanno dichiarato:

(a)di essere in cerca di una occupazione alle dipendenze e di essere in grado di accettare; (b)che inizieranno in epoca successiva all'indagine un lavoro alle dipendenze già trovato (c)che inizieranno in epoca successiva all'indagine un'attività in proprio e hanno già predisposto i mezzi necessari.

Definizioni di base

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Cap.3 - I fattori produttivi 113

Le persone in cerca di pr ima occupazione, ossia le persone che non hanno mai esercitato un'attività lavorativa oppure l' hanno esercitata in proprio, oppure ancora si trovano in una delle seguenti situazioni:

(a)sono alla ricerca di una occupazione alle dipendenze e sono in grado di accettarla se viene loro offerta; (b)inizieranno in epoca successiva all'indagine un lavoro alle dipendenze e hanno già trovato il posto; (c)inizieranno in epoca successiva all'indagine un'attività in proprio e hanno già predisposto i mezzi per esercitarla

Quadro sinottico Popolazione Totale

Occupati dichiarati

Altre persone con attività lavorativa Occupati

Disoccupati

Persone in cerca di prima occupazione Forze di lavoro

Altre persone in condizione non professionale in cerca di occupazione

Persone in cerca di occupazione

Persone che cercano lavoro non attivamente Persone che non cercano lavoro ma sono disponibili a lavorare Persone che hanno affermato di non cercare lavoro non avendo possibilità o interesse a svolgere un'attività lavorativa Inabili Persone che prestano servizio militare o servizio civile sostitutivo

Non forze di lavoro

Popolazione in età fino a 14 anni

Altre persone in cerca di occupazione, ossia le persone in condizione non professionale che si sono dichiarate in condizione non professionale (casalinghe, studenti, ritirati dal lavoro, ...), ma a una successiva domanda della stessa intervista hanno affermato di cercare lavoro.

Le non forze di lavoro comprendono:

(a) persone che cercano lavoro non attivamente; (b) persone che non cercano lavoro ma sono disponibili a lavorare;

Non forze di lavoro

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114 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

(c) persone che hanno affermato di non cercare lavoro non avendo possibilità o interesse a svolgere un'attività lavorativa;

(d) inabili, cioè le persone fisicamente inidonee al lavoro; (e) persone che prestano servizio militare o servizio civile

sostitutivo; (f) popolazione in età fino a 14 anni

L'universo di riferimento delle forze di lavoro è costituito da tutti i componenti delle famiglie, presenti e residenti in Italia (se temporaneamente all'estero è un altro familiare a fornire le relative informazioni), che risultano iscritti alle anagrafi comunali. Sono pertanto esclusi dalla rilevazione i membri permanenti delle convivenze (ospizi, brefotrofi, istituti religiosi, caserme...).

Una volta effettuato il riporto all'universo dei dati campionari, in

sede di spoglio dei risultati gli emigrati all'estero vengono conteggiati a parte. I dati analitici pubblicati fanno riferimento, pertanto, salvo diversa indicazione, alla popolazione iscritta alle anagrafi comunali, presente in Italia, oppure temporaneamente assente per turismo, cura, affari, e così via. L'unità di rilevazione è la famiglia, definita come nucleo costituito da persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora nello stesso comune. L'unità di analisi sono gli individui

Pertanto il questionario utilizzato per la rilevazione trimestrale

delle forze di lavoro presenta una struttura modulare, con fogli individuali per ciascuna persona di 15 anni e più ed un prospetto per la rilevazione di dati demografici per tutti i componenti la famiglia.

Per la totalità dei componenti della famiglia i caratteri rilevati sono la relazione di parentela con il capo famiglia, il sesso, l'età e la eventuale temporanea assenza.

Per le persone aventi 15 o più anni i caratteri rilevati sono: (a) stato civile (celibe o nubile; coniugato; vedovo; separato;

divorziato); (b) istruzione (analfabeta; nessun titolo; licenza elementare;

licenza scuola media inferiore; diploma scuola media superiore; laurea);

(c) condizione (occupato; ricerca di nuova occupazione; in cerca di prima occupazione; servizio di leva; casalinga; studente; inabile al lavoro; persona ritirata dal lavoro; altra condizione);

(d) numero di ore di lavoro nella settimana di riferimento ;

Universo di r ifer imento

Unità di r ilevazione e unità di analisi

Caratter i r ilevati

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Cap.3 - I fattori produttivi 115

(e) professione; (f) posizione nella professione (imprenditore; libero

professionista, lavoratore in proprio; lavoratore a domicilio per conto di imprese);

(g) settore8 di attività economica; (h) durata dell'attività lavorativa in attività prevalente; (i) causa di ridotta attività (malattia, conflitto di lavoro; ferie o

festività; cattivo tempo; inizio o cessazione di attività nella settimana; contratto di lavoro; causa stagionale; ridotta attività dell'azienda, CIG; mancanza di occasioni; non interesse; altra causa);

(j) luogo (in casa o vicino; fuori casa stesso comune; altro comune; luogo variabile);

(k) modo di lavoro (regolare e continuo; occasionale e saltuario; solo stagionale);

(l) attività secondaria eventuale ; (m) ricerca dell'occupazione (da quanti mesi; azioni di ricerca9:

iscrizione ufficio di collocamento o presso agenzie private; visite a possibili datori di lavoro; segnalazioni a datori di lavoro da parte di amici o parenti; domande scritte; inserzioni sui giornali; risposta a inserzioni, ecc.);

(n) condizione di studente lavoratore; (o) grado di partecipazione al reddito familiare. L'esame delle domande che il modello pone agli intervistati

mette in evidenza l'intento di rilevare gli aspetti strutturali, generali o settoriali, che meglio caratterizzano i fenomeni dell'occupazione, della disoccupazione e della sottoccupazione, in relazione a quei fattori economici e non, che possono determinare variazioni nelle stesse forze di lavoro10.

D'altra parte la periodicità trimestrale dell'indagine risponde efficacemente alle esigenze di analisi congiunturali e breve termine.

Il concetto di forze di lavoro, unitamente a quello affine di

popolazione attiva, consente alcune riflessioni sui principali fattori di diversità che caratterizzano i contenuti delle due definizioni. In particolare per quanto concerne l'unità di rilevazione, l'indagine sulle

8 Con l'introduzione dei nuovi questionari P/90 e P/90E (1992) la codifica delle attività

economiche è passata da 12 branche, precodificate nel precedente questionario ai 60 codici ATECO

attuali. 9 Con l'introduzione dei nuovi questionari P/90 e P/90E (1992) le risposte previste al quesito

sulle azioni di ricerca sono passate da 11 a 19, distinguendo in particolare tra la ricerca di un lavoro

dipendente e le iniziative per avviare un'attività autonoma. 10 Negli ultimi anni viene data particolare attenzione ai dati relativi all'occupazione a tempo

parziale e a carattere temporaneo, considerata la crescente rilevanza di tali variabili dal lato dell'offerta di

lavoro.

Diversità tra forze di lavoro e popolazione attiva

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116 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

forze di lavoro assume come tale la famiglia così come viene definita dal vigente regolamento anagrafico.

Rispetto al censimento risultano esclusi dalla rilevazione i soli membri permanenti delle convivenze (ospizi, brefotrofi, caserme, ...) le quali peraltro non sono tutte riferibili a persone non facenti parte delle forze di lavoro, come le case di riposo, di salute e simili e le case di pena. Le conseguenze qualitative di queste esclusioni possono essere tuttavia, trascurabili, o, comunque, controllate attraverso altre rilevazioni.

