capire i figli e farsi capire dai figli · 2019-01-22 · Istituto di psicologia del benessere...

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Istituto di psicologia del benessere

l'energia segue il pensiero

Manuale di apprendimentoper comunicare in modo efficace

con i figli adolescenti

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Capire i figli e farsi capire dai figli

a cura di Leonardo MilaniFerrara, gennaio 2001

Il testo è stato liberamente tratto dal-le seguenti pubblicazioni:

• Se mi vuoi bene dimmi di no, G.Ukmar, Angeli ed.

• I Sì e i No, Concedere o proibire.Paola Scalari, Armando Editore.

• Genitori efficaci, T. Gordon, LaMeridiana ed.

• La psicologia del benessere, L.Milani, Riza Scienze, n. 114, Luglio -Agosto 1997.

• Tutto sulla ragazza da 12 a 16 anni,B. Ludecke, San Paolo ed.

• Da 15 a 19 anni, K. Seelmann, SanPaolo ed.

• Progetto Genitori, P. Milani,Erickson.

• Comportamento a rischio negliadolescenti, M. Plant e M. Plant,Erickson.

• Un genitore quasi perfetto, B.Bettelheim 1990.

• Intelligenza emotiva per un figlio,J. Gottman, Rizzoli.

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Premessa

Ogni discorso sulla "famiglia" sareb-be incompleto se non riguardasse anchei figli. Però lo stesso discorso resterebbeincompleto all'infinito qualora volessetrattare la psicologia del bambino. Inol-tre la psicologia infantile è già abbastan-za nota, anche a livello divulgativo, percui ci sentiamo esonerati dal trattarla. Cipare più interessante aggiungere alcuneriflessioni sui problemi che i figli crea-no, ai genitori ed alla famiglia, in etàadolescenziale.

Ecco dunque una sommaria carrellatasulla problematica degli adolescenti.

L'età considerata va dai 13 ai 19 anni,l'età dei teen-agers, così chiamati perchéin inglese, i numeri dal 13 al 19 termina-no in "teen". La crisi dell'adolescenza,età critica per definizione, è determinatada tre eventi che, costituendo altrettanteperdite, possono ben definirsi "lutti":quello per la perdita del corpo infantileal quale inevitabilmente ci si eraaffezionati, il lutto per la perdita del ruoloinfantile, ed infine il lutto per la perditadei genitori dell'infanzia e cioè del modocome le figure genitoriali erano state finoa quel momento vissute.

La drammaticità insita in questo con-cetto di triplice lutto va naturalmente ri-dimensionata perché, a ciascuna di que-ste perdite, corrisponde una conquista,quindi un punto di partenza per un ulte-riore sviluppo verso una progressiva in-dividualizzazione dell'essere umano; perla perdita cioè, del corpo infantile, del

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ruolo infantile, delle figure genitorialivissute infantilmente, si ha la conquistadi un corpo adolescenziale, di un ruoloadulto, di un incontro con le figuregenitoriale in senso più maturo.

La perdita del "corpo" infantile.Il mutamento adolescenziale ha la sua

massima evidenza sul piano fisiologico.L'eruzione della sessualità è violenta.

E' come una palla immersa nell'acquae improvvisamente liberata: non si limi-ta ad affiorare alla superficie, ma schiz-za al di sopra di essa. La prima manife-stazione della sessualità è l'autoerotismo,una tappa inevitabile; Freud diceva: "seun uomo di venticinque anni dice che nonsi è mai masturbato, significa che si ma-sturba ancora". Poi lentamente si pren-de confidenza con l'altro sesso e, supe-rati i normali blocchi dell'iniziale timi-dezza, si entra in una specie di terrenominato.

Ma che cos'è un terreno minato?Un pericolo solo per il nemico che non

sa dove sono nascoste le mine. Ecco ilvalore dell'educazione sessuale.

Gli adolescenti dovrebbero sapere tut-to, senza alcuna reticenza, ed al momentogiusto, che è quello in cui il ragazzo bal-betta timoroso qualche richiesta di spie-gazione e quindi si mostra maturo perun'informazione che i genitori non de-vono lesinare. Solo così si eviterà ognipericolosa mitizzazione del sesso, e sipotrà eliminare quel fascino del proibitoe quell'ansia di curiosità che possono sfo-ciare in letture e fantasie con effetto in-dubbiamente perturbatore; solo così sipermetterà ai giovanissimi di incontrarela sessualità nella dimensione più giustae più ricca: una felice sommazione diaffettività e genitalità; quest'ultima infattinon è affatto sinonimo di sessualità: èsolo il complemento che l'istinto offre,in termini puramente fisiologici e stru-mentali, ad un incontro interpersonaleche è, inizialmente e sostanzialmente,affettivo, fatto di comunione spirituale,di rispetto, di rinunce, di disponibilità adogni tipo di dono; in altri termini di amo-re.

Nel nostro clima socio-culturale, lopsicologo non approva il libero amore,ma sollecita la diffusione di una saggiaeducazione sessuale; in altre paroleauspica non una libertà sessuale, ma unalibertà dalla problematica sessuale.

La perdita del "ruolo" infantile. Nellavita di tutti c'è il momento in cui ci sisente dire "adesso sei grande", "non seipiù un bambino", "ormai sei un ometto"(o una donnina) e frasi simili: sembranoformule con cui si concede un'onorifi-cenza, spesso sono traguardi ambiti datempo, ma talvolta possono evocare l'im-magine di un baratro che si spalanca sottoi piedi. Se qualcuno risente troppo acu-tamente del possibile stress implicito inqueste formule, ne sopporta le conse-guenze per tutta la vita: chi non conoscepersone che reagiscono con una crisidepressiva ad ogni promozione, ad ogniscatto di carriera, ogni volta che si ve-dono affidato un ruolo di maggior re-sponsabilità?

Sull'uscio dell'infanzia, più o menobruscamente, ci si accorge di esistere.Esistere è qualcosa di più di essere; è unessere con uno scopo, con il sentimentodella propria individualità, con la con-sapevolezza dell'ambiente, delle difficol-tà, delle ambizioni, dei limiti, dell'ansianascosta dietro ogni angolo e semprepronta a colpire. Cominciando ad esistereè inevitabile fare un inventario dei pro-pri mezzi; ciò che si scopre di buono nondesta stupore perché, sull'ondadell'euforico entusiasmo infantile, si daper scontato che ci sia; ciò, invece, chesi scopre di negativo, non si riesce a giu-dicarlo con serena esattezza, ed assumesubito la dimensione di un problema.Ecco allora affiorare infinite motivazio-ni di inferiorità.

Il complesso d'inferiorità, in effetti,non dovrebbe esistere: ognuno di noi puòsentirsi inferiore a dieci persone perché,per esempio, quelle hanno una macchi-na più bella; ma ognuno si consola rapi-damente, sia cercando altre dieci perso-ne che posseggono una macchina piùbrutta, sia scoprendo che, su un altroparametro, si è tutt'altro che inferiori.

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Questa salutare interferenza del ragio-namento manca nell'adolescente: eglipercepisce un problema e lo vive con vio-lenta risonanza emotiva senza la forzadi contrarlo o ridimensionarlo: staturabassa, naso lungo, famiglia povera, l'ac-ne, ecc., diventano drammi, e della peg-giore specie, e vengono vissuti comesimboli di destino avverso, se non comeschiaccianti condanne senza possibilitàdi appello. "Ormai devi decidere da te".Sembra facile.

Dopo tanti anni passati su un carrelloche qualcuno faceva scorrere su un bi-nario, e che su quel binario scorreva go-dendo i diritti di una precedenza assolu-ta, all'improvviso ci si trova in mezzo altraffico più caotico, senza binario, conun volante tra le mani, tra gente che pre-tende che uno se la cavi da sè, e bene,solo perché ormai è un ometto. Il mini-mo che possa succedere è che si sbagli.Non è raro che lo psichiatra si senta con-sultare da dei genitori perché i loro figlisono incostanti, "stuferecci", "voglionoun sacco di cose e poi piantano tutto li".L'incostanza è un difetto nell'adulto, mala regola nell'adolescente. Quando sen-tiamo qualcuno dire "abbi pazienza, iosono fatto così" non lasciamoci commuo-vere: nessuno è fatto in un certo modo;viceversa così ci è diventato, anzi havoluto diventarci.

