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CAPITOLO VII APPLICAZIONI DEI TRANSISTORI BIPOLARI A GIUNZIONE (G. Lullo, S. Riva Sanseverino) In questo capitolo verranno esaminate, per i transistori bipolari a giunzione (Bipolar Junction Transistors - BJT), sia le reti di polarizzazione in funzionamento statico, sia gli schemi equivalenti per grandi e per piccoli segnali, insieme alle varie funzioni ottenibili nelle varie configurazioni del BJT. 7.1. - Regioni di funzionamento del BJT. Nel capitolo precedente si è visto che il BJT può essere impiegato per lavorare in una delle quattro regioni di funzionamento, le cui definizioni qui di seguito riassumiamo: 1) Regione attiva o normale: è la regione in cui la giunzione base-emettitore (B-E) è polarizzata direttamente e la giunzione collettore-base (C-B) è polarizzata inversamente. 2) Regione di interdizione: è la regione in cui entrambe le giunzioni sono polarizzate inversamente (*) . 3) Regione di saturazione: è la regione in cui entrambe le giunzioni sono polarizzate direttamente. 4) Regione di funzionamento inverso: è la regione in cui la giunzione B-E è polarizzata inversamente e la giunzione C-B è polarizzata direttamente; questa regione è raramente utilizzata nelle applicazioni. (*) Più in generale, un BJT si trova a lavorare nella regione di interdizione quando la giunzione C-B è polarizzata inversamente, mentre la giunzione B-E risulta polarizzata inversamente oppure direttamente ma al di sotto della tensione di soglia V γ , in modo da poter ritenere trascurabile la corrente di base I B (da cui consegue I C 0). (7.7 - Febbraio 2005)

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CAPITOLO VII

APPLICAZIONI DEI TRANSISTORI BIPOLARI A GIUNZIONE

(G. Lullo, S. Riva Sanseverino)

In questo capitolo verranno esaminate, per i transistori bipolari a giunzione (Bipolar

Junction Transistors - BJT), sia le reti di polarizzazione in funzionamento statico, sia gli

schemi equivalenti per grandi e per piccoli segnali, insieme alle varie funzioni ottenibili nelle

varie configurazioni del BJT.

7.1. - Regioni di funzionamento del BJT.

Nel capitolo precedente si è visto che il BJT può essere impiegato per lavorare in una delle

quattro regioni di funzionamento, le cui definizioni qui di seguito riassumiamo:

1) Regione attiva o normale: è la regione in cui la giunzione base-emettitore (B-E) è

polarizzata direttamente e la giunzione collettore-base (C-B) è polarizzata

inversamente.

2) Regione di interdizione: è la regione in cui entrambe le giunzioni sono polarizzate

inversamente (*).

3) Regione di saturazione: è la regione in cui entrambe le giunzioni sono polarizzate

direttamente.

4) Regione di funzionamento inverso: è la regione in cui la giunzione B-E è

polarizzata inversamente e la giunzione C-B è polarizzata direttamente; questa

regione è raramente utilizzata nelle applicazioni.

(*) Più in generale, un BJT si trova a lavorare nella regione di interdizione quando la

giunzione C-B è polarizzata inversamente, mentre la giunzione B-E risulta polarizzata

inversamente oppure direttamente ma al di sotto della tensione di soglia Vγ, in modo da

poter ritenere trascurabile la corrente di base IB (da cui consegue IC ≅ 0).

(7.7 - Febbraio 2005)

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Come si è avuto modo di sottolineare in precedenza, il guadagno di corrente α nella

regione di funzionamento inverso, detto αR, è minore di quello nel funzionamento normale in

quanto la tecnologia di fabbricazione del transistore planare comporta che, nella maggior

parte dei casi, le intensità dei drogaggi delle tre zone E-B-C siano decrescenti spostandosi

dall’emettitore verso il collettore. Di conseguenza, sia l’efficienza di emettitore γ, sia il fattore

di trasporto αT , hanno valori inferiori a quelli che si ottengono nel funzionamento nella

regione attiva o normale.

Le applicazioni più comuni del BJT, nel funzionamento per piccoli segnali, sono

quelle relative allo svolgimento delle funzioni di amplificatore o di adattatore o trasformatore

di impedenza, per le quali applicazioni è necessario far lavorare il BJT nella zona attiva.

Una seconda tipologia di impiego del BJT è quella per grandi segnali negli

amplificatori di potenza: il transistore viene chiamato a funzionare con grandi variazioni della

tensione di collettore (elevata dinamica) tali da interessare l’intera zona attiva.

Infine una terza classe di applicazioni è quella relativa ai circuiti elettronici digitali, in cui

il transistore funziona in commutazione; il BJT viene cioè utilizzato stabilmente solo in due

stati: interdizione e saturazione. In tal modo il BJT simula rispettivamente la condizione di

interruttore aperto (stato OFF) e di interruttore chiuso (stato ON).

7.2. – Polarizzazione statica in zona attiva.

7.2.1– Reti di polarizzazione per componenti discreti.

