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1 CAPITOLO 1 LA RICLASSIFICAZIONE DEL BILANCIO DI ESERCIZIO 1. Premessa Si definisce “analisi di bilancio” quell’insieme di tecniche di indagine che, partendo dall’esame dei valori riportati nel bilancio d’esercizio, mira ad offrire un quadro conoscitivo della gestione aziendale così come essa è venuta deline- andosi nel tempo e a prefigurarne la dinamica futura. Il bilancio di esercizio costituisce la documentazione contabile di sintesi in cui sono rappresentati l’insieme delle risorse a disposizione per lo svolgimento dei processi produttivi (il capitale) e il risultato economico (utile o perdita) rela- tivo ad un periodo di tempo (anno o frazione di anno). La prospettiva nella quale il bilancio di esercizio si colloca è il normale fun- zionamento dell’impresa; si distingue quindi da documenti quali il bilancio di liquidazione, di cessione o di fusione che vengono redatti in occasione di ope- razioni straordinarie, quali appunto la liquidazione dell’azienda, la sua cessione a terzi, la fusione con altre imprese, ecc. Il bilancio di esercizio è predisposto sostanzialmente per due ordini di finalità: 1. controllare la dinamica della gestione sotto l’aspetto reddituale, finanzia- rio e patrimoniale, per fare il punto della situazione attuale e orientare il profilo della futura gestione Questo obiettivo può essere raggiunto con altri strumenti di controllo direzionale ma, soprattutto nelle imprese di minori dimensioni che non dispongono di tali strumenti in primo luogo la contabilità analitica l’analisi dei dati di bilancio arricchita da tutta la strumentazione contabile ed extracontabile dell’azienda costituisce seppure con qualche limite il princi- pale strumento di conoscenza e di controllo della gestione;

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CAPITOLO 1

LA RICLASSIFICAZIONE DEL BILANCIO DI ESERCIZIO

1. Premessa

Si definisce “analisi di bilancio” quell’insieme di tecniche di indagine che, partendo dall’esame dei valori riportati nel bilancio d’esercizio, mira ad offrire un quadro conoscitivo della gestione aziendale così come essa è venuta deline-andosi nel tempo e a prefigurarne la dinamica futura.

Il bilancio di esercizio costituisce la documentazione contabile di sintesi in cui sono rappresentati l’insieme delle risorse a disposizione per lo svolgimento dei processi produttivi (il capitale) e il risultato economico (utile o perdita) rela-tivo ad un periodo di tempo (anno o frazione di anno).

La prospettiva nella quale il bilancio di esercizio si colloca è il normale fun-zionamento dell’impresa; si distingue quindi da documenti quali il bilancio di liquidazione, di cessione o di fusione che vengono redatti in occasione di ope-razioni straordinarie, quali appunto la liquidazione dell’azienda, la sua cessione a terzi, la fusione con altre imprese, ecc.

Il bilancio di esercizio è predisposto sostanzialmente per due ordini di finalità: 1. controllare la dinamica della gestione sotto l’aspetto reddituale, finanzia-

rio e patrimoniale, per fare il punto della situazione attuale e orientare il profilo della futura gestione Questo obiettivo può essere raggiunto con altri strumenti di controllo direzionale ma, soprattutto nelle imprese di minori dimensioni che non dispongono di tali strumenti − in primo luogo la contabilità analitica − l’analisi dei dati di bilancio arricchita da tutta la strumentazione contabile ed extracontabile dell’azienda costituisce − seppure con qualche limite − il princi-pale strumento di conoscenza e di controllo della gestione;

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2. soddisfare l’obbligo di informativa esterna imposto dalle norme civilisti-che. Come noto, le società devono mettere periodicamente a disposizione degli stakeholder − azionisti, creditori, clienti, comunità finanziaria, ecc., ossia tutti coloro che a diverso titolo sono interessati alle vicende dell’impresa − un com-plesso di informazioni che consentano di esprimere giudizi in merito alla ge-stione sotto il profilo economico, finanziario e patrimoniale. Il sistema informa-tivo minimo è appunto costituito dal bilancio cosiddetto pubblico (Conto Eco-nomico, Stato Patrimoniale, Nota Integrativa) e dai documenti ad esso comple-mentari: la relazione sulla gestione, la relazione dei sindaci, il prospetto rias-suntivo dei dati di bilancio essenziali delle società collegate e, se l’impresa con-trolla altre società, il loro bilancio integrale, il bilancio consolidato e la relazio-ne sulla gestione di gruppo. Infine, per le società quotate in borsa occorre predi-sporre la relazione di certificazione del bilancio e la relazione semestrale e tri-mestrale degli amministratori.

È evidente che l’analisi di bilancio condotta dall’esterno sulla sola base della documentazione pubblica disponibile agli outsider è soggetta a maggiori limiti, poiché la sua capacità segnaletica dipende dall’attendibilità delle informazioni contenute nel bilancio.

La diversità, talora la relativa incoerenza, degli obiettivi che guidano la re-

dazione del bilancio conduce all’impiego di molteplici schemi di presentazione dei valori.

La loro riclassificazione, ossia la loro riesposizione secondo criteri definiti, ri-sponde all’esigenza di organizzare le informazioni in modo funzionale all’analisi che si intende svolgere. Più in dettaglio, la riclassificazione del bilancio consente di:

• individuare aggregati significativi dell’attivo, del passivo e del Conto Eco-

nomico e renderli confrontabili nello spazio (tra le imprese) e, nell’ambito della stessa impresa, nel tempo;

• applicare indicatori di bilancio a classi di valori omogenee.

2. La riclassificazione dello Stato Patrimoniale secondo il criterio finanziario

L’attivo di Stato Patrimoniale rappresenta il capitale investito nell’impresa al-la data di redazione del bilancio. Accanto alle risorse finanziarie liquide, l’attivo evidenzia quindi il complesso di investimenti in attesa di essere realizzati.

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Il passivo 1 esprime invece le fonti che, in quello stesso momento, offrono

copertura finanziaria agli investimenti iscritti nell’attivo. Sotto un diverso a-spetto, il passivo misura i diritti dei destinatari delle attività. Lo Stato Patrimo-niale “fotografa” quindi in un momento preciso del tempo la consistenza del capitale di funzionamento e i diritti che gli investitori vantano su quel capitale.

Seguendo il criterio finanziario, i componenti dell’attivo, ossia gli investi-

menti, sono classificati in base alla loro liquidità, intendendo con questo termi-ne la loro attitudine a trasformarsi in risorse monetarie entro il breve termine. Si distinguono in tal modo le attività a breve termine dalle immobilizzazioni (Figura 1.1). Le prime sono destinate a tradursi in moneta entro breve tempo; le seconde partecipano a più cicli economici producendo ricchezza finanziaria lungo un arco temporale più esteso. Entrambe vanno valorizzate al netto dei fondi di rettifica presenti nel passivo (fondi di ammortamento, fondi di svaluta-zione, ecc.).

Figura 1.1. – Rappresentazione dello Stato Patrimoniale riclassificato se-condo il criterio finanziario

Passività a breve termine

Attività a breve termine

CCN

Passività consolidate

Immobilizzazioni

Capitale netto

Totale attivo Totale passivo e capitale netto

1 Nel testo la parola “passivo” è usata per indicare l’insieme formato dai debiti − cioè il pas-sivo in senso stretto − e dal capitale netto. Per indicare lo stesso aggregato, nelle tabelle trovere-te invece l’espressione “passivo e capitale netto” che è più corretta nell’aspetto formale.

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Due precisazioni sono opportune: 1. la liquidabilità di un investimento è valutata in ipotesi di continuità della

gestione. In altri termini, ci si pone in un’ottica di funzionamento per cui non può essere considerato liquidabile nel breve termine un investimento se ciò compromette la capacità di sopravvivenza dell’impresa e la possibilità di accre-scerne il valore;

2. il periodo convenzionalmente usato per separare il breve dal lungo termi-ne è l’esercizio. La distinzione sarebbe più significativa se fosse compiuta con riferimento alla durata del ciclo operativo aziendale che comprende le fasi di provvista, trasformazione, vendita. L’esercizio rappresenta quindi un riferimen-to pienamente valido solo se il ciclo operativo è uguale o inferiore all’anno. Nella pratica sorgono però difficoltà nel definire la durata del ciclo operativo che varia nel tempo e a seconda dell’impresa considerata. Da qui il generalizza-to ricorso al termine convenzionale dell’anno.

Seguendo un analogo criterio finanziario, i componenti del passivo, ossia le

fonti di finanziamento, possono essere classificati in base alla loro attitudine a richiedere esborsi monetari entro oppure oltre l’esercizio (Figura 1.1). Si distin-guono così le passività a breve termine, vale a dire i debiti che devono essere rimborsati entro un anno o che, pur essendo a tempo indeterminato, l’impresa può essere chiamata a restituire in qualsiasi momento, le passività consolidate, cioè i debiti con scadenza oltre l’esercizio e il capitale netto per il quale non sussiste alcun obbligo temporale di rimborso. Quest’ultimo è costituito quindi dalla differenza fra il valore dell’attivo e i debiti ed esprime il diritto residuale dei portatori di capitale di rischio sulle attività aziendali.

Lo schema rappresentato in Figura 1.1 evidenzia un aggregato che definia-

mo capitale circolante netto (CCN) in senso finanziario, dato dalla differenza fra le attività e le passività a breve termine. Dal segno e dalla dimensione del CCN derivano indicazioni − seppure soltanto di tipo segnaletico/sintomatico − circa la presenza di equilibrio finanziario, ossia il rispetto della regola generale secondo cui i fabbisogni durevoli debbono essere finanziati da fonti stabili, mentre i fabbisogni variabili debbono essere coperti da fonti a breve termine. Se il CCN assume valore positivo, esiste un surplus di investimenti liquidabili a breve rispetto agli impegni finanziari caratterizzati dallo stesso orizzonte tem-porale. Ne deriva che, almeno in linea teorica, l’impresa dovrebbe essere in grado di fare fronte ai debiti in scadenza senza ricorrere alla liquidazione di in-vestimenti per loro natura destinati a produrre ricchezza finanziaria nel lungo

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periodo e/o senza contare sul rinnovo o sulla sostituzione dei debiti giunti a ma-turazione. Al contrario, se le passività a breve termine superano le attività a breve termine il CCN assume valore negativo, stando con ciò ad indicare una inadeguata relazione tra il profilo temporale degli impieghi e delle fonti di fi-nanziamento.

Cambiando angolo di visuale, osserviamo che il CCN è positivo quando par-te delle attività a breve termine è finanziata da debiti consolidati o da capitale di rischio, la cui somma costituisce i cosiddetti “capitali permanenti”. Ciò è auspi-cabile, se si tiene conto che gli investimenti a breve termine − in particolare i crediti commerciali e il magazzino − si rinnovano nel tempo ma non si annulla-no mai completamente, originando, almeno per una loro parte, un fabbisogno durevole che è corretto finanziare con fonti di medio/lungo periodo.

La riclassificazione dello Stato Patrimoniale ora proposta può essere ulterior-

mente articolata (Figura 1.1 bis) distinguendo all’interno delle attività a breve termine:

1. le liquidità immediate (cassa e banche, valori assimilati quali i titoli di

pronto realizzo); 2. le liquidità differite (crediti di natura commerciale o finanziaria con sca-

denza entro 12 mesi); 3. il magazzino (rimanenze di materie prime, semilavorati, prodotti finiti). Per

valorizzare correttamente il magazzino è necessario sommare alle rimanenze e-ventuali anticipi versati ai fornitori a titolo di acconto su forniture ancora da rice-vere e sottrarre gli anticipi (iscritti in passivo) incassati dai clienti a titolo di accon-to su forniture ancora da eseguire. Tale prassi appare opportuna considerando che, se i rapporti commerciali non assumono contorni patologici − il che imporrebbe all’impresa di rimborsare gli anticipi incassati dai clienti e pretendere dai fornitori il recupero degli acconti pagati − il profilo monetario dei crediti/debiti per anticipi versati/incassati è in realtà assai più simile a quello del magazzino piuttosto che a quello dei crediti e dei debiti commerciali, compresi rispettivamente nelle liquidità differite

2 e nelle passività a breve termine. Dunque, di norma:

2 Vi è da notare, però, che se l’anticipo da clienti concerne prodotti che non sono presenti in ma-gazzino, è più corretto considerarlo come un finanziamento cui farà seguito l’esborso monetario per l’acquisto dei fattori produttivi necessari a produrre il bene per il quale è stato ottenuto l’anticipo stesso. In questa circostanza è dunque preferibile lasciare gli anticipi da clienti esposti in passivo.

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Magazzino = Rimanenze di Materie prime, Semilavorati, Prodotti finiti + An-ticipi a fornitori – Anticipi da clienti

A ciascuna delle classi dell’attivo a breve termine si associa un grado di li-

quidità decrescente. È plausibile affermare che la cessione del magazzino − in particolare di materie prime e semilavorati − è di norma problematica se deve avvenire nel breve periodo e senza subire perdite. Detto in altro modo, il reinte-gro monetario delle risorse investite in processi produttivi non ancora iniziati, in corso, ovvero in prodotti che non hanno ancora trovato collocazione sul mer-cato richiede, nella generalità dei casi, un periodo di tempo più lungo di quello necessario affinché i crediti giungano a maturazione. Le liquidità immediate sono, per definizione, risorse monetarie già disponibili.