Nel corso dell'adolescenza l'individuotenta tutte le modalità di comportamen-to (come chi compra una stoffa: prima,ne tocca tante, le guarda alla luce natu-rale, se le drappeggia addosso, ecc.) allaricerca di quella che gli giova di più, cheè più economica e più conveniente, chegli da più soddisfazioni. Tutti hanno pro-vato ad essere riflessivi o impulsivi, os-sequenti o ribelli, disponibili o invaden-ti, adattabili o pretenziosi, poi ognunoha ripetuto le esperienze che lo hannomaggiormente soddisfatto, eliminandovia via le altre, ed ha finito con il com-portarsi nel modo che, tutto sommato,ha preferito e finalmente scelto.

Gli istinti sono in noi già alla nascita,ma alcune tendenze del temperamento,e soprattutto gli elementi del carattere,

si formano così come noi li vogliamo,attraverso una lunga e spesso soffertaserie di scelte e di esperienze. E' ovvioche, durante queste prove, si proceda azig-zag, e cioè che si sia incostanti.

Un altro incidente non raro nell'ado-lescenza è la crisi della religione. Anchequesta è naturale, essendo la logica con-seguenza di un mutamento che l'adole-scente si sente imporre sia a scuola chea casa. Prendiamo ad esempio la storia,che viene insegnata tre volte dalle ele-mentari al liceo: prima ci si limita aifattarelli, agli aneddoti più spettacolari,alla presentazione dei più leggendariconquistatori. Poi si ricomincia daccapocon un appesantimento di dettagli, conuna miriade di nomi e di date che, se im-parati bene, trasformano lo studente, inu-tilmente diciamolo pure, in un potenzia-le concorrente a qualche telequiz.

Infine, al liceo, si cambia tutto: bastacon le frasi storiche, basta con le date econ i nomi; adesso si vuole sapere "per-ché" tutto questo accadde. La stessa vi-rata nella condotta didattica si verificanelle altre materie, non ultima la filoso-fia. Lo studente era stato educato ad im-parare e memorizzare tutto ciò che gli sidiceva, come fossero altrettante veritàrivelate cui credere ciecamente come adogmi di fede; ad un tratto, dallo studentesi pretende che si renda conto di tutto,che "capisca", che ragioni, che conqui-sti la dinamica razionale di un fenome-no scientifico o di un evento storico.

Una volta acquisita questa nuova for-ma mentis, l'adolescente non può esimer-si dalla tentazione di applicarla anche almondo extrascolastico, sicché tempestadi "perché ?" la famiglia, le tradizioni,la religione. Ma a questi "perché" rispon-dere è difficile, se non impossibile.

Allora si incrina l'autorità dei genito-ri, allora si contestano le usanze, allorasi incontra la religione come un fatto che,per definizione?

Sfugge alla logica essendo, e non po-tendo essere altrimenti, un atto di fede,sul tipo di quelli che la scuola prima ali-mentò e poi ha proscritto; e allora la re-ligione entra in crisi; continua ad essere

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presente nell'esistenza dell'individuo, main veste di problema (essa, che vuoleoffrirci non problemi ma semmai un stru-mento per affrontare i problemi), e vie-ne, perciò, nella migliore delle ipotesi,accantonata in attesa di un chiarimentoe di un riesame.

La perdita dei genitori infantilmentevissuti. Un'altra caratteristica dell'adole-scenza è la riscoperta dei genitori.

Si dice, e giustamente, che, a cinqueanni il papà è una specie di Dio, a dieci è"tanto bravo e buono ma certe volte nonlo capisco", a venti è "un matusa, un se-mifreddo, un insopportabile egoista" , aventicinque... "però, qualche volta haragione", a trenta "o capisco benissimo,è sempre nel giusto". E siccome, verso itrenta, si diventa padri o madri a propriavolta, si adotta quel modello, e così sirinnova e si ripete la storia dell'eternarivalità tra padri e figli.

Nell'età adolescenziale i genitori su-biscono un profondo ridimensionamen-to; i genitori sono le prime vittime dellarivoluzione privata che ogni adolescen-te scatena e conduce mentre attraversa illungo corridoio tra infanzia e maturità.Nell'adolescente, la competizione con ilpadre si sostituisce all'infantile deside-rio di identificazione. E' vero che il pa-dre è un maestro, e che "tristo è il disce-polo che non supera il suo maestro", maci sono limiti in ogni cosa. Nell'ansia diuscire dal limbo adolescenziale il gio-vane preferisce la sfida all'emulazione.E poiché spesso la ragione finisce peressere appannaggio del più forte, e il piùforte è sempre il padre, la sconfitta è malsopportata ed acuisce il contrasto.

Una caratteristica dell'adolescenzaodierna è l'ansia di accelerare questo pro-cesso competitivo. Non è un elementonegativo a priori.

E' chiaro che oggi si matura più in fret-ta e che, perciò, un diciottenne non sop-porta di essere trattato come il coetaneodi una o due generazioni fa.

Gli adolescenti odierni sono più vi-vaci, ma anche più maturi.

Forse non si accontenterebbero se si

vedessero valorizzati e rispettati, ma èun tentativo che potrebbe e dovrebbeessere fatto. Nelle famiglie dove il pa-dre è amico del figlio, l'adolescente è piùsereno. Avrà anche lui tanti problemi le-gati all'età ma non quello del "senza fa-miglia" volontario. E non smania di "eva-dere", con droghe o azioni o fantasie,perché l'adolescente adattato, che vivein un ambiente psicologicamente sano,sa bene che l'adolescenza è una fase tran-sitoria da cui è inutile evadere; bastaaspettare. E per chi non passa le ore afissare nervoso le lancette dell'orologio,il tempo passa in fretta.

Parlare di adolescenti significa, alme-no oggi, parlare anche di droga.

Un figlio che si droga mette automa-ticamente in crisi qualunque famiglia.Proviamo a precisare la dimensione giu-sta di tali crisi. La via della droga èparagonabile ad una lunga scala, i cuigradini terminali sono estremamentepericolosi. Già chi supera la metà di que-sta scala è avviato ad un brutto destinoed ha bisogno urgente di esperti e di strut-ture per disintossicarsi, smettere,rieducarsi, salvarsi. A questo punto, qua-lunque intervento deciso ed autoritariodei genitori è salutare ed auspicato: neva di mezzo la vita dell'adolescente.

Ma, a questi livelli gravi, il problemainteressa solo una esigua minoranza.

La droga è viceversa un fenomeno dimassa ai livelli minimi di prime e solita-rie esperienze. In quasi tutte le scuole èsempre più difficile trovare undiciottenne che non abbia mai fumato.Provare la marijuana non è proprio untitolo di merito né un passaporto per ilmondo dei grandi né dimostrazione dicoraggio; molto più banalmente, è solouna curiosità, una tappa pressoché ob-bligata, un'esperienza che è più facilefare che rifiutare.

La maggior parte dei giovani è oggiconsapevole della pericolosità della dro-ga, perciò una volta soddisfatti se stessie l'ambiente con la fumatina diiniziazione, è difficile che si prosegua.Tornando all'esempio della scala si puòdire che i primissimi gradini non danno

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le vertigini e, pur se si cadesse, non ci sifarebbe male. perciò, tutto sommato,poco male a salirli.

Il comportamento ottimale della fami-glia, nel caso di un figlio che si droga,consiste nel conservare aperto lo scam-bio di comunicazioni e nello sdram-matizzare l'evento: quindi niente prov-vedimenti d'emergenza, niente colpevo-lizzazioni né processi, poco allarme,molta attenzione, massima comprensio-ne. Il problema scatta solo nel caso che igiovani insistano. E diventa un proble-ma che investe la serenità e le responsa-bilità dell'intero nucleo familiare. I gio-vani drogati provengono da tutti i livellisociali, ma sono più frequenti nelle classisociali più povere, nelle famiglie spez-zate o inesistenti, nelle famiglie che, purrisultando normali sulla carta, sono pri-ve, in effetti, di comprensione, comu-nicabilità, stima reciproca. Il ricorso alladroga può considerarsi un'espressione didisadattamento.

Quando il problema si pone in termi-ni clinici, lo psichiatra è costretto ad agire‘a valle’, e cioé quando la tossicomaniaè già in atto. Ma le cause vanno ricerca-te ‘a monte’ affinché la terapia si svolgasul terreno psicologico nel quale la tos-sicomania si è sviluppata o si può svi-luppare. E’ vero che riformare la societànon rientra nei compiti del medico, main essi rientra il dovere di denunciare chela tossicomania, oltre che malattia a sèstante, è ‘sintomo ' di un'altra malattia alivello sociale o familiare.