I problemi che possono presentarsi nella polarizzazione di un BJT in zona attiva

possono ricondursi, da un lato, alla necessità di scegliere il punto di funzionamento in modo

da soddisfare i requisiti dell’applicazione richiesta in regime di piccoli segnali (zona lineare

delle caratteristiche, zona a basse correnti per limitare il rumore nei primi stadi degli

amplificatori di tensione); dall’altro, alla necessità di limitare i problemi di “fuga termica”,

intendendo con questo termine il processo per cui, dissipandosi potenza nel BJT, cresce la

temperatura di giunzione. Ciò, come già visto, porta ad un aumento del β che, a sua volta, fa

aumentare la corrente di collettore e, di conseguenza, la potenza dissipata, dando luogo ad

una reazione di tipo positivo o destabilizzante che può determinare la distruzione del BJT.

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Con riferimento alle polarizzazioni delle due

giunzioni, chiariamo subito che, anche se negli schemi

sinora utilizzati per l’analisi del funzionamento del BJT

sono state ipotizzate due tensioni di alimentazione, una in

ingresso e l’altra in uscita, normalmente nei circuiti viene

usata una sola alimentazione, da cui vengono derivate

entrambe le polarizzazioni per il funzionamento in zona

attiva.

La rete di polarizzazione più semplice è quella

chiamata “a corrente di base costante”, riportata in fig.1.

Per questo circuito, con i riferimenti scelti per tensioni e

correnti, si ha:

( )BB

BEB

R

E

R

VEI ≅

−=

se, come normalmente si verifica, è E >> VBE (altrimenti si può porre per VBE il normale

valore di 0,7 V). L’equazione alla maglia di uscita dà luogo all’equazione della retta di

carico, con pendenza 1/RC nel piano IC – VCE :

VCE = E – R IC

L’intersezione di questa retta condotta nel piano delle caratteristiche di collettore ad

emettitore comune con la caratteristica ad IB = cost. = E / RB , fornisce il punto di riposo del

BJT o anche detto punto di funzionamento statico.

Nel caso in cui non si disponga delle caratteristiche, ma sia noto il β del BJT, si ha, per

le coordinate del punto di riposo:

BBC

R

EII ββ ≅= e

−=−=

B

CCCCE

R

R1EIREV β

da cui si evince che per avere il funzionamento in zona attiva con questo schema, deve

certamente essere β RC < RB (condizione necessaria affinché sia VCE > 0).

Per quanto riguarda il problema della “fuga termica”, la potenza dissipata sul collettore

vale:

Fig. 1

RC

E

RB

VCE

VBE

IB

IC

+

+

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( ) 2B

2CBBBCCCEC IRIEIIREIVP ββββ −=−==

da cui, derivando in funzione della temperatura, si ottiene:

( ) ( ) ( )dT

dEV2I

dT

dIR2EI

dT

dIR2EI

dT

dPCEBCCBBCB

C ββββ −=−=−=

e dato che dβ / dT è senz’altro maggiore di 0, al fine di verificare una delle condizioni per la

stabilità termica, è opportuno scegliere il punto di riposo in modo che VCE sia minore di E/2 .

Esercizio: Dimostrare che nel circuito di fig.1 per una buona stabilità deve verificarsi che

RB/2 < β RC < RB .

Esercizio: Progettare la rete di polarizzazione di fig.1 in modo che la corrente di

collettore sia di 1 mA e che VCE sia pari ad E/3, supponendo che il β del

transistore sia pari a 100. La linea di alimentazione sia a 12 V. Con i valori di

resistenze trovati, si determini il nuovo punto di riposo nel caso che il β sia

pari a 150.

La seconda rete di polarizzazione, detta “a corrente di base autoregolata”, si ottiene

dalla precedente connettendo l’estremo di RB sul collettore piuttosto che sull’alimentazione

secondo lo schema riportato in fig.2.

Per la maglia di ingresso si ha:

(VCE – VBE) / RB = IB

mentre per la maglia di uscita si può scrivere:

[1] VCE = E – (IC + IB)R La retta di carico, di cui al caso precedente, si può correggere sul

piano delle caratteristiche di uscita (soprattutto nel campo delle

correnti elevate) per tener conto del contributo sottrattivo a VCE dato

dal termine IB R. Riportata la retta di carico così corretta sul piano Fig. 2

RC

E

RB

VCE

VBE

IB

IC

+

+

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IC - VCE, il punto di riposo si troverà alla intersezione tra la suddetta retta ed il luogo dei punti

(curva di polarizzazione) per i quali vale:

[2] VCE = RB IB + 0,7

Se è noto il β del transistore (il che equivale ad avere una terza relazione da aggiungere per

risolvere il sistema con 3 incognite), dalle [1] e [2] si trovano facilmente le tre quantità che

identificano il punto di riposo del transistore, cioè IC, IB e VCE .

Con riferimento alla stabilità termica, si può affermare che con questa rete è

nettamente migliorata rispetto al caso precedente in quanto un aumento della temperatura e

quindi del β, fa aumentare in un primo tempo la corrente di collettore che a sua volta

determina un decremento della VCE che fa diminuire la corrente IB; in questa rete, attraverso

la resistenza RB collegata tra uscita ed ingresso, si innesca una reazione di tipo negativo e

quindi stabilizzante.