Altre lievi differenze di contenuto nei confronti della popolazione attiva e che si oppongono a una perfetta comparabilità, sono costituite non tanto dalla diversa classificazione adottata per taluni aggregati minori (per esempio i militari di leva, esclusi dalle forze di lavoro e inclusi nella popolazione attiva se già occupati prima del servizio militare), ma quanto dalle differenti modalità seguite nelle rilevazioni e in particolare al fatto che:

(a) l'indagine in questione è riferita a un intervallo temporale definito e perciò accerta lo stato professionale o no rispetto a tale periodo, anziché lo stato abituale cui si riferisce il censimento; (b) nella rilevazione delle forze di lavoro il modello è compilato da un intervistatore; nei censimenti è invece compilato dal capo famiglia Gli effetti derivanti da quanto detto al punto (a) determinano una

non apprezzabile sfumatura di contenuto mentre quelli derivanti da quanto detto al punto (b) portano a riscontrare che l'ammontare delle forze di lavoro (occupate e disoccupate) supera il numero delle persone in condizione professionale accertate con il censimento demografico. Dato lo specifico approfondimento degli aspetti connessi con l'occupazione e con la disoccupazione, tipico delle forze di lavoro, i tassi di attività risultano, quindi, generalmente più elevati (specie per le donne e soprattutto nel settore agricolo) di quelli rilevati in sede di censimento.

Una delle obiezioni più frequentemente mosse nel passato alle indagini sulle forze di lavoro riguardava la non perfetta attendibilità delle risposte fornite da una parte delle forze di lavoro. Ciò riguarda la non eliminabile soggettività delle risposte di quegli intervistati i quali per fattori psicologici, di prestigio, di ritegno, possono essere indotti a dichiarare il falso (per esempio, di essere non occupati quando lo siano, o di lavorare quando invece siano inoccupati).

L'indagine delle forze di lavoro è eseguita facendo ricorso a un campione a due stadi, con stratificazione delle unità di primo stadio (la variabile di stratificazione è costituita dalla "popolazione residente nei comuni").

Campione a due stadi

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Cap.3 - I fattori produttivi 117

Le unità di primo stadio sono costituite da 1.327 comuni. Le

unità di rilevazione di secondo stadio sono costituite da circa 73.412 famiglie.

Le unità di primo stadio sono determinate prendendo tutti i comuni capoluogo di provincia ed estraendo i restanti dopo aver stratificato i comuni non capoluogo. La stratificazione del primo stadio è stata realizzata suddividendo i comuni in gruppi omogenei sotto il profilo del numero di abitanti.

In ogni provincia è stata identificata una "soglia" di popolazione in modo tale che:

(a) i comuni con popolazione superiore alla suddetta soglia siano tutti inclusi nel campione (b) i comuni con popolazione inferiore alla soglia vengano estratti soltanto in numero di due per ogni strato. Nei comuni-campione viene successivamente effettuata la scelta

delle famiglie da rilevare (secondo stadio di campionamento) mediante estrazione sistematica, dall'anagrafe comunale, di una prefissata percentuale di famiglie.

Ad ogni indagine trimestrale il campione delle famiglie viene rinnovato per metà mentre il campione dei comuni viene mantenuto stabile fino a "esaurimento" (per i comuni minori) delle famiglie da rilevare.

Anno Mese di rilevazione

Gruppo di rotazione

1 Gennaio b c f g 1 Aprile c d g h 1 Luglio d e h L 1 Ottobre e f L m 2 Gennaio f g m n 2 Aprile g h n o 2 Luglio h L o P 2 Ottobre l m P

Ogni anno, ad aprile (questionario P/90E), nell'indagine viene

inserito un gruppo di quesiti sulla formazione e sulla condizione lavorativa nell'anno precedente (in analogia a quanto viene fatto negli altri paesi dell'Unione europea).

Il piano di rotazione delle famiglie è del tipo 2-2-2. Ogni famiglia resta nel campione per due indagini successive e, dopo una pausa di sei mesi, è di nuovo presa in considerazione per altre due indagini. Lo schema di rotazione, che qui si riporta, è configurato in modo da assicurare che in ciascun comune il campione di ogni

pr imo stadio comuni

secondo stadio famiglie

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118 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

indagine comprende per metà le stesse famiglie intervistate nella indagine precedente e per metà le famiglie intervistate nella corrispondente rilevazione dell'anno precedente

Con i dati riportati nella Tav.3.5,relativi all’ indagine eseguita il 7 aprile 1995 è stato realizzato anche il Graf.3.4 .

Graf.3.4 - Popolazione secondo l'atteggiamento nei confronti del lavoro

In cerca di lavoro

Persone non in età lavorativa

Persone in età lavorativa Occupati

Va ricordato infine che a partire dal 1998 l'Istat pubblica, insieme ai dati osservati, anche serie destagionalizzate per alcuni dei principali aggregati relativi all'intero territorio nazionale e alle tre grandi ripartizioni geografiche (Nord, Centro, Mezzogiorno).

Valori

assoluti

Compo-

sizione

Femmine

Totale Condizioni

Migliaia % %

1.Forze di lavoro 23.781 41,5 38,9 1.1 Occupati 21.514 37,5 37,5

1.1.1 Occupati dichiarati 21.286 37,1 37,4

1.1.2 Altre persone con attività lavorativa 228 0,4 42,6

1.2 Persone in cerca di occupazione 2.267 4,0 53,0

1.2.1 Disoccupati 826 1,4 41,0

1.2.2 Persone in cerca di prima occupazione 932 1,6 48,4

1.2.3 Altre persone in condizione non professionale in cerca

di occupazione 509 0,9 80,9

2.Non forze di lavoro 33.567 58,5 60,2 2.1 Persone in età lavorativa 15.336 26,7 66,7

2.1.1 Persone che cercano lavoro non attivamente 1.175 2,0 62,1

2.1.2 Persone che non cercano lavoro ma sono disponibili a lavorare 1.631 2,8 73,2

2.1.3 Persone che hanno affermato di non cercare lavoro non avendo possibilità

o interesse a svolgere un'attività lavorativa 12.530 21,8 66,2

2.2 Persone in età non lavorativa 18.231 31,8 54,7

Totale popolazione presente 57.348 100,0 51,4

Tav.3.5 - Popolazione per condizione Anno 2001

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Cap.3 - I fattori produttivi 119

La procedura adottata per la destagionalizzazione è TRAMO SEATS11.

3.2.5 Osservazioni sul concetto di popolazione attiva Nel trattare un dato argomento è opportuno precisare il

significato dei termini che sono correntemente adoperati nel corso della trattazione stessa. L'esigenza di precisare concetti, definizioni e terminologie è fondamentale quando si vuole affrontare un tema di studio e si vuole interpretare in maniera corretta sia la discussione, sia la soluzione di problemi collegati al tema stesso.

Quanto detto vale in modo particolare per i concetti di occupazione e disoccupazione, per l'elevato grado di incertezza che tali concetti assumono quando, da una prima grossolana delimitazione dei loro contorni di maggior rilievo, si vuole entrare con più rigore nel dettaglio degli aspetti particolari del fenomeno. L'interesse delle definizioni di occupazione e disoccupazione è strettamente legata al problema di sapere entro quali limiti le statistiche possano illustrare e documentare i fenomeni suddetti nei loro multiformi aspetti e quali riserve debbono pertanto accompagnare ogni deduzione tratta da come le statistiche medesime evolvano nel tempo.

Le definizioni adottate sono prevalentemente legate alle espressioni e ai concetti vigenti in Italia, desunti da norme di legge, dalle disposizioni a fini statistici o dai chiarimenti forniti in pubblicazioni statistiche. E' indubbio che non pochi sono i problemi interpretativi che si presentano quando si vogliono fare confronti tra tempi diversi o paesi diversi: sia perché i concetti sono spesso legati al momento cui il fenomeno si riferisce in maniera diversa sia perché le definizioni adottate possono essere legate a usi e abitudini diversi.

(a) Potenziale di lavoro e popolazione in età lavorativa.

In una trattazione che voglia approfondire gli aspetti che legano popolazione ed economia rivestono particolare importanza i concetti di:

potenziale di lavoro e popolazione in età lavorativa.

Il potenziale di lavoro è costituito da tutta la popolazione avente età e capacità a lavorare; comprende in sostanza la popolazione avente i requisiti giuridici e fisici per lavorare, cioè oltre il limite legale di età per l'ammissione al lavoro e in condizioni fisiche idonee, esclusi quindi, quelli che, per condizioni fisiche e psichiche, sono in modo assoluto e permanente inabili al lavoro.

11 Per alcuni cenni a TRAMO SEATS si veda il punto (b) del paragrafo 2.3.1 del secondo

capitolo relativo ai numeri indici della produzione industriale.

