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IN SINTESI La vulva è sede di molteplici affezioni di tipo dermatologico, malformativo, tumorale. La sintomatologia di quasi tutte le affezioni vulvari, neoplastiche e non, è assai aspecifica e rappresentata essenzialmente da pru- rito, bruciore, dispareunia. Le dermatosi vulvari (psoriasi, dermatite seborroica, lichen planus) rappresentano circa il 5-7% di tutte le patologie vulvari. Il lichen scleroso e l’iperplasia cellulare squamosa (conseguente a dermatiti irritative o atopiche croniche) sono considerate lesio- ni a potenziale evoluzione neoplastica, anche se la possibilità di una loro evoluzione è calcolata attorno al 3-5%. Le neoplasie intraepiteliali risultano in progressivo aumento, in modo particolare quelle conseguenti ad infezione da HPV. La te- rapia è prevalentemente basata sulla chirurgia escissionale. Le neoplasie invasive rappresentano il 3-5% dei tumori ginecologici, colpiscono generalmente pazienti in età avanzata e nell’80% dei casi sono tumori di origine squamosa. La terapia è prevalentemente chirurgica ed attuata in base allo stadio clini- co-chirurgico, ma si avvale anche di terapie complementari o adiuvanti (radioterapia e chemioterapia). La vagina è sede di patologie malformative (setti), infiammatorie (vaginiti) e tumorali. I tumori invasivi della vagina sono rari: mentre quelli squamosi colpiscono prevalentemente pazienti anziane, il sarcoma botrioi- de interessa pazienti in età pediatrica. Patologia della vulva e della vagina ANTONIO AMBROSINI LEOPOLDO BECAGLI 263 CAPITOLO 12 MALATTIE DELLA VULVA Affezioni dermatologiche La vulva è un organo cutaneo e come tale soggetto ad af- fezioni dermatologiche presenti in altri distretti corporei; tuttavia la dislocazione, la fisiologia e la funzione di que- st’organo genitale determinano spesso quadri morfologici caratteristici e specifici che richiedono un approccio multi- disciplinare. PSORIASI La psoriasi è una comune dermatosi cutanea papulo- squamosa ad andamento cronico ed eziologia ignota, che si manifesta in soggetti geneticamente predisposti. L’area inguino-genitale può essere interessata isolatamente da tale processo morboso, tuttavia un’attenta ispezione di tutta la superficie corporea, specialmente a livello delle su- perfici flessorie degli arti (gomiti e ginocchio) e del cuoio capelluto, spesso rivela altri siti coinvolti. A livello vulvare è localizzata generalmente alla cute pelosa della faccia esterna delle grandi labbra e del monte di Venere. Le plac- che tipiche della psoriasi, a limiti netti, translucide, circon- date da un modesto eritema e ricoperte da squame ar- gentee sono meno evidenti nella localizzazione vulvare, per la maggiore traspirazione e i microtraumi da frizione ripetuta, per cui anche il segno di Auspitz (la comparsa di microemorragie puntiformi conseguenti al grattamento) è meno frequente. Il sintomo prevalente è il prurito a cui se- gue il grattamento, causa di lesioni escoriative che rendo- no possibile il sovrapporsi di infezioni. La diagnosi diffe- renziale si pone con le dermatiti da contatto e allergiche. Il trattamento si avvale dell’utilizzo di emulsioni a base di cortisone di differente potenza, in relazione all’entità del- la malattia.

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IN SINTESI

◗ La vulva è sede di molteplici affezioni di tipo dermatologico, malformativo, tumorale.◗ La sintomatologia di quasi tutte le affezioni vulvari, neoplastiche e non, è assai aspecifica e rappresentata essenzialmente da pru-

rito, bruciore, dispareunia.◗ Le dermatosi vulvari (psoriasi, dermatite seborroica, lichen planus) rappresentano circa il 5-7% di tutte le patologie vulvari.◗ Il lichen scleroso e l’iperplasia cellulare squamosa (conseguente a dermatiti irritative o atopiche croniche) sono considerate lesio-

ni a potenziale evoluzione neoplastica, anche se la possibilità di una loro evoluzione è calcolata attorno al 3-5%.◗ Le neoplasie intraepiteliali risultano in progressivo aumento, in modo particolare quelle conseguenti ad infezione da HPV. La te-

rapia è prevalentemente basata sulla chirurgia escissionale.◗ Le neoplasie invasive rappresentano il 3-5% dei tumori ginecologici, colpiscono generalmente pazienti in età avanzata e

nell’80% dei casi sono tumori di origine squamosa. La terapia è prevalentemente chirurgica ed attuata in base allo stadio clini-co-chirurgico, ma si avvale anche di terapie complementari o adiuvanti (radioterapia e chemioterapia).

◗ La vagina è sede di patologie malformative (setti), infiammatorie (vaginiti) e tumorali.◗ I tumori invasivi della vagina sono rari: mentre quelli squamosi colpiscono prevalentemente pazienti anziane, il sarcoma botrioi-

de interessa pazienti in età pediatrica.

Patologiadella vulvae della vaginaANTONIO AMBROSINI LEOPOLDO BECAGLI

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CAPITOLO 12

MALATTIE DELLA VULVA

Affezioni dermatologicheLa vulva è un organo cutaneo e come tale soggetto ad af-fezioni dermatologiche presenti in altri distretti corporei;tuttavia la dislocazione, la fisiologia e la funzione di que-st’organo genitale determinano spesso quadri morfologicicaratteristici e specifici che richiedono un approccio multi-disciplinare.

PSORIASI

La psoriasi è una comune dermatosi cutanea papulo-squamosa ad andamento cronico ed eziologia ignota, chesi manifesta in soggetti geneticamente predisposti. L’areainguino-genitale può essere interessata isolatamente datale processo morboso, tuttavia un’attenta ispezione ditutta la superficie corporea, specialmente a livello delle su-

perfici flessorie degli arti (gomiti e ginocchio) e del cuoiocapelluto, spesso rivela altri siti coinvolti. A livello vulvareè localizzata generalmente alla cute pelosa della facciaesterna delle grandi labbra e del monte di Venere. Le plac-che tipiche della psoriasi, a limiti netti, translucide, circon-date da un modesto eritema e ricoperte da squame ar-gentee sono meno evidenti nella localizzazione vulvare,per la maggiore traspirazione e i microtraumi da frizioneripetuta, per cui anche il segno di Auspitz (la comparsa dimicroemorragie puntiformi conseguenti al grattamento) èmeno frequente. Il sintomo prevalente è il prurito a cui se-gue il grattamento, causa di lesioni escoriative che rendo-no possibile il sovrapporsi di infezioni. La diagnosi diffe-renziale si pone con le dermatiti da contatto e allergiche.Il trattamento si avvale dell’utilizzo di emulsioni a base dicortisone di differente potenza, in relazione all’entità del-la malattia.

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DERMATITE SEBORROICA

La dermatite seborroica è un’affezione cutanea eritemato-desquamativa a carattere infiammatorio cronico ed eziolo-gia sconosciuta, che colpisce prevalentemente le aree ric-che di ghiandole sebacee (cuoio capelluto, viso dietro leorecchie, regione sternale). La vulva può essere interessatanelle zone più ricche di follicoli, con lesioni modicamentedesquamanti con lamelle furfuracee. Le eruzioni cutanee,ad andamento ricorrente, sono spesso precedute da stressemozionali, infezioni, affaticamento. Talora asintomatica, ètuttavia il prurito il segno più costante, quando sia coinvol-ta la regione vulvare; il conseguente grattamento producelesioni escoriative soggette a impetiginizzazione, prevalen-temente di tipo micotico. Norme igieniche (uso di indu-menti in fibra naturale) ed emulsioni a base di cortisonerappresentano i presidi terapeutici.

