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Capitolo 1:Le Metalloproteasi della Matrice Extracellulare. (MMPs) 1.1. Introduzione. Le Metalloproteasi di matrice, conosciute anche come Matrixine, sono una famiglia di enzimi strutturalmente correlati caratterizzati dal fatto di presentare al loro interno degli ioni Zinco. L'attività di tali enzimi consiste nella degradazione di vari componenti della matrice extracellulare, ruolo che comporta il loro coinvolgimento in processi fisiologici di sviluppo, rimodellamento, omeostasi della matrice extracellulare e riparazione tissutale. In virtù dell'importanza dei processi a cui prendono parte, la loro attività è strettamente regolata in condizioni fisiologiche normali; alterazioni nell'attività regolatoria comportano l'insorgenza di stati patologici di varia natura. 1.2. La Famiglia delle MMPs. 1.2.1. Generalità e classificazione. Una delle prime osservazioni sulle MMPs fu fatta nel 1949 1 , quando furono descritte come enzimi depolimerizzanti che avrebbero potuto facilitare la crescita di tumori rendendo più fluido lo stroma del tessuto connettivo. Negli anni a seguire vari enzimi, appartenenti a tale famiglia, furono isolati e parzialmente purificati, ma fu solo nel 1985 che si rese evidente l'omologia strutturale tra alcuni degli enzimi identificati che vennero quindi raccolti in uno specifico gruppo. Ad oggi si contano più di 24 MMPs conosciute e, per la maggior parte, sono state spesso classificate in base alla loro specificità per un dato substrato.

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Capitolo 1:Le Metalloproteasi della Matrice Extracellulare. (MMPs)

1.1. Introduzione.

Le Metalloproteasi di matrice, conosciute anche come Matrixine, sono una famiglia di enzimi

strutturalmente correlati caratterizzati dal fatto di presentare al loro interno degli ioni Zinco.

L'attività di tali enzimi consiste nella degradazione di vari componenti della matrice extracellulare,

ruolo che comporta il loro coinvolgimento in processi fisiologici di sviluppo, rimodellamento,

omeostasi della matrice extracellulare e riparazione tissutale.

In virtù dell'importanza dei processi a cui prendono parte, la loro attività è strettamente regolata in

condizioni fisiologiche normali; alterazioni nell'attività regolatoria comportano l'insorgenza di stati

patologici di varia natura.

1.2. La Famiglia delle MMPs.

1.2.1. Generalità e classificazione.

Una delle prime osservazioni sulle MMPs fu fatta nel 19491, quando furono descritte come enzimi

depolimerizzanti che avrebbero potuto facilitare la crescita di tumori rendendo più fluido lo stroma

del tessuto connettivo.

Negli anni a seguire vari enzimi, appartenenti a tale famiglia, furono isolati e parzialmente purificati,

ma fu solo nel 1985 che si rese evidente l'omologia strutturale tra alcuni degli enzimi identificati

che vennero quindi raccolti in uno specifico gruppo.

Ad oggi si contano più di 24 MMPs conosciute e, per la maggior parte, sono state spesso

classificate in base alla loro specificità per un dato substrato.

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Si parla infatti di gelatinasi, collagenasi, stromelisine, metalloelastasi, matrilisine e membrane- type

MMPs. (Tab. 1)

Appartengono alla classe delle Gelatinasi la gelatinasi A (MMP-2) e la gelatinasi B (MMP-9),

enzimi in grado di degradare il collagene di tipo IV della membrana basale come anche proteine

quali la fibronectina e la laminina.

Alla classe delle collagenasi appartengono invece la MMP-1, MMP-8, MMP-13 e MMP-18 una

collagenasi non presente nell'uomo, mentre tra le stromelisine si trovano la MMP-3 o stromelisina-1,

la MMP-10 o stromelisina-2 e la MMP-11 o stromelisina-3.

Infine troviamo la matrilisina o MMP-7, in grado di degradare fibronectina e laminina, la

metalloelastasi MMP-12, enzima relativamente non specifico poiché in grado di degradare vari tipi

di substrato tra cui l'elastina, e le MMPs membrane-type, o MT-MMPs, caratterizzate dall'avere un

dominio transmembrana che permette loro di rimanere ancorate alla membrana cellulare.