Esercizio: Supponendo di utilizzare un transistore con β pari a 100, si progetti la rete di

fig.2 in modo tale che la corrente di collettore sia di 1 mA, che VCE sia pari ad

E/2 e che E sia pari a 12 V. Con i valori di resistenze trovati, si determini il

nuovo punto di riposo nel caso che il β sia pari a 150.

La rete di polarizzazione maggiormente impiegata nei circuiti amplificatori con BJT è

quella detta “a quattro resistenze” il cui maggior pregio è correlato al fatto che, con una

opportuna scelta delle quattro resistenze, è possibile ottenere una buona stabilità dal punto

di vista termico ed una assai ridotta dipendenza sia del punto di riposo, sia

dell’amplificazione del circuito, dal β del transistore.

La rete in questione è quella riportata in fig.3.a. Essa è facilmente semplificabile

applicando il teorema di Thevenin alla maglia di ingresso, così come riportato in fig.3.b con

21

21eq

RR

RRR

+= ed

21

2eq

RR

REE

+=

L’equazione alla maglia d’ingresso fornisce:

Eeq = Req IB + VBE + RE IE

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Dato che β+

=1

II

EB , si ottiene:

BEEE

eq

eq VIR1

RE +

+

+=

β

da cui per la corrente che scorre sull’emettitore si ha:

E

eq

BEeq

E

R1

R

VEI

++

−=

β

Dato che IC ≅ IE, scrivendo l’equazione alla maglia di uscita si trova VCE ; è infatti:

VCE = E – IC (RC + RE)

Al fine di rendere la IE (e quindi la IC e la VCE) insensibile alla variazioni della temperatura, del

β e più in generale alla “dispersione” dei parametri del transistore, è necessario che si

verifichino le seguenti disuguaglianze:

Eeq >> VBE e RE >> Req / (1 + β )

a) b)

Fig. 3

RC

E

R1

VCE

IB

IC

+

RE IE

R2 VBE

RC

E

Req

VCE

IB

IC

+

RE IE

Eeq

+

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Infatti in tal caso si avrebbe che IE = Eeq / RE ed i valori delle grandezze che individuano

il punto di riposo sarebbero totalmente indipendenti dal BJT. Si osservi però che la tensione

sulla base Eeq non può, per data tensione di alimentazione E, essere molto elevata, in

quanto maggiore è Eeq, minore è la somma della tensione collettore-base e della tensione ai

capi di RC. D’altronde, per avere una grande dinamica del segnale sul collettore, la caduta di

tensione statica su RC è bene che sia elevata, come pure la tensione VCB; un buon

compromesso tra queste contrastanti esigenze si ottiene scegliendo una partizione di E tra

le tre cadute di tensione in modo che un terzo cada su RC , un terzo ai capi di VCE ed un terzo

cada su RE.

Con riguardo alla seconda disuguaglianza, si potrebbero scegliere le resistenze del

partitore in modo da ottenere una Req piccola; questa scelta però, oltre a far aumentare la

corrente assorbita dall’alimentatore, abbassa la resistenza d’ingresso in funzionamento

dinamico. A questo punto si potrebbe pensare che una buona scelta sarebbe quella di far

ricorso a resistenze di valore elevato; però, al fine di assicurare una buona stabilità dal punto

di vista termico, è necessario progettare il partitore come se funzionasse a vuoto, cioè la

corrente che scorre nella serie delle due resistenze R1 ed R2 deve essere maggiore della

corrente IB spillata dalla base. Anche in questo caso un buon compromesso si raggiunge

facendo in modo che la corrente che scorre nel partitore sia pari a (0,1 ÷ 1)IE. Con questa

ipotesi e con i normali valori di β, la tensione del terminale di base rispetto a massa è

costante e pari ad Eeq; al crescere della temperatura e quindi del β, aumenta la corrente di

collettore che a sua volta determina un aumento della tensione ai capi di RE con una

conseguente diminuzione della VBE che pilota il BJT. Ancora una volta questo è un esempio

di reazione negativa o stabilizzante in grado di neutralizzare le variazioni di temperatura. Si

osservi che, come verrà chiarito in seguito, la resistenza RE può parzializzarsi con una

capacità in parallelo, al fine di realizzare un buon compromesso tra la stabilità termica ed

una buona amplificazione nel funzionamento per piccolo segnale.

Esercizio: Trovare il punto di riposo per il BJT di fig.3.a, assumendo che il β del

transistore sia 100, che l’alimentazione sia di 15 V e che R1 = 100 kΩ,

R2 = 50 kΩ, RC = 5 kΩ ed RE = 3 kΩ. Ripetere il calcolo con β = 120.

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Una qualche difficoltà può presentare il

caso del calcolo della polarizzazione statica

per due stadi amplificatori accoppiati in

continua, come indicato in fig.4. In tal caso si

procede inizialmente come nel caso

precedente, assumendo che la corrente

assorbita dalla base del secondo stadio sia

trascurabile rispetto la corrente di collettore del

primo stadio. Una volta trovati i risultati in

questa ipotesi, si procede ad un secondo ciclo

di calcoli considerando la corrente di base

assorbita dal secondo stadio, pervenendo così

ad una soluzione molto ben approssimata.