LESIONI PIGMENTATE

La lentiggine è una comune lesione scura della cute cheappare a livello vulvare nelle donne giovani e di mezza età.Frequentemente multiple, queste lesioni sono rappresen-tate da macchie scure, piatte, di dimensioni variabili; pre-senti sia a livello della cute che della mucosa vulvare. L’a-spetto delle lentiggini è simile a quello del nevo giunziona-le, alla melanosi superficiale, al carcinoma basocellularepigmentato ed al carcinoma in situ, dai quali devono esse-re differenziate mediante biopsia escissionale.Anche la presenza di nevi melanocitici è un’evenienzaabbastanza comune a livello vulvare. Le caratteristiche cli-niche ed istologiche sono simili a quelle dei nevi di altre se-di cutanee. Generalmente il nevo comune acquisito ha for-ma simmetrica, è rotondo od ovalare, con pigmentazioneuniforme e a limiti regolari. Talora può mostrare segni ati-

pici, in tal caso ha diametro superiore a sei millimetri e pre-senta pigmentazione e margini irregolari. Tali lesioni ne-cessitano di sorveglianza vista l’associazione con il rischiodi melanoma cutaneo.Altra frequente lesione pigmentata della vulva è rappre-sentata dalla cosiddetta iperpigmentazione reattiva checostituisce una risposta ad un processo infiammatorio cro-nico e/o ad un persistente fenomeno irritativo e traumati-co. L’iperpigmentazione può essere diffusa in donne obe-se, diabetiche e affette da infezioni cutanee croniche pre-valentemente di tipo micotico; non richiede alcun tratta-mento.

DERMATITI E DERMATOSI IRRITATIVE ED ALLERGICHE

La vulva, per le sue caratteristiche anatomiche, è altamen-te sensibile ad insulti di tipo chimico, fisico ed immunolo-gico. Le dermatiti sono una patologia infiammatoria cuta-nea a decorso acuto o cronico e vengono distinte in formeirritative da contatto e in forme allergiche o atopiche (Figu-ra 12.1). Le dermatiti irritative trovano come fattori causaliagenti di qualsiasi natura con effetto irritante (Tabella 12.1).Le dermatiti atopiche si verificano in soggetti che hanno svi-luppato una sensibilizzazione allergica per certe sostanzechimiche. Clinicamente le forme acute, sia irritative sia ato-piche, sono caratterizzate da eritema, edema, microvesci-cole, essudazione e lesioni da grattamento, in quanto ilprurito rappresenta il sintomo prevalente. In caso di croni-cizzazione, la cute vulvare diventa bruno grigiastra, presen-ta aree di lichenificazione e di ispessimento cutaneo (tipo“pelle di elefante”), determinando istologicamente il qua-dro della iperplasia cellulare squamosa (ICS). Frequen-temente questa patologia giunge alla osservazione del gi-necologo in fase cronica, in quanto spesso tali pazienti ten-dono all’autoprescrizione di sostanze o medicamenti chedeterminano solo un momentaneo beneficio e favorisconocosì l’instaurarsi di un circolo vizioso, prurito-grattamento-prurito, responsabile della cronicizzazione. Generalmentesi arriva alla diagnosi sulla base di un’accurata anamnesi edi un’attenta ispezione. Qualora la diagnosi differenzialecon dermatosi o altre affezioni vulvari risulti difficoltosa,può essere utile eseguire una biopsia in anestesia locale. Laterapia consiste nel riconoscimento e nella rimozione del-l’agente irritante o allergico, e l’uso di corticosteroidi topicipuò accelerare la risoluzione del quadro.

LICHEN PLANUS (LP)Il lichen planus o lichen ruber planus è una dermatosi carat-terizzata dalla presenza di papule pruriginose poligonali,confluenti in placche, di colorito violaceo e con sottili striebianche superficiali (strie di Wickham) (Figura 12.2a). In ge-nere interessa le donne di età compresa tra i 30 e 60 anniin precise aree, tra cui la cute delle superfici flessorie degli

GINECOLOGIA

Figura 12.1 Vulvite irritativa.

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arti superiori, la regione ano-genitale e le mucose. Si trat-ta, probabilmente, di una malattia autoimmune, in cui unprocesso citotossico linfocito T mediato, scatenato da unostimolo antigenico esogeno (farmaci, metalli, virus tipoHCV), attacca e distrugge i cheratinociti. Si associa ad al-tre patologie viscerali della stessa natura, tipo colite ulce-rosa ed epatite cronica attiva postvirale. Il coinvolgimentovulvo-vaginale può far parte di un rash generalizzato o es-sere isolato. A livello vulvare si riconoscono tre varianti cli-niche:

1) classica: prevalentemente localizzata sul monte di Vene-re, sulle grandi e piccole labbra; il principale sintomo la-mentato è il prurito, responsabile della disseminazionedella malattia (fenomeno di Koebner), anche se talvoltapuò essere asintomatica;

2) erosiva, detta anche sindrome gengivale vulvo-vaginaleper le sedi colpite, a tendenza persistente e progressivacon atrofia, perdita della architettura vulvare e stenosivaginale; il principale sintomo è il dolore urente, fonte didispareunia nelle pazienti sessualmente attive (al con-

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Tabella 12.1 AGENTI IRRITANTI RESPONSABILI DI DERMATITI IRRITATIVE O DA CONTATTO

Azione Agenti

Chimica Ossidanti: acqua ossigenata, ipocloriti, nitriti, sostanze iodateAcidi ed alcaliSolventi: alcol, etere, cloroformioCheratolitici: acido acetilsalicilico, resorcinaDetergenti

Fisica MicrotraumatismiVariazioni ambientali: biancheria intima sintetica, indumenti occlusivi antitraspiranti, assorbenti, salvaslip

Biologica VegetaliAnimali: punture di insetto

Figura 12.2 a) Lichen planus; b) e lichen scleroso. (Da Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica. Masson S.p.A. an Elsevier Company. All ri-ghts reserved.)

Lichen plan s ba

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trario la mucosa gengivale risulta solitamente asintoma-tica);

3) ipertrofica, la meno comune a livello vulvare, appare co-me una area di cute biancastra atrofica estesa che coin-volge i solchi interlabiali e le piccole labbra.

La diagnosi di LP si basa sull’aspetto clinico e, a volte, sul-la biopsia utile per distinguere il LP da altre malattie erosi-ve tipo le malattie bollose, il lichen scleroso, il VIN, il LES,il malattia di Behçet. La terapia si basa sull’utilizzo di corti-costeroidi topici o sistemici; le forme erosiva ed ipertroficasono, comunque, spesso resistenti al trattamento.

Manifestazioni cutanee di patologiesistemicheA livello vulvare si possono presentare lesioni, per lo più acarattere ulcerativo, espressione di patologie sistemiche. Ilmorbo di Crohn è una patologia di origine sconosciutache colpisce l’apparato gastro-intestinale; le lesioni ano-genitali, caratterizzate inizialmente da ipertrofia ed edemalabiale e successivamente da ulcerazioni con formazioniasessuali e fistolose, possono precedere le manifestazioniintestinali della malattia. Il trattamento di tali lesioni preve-de l’uso prolungato di metronidazolo e corticosteroidi to-pici.Anche il malattia di Behçet è una patologia infiammato-ria cronica ricorrente, caratterizzata da ulcerazioni genitalied orali collegate ad infiammazioni oculari e lesioni cuta-nee di tipo vasculitico.Tali manifestazioni si associano talo-ra ad artriti, tromboflebiti, colite ulcerosa, meningo-encefa-liti. Le ulcerazioni vulvari prevalenti alle piccole labbra pre-sentano un’area centrale gialla e necrotica, edema periferi-co e sono spesso dolorose. La terapia si avvale dell’uso dicorticosteroidi sistemici ed intralesionali oltre che di anti-biotici ed anestetici locali.

ALTERAZIONI VULVARI NON NEOPLASTICHE

Tali lesioni, caratterizzate da un’alterazione cronica del tro-fismo cellulare e definite in passato con il termine di di-strofie, sono state classificate nel 1987 dalla ISSVD (Inter-national Society for the Study of Vulvar Disease) come malat-tie non neoplastiche della cute e delle mucose vulvari (Ta-bella 12.2).

LICHEN SCLEROSO (LS)Il LS è una malattia infiammatoria cronica che può interes-sare sia la cute sia le mucose prevalentemente genitali (Fi-gure 12.2b e 12.3): nel 90% dei casi è coinvolta la regionevulvare come unica sede. Può insorgere in qualunque fasedella vita, ma si riscontra più frequentemente in peri-post-menopausa. Questa dermatosi da sola rappresenta il 10-20% delle malattie epiteliali non neoplastiche della vulva.