Queste ultime sono in grado di degradare vari tipi di substrati tra cui il collagene (MMP-14, MMP-

15, MMP-16, MMP-17).

Oltre a tale classificazione è possibile suddividere le MMPs in due grandi categorie: MMPs secrete

(collagenasi, gelatinasi, stromelisine e matrilisine) e MMPs legate alla membrana o membrane-type

MMPs.

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Tab.1: Composizione strutturale delle varie MMPs.2

1.2.2. Struttura delle MMPs.

La struttura generale della MMPs è tipicamente costituita da:

- una sequenza segnale ammino-terminale (peptide segnale), appartenente ad un propeptide di circa

80 amminoacidi che possiede un frammento altamente conservato con una cisteina mutata avente

un gruppo tiolico in grado di interagire con lo Zinco del sito attivo;

- un dominio catalitico di circa 170 amminoacidi contenente lo Zinco catalitico;

- un linker peptidico di lunghezza variabile;

- un dominio emopexinico costituito da circa 200 amminoacidi che sembra avere importanza per il

legame con il substrato e con gli inibitori endogeni tissutali (Fig. 1).

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Fig.1: Struttura della proMMP-2. E' possibile notare le rappresentazioni del dominio catalitico, dove le sfere di colore

blu rappresentano gli ioni Ca e le sfere di colore verde i due atomi di Zn, e del dominio emopexinico.2

A tale regola generale troviamo varie eccezioni come nel caso delle MMP-7 (Matrilisina-1), MMP-

26 (Matrilisina-2) e MMP-23, poiché queste mancano del linker peptidico e del dominio

emopexinico.

Altre differenze si trovano nelle MT-MMPs3, che presentano un linker transmembrana, un dominio

transmembrana che attraversa la membrana citoplasmatica verso il citoplasma e un dominio

citoplasmatico (MMP-14, MMP-15, MMP-16 e MMP-24) o nel caso delle MMP-17 e MMP-25, un

linker transmembrana legato a una sequenza "glicosilfosfatidilinositolica" che le ancora alla

membrana cellulare.

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All'interno del dominio catalitico delle MMPs si trovano due atomi di Zinco di cui solo uno ha

attività catalitica e da uno a tre ioni Calcio che garantiscono stabilità all'enzima.

Lo Zinco catalitico ha la caratteristica di coordinare tre residui di istidina presenti all'interno della

sequenza altamente conservata -VAAHEXGHXXGXXH- del dominio catalitico, mentre lo Zinco

strutturale si trova legato da tre residui di istidina e un residuo di acido aspartico.

Oltre allo Zinco e al Calcio, il dominio catalitico presenta anche un residuo di Metionina che crea

una porzione idrofobica intorno allo Zinco catalitico.

Affiancate allo Zinco, all'interno del sito catalitico si osservano delle tasche di vario genere a cui è

stato dato il nome di S3, S2, S1 e S1', S2' e S3' posizionate rispettivamente alla sinistra e alla destra

dello ione4.

Tra queste la tasca S1' (Tasca di specificità)è quella che si differenzia maggiormente nelle varie

MMPs (Fig. 2), sia per quanto riguarda la composizione amminoacidica, sia per la sua profondità.

a) b) c)

Fig.2: Rappresentazione della superficie della tasca S1' a) nella MMP-7 ,superficiale, b) nella MMP-8, intermedia e c)

nella MMP-3, profonda.4

Nel caso delle MMP-1 e MMP-7, la tasca S1' è piuttosto superficiale, mentre nelle MMP-2, MMP-8

e MMP-9 S1' risulta avere una profondità intermedia, infine nelle MMP-3, MMP-11, MMP-12,

MMP-13, MMP-14 assume la forma di un canale molto profondo.

E’ quindi possibile classificare le MMPs in base alla profondità della tasca S1' del sito catalitico.

Le tasche S2' e S3', risultano essere più superficiali.

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La tasca S2' è una fessura esposta ai solventi con una preferenza per sostituenti di tipo idrofobico.

La tasca S3' si trova in una regione parzialmente esposta ai solventi e generalmente ha

composizione amminoacidica variabile nelle diverse MMPs.