Lo schema presentato in Figura 1.1 bis evidenzia, oltre al capitale circolante

netto, il margine di tesoreria, dato dalla differenza tra le attività a breve termine al netto del magazzino − ossia la somma delle liquidità immediate e differite − e le passività a breve termine. Tale aggregato offre un’indicazione circa l’equili-brio finanziario di brevissimo periodo, ossia la capacità dell’impresa di rimbor-sare i debiti in scadenza senza contare sulla monetizzazione della componente meno liquida delle attività a breve termine. Se, come presentato in Figura 1.1 bis, il margine di tesoreria è positivo, esiste un eccesso di disponibilità moneta-rie e crediti sui debiti a breve termine ovvero, rovesciando l’ottica dell’analisi, il magazzino trova integrale copertura finanziaria nei capitali permanenti (capi-tale di rischio e debiti consolidati). Quindi, almeno a livello teorico, un’impresa il cui bilancio mostra un capitale circolante netto e un margine di tesoreria posi-tivi appare dotata di una adeguata relazione fra scadenza degli impieghi e delle fonti, anche nel brevissimo periodo.

All’interno delle immobilizzazioni si distinguono: 1. le immobilizzazioni materiali (o immobilizzi tecnici). Si tratta di beni

dotati di fisicità − impianti, macchinari, attrezzature, ecc. − che sono destinati a partecipare a più processi produttivi e la cui dismissione avviene di norma al termine della vita economico-tecnica. In questa classe vanno altresì comprese le immobilizzazioni in corso di costruzione, gli anticipi versati a fornitori a titolo di acconto per l’acquisto di beni durevoli ed infine i beni assunti in leasing

3;

3 I beni assunti in leasing sono esposti in attivo (e i debiti per i canoni ancora da versare in passivo) solo se l’operazione è contabilizzata con il metodo finanziario. Qualora invece, come è

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2. le immobilizzazioni immateriali (o immobilizzi economici). Come le immobilizzazioni materiali sono espressione della struttura operativa dell’im-presa e comprendono brevetti, spese d’impianto, avviamento, marchi, licen-ze, ecc. È importante sottolineare che le attività intangibili sono iscritte in bilancio soltanto se riflettono costi che l’impresa ha sostenuto per acquisirne la disponibilità. Intangible assets, quali le capacità dell’imprenditore e del management, l’immagine dell’impresa, il potere contrattuale di cui gode nei confronti di clienti e fornitori e così via non trovano posto in bilancio. Si tratta di attività spesso rilevanti che possono costituire una parte molto con-sistente del valore complessivo dell’impresa. Poiché l’attivo di Stato Patri-moniale accoglie solo valori contabili, nella generalità dei casi esso non è in grado di misurare adeguatamente il valore di mercato dell’impresa, vale a dire il prezzo al quale potenziali compratori e venditori sarebbero disposti a scambiare i suoi beni;

3. le immobilizzazioni finanziarie. Comprendono crediti finanziari e

commerciali con scadenza oltre l’esercizio, titoli e partecipazioni delle quali non è prevista la cessione nel breve termine. In questa classe sono altresì al-locati i depositi cauzionali versati a diverso titolo in denaro o in valori mo-biliari.

La Figura 1.1 bis mostra infine il margine di struttura che è dato dalla dif-

ferenza tra il capitale netto e il totale delle immobilizzazioni. Se il margine di struttura assume valore positivo si può affermare che la solidità patrimoniale dell’impresa è elevata, poiché i mezzi propri coprono integralmente tutti gli in-vestimenti durevoli. Tuttavia, osservando un margine di struttura negativo (co-me in Figura 1.1 bis), non necessariamente si deve giungere alla conclusione opposta. Importante è che le immobilizzazioni siano finanziate almeno da capi-tali permanenti ovvero, detto in altro modo, che il capitale circolante netto sia positivo.

prassi ancora prevalente nel nostro Paese, venga adottato il metodo patrimoniale, il contratto di leasing viene evidenziato in bilancio soltanto per i costi che produce, vale a dire per i canoni competenti all’esercizio che sono iscritti in Conto Economico.

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Figura 1.1. bis. – Rappresentazione dello Stato Patrimoniale riclassificato secondo il criterio finanziario

Liquidità immediate

Liquidità differite

Passività a breve termine

Margine di tesoreria

Magazzino CCN

Immobilizzazioni

materiali Immobilizzazioni

immateriali

Passività consolidate

Margine di

struttura

Immobilizzazioni

finanziarie

Capitale netto

Totale attivo Totale passivo e capitale netto

Lo schema di Stato Patrimoniale riassunto in Tabella 1.1 offre lo spunto per

illustrare alcuni dei problemi che si possono presentare in sede di riclassifica-zione. Lo scopo non è porre l’accento su tutti i punti critici della rielaborazione del bilancio, bensì richiamare l’attenzione sul fatto che ciascuna voce non può essere allocata in modo acritico nell’una piuttosto che nell’altra classe di valori, ma deve essere attentamente vagliata con l’ausilio di informazioni extracontabi-li, al fine di cogliere il significato del fenomeno che sottende e collocarla coe-rentemente all’interno dello schema di base.

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Tabella 1.1. – Stato Patrimoniale riclassificato secondo il criterio finanziario

ATTIVO

Li LIQUIDITÀ IMMEDIATE Cassa, banche, titoli di pronto realizzo (al netto del fondo svalutazione titoli)

Ld LIQUIDITÀ DIFFERITE Crediti commerciali (al netto del fondo rischi su crediti), crediti finanziari a breve termine, altre attività a breve termine, ratei e risconti attivi

M MAGAZZINO TOTALE Magazzino (al netto del fondo svalutazione magazzino) più anticipi a forni-tori, meno anticipi da clienti

Li + Ld + M = Ce ATTIVITÀ A BREVE TERMINE (o CAPITALE DI ESERCIZIO)

Im IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI Terreni, fabbricati, impianti, macchinari, ecc. (al netto dei rispettivi fondi di ammortamento), anticipi a fornitori di impianti

Ii IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI Brevetti, marchi, avviamento, ecc.

If IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE Partecipazioni, crediti finanziari verso controllate e collegate, titoli (al netto del fondo svalutazione titoli), altri crediti finanziari e commerciali a m/l termine

Im + Ii + If = I IMMOBILIZZAZIONI NETTE

I + Ce = Ci TOTALE ATTIVO (CAPITALE INVESTITO)

PASSIVO E CAPITALE NETTO

E PASSIVITÀ A BREVE TERMINE (ESIGIBILITÀ) Debiti a breve verso banche, fornitori, rate in scadenza dei debiti a medio-lungo termine, debiti per imposte, altre passività a breve, ratei e risconti passivi, fondi rischi e oneri (di breve periodo)

R PASSIVITÀ CONSOLIDATE (REDIMIBILITÀ) Mutui, prestiti obbligazionari, fondo trattamento di fine rapporto, altri debiti con scadenza oltre l’anno, fondi rischi e oneri (di medio-lungo periodo)

E + R TOTALE DEBITI

Cn CAPITALE NETTO Capitale sociale, riserve (legale, sovrapprezzo azioni, riserve da rivalutazione, altre riserve), utile di esercizio (– perdita di esercizio), fondi rischi generici

E + R + Cn TOTALE PASSIVO E CAPITALE NETTO

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Azioni proprie in portafoglio

L’acquisto di azioni proprie da parte dell’impresa (buy back azionario) è e-videnziato in bilancio dalla presenza in attivo della voce “Azioni proprie” e, nel patrimonio netto, di un fondo di corrispondente denominazione. Nella recente esperienza del nostro Paese i buy back posti in essere da società quotate sono riconducibili a tre motivi prevalenti:

• necessità di sostenere/stabilizzare la quotazione delle azioni; • esistenza di piani di stock option che attribuiscono ai dipendenti la facoltà

di acquistare, ad un prezzo predeterminato e a condizioni definite, azioni della società;

• costituzione di un portafoglio di titoli da cedere nell’ambito di futuri scam-bi di partecipazioni.

Il periodo di tempo per il quale le azioni sono destinate a restare in portafo-

glio varia in relazione all’obiettivo del buy back e alle condizioni attuali e pro-spettiche del mercato azionario. La loro riclassificazione nell’attivo a breve termine − nello schema proposto fra le liquidità immediate o differite − piutto-sto che nelle immobilizzazioni finanziarie va quindi decisa avendo riguardo al presumibile arco temporale durante il quale le azioni resteranno proprietà dell’impresa.

Occorre poi ricordare che si possono detenere in portafoglio azioni proprie con la prospettiva di un loro futuro annullamento al quale si accompagnerà la riduzione di capitale sociale. In questo caso l’obiettivo del buy back è ravvisa-bile nella volontà di distribuire ricchezza agli azionisti

4. Si tenga tuttavia pre-sente che questa fattispecie è ancora relativamente atipica nel caso italiano poi-ché, fino all’entrata in vigore della riforma del diritto societario (D.lgs. 6/2003), la riduzione volontaria del capitale sociale era possibile solo se l’impresa dimo-strava che esso era “esuberante per il conseguimento dell’oggetto sociale “ (art.

4 Il trasferimento di ricchezza tramite buy back ha luogo sia al momento dell’acquisto di a-zioni proprie a causa della crescita del corso azionario che accompagna, almeno nell’immediato, l’operazione di buy back sia, soprattutto, quando le azioni vengono annullate poiché, a fronte dello stesso patrimonio, il numero dei titoli in circolazione diminuisce. L’uso del buy back per remunerare gli azionisti è molto spesso preferito all’aumento dei dividendi in quanto l’acquisto di azioni proprie è percepito dagli investitori come una operazione una tantum che non impegna l’impresa ad adottare provvedimenti analoghi in futuro. Al contrario, l’aumento dei dividendi genera l’aspettativa che i futuri pay out si mantengano almeno stabili intorno al nuovo livello raggiunto dopo la crescita.

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2445 c.c.). La nuova formulazione dello stesso articolo non contiene questo complesso onere di prova; pertanto, l’attuale normativa facilita la realizzazione di buy back azionari che prevedono l’annullamento dei titoli.

Ad ogni modo, se è noto che la società intende annullare le azioni proprie, in sede di riclasssificazione dello Stato Patrimoniale è opportuno iscrivere il loro valore non nell’attivo, bensì nel passivo a riduzione del capitale netto.

Finanziamenti da soci o da altre società del gruppo

Le voci del passivo che rappresentano finanziamenti ottenuti da soci o de-biti verso altre società appartenenti allo stesso gruppo (controllanti, controlla-te, collegate) devono essere riclassificate avendo riguardo al rapporto che di fatto esiste tra l’impresa e questa particolare tipologia di creditori. Si tratta cioè di appurare il grado di stabilità nel tempo delle risorse acquisite, allocan-do le poste di bilancio coerentemente a questo aspetto. Così, per esemplifica-re, se il finanziamento da soci si configura come un apporto di fondi destinato a perdurare indefinitamente, esso può essere considerato un componente del capitale netto, anche se il rapporto contrattuale assume la veste giuridica di prestito

5.

Ratei e risconti

Nello schema di riclassificazione proposto i ratei e i risconti attivi/passivi sono compresi nelle attività/passività a breve termine. L’inclusione dei ratei non pone problemi, poiché si tratta di ricavi o di costi di competenza dell’eser-cizio in chiusura che produrranno entrate o uscite di norma nell’anno successi-vo. I risconti sono invece privi di significato finanziario prospettico; il paga-

5 Si osservi al riguardo il dettato dell’art. 2467 c.c. che regola il finanziamento dei soci nelle società a responsabilità limitata: Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito. Ai fini del comma preceden-te, si intendono finanziamenti dai soci a favore della società quelli, in qualunque forma effettua-ta, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività e-sercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento. In sostanza il legislatore presume, seppure limitatamente alle società a responsabi-lità limitata, che, dandosi particolari circostanze, il finanziamento dei soci surroghi di fatto un aumento di capitale proprio e lo regola in modo analogo a quello previsto per il capitale di ri-schio.

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mento di un costo non ancora maturato che origina un risconto attivo e la ri-scossione di un ricavo non ancora maturato che dà luogo ad un risconto passivo sono già avvenute. La loro inclusione nel capitale circolante netto è giustificata se li si considera una specie di credito o di debito del periodo amministrativo appena terminato nei confronti del successivo.

Occorre da ultimo rilevare che, a differenza delle dottrina contabile tradizio-nale, il codice civile definisce ratei e risconti i valori comuni non solo a due, ma anche a più di due esercizi, l’entità dei quali varia in funzione del tempo. La concezione pluriennale adottata dal legislatore può produrre la presenza nel bi-lancio pubblico di rimanenze contabili sia a breve che a lungo termine. Poiché è fatto obbligo di indicare nella Nota Integrativa la composizione per scadenza dei ratei e dei risconti, è agevole individuare, se esiste, la componente plurien-nale ed allocarla rispettivamente fra gli immobilizzi finanziari (risconti attivi) e le passività consolidate (risconti passivi).