La cura di questa è la più sicura ga-ranzia per prevenire l'altra. La caratteri-stica precipua dell'adolescenza è il con-flitto tra il desiderio d'indipendenza equello di protezione: il fine intimamen-te voluto, l'emancipazione, contiene unelemento indesiderabile, la perdita deivantaggi della dipendenza. ‘Da una par-te, dice Bertini, si nota la motivazionepositiva verso l'assunzione di un atteg-giamento adulto di autonomia; dall'altraperò la paura più o meno avvertita di ab-bandonare l'ambito di quella sicurezzaconferita dalla situazione di dipendenzaspecie familiare: il conflitto raramente

emerge in superficie ma si evidenzia nelcomportamento ambientale’.

Viene in mente il quadretto tipico diquella ragazza di 13 anni che dice allamamma : "Mamma stasera c'è una festadalle mie amiche, che vestito mi metto?"e la mamma le risponde: "Ma, guarda,credo che tu debba mettere il vestito az-zurro". La bambina subito di rimando:"Ecco, che modo di rispondere, il vesti-to azzurro è ormai passato di moda, nonlo mette più nessuno, è una cosaanacronistica; non hai capito che sonocresciuta, che sono ormai grande".

La mamma è preoccupata di questosfogo e temendo di non aver rispettato ilbisogno di autonomia, la volta successi-va, quando la bambina chiede di nuovo"Mamma, che vestito mi metto?", dice"Cara, metti quello che vuoi tu. Figura-ti. Fai da sola, prendi quello che vuoi"."Ecco, replica la ragazzina, e pensare chela mamma della mia amica ha scelto ilvestito, si è data da fare, si è preoccupa-ta di trovarglielo e poi l'ha aiutata a sti-rarlo, insomma ha fatto tutto lei.

Tu, invece, mi dici: fai quello chevuoi. Praticamente mi abbandoni a mestessa". Ecco un esempio molto banale,in cui il comportamento ambivalente facapire la natura del conflitto non risoltodal soggetto.

Questa è l'adolescenza. Una masche-ra di baldanza che nasconde un'infinitainsicurezza. L'adolescente è terribilmen-te insicuro (questa è la sua unica costan-te) ed ha un enorme bisogno di due cosecontrastanti: la riprova continua dellapropria maturità, e l'altrettanto continuapresenza attiva di una guida (disprezza-ta e rifiutata a parole, quanto cercataed ambita in effetti). Vuol saper decide-re da sè, ma è paragonabile all'esplora-tore che intraprende di sua volontà unviaggio nella giungla, ma che ha biso-gno di servirsi di una guida che lo aiuti arealizzare i suoi progetti senza il perico-lo di perdersi o di finire in qualche ban-co di sabbie mobili. Diventare genitori èfacile, difficile è esserlo. Specie quandosono adolescenti, i figli hanno un enor-me bisogno dei genitori.

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Loro non vogliono ammetterlo, manoi teniamolo presente. Lasciamoli fare,lasciamoli esperire tutto quello che vo-gliono, ma non abbandoniamoli mai, re-stiamo loro accanto, disponibili senzariserve ogni volta che ci chiedono aiutoo che, anche se non ce lo chiedono, cifanno capire che ne hanno bisogno. Di-sponibilità: una parola d'ordine che po-trebbe avere le virtù di una panacea.

Castighi e punizioni

I genitori sono continuamente alla ri-cerca di mantenere il giusto equilibriotra le sfide dei figli e le opportuneregolamentazioni, tra le disobbedienzedei bambini e le necessarie limitazioni.Per trovarlo devono però fare i conti conla propria storia, i propri genitori inter-ni, le proprie risorse, le proprie vicissi-tudini dell'infanzia. Quando madri e pa-dri sono in difficoltà corrono il rischiodi creare un ambiente affettivo dove di-venta proprio difficile crescere. I geni-tori possono perdere la pazienza, la giu-sta distanza, la funzione educativa difronte al figlio che li sfibra chiedendoloro un'attenzione che non sono in gra-do di dare. Mamma e papà possono nonfarcela a regolare, con affetto ed empatia,i comportamenti del loro bambino per-ché sono stanchi, perché vivono turba-menti soggettivi, per mancanza di spa-zio interno, per eventi personali che, aloro volta, non li hanno aiutati a svilup-pare buone competenze genitoriali. Sirompe così, in maniera dolorosa per tut-ti, quel filo affettivo che aiuta genitori efigli a capirsi.

Il gioco delle parti

Il genitore dovrebbe saper dire di noe rimanere fermo nelle sue posizioni didiniego. In senso operativo bisogna sa-per mettere semafori rossi: non fargliguardare la televisione se un momentoprima aveva disobbedito ad un ordine,proibirgli di andare a giocare in giardi-no se non ha ancora finito i compiti,

decurtargli la "paghetta" se ha fatto sta-re in pensiero i genitori... Sono tutte so-luzioni contrattuali non paragonabili allepercosse.

Ma, si sa, bruciano al bambino siaperché gli fanno mancare delle cose a cuitiene, sia perché sono ferite al suo desi-derio di ottenere ciò che vuole.

Alle volte, però, bisogna arrivare an-che alla sculacciata che non fa male insè, ma ridimensiona i capricci del bam-bino. Molte volte i figli la cercano pro-prio perché hanno bisogno del limite.

Il genitore deve allora saper imporredei divieti poiché questi sono rassicurantiper i figli. Se non lo facesse il limite ver-rebbe sostituito, come purtroppo succe-de fin troppe volte, da un platano controcui vanno a sbattere quei giovani che nonhanno interiorizzato le norme, né dalpunto di vista esterno né dal punto divista interno, cioé né come codice dellastrada né come nozione di pericolo.

Torniamo alla questione dell'elettricitàperché è una cosa sicura, netta, sulla qua-le non vi sono dubbi al mondo.

Il genitore che, fortemente allarmatoe altrettanto deciso, inibisce il bambinodal toccare la spina della luce, gli tra-smette un limite invalicabile che non puòessere assolutamente equivocato.

E' quindi necessario che i genitoriabbiano una loro idea ben precisa di ciòche fa bene e di ciò che fa male, di quel-lo che è nel segno della salute e di quel-lo che è nel segno della dannosità.

Sono i genitori, allora, che dovrebbe-ro chiarirsi, per primi, le loro opinioni.Solo quando se le sono abbastanza chia-rite i loro sì e i loro no risultano fondantianche per i figli. E' la storia del vecchio,dell'asino e del bambino, quella in cui seil vecchio va a piedi e il bambino va sul-l'asino la gente dei paesi che attraversa-no dice: "Guarda che vergogna quel bam-bino fa andare a piedi quel povero vec-chio!". Se, viceversa, sentendo quantodice la gente, il bambino scende e il vec-chio sale sull'asino, nel paese successi-vo tutti dicono: "Guarda lì un adulto chefa andare un bambino a piedi, com'èsfruttata l'infanzia!".

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tri. Sarebbe invece più opportuno fare ilcontrario.

Il neonato va assecondato parecchio.Il bambino, quando comincia a

scolarizzarsi, va invece contenuto poi-ché è in grado di accettare molto di più ilimiti e le frustrazioni. Ed è qui che peròsubentra l'incapacità dei genitori a con-trastarlo. Questo avviene perché confon-dono se stessi con il bambino.

E' una confusione che non c'è nelleprime fasi di vita del figlio poiché que-sta esperienza, piuttosto lontana nellamente dei genitori, non favorisce la loroimmedesimazione con il figlio neonato.Per il bambino, però, è la prima relazio-ne con mamma e papà ad essere così to-tale ed importante da divenire decisivanello stabilire il colore della sua vita.

E' proprio questo primo rapporto chelascia tracce incancellabili sul figlio.

E se questi segni sono contraddistintidall'incomprensione e dalla mancanza dicomunicazione, vengono poi pagati cariin età successive. Le troppe frustrazionilasciano conseguenze che dovranno es-sere in seguito risarcite con enormi inte-ressi. Diventa allora necessario sommi-nistrare la frustrazione ai figli con unacerta gradualità e una certa progressivi-tà. Non possiamo pretendere sottomis-sioni precoci da un "esserino" che non èin grado di tollerarle ed elaborarle, ed èper questo che la regolamentazione deicomportamenti del piccolo deve essereallora pretesa con gradualità.