L’elevata (10-62%) concomitante presenza nelle sue adia-cenze di un carcinoma invasivo ha, per molto tempo, con-ferito a tale dermatosi un significato di lesione precancero-sa, ma sulla base dei dati della letteratura fondati su studiprospettici, si è attualmente concordi nel ritenere che il po-tenziale oncogeno sia basso (1-4%). Gli studi più recentiindicano un coinvolgimento del sistema immunitario nellapatogenesi del LS: la presenza nel derma di linfociti T atti-vati e di cellule dendritiche nella epidermide, l’aumento dicellule di Langerhans e la frequente associazione a questamalattia di altre patologie autoimmunitarie quali la vitiligi-ne, l’alopecia aerata, le tiroiditi, sembrano avvalorare taleorientamento.L’aspetto tipico di questa dermatosi cutanea è rappresenta-to da una lesione biancastra più o meno estesa, diffusa nel-l’area vulvo-perineale e madreperlacea, presente su unacute atrofica per effetto della riduzione dello spessore del-l’epidermide. La progressiva atrofizzazione e la sclerosi delderma, conseguenti ad un’aumentata attività proliferativa ecollageno-sintetica dei fibroblasti, portano ad un aggrava-mento del quadro clinico con atrofia di strutture anatomi-che (scomparsa delle piccole labbra e fimosi del clitoride)e/o fusione delle stesse (conglutinazione tra piccolo e gran-

GINECOLOGIA

Tabella 12.2 CLASSIFICAZIONE DELLE ALTERAZIONI EPITELIALI VULVARI NON NEOPLASICHE (ISSVD 1987)

Lichen • Lichen sclerosus• Lichen (ruber) planus• Lichen simplex cronico

Iperplasia cellulare squamosa

Altre dermatosi • Psoriasi• Pemfigo bolloso• Dermatite seborroica

Figura 12.3 Lichen scleroso.

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de labbro), producendo un progressivo restringimento del-l’introito vaginale. In alcune aree della cute e della mucosavulvare sono evidenziabili inoltre lesioni ipercheratosiche.La sovrapposizione di fattori flogistico-infettivi è responsa-bile dei cosiddetti LS eritematosi, di difficile differenziazio-ne con il lichen planus.La sintomatologia tipica è rappresentata da prurito inten-so, sensazione di secchezza, dispareunia. Anche se rara-mente, il LS può essere asintomatico, ciò che determina unritardo nella diagnosi della malattia e la progressione dellastessa in forme più gravi.La terapia si avvale dell’uso di corticosteroidi topici ad ele-vata potenza quale il clobetasolo propionato allo 0,05% omometasone (0,1%). L’impiego di antistaminici ed aneste-tici non porta ad una riduzione della sintomatologia, men-tre è indicato l’uso di creme emollienti e idratanti. L’utiliz-zo del testosterone propionato topico, raccomandato neglianni 1970-1980, sembra non rappresentare una terapia ef-ficace per questa patologia. La chirurgia è mutilante e nonrisolve gli effetti della malattia. Vista la possibile, seppuremodesta, evolutività neoplastica è necessario un periodicofollow-up di queste pazienti.

IPERPLASIA CELLULARE SQUAMOSA

Spesso il quadro del LS si collega a lesioni caratterizzate daun ispessimento dell’epidermide, associato ad aree bianca-stre o rosate, ricoperte da uno strato cheratinico più o me-no spesso, che configura l’iperplasia cellulare squamosa(ICS). Nel contesto di tali lesioni, l’esame istologico puòevidenziare una condizione di atipia cellulare, generalmen-te lieve o moderata, senza i caratteri tipici dell’infezione daHPV (si vedano le neoplasie intraepiteliali della vulva). Es-sendo queste particolari neoplasie intraepiteliali effetto diun processo flogistico reattivo cronico, non presentano re-gressione spontanea, bensì tendenza alla progressioneneoplastica invasiva, prevalentemente in donne anziane, equindi necessitano di terapia escissionale e follow-up.

Circoncisione e infibulazioneLa circoncisione femminile (Figura 12.4) è una mutilazionedei genitali esterni praticata in molte zone dell’Africa e del-l’Asia per motivi religiosi e culturali. L’OrganizzazioneMondiale della Sanità la classifica secondo quattro tipi diprocedure:

1) il Tipo I consiste nella clitoridectomia parziale o totale;2) il Tipo II prevede la clitoridectomia associata alla parzia-

le o totale escissione delle piccole labbra;3) il Tipo III (infibulazione) include la clitoridectomia, la

parziale o totale escissione delle piccole labbra ed unaincisione delle grandi labbra con riappaiamento dei

margini rimanenti, al fine di creare un neointroito vagi-nale ristretto;

4) il Tipo IV, cui appartengono altre forme di incisioni,ustioni e manipolazioni dei genitali esterni.

Il fine di tali pratiche è la credenza che, se eseguite in tene-ra età (5-12 anni), possano contribuire a preservare la ca-stità e la fertilità prematrimoniale, come pure a migliorarel’igiene e accrescere il piacere del partner durante i rappor-ti sessuali. Ancora oggi tali mutilazioni vengono spessoeseguite da personale non sanitario secondo tecniche rudi-mentali e in assenza di sterilità, per cui le complicazioniimmediate più frequenti sono rappresentate da emorragie,infezioni e sepsi. Esistono anche complicanze a lungo ter-mine, specie nel Tipo II e III, quali stenosi del meato ure-trale, ritenzione urinaria, infezioni genito-urinarie ricorren-ti, fibrosi, cheloidi, ascessi vulvari, fusioni labiali e conse-guente ematocolpo. Le complicanze ostetriche sono piùfrequenti nel Tipo III e sono sia antepartum (impossibilitàdi monitorare la gravidanza con l’esplorazione vaginale),che intrapartum (prolungamento del periodo espulsivo eaumento del rischio di lacerazioni ed infezioni vaginali) opostpartum (alterata cicatrizzazione di episiotomia, emor-ragia e sepsi). Per prevenire tali complicanze, come pureper migliorare la dispareunia, si può intervenire con ladeinfibulazione chirurgica, consigliabile almeno prima diun’eventuale gravidanza.

Cisti vulvariLa cisti della ghiandola del Bartolini rappresenta la pa-tologia cistica di più frequente riscontro vulvare (Figura12.5). È dovuta all’espansione intraluminale del dottoescretore per ostruzione del dotto stesso secondaria amolteplici cause (trauma ostetrico, atresia, infezione econseguente edema). Si tratta quindi di cisti da ritenzione.Si manifesta come tumefazione rotondeggiante, di consi-stenza teso-elastica nella parte inferiore esterna del gran-de labbro.La sintomatologia dipende dalle dimensioni e dalle possi-bili complicanze (ascessualizzazione, fistolizzazione). So-no infatti asintomatiche se piccole, provocano tensione,difficoltà al coito e alla deambulazione se di grosse di-mensioni. In caso di infezione diventano dolenti e com-paiono segni di flogosi locale, talora generale con febbre.La terapia è chirurgica e consiste nell’asportazione dellacisti a meno che non sia in atto un processo infiammato-rio; in questi casi è indicata la marsupializzazione consvuotamento dell’ascesso, con possibili recidive del pro-cesso.Altre formazioni cistiche sono frequentemente riscontrabi-li nella regione vulvare: sono per lo più cisti da inclusione

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GINECOLOGIA

Figura 12.4 Circoncisione femminile. (Da R.P. Smith, Netter’s Obstetrics, Gynecology and Women’s Health. Published by Elsevier Inc. All rightsreserved.)

Rimozionedel clitoridee del prepuzio

Female Circumcision

Escissionedel clitoridee parte dellepiccole labbra

Tipo I: Clitoridectomia Tipo II: Clitoridectomia e parzialeescissione delle piccole labbra

Totale escissionedel clitoride e delle piccole labbra

Incisione dellegrandi labbra e loro avvicinamentoal di sopra dell’uretrae introito vaginale(infibulazione)

Escissione del clitoride e delle piccole labbrae incisione delle grandi labbra nel tipo III e IV

I 2/3 delle grandilabbra sonochiuse al di sopradell’uretra e introito vaginale

Apertura

Apertura

L’introitovaginale èpraticamenteinaccessibile

Tipo III: Infibulazione parziale Tipo IV: Infibulazione totale con piccolaapertura posteriore per il passaggiodelle urine e del sangue mestruale

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Figura 12.5 Alcuni esempi di cisti vulvari. (Da Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica. Masson S.p.A. an Elsevier Company. All rights re-served.)