Potenziale di lavoro

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120 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

Si può pensare, tuttavia, che la forzata inclusione di questi

ultimi, ineliminabile per l'impossibilità di conoscerne il numero venga approssimativamente a compensare l'esclusione di coloro che in effetti lavorano pur avendo superato il limite legale di età. In tal maniera risulta giustificato, almeno dal punto di vista pratico, far coincidere il concetto di potenziale di lavoro con quello di popolazione in età lavorativa.

La popolazione in età lavorativa è costituita, per un determinato paese a una data epoca, dal contingente di individui aventi tutti una età compresa tra estremi convenzionalmente e opportunamente fissati.

Il concetto di popolazione in età lavorativa è essenzialmente

basato su un criterio di soggettività per quanto riguarda la scelta dei limiti di età; che possono variare sensibilmente. Si hanno così, di volta in volta, limiti diversi nella delimitazione dell'intervallo di riferimento delle età: 10-ω,10-70, 15-60, 15-65 o anche, come estremo inferiore, l'età di 15 anni, limite definito in base a disposizioni comunitarie.

La precisazione dei limiti di età è molto importante per

effettuare confronti spaziali e temporali della quota di popolazione che svolge attività lavorativa rispetto a quella che potrebbe svolgerla. A questo riguardo non sempre possono essere considerati limiti fissi, validi per ogni popolazione, per la determinazione del contingente di popolazione che può partecipare alla produzione, in quanto l'età iniziale, in cui l'individuo incomincia ad arrecare un contributo non trascurabile all'attività economica, e l'età finale in cui cessa non sono sempre gli stessi sia nel tempo sia nello spazio.

La variabilità dei suddetti limiti dipende da una molteplicità di fattori biologici (fisici e fisiologici), economici, sociali e culturali. Per cui confronti tra contingenti di popolazione entro uguali limiti di età, che si riferiscono a tempi e/o luoghi diversi, debbono essere interpretati in ogni caso con cautela.

Il criterio comunque più opportuno sembra quello di stabilire in genere quello che va dai 15 ai 65 anni, quale criterio convenzionale in certo modo autonomo rispetto alle leggi sociali e del lavoro vigente in varie epoche o in vari Paesi. La base, essendo quinquennale, ben si adatta per effettuare confronti con altri Paesi essendo analoga a quella adottata nelle definizioni internazionali.

Occorre avvertire che l'espressione potenziale di lavoro è stata

usata anche per indicare l'utilizzazione completa degli orari di lavoro in contrapposto alla capacità di fatto esplicata in relazione agli orari ridotti praticati, e cioè con riferimento al tasso di impiego del lavoro.

Popolazione in età lavorativa

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Cap.3 - I fattori produttivi 121

Per tale motivo non si fa ricorso all'uso dell'espressione in esame con questo particolare significato, per non ingenerare equivoci e confusioni di concetto.

Si ritiene inoltre che è preferibile parlare di popolazione in età lavorativa quando si intende trarre deduzioni dalle diversità spaziali e temporali, che riguardano quella parte della popolazione considerata come attiva, rispetto al complesso della popolazione. Il rapporto che di norma si istituisce a tal fine è fra la popolazione attiva e la popolazione totale. Tale rapporto, pur essendo corretto, ha in se un carattere di grossolanità in quanto i raffronti possono essere affetti da distorsioni derivanti dalle diversità strutturali della popolazione, nella sua composizione per età; pertanto è più utile istituire il rapporto anzidetto, anziché con la popolazione totale, con quella che ne rappresenta il potenziale di lavoro.

(b) Popolazione economicamente attiva.

Un ulteriore concetto utilizzato nello studio della popolazione

sotto l'angolo economico-sociale è quello di popolazione economicamente attiva.

La popolazione economicamente attiva è costituita da quel contingente di persone che abitualmente compie azioni economiche.

Le azioni economiche sono quelle volte alla produzione di beni

materiali e di servizi destinati a soddisfare i bisogni individuali e sociali attuali, alla manutenzione dei beni d'uso e dei capitali impiegati nella produzione, alla reintegrazione dei beni d'uso e capitali che si esauriscono o si logorano nell'impiego, oppure destinati al soddisfacimento di bisogni individuali o collettivi futuri, genericamente o specificatamente, previsti.

In pratica la determinazione di questo contingente presenta delle difficoltà in quanto è praticamente impossibile individuare tutte le azioni economiche che vengono svolte con una certa continuità.

Nella generalità dei paesi, per semplificare, si rileva come popolazione economicamente attiva la popolazione che svolge determinate professioni, arti e mestieri elencati in nomenclature compilate dagli istituti di statistica, tranne qualche eccezione, queste professioni arti e mestieri dette nell'insieme "attività professionali", sono sempre remunerate. Tale criterio è anche quello seguito in sede internazionale (O.N.U., B.I.T.).

Il concetto di popolazione economicamente attiva è più restrittivo rispetto a quello che è suggerito da numerosi studiosi che ritengono che per una più precisa individuazione del contingente alla popolazione che svolge attività professionale dovrebbero essere

Popolazione economica- mente attiva

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122 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

aggiunti gli individui attivi che esercitano attività così dette "non professionali" tra cui le casalinghe che compiono azioni economiche in seno alla propria famiglia, e tutti i dipendenti e apprendisti. I remunerati fanno parte della popolazione attiva che svolge attività professionale e i non remunerati sono quasi tutti appartenenti alla popolazione che svolge attività non professionale.

Dalla popolazione attiva, costituita dalla quota di popolazione

che ha una attività professionale e da quella che non ha una attività non professionale, sono esclusi:

(a) coloro che non possono esercitare nessuna attività economica per incapacità fisica (bambini, invalidi, vecchi); (b) coloro che non possono esercitare attività economiche per circostanze indipendenti dalla loro volontà (disoccupati, persona in cerca di prima occupazione (c) coloro che non vogliono esercitare alcuna attività economica come gli oziosi

(c) Evoluzione del concetto di popolazione attiva. Si è avuto occasione di accennare al fatto che tra le cause che

mettono in discussione la validità dei confronti temporali dei dati sulla popolazione vi è proprio l'evoluzione del concetto di popolazione attiva nel corso dei vari censimenti.

Pertanto un esame dell'evoluzione della definizione di popolazione attiva, permetterà quindi di evitare errori grossolani in cui si può incorrere usando in maniera acritica i dati censuari in questione. Nei primi censimenti e fino a quello del 1931, si presero in considerazione le persone in condizioni professionali le quali, pur costituendo la quasi totalità della popolazione attiva, includevano anche alcune categorie non attive che furono poi opportunamente escluse come per esempio i benestanti. Il concetto più compiutamente formulato, pressoché analogo alla definizione attuale, fu introdotto soltanto nel 1936.

Allo scopo di meglio cogliere come sia andato evolvendo il concetto di

popolazione attiva è opportuno tener presente le definizioni adottate negli ultimi censimenti a partire da quello del 1936.

Nel 1936 venne adottata la seguente definizione: "La popolazione attiva comprende i censiti presenti in età di 10 anni e più

esercitanti una professione, arte o mestiere, compresi, quindi, i coadiuvanti del capofamiglia, o qualsiasi altro membro della famiglia.

Sono pure compresi i militari di leva secondo la professione esercitata prima della chiamata alle armi. Sono esclusi i censiti in condizione non professionale

Difficoltà nei confronti temporali

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Cap.3 - I fattori produttivi 123

(compresi in questi anche i pensionati, possidenti, benestanti) o senza indicazione di professione o in attesa di prima occupazione".

Nel 1951, la definizione adottata invece fu la seguente: "La popolazione attiva è costituita dai censiti in età da 10 anni in poi

esercitanti una professione, arte o mestiere. Sono compresi nella popolazione attiva anche i disoccupati, i militari (di leva, volontari e richiamati), i ricoverati temporaneamente in luoghi di cura o di assistenza, i detenuti in attesa di giudizio o condannati a pene inferiori a 5 anni e i confinati, per tutti i quali è stata considerata l'ultima attività professionale esercitata, rispettivamente, prima della disoccupazione, del servizio militare, del ricovero della detenzione, del confino".