Le regole possono essere messe den-tro ai figli in maniera garbata o in ma-niera prepotente. Infatti, se diamo damangiare ad una persona in modo sfor-zato, è facile che sputi, vomiti, non di-gerisca quello che le abbiamo dato o chele resti tutto sullo stomaco. Mentre se ilcibo le viene invece proposto quando hafame e con maniere accettabili, è assaipiù facile che venga preso dentro, vengaanche digerito, assimilato e costituiscacosì un arricchimento sia corporeo chepsicologico della persona. Le regole fat-te entrare con la forza, con l'intrusività econ tempi sbagliati o vengono espulsecon una reazione rabbiosa, uguale a quel-la subita, facendo diventare il bambino

Allora vecchio e bambino salgonotutti e due sull'asino per non sentirsi direuna cosa o l'altra e, nel paese successi-vo, si sentono apostrofare così: "Guardaquel povero asino sfruttato da quei dueche lo gravano del loro peso!".

Allora, vergognandosi, scendono tut-ti e due e, nell'ultimo paese, si sentonodire: "Guarda che stupidi quei due chehanno un asino e vanno a piedi!". Nes-suna decisione viene approvata da tutti.

La storiella ci insegna che mamma epapà dovrebbero formarsi una loro vi-sione, abbastanza consolidata, per reg-gere di fronte alla multiformità dei com-menti.

Crescere per far crescere

Se mamma e papà non sapessero maidire no, farebbero del proprio figlio unonnipotente, incapace di tollerare la fru-strazione. Se invece non sapessero maidire di sì, ne farebbero un essere incapa-ce di provare piacere e gioia. In generemadri e padri, in maniera rigida, ripeto-no verso i figli il trattamento che essiebbero da parte dei propri genitori.

A violenza subita corrisponde alloraaltrettanta violenza verso i figli e, a pocaautorevolezza di mamma e papà, corri-sponde invece poca capacità di farsi ri-spettare. Altri proiettano sui figli, inmaniera compensativa, l'immagine ide-ale di quello che pensano avrebbe dovu-to esser fatto loro. Si ha così uno sbilan-ciamento in senso opposto. Infatti i ge-nitori fortemente repressi da figli, siastengono dal reprimere i loro bambini,mitizzando un regime privo di regole.Queste modalità portano mamme e papàa delle vere e proprie distorsioni nellalettura dei comportamenti dei propribambini. E' l'immedesimarsi in quelloche possono provare gli altri che permet-te di non invadere continuamente lo spa-zio altrui.

Ci vuole perciò una buona educazio-ne da parte dei genitori per far appren-dere ai figli come fermarsi quando ciòche fanno diventa fastidioso per gli al-

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aggressivo, violento o addirittura delin-quenziale, oppure vengono accettate conuna sottomissione che mortifica il figliofacendolo diventare quiescente, collabo-razionista o addirittura masochista.

Il figlio che reagisce a questa intrusi-vità del genitore sottoponendovisi, peruna sorta di "sindrome di Stoccolma",può arrivare a sentire come giuste le an-gherie che subisce. Questi, per me, sonoi casi più terribili perché i figli adoranopadri e madri che, invece, sarebbero damandare immediatamente davanti ai giu-dici. Quando sorge un conflitto tra i bi-sogni dei genitori e quelli del figlio, que-sti genitori, invariabilmente, risolvono ilconflitto in modo tale che il genitore vin-ce e il figlio perde.

Generalmente, questi genitori razio-nalizzano il loro vincere in base a ste-reotipi come: "So io cos'è meglio" op-pure "E' per il bene del bambino" o an-cora "I figli hanno bisogno di un'autori-tà", oppure, in termini più generici, "spet-ta ai genitori esercitare la propria autori-tà per il bene dei figli, perché i genitorisanno meglio di loro cos'è giusto e cos'èsbagliato".

Il secondo gruppo di genitori, nume-ricamente più ristretto di quello dei vin-citori, concedono per lo più molta liber-tà ai figli. Evitano deliberatamente di im-porre limitazioni e affermano con orgo-glio di non accettare i metodi autoritari.

Quando si verifica un conflitto tra leesigenze del genitori e quelle del figlio,solitamente il figlio vince e il genitoreperde, poiché questi genitori ritengonodannoso frustrare i bisogni del figlio.Probabilmente il gruppo più numerosoè rappresentato dai genitori che ritengo-no impossibile seguire coerentementel'uno o l'altro dei due approcci. Di con-seguenza, cercando di pervenire a un giu-sto mezzo, oscillano tra severità e indul-genza, fermezza e accondiscendenza, ri-gore e permissivismo, vittoria e sconfit-ta.

Il potere del linguaggio dell'accet-tazione

Quando una persona è capace di pro-

vare e di comunicare a un'altra una sin-cera accettazione, essa può diventare digrande aiuto. La sua accettazione dell'al-tro così com'è, è determinante per costru-ire una relazione in cui l'altro possa cre-scere, maturare, operare cambiamenticostruttivi, imparare a risolvere proble-mi, tendere a un equilibrio psicologico,diventare più produttivo e creativo, rea-lizzare pienamente il proprio potenzia-le.

E' uno di quei paradossi semplici mabellissimi della vita: quando una perso-na sente di essere sinceramente accetta-ta per quella che è, si sente libera di pren-dere in considerazione un possibile cam-biamento, di pensare a una possibile cre-scita, a cosa vorrebbe diventare, a comerealizzare maggiormente il proprio po-tenziale. L'accettazione è come il terre-no fertile che permette a un seme minu-scolo di trasformarsi nel bel fiore che puòdiventare. Sprigiona la sua capacità dicrescere, ma tale capacità è interamentein seno al seme. Anche un figlio, comeun seme, ha dentro di sè la capacità dicrescere. L'accettazione è il terreno fer-tile, che semplicemente permette al fi-glio di realizzare il proprio potenziale.perché l'accettazione genitoriale eserci-ta tanta benefica influenza sui figli?

E' un punto che in genere non vienecompreso. La maggior parte delle per-sone è stata indotta a credere che se siaccetta un figlio così com'è, questi noncambierà mai; che il modo più valido peraiutarlo a migliorarsi è quello di dirgliquali aspetti di lui non sono accettabili.

L'accettazione va dimostrata chia-ramente

Non basta provare accettazione per unfiglio, occorre anche che il figlio si sen-ta accettato. Se l'accettazione del geni-tore non è percepita dal figlio, è facileche non abbia alcun effetto su di lui.

Il genitore deve imparare a manife-stare la propria accettazione in modo cheil figlio la percepisca. La parola può gua-rire e indurre un cambiamento costrut-tivo.

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Ma dev'essere il giusto tipo di parola.La stessa cosa vale per i genitori.Il modo di rivolgersi ai figli determi-

na l'efficacia o la distruttività del geni-tore. Il genitore efficace, come il consu-lente efficace, deve imparare a comuni-care la propria accettazione e a svilup-pare le stesse capacità comunicative delprofessionista. Come comunicare accet-tazione in modo non-verbale

Possiamo comunicare sia con il lin-guaggio parlato (ciò che diciamo) sia conil linguaggio del corpo, quello che gliscienziati sociali definiscono linguaggionon verbale (ciò che non diciamo).

I messaggi non verbali vengono co-municati attraverso la gestualità, lapostura, le espressioni del volto o altricomportamenti.

Il "non-intervenire" come messag-gio di accettazione.

I genitori possono esprimere accetta-zione al figlio semplicemente non inter-venendo nelle sue attività. Non interve-nire mentre il figlio è impegnato in qual-che attività è un modo efficace per co-municare accettazione a livello non ver-bale. Molti genitori non si rendono con-to della frequenza con cui comunicanonon accettazione ai figli semplicementeinterferendo, intromettendosi, control-lando, partecipando alle sue attività.

Esprimere accettazione con l'ascol-to passivo

Anche il non dire può comunicare conchiarezza l'accettazione. Il silenzio,l'ascolto passivo, è un messaggio nonverbale molto potente e può essere mol-to efficace per far sentire l'altro veramen-te accettato.

Comunicare accettazione verbal-mente

E' facile capire che non si può restarea lungo in silenzio nel corso di un'inte-razione. C'è bisogno di una qualche for-ma di scambio verbale.

Ovviamente i genitori devono parla-re con i figli, e i figli hanno bisogno chegli si parli perché nasca un rapporto inti-mo e vitale. Parlare è essenziale, ma ilpunto cruciale è come parlare. Il tipo dicomunicazione verbale fra un genitore eun figlio la dice lunga sul loro rapporto,soprattutto il modo in cui il genitore ri-sponde alla comunicazione del figlio. E'importante che i genitori esaminino ilproprio modo di rispondere verbalmen-te ai figli perché la loro efficacia dieducatori dipende in larga misura dalcomportamento verbale.

Le barriere di comunicazione(secondo Gordon)

1 Dare ordini, dirigire, co-mandare

Dire al ragazzo di fare qualcosa, dar-gli un ordine o un comando:

• Non mi interessa quello che fannogli altri genitori, va a pulire il giardino!