Esercizio: Si calcolino i valori di polarizzazione statica dei due transistori del circuito di

fig.4, verificando che ambedue i BJT siano in zona attiva. Si supponga che i

transistori abbiano un β di 100, la linea di alimentazione E sia a 15 V e che i

componenti abbiano i seguenti valori:

R1 = 100 kΩ, R2 = 50 kΩ, RC1 = 5 kΩ, RE1 = 3 kΩ, RE2 = 2 kΩ, RC2 = 2,7 kΩ. Si

ripeta il calcolo, assumendo per β il valore di 150.

7.2.2. – Reti di polarizzazione per BJT integrati.

Nel processo di integrazione su silicio di dispositivi attivi e passivi si può sfruttare il

fatto che la tecnologia del silicio è così perfezionata che si è in grado di integrare transistori

perfettamente identici tra loro e ciò consente di utilizzare schemi di polarizzazione, da un lato

certamente più complessi, ma dall’altro in grado di fornire soluzioni molto stabili dal punto di

vista termico. I due schemi circuitali che seguono prendono il nome di “specchi di

corrente” in quanto la soluzione in funzionamento statico fornirà per i due transistori

impiegati la stessa corrente (o quasi) di collettore.

Fig. 4

RC1

E

R1

RE1

R2

RE2

RC2

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Si esamini inizialmente il circuito di fig.5.

Nell’ipotesi che i due BJT siano identici ed in

contatto termico, si può scrivere:

2B1B1C

BE1C II

R

VEI −−

−=

se E >> VBE e IC1 >> IB1 + IB2, si ottiene che

IC1 ≅ E/R1 = cost. Ma se i due transistori sono eguali, dato che

sono pilotati con lo stesso valore di VBE, deve

essere IC1 = IC2 ; pertanto il circuito, visto dalla

resistenza RC2 , si comporta come un generatore di corrente costante pari ad E/RC1. Per tale

interessante proprietà, il circuito viene spesso impiegato eliminando la RC2 ed inserendo al

suo posto un intero circuito elettronico che debba essere alimentato a corrente costante

(vedi amplificatore differenziale di fig.7).

Si osservi che il primo BJT è connesso a diodo e quindi la VBE sarà pari a

0,026 ln E / (RC1 IS), avendo indicato con IS la corrente inversa del diodo base-emettitore. Si

osservi inoltre che, non essendo presenti nell’espressione approssimata di IC1 né il β né la

VBE , la corrente IC2 non dipende dalla temperatura alla quale si portano i due transistori.

Uno schema un pò più versatile può essere derivato da quello di fig.5, ponendo due

resistenze eguali, RB1 ed RB2, in serie alle due basi, così come indicato in fig.6. Sempre

considerando identici i due transistori e che quindi eguali saranno anche le due correnti di

base, si può scrivere:

B1C

1CE1C I2

R

VEI −

−=

ed anche

VCE1 = VBE + IB RB1 ; sostituendo nella precedente, si ottiene:

+−

−= 2

R

RI

R

VEI

1C

1BB

1C

BE1C

RC1

E

VBE

IB1

IC1

+ VBE

IB2

+

RC2 IC2

Q1 Q2

Fig. 5

Fig. 6

RB1

RC1

E

VBE

IB1

IC1

+ VBE

IB2

+

RC2 IC2

Q1 Q2

RB2

VCE1

+

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se E >> VBE e E / RC1 >> IB1 (RB1 / RC1 + 2), si ha, come nello schema precedente, che

IC1 ≅ E / RC1, ma poiché è IC1 = IC2, anche in questo caso la corrente di polarizzazione del

collettore del secondo transistore è indipendente dallo stesso. In questo schema, se si

sceglie RC2 = RC1 / 2 , si ottiene per il secondo transistore Q2 che la tensione di collettore è

molto prossima a E / 2 e quindi al centro della zona attiva, senza le limitazioni derivanti dalla

connessione a diodo del primo transistore dello schema precedente (in cui si ha

VCE1 = VBE = 0,7 V).

Una configurazione molto utilizzata nei circuiti integrati è quella che impiega due BJT

con gli emettitori accoppiati, chiamata anche “coppia differenziale”, secondo lo schema

di fig.7; in questo schema il generatore di corrente IE nel quale confluiscono le correnti dei

due emettitori può essere realizzato con uno specchio di corrente. Per l’analisi del

funzionamento del circuito si assuma anche in questo caso che i due BJT siano identici e

che le resistenze di collettore RC1 e RC2 siano eguali.