A livello del dominio propeptidico si trova un'ulteriore sequenza altamente coservata -PRCGXPD-

ed il gruppo tiolico del residuo di cisteina, appartenente al propeptide, coordina lo Zinco catalitico

conferendo così a tale ione una conformazione stabile tetracoordinata che ha la funzione di garantire

la latenza, quindi l'inattività, dell'enzima bloccando l'ingresso al sito catalitico da parte dei substrati.

1.2.3. Regolazione delle MMPs.

Per questa particolare famiglia di enzimi è possibile distinguere due principali meccanismi di

regolazione:il controllo dell'espressione genica e l'attivazione della proteina.

Nel primo caso l'attivazione della trascrizione dei geni delle MMPs è indotta, a livello extracellulare,

da citochine, fattori di crescita di vario tipo, dall'interazione cellula-cellula o cellula-matrice; quindi

si ha un significativo aumento dell'espressione dell'mRNA delle MMPs in risposta a tali fattori.

La regolazione delle MMPs tramite l'attivazione è mediata da altre proteasi tra cui altre MMPs, le

quali tagliando il propeptide dell’enzima inattivo fanno si che la cisteina di questo non coordini più

lo zinco catalitico rendendolo disponibile all’interazione con il substrato (cysteine switch).

1.2.4. Meccanismo d'azione.

A seguito dell'attivazione delle MMPs tramite scissione proteolitica, lo Zinco catalitico si trova a

mantenere la sua stabilità tramite la coordinazione con una molecola d'acqua, creando così

l'ambiente ideale per consentire all'enzima di svolgere la propria attività.

Appena dopo il legame del substrato1, la molecola d'acqua che coordina con lo Zinco, legata tramite

due legami a idrogeno ad un residuo di acido glutammico, attacca il carbonio carbonilico del

substrato (Schema1), quindi dona un protone al residuo di acido glutammico che lo trasferisce

all'azoto dell'ammide da scindere.

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A seguire, il residuo di acido glutammico trasferisce il rimanente protone dalla molecola d'acqua

all'azoto ammidico, permettendo la scissione del legame peptidico.

Schema 1: Rappresentazione schematica del meccanismo tramite cui avviene l'idrolisi del legame peptidico

all'interno del sito attivo delle MMPs.1

La presenza dello ione Zinco, grazie alla sua carica positiva, permette di stabilizzare la carica

negativa che si genera sul carbonile del legame peptidico da scindere.

1.2.5. Gli inibitori tissutali delle MMPs. (TIMPs)

Una volta attivate, le MMPs a livello extracellulare sono soggette ad un ulteriore controllo dovuto

alla presenza di inibitori endogeni: gli inibitori tissutali delle MMPs (TIMPs).

Tali inibitori costituiscono una famiglia di proteine omologhe (TIMP-1, TIMP-2, TIMP-3, TIMP-4),

aventi vari tipi di funzioni di cui la principale è appunto l'attività inibitoria nei confronti delle

MMPs.

I TIMPs esibiscono attività biochimiche e fisiologiche di vario tipo5, tra cui la promozione della

crescita cellulare, inibizione dell'angiogenesi e l'induzione del processo apoptotico.

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Per quanto riguarda la loro struttura questi sono costituiti da un dominio ammino terminale

costituito da circa 125 aminoacidi e un dominio carbossi terminale, di dimensioni inferiori, formato

da circa 65 residui aminoacidici; ciascun dominio è stabilizzato dalla presenza di tre legami

disolfurei.

L'inibizione delle MMPs avviene tramite il legame del dominio ammino terminale del TIMP

all'enzima al livello del dominio emopexinico.(Fig.3)

Fig.3: Rappresentazione del legame dell'enzima MMP-2 con l'inibitore tissutale endogeno TIMP-2; sono poste in

evidenza la porzione N-terminale e C-terminale dell'inibitore biologico TIMP-2.6

Come per le MMPs, l'espressione dei TIMPs è soggetta a controllo in condizioni fisiologiche al fine

di mantenere l' equilibrio metabolico della matrice extracellulare.

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Nel caso in cui i meccanismi di regolazione descritti per le MMPs vengano meno, o risultino alterati

a qualsiasi livello, si osserva l'insorgere e il progredire di vari disturbi quali, ad esempio, artriti,

fibrosi, ulcere croniche, nefriti e ancora, sclerosi multipla, osteoporosi, rottura della barriera

ematoencefalica con gravi conseguenze a carico del cervello e non ultimo lo sviluppo di tumori e

metastasi.