3. La riclassificazione dello Stato Patrimoniale del bilancio civilistico secondo il criterio finanziario

Lo Stato Patrimoniale del bilancio redatto ai sensi dell’art. 2424 c.c. (Tabel-la 1.2) non presenta particolari problemi di riclassificazione, soprattutto se l’analista dispone della Nota Integrativa che offre punti di riferimento impor-tanti per la corretta collocazione delle poste. Lo schema di derivazione comuni-taria prevede, infatti, che per i crediti compresi nelle immobilizzazioni finanzia-rie e nell’attivo circolante, così come per i debiti, sia data separata indicazione degli importi esigibili entro e oltre l’esercizio successivo.

I principali aggiustamenti da apportare allo schema del bilancio pubblico ri-

guardano: • i crediti verso soci per i versamenti ancora dovuti che è opportuno inserire

fra le liquidità differite per la parte richiamata e fra le immobilizzazioni finan-ziarie per la parte non ancora richiamata;

• i ratei e risconti per i quali va separata la componente a breve da quella a lungo termine;

• i fondi per rischi ed oneri dei quali deve essere valutata, caso per caso, la natura per quanto impropria di “debito “ a breve o consolidato;

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• il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato (TFR) da comprende-re fra le passività consolidate.

Tabella 1.2. – Sintesi dello Stato Patrimoniale (art. 2424 c.c.)

ATTIVO A) Crediti verso i soci per versamenti anco-

ra dovuti con separata indicazione della parte già richiamata

B) Immobilizzazioni: I. Immobilizzazioni immateriali II. Immobilizzazioni materiali III. Immobilizzazioni finanziarie, con separa-

ta indicazione, per ciascuna voce dei cre-diti, degli importi esigibili entro l’eserci-zio successivo

Totale immobilizzazioni (B) .......................... C) Attivo circolante: I. Rimanenze II. Crediti, con separata indicazione, per

ciascuna voce, degli importi esigibili ol-tre l’esercizio successivo

III. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni

IV. Disponibilità liquide Totale attivo circolante (C) ............................

D) Ratei e risconti, con separata indicazio-ne del disaggio su prestiti

PASSIVO A) Patrimonio netto: I. Capitale II. Riserva da sopraprezzo delle azioni III. Riserve di rivalutazione IV. Riserva legale V. Riserve statutarie VI. Riserva per azioni proprie in portafoglio VII. Altre riserve, distintamente indicate VIII. Utili (perdite) portati a nuovo IX. Utile (perdita) dell’esercizio Totale ............................................................. B) Fondi per rischi ed oneri C) Trattamento di fine rapporto di lavoro

subordinato D) Debiti, con separata indicazione, per cia-

scuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo

E) Ratei e risconti, con separata indicazio-

ne dell’aggio su prestiti

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Esempio: riclassificazione dello Stato Patrimoniale della società Alfa

Gli stati patrimoniali del bilancio civilistico della società Alfa relativi a due esercizi sono riportati in Tabella 1.3. Gli stessi sono stati riclassificati secondo il criterio finanziario (Tabella 1.4) tenendo conto delle seguenti informazioni desunte dalla Nota Integrativa:

a) i crediti verso altri entro 12 mesi sono costituiti da crediti verso l’Erario

per l’autoliquidazione delle imposte sul reddito. Nel secondo esercizio com-prendono anche anticipi a fornitori di materie prime per 1.539 euro;

b) i risconti attivi riguardano interessi passivi su finanziamenti legge Sabati-ni per 186.813 euro nel primo esercizio e per 121.803 euro nel secondo

6; c) il fondo per imposte accoglie accantonamenti effettuati per debiti d’impo-

sta su plusvalenze con pagamento rateizzato; d) i risconti passivi derivano da contributi in conto interessi Sabatini pari a

57.011 euro nel primo esercizio, 35.163 euro nel secondo.

6 La classica operazione di finanziamento agevolato ai sensi della legge Sabatini (L.1329/1965) prevede l’acquisto di macchinari con pagamento dilazionato fino a 60 mesi, a fronte dei quali l’impresa rilascia cambiali normalmente a scadenza semestrale. Il debito verso il fornitore − iscritto in bilancio alla voce “Debiti rappresentati da titoli di credito” − comprende tutti gli interessi passivi calcolati al tasso di riferimento. Essi originano quindi un risconto attivo rela-tivo al prossimo e a successivi esercizi (al massimo cinque). Tuttavia, di prassi, in sede di ri-classificazione il risconto attivo è considerato pluriennale per il suo totale, almeno che l’ope-razione non sia prossima al termine. Il contributo in conto interessi elargito dal Mediocredito Centrale per ridurre l’onere finanziario a carico dell’impresa acquirente dà luogo, a sua volta, ad un risconto passivo comune a più esercizi che, nuovamente, può essere allocato per il suo importo complessivo tra le passività consolidate, almeno che l’operazione non sia giunta alla sua fase finale.

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Tabella 1.3. – Società Alfa – Stato Patrimoniale

A) ATTIVO (Valori in euro) Esercizio t Esercizio t + 1

CREDITI VERSO SOCI PER VERSAMENTI ANCORA DOVUTI

0

0

I. IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI 7) Altre immobilizzazioni immateriali 38.255 80.362 II. IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI 1) Terreni e fabbricati 154.540 160.189 2) Impianti e macchinari 612.372 477.778 3) Attrezzature industriali e commerciali 2.878 3.395 4) Altri beni 95.761 84.280 TOTALE IMMOBIZZAZIONI MATERIALI 865.551 725.642 III. IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE 0 0 TOTALE IMMOBILIZZAZIONI 903.806 806.004 I. RIMANENZE 1) Materie prime 1.011.030 815.723 4) Prodotti finiti e merci 270.358 288.759 TOTALE RIMANENZE 1.281.388 1.104.482

II. CREDITI 1) Verso clienti 2.892.460 2.413.165 a) Entro l’esercizio 2.824.567 2.377.229 b) Oltre l’esercizio 67.893 35.936 5) Verso altri 489.571 306.499 a) Entro l’esercizio 303.338 223.617 b) Oltre l’esercizio 186.233 82.882 TOTALE CREDITI 3.382.031 2.719.664 IV. DISPONIBILITÀ LIQUIDE 1) Depositi bancari/postali 241.700 554.005 3) Danaro e valori cassa 897 831 TOTALE DISPONIBILITÀ LIQUIDE 242.597 554.836 TOTALE ATTIVO CIRCOLANTE 4.906.016 4.378.982 RATEI E RISCONTI 2) Altri ratei e risconti 555.048 446.492 TOTALE RATEI E RISCONTI 555.048 446.492 TOTALE ATTIVO 6.364.870 5.631.478

segue

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Tabella 1.3. (continua). – Società Alfa – Stato Patrimoniale

B) PASSIVO (Valori in euro) Esercizio t Esercizio t + 1

I. CAPITALE 51.129 51.129 III. RISERVE DA RIVALUTAZIONE 72.156 72.156 IV. RISERVA LEGALE 10.226 10.226 VII. ALTRE RISERVE a) Riserva straordinaria 2.324.066 3.182.753 e) Altre riserve 10.816 9.390 IX. UTILE (PERDITA) ESERCIZIO 1.116.916 215.007 TOTALE PATRIMONIO NETTO 3.585.309 3.540.661 FONDI PER RISCHI E ONERI 2) Per Imposte 10.868 13.160 TOTALE FONDI PER RISCHI E ONERI 10.868 13.160 FONDO TRATTAMENTO FINE RAPPORTO 403.110 435.680 DEBITI 3) Banche 124.608 0 a) Entro l’esercizio 124.608 0 b) Oltre l’esercizio 0 0 6) Fornitori 1.120.962 731.368 a) Entro l’esercizio 1.120.962 731.368 b) Oltre l’esercizio 0 0

7) Debiti rappresentati da titoli di credito 789.856 616.178 a) Entro l’esercizio 185.961 185.961 b) Oltre l’esercizio 603.895 430.217 11) Debiti tributari 92.979 75.379 a) Entro l’esercizio 92.979 75.379 b) Oltre l’esercizio 0 0 12) Debiti verso Istituti di Previdenza 80.063 81.489 a) Entro l’esercizio 80.063 81.489 b) Oltre l’esercizio 0 0 13) Altri debiti 62.960 63.966 a) Entro l’esercizio 62.960 63.966 b) Oltre l’esercizio 0 0 TOTALE DEBITI 2.271.428 1.568.380 RATEI E RISCONTI 2) Altri ratei e risconti 94.155 73.597 TOTALE RATEI E RISCONTI 94.155 73.597 TOTALE PASSIVO E PATRIMONIO 6.364.870 5.631.478

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Tabella 1.4. – Società Alfa – Stato Patrimoniale riclassificato secondo il criterio finanziario (Valori in euro)

ATTIVO Esercizio t Esercizio t + 1 Cassa e banche 242.597 554.836 LIQUIDITÀ IMMEDIATE 242.597 554.836 Clienti entro 12 mesi 2.824.567 2.377.229 Altri crediti entro 12 mesi 303.338 222.078 Ratei e risconti attivi 368.235 324.689 LIQUIDITÀ DIFFERITE 3.496.140 2.923.996 Magazzino 1.281.388 1.104.482 Anticipi a fornitori 0 1.539 MAGAZZINO TOTALE 1.281.388 1.106.021 ATTIVITÀ A BREVE TERMINE 5.020.125 4.584.853 Terreni e fabbricati 154.540 160.189 Impianti e macchinari 612.372 477.778 Attrezzature industriali. e commerciali 2.878 3.395 Altri beni 95.761 84.280 Immobilizzazioni materiali 865.551 725.642 Immobilizzazioni immateriali 38.255 80.362 Clienti oltre l’esercizio 67.893 35.936 Altri crediti oltre l’esercizio 186.233 82.882 Risconti attivi pluriennali 186.813 121.803 Immobilizzazioni finanziarie 440.939 240.621 IMMOBILIZZAZIONI NETTE 1.344.745 1.046.625 TOTALE ATTIVO 6.364.870 5.631.478

PASSIVO E CAPITALE NETTO

Debiti verso banche entro l’esercizio 124.608 0 Debiti rappresentati da titoli di credito entro l’esercizio 185.961 185.961 Fornitori entro l’esercizio 1.120.962 731.368 Debiti tributari entro l’esercizio 92.979 75.379 Debiti verso Istituti di Previdenza entro l’esercizio 80.063 81.489 Altri debiti entro l’esercizio 62.960 63.966 Ratei passivi 37.144 38.434 PASSIVITÀ A BREVE TERMINE 1.704.677 1.176.597 Debiti rappresentati da titoli di credito oltre l’esercizio 603.895 430.217 Fondo trattamento fine rapporto 403.110 435.680 Fondo per imposte 10.868 13.160 Risconti passivi pluriennali 57.011 35.163 PASSIVITÀ CONSOLIDATE 1.074.884 914.220 TOTALE DEBITI 2.779.561 2.090.817 Capitale sociale 51.129 51.129 Riserve 2.417.264 3.274.525 Utile dell’esercizio 1.116.916 215.007 CAPITALE NETTO 3.585.309 3.540.661 TOTALE PASSIVO E CAPITALE NETTO 6.364.870 5.631.478

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4. La riclassificazione dello Stato Patrimoniale secondo il criterio funzionale

La riclassificazione dello Stato Patrimoniale secondo il criterio funzionale consente di collegare i componenti dell’attivo e del passivo alle aree gestionali che li hanno originati. Per comprendere la logica di aggregazione dei valori è necessario avere chiara la distinzione fra gestione operativa (denominata anche tipica o caratteristica) e gestione extracaratteristica. La gestione operativa è costituita dal complesso di operazioni nelle quali trova espressione l’oggetto principale dell’attività dell’impresa. Così, per una azienda che opera nel settore della ceramica per l’edilizia, la gestione operativa consiste in tutte le azioni ne-cessarie per la produzione e la vendita di materiale ceramico, ivi comprese atti-vità ad esse strumentali quali l’organizzazione e l’amministrazione del sistema aziendale. La gestione operativa si articola in gestione operativa corrente e gestione operativa non corrente. Della prima fanno parte tutte le attività ripe-tute seguendo cicli che si rinnovano continuamente; in un’azienda industriale il ciclo operativo inizia con l’acquisto delle materie prime, cui segue la loro tra-sformazione in prodotti finiti ed infine la cessione a terzi dell’output ottenuto. Sono invece operazioni che rientrano nella gestione operativa non corrente quelle che, pur essendo funzionali alla produzione e alla vendita dei prodotti, non si realizzano seguendo un ciclo ripetitivo. Ci si riferisce alle operazioni che riguardano fattori produttivi durevoli impiegati in più cicli produttivi: l’acquisto o la dismissione di impianti e macchinari, l’acquisizione o la cessione di parte-cipazioni detenute in una logica di integrazione verticale o orizzontale, ecc.