• Non parlare a tua madre in quelmodo!

• Torna subito a giocare con Alessan-dra e Marta!

• Smettila di lamentarti!

2 Mettere in guardia, ammo-nire, minacciare

Dire al ragazzo quali saranno le con-seguenze delle sue azioni:

• Se fai una cosa del genere, te ne pen-tirai!

• Un'altra parola, e finisci dritto incamera tua!

• Se non vuoi che finisca male, è me-glio che la lasci perdere!

3 Esortare, moralizzare, farpredica

Dire al ragazzo che cosa dovrebbe fareo sarebbe bene che facesse: • Non do-vresti fare così. • Sarebbe opportuno chetu... • Devi sempre rispettare chi è piùvecchio di te.

4 Consigliare, offrire soluzio-ni o suggerimenti

Dire al ragazzo come risolvere un pro-

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blema, dargli consigli e suggerimenti,fornirgli risposte e soluzioni:

• perché non chiedi ad Alessandra eMarta di scendere a giocare con te?

• Aspetta ancora un paio di anni, pri-ma di decidere se fare o meno l'univer-sità.

• Prova a parlarne con l'insegnante.• Cercati altre amiche.

5 Insegnare, argomentare,persuadere

Cercare di influenzare il figlio confatti, argomentazioni, ragionamenti, in-formazioni o con le proprie opinioni:

• Andare all'università potrebbe esse-re l'esperienza più bella della tua vita. •

I bambini devono imparare ad anda-re d'accordo tra loro.

• Guardiamo cosa dicono le statisti-che sui giovani laureati.

• Se i ragazzi imparano ad assumersile proprie responsabilità, sapranno farloanche da grandi.

• Considera la cosa da questo puntodi vista: tua madre ha bisogno di aiutoin casa.

• Quando avevo la tua età, dovevo fareil doppio di quello che fai tu.

6 Giudicare, criticare, oppor-si, biasimare

Dare un giudizio o una valutazionenegativa del ragazzo:

• Parli senza riflettere.• E' un punto di vista immaturo.• Qui ti sbagli di grosso.

7 Elogiare, assecondareDare un giudizio o una valutazione

positiva, oppure essere d'accordo: • Se-condo me sei una ragazza carina. • Seiperfettamente in grado di riuscirci. • Cre-do che tu abbia ragione. • Sono d'accor-do con te.

8 Etichettare, ridicolizzare,umiliare

Indurre il figlio a sentirsi stupido, af-fibbiargli un etichetta, umiliarlo:

• Sei un ragazzino viziato.• Eccolo, il sapientone.• Ti stai comportando da selvaggio.

• Va bene, piccolino.

9 Interpretare, analizzare,diagnosticare

Dire al ragazzo quali sono i motivi delsuo comportamento o analizzare perchésta facendo o dicendo qualcosa, comu-nicargli la vostra diagnosi o l'idea che visiete fatta di lui:

• La verità è che sei gelosa di Marta.• Lo stai dicendo per infastidirmi.• Non ci credi veramente.• Ti senti così perché non vai bene a

scuola.

10 Rassicurare, simpatizzare,consolare

Cercare di farlo sentire meglio, di di-strarlo da suo stato d'animo, di dissiparele sue emozioni, di negare la pesantezzadei suoi sentimenti:

• Domani ti sentirai diversamente.• A tutti i ragazzi capitano queste cose.• Non preoccuparti, le cose si aggiu-

steranno.• Potresti essere un ottimo studente,

con le tue capacità.• Anch'io la pensavo così.• Eh già! A volte la scuola può essere

proprio noiosa.• Di solito, vai abbastanza d'accordo

con gli altri ragazzi.

11 Inquisire, fare domande, in-dagare

Cercare ragioni, motivi, cause; richie-dere altre informazioni che possano aiu-tarvi a risolvere il problema:

• Quando hai incominciato a sentirticosì?

• Perché ti sembra di odiare la scuo-la?

• Ma le tue amiche ti dicono perchénon vogliono giocare con te?

• Con quanti altri ragazzi hai parlatodel lavoro che devono fare?

• Chi ti ha messo in testa queste idee?• Che cosa farai se non andrai all'uni-

versità?

12 Minimizzare, cambiare ar-gomento, scherzare, distrarre

Distogliere l'attenzione del figlio dal

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problema, tirarvi indietro, distrarre il ra-gazzo, fare dello spirito o eludere il pro-blema:

• Non pensarci.• Non parliamone a tavola.• Ma dai! parliamo di argomenti più

piacevoli.• Come va con la pallacanestro?• Già che ci sei, perché non dai fuoco

alla scuola?• E' una storia vecchia.

Quando i genitori dicono qualcosa aun figlio, spesso dicono qualcosa su dilui. Questo è il motivo per cui qualsiasicomunicazione con un figlio ha un im-patto tanto grande su di lui e sulla suarelazione con voi. Ogni volta che parla-te con vostro figlio, aggiungete un altromattone alla relazione che state costruen-do insieme. E ogni messaggio gli comu-nica cosa pensate di lui.

Gradualmente il figlio costruisceun'immagine di come lo percepite inquanto persona. La parola può esserecostruttiva per il figlio e per la relazio-ne, ma può anche essere distruttiva.

Semplici frasi-invito

Uno dei modi più efficaci e costruttiviper rispondere ai messaggi dei figli cheesprimono sentimenti e problemi sonole frasi-invito o "inviti a dire di più".

Si tratta di risposte che non veicolanole idee, i giudizi o i sentimenti dell'ascol-tatore, ma che invitano il figlio a espri-mere le proprie idee, giudizi o sentimenti.Sono segnali di "via libera" che lo inco-raggiano a parlare.

Le più semplici tra questo tipo di ri-sposte sono: - Capisco. - Davvero. - Ah!- Non mi dire. - Mmm. - Incredibile. -Ma guarda un po'. - Ah sì, eh? - Interes-sante. - Ma veramente!

Altre espressioni sono più esplicite nelcomunicare l'invito a dire di più o a con-tinuare a parlare: - Raccontami. - Di chesi tratta? - Spiegati meglio. - Vorrei sa-pere cosa ne pensi. - Ti va di parlarne? -Parliamone. - Cosa vuoi dire. - Dimmitutto. - Parla, ti ascolto. - Mi pare che tu

voglia dire qualcosa. - Mi sembra chesia molto importante per te.

Queste frasi-invito possono facilitaremolto la comunicazione, incoraggiano ainiziare o a continuare un discorso.

Inoltre lasciano l'iniziativa all'altro enon gliela sottraggono come fanno in-vece le domande, i consigli, le istruzio-ni, le prediche e via dicendo. Queste fra-si-invito impediscono ai vostri sentimen-ti e ai vostri pensieri di interferire nel pro-cesso di comunicazione. Le reazioni deibambini e degli adolescenti a queste sem-plici frasi-invito vi sorprenderanno.

I giovani saranno incoraggiati ad av-vicinarsi di più, ad aprirsi e a far lette-ralmente sgorgare liberamente i proprisentimenti e le proprie idee.

I giovani, come gli adulti, amano par-lare, e se qualcuno gliene dà l'occasio-ne, lo fanno volentieri.

Queste frasi-invito comunicano ancheaccettazione e rispetto per il figlio inquanto persona; in effetti è come se glidicessero: - Hai il diritto di esprimere ituoi stati d'animo. - Ti rispetto in quantopersona dotata di idee e sentimenti. -Potrei imparare qualcosa da te. - Voglioveramente ascoltare il tuo punto di vi-sta. - Ritengo che le tue idee meritino diessere ascoltate. - Sono interessato a te.- Voglio entrare in rapporto con te, co-noscerti meglio.

Chi non reagirebbe favorevolmente aquesti atteggiamenti? Quale adulto nonsarebbe lieto di sentirsi valorizzato, ri-spettato, importante, accettato, interes-sante?

I figli non sono diversi. Invitateli aparlare e preparatevi a un'esplosione diespressività e di espansività. Potresteinoltre apprendere qualcosa su loro e suvoi stessi.

L'ascolto attivo

C'è un altro modo di rispondere aimessaggi dei giovani, infinitamente piùefficace delle frasi-invito che sono sem-plici stimoli a parlare e che si limitano

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ad aprire la porta alla loro comunicazio-ne. Ma i genitori devono anche impara-re a tenere aperta quella porta.

Di gran lunga più efficace dell'ascol-to passivo (il silenzio), l'ascolto attivo èun modo splendido per collegare "mit-tente" e "ricevente". Il ricevente divieneattivo quanto il mittente. Ma prima di im-parare come ascoltare attivamente, è ne-cessario che i genitori comprendano me-glio cosa succede durante il processo dicomunicazione fra due persone.