Proprio grazie all'importante ruolo da loro ricoperto e alla varietà di processi in cui sono coinvolte,

le Metalloproteasi di matrice sono state individuate come validi target per lo sviluppo di possibili

farmaci utilizzabili per la cura delle patologie sopracitate; la possibilità di inibire l'azione di tali

enzimi contrasterebbe l'evolversi dei disturbi di cui questi sono responsabili.

Gli studi condotti su questa famiglia di enzimi hanno permesso di distinguere quali tipologie di

MMPs siano realmente coinvolte nei diversi processi patologici e di dimostrare che alcune MMPs

possono svolgere funzioni di tipo protettivo in determinati stages di evoluzione di una malattia.

(Schema 2)

E' stato infatti recentemente osservato7 che la MMP-8, MMP-12 e MMP-14 hanno la capacità di

contrastare il progredire del tumore a vari livelli.

Inizialmente la ricerca di validi inibitori per tale categoria di enzimi aveva come obbiettivo la

scoperta di composti che fossero sempre più potenti; tuttavia osservazioni di questo tipo, nel tempo,

hanno spinto sempre di più la ricerca verso lo sviluppo di inibitori che fossero sufficientemente

selettivi da garantire un'azione di tipo mirato sulle MMPs strettamente coinvolte nelle patologie,

così da ottenere un effettivo vantaggio terapeutico dalla loro eventuale somministrazione.

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Schema 2: Schema dei diversi ruoli che le MMPs possono avere nella cancerogenesi. Alcuni tipi di MMPs possono

avere effetti cancerogeni (MMP-1, MMP-2, MMP-7), altri hanno invece effetti anticancerogeni (MMP-8, MMP-12,

MMP-14), altri ancora hanno entrambe questi effetti (MMP-3, MMP-9).7

1.3. Inibitori sintetici delle MMPs.

Inizialmente, come potenziale terapia, fu preso in considerazione l'utilizzo di piccole molecole

naturali e di inibitori endogeni macromolecolari, quali TIMP-18 e TIMP-2

9, nei casi di patologie che

implicavano l'eccessiva attività delle MMPs.

Tuttavia le difficoltà dovute alla sintesi e all'utilizzo di queste proteine ha portato all' abbandono di

tale strada.

Il primo approccio alla scoperta di nuovi inibitori fu basato comunque sulla sintesi di derivati

peptidici che rispecchiassero la struttura del substrato naturale di tali enzimi.

Quindi si è passati alla ricerca di composti che non fossero di natura peptidica, grazie anche

all'ottenimento di informazioni strutturali precise fornite dall'analisi del complesso MMP-inibitore.

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Sono molti gli inibitori delle MMPs sviluppati nel tempo, tuttavia è possibile raggrupparli in alcune

tipologie di composti aventi la caratteristica di agire sull'enzima utilizzando meccanismi diversi.

Esistono infatti inibitori in grado di andare a chelare lo Zinco catalitico grazie alla presenza di

particolari gruppi che prendono il nome di Zinc binding group (ZBG), inibitori che agiscono senza

andare ad interagire con lo ione zinco catalitico e inibitori che vanno ad interferire con il

meccanismo d'azione ( mechanism-based MMP inhibitor)

1.3.1. Inibitori delle MMPs che chelano lo zinco.

Storicamente il disegno di nuovi inibitori per le MMPs (MMPI) è stato incentrato sulla presenza di

un gruppo in grado di chelare lo ione zinco catalitico, poiché l'enzima di fatto agisce sul suo

substrato tramite un meccanismo che coinvolge tale ione.

All'interno di questa categoria di inibitori si ritrovano composti contenenti gruppi in grado di

chelare adeguatamente lo Zinco; tra questi hanno un ruolo rilevante composti contenenti acidi

idrossammici, carbossilati, tioli e acidi fosfonici.

In particolare gli acidi idrossammici, chelanti monoanionici bidentati, emergono come i gruppi

chelanti favoriti anche grazie alla notevole forza del loro legame con lo Zinco (Fig.4).