Nel 1961 è stata adottata la seguente definizione:

"La popolazione attiva è costituita: (a) dai censiti in età da 10 anni in poi che alla data del censimento risultavano esercitare una professione, arte o mestiere, in proprio o alle dipendenze altrui, ivi compresi i coadiuvanti; (b) dai censiti in età da 10 anni in poi che alla data del censimento risultavano disoccupati, cioè da coloro che, avendo perduto una precedente occupazione, erano alla ricerca di una nuova occupazione; (c) da altre categorie di censiti in età da 10 anni in poi temporaneamente impediti di esercitare una precedente professione, arte o mestiere. A quest'ultimo tipo appartengono i militari (di leva, volontari, richiamati), i ricoverati temporaneamente in luoghi di cura o assistenza, i detenuti in attesa di giudizio o condannati a pena inferiore a 5 anni; (d) dai censiti in età da 14 anni in poi in cerca di prima occupazione. Le categorie dei censiti di cui alle lettere a), b), c), costituiscono la popolazione attiva in condizione professionale."

La definizione del 1971 qui di seguito riportata presenta una ulteriore

differenza rispetto a quella adottata nel 1961: "La popolazione attiva è costituita da: (a) censiti in età da 14 anni e più che alla data del censimento risultavano esercitare una professione, arte o mestiere, in proprio o alle dipendenze altrui, ivi compresi i coadiuvanti; (b) censiti in età da 14 anni in poi che alla data del censimento risultavano disoccupati, cioè da coloro che, avendo perduto una precedente occupazione, erano alla ricerca di una nuova occupazione; (c) censiti in età da 14 anni in poi temporaneamente impediti alla data del censimento di esercitare la professione, arte o mestiere già in precedenza esercitata. A queste ultime categorie appartengono i militari (di leva, volontari e richiamati), i ricoverati da meno di 2 anni in luoghi di cura o assistenza, i detenuti in attesa di giudizio o condannati a pena inferiore a 5 anni i quali a seguito del sopravvenuto impedimento hanno interrotto l'esercizio di una attività professionale; (d) censiti in età di 14 anni in poi in cerca di prima occupazione. La categoria dei censiti di cui alla lettera (a), (b), (c) costituiscono la popolazione attiva in condizione professionale.

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124 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

La popolazione non attiva è costituita da: a) tutti i bambini e ragazzi con meno di 14 anni;b) censiti in età da 14 anni in poi non appartenenti alla popolazione attiva come sopra definita. Occorre avvertire che anteriormente al 1971, il limite inferiore di età per l'appartenenza alla popolazione attiva in condizione professionale, era stabilito in 10 anni.

A partire dal 1981, la definizione adottata è quella riportata al § 3.2.2 e non

presenta grosse differenze sostanziali rispetto a quella adottata nel censimento del 1971.

In rapida sintesi si possono mettere in evidenza le differenze esistenti tra le varie definizioni riportate: (1) Nel 1936 il concetto di popolazione attiva è riferito alla popolazione presente, mentre nelle rilevazioni successive è riferito alla popolazione residente. (2) Esiste una diversa ampiezza della definizione stessa al 1936 e 1951, da un lato, e al 1961 e 1971 dall'altro; nei primi due casi quella considerata fu la "popolazione professionalmente attiva", mentre nell'ultimo vennero inclusi anche coloro che erano in attesa di prima occupazione con età da 14 anni in poi. (3) Tra la definizione del 1971 a quella del 1961 esiste inoltre una differenza dovuta al limite inferiore di età relativa ai primi tre raggruppamenti (occupati, disoccupati, impediti temporaneamente a lavorare); nel 1971 tale limite è stato elevato a 14 anni essendo invece pari a dieci anni nei censimenti precedenti. Disposizioni comunitarie lo hanno poi innalzato al limite attuale che è pari a 15 anni Vi è ancora da osservare che, mentre nel 1951 (e nel 1936) tutti gli appartenenti al clero e i religiosi furono considerati tra la popolazione attiva, successivamente, vi furono inclusi solamente coloro che esercitavano un'attività di tipo civile (insegnanti, medici, ...) o un'attività di governo di organizzazioni ecclesiastiche; tutte le restanti persone che non esplicano una delle suddette attività furono comprese nella popolazione non attiva.

Per concludere questo esame dell'evoluzione del concetto di popolazione

attiva, resta da dire che esso attualmente mira a sottolineare la situazione potenziale dell'offerta del lavoro (popolazione attiva), mentre nei censimenti passati (fino al 1911) poneva l'accento sulla situazione di fatto esistente alla data della rilevazione (popolazione produttiva).

Se ora si passa a esaminare la problematica connessa con i

confronti tra paese e paese, difficilmente, talvolta sensibili differenze si incontrano a livello internazionale nonostante gli sforzi compiuti dall'ONU per uniformare i contenuti delle definizioni e i metodi di rilevazione dei dati.

Le differenze nelle definizioni riguardano il trattamento riservato :(a) ai coadiutori; (b) ai lavoratori a part-time; (c) a coloro che cercano una prima occupazione;(d) ai percettori di pensioni, di anzianità e invalidità che cercano un lavoro;(e) ai limiti di età.

Differenze a livello inter - nazionale

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Cap.3 - I fattori produttivi 125

I fattori di disturbo che influenzano la comparabilità riguardano essenzialmente la maniera di considerare le donne, nonché i giovani e gli anziani. Per le difficoltà di omogeneizzare i dati riguardanti tali categorie, talora i raffronti vengono limitati alla sola popolazione maschile in età adulta; il che peraltro esclude dall'ambito di esame del problema uno dei più importanti e sostanziali aspetti di esso.

Inoltre per ciò che concerne le classificazioni di vari paesi, esse si basano, in genere, su metodi che rispondono a diverse esigenze conoscitive della struttura professionale ed economica della popolazione attiva.

3.2.6 Esame congiunto occupazione - disoccupazione

Il concetto di forze di lavoro è stato introdotto di recente nella

letteratura statistica12 ed è affine a quello di popolazione attiva contemplato nei censimenti demografici. In senso lato, anzi, potremmo dire che le rilevazioni delle forze di lavoro costituiscono un aggiornamento dei risultati censuari.

Si può dire che, senza dubbio, la rilevazione delle forze di

lavoro rappresenta la base della conoscenza e dello studio del mercato del lavoro sotto l'aspetto statistico. Il suo pregio consiste nell'abbinamento dell'accertamento dello stato di occupazione con quello di disoccupazione, in modo da poter identificare i rispettivi confini con criteri rigorosi, mentre ciò non poteva né può in alcun modo farsi quando i due fenomeni sono accertati con rilevazioni distinte. Con tale abbinamento si può vedere che i due fenomeni non sono tra loro strettamente complementari. L'andamento dell'occupazione e quello della disoccupazione, risultanti dalle rispettive statistiche, non sono necessariamente collegati l’uno in senso inverso all’altro.

Se il grado di incertezza legato al concetto di occupazione, in quanto si ritiene essere occupazione quella che coincide con un'attività svolta allo scopo di ottenere una remunerazione (o profitto) in denaro o natura, è alquanto limitato, non altrettanto si può dire per il concetto di disoccupazione.

12 Le prime indagini in proposito furono iniziate intorno al 1940 dagli Stati Uniti d'America,

sotto la spinta della necessità di una documentazione rapida e aggiornata sulla consistenza e sullo

impiego delle forze di lavoro disponibili nella Confederazione. Nel periodo post-bellico tali rilevazioni,

eseguite con la tecnica del campione, si andarono diffondendo in altri Paesi, quali il Canada (1945) e il

Giappone (1946). In Europa, i Paesi che attualmente effettuano una rilevazione sistematica per campione

delle forze di lavoro sono l'Italia, la Spagna, la Svezia e la Germania.

La prima rilevazione italiana delle forze di lavoro a carattere nazionale, è stata eseguita

dall'Istat, come già si è detto, nel settembre 1952 dopo aver effettuato due prove sperimentali nel 1951.