Considerando la maglia

formata dai due generatori esterni

v1 e v2 e dalle due giunzioni base-

emettitore dei BJT, con i riferimenti

indicati in figura, è possibile

scrivere:

[3] v1 – VBE1 + VBE2 – v2 = 0 ; avendo inteso v1 e v2 come i valori

istantanei di tensione forniti dai due

generatori di segnale. Per le

correnti di collettore, avendo

indicato con IE01 ed IE02

rispettivamente le correnti inverse

delle giunzioni emettitore-base dei

due BJT, si ha:

kT

Vq

1EO1C

1BE

eII α≅ ed kT

Vq

2EO2C

2BE

eII α≅

avendo trascurato l’unità rispetto all’esponenziale nell’equazione del diodo. Facendo il

rapporto tra le due correnti si ottiene:

RC1

E

IC1

VBE1

+

RC2 IC2

Q1 Q2

Fig. 7

VBE2

+

v1 v2

vO1 vO2

IE

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( )kT

VVq

2C

1C2BE1BE

eI

I−

= ;

ma dalla [3] si ha che VBE1 - VBE2 = v1 – v2 = vD , cioè la tensione “differenza” tra le due

tensioni applicate ai due ingressi e quindi si può scrivere che

T

DD

V

v

kT

vq

2C

1Cee

I

I== ;

avendo indicato con VT = kT/q la “tensione equivalente alla temperatura T”. La corrente IE

del generatore di corrente è data da:

IE = IE1 + IE2 = IC1 / α + IC2 / α ; combinando quest’ultima con la precedente, si ottiene:

T

D

V

v

E1C

e1

II

+

= α e

T

D

V

v

E2C

e1

II

+

= α

i cui andamenti, in funzione di vD sono riportati in fig.8. Come è facile notare, il circuito è

molto sensibile alla differenza tra le due tensioni d’ingresso (per questo motivo, come già

sopra si è detto, il circuito è chiamato coppia differenziale) ed ha un campo di linearità molto

ristretto nell’intorno del valore

VT: allorché la tensione

differenza vD supera in valore

assoluto la quantità 4VT, uno dei

due transistori va in interdizione

e tutta la corrente del generatore

scorre nell’altro.

Le tensioni di uscita del

circuito valgono:

vO1 = E – IC1 RC1 vO2 = E – IC2 RC2

-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 vD [VT]

IC1 IC2

α IE

α IE /2

IC2

IC1

Fig. 8

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Quindi se vD > 4VT, la corrente IE passa tutta nel primo BJT, la cui uscita si può fare

piccola con una opportuna scelta della resistenza RC e la tensione di uscita del secondo

BJT (interdetto) assume il valore della tensione di alimentazione E .In tal modo il circuito può

funzionare in commutazione, simulando bene il comportamento da interruttore.

Esercizio: Tracciare la caratteristica di trasferimento vO = vO1 – vO2 in funzione di vD per

la coppia differenziale studiata.

7.3. – Modelli del BJT per grande segnale.

Un primo modello del

transistore è stato ideato da Ebers e

Moll utlizzando il principio di

sovrapposizione degli effetti, di cui si

è vista una applicazione particolare

nel capitolo precedente, al fine di

fornire una descrizione completa del

funzionamento del transistore sotto

l’aspetto propriamente “elettrico” o

circuitale. Da questo punto di vista, l’effetto transistorico può essere descritto come segue.

La corrente che attraversa ciascuna delle giunzioni è scomponibile in due parti: una è la

corrente “propria” della giunzione, quella, cioè, che si calcola in base alla polarizzazione

della giunzione in assenza di corrente nell’altra giunzione; l’altra componente è una frazione

(α o αR) della corrente che fluisce nella giunzione adiacente. Ciò equivale a scomporre il

transistore in due bipoli, ciascuno formato da due rami in parallelo: un ramo rappresenta il

diodo corrispondente alla giunzione considerata, l’altro è un generatore ideale di corrente,

comandato dalla corrente nell’altra giunzione. Con queste considerazioni è possibile ricavare

un modello circuitale, indicato in fig.9, per un transistore n-p-n.

Per questo modello valgono le seguenti equazioni:

−−=−

1eIII T

CB

V

V

COEC α e

−−=−

1eIII T

EB

V

V

EOCRE α

VEB

ααααR IC

+ IB

αααα IE

IC IE

(IE0)

E

(IC0)

B

C

+

VCB

Fig. 9

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avendo indicato con ICO ed IEO i valori assoluti delle

correnti inverse di saturazione delle due giunzioni.

Il modello di Ebers e Moll è un circuito equivalente

al transistore; si noti che esso è un circuito non lineare,

rappresentato da equazioni non lineari.

Un modello semplificato rispetto a quello di Ebers e

Moll può dedursi partendo dalla considerazione che il BJT

è fondamentalmente rappresentato da un diodo

polarizzato direttamente (la giunzione E-B) e che la

corrente che scorre in questo diodo si trova, quasi per la

sua totalità, ad attraversare una giunzione polarizzata

inversamente (la giunzione C-B) come corrente inversa e

quindi indipendentemente dalla tensione ai suoi capi.

Pertanto nel funzionamento per grandi segnali, il BJT si può schematizzare con un

circuito del tipo rappresentato in fig. 10, anche se da questo se ne possono derivare altri,

sempre con un diodo ed un generatore pilotato, cambiando la configurazione o il parametro

che comanda il generatore comandato. Ovviamente trattasi di reti equivalenti non lineari per

effetto della relazione esponenziale che lega la corrente alla tensione ai capi del diodo

polarizzato direttamente.

7.4. – Modelli del BJT per piccolo segnale.