Fig.4: Rappresentazione generale del legame di un MMPI contenente un gruppo idrossammico (evidenziato dalla

cornice) con lo Zinco catalitico nel sito attivo di una MMP. I sostituenti descritti come P1', P2' e P3' rappresentano le

porzioni dell'inibitore che possono interagire con le tasche presente nel sito attivo, rispettivamente S1',S2' e S3'.10

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Un fattore che contribuisce all'efficacia di questi composti è la loro capacità di instaurare legami ad

idrogeno con i residui aminoacidici vicini allo Zinco catalitico (Fig.5); in particolare il gruppo NH e

il gruppo OH deprotonato formano legami ad idrogeno con residui rispettivamente di Alanina e

Acido Glutammico all'interno del sito catalitico.

Fig.5: Schema del legame di un inibitore contenente un gruppo idrossammico (Batimastat), all'interno del sito attivo

delle MMPs. Sono posti in evidenza i legami ad idrogeno che si formano tra il gruppo idrossammico e due residui

amminoacidici (Glu e Ala) situati in prossimità dello Zinco catalitico.4

A questa categoria di composti appartengono il Batimastat11

(a) e il Prinomastat12

(b) (Fig.6),

inibitori non selettivi che caratterizzano rispettivamente la prima e la seconda generazione di MMPI.

a) b)

Fig.6: a) Struttura del Batimastat; b) struttura del Prinomastat.

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Vari inibitori moderatamente selettivi, contenenti gruppi idrossammici, sono stati sviluppati negli

anni seguenti (Tab.3), nella maggior parte dei casi variando i sostituenti situati nella porzione di

molecola che va ad inserirsi nella tasca S1' (porzione P1').

Modificando tale porzione della molecola, in virtù di quanto precedentemente esposto, si va ad

incrementare la selettività di un inibitore per una certa classe di MMPs poiché queste differiscono

notevolmente per forma e posizione della tasca S1'.

Un esempio è il composto 1, inibitore con buona selettività per la MMP-213

(Tab.3); l’introduzione

di un gruppo alchilico sul carbonio adiacente all’acido idrossammico consente la formazione di

interazioni idrofobiche con la regione del sito attivo in cui si trova la tasca S1, incrementando la

selettività per la MMP-2.

Altro esempio è il composto 214

, avente buona selettività nei confronti della MMP-3; al fine di

favorire la selettività della struttura è stato invertito il gruppo solfonammidico, ossia è stata invertita

la posizione dell’atomo di azoto e di zolfo rispetto al legame col gruppo idrossammico.

Questo comporta un aumento di volume nelle vicinanze del gruppo idrossammico, cosa che

migliora la selettività per la MMP-3, avente un ampio ingresso alla tasca S1’.

Per quanto riguarda il composto 315

, questo ha mostrato buona selettività per la MMP-2; la

realizzazione di analoghi N-idrossiureici (4)16

ha permesso di osservare una notevole diminuzione

della potere inibitorio.

In questi derivati l’N-idrossiurea ha la capacità di adottare la conformazione trans per il legame

ammidico e tale conformazione permette l’instaurarsi di legami ad idrogeno all’interno dello stesso

ZBG, compromettendo così la capacità di chelare lo ione zinco catalitico.

Nonostante rappresentino la categoria dei Zinc binding group più studiata e sebbene siano potenti

inibitori, gli acidi idrossammici risultano avere alcuni limiti.

Molti idrossammati MMPI hanno indotto reazioni muscoloscheletriche avverse4 in studi clinici,

probabilmente a causa dell'inibizione di altre metalloproteine, evidenziando così problemi di

tossicità.

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STRUTTURE

Valori di IC50 ( µM )

MMP-1 MMP-2 MMP-3

1

0.147

0.00009

0.050

N

NS

O

NH

HO

O

O

OOH

2

14

0.529

0.001

CN

O

O

NHHO

3

3.3

0.032

0.057

4

>50

>120

80

Tab.3: Esempi di inibitori contenenti gruppi idrossammici.

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Inoltre gli acidi idrossammici risultano avere scarsa biodisponibiltà se somministrati per via orale,

poiché possono essere metabolizzati in vario modo dal nostro organismo, evento che comporta la

loro inattivazione e quindi una diminuzione della loro efficacia.

E' anche per tale motivo che la ricerca di nuovi ZBG è divenuta un importante aspetto nello

sviluppo di nuovi inibitori delle MMPs.