Cisti da inclusione

Cisti del canale di Nuck

Cisti della ghiandola del Bartolini

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GINECOLOGIA

Figura 12.6 Cisti da inclusione: cisti sebacee.

Figura 12.7 Imene imperforato. (Da Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica. Masson S.p.A. an Elsevier Company. All rights reserved.)

Imperforatehymen

(Figura 12.5) e noduli intradermici di piccole dimensioni acontenuto giallastro denso e cremoso; cisti sebacee (Figura12.6), presenti in genere sia sulle piccole sia sulle grandi

labbra, e più frequenti a livello del vestibolo. Nella maggiorparte dei casi sono asintomatiche e l’incisione, o megliol’exeresi, rappresenta la terapia indicata in caso di sinto-matologia irritativa o al sovrapporsi di processi infettivi. Lecisti del dotto di Malpighi Gartner o cisti mesonefriti-che, localizzate a livello imenale o nel terzo medio dellegrandi labbra, sono piccole formazioni teso-elastiche acontenuto sieroso mucinoso, che esitano dai residui deldotto di Wolff. Le cisti del canale di Nuck (Figura 12.5)sono cisti sierose, localizzate nella metà superiore delgrande labbro che originano per mancata obliterazionedella porzione distale del diverticolo peritoneale, che se-gue il legamento rotondo sino alla inserzione sul grandelabbro. Per entrambe queste ultime formazioni cistiche èindicata l’exeresi chirurgica.

Malformazioni imenaliL’imene imperforato costituisce una frequente anomaliaostruttiva congenita dell’efflusso vaginale (0,1% dei nativivi) (Figura 12.7). Secondo alcuni Autori, l’imene imperfo-rato sarebbe l’esito di un’abnorme invasione mesodermica

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della porzione uro-genitale della membrana cloacale, altriparlano di un’insufficiente apoptosi o di un inappropriatoambiente ormonale; tuttavia, di certo, è stata notata la pre-senza di una ricorrenza familiare.L’imene imperforato può essere sintomatico già in periodoneonatale, favorendo la comparsa di mucocolpo per l’accu-mulo delle secrezioni vaginali fetali sotto l’influsso estroge-nico materno. Se misconosciuto fino al menarca, l’imeneimperforato si presenta con dolori addominali ciclici ingra-vescenti, amenorrea primaria, ritenzione urinaria, stipsi elombalgia. Ematometra ed ematocolpo sono frequenti e sipuò arrivare fino all’ematosalpinge e occasionalmente al-l’endometriosi intraddominale, per flusso retrogrado.La diagnosi si effettua con:

1) attento esame del vestibolo: l’imene imperforato ap-pare come una sottile membrana traslucente (bluastrase vi è ematocolpo) che protrude con la manovra diValsalva;

2) palpazione addominale e rettale, per evidenziare unamassa in sede pelvica;

3) ecografia, per stabilire la reale estensione della raccoltaintravaginale.

Anomalie anatomiche che rientrano nella diagnosi diffe-renziale dell’imene imperforato sono: adesioni labiali ac-quisite, imene stenotico, setti vaginali ostruenti o parzial-mente ostruenti (longitudinali o trasversi), cisti vaginali,agenesia vaginale (sindrome di Mayer-Rokitansky-Kuster-Hauser), insensibilità agli androgeni (femminilizzazionetesticolare). La correzione è chirurgica: imenotomia a crocelungo i diametri diagonali dell’imene per evitare lesioniuretrali; tale intervento, nella paziente asintomatica, vienegeneralmente differito alla pubertà, epoca in cui la stimola-zione estrogenica ne favorisce la riparazione chirurgica e laguarigione. È opportuno ricordare anche di indagare sullapossibile presenza di anomalie dell’apparato urinario, datal’origine embriologica comune dal seno uro-genitale.L’imene imperforato è comunque l’estremo di uno spettrodi variazioni della configurazione imenale. Si parla, infatti,di imene anulare, settato, ipertrofico, a mezzaluna, cri-broso, navicolare (con un orifizio disposto anteriormente)rigido ecc. Questi raramente sono sintomatici prima delmenarca, tuttavia, la variante navicolare può provocare sin-tomatologia di tipo urinario (perdite, ritenzione ed infezioniurinarie). Qualche volta la configurazione cribriforme si as-socia a mucocolpo ed eventuale piomucocolpo, per risalitadi batteri patogeni attraverso le microperforazioni. All’epo-ca del menarca non creano grossi disturbi se si eccettua ladifficoltà nell’inserimento dei tamponi, in particolare nelcaso delle anomalie stenosanti quali l’imene cribroso. Lostesso tipo di problema è creato dall’imene rigido, tipicodelle atlete, che può rientrare in un quadro di ipoestrogeni-

smo da eccessiva attività fisica.La paziente affetta da imenea bande lamenta, invece, di non riuscire ad estrarre il tam-pone precedentemente inserito. La varietà ipertrofica puòessere fonte di dispareunia. Tali forme, ovviamente, vannodistinte dal vaginismo involontario grazie ad un’attentaispezione genitale. Spesso sono misconosciute alla nascitaperché l’ispezione della regione ano-genitale, pur essendoparte dell’esame obiettivo neonatale, è resa difficoltosa siadalle ridotte dimensioni dei genitali, sia dall’influenza degliestrogeni materni che, rendendo ipertrofiche le piccole lab-bra, contribuiscono ad occultare il vestibolo. La conoscenzadella morfologia imenale più comune e delle sue varianti èutile, non solo per diagnosticare le patologie che possonoessere da loro favorite,ma anche per evitare grossolani erro-ri nella diagnosi di abuso sessuale in minore.

Adesioni labialiLe adesioni labiali sono relativamente comuni nella popo-lazione femminile in età pediatrica (1-2% tra i 3 mesi ed i 6anni di età). Di solito asintomatiche, vengono diagnosticatenel corso di un’ispezione genitale di routine. Solo occasio-nalmente simulano un’incontinenza postminzionale, pervia di un residuo urinario intrappolato, che solo in ortostati-smo riguadagna l’efflusso fisiologico. L’eziopatogenesi èprobabilmente di natura infiammatoria o irritativa locale(pannolino, detergenti) responsabile della perdita dell’epite-lio labiale superficiale; la successiva guarigione, dato il bas-so tasso estrogenico infantile, avviene con la costituzione diaderenze fibrose tra le labbra. Generalmente, anche se nontrattato, si risolve spontaneamente alla pubertà. Nei casigravi si utilizzano estrogeni topici e in caso di insuccesso, lalisi chirurgica. Le ricorrenze sono, comunque, comuni.

Lesioni traumatiche vulvariLe lesioni traumatiche vulvari possono essere distinte in le-sioni da traumi accidentali e lesioni sessuali.Le lesioni da traumi accidentali possono provocare lace-razioni di vario grado, estensione e profondità, che possonocoinvolgere organi limitrofi (ano, vagina e uretra) e frattureossee. In assenza di soluzione di continuo si può verificarela comparsa di ematoma. I provvedimenti terapeutici varie-ranno in base alla gravità delle lesioni: in caso di traumi su-perficiali con presenza di solo ematoma, è sufficiente appli-care una borsa del ghiaccio per almeno 24 ore, consigliare ilriposo, per evitare l’estendersi della lesione, ed effettuare la-vaggi con soluzioni disinfettanti. In caso di lesioni più gravicon estese soluzioni di continuo, è necessario intervenirecon punti di sutura.Per quanto riguarda le lesioni da traumi sessuali, partico-lare attenzione deve essere posta in presenza di lesioni an-

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che minime a livello genitale in bambine ed adolescenti alfine di escludere un abuso sessuale, avvalendosi, eventual-mente, della consulenza di un medico legale.