Alcuni semplici schemi ci sarannod'aiuto. Ogni volta che un figlio decidedi comunicare con il proprio genitore, lofa perché ha un bisogno, perché c'è inlui una tensione, vuole qualcosa, si sen-te a disagio, prova un particolare senti-mento riguardo a qualcosa, oppure è tur-bato da qualcosa; in questi casi diciamoche il suo organismo è in uno stato disquilibrio, e per riequilibrarlo il figliodecide di parlare.

L'ascolto attivo favorisce questacatarsi. Aiuta i figli a prendere coscien-za dei propri sentimenti.

Dopo averli espressi, spesso si dissol-vono come per incanto. L'ascolto attivoaiuta i figli ad avere meno paura delleemozioni negative. "Le emozioni sonoamiche": è un'espressione che utilizzia-mo spesso nei nostri corsi per aiutare igenitori a capire che le emozioni nonsono cattive. Quando un genitore dimo-stra, con l'ascolto attivo, di accettare isentimenti del figlio, questi si sente in-coraggiato ad accettarli anche lui.

Dalle reazioni del genitore, il figliocomprende che le emozioni sono dav-vero amiche. L'ascolto attivo promuovel'intimità tra genitori e figli. L'esperien-za di sentirsi ascoltati e compresi da unaltro è così soddisfacente, che inevita-bilmente genera nel mittente sentimentipositivi nei confronti di chi ascolta.

I figli, in modo particolare, reagisco-no con sentimenti e pensieri pieni d'amo-re. L'ascolto attivo facilita nel figlio ilprocesso autonomo di soluzione dei pro-blemi. Sappiamo che è più facile elabo-rare un problema quando se ne può par-lare con qualcuno, piuttosto che limitar-si a rifletterci su.

Gli atteggiamenti richiesti dal-l'ascolto attivo

L'ascolto attivo non è una semplicetecnica da tirar fuori dalla cassetta degliattrezzi in caso di necessità.

E' un metodo per mettere in praticauna serie di atteggiamenti fondamenta-li, senza i quali il metodo risulterà per lopiù inefficace e avrà un sapore falso,vuoto, meccanico, insincero.

Ecco alcuni atteggiamenti fondamen-tali che sono indispensabili quando siimpiega l'ascolto attivo. Nel caso in cuisiano assenti, il genitore non riuscirà adessere un efficace ascoltatore.

1 Deve esserci la volontà di ascolta-re quello che il figlio ha da dire.

Il che significa essere disposti a con-cedersi il tempo per farlo. Se non avetetempo, basta dirlo.

2 Deve esserci la sincera volontà diaiutarlo con quel determinato problemae in quel determinato momento. Se nonve la sentite, aspettate il momento op-portuno.

3 Dovete sentirvi genuinamente ingrado di accettare il suo stato d'animo,qualunque esso sia e per quanto diversodal vostro o da quello che secondo voidovrebbe avere vostro figlio. Ci vuoletempo per sviluppare questo atteggia-mento.

4 Dovete avere una profonda fiducianella sua capacità di gestire i propri sen-timenti, elaborarli e trovare soluzioni aipropri problemi. La fiducia verrà osser-vando come vostro figlio risolve i pro-pri problemi.

5 Dovete aver chiaro che gli statid'animo sono transitori, non permanen-ti. I sentimenti cambiano: l'odio si puòtrasformare in amore, lo scoraggiamen-to può cedere rapidamente il posto allasperanza. Di conseguenza, non abbiatepaura dei suoi sentimenti; essi non la-sceranno un'impronta indelebile sull'ani-mo del figlio.

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confrontarsi con i figli. Non abbiamo maiincontrato un genitore che volesse co-scientemente distruggere l'autostima delproprio figlio.

"Messaggi in prima persona" e"Messaggi in seconda persona"

Un modo semplice per spiegare la dif-ferenza tra confronto efficace e ineffica-ce è quello di imparare innanzitutto a di-stinguere i messaggi in prima persona daimessaggi in seconda persona.

Quando chiediamo ai genitori di esa-minare i messaggi che in precedenzaavevamo catalogato come inefficaci, essisi sorprendono nel constatare che sonoquasi tutti rivolti in seconda persona, cioéall'interlocutore:

• Smettila.• Non dovresti comportarti così.• Non ti permettere mai più di ...• Se non la smetti ...• Perché non fai così?• Sei un cattivone.• Ti stai comportando come un bam-

bino.• Vuoi attirare l'attenzione.• Perché non ti comporti bene?• Dovresti avere più buon senso.

Perché i "messaggi in prima perso-na" sono più efficaci

I messaggi in prima persona oltre aessere più efficaci per influenzare un fi-glio a modificare un comportamentoinaccettabile per il genitore, sono anchepiù salutari per il figlio e per la relazio-ne genitore-figlio.

Chi invia un sincero messaggio in pri-ma persona rischia di farsi conosceredall'altro per quello che veramente è; siapre diventando genuinamente traspa-rente e rivela la propria umanità; mostraall'altro che può sentirsi ferito, imbaraz-zato, spaventato, deluso, arrabbiato oscoraggiato e così via. Rivelare ciò chesi prova significa aprirsi per farsi vederedall'altro.

Cosa penserà di me?

L'ascolto attivo ve lo dimostrerà.

6 Dovete essere in grado di conside-rare vostro figlio una persona distinta davoi, un individuo con una propria vita euna propria identità, ormai indipenden-te e separato da voi. Questa separazionevi permetterà di concedergli i suoi statid'animo, e il suo modo di vedere le cose.Solo sentendovi separati da lui sarete ingrado di aiutarlo. Dovete accompagnar-lo mentre vive il suo problema, senzaidentificarvi con lui.

Errori ricorrenti nell'utilizzo del-l'ascolto attivo

1 Manipolare i figli attraverso "laguida"

Alcuni genitori fanno fiasco quandoutilizzano per la prima volta l'ascolto at-tivo solo perché le loro intenzioni sonosbagliate. Essi vogliono utilizzarlo permanipolare i figli e indurli a comportar-si o a pensare come i genitori credonosia opportuno.

2 Il genitore "pappagallo"Questi genitori dovrebbero ricordare

che le parole utilizzate dai figli (il loroparticolare codice) sono solo strumentiper comunicare sentimenti. Il codice insè non è il messaggio; esso deve esseredecifrato dal genitore.

3 L'ascolto senza empatiaUn pericolo reale per i genitori che

applicano meccanicamente l'ascolto at-tivo è non accorgersi che i loro sforzidevono essere accompagnati da calore eempatia.

Modi efficaci di confrontarsi con ifigli

Anche il modo di parlare dei genitoripuò essere migliorato. Quando prendo-no coscienza del potere distruttivo deimessaggi di disapprovazione i genitoricominciano anche a fremere del deside-rio di apprendere modi più efficaci per

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Sarò rifiutato?Diminuirà la sua stima nei miei con-

fronti? I genitori, in modo particolare,trovano molto difficile essere genuina-mente trasparenti con i figli perché vo-gliono apparire infallibili, senza debolez-ze, vulnerabilità, inadeguatezza.

Per molti genitori è molto più facilenascondere i propri sentimenti dietromessaggi in seconda persona, che attri-buiscono la colpa al figlio, piuttosto chesmascherare la propria umanità.

Modificare un comportamento inac-cettabile modificando l'ambiente circo-stante Non sono molti i genitori che pro-vano a modificare il comportamento deifigli modificando l'ambiente circostan-te. I genitori tendono a modificare l'am-biente circostante dei neonati o dei bam-bini molto piccoli, ma non quello dei fi-gli più grandi in parte perché con questiultimi possono affidarsi in misura sem-pre maggiore a metodi verbali come ilrimprovero e la minaccia.

Essi trascurano, quindi, di modifica-re l'ambiente e cercano di dissuadere conle parole il figlio dal mantenere un com-portamento inaccettabile. Questa sceltaè alquanto inopportuna poiché modifi-care l'ambiente circostante, oltre ad es-sere un'operazione semplice, è ancheestremamente efficace con figli di tuttele età.

I genitori cominciano a utilizzare que-sto metodo in modo più esauriente quan-do ne comprendono le molteplici possi-bilità di applicazione.

Seguendo questo criterio si può:1 Arricchire l'ambiente circostante.2 Impoverirlo.3 Semplificarlo.4 Limitarlo.5 Renderlo sicuro.6 Sostituire una attività con un'altra.7 Preparare il figlio a possibili modi-

fiche dell'ambiente.8 Pianificare le modifiche con i figli

più grandi.