Si supponga adesso che alla tensione continua che pilota il

diodo B-E, venga ad aggiungersi una tensione variabile, ad

esempio sinusoidale, ma il cui valor massimo sia piccolo,

dell’ordine del mV, come indicato nel circuito di fig. 11. Quindi

possiamo porre il valore istantaneo della tensione di base vBE :

vBE = VBE + vbe

avendo indicato con vbe la tensione variabile di piccola ampiezza

(il segnale) sovrapposta alla tensione continua VBE. Dato che in

zona attiva è:

VBE

αααα IEO exp(VBE/VT)

+ IB

IE

IC

E

C

Fig. 10

RC

E

VBE

IC

Fig. 11

vbe

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T

BE

V

v

EOEC eiii αα ==

supponendo che in funzionamento dinamico per piccolo segnale i valori di α e β sono eguali

a quelli determinati in continua e sostituendo in quest’ultima espressione la precedente, si

ottiene:

T

be

T

be

T

BE

V

v

CV

v

V

V

EOC eIeeii == α

ma se vbe è molto minore di VT, è possibile espandere l’esponenziale in serie e troncare lo

sviluppo in serie al primo termine, con il risultato che la corrente totale di collettore si può

mettere sotto la forma:

+≅

T

beCC

V

v1Ii .

La componente variabile della corrente di collettore, che vale ic = IC vbe / VT , si può

scrivere come ic = gm vbe, avendo definito transconduttanza del transistore la quantità

gm = IC / VT. Tale quantità risulta correlata al valore della corrente statica di polarizzazione del

collettore ed il suo valore è normalmente più elevato della gm dei FET: infatti per una corrente

di riposo pari ad 1 mA, la transconduttanza del BJT vale circa 40 mS. Pertanto per segnali

vbe di piccola ampiezza rispetto a 0,026 V, l’uscita si comporta come un generatore pilotato

dalla tensione vbe, con una resistenza in parallelo che in prima ipotesi possiamo ammettere

infinita (sappiamo che questa è una approssimazione in quanto abbiamo esaminato che le

caratteristiche di uscita ad emettitore comune mostrano una pendenza, dovuta all’effetto

Early, che dà luogo ad una resistenza di uscita ro ).

Per il circuito d’ingresso possiamo scrivere:

bBT

beCCCB iI

V

vIIii +=+==

βββ

dove ββ

mbe

T

beCb

gv

V

vIi == ; quindi la resistenza dinamica vista dalla base vale:

πβ

rgi

v

mb

be==

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e pertanto la resistenza dinamica in ingresso rπ,

nella configurazione ad emettitore comune, è

direttamente proporzionale al β del transistore ed

inversamente proporzionale alla corrente di

polarizzazione del collettore. E’ importante osservare

che il prodotto della transconduttanza gm per la

resistenza d’ingresso rπ è pari al β del BJT:

Quanto sinora sviluppato ci consente di

disegnare lo schema equivalente dinamico lineare del BJT nel funzionamento a bassa

frequenza per piccoli segnali e per la configurazione ad emettitore comune; il circuito

rappresentativo del BJT è riportato in fig.12 ed è importante osservare che, a differenza dei

precedenti schemi, questo è un circuito lineare e rimane sempre valido, allorché sia verificata

l’ipotesi del funzionamento per piccoli segnali e che non si vari il punto di riposo del BJT. In

questo senso lo schema equivalente lineare diventa uno strumento indispensabile per le

analisi dei circuiti amplificatori che si affronteranno nel successivo paragrafo.

7.5. – Modelli del BJT in configurazione a base comune.

Per quanto riguarda la configurazione a base comune, lo schema di fig.10 si modifica

in quello disegnato in fig.13 a); in questo

caso, guardando il circuito dall’emettitore, è

possibile scrivere, ritenendo ancora valide

le ipotesi già richiamate nel caso

precedente:

eEcCC

E iIiIi

i +=+==ααα

ma poiché T

Eeb

T

ebCe

V

Iv

V

vIi ==

α, si ha:

β

αα πr

gI

V

I

V

i

vr

mC

T

E

T

e

ebe ≅====

ib

+

E

gm vbe

ic

vbe rππππ

B C

Fig. 12

VEB

+ iB

αααα IEO exp(-VEB/VT)

iC iE

E

B

C

Fig. 13

veb

+ ib

gm veb

ic

E

B

C

re

b)

a)

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da cui è possibile disegnare il circuito equivalente lineare per piccoli segnali nella

configurazione a base comune (fig.13 b).

Quindi, riassumendo, una volta noto il punto di riposo ed il β del transistore, è possibile

conoscere i parametri del circuito equivalente dinamico:

gm = IC / VT rπ = β / gm re = rπ / β

Pertanto, l’analisi completa di un circuito a transistori che debba funzionare in regime di

piccoli segnali, necessita inizialmente dell’analisi statica e successivamente, tramite le reti

equivalenti lineari rappresentative del transistore, è possibile dedurre tutte le quantità che

interessano le applicazioni cui detti circuiti sono finalizzati (amplificazione, trasformazione del

livello di impedenza, etc..).

7.6. – Modelli del BJT di seconda approssimazione.