Tumori benigniLa vulva è frequentemente la sede di neoformazioni beni-gne presenti in altre sedi cutanee. L’emangioma con le va-rianti piana tuberosa e cavernosa è una neoplasia di origi-ne vascolare su base malformativa frequente nelle bambi-ne, ma può comparire anche in età adulta. È una tumefa-zione di colorito rosso violaceo o bluastro, spesso rilevata,a superficie liscia o finemente rugosa (angiocheratoma).Queste neoformazioni, più frequentemente asintomatiche,a causa della loro ubicazione e in conseguenza a traumi ac-cidentali, talora possono dare origine a sanguinamenti e adinfezioni secondarie; solo in questi ultimi casi è indicatal’exeresi chirurgica.Anche i polipi fibroepiteliali (acrocordon) sono forma-zioni di relativo frequente riscontro vulvare; sessili o pe-duncolati presentano un asse fibrovascolare rivestito da cu-te “rugosa”talora iperpigmentata. Di solito asintomatici, laloro rimozione bioptica può essere indicata al fine di con-sentire una diagnosi differenziale.La cheratosi seborroica è una comune lesione esofiticatalora papillare della cute, di colorito marrone nero chepuò simulare, per la pigmentazione, un melanoma. Si svi-luppa in qualsiasi parte del corpo con particolare fre-quenza a livello vulvare, specialmente nelle donne in po-stmenopausa. Le ghiandole sebacee non hanno alcunruolo nella formazione dell’escrescenza; il termine sebor-roico è riferito alla sua apparenza. Sono asintomatiche ela loro escissione è indicata solo a scopo di diagnosi dif-ferenziale.

Neoplasie della vulva

NEOPLASIE VULVARI INTRAEPITELIALI

Le neoplasie vulvari intraepiteliali (VIN) sono dovute aduna proliferazione delle cellule epiteliali che mostrano al-terazioni cito-architetturali di maturazione e atipie nuclea-ri accompagnate da un numero variabile di mitosi.Tale de-finizione è sinonimo di displasia, lieve, moderata e grave/car-cinoma in situ, analogamente alla terminologia utilizzataper le lesioni della portio. La classificazione VIN è stataadottata nel 1986 dalla International Society for the Studyof Vulvar Disease (ISSVD), includendo le forme squamose(suddivise in 3 gradi sulla base dell’estensione e della gra-vità delle anomalie nell’ambito dell’epitelio vulvare) e VINnon squamose (malattia di Paget e melanoma vulvare in si-tu) (Tabella 12.3). Una classificazione successiva, proposta

nel 2004 dalla stessa Società, ha apportato ulteriori modifi-che alla definizione delle VIN, facendo rientrare in esse so-lo le forme squamose, eliminando la VIN 1, attualmentedescritta come lesione condilomatosa o da effetto citopati-co da HPV e riservando al termine VIN solamente le lesio-ni precedentemente classificate come VIN 2 e 3 o VIN 3differenziata (Tabella 12.4). La vera lesione evolutiva e pre-neoplastica viene così classificata non in gradi, ma secondoparametri istomorfologici: le neoplasie intraepiteliali squa-mose, quindi, secondo la classificazione del 2004 (Tabella12.5) vengono suddivise in:

1) forme non differenziate (classic, usual type: 90% ) in cuirientrano le pregresse VIN2,VIN 3, basaloidi, bowenoidie miste, generalmente associate ad infezione da HPV;

2) forme differenziate (simplex, differentiated type: 10%) ge-neralmente non associate all’HPV, spesso misconosciu-te e a più alto rischio evolutivo oncogeno.

I rari casi di VIN che non possono essere classificati né co-me differenziate, né indifferenziate vengono denominateVIN NOS (unclassified type).

GINECOLOGIA

Tabella 12.5 CLASSIFICAZIONE VIN 2004

VIN non differenziato (classic – usual type)• tipo bowenoide• tipo basaloide• tipo misto

VIN differenziato (simplex – differentiated type)• tipo bowenoide

Tabella 12.4 MODIFICHEALLA CLASSIFICAZIONE VIN

Classificazione 1986 Classificazione 2004

VIN 1 –VIN 2 VINVIN 3, differenziated VIN, differenziated type

Tabella 12.3 NEOPLASIE VULVARIINTRAEPITELIALI (ISSVD 1986)

Squamocellulari• VIN 1: Displasia lieve• VIN 2: Displasia media• VIN 3: Displasia grave/carcinoma in situ (CIS)

Non squamocellulari• Morbo di Paget (intraepiteliale)• Melanoma in situ

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Le forme non differenziate sono spesso riscontrabili indonne giovani (< 45 anni), in un contesto di condilomato-si piana o florida, spesso correlate a lesioni analoghe cervi-cali e vaginali (CIN, VaIN); il rischio di progressione neo-plastica è basso e possono andare incontro a regressionespontanea. I ceppi virali generalmente riscontrati sonol’HPV 6, 11, 18. L’aspetto clinico, meglio evidenziabile me-diante lente di ingrandimento o utilizzando il colposcopio(vulvoscopia), rileva un quadro di epitelio bianco, varia-mente ispessito ed ipercheratosico, ed anomalie vascolari;frequentemente sono lesioni multicentriche. L’incrementoregistrato negli ultimi anni delle VIN è legato soprattutto aqueste forme, che appaiono strettamente associate ad altremalattie trasmesse sessualmente (condilomi, herpes geni-tale, HIV ecc.).Le forme di VIN differenziate, non HPV correlate, sono ri-scontrabili più frequentemente in un contesto di iperplasiacellulare squamosa e/o di lichen scleroso, sono presenti infasce di età più avanzate (> 45 anni) e sono caratterizzateda lesioni con aspetto francamente ipercheratosico, rileva-to, leucoplasico, spesso iperpigmentato, prevalentementemonofocale e di notevole estensione. Queste forme sem-brano avere una maggiore propensione alla progressioneneoplastica.I sintomi prevalenti in entrambe le forme di VIN differen-ziate ed indifferenziate sono il prurito, il bruciore, il sensodi fastidio, anche se talora sono asintomatiche.L’aspetto clinico e vulvoscopico è assai vario: lesioni bian-che, rosse, iperpigmentate, rilevate, piane, atrofiche, iper-cheratosiche, verrucose. Ne consegue la necessità di un’at-tenta mappatura e conseguente accertamento bioptico,eventualmente multiplo. È raccomandabile l’esecuzione dibiopsie di ampiezza e profondità (con bisturi, punch diKeye, elettrodi ad ansa) tali da escludere l’invasione stro-male, specie nelle lesioni unificali nelle pazienti anziane.La localizzazione della VIN sulla cute ricoperta da peli im-pone un approfondimento maggiore del trattamento, inconsiderazione della profondità raggiunta dagli annessipiliferi.L’orientamento terapeutico attuale può essere così sintetiz-zato:

1) stretto follow-up in caso di biopsie sospette o positive(VIN non differenziato), specie in donne giovani, gravi-de, con lesioni simil-condilomatosiche;

2) terapia medica (nelle forme non differenziate) a base disostanze immunomodulanti (imiquimod in crema) incentri di riferimento nell’ambito di trial randomiz-zati;

3) terapie chirurgiche escissionali (vulvectomia superficia-le totale o settoriale, ampia escissione locale con bistu-ri a lama fredda, escissione con ansa o ago a radiofre-

quenza) e distruttive (vaporizzazione Laser), utilizza-te singolarmente o in associazione. È consigliabile pre-diligere le tecniche escissionali per poter ottenere unreperto istologico definitivo al fine di escludere un’ini-ziale invasione stromale (frequenza 2,5-18%). Altre te-rapie (bisturi a ultrasuoni e terapie fotodinamiche, me-diante la stimolazione con lunghezze d’onda assorbi-te da una sostanza fotosensibilizzante applicata sullazona da trattare) sono ancora in fase di sperimenta-zione.