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126 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

La ricerca di una occupazione può avvenire oltre che sotto la spinta della necessità di lavorare anche per svariati fattori soggettivi di natura economica, sociale e familiare; si può dire che quasi tutto il potenziale di lavoro (o meglio la popolazione in età lavorativa) non facente parte a un dato momento delle forze di lavoro, rappresenta una massa fluttuante che per motivi diversi, e sotto l'influenza anche di fattori esterni (esempio: stato di guerra, nuove norme legislative, ...) può essere indotto a entrare nell'ambito della popolazione lavoratrice, mentre per converso, opposti motivi possono talora determinare una uscita dallo stesso ambito di persone che vi sono entrate a causa di fatti contingenti. A questi fattori di ordine sociale ed economico si aggiunge quello demografico, per effetto del quale il mercato del lavoro si incrementa annualmente dei giovani che costituiscono quella che è stata chiamata "leva del lavoro" e cioè di coloro che per ogni anno giungono all'età lavorativa. L'esistenza di una cospicua riserva di forza lavoro potenziale che si ricollega all'incertezza del concetto di disoccupazione, può determinare il verificarsi di un aumento sia della occupazione, sia della disoccupazione: più frequentemente si può costatare un aumento di disoccupazione pur non essendoci una contrazione della occupazione.

La rilevazione delle forze di lavoro consente di acquisire e approfondire la conoscenza di questi fenomeni: praticamente, il concetto di forze lavoro si adegua alla elasticità insita nei concetti di occupato e di disoccupato dei quali esso è il coacervo, e i dati a esso relativi rilevano le dilatazioni o le contrazioni dipendenti dai molteplici fattori che influenzano, con o senza connessione necessaria, i due distinti fenomeni.

La tecnica della rilevazione delle forze di lavoro consente inoltre, continui perfezionamenti dei criteri di individuazione, prestandosi a tener conto di ogni eventuale modifica che si ritenga di introdurre nella definizione: sotto questo aspetto, la ripartizione degli occupati secondo appositi gruppi di orari rappresenta una preziosa precisazione.

Oltre all'accertamento dei disoccupati, la tecnica dell'indagine, consente di rilevare altri particolari fenomeni connessi con i problemi della occupazione e dalla disoccupazione, non facilmente individuabili mediante altre rilevazioni. Possono, infatti, essere individuati, fra l'altro, gli aspetti della disoccupazione intellettuale e dei professionisti in genere, alcuni problemi della sottoccupazione, le occupazioni di ripiego, le occupazioni (ovvero le situazioni di disoccupazione) plurime nell'ambito della stessa famiglia, i casi di lavoratori aventi più impieghi, l'influenza delle migrazioni interne ai fini dell'occupazione e altri fenomeni.

Il fatto che l'accertamento delle forze di lavoro, anziché attraverso un censimento generale, abbia luogo mediante un'indagine

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Cap.3 - I fattori produttivi 127

per campione non pregiudica ne limita il valore dei dati rilevati. Gli studi metodologici sull'impiego del campione sono stati approfonditi a un punto tale che non dovrebbe essere consentito alcun dubbio sulla sua rispondenza.

E' tuttavia vero che ,se si constata una certa differenza fra i dati delle forze di lavoro accertati in sede di censimento e quelli forniti dal campione; un'analisi della situazione convince però che in tali differenze l'errore è più dalla parte dei dati del censimento che da quella del campione. Si è già avuto modo di osservare infatti, che l'ammontare delle forze di lavoro occupate e disoccupate supera, generalmente, il numero delle persone in condizione professionale accertato con il censimento demografico. Accade così che nei censimenti demografici numerose persone vengono qualificate non appartenenti alla popolazione attiva (casalinghe, pensionati, ...) pur esplicando un'attività lavorativa anche se saltuaria. Nelle indagini sulle forze di lavoro, invece, tali persone sono generalmente rilevate come occupate sia pure a tempo ridotto.

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128 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

3.3 Il capitale

3.3.1 Definizioni e concetti di capitale Il capitale, inteso come complesso di mezzi di produzione che

hanno la proprietà di essere sia riproducibili, sia capaci di fornire servizi produttivi in una o più prestazioni, è stato al centro dell'analisi economica in ogni fase della sua evoluzione, dall'economia classica a quella neo-classica a quella keynesiana. Il problema che si pone, poiché si è in presenza di un complesso di beni capitali differenti, è quello di trovare in primo luogo una definizione e, quindi, una misura del capitale in maniera che le varie componenti siano aggregabili.

La loro aggregazione, per avere una misura sintetica, pone

problemi tecnici di misura, risolti attribuendo un valore ai beni stessi. Per sommare in modo soddisfacente componenti chiaramente eterogenei, allo scopo di generare un'unica grandezza atta a fornire relazioni significative tra capitale, inteso come input di fattore produttivo, ed il volume della conseguente produzione, inteso come output del processo produttivo, è necessario affrontare un insieme di problemi di non semplice soluzione.

Per poter stimare il fattore di produzione capitale occorre in

via preliminare definire in maniera univoca le sue componenti. Nel presente capitolo si considera come stock di capitale l'insieme costituito da beni durevoli e strumentali per la produzione. Il criterio che permette di identificare come capitale non fa riferimento alla durata del bene ma, piuttosto, alla possibilità di usarlo ripetutamente nel processo produttivo. Questo porta a considerare, contrariamente al passato, tra i beni capitali anche alcuni beni immateriali.

Il capitale fisso è costituito da: (a) beni materiali, prodotti in un dato sistema economico per

essere utilizzati come strumenti di produzione di altri beni e/o servizi

(b) beni durevoli, utilizzabili in più di un processo produttivo; (c) beni riproducibili, realizzati per consentire il processo di

produzione e si possono produrre nuovamente. (d) beni immateriali come softwear, prospezioni minerarie,

originali di opere artistiche e letterarie La definizione assunta ha come corollario la individuazione

anche di quei beni che pur costituendo ricchezza non sono da annoverare tra il capitale fisso.

I l capitale inteso come mezzo di produzione

Capitale fisso

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Cap.3 - I fattori produttivi 129

Il capitale fisso non include: i beni durevoli di consumo, in quanto non hanno la finalità di essere impiegati nel processo produttivo; le risorse naturali, come terreni agrari, terreni urbani, acque e miniere, in quanto non riproducibili; i monumenti e le opere d'arte che, per loro natura, non sono riproducibili ; beni immateriali come, le invenzioni brevettate, i marchi di fabbrica, l’avviamento, le licenze, i contratti di leasing ed altri contratti trasferibili.

La definizione, cosi come è stata introdotta, individua il

capitale lordo, costituito da tutti quei beni capitali che, indipendentemente dalla loro età, sono ancora impiegati nel processo produttivo. Si tratta di uno stock al netto dei ritiri, senza tenere conto del processo di usura dei beni. Se oltre ai ritiri si tiene anche conto della perdita di valore dei vari beni, derivante dalla utilizzazione e dall'obsolescenza, cioè dell'ammontare degli ammortamenti, intesi in senso economico e non in senso aziendale o fiscale, si ottiene il capitale netto.

3.3.2 I pr incipali metodi di stima

Per la misura del capitale aggregato, inteso come insieme di beni

capitali fissi, si possono individuare, tra i tanti proposti nel passato, tre diversi metodi di valutazione, che meritano di essere presi in considerazione:

Il metodo della capitalizzazione, con cui si stima il valore presente dei rendimenti netti attesi dei beni capitali ;

Il metodo dell'inventario generale, con cui si determina il valore dello stock di capitale direttamente sulla base della conoscenza del capitale esistente a una data epoca.

Il metodo dell'inventario permanente, basato sull'accumulo degli investimenti passati.

(a) I l metodo della capitalizzazione

La misura del capitale mediante il metodo della capitalizzazione dei rendimenti netti attesi, pur essendo teoricamente corretta, per la sua applicazione richiede la conoscenza di elementi di calcolo dei quali raramente si può disporre.

Le maggiori difficoltà in questo senso riguardano la conoscenza della durata della vita residua dei diversi beni al momento della misura del capitale, nonché dell'ammontare dei redditi futuri. Tuttavia il

Capitale lordo

Metodi di stima

capitaliz- zazione

inventar io generale

Inventar io permanente

Difficoltà

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130 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

metodo ha trovato nel passato concrete applicazione anche da parte di studiosi italiani.