Residualmente la gestione extracaratteristica è costituita dall’insieme di operazioni che sono estranee all’attività tipica dell’impresa e che configurano, in sintesi, la gestione finanziaria ed eventuali gestioni dell’area monetaria e accessoria. Mentre non vi sono dubbi che la detenzione di un portafoglio di at-tività finanziarie (ad esempio titoli di stato) o di un immobile civile concesso in locazione dall’azienda ceramica cui si è fatto riferimento siano attività che esu-lano dalla sua gestione caratteristica, l’esclusione dalla medesima di tutte le o-perazione relative al finanziamento dell’impresa può apparire poco convincen-te, posto che ogni azienda per operare ha bisogno di risorse finanziarie che si procura attraverso un complesso di operazioni rientranti nella gestione finanzia-ria. La loro esclusione dalla gestione caratteristica si giustifica con il fatto che le modalità di finanziamento ed i costi che ne derivano non presentano una connessione diretta con l’attività operativa, nel senso che non hanno effetti im-mediati sull’efficienza dei processi di produzione e di vendita. Come si vedrà,

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scindere il risultato della gestione caratteristica da quello della gestione dei fi-nanziamenti consente di valutare l’effetto che le scelte di struttura finanziaria svolgono sull’economicità operativa dell’impresa.

Prima di esaminare nel dettaglio lo schema di riclassificazione dello Stato

Patrimoniale basato sul criterio funzionale è opportuno premettere che questa modalità di aggregazione dei valori è molto utile in finanza perché consente di apprezzare la dimensione degli investimenti collegati alle diverse aree gestiona-li e costituisce la base di partenza per analizzare la dinamica finanziaria passata e programmare quella futura. Più in generale, la riclassificazione secondo il cri-terio funzionale bene si presta a scopi di valutazione tipici della finanza d’im-presa. Tuttavia, è fuori di dubbio che emerge qualche problema applicativo se l’analisi è svolta all’esterno dell’impresa sulla sola base dei bilanci pubblici poiché, in assenza di informazioni extracontabili, diventa talora complesso in-dividuare e separare le attività e le passività operative. La Nota Integrativa è da questo punto di vista di grande aiuto, ma spesso restano dubbi di questo tipo: i crediti a breve termine verso società collegate iscritti in bilancio sono di natura commerciale o derivano da finanziamenti erogati a società del gruppo? Detto in altro modo, questi crediti devono essere compresi fra gli investimenti diretta-mente collegati ai processi di acquisto-trasformazione-vendita o appartengono piuttosto alla sfera finanziaria delle decisioni aziendali? È ovvio che la risposta a domande di questo genere va cercata caso per caso.

Lo Stato Patrimoniale schematizzato nella Figura 1.2 mostra nell’attivo: 1. i crediti correnti costituiti dai crediti commerciali − al netto del fondo

svalutazione crediti − vale a dire i crediti verso clienti e i crediti verso la socie-tà controllante, verso società controllate e collegate (a prescindere dalla loro du-rata) purché derivino da operazioni di natura commerciale e da tutti gli altri crediti legati alla gestione operativa corrente (crediti verso dipendenti, verso istituti previdenziali, verso agenti e rappresentanti, ecc.);

2. il magazzino per il quale non pare necessario procedere ad una valorizza-

zione che tenga conto degli anticipi incassati dai clienti e versati ai fornitori poiché, in questa schema classificatorio, non è rilevante il profilo temporale della monetizzazione del magazzino, ma la sua natura di investimento connesso all’attività operativa corrente;

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Figura 1.2. – Rappresentazione dello Stato Patrimoniale riclassificato se-condo il criterio funzionale

Debiti correnti Crediti correnti

Magazzino Debiti finanziari

Fondo TFR

Immobilizzazioni operative nette

Attività accessorie Patrimonio netto Attività monetarie

Totale attivo Totale passivo e capitale netto 3. le immobilizzazioni operative nette formate dalle immobilizzazioni ma-

teriali (fabbricati industriali, impianti, attrezzature, ecc.), immobilizzazioni im-materiali (diritti di fabbricazione, marchi, brevetti, ecc.) entrambe al netto dei fondi di ammortamento e dalle immobilizzazioni finanziarie quando queste ul-time sono funzionali allo svolgimento dell’attività tipica dell’impresa. Così possiamo considerare di tipo operativo la partecipazione da parte della nostra azienda ceramica in una società che produce collanti per l’edilizia o che com-mercializza piastrelle, in quanto si tratta di investimenti strumentalmente legati all’attività caratteristica dell’impresa. Se, per contro, la stessa azienda acquisi-sce una partecipazione in una impresa della grande distribuzione organizzata, piuttosto che in una compagnia aerea, indipendentemente dal motivo per cui ciò avviene – esigenza di diversificare il rischio, disponibilità di risorse eccedenti il fabbisogno finanziario derivante dall’attività principale o altro – quella parteci-pazione deve essere allocata fra le attività accessorie.

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I crediti correnti, il magazzino e le immobilizzazioni operative costituiscono insieme le attività operative nette nel senso più volte spiegato.

4. le attività accessorie (o attività non strumentali) sono invece costituite da

investimenti che l’impresa potrebbe alienare in qualsiasi momento senza recare pregiudizio alla sua attività caratteristica. Ne sono esempio gli investimenti in immobili civili, le partecipazioni in società estranee al core business dell’im-presa e così via;

5. le attività monetarie (cassa e banche, titoli di pronto realizzo) rappresen-

tano l’ultimo aggregato dell’attivo. Invero, una parte della liquidità dovrebbe essere allocata tra le attività operative, posto che l’impresa necessita di disponi-bilità monetarie per assicurare il regolare andamento delle transazioni correnti e a scopo precauzionale. Tuttavia, poiché lo stock di risorse detenute in forma li-quida non produce ricchezza, la componente funzionalmente legata alla gestio-ne operativa è di norma tanto contenuta da giustificare la classificazione delle attività monetarie nel loro complesso fra gli impieghi estranei alla gestione ope-rativa corrente.

Anche il passivo di Stato Patrimoniale è riclassificato in relazione all’ori-

gine, in questo caso delle fonti di finanziamento. Si distinguono pertanto: 1. i debiti correnti (debiti verso fornitori, debiti di natura commerciale ver-

so controllante, controllate e collegate, debiti verso agenti e rappresentanti, fon-di rischi e oneri operativi, ecc.). Si tratta di finanziamenti direttamente connessi allo svolgersi dei processi di acquisto-trasformazione-vendita che si rinnovano automaticamente, adattandosi alla dimensione delle operazioni correnti. Queste ultime da un lato originano impieghi (crediti verso clienti, scorte di materie pri-me, semilavorati e prodotti finiti) e quindi fabbisogno finanziario, dall’altro im-plicano, pressoché automaticamente, il trasferimento di parte del fabbisogno sui fornitori tramite il pagamento dilazionato degli acquisti di beni e servizi;

2. i debiti finanziari a prescindere dalla loro durata (debiti a breve termine

verso banche, mutui, prestiti obbligazionari, debiti verso altri finanziatori, ecc.). Questa classe di valori non ha in comune la scadenza del rapporto creditizio ma la natura dei debiti, nel senso che essi derivano da contratti di finanziamento negoziati nell’ambito delle strategie finanziarie decise dall’impresa e non di-pendono quindi direttamente dal rinnovarsi dei processi di acquisto-trasforma-zione-vendita;

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3. il Fondo TFR 7 che accoglie gli accantonamenti effettuati per l’indennità

di fine rapporto che deve essere liquidata ai dipendenti quando lasciano l’im-presa. Come noto, l’accantonamento a TFR si compone di due parti. La prima (in base alle norme vigenti pari a 1/13,5 della retribuzione annuale) rappresenta la quota maturata nell’esercizio; la seconda (pari al fondo maturato nell’eserci-zio precedente moltiplicato per il 75% dell’indice ISTAT del costo della vita incrementato di 1,5 punti percentuali) costituisce la rivalutazione del fondo. Tenuto conto del meccanismo di formazione, il TFR può essere interpretato in due modi:

• come debito corrente, poiché deriva dalla remunerazione differita di un fat-

tore della produzione − il lavoro − direttamente riconducibile al ciclo operativo dell’impresa;

• come un finanziamento accordato dai dipendenti all’impresa che viene remunerato periodicamente tramite il meccanismo della rivalutazione del fondo.

7 Attualmente è in atto una profonda trasformazione dell’istituto del TFR che vede di-minuire sensibilmente il suo ruolo di fonte di finanziamento per le imprese. La Legge Fi-nanziaria per il 2007 − in discussione al Senato della Repubblica nel momento in cui si scri-ve − anticipa di un anno l’entrata in vigore del Nuovo Testo Unico della Previdenza Com-plementare (D.Lgs. n. 252/2005) e lo modica per alcuni rilevanti aspetti. L’obiettivo − pre-sente nel D.Lgs. n. 252/2005 − di favorire il decollo di forme pensionistiche complementari anche attraverso la destinazione alla Previdenza integrativa delle quote fino ad ora accanto-nate a TFR si avvale di norme ancora più rigide.

La Legge finanziaria per il 2007 prevede infatti che il TFR “maturando” del dipendente di una impresa privata − ossia non la consistenza del TFR cui egli ha diritto al 1° gennaio 2007 (data di entrata in vigore della nuova normativa) bensì il flusso che matura dal quella data in poi − debba essere conferito ad una forma di previdenza complementare:

• su esplicita richiesta che il dipendente deve presentare entro 6 mesi dall’entrata in vi-gore della legge o entro 6 mesi dalla sua assunzione se questa è successiva al 1° gennaio 2007; in tale caso il lavoratore indica il fondo pensione al quale intende destinare il suo TFR maturando;

• per tacito consenso, vale a dire in assenza di dichiarazione da parte del lavoratore. In questa circostanza il TFR maturando viene destinato alla forma pensionistica prevista da accordi o contratti collettivi o, in loro assenza, ad una forma pensionistica complementare istituita presso l’Inps;

• ad un costituendo “Fondo per l’erogazione dei trattamenti di fine rapporto” gestito dall’INPS se il dipendente manifesta in modo esplicito la sua volontà di mantenere il TFR maturando investito presso la sua azienda, ma questa ultima impiega più di 50 addetti.

Dunque, a seguito di questi provvedimenti, le imprese private con almeno 50 dipendenti vedranno in qualche modo “congelato” il debito per TFR al valore raggiunto a fine 2007; la consistenza del TFR potrà solo diminuire per effetto della liquidazione corrisposta ai di-pendenti che lasciano l’impresa.

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La scelta della seconda alternativa, per cui il TFR è classificato come voce a sé stante per le sue caratteristiche peculiari, ma viene comunque assimilato ai debiti finanziari si giustifica con il fatto che tale opzione semplifica l’individua-zione del fabbisogno finanziario netto derivante dalle operazioni correnti ed a-gevola il confronto fra le imprese. Ciò nonostante, in sede di riclassificazione del Conto Economico si terrà conto, quando possibile, della duplice natura (co-sto in parte operativo e in parte finanziario) dell’accantonamento a TFR;

4. il patrimonio netto che comprende il capitale sociale, le riserve e l’uti-

le/perdita dell’esercizio. Un bilancio riclassificato secondo il criterio funzionale permette di indivi-

duare alcuni importanti aggregati: ❑ capitale circolante commerciale, anche definito capitale circolante net-

to operativo (Figura 1.3). Si ottiene sottraendo alle attività correnti (crediti cor-renti + magazzino) i debiti correnti ed esprime quindi il fabbisogno finanziario derivante dai ripetitivi processi di acquisto-trasformazione-vendita che non che non ha trovato copertura nei debiti correnti.

Figura 1.3. – Rappresentazione del capitale circolante commerciale

Debiti correnti

Crediti correnti

Magazzino Capitale circolante commerciale

A parità di volume di affari svolto, la dimensione del capitale circolante

commerciale dipende in primo luogo dalla lunghezza del ciclo operativo, che ha inizio con l’acquisto delle materie prime e termina con la vendita del prodotto finito e, in secondo luogo, dalle politiche di pagamento dei fornitori e di incasso dai clienti.