Il morbo di Paget vulvare si manifesta generalmente inetà postmenopausale, localizzandosi prevalentemente nel-le aree cutanee e determinando una sintomatologia pruri-ginosa insistente.In genere, il morbo di Paget vulvare si comporta clinica-mente e biologicamente come un CIS e a volte può esserela prima manifestazione di un adenocarcinoma invasivodegli annessi ghiandolari vulvari. Spesso la localizzazionevulvare rappresenta l’espressione di un quadro neoplasticodiffuso a isotipo ghiandolare (nel 45% dei casi sono con-temporaneamente presenti altre neoplasie: colo-rettali,cervicali, renali, mammarie).L’aspetto clinico è una lesione singola o multifocale, di co-lorito rossastro e aspetto eczematoso, spesso rilevato, nelcui contesto sono presenti aree ipercheratosiche, con mar-gini ben identificabili.La diagnosi si basa sulla presenza delle tipiche cellule diPaget nel contesto dell’epitelio (cellule epidermiche diffe-renziate isolate o raggruppate a nidi negli strati intermedidell’epitelio).La terapia è chirurgica escissionale; l’incidenza delle recidi-ve anche a distanza, data la peculiarità della malattia, è al-tissima: necessario quindi un follow-up ininterrotto.

CARCINOMA INVASIVO

Il carcinoma della vulva costituisce il 3-5% di tutte leneoplasie dell’apparato genitale femminile. È prevalente-mente una neoplasia dell’età avanzata, con maggiore inci-denza nella sesta, settima decade di vita. Il più elevato ri-scontro delle forme intraepiteliali vulvari intorno alla quar-ta-quinta decade di vita, frequentemente HPV-correlate,non conferma l’ipotesi che le forme invasive rappresentinouna progressione dei VIN; infatti all’elevato incrementodelle forme intraepiteliali registrato negli ultimi anni nonha fatto riscontro un aumento corrispondente di forme in-vasive. Per lo più il carcinoma invasivo della vulva si trovaassociato a lesioni quali il lichen scleroso e/o l’iperplasiacellulare squamosa. Tuttavia nel 15-20% dei casi, a taleneoplasia è associata un’infezione da HPV16-18 che inte-ressa donne con età inferiore ai 60 anni ed è correlata a le-sioni preinvasive. Il carcinoma della vulva si manifesta con

Patologia della vulva e della vagina 12

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sintomatologia aspecifica: prurito e bruciore locali, rara-mente con perdite ematiche. A seguito della scarsità e del-la modesta rilevanza dei sintomi, tali pazienti giungono al-la osservazione del medico spesso tardivamente. Le lesionipresentano una notevole variabilità macroscopica, con for-me e proliferazione sia esofitica rilevata e/o ulcerata, siaendofitica, nodulare (Figura 12.8 e 12.9). Un’accurata ispe-zione diretta è di solito in grado di rilevare lesioni di so-spetta natura neoplastica. Mediante l’ispezione e la palpa-zione dovranno essere definiti l’estensione della lesione,l’eventuale coinvolgimento di organi limitrofi (uretra, vagi-na, ano) e la presenza di adenomegalie inguinali. Infine,l’esame istologico eseguito mediante biopsie multiple ef-fettuate sulla lesione principale e su eventuali lesioni asso-ciate deve consentire un’adeguata stadiazione clinica. Unavolta definita la natura invasiva della lesione sono consi-gliabili ulteriori accertamenti al fine di un adeguato pianoterapeutico:

1) colpocitologia e colposcopia, per escludere la presenzadi lesioni squamose associate cervico-vaginali;

2) esami ematochimici di routine;3) Rx torace;4) TAC addominale per indagare linfonodi inguinali e pel-

vici;5) cisto-rettoscopia in caso di sospetto interessamento di

questi organi.

Il trattamento elettivo del carcinoma vulvare è di tipo chi-rurgico, ma per la maggior parte degli stadi III e IV, alla chi-rurgia viene associata la radioterapia. Gli elementi che con-dizionano la radicalità e l’estensione dell’intervento dipen-dono dallo stadio della malattia (Tabella 12.6).Negli ultimi anni l’estensione dell’escissione cutanea si èandata via via riducendo, in quanto i dati della letteratura

indicano come il fattore predittivo più importante per lacomparsa di recidive locali sia un margine di resezione li-bero da tumore di non meno di un centimetro, rendendocosì l’intervento meno mutilante e meno soggetto a com-plicanze. L’impiego di tecniche più conservative è stato in-fatti proposto allo scopo di migliorare la qualità della vita intermini di salute fisica e psico-sessuale. Gli interventi uti-lizzati sono così riassunti:

1) lesioni allo stadio iniziale (T1A): ampia escissionebioptica purché in presenza di margini liberi superiori alcentimetro;

2) lesioni T1B e T2: vulvectomia totale con linfoadenecto-mia inguinale femorale radicale omolaterale in caso dilesione laterale (il margine mediale giunge a meno di uncentimetro dalla linea mediana della vulva) o bilateralein caso di lesione mediana;

3) lesioni localmente avanzate (T3 e T4A): vulvectomiaradicale con estensione della resezione alle strutturecoinvolte o vulvectomia radicale con eviscerazione par-ziale o totale, più radioterapia adiuvante inguinale e pel-vica associata o meno a chemioterapia (mitomicina C e5-fluorouracile);

4) tumore inoperabile: radioterapia inguinale e pelvica.

Sono in corso degli studi sull’attendibilità della biopsia dellinfonodo sentinella, definito come il primo linfonodo didrenaggio della regione interessata dalla neoplasia: si assu-me che lo stato anatomo-patologico del linfonodo senti-nella sia rappresentativo degli altri linfonodi regionali,quindi, se negativo, potrebbe essere predittivo dell’assenzadi metastasi.

La maggior parte delle riprese di malattia sono localizzatenell’area vulvo-perineale (recidive locali); insorgono entro

GINECOLOGIA

Figura 12.9 Carcinoma squamocellulare invasivo.Figura 12.8 Carcinoma in situ.

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24 mesi dall’intervento primario e sono in genere ben con-trollate da un’adeguata resezione chirurgica. La sopravvi-venza è strettamente legata allo stadio di malattia in cui vie-ne fatta la prima diagnosi e varia dopo 5 anni dal 90%, inpazienti al primo stadio, al 30% in pazienti al quartostadio.

ALTRI TUMORI INVASIVI DELLA VULVA

Oltre al carcinoma epidermoide, che rappresenta piùdell’80% dei tumori vulvari, si possono riscontare altreneoplasie istologicamente distinte.Il melanoma rappresenta il 6-10% dei tumori vulvari ed il3-7% di tutti i melanomi; è una neoplasia tipica dell’etàavanzata e prende origine da preesistenti lesioni pigmen-tate, generalmente a carico delle piccole labbra. Ancheper i melanomi vulvari l’elemento prognostico più signifi-cativo è il grado di infiltrazione del derma e del sottocu-taneo.Il basalioma o carcinoma a cellule basali rappresenta il 2-4% dei tumori vulvari, istologicamente è sovrapponibileal basalioma di qualsiasi altro distretto cutaneo, colpisceprevalentemente le grandi labbra, ha un decorso lento escarsa tendenza all’invasione.I sarcomi sono molto rari a livello vulvare; possono svilup-parsi dal tessuto fibroadiposo, muscolare o vascolare. Traquesti i più frequenti sono i rabdomiosarcomi ed i leiomio-sarcomi.Infine l’adenocarcinoma della vulva, neoplasia rara, puòinsorgere, nella maggior parte dei casi, dalla ghiandola delBartolini o meno frequentemente da annessi cutanei, daghiandole minori o da ghiandole simil mammarie e rap-presentare la forma invasiva della malattia di Paget.