Sia un dato capitale formato dai seguenti beni:

B B B Bk n1 2, , , , ,� �

aventi rispettivamente una durata di vita residua pari a

e e e ek n1 2, , , , ,� � Per il generico bene Bk i rendimenti futuri negli anni 1,2, ... ek

sono indicati con

r r rk k k ek, , ,, , , ,1 2 � � (k = 1, 2, ... n) Se il tasso di interesse ritenuto valido per remunerare i

rendimenti del bene k-esimo è pari a ik il corrispondente fattore di sconto sarà pari a:

vik

k= +

11

Con tali assunzioni il valore attuale dei rendimenti futuri del

generico bene Bk sarà ottenuto mediante la:

(4) C r vk k h kh

h

ek

==� ,

1

Di conseguenza, la misura del capitale aggregato, costituito

dagli n beni capitali sarà data da:

(5) C C r vkk

n

k

n

k h kh

h

ek

= == = =� � �

1 1 1,

Nel caso particolare in cui i rendimenti futuri del generico bene Bk sono costanti nel tempo, e cioè:

r k,1 = r k,2 = ... = r k,ek = r k

allora le precedenti espressioni si semplificano notevolmente. Il valore attuale dei rendimenti futuri del generico bene Bk diventerà:

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Cap.3 - I fattori produttivi 131

(4') C r vk k kh

h

ek

==�

1

che è la somma di ek termini in progressione geometrica di ragione vk e primo termine rk vk. Si avrà pertanto:

(4") C r vvvk k k

ke

k

k

= ⋅ ⋅−−

11

Se ora si fa tendere la durata dei rendimenti ek all'infinito, la

precedente espressione darà luogo al seguente limite:

(5) e

kk k

k

k

kk

Cr v

vri→∞

= ⋅⋅

− =lim 1

La (5) consente di determinare il valore di un bene capitale, nel caso in cui i suoi rendimenti siano costanti nel tempo ed estesi su un grande numero di anni, semplicemente dividendo l'ammontare del rendimento annuale per il tasso finanziario di rendimento collegabile al suddetto bene.

(b) I l metodo dell' inventar io generale

Il metodo dell'inventario generale (o semplice) consiste nel dare un valore a tutti i beni capitali esistenti a una data epoca in un determinato territorio.

Il metodo, se si prescinde dai costi necessari per la sua

realizzazione, sembra essere a un primo esame quello che può fornire l'ammontare dello stock di capitale nella maniera più precisa.

Il metodo dell'inventario generale presenta tuttavia due grossi limiti, costituiti rispettivamente: (a) dalla necessità di avere la completa individuazione di tutti i beni

capitali; (b) dalla procedura che si segue nella determinazione del valore

L'individuazione diretta della totalità dei beni capitali può

essere realizzata effettuando un censimento, in maniera da avere una completa e puntuale conoscenza dei beni capitali stessi, o ricorrendo a un'indagine di tipo campionario sufficientemente affidabile. In via alternativa si può ricorrere a inventari esistenti che, in qualche maniera, siano rispondenti alle esigenze del metodo e consentano di avere evidenti economie in fase operativa.

Limiti in fase applicativa

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132 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

Esempi di questi inventari sono i dati sui capitali assicurati presso le compagnie di assicurazione. Le esperienze maturate al riguardo suggeriscono alcune considerazioni sulla efficacia del metodo. Gli inventari delle compagnie di assicurazione si basano sul costo di rimpiazzo dei beni assicurati. Per tale motivo è fondamentale il tenere aggiornato il valore anzidetto nel corso del tempo. Comunemente l'aggiornamento, ammesso che venga effettuato con tempestività, avviene sulla base delle variazioni di numeri indici dei prezzi che non tengono conto in maniera esaustiva delle variazioni della qualità dei beni capitali nel corso del tempo. Si crea per tale via una discrepanza tra il valore assicurato dei beni e il valore di rimpiazzo. Altra osservazione nasce dal fatto che non tutti i beni sono assicurati. Il metodo, che mal si presta a una utilizzazione anno dopo anno per la valutazione dello stock di capitale, fornisce risultati utili per confronti con quanto ottenuto con altri metodi.

La valutazione dei singoli beni capitali presenta a sua volta

difficoltà perché non si conosce, in genere, il prezzo per tutti i beni. La possibilità di valutare lo stock di capitale è affidata alla conoscenza di tre diversi gruppi di indicatori, costituiti rispettivamente dai prezzi correnti, dai costi di produzione e dai costi di sostituzione.

(a) Il prezzo corrente può essere utilizzato per un gruppo di beni capitali nell'ambito del quale si siano verificati uno o più scambi nel corso dell'anno di valutazione. Peraltro, il prezzo, oltre a rappresentare il valore unitario intrinseco di un dato bene, è anche funzione delle quantità offerta e domandata. Se gli scambi sono limitati, il grado di arbitrarietà dell'estensione del prezzo osservato per un dato bene a tutti i beni dello stesso gruppo, che non hanno dato luogo a scambi, può essere anche notevole.

(b) Il costo di produzione permette di arrivare alla valutazione dei beni capitali mediante il ricorso ai loro costi storici, valutati ai prezzi correnti dell'anno di valutazione o ai prezzi costanti di un anno base. In pratica si rivaluta la struttura dei costi affrontati all'origine tenendo conto della variazione dei prezzi intervenuta dall'epoca di acquisizione fino a quella di valutazione.

(c) Il costo di sostituzione o di rimpiazzo, rappresenta il terzo indicatore utilizzato per la valutazione dei singoli beni capitali. Il valore di sostituzione o di rimpiazzo di un bene capitale esistente corrisponde alle spese necessarie per rimpiazzarlo. Il problema di questo metodo è che, data l'esistenza del progresso tecnico, non sempre risulta facile determinare quale sia la procedura di sostituzione appropriata per un bene capitale obsoleto.

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Cap.3 - I fattori produttivi 133

(c) L ' inventar io permanente L'inventario permanente si basa sulla assunzione che la consistenza del capitale a una data epoca possa essere determinata mediante il cumulo degli investimenti eseguiti nel passato.

Se si considerano gli investimenti al netto dei ritiri si ottiene lo

stock di capitale lordo. Per la sua determinazione si può far ricorso alla relazione:

(6) Kl F rt i t h i hhi= ⋅−�� , ,

in cui si indica con Klt il capitale lordo alla fine dell'anno t di

valutazione; con h gli anni trascorsi dall'epoca dell'investimento; con Fi,t-h l'investimento in bene capitale i fatto nell'anno t-h; con ri,h la quota di beni del tipo i che, investiti nell'anno t-h, sono ancora in uso nell'anno t.

Se si denota con ei la durata di vita del bene i, la funzione ri,h, che dipende dall'andamento dei ritiri del generico bene i, gode delle seguenti proprietà:

Se si indica con Ri,t l'ammontare dei ritiri dei beni di tipo i

avvenuti nell'anno t si può anche scrivere:

(6') ( )Kl Kl F Rt t i t i ti= + −− �1 , ,

che consente di conoscere lo stock di capitale lordo alla fine dell'anno t, una volta che siano noti il valore dello stock all'inizio dell'anno, gli investimenti e i ritiri effettuati nel corso dell'anno.

Se si indica con τi l'epoca in cui il bene i è stato acquisito, l'intervallo (τi , τi+ei) individua il periodo in cui si utilizza questo bene nel processo produttivo, mentre τi+ei individua l'epoca del ritiro. In genere, si opera con raggruppamenti di beni che possono presentare, pur essendo tra loro omogenei, una diversa epoca di ritiro dal processo produttivo. Le condizioni in cui sono utilizzati beni appartenenti a uno

I l capitale come somma di investimenti passati

ri,0= 1 al tempo dell'investimento

ri,ei= 0 al tempo del ritiro

ri,h > ri,h+1 decrescente nel tempo

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134 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

stesso raggruppamento, possono produrre ritiri che si distribuiscono, in genere, intorno a τi+ei. E' evidente che ei assume il significato di una vita media intorno a cui si collocano le durate di vita dei diversi beni appartenenti allo i-esimo raggruppamento. Per tale motivo si pone il problema della individuazione di una funzione che leghi l'andamento dei ritiri al trascorrere del tempo.