Attività correnti

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Acquisto Pagamento a fornitori Vendita Incasso da clienti ↓ ↓ ↓ ↓

Ciclo operativo

Ciclo commerciale

È opportuno sottolineare che spesso si usa la generica espressione “capitale

circolante netto” per indicare indifferentemente la somma algebrica delle attività e passività a breve termine (ciò che abbiamo definito capitale circolante netto in senso finanziario) oppure la somma algebrica delle attività e passività correnti (ciò che abbiamo appena definito capitale circolante commerciale). Si tratta di concetti del tutto diversi che non bisogna confondere. Come si è visto, osservan-do il capitale circolante netto finanziario è possibile esprimere una valutazione circa l’equilibrio finanziario dell’impresa. Il capitale circolante commerciale mi-sura invece l’investimento netto a supporto dell’attività operativa corrente, dopo avere tenuto conto del finanziamento ottenuto dai fornitori di beni e servizi;

Figura 1.4. – Rappresentazione del capitale investito netto operativo

Crediti correnti Debiti correnti

Capitale circolante

commeriale

Magazzino

Immobilizzazioni operative nette

Capitale Investito Netto Operativo

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capitale investito netto operativo dato dalla somma del capitale circo-

lante commerciale e delle immobilizzazioni operative nette (Figura 1.4). Il capi-tale investito netto operativo misura il complesso degli investimenti netti al ser-vizio della gestione caratteristica; a questo aggregato collegheremo il risultato che essa ha prodotto per valutare l’economicità della gestione operativa. In altre parole, quando si tratterà di esprimere un giudizio sulla capacità della citata im-presa del settore ceramico di produrre reddito dalla sua attività principale do-vremo, ad evidenza, correlare il risultato delle operazioni di acquisto, produzio-ne e vendita di piastrelle agli investimenti impegnati in quelle operazioni e non a tutti gli investimenti. Insistere su questo argomento può apparire eccessivo, ma è opportuno. Se un’impresa associa all’attività caratteristica gestioni mone-tarie e/o accessorie che rappresentano una quota rilevante dell’attivo è del tutto fuorviante commisurare il risultato della gestione caratteristica al totale degli investimenti. Occorre, al contrario, riferirsi soltanto al capitale investito netto operativo;

posizione finanziaria netta costituita dai debiti finanziari (compreso il

fondo TFR) al netto delle attività monetarie. Tale aggregato misura l’effettivo stock di debiti dell’impresa. Va da sé che, quando le disponibilità liquide, i tito-li e i crediti finanziari superano i debiti della stessa natura, la posizione finan-ziaria netta è positiva. Questo può accadere, ad esempio, quando l’impresa sotto esame gestisce la liquidità di altre aziende che fanno parte dello stesso gruppo e perciò possiede, ad esempio, un consistente portafoglio di titoli. Il concetto di posizione finanziaria netta è dunque particolarmente utile per misurare la reale esposizione debitoria di imprese collegate ad altre da vincoli finanziari stabili;

posizione fiscale netta data dalla differenza tra i debiti e i crediti tributa-

ri. I primi − contenuti in conti quali “Debiti tributari”, “Fondo imposte”, “Fon-do imposte differite” − sorgono come conseguenza della produzione di utili; i secondi − evidenziati in conti quali “Crediti tributari”, “Crediti per imposte an-ticipate” − derivano dal versamento di acconti di imposta effettuati nel corso dell’esercizio e/o dall’esistenza di imposte liquidate in un periodo che precede l’esercizio al quale sono competenti (imposte anticipate). Il trattamento della posizione fiscale dell’impresa non è semplice. Occorrerebbe infatti separare, sia per i debiti che per i crediti d’imposta, la componente originata dal reddito pro-dotto dalla gestione caratteristica da quella che deriva dai risultati della gestione finanziaria, monetaria ed accessoria. Il che non è agevole. Partendo dall’assunto che la maggior parte dei debiti tributari dovrebbero discendere dal risultato ope-

2.

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rativo, una soluzione accettabile consiste nell’inserire la posizione fiscale netta fra i debiti/crediti correnti. In alternativa la posizione fiscale netta può essere inserita in una sezione autonoma dello Stato Patrimoniale di uguale denomina-zione che sarà esposta in passivo se i debiti d’imposta superano i crediti d’im-posta o in attivo nel caso contrario.

Esempio: riclassificazione dello Stato Patrimoniale di AR S.p.A.

Lo Stato Patrimoniale del bilancio civilistico è riportato in Tabella 1.5. La so-cietà impiega circa 300 dipendenti ed opera nel settore metalmeccanico, produ-cendo pompe ad acqua per il mercato agricolo, industriale ed hobbistico. Negli anni più recenti è entrata anche nel comparto delle idropulitrici (lavapavimenti e spazzatrici). Alla fine dell’esercizio t la società deteneva queste partecipazioni:

AR North America Inc. – USA 45% Distribuzione dei prodotti AR e assistenza tecnica AR Nordic A/S – Danimarca 55% Distribuzione dei prodotti AR e assistenza tecnica S.I.S.T.E.M.A S.r.l. – Italia 40% Produzione componenti AR Plastic S.r.l. – Italia 49% Produzioni componenti Ravel S.r.l. – Italia * 50% Produzione motori e trasformatori elettrici All Tec Bofix S.p.A. – Italia * 45% Produzione spazzatrici e lavapavimenti

* Partecipazioni acquisite nell’esercizio t.

Tabella 1.5. – AR S.p.A. – Stato Patrimoniale

A) ATTIVO (Valori in migliaia di euro) t – 1 t

IMMOBILIZZAZIONI I. IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI 1) Costi impianto e ampliamento 4 0 3) Diritti brevetto industriale 37 51 4) Concessioni, licenze 3.065 2.737 TOTALE IMMOBIZZAZIONI IMMATERIALI 3.106 2.788 II. IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI 1) Terreni e fabbricati 1.723 1.629 2) Impianti e macchinari 1.631 1.830 3) Attrezzature industriali e commerciali 1.518 2.411 5) Immobilizzazioni in corso e acconti 203 461 TOTALE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI 5.075 6.331

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Tabella 1.5. (continua). – AR S.p.A. – Stato Patrimoniale

A) ATTIVO (Valori in migliaia di euro) t – 1 t

III. IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE 1) Partecipazioni in

a) Imprese controllate 37 37 b) Imprese collegate 370 1.160 d) Altre imprese 2 2 Totale partecipazioni 409 1.199 2) Crediti b) Verso collegate oltre l’esercizio 0 206 Totale crediti 0 206 3) Altri titoli 1.749 0 TOTALE IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE 2.158 1.405 TOTALE IMMOBILIZZAZIONI 10.339 10.524 I. RIMANENZE 1) Materie prime 363 406 2) Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati 8.692 11.161 4) Prodotti finiti e merci 2.519 3.166 TOTALE RIMANENZE 11.574 14.733 II. CREDITI 1) Verso clienti entro l’esercizio 10.733 11.893 2) Verso controllate entro l’esercizio 200 308 3) Verso collegate entro l’esercizio 2.934 993 5) Verso altri 573 1.483 a) Entro l’esercizio 253 1.275 b) Oltre l’esercizio 320 208 TOTALE CREDITI 14.440 14.677 III. ATTIVITÀ FINANZIARIE NON IMMOBILIZZATE 0 0 IV. DISPONIBILITÀ LIQUIDE 1) Depositi bancari e postali 3.294 1.186 3) Danaro e valori in cassa 8 8 TOTALE DISPONIBILITÀ LIQUIDE 3.302 1.194 TOTALE ATTIVO CIRCOLANTE 29.316 30.604 TOTALE RATEI E RISCONTI 184 466 TOTALE ATTIVO 39.839 41.594

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Tabella 1.5. (continua). – AR S.p.A. – Stato Patrimoniale

B) PASSIVO E CAPITALE NETTO (Valori in migliaia di euro) t – 1 t

PATRIMONIO NETTO I. CAPITALE 1.549 2.500 III. RISERVE DA RIVALUTAZIONE 0 1.586 IV. RISERVA LEGALE 11 124 VII. ALTRE RISERVE a) Riserva straordinaria 21 1.509 b) Fondo plusvalenze 129 129 e) Altre riserve 326 1 IX. UTILE (PERDITA) DI ESERCIZIO 2.226 2.443 TOTALE PATRIMONIO NETTO 4.262 8.292 FONDI PER RISCHI E ONERI 1) Trattamento quiescenza 54 58 3) Altri fondi 473 457 TOTALE FONDI PER RISCHI E ONERI 527 515 FONDO TRATTAMENTO FINE RAPPORTO 2.167 2.402 DEBITI 1) Obbligazioni oltre l’esercizio 1.500 1.500 3) Banche 11.692 8.160 a) Entro l’esercizio 5.325 4.910 b) Oltre l’esercizio 6.367 3.250 4) Altri finanziatori oltre l’esercizio 2.647 2.365 5) Acconti entro l’esercizio 1 0 6) Fornitori entro l’esercizio 12.594 13.648 9) Imprese collegate entro l’esercizio 81 310 11) Debiti tributari entro l’esercizio 689 623 12) Istituti di Previdenza entro l’esercizio 406 427 13) Altri debiti 3.097 3.076 a) Entro l’esercizio 3.097 922 b) Oltre l’esercizio 0 2.154 TOTALE DEBITI 32.707 30.109 a) Entro l’esercizio 22.193 20.840 b) Oltre l’esercizio 10.514 9.269 TOTALE RATEI E RISCONTI 176 276 TOTALE PASSIVO E PATRIMONIO 39.839 41.594

Dalla Nota Integrativa al bilancio sono state tratte alcune informazioni in-

dispensabili per riclassificare lo Stato Patrimoniale seguendo il criterio fun-zionale:

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1. Situazione creditoria/debitoria nei confronti delle società del gruppo

(Valori in migliaia di euro) t – 1 t

AR North America Inc. Credito commerciale 2.931 993 AR North America Inc. Debito commerciale 79 42 AR Nordic A/S Credito commerciale 200 308 S.I.S.T.E.M.A S.r.l. Credito commerciale 3 0 S.I.S.T.E.M.A S.r.l. Credito finanziario 0 82 S.I.S.T.E.M.A S.r.l. Debito commerciale 0 12 AR Plastic S.r.l. Debito commerciale 2 182 Ravel S.r.l. Credito finanziario 0 124 Ravel S.r.l. Debito commerciale 0 74

2. la voce Partecipazioni in altre imprese contiene la quota di capitale socia-

le di un CAF al quale è affidata l’assistenza fiscale per la dichiarazione dei red-diti dei dipendenti di AR;

3. i Crediti verso collegate iscritti nell’esercizio t fra le immobilizzazioni fi-

nanziarie comprendono 82.000 euro di crediti verso S.I.S.T.E.M.A S.r.l. per di-videndi maturati ma non ancora distribuiti e 124.000 euro per un finanziamento infruttifero erogato a Ravel S.r.l.;

4. la voce Altri titoli compresa nelle immobilizzazioni finanziarie contiene il

valore di obbligazioni emesse da un istituto di credito e sottoscritte alla pari. Tali obbligazioni fruttano interessi corrisposti, insieme al capitale, in una unica soluzione alla scadenza del prestito;

5. i Crediti verso altri con scadenza entro l’esercizio comprendono crediti

verso l’Erario, verso Istituti di Previdenza, anticipi a fornitori e altri crediti di varia natura;

6. i Crediti verso altri con scadenza oltre l’esercizio comprendono depositi

cauzionali e il credito verso l’Erario che AR vanta per anticipi IRPEF versati sul TFR dei dipendenti;

7. il Fondo trattamento quiescenza contiene l’indennità suppletiva di clien-

tela dovuta agli agenti di commercio in base ai contratti di agenzia in corso qua-lora il contratto si risolva per causa non imputabile agli agenti di commercio;

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8. la voce Altri fondi comprende il fondo oneri su garanzie clienti (233.000 euro sia nell’esercizio t − 1 che nell’esercizio t) e il fondo oscillazione cambi. Il primo accoglie accantonamenti effettuati in previsione di costi da sostenere per interventi su prodotti ancora in garanzia. Il secondo è relativo ai crediti e debiti in valuta. L’importo del fondo viene determinato in base alla differenza fra il cambio vigente nel momento in cui il debito o il credito è stato rilevato e il cambio vigente alla fine dell’esercizio

8.

(Valori in migliaia di euro)

Fondo oscillazione cambi su: t – 1 t

Finanziamenti in valuta ($ USA) 240 199 Crediti commerciali in valuta ($ USA) 0 25 Totale 240 224

9. i Debiti verso altri finanziatori con scadenza oltre l’esercizio sono costi-

tuiti da:

(Valori in migliaia di euro) t – 1 t

Finanziamento Ministero dell’Industria 9 492 439 Mutui infruttiferi concessi dai soci 2.155 1.926 Totale 2.647 2.365

10. i Debiti tributari sono attribuibili a:

(Valori in migliaia di euro) t – 1 t

Imposte sul reddito dell’esercizio 10 2.729 0 Imposta sostitutiva sulla rivalutazione (legge n. 342/2000) 0 372 Acconti di imposta – 2.301 0 Ritenute fiscali per lavoro dipendente 232 231 Ritenute fiscali per lavoro autonomo 17 19 Altri debiti tributari 12 1 Totale 689 623

8 Se dal confronto emergono utili su cambi, in via prudenziale non vengono contabilizzati. 9 Finanziamento su Fondo rotatorio per l’innovazione tecnologica (legge n. 46/1982). 10 Nell’esercizio t il debito per imposte sul reddito è nullo perché gli acconti superano le imposte

di competenza. La differenza positiva (1.158.000 euro) è iscritta nell’attivo alla voce “Altri crediti”.

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11. negli Altri debiti sono compresi debiti relativi all’acquisto di parteci-pazioni (2.289 migliaia di euro nell’esercizio t − 1; 2.154 migliaia di euro nell’esercizio t), debiti verso dipendenti per salari e stipendi e debiti verso clienti.