MALATTIE DELLA VAGINA

Secchezza vaginale e vaginiti atroficheLe vaginiti atrofiche sono delle flogosi vaginali recidivan-ti, il cui primum movens risiede in una prolungata riduzionedegli estrogeni circolanti, che, oltre a stimolare l’indice mi-totico epiteliale vaginale, ne determinano anche una co-piosa produzione di glicogeno. I lattobacilli di Doderleinsia utilizzando tale glicogeno, con produzione di acido lat-tico che acidifica il pH vaginale, sia per un meccanismo dicompetizione biologica, rendono l’ambiente ostile alla pro-liferazione di germi patogeni. Al contrario, una prolungatacarenza estrogenica comporta l’atrofia dell’epitelio vagina-le, con riduzione del glicogeno ed alcalinizzazione del pHvaginale per rarefazione del lattobacillo di Doderlein dallaflora saprofitica vaginale, condizione questa che facilita losviluppo di infezioni da batteri patogeni (soprattutto di ori-gine intestinale), tra cui i più frequenti sono stafilococchi,streptococchi, difteroidi e coliformi. La stessa involuzionein senso atrofico interessa anche l’epitelio delle vie urina-rie, per cui si parla in genere di atrofia uro-genitale che fa-vorisce la comparsa di cistiti ricorrenti. La principale condi-zione responsabile di carenza estrogenica prolungata è lamenopausa, in cui si assiste ad un drammatico calo degliestrogeni (principalmente estradiolo) da livelli di circa 120pg/ml fino a 18 pg/ml.Tra le altre cause si annoverano l’al-lattamento, l’ovariectomia, la chemioterapia, la radiotera-pia, l’uso di farmaci ad azione antiestrogenica. I principalisintomi di vaginite atrofica sono: secchezza vaginale, pru-rito, bruciore, dispareunia, perdite ematiche postcoitali,leucorrea o xantorrea maleodorante, infezioni urinarie con

Patologia della vulva e della vagina 12

Tabella 12.6 STADIAZIONE CLINICO-CHIRURGICA DEL CARCINOMA DELLA VULVA FIGO/TNM 1995

Stadio Definizione TNM

0 Tis

IA T1a N0 M0

IB T1b N0 M0

II T2 N0 M0

III T3 N0 M0T3 N1 M0T1 N1 M0T2 N1 M0

IVA T1 N2 M0T2 N2 M0T3 N2 M0T4 N0-2 M0

IVB T1-4 N0-2 M1

Carcinoma in situ: VIN 3

Tumore di diametro ≤ 2 cm, confinato a vulva e/o perineo con invasione stromale nonsuperiore a 1 mm. Assenza di metastasi linfonodali.

Tumore di diametro ≤ 2 cm, confinato a vulva e/o perineo con invasione stromale supe-riore a 1 mm. Assenza di metastasi linfonodali.

Tumore di diametro > 2 cm, confinato a vulva e/o perineo. Assenza di metastasi linfo-nodali.

Tumore di qualsiasi diametro con interessamento di 1/3 distale di uretra e/o vagina e/oano e/o metastasi linfonodali inguinali monolaterali.

Tumore che invade una o più delle seguenti strutture: 1/3 prossimale dell’uretra, muco-sa vescicale, rettale, sinfisi pubica e/o metastasi linfonodali inguinali bilaterali.

Metastasi a distanza, comprese le metastasi linfonodali.

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disuria, ematuria, pollachiuria. È importante non etichetta-re subito come vaginite atrofica una sintomatologia genito-urinaria nella donna in postmenopausa; infatti ci sonomolte condizioni da cui va differenziata:

1) vaginiti infettive (Candida, Trichomonas);2) vaginosi batterica;3) vaginiti irritatative/allergiche da detergenti, saponi, sal-

vaslip, lubrificanti, indumenti non traspiranti;4) sindrome di Sjögren.

La diagnosi si basa sull’attenta ispezione dei genitali esternialla ricerca dei segni di atrofia vulvo-vaginale; in particolaresono segni di involuzione, a livello vulvare: ridotta elasticitàe turgore cutaneo, diradamento dei peli pubici, secchezza eriduzione delle labbra. L’epitelio vaginale atrofico apparepallido, lucido, assottigliato e fragile.Accertata la alcalinizza-zione del pH vaginale, gli esami colturali e la colpocitologiapossono essere di ausilio nel rilevare evidenze di Candida,Trichomonas o vaginosi batterica; la valutazione del livellodegli estrogeni sierici può essere di aiuto nelle forme di me-nopausa precoce. In caso di perdite ematiche postcoitali so-no richieste ulteriori indagini ai fini di escludere una neopla-sia. Il trattamento si basa oltre che sulla antibiotico-terapiamirata e su precise norme igienico-comportamentali, anchesull’utilizzo di estrogeni topici a fini preventivi e, se necessa-rio, sulla terapia ormonale sostitutiva.

Lacerazioni vaginaliLe lacerazioni vaginali rientrano in un quadro di lesioni pe-rineali ingravescenti generalmente classificate secondo laprofondità:

• I grado: lacerazioni della sola mucosa vaginale e dellacute perineale;

• II grado: coinvolgimento dei muscoli perineali;• III grado: coinvolgimento dello sfintere anale;• IV grado: lacerazioni della mucosa rettale con esposizio-

ne del lume.

Le lacerazioni vaginali sono secondarie a complicanzeostetriche (parto operativo distocico o episiotomia), a de-celerazione improvvisa contro un ostacolo (caduta dabicicletta) o a coito forzato. La eziopatogenesi di tali lesio-ni risiede, infatti, in un’improvvisa trazione sui tessuti del-l’organo di entità tale da superarne le capacità espansiveelastiche. La profondità e l’estensione delle lacerazioni di-pendono dall’entità della trazione, dal tipo di trauma e dal-l’elasticità del tessuto stesso. Complicanze acute possonoessere rappresentate da profuse emorragie (specie nel po-stpartum), ematomi intra- e retroperitoneali occulti, infe-zioni per contaminazione con materiale fecale (temibile lafascite necrotizzante), lesioni uretrali e malattie sessual-

mente trasmesse, nel caso di stupro. Complicanze cronichepossono essere date da incontinenza dello sfintere anale,dispareunia, fistole retto-vaginali e conseguenti vaginiti ri-correnti.

Setti vaginaliI setti vaginali, trasversali o longitudinali, rappresentanoanomalie dello sviluppo embriogenetico vaginale (alteratafusione e canalizzazione dei dotti di Müller e del seno uro-genitale).I setti trasversali (Figura 12.10) sono i più comuni; posso-no essere completi,parziali e con sede variabile,ma più fre-quentemente si ritrovano alla giunzione tra terzo medio eterzo superiore della vagina (46%). Quando sono localiz-zati nella parte superiore della vagina sono più spesso in-completi, anulari o ad arco, di spessore attorno a qualchemillimetro e con orifizio variabile da 1 mm a più di 1 cm,masufficiente al passaggio del flusso mestruale.A volte posso-no manifestarsi leucorrea e sanguinamento intermestrualeper la ritenzione a monte della stenosi, ma il sintomo chepiù spesso richiama l’attenzione è la dispareunia, abitual-mente primaria. Al contrario, se i setti sono situati nellaparte inferiore, sono più comunemente completi e, data lasede, possono essere confusi con l’imene imperforato edessere fonte di apareunia oltre che di amenorrea primaria,criptomenorrea e di dolori pelvici ricorrenti con ematocol-po ed ematometra. Importante da considerare è il calibrodel resto della vagina: talvolta il setto è una situazione iso-lata nel contesto di una cavità vaginale normale ma, non dirado, si associa ad un’ipoplasia vaginale globale. La dia-gnosi si basa sull’esplorazione vagino-rettale, l’ecografia,la vaginoscopia (se presente un orifizio che ne permettel’esecuzione) e la vaginografia. Si raccomandano ancheuna pielografia endovenosa e l’ecografia renale dal mo-mento che, nel 20-30% dei casi, possono coesistere ano-malie di sviluppo del tratto urinario. Ai fini di pianificareadeguatamente l’intervento, preoperativamente, va esclu-sa un’aplasia vaginale segmentale e determinato con pre-cisione il livello della anomalia (ecografia pelvica e, se ne-cessario, RMN). Infatti per un setto basso l’approccio è va-ginale, nel caso di un setto alto può essere necessario il ri-corso ad un approccio simultaneo addomino-vaginale. Iltipo di intervento è simile sia nel caso di setti perforati cheimperforati; l’indicazione e il timing all’intervento variano,invece, a seconda del tipo di setto trasverso: se incompletolo si corregge solo se sintomatico oppure in vista di un fu-turo parto per via vaginale, per prevenirne possibili lacera-zioni e successiva stenosi cicatriziale; se completo lo si cor-regge sempre.I setti longitudinali non sono molto comuni (0,2-0,5‰);possono essere parziali o completi: in quest’ultimo caso la

GINECOLOGIA

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Patologia della vulva e della vagina 12