Recentemente sono infatti stati descritti in letteratura una notevole quantità di Zinc binding group

alternativi all'idrossammato quali tioli, tiodiazoli, idrossipiridoni, idrossipiridintioni,

carbamoilfosfonati, gruppi β-lattamici, acidi squarici e pirimidintrioni (Tab.4), aventi caratteristiche

di chelanti monodentati, bidentati e tridentati10

.

Essendo caratterizzati da un unico legame di coordinazione con lo ione Zinco, i composti

appartenenti alla categoria dei chelanti monodentati risultano essere generalmente inibitori più

deboli se confrontati con chelanti bidentati.

All’interno di questa categoria i tioli potrebbero essere i più potenti inibitori in vitro, tuttavia si

tratta di gruppi abbastanza instabili, facilmente soggetti ad ossidazione.

Inoltre è altamente probabile che in vivo possano andare a formare legami disolfurei osservazione

che ne limita notevolmente le possibilità di utilizzo a livello clinico.

Tra i chelanti bidentati, chelanti eterociclici come gli idrossipironi, idrossipiridoni e i tioni analoghi,

si sono dimostrati potenti inibitori delle MMPs rispetto ad un acido idrossammico di riferimento10

(acido acetoidrossammico); inoltre hanno mostrato una tossicità relativamente bassa nei confronti di

una coltura cellulare pur mantenendo il loro potere inibitorio.

Tra i vari ZBG riportati si trovano anche carbamoilfosfonati, proposti come valida alternativa agli

acidi idrossammici in virtù della loro buona attività inibitoria; inoltre sembrano non essere tossici in

vivo.

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Tab.4: Nella tabella sono riportati vari tipi di Zinc Binding Group e la modalità con cui questi vanno a coordinare lo

Zinco catalitico.10

Tale varietà di ligandi offre un ampio raggio di possibili affinità con il sito attivo contenente lo

Zinco, favorendo la scoperta di nuove interazioni che consentano un incremento dell'attività

inibitoria e un aumento della selettività dei composti sviluppati.(Tab.5)

Analoghi di acidi idrossammici sono stati sintetizzati a partire dall'acido squarico, con l'idea di

ottenere un inibitore che fosse particolarmente selettivo per la MMP-1. (5)17

Questo tipo di Zinc binding group è particolare poiché pur chelando lo Zinco come chelante

bidentato, si lega formando un "anello di legame" a 6 termini (Fig.7), diversamente da quanto

accade per gli acidi idrossammici che formano un anello tipico a 5 termini.

Acido squarico Acido idrossammico

Fig.7: Rappresentazioni schematiche delle modalità di legame dei due ZBG acido squarico e acido idrossammico con

lo Zinco catalitico.

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Proprio tale particolarità potrebbe essere molto utile per lo sviluppo di nuovi inibitori poiché

potrebbe garantire una specifica posizione del derivato squarico all'interno delle tasche dell'enzima

leganti il substrato.

Altro gruppo di inibitori contenenti un particolare zinc binding group è quello dei pirimidin-2,4,6-

trioni. (Fig.8)

Strutture cristallizzate di tali inibitori18

con la MMP-3 e MMP-8 hanno permesso di osservare che il

legame con lo Zinco avviene grazie all'azoto in posizione 3.

Pirimidintrione

Fig.8: Rappresentazione del legame dello ione Zinco con il ZBG Pirimidintrione.

L'ossigeno carbonilico adiacente all'azoto che lega lo Zinco si trova generalmente nella forma

enolica poiché in questo modo è stabilizzato attraverso un doppio legame a idrogeno tra l'idrogeno

enolico e i due ossigeni che appartengono all'acido glutammico, situato nelle immediate vicinanze.

Sostituzioni di vario genere a livello della posizione 5 di tale zinc binding group ha consentito di

ottenere inibitori che riuscissero ad inserirsi all'interno delle tasche S1' e S2' del sito catalitico.

Esempio di questo gruppo di inibitori è il composto 619

(Tab.5), che ha dimostrato efficacia

antitumorale in vari modelli in vitro e in vivo.

Ulteriore gruppo di inibitori molto studiato è quello che presenta composti con Zinc binding group

contenenti fosforo.

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Gran parte degli studi pubblicati hanno focalizzato l'attenzione sullo sviluppo di α-

bifenilsulfonilammino fosfonati, analoghi di inibitori delle MMPs noti, che contenevano come Zinc

binding group idrossammati e carbossilati.