Si possono individuare due diversi tipi di funzioni che servono a

illustrare l'andamento dei ritiri: uno che raggruppa funzioni di ripartizione di tipo lineare, l'altro funzioni le cui funzioni di densità sono a forma campanulare.

Nel raggruppamento delle funzioni di tipo lineare si

presentano tre diversi casi:

Ritiro simultaneo. Si ipotizza che tutti i beni del tipo i abbiano rigorosamente la stessa durata di vita, presentando dispersione nulla rispetto al valore medio.

Tale metodo, con la

sua apparente rigidità, riduce al minimo le conseguenze di una non completa e minuziosa conoscenza delle epoche di ritiro. Dal grafico si può osservare che tutti i beni che sono stati immessi

nello stock di capitale al tempo τi continuano a essere utilizzati fino al tempo τi+ei , cioè per un periodo di tempo pari alla vita media del tipo di bene, per essere infine ritirati tutti nello stesso momento. Il caso dei ritiri simultanei non prevede ritiri nell’ intervallo (τi , τi+ei )

Lineare pura. I ritiri sono costanti nel tempo dall'epoca τi all'epoca τi+2ei . In tale caso le durate di vita dei beni appartenenti al raggruppamento i-esimo si distribuiscono uniformemente intorno al valore medio ei.

Funzioni di r itiro

Ritiri simultanei

τi τi+ei

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Cap.3 - I fattori produttivi 135

Il metodo prevede la distribuzione uniforme nel tempo dei ritiri. Questo significa che i ritiri iniziano fin dal tempo in cui avvengono gli investimenti e proseguono in modo lineare fino a quando non sono stati ritirati tutti. Poiché la

media è pari ad ei, occorrerà un intervallo di tempo pari a 2ei per completare i ritiri. Il metodo presenta l'inconveniente di produrre ritiri troppo rapidi ed esige inoltre serie di investimenti di lunghezza pari al doppio della vita media.

Lineare limitata. E' analoga alla precedente, come ipotesi di base, ma si applica a un più limitato intorno di τi+ei

. Si ipotizza che per

un intervallo di tempo h inferiore alla vita media non avvengono ritiri. A partire dal tempo τi+h iniziano i ritiri in maniera lineare.

Tale metodo, oltre a essere più plausibile, presenta il vantaggio di

richiedere serie degli investimenti di lunghezza più modesta Nel raggruppamento delle funzioni di tipo lineare si collocano

quelle funzioni che forniscono ritiri che si accentrano più fortemente intorno alla vita media. In particolare, le funzioni di ripartizione legate alla normale paiono particolarmente adatte a riprodurre l'andamento dei ritiri, anche se allo stato attuale le acquisizioni dirette di informazioni sono ancora limitate.

Se le serie degli investimenti sono immesse nel calcolo dello stock di capitale, sia al netto dei ritiri che al netto degli ammortamenti, si ottiene lo stock di capitale netto.

La corrispondente stima può essere ottenuta mediante la relazione:

(7) Kn F r dt i t h i h i hhi= ⋅ ⋅−�� , , ,

Lineare pura τi τi+ei τi+2ei

Lineare limitata

τi τi+h τi+ei

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136 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

in cui, ferme restando le precedenti notazioni, con di,h si indica la quota dei beni capitali ancora non deprezzata dall'usura e dall'obsolescenza.

La conoscenza degli ammortamenti Di,t effettuati nel corso dell'anno t, in analogia a quanto visto per lo stock di capitale lordo, consente di conoscere lo stock di capitale netto alla fine dell'anno t mediante la relazione :

(7') Kn Kn F R Dt t i t i t i ti= + − −− �1 ( ), , ,

Ai problemi connessi con la valutazione dello stock di capitale

lordo si aggiunge quello di effettuare il calcolo degli ammortamenti, cioè la stima del grado di usura e/o obsolescenza economica dei beni capitali.

Comunemente sono utilizzati tre diversi metodi di calcolo in cui si ipotizzano per gli ammortamenti: (a) quote crescenti; (b) quote decrescenti; (c) quote costanti. Con le quote di ammortamento crescenti si ipotizzano usura e obsolescenza meno marcate nei primi anni rispetto a quelli successivi.

Il metodo di ammortamento a quote crescenti ha la sua validità per una grande categoria di beni e, in particolare, per quelli che hanno bisogno di un certo intervallo di tempo per essere correntemente sfruttati nel processo produttivo.

Con le quote di ammortamento decrescenti si ipotizza la condizione inversa dovuta al fatto che taluni impianti esauriscono più rapidamente nei primi tempi di impiego gli effetti innovativi a essi collegati.

Il metodo si presenta particolarmente adatto quando si tratta di beni capitali che sono utilizzati più fortemente nel periodo di immissione nel processo produttivo e in quelli immediatamente successivi.

Le quote di ammortamento costanti, si basano sull'ipotesi che il consumo di capitale sia una funzione lineare del tempo.

Con il metodo di ammortamento a quote costanti, la cui adozione è suggerita anche dagli organismi internazionali, si ipotizza in altri termini che per intervalli della stessa lunghezza si abbia uno stesso consumo di capitale.

Quote di ammorta mento

-crescenti

-decrescenti

-costanti

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Cap.3 - I fattori produttivi 137

L'applicazione del metodo dell'inventario permanente presenta un ulteriore problema relativo al criterio di valutazione degli investimenti effettuati nei vari anni.

In pratica si possono avere tre diversi metodi per valutare gli

investimenti: (a) prezzi correnti, che corrispondono al costo storico di acquisizione; (b) prezzi costanti, cioè al costo di rimpiazzo di un anno scelto come

anno base; (c) prezzi attuali dell'anno in cui si effettua la valutazione (a) Valutazione a prezzi correnti. Il significato macroeconomico degli investimenti valutati senza tener conto del processo inflattivo, è molto ridotto. In periodi di forte erosione del potere di acquisto della moneta, come quella che ha caratterizzato gli ultimi venti anni, questo metodo mal si presta per la valutazione dello stock di capitale. (b) Valutazione a prezzi costanti. Un miglioramento si ottiene con il secondo criterio di valutazione che consente di esprimere a prezzi costanti le serie degli investimenti. In pratica, per mezzo della deflazione, si convertono le serie annuali degli investimenti, ai prezzi correnti dell'anno di acquisizione, in serie a prezzi costanti di un anno base. L'introduzione nelle precedenti formule del termine Fi,t-h, espresso ai prezzi dell'anno base, consente di conoscere il valore dello stock del capitale lordo e del capitale netto ai prezzi del prescelto anno base. Questo dà più significato alla stima dello stock di capitale, rendendo questo metodo maggiormente utilizzato del primo.

(c) Valutazione a prezzi attuali. Il calcolo ai prezzi dell'anno di valutazione in pratica è una variante del precedente metodo. Ha il vantaggio di fornire la stima del capitale ai prezzi dell'anno di studio e non impone ulteriori elaborazioni sui valori di altre grandezze macroeconomiche congiuntamente alle quali può trovare impiego nell'analisi economica.

Occorre tenere presente, inoltre, che il metodo di valutazione

ai prezzi costanti di un anno base presenta il vantaggio di poter essere più facilmente impiegato nel calcolo dello stock di capitale in anni successivi. Come suggeriscono la (6') e la (7'), questo calcolo si può effettuare sia ai prezzi di un anno base che ai prezzi dell'anno di valutazione. In quest'ultimo caso occorre però in pratica ricalcolare ogni anno tutte le serie degli investimenti ai prezzi dell'anno di valutazione. Nel caso contrario è sufficiente predisporre una sola volta

Cr iter i di valutazione

prezzi cor renti

prezzi costanti

prezzi attuali

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138 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

la serie degli investimenti ai prezzi dell'anno base e, quindi, applicare la (6') e/o la (7').