Per maggior precisione nel circuito

equivalente lineare per piccoli segnali ad

emettitore comune, occorre tener conto della

resistenza dinamica d’uscita ro, collegata.

come già si è detto, all’effetto Early ed

evidenziata dalla pendenza non nulla delle

caratteristiche di uscita nella detta

configurazione. Cioè, la corrente di collettore,

oltre a dipendere dalla tensione vbe, cresce al

crescere della tensione di collettore. Si è già visto che tale pendenza può essere espressa

come rapporto tra la tensione di Early VA e la corrente di collettore di riposo IC ; quindi

ro = VA / IC. Tenendo conto di questa resistenza di uscita, il circuito equivalente di fig.12 si

modifica come indicato in fig. 14.

Oltre alla resistenza di uscita ro, lo schema equivalente lineare del BJT nel

funzionamento per piccoli segnali ad emettitore comune, può essere ulteriormente

perfezionato inserendo altre due resistenze, l’una rbb’ posta in serie alla base ed inserita tra

la base interna B’ (non accessibile dall’esterno) e la base esterna B (accessibile), che

richiama l’effetto di “resistenza di base” studiata nel precedente capitolo, e la seconda rµ

posta tra il terminale di base interna B’ ed il collettore C, che tiene conto dell’influenza

Fig. 14

ib

+

E

gm vbe

ic

vbe rππππ

B C

ro

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dell’uscita sull’ingresso e quindi

del fatto che il BJT è un

dispositivo bilaterale. Con

riguardo ai valori normali di

queste due resistenze, mentre

la prima è dell’ordine dei

10 ÷ 100 Ω, la seconda è

dell’ordine del MΩ.

Lo schema equivalente, completato con queste due resistenze, assume l’aspetto

indicato in fig.15.

Esercizio: Per il circuito a fianco, si determinino,

nell’ipotesi che β sia pari a 100:

1) I valori delle grandezze statiche del BJT;

2) Il circuito in funzionamento dinamico con lo

schema equivalente del BJT;

3) I valori del rapporto vu / vs nei due casi In cui

ro = ∞ , ro = 10 kΩ.

7.7. – Il BJT come amplificatore.

7.7.1. – Rette di carico statica e dinamica.

Come è stato evidenziato nei precedenti paragrafi, nel progetto di un amplificatore a

BJT occorre separare il funzionamento statico da quello dinamico, in modo tale che il

secondo non influenzi il primo. Questa separazione viene normalmente effettuata tramite

l’impiego di condensatori di capacità abbastanza elevata (dell’ordine del µF ed è per questo

motivo che la soluzione che sarà presentata è accettabile per amplificatori a componenti

discreti e non integrati) sia per l’accoppiamento in ingresso del segnale, sia per

l’accoppiamento con la resistenza di carico o con stadi successivi. Si è anche visto che per

avere una buona stabilità termica della corrente IC di riposo del BJT, è opportuno inserire una

resistenza RE in serie all’emettitore. Nel caso in cui nel funzionamento dinamico l’inserimento

Fig. 15

ib

+

E

gm vb’e

ic

vb’e rππππ

B C

ro

rbb’ rµµµµ B’

RC

3 kΩΩΩΩ

+10V

3V

vs

RB

220 kΩΩΩΩ

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di RE riducesse eccessivamente l’amplificazione di tensione, parte di questa resistenza può

essere posta in parallelo con una capacità di valore elevato (capacità di by-pass), in modo

da ridurre il carico dinamico sull’emettitore alle frequenze più basse contenute nel segnale.

La presenza delle capacità di by-pass e delle capacità di accoppiamento fra collettore

di un BJT e carico o fra collettore ed un eventuale stadio amplificatore in cascata dà luogo ad

una retta di carico o ad un luogo di punti (nel caso di impedenza di carico) sulle

caratteristiche di uscita del BJT nettamente distinti in funzionamento dinamico dalla retta di

carico statica, a causa del diverso comportamento dei componenti citati nei due regimi di

funzionamento.

7.7.2. – Configurazioni del BJT amplificatore.

Per lo stesso BJT, a seconda della configurazione (emettitore comune, collettore

comune e base comune), è possibile avere prestazioni diverse in termini delle quattro

grandezze che caratterizzano un amplificatore che sono:

- amplificazione di tensione;

- amplificazione di corrente;

- resistenza d’ingresso;

- resistenza di uscita.

In generale si può affermare che in un amplificazione di tensione ideale, la resistenza

d’ingresso deve essere ∞ e la resistenza di uscita nulla.

Per la configurazione dell’amplificatore ad emettitore comune, che è quella

maggiormente utilizzata, si farà riferimento allo schema riportato in fig 16, dove, come già si

è detto, è inserita la resistenza RE in serie all’emettitore allo scopo di aumentare la stabilità

del BJT rispetto alle variazioni della temperatura e del β. Per l’analisi del circuito in

funzionamento dinamico, i due condensatori di accoppiamento C1 e C2 hanno la funzione di

separare il circuito di polarizzazione a 4 resistenze rispettivamente dal generatore di segnale

vS (di cui è evidenziata la resistenza interna RS) e dalla resistenza di carico RL. Si ipotizzi che

tali condensatori siano dimensionati in modo che la loro reattanza, alle frequenze più basse

contenute nel segnale, sia trascurabile rispetto alle resistenze da loro viste e quindi, in

funzionamento dinamico, sia possibile considerarle dei cortocircuiti.