La Tabella 1.6 riporta lo Stato Patrimoniale riclassificato. Le informazioni

disponibili erano sufficienti a procedere, ma alcune scelte di allocazione dei va-lori sono il frutto di ipotesi e di ragionevoli compromessi poiché, come già det-to, il criterio funzionale non è facilmente applicabile al bilancio civilistico.

Pertanto, è opportuno precisare che:

il fondo oscillazione cambi è stato scisso in due: la parte che costituisce la rettifica indiretta dei crediti commerciali in valuta è stata portata a detrazione dei crediti verso clienti; la parte relativa ai finanziamenti in valuta è stata allo-cata tra i debiti finanziari, determinando un corrispondente aumento dei debiti soggetti al rischio di cambio;

i crediti verso altri (iscritti nel bilancio pubblico fra le poste del capitale

circolante) sono stati considerati tutti crediti correnti indipendentemente, come ovvio, dalla scadenza. Al loro interno sono presenti anche crediti d’imposta di diversa origine, così come di diversa origine sono i debiti tributari iscritti in passivo che sono stati compresi per il loro totale fra i debiti correnti. Alternati-vamente si poteva evidenziare la posizione fiscale netta in una sezione autono-ma dello Stato Patrimoniale riclassificato;

l’elenco delle partecipazioni desunta dalla relazione sulla gestione mostra

la loro natura strumentale all’attività caratteristica di AR. Pertanto sono state considerate attività operative non correnti. Qualche dubbio poteva sussistere per la partecipazione al capitale di un centro di assistenza fiscale ma, a causa dell’esiguità dell’importo e della strumentalità almeno indiretta di questa parte-cipazione alla gestione operativa − il CAF offre assistenza fiscale ai dipendenti della società − si è preferito evitare una loro incerta collocazione fra le attività accessorie. Per coerenza con la natura operativa delle partecipazioni, anche i cre-diti a lungo termine verso collegate (per dividendi da riscuotere da S.I.S.T.E.M.A S.r.l. e per finanziamenti infruttiferi erogati a Ravel S.r.l.) sono stati allocati tra gli investimenti operativi;

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Tabella 1.6. – AR S.p.A. – Stato Patrimoniale riclassificato secondo il cri-terio funzionale (Valori in migliaia di euro)

ATTIVO t – 1 t

Crediti verso clienti 10.733 11.893 – Fondo oscillazione cambi su crediti in valuta 0 – 25 Crediti verso controllate 200 308 Crediti verso collegate 2.934 993 Crediti verso altri 573 1.483 Ratei e risconti 184 466 CREDITI CORRENTI 14.624 15.118 MAGAZZINO (totale rimanenze) 11.574 14.733 Immobilizzi immateriali 3.106 2.788 Immobilizzi materiali 5.075 6.331 Totale partecipazioni 409 1.199 Crediti verso collegate oltre l’esercizio 0 206 IMMOBILIZZAZIONI OPERATIVE NETTE 8.590 10.524 Disponibilità liquide 3.302 1.194 Altri titoli 1.749 0 ATTIVITÀ MONETARIE 5.051 1.194 TOTALE ATTIVO 39.839 41.569

PASSIVO t – 1 t

Acconti 1 0 Fornitori 12.594 13.648 Debiti verso imprese collegate 81 310 Debiti tributari 689 623 Debiti verso Istituti di Previdenza 406 427 Altri debiti 808 922 Fondo oneri su garanzie clienti 233 233 Ratei e risconti 176 276 DEBITI CORRENTI 14.988 16.439 Obbligazioni 1.500 1.500 Debiti verso banche 11.692 8.160 Debiti verso altri finanziatori 2.647 2.365 Fondo oscillazione cambi su finanziamenti in valuta 240 199 Altri debiti 2.289 2.154 DEBITI FINANZIARI 18.368 14.378 Fondo trattamento fine rapporto 2.167 2.402 Fondo trattamento quiescenza 54 58 FONDO TFR E ASSIMILATI 2.221 2.460 PATRIMONIO NETTO 4.262 8.292 TOTALE PASSIVO E CAPITALE NETTO 39.839 41.569

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❑ i ratei e i risconti attivi e passivi sono stati compresi fra i crediti e i debiti correnti poiché il livello di dettaglio della Nota Integrativa non consentiva di separare la parte riferibile a costi e ricavi correnti da quella riferibile a costi e ricavi di altra origine;

❑ i debiti verso altri derivanti dall’acquisizione di partecipazioni sono stati

allocati tra i debiti finanziari. Sulla base dei valori contenuti nello Stato Patrimoniale riclassificato sono

stati calcolati il capitale circolante netto commerciale, il capitale investito netto operativo, la posizione finanziaria netta ed infine, con l’ausilio di informazioni presenti nella Nota Integrativa, la posizione fiscale netta (Tabella 1.7). Si osser-vi che nell’esercizio t − 1 la posizione fiscale netta coincide con il totale dei debiti tributari, dato che gli acconti di imposta (2.301 migliaia di euro) erano contenuti nello stesso aggregato con segno negativo. Nell’esercizio successivo, invece, la posizione fiscale netta è pari ai debiti tributari (623.000 euro) al netto degli acconti di imposta (1.158 migliaia di euro come scritto in nota n. 8) iscrit-ti in attivo nella voce “Altri crediti”.

Tabella 1.7. – AR S.p.A. – Aggregati di sintesi

(Valori in migliaia di euro) t – 1 t

Capitale circolante commerciale 11.210 13.412 Capitale investito netto operativo 19.800 23.936 Posizione finanziaria netta – 15.538 – 15.644 Posizione fiscale netta – 689 535

5. La riclassificazione del Conto Economico

Come noto, nel Conto Economico sono riportati i ricavi conseguiti ed i costi sostenuti in un dato esercizio. Dalla loro contrapposizione deriva il risultato netto (utile o perdita) del periodo.

Per valutare l’economicità di una impresa non è però sufficiente osservare il risultato netto; occorre infatti evidenziare come esso si è formato, individuando risultati intermedi che diano conto dell’efficienza di singole aree gestionali. Un Conto Economico riclassificato sfrutta quindi uno schema scalare che, partendo dal fatturato o dal valore della produzione, attraverso la considerazione di grup-

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pi omogenei di componenti positivi e negativi di reddito, misura risultati inter-medi e, da ultimo, l’utile o la perdita netta dell’esercizio.

In funzione dell’obiettivo dell’analisi la riclassificazione può essere impostata in diversi modi; gli schemi più utilizzati hanno però un elemento in comune, ossia se-parano nettamente il risultato della gestione caratteristica − definito risultato opera-tivo, ovvero margine operativo netto, oppure ancora EBIT (acronimo di Earning before Interest and Taxes) − dagli oneri e proventi correlati alla gestione finanzia-ria, alla gestione accessoria, ad eventi di natura straordinaria ed infine all’area fi-scale. Il motivo è di facile intuizione: misurare ed isolare il risultato della gestione tipica consente di apprezzare l’efficienza dei processi di acquisto-trasformazione-vendita e di valutare gli effetti che le politiche finanziarie, gli eventi di natura ecce-zionale ed infine il prelievo fiscale esercitano sul risultato operativo.

Se nel bilancio dell’azienda ceramica più volte chiamata in causa osservas-simo un risultato operativo brillante, ma un risultato netto mediocre o negativo per la presenza di elevati oneri finanziari, dovremmo dedurre che quell’impresa è efficiente sotto il profilo operativo, ma deve modificare le sue politiche finan-ziarie, poiché la struttura delle fonti di finanziamento appare troppo costosa, te-nuto conto del margine prodotto dalla gestione caratteristica. Al contrario, se l’azienda in questione presentasse perdite già imputabili alla fase di produzione e vendita di materiale ceramico, emergerebbe l’esigenza di rivedere le strategie d’impresa per acquisire competitività nella gestione ordinaria. E poco dovrebbe consolare il fatto che il bilancio presenti buone performance nette a causa, ad esempio, di consistenti proventi straordinari, perché tutto ciò che è straordina-rio, per definizione, non si ripete costantemente nel tempo.

A seconda delle esigenze conoscitive, il Conto Economico può essere rie-

sposto adottando uno dei seguenti schemi: ❑ valore della produzione e valore aggiunto; ❑ fatturato e costo del prodotto venduto; ❑ valore e costo della produzione; ❑ costi fissi e variabili (o al margine di contribuzione). Ci soffermeremo in particolare sul primo e marginalmente sul secondo

schema. Alla riclassificazione a valore e costo della produzione faremo riferi-mento in quanto è quella prevista dal legislatore per la redazione del bilancio civilistico. Tralasceremo invece l’analisi dell’ultima tipologia di riesposizione del Conto Economico poiché essa è utile a scopi di controllo di gestione che e-sulano dalle tematiche affrontate in questo testo.

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6. Il Conto Economico a valore della produzione e valore aggiunto

I motivi che inducono a dare ampio spazio alla riclassificazione a valore della produzione e valore aggiunto sono sostanzialmente due. In primo luogo tale schema è quello più utile all’analisi del bilancio in chiave finanziaria, es-sendo un essenziale punto di riferimento per studiare la dinamica dei flussi finanziari, argomento che sarà affrontato nel capitolo 3. In secondo luogo la riclassificazione a valore della produzione e valore aggiunto è applicabile an-che quando l’analista dispone soltanto del bilancio civilistico. Si osservi lo schema riportato in Tabella 1.8 che riprende nella denominazione le voci del bilancio pubblico.

Tabella 1.8. – Conto Economico riclassificato a valore della produzione e valore aggiunto

RICAVI NETTI DI VENDITA più/meno Aumento/Diminuzione delle rimanenze di semilavorati e prodotti finiti

più Altri ricavi e proventi più Lavori interni

uguale PRODUZIONE DELL’ESERCIZIO meno Costi delle materie prime, sussidiarie, di consumo

più/meno Aumento/Diminuzione delle rimanenze di materie prime meno Costo dei servizi meno Costo per il godimento di beni di terzi meno Oneri diversi di gestione

uguale VALORE AGGIUNTO meno Costo del personale meno Accantonamenti per rischi e oneri specifici

uguale MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL) meno Ammortamenti meno Accantonamenti per rischi generici

uguale RISULTATO OPERATIVO (MARGINE OPERATIVO NETTO) meno/più Oneri/Proventi finanziari

meno Quota rivalutazione TFR meno/più Oneri/Proventi accessori meno/più Oneri/Proventi straordinari

uguale REDDITO PRIMA DELLE IMPOSTE meno Imposte dell’esercizio

uguale REDDITO NETTO DELL’ESERCIZIO

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Il criterio guida usato nell’allocazione dei componenti di reddito è la loro natura economica, cioè il tipo di fattori della produzione ai quali sono colle-gati; come si vedrà, la riclassificazione a fatturato e costo del venduto ag-grega invece gli elementi di reddito in base all’area funzionale che li ha ori-ginati.

La produzione dell’esercizio, ossia la ricchezza creata nel periodo al lor-

do dei fattori che hanno concorso alla sua formazione, misura l’attività com-plessivamente svolta dall’impresa. A determinarne il valore contribuiscono in primo luogo i ricavi delle vendite − al netto di sconti ed abbuoni concessi ai clienti − vale a dire la quota di produzione collocata sul mercato. Ai ricavi di vendita va poi aggiunta quella parte della produzione che non è stata ceduta a terzi o perché il processo di trasformazione non è ancora terminato, o perché è in attesa di trovare acquirenti. In altre parole, al fatturato va aggiunto l’au-mento delle scorte di semilavorati e prodotti finiti. Ad evidenza, se nel perio-do osservato le rimanenze sono diminuite, la produzione dell’esercizio è mi-nore del fatturato e la riduzione del magazzino semilavorati e prodotti finiti deve essere tolta dai ricavi di vendita. Entrano poi nella produzione dell’eser-cizio anche tutti gli altri ricavi e i proventi che derivano dalla attività caratte-ristica dell’impresa. Infine, occorre tenere conto dei costi sostenuti per la pro-duzione in economia di beni durevoli che non sono destinati alla vendita. Si pensi ad una azienda meccanica che costruisce al suo interno un impianto per utilizzarlo in proprio. I costi per l’acquisto dei materiali, le spese di manodo-pera, ecc. devono entrare a fare parte del patrimonio dell’impresa, ossia devo-no essere capitalizzati. Detto in altro modo, le spese sostenute per lavori in-terni vanno eliminate dal Conto economico − che deve contenere soltanto co-sti correlati alle vendite o alla dinamica delle scorte − e trasferite nell’attivo di Stato Patrimoniale in una voce denominata di solito “Immobilizzi in corso”. Di prassi raramente la capitalizzazione viene effettuata per singola voce di co-sto. Più semplicemente si iscrive tra i componenti positivi di reddito nella vo-ce “Lavori interni” il totale dei costi trasferiti a Stato Patrimoniale. Tale ag-gregato fa parte della produzione dell’esercizio.