L'adozione del metodo dell'inventario permanente si basa su

alcune assunzioni quali: (a) classificazione sufficientemente uniforme dei vari beni capitali; (b) conoscenza della vita economica dei beni secondo settori di

appartenenza ; (c) conoscenza della distribuzione dei ritiri intorno alla durata di vita

media (d) disponibilità di serie, sufficientemente attendibili, riguardanti le

spese per investimenti nel corso del tempo Sul metodo dell'inventario permanente, qualora venga

impiegato per la misura dello stock di capitale si possono formulare alcune r iserve.

La prima riserva riguarda l'ipotesi di base stessa che porta a

considerare il capitale esistente come la semplice somma degli investimenti passati, sia pure con opportuni accorgimenti per tener conto dei ritiri e del consumo dovuto all'usura e all'obsolescenza. Nella realtà, il valore degli impianti comprende qualcosa di intrinseco agli impianti stessi che può andare ben al di là della semplice somma dei singoli investimenti realizzati nel tempo.

Un investimento aggiuntivo può infatti determinare una rivalutazione dei beni capitali esistenti perché può introdurre un qualcosa di innovativo che migliora il rendimento anche di quanto già esisteva prima. Per esempio, l'introduzione di un più spinto processo di automazione degli impianti esistenti, quando è possibile, determina un aumento del valore degli stessi superiore al valore degli investimenti realizzati.

Una seconda r iserva riguarda le ipotesi fatte a proposito della

durata di vita dei beni, che introducono un carattere di rigidità nei calcoli non sempre giustificato nella realtà.

La misura effettuata al tempo t può essere distorta, anche nel caso in cui, per un dato bene, si è potuto accertare la durata di vita in maniera ben documentata.

Il fatto che si prenda una stessa macchina utensile, le cui caratteristiche restano invariate nel tempo, di cui viene immesso nel processo produttivo un certo numero in ciascuno degli anni dell'intervallo (t - ei, t), non autorizza a pensare che ei sia un valore fisso. Anche se è stato accertato che la durata di vita è pari a ei, l'adozione di questo valore può essere fatta senza riserve solo per il quantitativo immesso nell'anno t - ei, e non per quello del generico anno t - h dell'intervallo considerato.

Assunzioni fondamentali

Riserve sul metodo

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Cap.3 - I fattori produttivi 139

Inoltre, la vita futura di un bene di tale anno, pari a ei - h all'epoca t, può essere diversa dopo il tempo t. Non si può affermare che sia valida in maniera incondizionata la determinazione della durata di vita ei perchè, anche se fatta all'epoca t in maniera corretta e con rigorosa documentazione, essa non garantisce in maniera assoluta la validità del calcolo neanche in t stesso. Se il futuro comportamento di un bene ancora in vita non risulta più conforme alla vita prevista, ciò mette in discussione il calcolo dello stock di capitale anche al tempo t.

La terza r iserva riguarda le serie degli investimenti. Vi è

bisogno di serie lunghe e, quanto più esse sono lunghe, tanto più aumenta il grado di incertezza sulla loro capacità informativa.

Le serie sono soggette a revisioni originate, il più delle volte, da nuove informazioni o metodologie acquisite in corrispondenza di un dato anno (o di un numero limitato di anni), ed estese al passato. In genere, in tali rifacimenti prevale il principio di mantenere inalterate, il più possibile, le variazioni relative degli aggregati a prezzi costanti. E' però questo un procedimento di comodo che può introdurre gli effetti prodotti dalle innovazioni in anni che potrebbero anche presentare caratteristiche diverse.

Nel considerare il metodo dell'inventario permanente se, da un

lato, è necessario tener presente le riserve precedentemente formulate, dall'altro, non si possono non esaminare le ragioni che militano a suo favore.

Il porre lo stock di capitale, al tempo t, pari alla somma degli investimenti ancora in uso effettuati a partire dal tempo t - ei è un'ipotesi sufficientemente plausibile. I casi in cui si possono presentare vistose differenze tra la somma degli investimenti, così come è preconizzata dal metodo, e il valore "vero" del capitale non sono tali da influenzare in maniera determinante la misura complessiva del capitale. In ogni caso, una migliore conoscenza della qualità e della natura degli investimenti potrebbe essere utilmente sfruttata per introdurre dei parametri di correzione nella formulazione analitica del metodo.

La rigidità derivante dall'ipotesi di durata costante della vita dei

beni capitali, può essere rimossa nella misura in cui si hanno informazioni che consentono di conoscerne l'evoluzione in funzione del tempo. In pratica al termine ei si sostituisce ei(t), che esprime la durata di vita del generico bene i come una funzione del tempo t in cui si effettua la valutazione.

L'adozione del metodo trova la sua principale ragion d'essere

nella disponibilità ormai diffusa di dati desumibili dalla contabilità nazionale. I progressi fatti in tale campo, sia in termini di

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140 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

documentazione di base che dal punto di vista metodologico, hanno reso sempre più affidabili le serie da essa deducibili, a prezzi correnti e a prezzi costanti. Si ritiene che, allo stato attuale della conoscenza di base, il metodo dell'inventario permanente sia il più adatto per giungere a una misura del capitale sufficientemente soddisfacente. Esso è abbastanza flessibile in fase di adozione da renderne l'eventuale impiego adattabile in funzione del maggior o minor numero di informazioni sugli elementi che sono alla base del calcolo. I suoi limiti non risiedono tanto nei fondamenti analitici quanto nelle carenze informative.

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Cap.3 - I fattori produttivi 141

Spunti per la discussione a) Considera lo schema illustrato al § 3.1. Come lo

modificheresti per descrivere un'economia aperta? b) Hai concluso felicemente i tuoi studi universitari. Ciò ti rende

automaticamente parte della popolazione attiva? c) Secondo te, la stessa professione può essere svolta in due rami

di attività diversi? d) Commenta la seguente affermazione: "La definizione di

disoccupazione adottata nella rilevazione delle forze di lavoro effettuata dall'Istat è più completa di quella relativa alle liste di collocamento del Ministero del Lavoro".

e) Il concetto di potenziale di lavoro è più o meno esteso del

concetto di popolazione in età lavorativa? f) Metti in evidenza la relazione esistente tra il concetto di

popolazione in età lavorativa con quello dell'indice di dipendenza demografica.

g) Nell'ambito della nozione di progressione geometrica,

definisci i concetti di ragione e di primo termine. h) Spiega perchè in tempi di rapido cambiamento tecnologico, il

metodo di misura del capitale basato sull'inventario permanente può risultare fuorviante. Suggerisci un modo per correggere tale distorsione.

i) Definisci i seguenti concetti: ritiro, ammortamento in senso

economico, ammortamento in senso aziendale o fiscale.

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142 - A.Santeusanio G.Storti -Statistica economica

Nota bibliografica

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recenti e previsioni per il periodo 1984-1993, Temi di discussione, n. 45, Banca d'Italia, Roma.

FREY, L., SIESTO, V. e VALCAVI, D. (1980), Le informazioni

quantitative sull'occupazione e sulla disoccupazione in Italia, Franco Angeli, Milano.

PILLOTON, F. (1991), Popolazione e forze di lavoro, in G.

MARBACH (a cura di), Statistica Economica, UTET, Torino. QUINTANO, C. (1991), Capacità produttiva e funzione degli

investimenti, in G. MARBACH (a cura di), Statistica Economica, Utet, Torino.

VINCI, S. (1974) (a cura di), Il mercato del lavoro in Italia,

Franco Angeli, Milano.

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Cap.3 - I fattori produttivi 143

CAPITOLO 3 - I FATTORI PRODUTTIVI 89

3.1 Premessa 89

3.2 I l lavoro 91 3.2.1 Il fattore lavoro (concetti e definizioni) 91 3.2.2 Popolazione totale e popolazione attiva 97 3.2.3 Definizione e concetto di popolazione attiva 99 3.2.4 La rilevazione delle forze di lavoro in Italia 107 3.2.5 Osservazioni sul concetto di popolazione attiva 119 3.2.6 Esame congiunto occupazione - disoccupazione 125

3.3 I l capitale 128 3.3.1 Definizioni e concetti di capitale 128 3.3.2 I principali metodi di stima 129 (a) Il metodo della capitalizzazione 129 (b) Il metodo dell'inventario generale 131 (c) L'inventario permanente 133

Spunti per la discussione 141

Nota bibliografica 142