Si possono evitare numerosi conflittiorganizzando opportunamente anchel'ambiente degli adolescenti.

Anche loro hanno bisogno di uno spa-zio adeguato per sistemare i loro oggettipersonali, per mantenere la propria pri-vacy, per coltivare attività autonome.

Ecco alcuni suggerimenti per amplia-re la vostra area di accettazione nei con-fronti dei figli più grandi:

• Procurate loro una sveglia.• Liberate uno spazio adeguato nel-

lo stanzino e ponetevi numerosi ganci.• Predisponete in casa un angolo

dove lasciarsi reciprocamente le amba-sciate.

• Procurate loro un calendario per-sonale dove possano annotare i propriimpegni.

• Studiate insieme le istruzioni d'usodi apparecchiature o elettrodomestici ap-pena acquistati.

• Informateli con anticipo delle vi-site di ospiti per dar loro il tempo di rior-dinarsi le stanze.

• Assicurate la chiave di casa a unlaccio che potrà essere cucito all'internodella borsetta di vostra figli

Risolvere i conflitti senza perdenti

Scoprire di avere un'alternativa è peri genitori, bloccati dalla tradizione suidue metodi ‘vinci-perdi' fondati sull'usodel potere, una vera e propria rivelazio-ne!

I genitori, quasi nella loro totalità, pro-vano sollievo nell'apprendere che esisteun terzo metodo che, sebbene facile dacapire, richiede comunque un'adeguataformazione, un periodo di pratica e unopportuno allenamento dei genitori se sidesidera raggiungere un'effettiva compe-tenza nel suo impiego. L'alternativa con-siste nel metodo ‘senza perdenti' di riso-luzione dei conflitti grazie al quale nes-suno perde.

Durante i corsi viene semplicementedenominato ‘Metodo III'. Sebbene i ge-nitori siano notevolmente colpiti da que-sto metodo così innovativo per risolverei conflitti familiari essi lo riconosconopiù facilmente quando osservano quan-to spesso venga utilizzato in contesti di-

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Se talvolta una persona ci prova, l'al-tra non permette comunque che il con-flitto sia risolto in questo modo. Ma quan-do una persona pensa di avere (o è certadi avere) più potere dell'altra, potrebbecedere alla tentazione di usare il MetodoI. E se quest'ultima ritiene di avere effet-tivamente meno potere, ha ben pocheprobabilità di non soccombere a menoche non scelga di resistere o lottare conil potere che possiede per quanto minoreesso sia.

Mi sembra ormai evidente che il Me-todo III non si fonda sul potere o, più pre-cisamente, è un metodo ‘senza perdenti';i conflitti sono risolti senza vincitori néperdenti.

Anzi, ambedue le parti vincono per-ché la soluzione deve essere accettabileper entrambe. I conflitti vengono risoltiaccordandosi reciprocamente sulla solu-zione definitiva. I bisogni del genitore equelli del figlio entrano in collisione.

Il genitore chiede al figlio di parteci-pare alla ricerca comune di una soluzio-ne accettabile. Chiunque dei due può sug-gerire possibili soluzioni che vengono poivalutate e analizzate in modo critico daentrambi. Alla fine si approda insieme auna soluzione definitiva accettabile perentrambi. Nessuno è costretto a svendersiuna volta che la soluzione è stata sceltaperché ambedue l'hanno accettata. Nes-sun potere è chiamato in causa per co-stringere l'altro ad arrendersi perché nes-suno si oppone alla decisione.

Ecco come fu risolto col Metodo IIIsecondo quanto ci è stato raccontato dalgenitore:

Gianna: Ciao, vado a scuola.Padre: Tesoro, sta piovendo e non hai

preso l'impermeabile.Gianna: Non ne ho bisogno.Padre: Credo stia piovendo molto e mi

preoccupa che tu possa rovinarti i vestitio buscarti un raffreddore.

Gianna: Comunque io non voglio in-dossare il mio impermeabile. P

adre: Sembra proprio che tu sia deci-sa a non volerlo mettere.

Gianna: Proprio così. Lo odio.

versi. Difatti le coppie vi ricorrono fre-quentemente per mitigare le loro diver-genze attraverso i compromessi. I sociin affari vi fanno affidamento per rag-giungere accordi che moderino i loro fre-quenti conflitti. I sindacalisti e i dirigentiaziendali lo utilizzano per negoziarecontratti vincolanti per ambedue le par-ti in causa. Innumerevoli contese legalisono risolte con accordi extragiudizialiraggiunti con il Metodo III, cui si con-formano ambedue i contestatari.

Il Metodo III è impiegato frequente-mente per risolvere conflitti tra indivi-dui che dispongono di una quantità dipotere uguale o relativamente uguale.Quando la differenza di potere tra duepersone è inesistente o minima, ci sonovalidi e ovvi motivi per i quali nessunodei contendenti tenta di usare il propriopotere per risolvere il conflitto.

Usare un metodo che si regge sul po-tere quando non si ha vantaggio di pote-re, è semplicemente sciocco e ci esponeal ridicolo. Posso immaginare la reazio-ne di mia moglie se tentassi di usare ilMetodo I per risolvere un conflitto chetalvolta insorge quando dobbiamo deci-dere quante persone invitare a una fe-sta. In genere io preferisco invitare piùpersone di quante lei sia disposta a rice-vere.

Se le dicessi: ‘Ho deciso di invitaredieci coppie, non una di meno', dopoessersi ripresa dall'iniziale sorpresa eincredulità, probabilmente mi risponde-rebbe: "Tu hai deciso! Bene, Io ho ap-pena deciso di non invitare nessuno! Mache bella idea! Spero che tu ti diverta acucinare la cena e a lavare i piatti!".

Sono sufficientemente avveduto percapire quanto il mio tentativo di utiliz-zare il Metodo I in una situazione comequesta sarebbe assolutamente ridicolo.E mia moglie ha sufficiente forza (pote-re) nella nostra relazione per opporsi aquesto mio stupido tentativo di vincerea sue spese. Forse le persone investitedi uguale, o relativamente uguale, pote-re (relazione egualitaria) raramente ten-tano di adottare il Metodo I .

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Padre: Lo detesti proprio quell'imper-meabile.

Gianna: Sì, è a scacchi.Padre: C'è qualcosa che proprio non

ti piace degli impermeabili scozzesivero?

Gianna: Già, a scuola nessuno ha im-permeabili come quello.

Padre: E tu non vuoi essere l'unica aindossare qualcosa di diverso.

Gianna: Certo che no. Tutti portanoimpermeabili in tinta unita: bianchi, bluo verdi.

Padre: Capisco. Beh, mi sembra pro-prio che ci troviamo in conflitto. Tu nonvuoi indossare quelI'impermeabile per-ché è scozzese, ma io non voglio pagarela lavanderia per farti pulire i vestiti enon sarei certo contento se ti prendessiun raffreddore. Riesci a pensare a unasoluzione accettabile per ambedue?Come possiamo fare in modo di conten-tare tutti e due?

Gianna: (dopo una pausa) Forse po-trei farmi prestare da mamma il cappot-to che usa per andare in automobile.

Padre: Com'è fatto? E' in tinta unita?Gianna: Si è bianco.Padre: Pensi che mamma te lo lasce-

rà indossare oggi?Gianna: Vado a chiederglielo. (Torna

dopo pochi minuti con addosso il cap-potto bianco; le maniche sono troppolunghe, ma le ha arrotolate). Mamma èd'accordo.

Padre: Ti va bene quello?Gianna: Sì, va benissimo.Padre: Beh, credo che questo cappot-

to ti proteggerà dalla pioggia. Così se ate va bene, son contento anch'io.

Gianna: Beh, allora ciao.Padre: Ciao. Buona giornata.

Cosa è accaduto in questo caso?Ovviamente, Gianna e il padre hanno

risolto il conflitto. Questo esempio di ri-soluzione dei conflitti con il Metodo IIIportano alla luce un aspetto assai impor-tante che in un primo momento non èsempre ben compreso dai genitori.

Quando si usa il Metodo III, di solitofamiglie diverse trovano soluzioni diver-se al medesimo problema.

Questo metodo permette di perveniread una qualche soluzione accettabile siaper il genitore che per il figlio, non è unmetodo per ottenere un'unica soluzioneuniversale che debba essere consideratala migliore per tutte le famiglie.

Molta letteratura sull'educazione deigenitori si è orientata verso la ricerca disoluzioni; per ciascun problema tipicoconcernente l'educazione dei figli essasuggeriva ai genitori una soluzioneprestabilita, considerata dagli esperti lamigliore in assoluto.