Figura 12.10 Setti vaginali trasversali. (Da R.P. Smith, Netter’s Obstetrics, Gynecology and Women’s Health. Published by Elsevier Inc. All rightsreserved.)

g p

Setto vaginale trasversalepiù comunemente situato tra il terzo superiore e i 2/3 inferiori del canale vaginale

Canale vaginale

Anello imenale

Il setto apparecome una tascavaginale cieca

Aspetto clinico del setto

Il setto ha generalmente spessoreinferiore al centimetro, può averesede variabile e può presentarsicompleto o incompleto

Dilatazione della cavitàuterina e della vaginada parte del sanguemestruale (ematocolpo)

Setto vaginaletrasversale

L’ematocolpo rappresenta una complicazione del settovaginale trasversale

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vagina si presenta doppia, condizione che di solito si ritro-va in associazione a duplicazione di altri organi (vescica eutero). La diagnosi è basata sull’esame bimanuale ed ispe-zione speculare meticolosa per non misconoscere un settoalto. Anche per i setti longitudinali il tipo di intervento di-pende dalla presenza o meno di malformazioni associate(uterine). L’indicazione ed il timing ricalcano a grandi lineei precedenti. La divisione di un setto vaginale ostruentepuò essere eseguita per via vaginale e, di solito, non è ri-chiesta la laparoscopia.

Cisti vaginaliLe cisti vaginali sono formazioni benigne di origine con-genita o acquisita.Le cisti congenite traggono origine, principalmente, dall’e-voluzione di residui embrionari: in particolare, quelle de-rivanti dal mesonefro (dotto di Gartner) sono a contenu-to sieroso, rivestite da epitelio cuboidale e localizzate pre-valentemente a livello della parete vaginale laterale; quel-le derivanti dal paramesonefro (dotto di Müller) hannocontenuto mucinoso e sono rivestite da epitelio cilindrico.Le cisti acquisite, che sono anche le più comuni, sono dainclusione epidermale. La loro patogenesi è legata all’in-clusione, per disseminazione, nei piani profondi, di unframmento di mucosa vaginale nel corso della sutura diuna perineotomia o di una lacerazione vaginale da parto,per cui, in questo caso, la cisti sarà tappezzata da epiteliosquamoso.Le cisti vaginali possono avere una dimensione variabiletra 1 e 5 cm. In genere sono asintomatiche, ma talvolta pos-sono essere fonte di dispareunia e, se di dimensioni cospi-cue, protrudere dal vestibolo o determinare sintomatologiaurinaria di tipo ostruttivo. All’esame pelvico possono esse-re visibili o solo palpabili attraverso la parete vaginale. So-

no richieste una biopsia e tecniche di imaging per esclude-re una forma maligna (specie se la massa appare solida) edun eventuale coinvolgimento di vescica o uretra. In generela cisti rimane stabile per cui è sufficiente un periodico fol-low-up. Se sintomatiche possono essere asportate chirur-gicamente in maniera radicale.

Neoplasie della vagina

CARCINOMA DELLA VAGINA

Il carcinoma primitivo della vagina è raro e rappresenta l’1-2% di tutte le neoplasie ginecologiche. È caratteristicodell’età avanzata ed interessa prevalentemente la sesta-settima decade di vita. Le lesioni intraepiteliali della vagina(VaIN) hanno subito negli ultimi anni un significativo au-mento di incidenza non corrispondente, peraltro, ad un in-cremento delle forme invasive. L’eziologia di queste formeè correlata ad infezioni da HPV e spesso si associa alla con-temporanea presenza di neoplasie intraepiteliali in altra se-de del tratto genitale femminile (cervice, vulva). Il tratta-mento non può che essere personalizzato in rapporto all’e-stensione, alla localizzazione, all’età e alle condizioni gene-rali della paziente; può prevedere quindi escissione o di-struzione locale, interventi chirurgici più estesi o brachite-rapia.Le forme invasive insorgono più comunemente nel terzosuperiore della vagina, l’istotipo più frequente è il carcino-ma squamoso. La sintomatologia prevalente è rappresenta-ta dal sanguinamento, più raramente da dolore pelvico o dadisturbi di tipo urologico per coinvolgimento della pareteanteriore, tuttavia spesso le pazienti risultano asintomati-che. Lo stadio clinico (Tabella 12.7) è strettamente correlatoall’estensione della neoplasia a livello della mucosa vagina-le. Il trattamento chirurgico è limitato alle pazienti in stadio

GINECOLOGIA

Tabella 12.7 STADIAZIONE DEL CARCINOMA DELLA VAGINA FIGO/TNM

Stadio Definizione TNM

0 Carcinoma in situ Tis N0 M0

I Tumore confinato alla parete vaginale T1 N0 M0

II Tumore esteso ai tessuti paravaginali ma senza estensione alla parete pelvica T2 N0 M0

III Tumore esteso alla parete pelvica T1-T3 N1 M0T3 N0 M0

IV IVA. Il tumore invade la mucosa vescicale o rettale e/o si estende oltre la pelvi T4, ogni N, M0(l’edema bolloso non è sufficiente per classificare il tumore in IV stadio)IVB. Metastasi a distanza Ogni T, ogni N, M1

N = linfonodi regionali: • per i 2/3 superiori della vagina: N1 = metastasi nei linfonodi inguinali monolaterali• per il terzo inferiore della vagina: N1 = metastasi nei linfonodi inguinali monolaterali• per il terzo inferiore della vagina N2 = metastasi nei linfonodi inguinali bilaterali

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I e II, in casi selezionati e nelle recidive dopo la terapia pri-maria e consiste in una isterectomia radicale più colpecto-mia radicale e linfoadenectomia pelvica. Se la neoplasia in-sorge nel terzo inferiore dalla vagina, il trattamento è simi-le a quello dei tumori della vulva con una linfoadenectomiaestesa anche ai linfonodi inguinali. La radioterapia (tran-scutanea ad alta energia e la curieterapia) in questa neopla-sia ha un ruolo determinante anche come trattamento pri-mario in quanto, spesso, sono colpite pazienti anziane incondizioni di salute non ottimali per poter affrontare un in-tervento chirurgico radicale. Essa assicura un buon control-lo locale della malattia e buoni risultati nelle pazienti cheabbiano attività sessuale. L’integrazione chemio-radiotera-pia sta prendendo piede, anche se l’impatto in termini disopravvivenza è da dimostrare e non vi è accordo sulloschema radio-chemioterapico da adottare.

SARCOMA BOTRIOIDE

Il sarcoma botrioide, variante embrionale del rabdomiosar-coma, è la più comune neoplasia maligna vaginale dell’etàpediatrica presentandosi, in genere, prima degli 8 anni dietà, con un picco verso i 2 anni. Sporadici sono i casi se-gnalati tra gli adolescenti. In età fertile predilige la cervice,mentre in postmenopausa il corpo uterino. Si presenta co-me una massa polipoide sulla parete anteriore vaginale chesi accresce a grappolo d’uva, protrudendo dall’introito.Grossolanamente lo si può ritrovare in due forme struttu-rali: solido e multicistico a grappolo d’uva (dal greco botrys,grappolo). Il sintomo tipico è un sanguinamento vaginaleanomalo, data la sua friabilità. Entra in diagnosi differen-ziale con forme benigne quali il papilloma, il polipo fibroe-piteliale ed il rabdomioma, per cui la diagnosi richiede unabiopsia. Il comportamento biologico è molto aggressivo.Dopo una iniziale fase di crescita locale, metastatizza ailinfonodi inguinali, pelvici, retroperitoneali e mediastinici,come pure ai polmoni, pericardio, fegato, rene e ossa. Men-tre in passato l’approccio terapeutico più usato era la exen-teratio pelvica (con percentuale di sopravvivenza a 5 anni,pari al 10-35%) attualmente si preferisce ricorrere ad un

trattamento più conservativo, pur nel controllo della malat-tia, che prevede un ciclo di chemioterapia neoadiuvante(vincristina ed actinomicina D e ciclofosfamide), seguito dachirurgia conservativa (isterectomia radicale e vaginecto-mia) o RT (in caso di inoperabilità). La prognosi dipendedallo stadio clinico: alcuni studi parlano di una sopravvi-venza a 3 anni per gli stadi I e II, pari al 66-85%.

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