Il valore aggiunto è determinato sottraendo dalla produzione dell’esercizio

tutti i costi sostenuti per acquistare da terzi i beni ed i servizi impiegati nella produzione. Il valore aggiunto misura quindi la ricchezza creata dall’impresa al netto dei fattori che hanno concorso alla sua realizzazione ed esprime la capaci-tà dell’impresa di “aggiungere valore” ai beni e ai servizi acquistati all’esterno. Il valore aggiunto remunera il lavoro incorporato nella produzione, il consumo dei beni durevoli tramite l’ammortamento, il capitale di credito per mezzo degli

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oneri finanziari e, dopo avere tenuto conto delle imposte sul reddito, il capitale di rischio al quale è destinato l’utile netto.

Il margine operativo lordo

11 (MOL) esprime ciò che rimane del valore aggiunto dopo avere remunerato il personale ed effettuato accantonamenti a fronte di costi operativi che si presume avranno manifestazione monetaria, os-sia produrranno uscite, anche se il loro importo è solo stimato al momento della redazione del bilancio. Il margine operativo lordo è un aggregato di grande rilievo per l’analisi finanziaria, costituendo il punto di raccordo fra la visone economica e la visione finanziaria della gestione. Si consideri che il MOL deriva dalla contrapposizione di componenti di reddito dotati di due ca-ratteristiche; in primo luogo sono ricavi e costi “correnti”, ossia direttamente riconducibili al processo di acquisto-trasformazione-vendita; in secondo luo-go sono ricavi e costi “monetari”, vale a dire componenti di reddito che hanno già prodotto o sono destinati a produrre entrate/uscite di cassa. Il MOL misura quindi la ricchezza prodotta dalla gestione corrente destinata a trasformarsi, se già non è avvenuto, in risorse liquide. Non siamo ancora di fronte al flusso di cassa con il quale l’impresa può finanziare operazioni estranee alla gestione corrente (realizzare investimenti fissi, rimborsare e remunerare il capitale di credito e il capitale di rischio). Per determinare il flusso di cassa della gestio-ne corrente occorrerà infatti tenere conto degli investimenti a supporto della gestione corrente stessa, ossia quantificare l’entità e la dinamica del capitale circolante commerciale. L’argomento sarà ripreso nella parte dedicata all’ana-lisi dei flussi finanziari. Per ora è sufficiente chiarire due scelte di ordine me-todologico che riguardano il costo del personale e gli accantonamenti per ri-schi ed oneri.

❑ Il costo del personale comprende i salari, gli stipendi, gli oneri accessori e

l’accantonamento a TFR, limitatamente alla quota corrente maturata nell’eser-cizio. Come si ha già avuto occasione di dire, la quota di rivalutazione del fon-do è invece assimilabile ad un onere finanziario, poiché rappresenta la remune-razione maturata nel periodo per il finanziamento accordato all’impresa dai suoi dipendenti. Pertanto, è opportuno classificare la quota di rivalutazione fra i componenti di reddito estranei alla gestione operativa;

❑ a differenza di quanto mostrato in Tabella 1.8, gli schemi di riclassifica-

11 Vi capiterà molto spesso di vederlo definito EBITDA, acronimo di Earning before Inte-rest, Taxes, Depreciation and Amortization.

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zione del Conto Economico a valore della produzione e valore aggiunto molto spesso non articolano gli accantonamenti a fondi per rischi ed oneri in due parti. Al contrario, essi sono considerati indistintamente componenti negativi di red-dito che non producono uscite monetarie. Coerentemente con questa imposta-zione, tutti gli accantonamenti a fondi per rischi ed oneri vengono allocati a val-le del margine operativo lordo, insieme agli ammortamenti. Qui invece si pro-pone di separarli in due gruppi. Il primo comprende gli accantonamenti che co-prono rischi ed oneri specifici derivanti dall’attività principale dell’impresa (l’accantonamento al fondo garanzia prodotti e al fondo svalutazione crediti per citarne due). A nostro avviso questi accantonamenti sono di fatto costi moneta-ri, in quanto è molto probabile che producano uscite; semplicemente il loro am-montare e/o il momento in cui si verificheranno non sono ancora noti all’epoca di redazione del bilancio. Se questa ipotesi è plausibile gli accantonamenti a fondi rischi ed oneri specifici − ossia a fondi “destinati” − devono essere consi-derati componenti negativi del MOL, così come il costo del lavoro. In altre pa-role devono essere allocati a monte del margine operativo lordo, come mostrato in Tabella 1.8. Il secondo gruppo comprende gli accantonamenti generici (ad esempio l’accantonamento al fondo rischi e spese future) che hanno natura mol-to simile a quella degli utili portati a riserva per fronteggiare il generico “ri-schio operativo” al quale tutte le imprese sono soggette. In questo aspetto non rileva il fatto che essi siano contabilizzati come costi di esercizio. Se questa im-postazione è accettabile gli accantonamenti per rischi generici − che per la veri-tà appaiono poco di frequente nei bilanci delle imprese − dovrebbero essere sommati al risultato dell’esercizio. Tale scelta appare però inopportuna − so-prattutto se è effettuata da un analista esterno − se non altro perché modifica il risultato netto iscritto in bilancio e pone problemi di confrontabilità. Appare in-vece più ragionevole, così come proposto in Tabella 1.8, riclassificare gli ac-cantonamenti per rischi generici insieme agli ammortamenti, poiché ne condi-vidono la natura di valori economici privi di proiezione monetaria, almeno nel breve periodo.

Il risultato operativo (margine operativo netto, EBIT) che si determina

sottraendo dal MOL gli ammortamenti, le svalutazioni e gli accantonamenti a fondi non destinati esprime l’efficienza dell’impresa nella gestione della sua at-tività caratteristica. Il risultato operativo prescinde, come già anticipato, dai componenti di reddito riconducibili a:

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Gestione finanziaria → Oneri finanziari, proventi finanziari da attività monetarie, dividendi da partecipazioni, interessi sui crediti concessi a società controllate, collega-te, ecc.

Gestione accessoria → Canoni di locazione di immobili non strumentali

e spese relative, proventi finanziari da attività ac-cessorie, ecc.

Gestione straordinaria → Minusvalenze, plusvalenze, contributi straordina-

ri, perdite su crediti, imposte relative ad esercizi precedenti, ecc.

Area fiscale → Imposte sul reddito dell’esercizio

Il risultato prima delle imposte tiene conto di tutti i componenti positivi e

negativi di reddito, ad esclusione delle imposte. L’utilità di analizzare anche que-sto risultato intermedio discende dal fatto che le imposte sul reddito possono va-riare significativamente da esercizio a esercizio, sia perché mutano le norme che regolano il prelievo tributario, sia perché le imprese compiono scelte diverse in termini di politica fiscale a seconda della situazione contingente. Per prescindere dall’“effetto imposte” spesso alcuni indicatori di bilancio sono calcolati utiliz-zando il reddito prima delle imposte in luogo del risultato netto dell’esercizio.

7. Il Conto Economico a valore e costo della produzione

Il Conto Economico del bilancio civilistico è redatto a valore e costo della produzione (Tabella 1.9). È agevole osservare che anche questo schema preve-de la riallocazione dei componenti di reddito in base alla loro natura economica e distingue il risultato della attività principale dell’impresa (differenza fra valo-re e costi della produzione) dagli utili/perdite di tipo finanziario, straordinario e fiscale. Tuttavia, il primo aggregato intermedio non sempre coincide con il ri-sultato operativo, a causa del diverso concetto di “straordinarietà” adottato dal legislatore

12 e della non sempre precisa distinzione tra gestione ordinaria e ge-stione accessoria. È opportuno prestare particolare attenzione a due voci:

12 Secondo il codice civile è straordinario e accessorio tutto ciò che non si può ascrivere ad una non meglio definita “gestione ordinaria”.

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• altri ricavi e proventi che può contenere componenti positivi di reddito di carattere straordinario (ad esempio i contributi in conto esercizio, le plusvalen-ze realizzate in caso di dismissione “ordinaria” di beni strumentali) o accessorio (ad esempio i canoni di locazione percepiti sugli immobili civili);

• oneri diversi di gestione che, allo stesso modo, possono derivare da eventi

imputabili alla gestione straordinaria (ad esempio le minusvalenze da realizzo “ordinario” di beni strumentali) e accessoria (ad esempio i costi riconducibili alla gestione del patrimonio immobiliare).

Tabella 1.9. – Schema di Conto Economico (art. 2425 c.c.)

A) Valore della produzione 1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni 2) Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti 3) Variazioni di lavori in corso su ordinazione 4) Incrementi d’immobilizzazioni per lavori interni 5) Altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio Totale B) Costi della produzione 6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 7) Per servizi 8) Per godimento di beni di terzi 9) Per il personale a) Salari e stipendi b) Oneri sociali c) Trattamento di fine rapporto d) Trattamento di quiescenza e simili e) Altri costi 10) Ammortamenti e svalutazioni a) Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali b) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali c) Altre svalutazioni delle immobilizzazioni d) Svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide 11) Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 12) Accantonamenti per rischi 13) Altri accantonamenti 14) Oneri diversi di gestione Totale Differenza tra valore e costi della produzione (A – B) C) Proventi e oneri finanziari 15) Proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi a imprese con-

trollate e collegate

segue

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16) Altri proventi finanziari a) Da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da

imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti b) Da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni c) Da titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni d) Proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese

controllate e collegate e di quelli da controllanti 17) Interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese

controllate e collegate e verso controllanti 17-bis) Utili e perdite su cambi Totale (15 + 16 – 17+/– 17-bis) D) Rettifiche di valore d’attività finanziarie 18) Rivalutazioni a) Di partecipazioni b) Di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni c) Di titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni 19) Svalutazioni a) Di partecipazioni b) Di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni c) Di titoli iscritti all’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni Totale (18 – 19) E) Proventi ed oneri straordinari 20) Proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni, i cui ricavi non

sono iscrivibili al n. 5 21) Oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazione ed i cui effetti

contabili non sono iscrivibili al n. 14 e delle imposte relative ad esercizi precedenti Totale delle partite straordinarie (20 – 21) Risultato prima delle imposte (A – B +/– C +/– D +/– E) 22) Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate 23) Utile (perdita) d’esercizio

La Nota Integrativa deve comunque dettagliare il contenuto delle voci sopra

citate per cui, di norma, è possibile adattare il bilancio civilistico allo schema a valore della produzione e valore aggiunto senza incontrare difficoltà insuperabili.

Esempio: riclassificazione del Conto Economico di AR S.p.A.

La Tabella 1.10 riporta il Conto Economico dell’impresa già nota per averne riclassificato lo Stato Patrimoniale.

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Tabella 1.10. – AR S.p.A. – Conto Economico (Valori in migliaia di euro)

t – 1 t

A) VALORE DELLA PRODUZIONE 1) Ricavi delle vendite 58.910 62.337 2) Variazione rimanenze semilavorati e prodotti finiti 1.383 3.117 4) Incremento immobilizzazioni per lavori interni 227 317 5) Altri ricavi e proventi 449 280 TOTALE VALORE DELLA PRODUZIONE 60.969 66.051 B) COSTI DELLA PRODUZIONE 6) Materie prime, sussidiarie e di consumo 31.422 35.728 7) Servizi 10.923 11.210 8) Godimento beni di terzi 549 591 9) Per il personale a) Salari e stipendi 6.365 6.926 b) Oneri sociali 2.184 2.353 c) Trattamento di fine rapporto 626 563 Totale costi personale 9.175 9.842

10) Ammortamenti e svalutazioni a) Ammortamento immobilizzazioni immateriali 433 469 b) Ammortamento immobilizzazioni materiali 2.013 2.668 d) Svalutazione crediti dell’attivo circolante 153 67 Totale ammortamenti e svalutazioni 2.599 3.204 11) Variazione rimanenze materie prime 292 -43 12) Accantonamenti per rischi 52 0 14) Oneri diversi di gestione 215 256 TOTALE COSTI DI PRODUZIONE 55.227 60.788 DIFFERENZA FRA (A) E (B) 5.742 5.263 C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI 15) Proventi da partecipazioni 266 496 16) Altri proventi finanziari b) Da titoli iscritti nelle immobilizzazioni 114 113 d) Proventi finanziari diversi (da altri) 42 131 e) Differenze cambio attive 242 116 Totale altri proventi finanziari 398 360 TOTALE PROVENTI FINANZIARI 664 856

17) Interessi e oneri finanziari d) Verso banche 407 787 e) Per obbligazioni 25 66 g) Oneri finanziari diversi 503 541 f) Differenze di cambio negative 521 332 TOTALE ONERI FINANZIARI 1.456 1.726 SALDO ONERI E PROVENTI FINANZIARI – 792 – 870

segue

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t – 1 t

E) PROVENTI E ONERI STRAORDINARI 20) Proventi b) Altri 11 14 TOTALE PROVENTI STRAORDINARI 11 14 21) Oneri b) Imposte esercizi precedenti 6 0 TOTALE ONERI STRAORDINARI 6 0 SALDO PARTITE STRAORDINARIE 5 14 RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE 4.955 4.407 22) Imposte sul reddito dell’esercizio 2.729 1.964 UTILE/PERDITA DELL’ESERCIZIO 2.226 2.443

Dalla nota informativa sono state tratte alcune informazioni utili per la rie-

sposizione a valore della produzione e valore aggiunto: 1. Composizione degli Altri ricavi e proventi

(Valori in migliaia di euro) t – 1 t

Recupero costi da clienti 104 90 Plusvalenze da alienazione cespiti 81 34 Sopravvenienze attive 27 26 Contributi in conto esercizio 13 152 41 Altri ricavi e proventi 85 89

Totale 449 280

2. Composizione dei Costi per il godimento di beni di terzi

(Valori in migliaia di euro) t – 1 t

Canoni di leasing di fabbricati e impianti 389 417 Canoni di noleggio 160 174

Totale 549 591

3. Gli Accantonamenti per rischi riguardano il fondo oneri su garanzie

clienti.