Da questi ricettari i genitori potevanoattingere le soluzioni migliori a proble-mi quali: I'ora di andare a letto,I'indugiare a tavola, la TV, il disordinein camera da letto, le faccende domesti-che e così via all'infinito. Ritengo inve-ce che ai genitori basti semplicementeapprendere un metodo specifico per ri-solvere i conflitti che possa essere adot-tato con figli di tutte le età.

In questo approccio non esistono lesoluzioni migliori adatte per tutte le fa-miglie o per la maggior parte di esse.

Una soluzione migliore per una fami-glia potrebbe non essere affatto la mi-gliore per un'altra.

Perché questo Metodo è efficace

1 Il figlio è motivato a tener fede allasoluzione scelta

2 Soluzioni di alta qualità3 Capacità di pensare4 Meno ostilità, più Amore5 Elimina la necessità di avere pote-

re6 Rivela i problemi reali7 Tratta tutti come adulti

capire i figli e farsi capire dai figli 21

Figli da 10 a 20 anni: che fare?

Sì, recuperate il misteroTutto chiaro, tutto scontato.Dove sono andati a finire il mistero,

la magia della vita, l'imprevisto e l'av-ventura? Quando i giovani non sono abi-tuati a incontrare l'ignoto lo cercano dasoli, il più delle volte confondendolo conil pericolo. Ecco, per evitare che questoaccada dobbiamo aiutarli a recuperare lospirito di avventura, stimolandoli conviaggi di ricerca che abbiano sempre unobiettivo ma che lascino spazio anchealla novità e all'imprevisto.

Viaggi di scoperta, magari progettatiinsieme a noi ma non per forza vissuticon noi. Se vogliamo sensibilizzarli aesperienze diverse da quelle del quoti-diano possiamo invece iniziare a fre-quentare con loro luoghi suggestivi comeil Planetarium: guardare le stelle, al buio,serve a ricordarsi che facciamo tutti par-te di un stesso universo.

Decidere tutti insiemeNessuna decisione della famiglia deve

farli sentire esclusi. Anche se le scelte egli argomenti vi sembrano "da grandi".perché in realtà loro sono grandi e cometali vorrebbero essere trattati.

Dopo aver esposto il problema cheriguarda la vita familiare, sia essa eco-nomica che di relazione, chiedete lorocosa ne pensano, aiutandoli a formularsiun'opinione in proposito. I ragazzi han-no spesso pensieri abbozzati che neces-sitano di un riferimento per chiarirsi.

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Piccoli lavori e solidarietàAnche non retribuiti, magari a con-

tatto con persone che hanno bisogno diaiuto, per stimolare la loro attenzioneverso gli altri e per comprendere che esi-stono azioni senza prezzo. Basta con lalogica del "risparmio a te di lavorare pre-sto perché ho dovuto farlo io ...": piccolie semplici lavoretti, in cui venga massain gioco la loro manualità, servono a di-ventare grandi, ad assumersi piccole re-sponsabilità, a capire che si fa fatica aguadagnare.

Ben vengano i tabùRegole chiare e non atteggiamenti

ondivaghi, di questo hanno bisogno i gio-vani e noi dobbiamo avere il coraggio didefinire queste regole.

Orari serali di rientro che vanno ri-spettati, divieti sull'utilizzo della macchi-na di papà, paghette settimanali "sensa-te" che devono essere ben amministrate.Insegnare ai nostri figli che non siamoné amici né tantomeno nemici, ma"un'affettuosa controparte", capace didare dei limiti che, ricordiamoci, sonofatti per essere superati, ma solo quandoè il momento giusto.

No al tutto e subito"Voglio tutto e subito" e se non mi

viene dato me lo prendo da solo. perchémai non dovrebbero? Dal momento incui sanno che tutto si esaurisce qui, e cheal di là di ciò che vedono non esiste nul-la? Ai giovani va riconsegnato il tempodell'attesa. L'attesa che viene esaudita,come capita per il seme piantato nellaterra che dopo mesi germoglia o come ilfiore che si trasforma in frutto.

Dobbiamo fare in modo di trasmet-tergli un pensiero più "largo", che per-metta loro di vedere oltre il limite delmateriale.

Niente discoteca prima del 16 anni?Di per sè la discoteca è un posto come

un altro, ma non possiamo fare a menodi constatare che attualmente è il luogoper eccellenza dove si respira e si assi-mila la psicologia del branco. Contattoprivilegiato tra giovani e droghe, spazio

dello "sballo" di fatto legittimato dallacollettività. Tenerli a casa è dura, ma vafatto, almeno fino a quando non avran-no dimostrato di possedere una solida"impalcatura" che permetta loro di difen-dersi dal vuoto invece che riempirlo conquello che hanno a portata di mano.

La ricchezza non è un valore!I soldi per i giovani, spesso, sono tut-

to. Sono un mezzo per farsi accettare, perandare avanti. Coi soldi si comprano ivestiti, quelli di moda, perché solo se haiquelli giusti sei uno "sciallato", cioé unoin gamba, uno da rispettare. La primavoce di spesa dei giovani è l'abbiglia-mento. Secondo recenti sondaggi la mag-gior parte della paghetta di ragazze e ra-gazzi viene immolato alla dea moda.

Il resto va dritto nella macchina,griffata anche quella. Abbattere il murodel denaro, per un genitore, diventa al-lora un obbligo. Abituare i nostri figliall'idea che si può ricadere in nuove for-me di povertà da un momento all'altro èsolo raccontargli la verità.

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Adulti: che fare per noi stessi

Sì, stiamo da soliIl vuoto fa parte anche della nostra

vita, impossibile negarlo. Quanti di noientrano in casa e accendono il televiso-re? Quanti al mattino ripetono questastessa operazione per timore del silen-zio e della solitudine? Imparare a stareda soli è l'antitesi della psicologia delbranco, dove per sopravvivere serve an-nullare le distanze dagli altri e se nonbasta, calarsi nel mondo artificiale delledroghe. Se siamo capaci di fare silenzio,fuori e dentro di noi, siamo anche in gra-do di comunicare questa condizione ainostri figli perché non la temano comese fosse una malattia, ma riescano a vi-verla anche loro con serenità.

Un libro "diverso" sul comodinoIl successo di libri come L'Alchimi-

sta o La Profezia di Celestino e la nasci-ta di 20.000 nuovi movimenti religiosi,sono il segno di una necessità crescentedi prospettive differenti in cui poter cre-dere. Provate a tenere sul comodino unlibro da sfogliare ogni sera e su cui fer-marvi a meditare. A ciascuno il suo, quel-lo che sente più vicino al proprio mododi essere. Una visita al cimitero Almenodue o tre volte all'anno, per ricordarti chevieni da lontano. Mentre ci vai riportaalla mente con piacere tutti i ricordi del-la tua famiglia, dagli albori a ora.

Questo ti consentirà di pensare alla tuaesistenza come a una continuità inveceche a una somma di operazioni fram-mentarie. Cerca di fare così anche per latua giornata, come se una trama, la tua,si stesse sviluppando.

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Mangiamo insiemeCon il vostro partner o, se avete figli,

insieme a loro. Non è necessario che ac-cada tutti i giorni, ma quando riuscite afarlo considerate quel momento di estre-ma importanza. Tutte le tradizioni riten-gono il momento del pasto come qual-cosa di sacro, perché mangiare rappre-senta uno dei luoghi fondamentali in cuiogni generazione cerca di affermare ocostruire la propria identità, quindi ogniindividuo può entrare in relazione con ilproprio gruppo, confrontarsi ma anchescontrarsi e alla fine conoscersi. Sognia-mo ad occhi aperti Sei ancora in gradodi stupirti? Ti lasci trascinare dai sogniad occhi aperti? Prova a stare mezz'orasenza fare nulla di produttivo... senza chel'operatività prenda il sopravvento.

E sogna ad occhi aperti!Il futuro tuo e di quello dei tuoi figli

dipende dai desideri che ti crescono nelcuore! Seguiamo corsi di sviluppo per-sonale insieme Fare esperienze perridiscutere insieme i propri ruoili e aspet-tative è salutare per la solidità di unacoppia.

Prendiamoci un pò di tempo.A volte serve più qualche ora per noi

stessi che una lunga vacanza

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Istituto di psicologia del benessere

l'energia segue il pensiero

capire i figlicapire i figlicapire i figlicapire i figlicapire i figli

Quaderno di documentazione

Grafica

John Casey

Anno 2003

stampato in proprio