Si è osservato che nella struttura cristallizzata del composto 720

(Tab.5) all'interno della MMP-8,

utilizzata come modello, lo zinco viene legato da tale tipologia di chelanti tramite i due ossigeni del

gruppo fosfonico.

Inoltre, andando a valutare l'attività dell'enantiomero del composto 7, è stato possibile notare che lo

stereoisomero R mostrava interazioni migliori tra il gruppo isopropilico e i residui amminoacidici

all'interno della tasca S1' e consentiva di penetrare maggiormente all'interno di tale tasca.

Sulla base dei risultati ottenuti in seguito a questo studio è stato possibile giungere alla sintesi di un

potente inibitore (8)20

che presenta notevole selettività per la MMP-8.

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Valori di IC50 µM

STRUTTURA MMP-1 MMP-2 MMP-8

5

15

_

_

6

16

0.01

0.015

7

_

0.005

0.0006

8

0.160

0.02

0.0011

Tab.5: Esempi di MMPI contenenti vari ZBGs.

Page 20: Capitolo 1:Le Metalloproteasi della Matrice Extracellulare ... · Fig.1: Struttura della proMMP-2. E' possibile notare le rappresentazioni del dominio catalitico, dove le sfere di

1.3.2. Inibitori non leganti lo Zinco.

La strategia alla base di questo tipo di approccio allo sviluppo di nuovi inibitori riguarda la

possibilità di andare a migliorare la selettività dei composti proprio eliminando la capacità di legare

lo Zinco catalitico.(Fig.9)

Minimizzando o eliminando tale interazione è possibile andare a valutare e quindi incrementare altri

tipi di interazioni all'interno del sito catalitico.

Di fatto tutti i composti appartenenti a questa tipologia di inibitori21

sembrano dimostrare una

notevole selettività per un unico tipo di MMP (es. MMP-13), promettendo buoni risultati

nell'utilizzo terapeutico.

a) b)

Fig.9: a) Rappresentazione dell'inibitore all'interno del sito catalitico: sono in evidenza i residui amminoacidici

all'interno della tasca S1' che formano legami ad idrogeno con l'inibitore; lo ione catalitico Zn è rappresentato come una

sfera color porpora. b) Esempio di inibitore delle MMPs che agisce non chelando lo Zinco catalitico.4

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1.3.3. Mechanism-Based MMP Inhibitor.

Il primo inibitore per le MMPs appartenente alla categoria dei Mechanism-based inhibitor è stato

l'SB-3CT22

(Tab.6)

Questo inibitore va a legarsi a livello del sito attivo, formando un legame covalente a seguito

dell'attivazione dell'enzima; il legame covalente che si genera impedisce la dissociazione

dell'inibitore a causa di meccanismi di tipo competitivo, cosa che permette di utilizzare minori

quantità di inibitore per ottenere la saturazione dell'enzima. (Schema 4).

Lo scheletro di tale molecola è un difeniletere, porzione comune a molti inibitori delle MMPs

appartenenti a varie categorie; l'anello tiranico consente all'inibitore di coordinare con lo Zinco

catalitico tramite l'atomo di Zolfo.

L'SB-3CT è un inibitore selettivo della MMP-2 e MMP-9 e sembra promettere buoni risultati, a

livello pre-clinico, per l'inibizione della formazione di metastasi nel tumore alla prostata e come

cura per prevenire i danni causati da ischemia cerebrale.

Valori di Ki (µM)

STRUTTURE MMP-1 MMP-2 MMP-3 MMP-7 MMP-9 MMP-14

SB-3CT

73

0.028

4

67

0.400

0.110

Tab.6: Esempio di Mechanism-based inhibitor.

Come mostrato nello schema (schema 4), l'inibitore ha la capacità di promuovere la formazione di

un legame covalente con il gruppo carbossilico dell'acido glutammico presente all'interno del sito

catalitico in prossimità dello ione Zinco, legame che comporta il blocco della normale attività

enzimatica

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Schema 4: Rappresentazione schematica del meccanismo con cui il Mechanism-based MMPI SB-3CT agisce;

L'attacco nucleofilo da parte del residuo di Acido Glutammico consente l'apertura dell'anello tiranico e la successiva

formazione del legame covalente.4