13 Si riferiscono ad agevolazioni per l’innovazione ricevute ai sensi della legge n. 140/1997.

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4. Composizione degli Oneri diversi di gestione

(Valori in migliaia di euro) t – 1 t

Imposte e tasse non sul reddito 66 76 Contributi associativi 49 61 Cancelleria e stampati 50 43 Minusvalenze da alienazione cespiti 6 3 Sopravvenienze passive 13 20 Altri oneri di gestione 31 53

Totale 215 256

5. I Proventi da partecipazioni sono costituiti dai dividendi delle collegate

AR North America e S.I.S.T.E.M.A. 6. I Proventi finanziari da titoli iscritti nelle immobilizzazioni riguardano le

obbligazioni di un istituto di credito alienate nel corso dell’esercizio t. 7. I Proventi finanziari diversi comprendono interessi attivi verso banche e

verso clienti. La riclassificazione del Conto Economico (Tabella 1.11) risente dell’assenza

di informazioni a completamento di quelle contenute nella Nota Integrativa. In particolare:

a) non è stato possibile scomporre i canoni di leasing scindendo l’ammor-

tamento dei beni dagli oneri finanziari; l’intero importo (iscritto nei costi per il godimento di beni di terzi) è stato quindi classificato tra gli oneri di natura ope-rativa;

b) la quota di rivalutazione del TFR è stata stimata moltiplicando la consi-stenza del fondo all’inizio del periodo per il 75% dell’indice ISTAT del costo della vita (supposto pari al 3%) più 1,5 punti percentuali.

Si osservi infine che parte degli Altri ricavi e proventi (le plusvalenze da

realizzo, le sopravvenienze attive, i contribuiti in conto esercizio) e degli Oneri diversi di gestione (le minusvalenze da realizzo e le sopravvenienze passive) sono stati classificati tra i componenti straordinari di reddito.

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Tabella 1.11. – AR S.p.A. – Conto Economico a valore della produzione e valore aggiunto (Valori in migliaia di euro)

t – 1 t

Ricavi delle vendite 58.910 62.337 Variazione rimanenze semilavorati e prodotti finiti 1.383 3.117 Incremento immobilizzazioni per lavori interni 227 317 Altri ricavi e proventi 189 179 PRODUZIONE DELL’ESERCIZIO 60.709 65.950 Costi di materie prime, sussidiarie e di consumo 31.422 35.728 Variazione di rimanenze materie prime 292 -43 Costi per servizi 10.923 11.210 Costi per godimento di beni di terzi 549 591 Oneri diversi di gestione 196 233 VALORE AGGIUNTO 17.327 18.231 Salari e stipendi 6.365 6.926 Oneri sociali 2.184 2.353 Quota corrente TFR 552 482 Accantonamento a fondo svalutazione crediti 153 67 Accantonamento per rischi 52 0 MARGINE OPERATIVO LORDO 8.021 8.403 Ammortamenti 2.446 3.137 RISULTATO OPERATIVO 5.575 5.266 Proventi da partecipazioni 266 496 Proventi da titoli iscritti nelle immobilizzazioni 114 113 Proventi finanziari diversi (da altri) 42 131 Differenze attive di cambio 242 116 Totale proventi finanziari 664 856 Interessi passivi verso banche 407 787 Interessi passivi su obbligazioni 25 66 Oneri finanziari diversi 503 541 Differenze negative di cambio 521 332 Quota rivalutazione TFR 74 81 Totale oneri finanziari 1.530 1.807 Plusvalenze da alienazione cespiti 81 34 Sopravvenienze attive 27 26 Contributi in conto esercizio 152 41 Altri proventi straordinari 11 14 Totale proventi straordinari 271 115 Minusvalenze da alienazione cespiti 6 3 Sopravvenienze passive 13 20 Imposte esercizi precedenti 6 0 Totale oneri straordinari 25 23 REDDITO PRIMA DELLE IMPOSTE 4.955 4.407 Imposte sul reddito dell’esercizio 2.729 1.964 UTILE DELL’ESERCIZIO 2.226 2.443

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8. Collegamento tra flussi economici e aree gestionali

Il bilancio riclassificato di AR S.p.A. offre l’opportunità di chiarire la rela-zione tra flussi economici e aree dello Stato Patrimoniale che li hanno prodotti o alle quali sono destinati. Osserviamo l’attivo di Stato Patrimoniale dell’eser-cizio t e i corrispondenti aggregati di Conto Economico:

Aree dell’attivo Flussi economici

Capitale circolante commerciale + 13.412 Risultato operativo al netto delle impo-ste: 5.266 × (1 – 0,4457) 2.919

Immobilizzazioni operative nette = 10.524 Capitale investito netto operativo 23.936 Attività accessorie 0 Proventi da gestioni accessorie al netto

delle imposte 0 Attività monetarie 1.194 Proventi finanziari al netto delle impo-

ste: 856 × (1 – 0,4457) 474 Saldo oneri/proventi straordinari al netto

delle imposte: (115 – 23) × (1 – 0,4457) 51

Il flusso di reddito prodotto dagli investimenti operativi (23.936) è dato dal

risultato operativo al netto delle imposte che gravano su quel reddito (2.919). Il tax rate (44,57%) è stato determinato calcolando l’incidenza delle imposte sul reddito prima delle imposte.

Alle attività accessorie (in questo caso uguali a zero) e alle attività monetarie (1.194) sono rispettivamente riconducibili i proventi dalla gestione non stru-mentale (ad evidenza pure uguali a zero) e i proventi finanziari

14 (474), en-trambi al netto delle imposte.

Occorre poi rilevare che fatti straordinari hanno prodotto proventi netti per 51. Riferire questo risultato a singole tipologie di investimenti è a volte impos-sibile (si pensi ai proventi straordinari costituiti dai contributi in conto interes-se), in ogni caso non strettamente necessario.

Se si analizzano ora i flussi di reddito nella prospettiva dei soggetti ai quali sono destinati, non si potrà che evidenziare la coincidenza tra l’ammontare dei flussi e l’ammontare dei diritti vantati su quei flussi.

14 In realtà i proventi finanziari sovrastimano la ricchezza creata dalle attività monetarie poi-ché comprendono anche i dividendi da partecipazioni. Come si ricorderà, queste ultime sono sta-te ritenute funzionali all’attività tipica e sono quindi confluite nel capitale investito netto opera-tivo.

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Risultato operativo al netto delle imposte 2.919 Flusso di reddito spettante agli azionisti

(Reddito netto) 2.443 Proventi da gestione accessoria al netto delle imposte 0

Flusso di reddito spettante ai creditori (Oneri finanziari + perdite su cambi) al netto del recupero di imposte 956

Proventi finanziari al netto delle imposte 474

Flusso di reddito spettante ai dipendenti (Quota di rivalutazione TFR al netto del recupero di imposte) 45

Proventi da gestione straordinaria al netto delle imposte 51

Totale flussi per origine 3.444 Totale flussi per destinatari 3.444

È opportuno precisare che il reddito spettante ai creditori e ai dipendenti per

TFR è valutato dal punto di vista dell’esborso dell’impresa e non dell’introito dei destinatari. In altre parole, gli oneri finanziari e la quota di rivalutazione del TFR producono una uscita che deve essere valorizzata al netto del recupero d’imposta che questi costi consentono.

Le argomentazioni svolte sono generalizzabili nei termini esposti in Figura 1.5.

Figura 1.5. – Stato Patrimoniale e flussi economici

RN

RAM × (1 – t)

r × TFR × (1 – t)

Of × (1 – t)

RO × (1 – t)

Capitale investito netto operativo

Attività accessorie

Attività monetarie

Patrimonio netto

TFR

Debiti finanziari

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RO = risultato operativo t = aliquota dell’imposta sul reddito delle imprese RAM = risultato delle attività accessorie e delle attività monetarie RN = reddito netto r = quota di rivalutazione del TFR Of = oneri finanziari

Vale dunque la relazione

RO × (1 − t) + RAM × (1 − t) = RN + r × TFR × (1 − t) + Of × (1 − t) da cui

(RO + RAM − r × TFR − Of) × (1 − t) = RN

9. Il Conto Economico a fatturato e costo del venduto

Seguendo questo tipo di riclassificazione i componenti di reddito vengono allocati in base alle aree gestionali dalle quali derivano. In tale modo è possibile individuare, all’interno della gestione caratteristica, il concorso di tre aree alla formazione del risultato operativo:

• area produzione; • area commerciale; • area amministrativa. L’adozione di questo schema richiede informazioni con maggiore livello di

dettaglio rispetto a quelle necessarie per riesporre il Conto Economico a valore della produzione e valore aggiunto. Ad esempio, il costo per il personale deve es-sere articolato in due gruppi di voci: i salari e tutti gli oneri accessori che conflui-scono nei costi di produzione; gli stipendi e tutti gli oneri accessori che fanno parte delle spese generali o dei costi commerciali. In altre parole, la riesposizione dei valori per area funzionale è possibile solo avendo accesso ad informazioni puntali che possono essere desunte dalla contabilità analitica. Ovvio, quindi, che questo approccio all’analisi del Conto Economico − molto utile sotto evidenti punti di vista − è improponibile se si dispone soltanto del bilancio civilistico.

La struttura del Conto Economico a fatturato e costo del venduto è riassunta

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in Tabella 1.12; la Tabella 1.13 mostra i tipici componenti del costo del prodot-to venduto. Come evidente, lo schema proposto è adatto ad una impresa indu-striale; la sua applicazione alle aziende commerciali o di servizi richiede qual-che aggiustamento per tenere conto delle specificità della loro produzione eco-nomica.

Tabella 1.12. – Conto Economico riclassificato a fatturato e costo del pro-dotto venduto

RICAVI NETTI DI VENDITA meno COSTO DEL PRODOTTO VENDUTO

uguale MARGINE LORDO INDUSTRIALE meno COSTI AMMINISTRATIVI E GENERALI meno COSTI DI VENDITA

uguale RISULTATO OPERATIVO meno/più Oneri/Proventi finanziari meno/più Oneri/Proventi delle gestioni accessorie meno/più Oneri/Proventi straordinari

uguale REDDITO PRIMA DELLE IMPOSTE meno Imposte dell’esercizio

uguale REDDITO NETTO DELL’ESERCIZIO

Tabella 1.13. – Composizione del costo del prodotto venduto

Rimanenze iniziali di materie prime più Acquisti di materie prime

meno Rimanenze finali di materie prime uguale Consumi di materie prime

più Rimanenze iniziali di semilavorati più Costo della manodopera industriale più Costi industriali più Ammortamenti industriali

meno Rimanenze finali di semilavorati meno Lavori interni

uguale Costo dei prodotti finiti più Rimanenze iniziali di prodotti finiti

meno Rimanenze finali di prodotti finiti uguale COSTO DEL PRODOTTO VENDUTO

Come mostrato in Tabella 1.13, se il magazzino è suddiviso nelle sue parti

(scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti), il costo del prodotto venduto (C.P.V.), che rappresenta il totale dei costi relativi alla fase di produ-

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zione, può essere disaggregato per evidenziare anche i consumi di materie pri-me e il costo dei prodotti finiti. In assenza di tale suddivisione è possibile calco-lare soltanto il C.P.V. Al suo interno è comunque opportuno isolare la somma algebrica di rimanenze iniziali + acquisti – rimanenze finali.

Si osservi inoltre che i lavori interni vengono sottratti al C.P.V. per contrap-porre al fatturato solo i costi sostenuti per produrre beni destinati alla vendita

15. L’ipotesi implicita è che il valore dei lavori interni comprenda esclusivamente costi industriali.

Il margine lordo industriale misura l’efficienza del processo di trasforma-zione. Per giungere al risultato operativo bisogna sottrarre i costi di struttura (spese del personale amministrativo, ammortamento delle macchine d’ufficio, costo elaborazione dati, ecc.) e le spese legate alla commercializzazione dei pro-dotti (spese del personale di vendita, provvigioni a rappresentanti, spese di pub-blicità, ecc.). L’accantonamento al fondo svalutazione crediti viene normalmen-te compreso fra i costi di vendita.

A valle del risultato operativo lo schema di riclassificazione a fatturato e co-sto del venduto riflette fedelmente quello a valore della produzione e valore ag-giunto al quale si rimanda.

15 Si ricorda che nella riclassificazione a valore della produzione e valore aggiunto i lavori interni entrano con segno positivo nella produzione dell’esercizio.