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Supponendo nota,

secondo quanto indicato nel par.

7.2, l’analisi statica, da questa è

possibile conoscere i parametri

gm ed rπ del circuito equivalente

in funzionamento dinamico ed in

bassa frequenza, trascurando in

prima approssimazione la

resistenza dinamica di uscita rO.

Con queste ipotesi il circuito

completo in regime di piccoli

segnali è quello riportato in

fig.17. Val la pena di ricordare

che, in questo tipo di funzionamento, la linea di alimentazione E, dato che la variazione nel

tempo di una tensione continua è, per definizione, nulla, si deve intendere connessa al

potenziale di massa. Di conseguenza, R1 si trova ad essere in parallelo ad R2, e la resistenza

risultante è stata indicata nello schema come Req.

Nel circuito di fig.17, oltre al generatore di ingresso con tensione vS e resistenza

interna RS, alla tensione di uscita vO e le correlate correnti d’ingresso ii e di uscita iO, sono

indicate le coppie di terminali ai quali vengono definite le resistenze d’ingresso Ri e di uscita

RO. Si ricordi che per il calcolo della resistenza di uscita RO, va cortocircuitato il generatore

di tensione vS, va inserito un generatore di servizio ai terminali di uscita e calcolato il

Fig. 16

RC

E

R1

vo

+

RE

R2

C2

RL

C1 RS

vs

+

Fig. 17

ib

+ gm vbe

ic

vbe rππππ

RS

+

vs RC

RE

Req RL

io

Ri Ro

Fig

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rapporto tra la tensione di questo generatore e la corrente assorbita dal circuito. Trascurando

la resistenza interna RS del generatore di ingresso, per la maglia di ingresso si può scrivere:

vS = ib rπ + (1 + β ) RE ib e pertanto la resistenza rb vista dalla base del BJT, vale:

rb = rπ + (1 + β ) RE cioè la resistenza propria presentata dal BJT rπ viene notevolmente incrementata dalla

resistenza posta sull’emettitore moltiplicata per il β del BJT. La resistenza d’ingresso Ri

dell’amplificatore risulta essere rb in parallelo ad Req.

La resistenza di uscita RO è pari ad RC, in quanto il circuito d’ingresso è inattivo perché

esclusivamente alimentato attraverso un generatore ideale di corrente gmvbe il cui parametro

di controllo è nullo. Naturalmente diverso sarebbe stato il risultato nel caso si fosse

considerata la presenza della resistenza di uscita del BJT, pari ad rO, in quanto attraverso

questo ramo si sarebbe potuta realizzare l’alimentazione del circuito d’ingresso da parte del

generatore indipendente.

Per il calcolo della amplificazione di tensione, si può scrivere per la maglia di uscita:

vO = - gmvbe (RC // RL) e dato che

( )[ ]E

sbe

R1r

rvv

βπ

π

++=

si ha:

( )

( )[ ]E

LCm

s

oV

R1r

R//Rrg

v

vA

βπ

π

++

−==

Da quest’ultima espressione si può osservare che l’amplificazione di tensione si può

aumentare scegliendo RL >> RC e cortocircuitando a massa la RE tramite una capacità di

elevato valore; in tal caso si avrebbe che

AV,max = - gm RC

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Questo vantaggio si paga, oltre che per il fatto che l’amplificazione di tensione

dipenderebbe dal gm del BJT, con una minore resistenza d’ingresso, la quale, anche con una

opportuna scelta delle resistenze del partitore sulla base, si ridurrebbe ad rπ.

Nel caso in cui si desideri una amplificazione indipendente dal particolare BJT

impiegato, bisogna lasciare al suo posto la RE e fare in modo che sia (1 + β ) RE >> rπ. In tal

caso l’amplificazione di tensione diventa:

E

LCV

R

R//RA −≅

Poiché, in genere, i criteri di progetto del circuito in funzionamento statico conducono a

valori di RE che potrebbero non soddisfare le specifiche relative al funzionamento dinamico,

è possibile adottare lo schema di fig.18, in cui la RE è stata suddivisa in due resistenze: nel

funzionamento statico, la resistenza di emettitore è data dalla somma di RE1 ed RE2 ; nel

funzionamento dinamico, invece, la resistenza di emettitore coincide con la sola RE1, visto

che la RE2 risulta cortocircuitata dalla capacità CE di by-pass, di valore opportuno.

Nota l’amplificazione di tensione dello stadio studiato, è abbastanza semplice ricavare

l’amplificazione di corrente, ricordando che, per Rs = 0, è vs = ib rb e vo = io RL .

Esercizio: Progettare un amplificatore ad emettitore comune secondo lo schema di

fig.18, in modo da ottenere un’amplificazione di tensione vo/vs pari a -20. Il

BJT utilizzato abbia un β = 100, VA = 100 V e sia polarizzato con IC = 10 mA,

utilizzando una alimentazione E pari a 15 V. Si consideri XC1 = XC2 = XCE = 0.

Fig. 18

RC

E

R1

vo

+

RE1 R2

C2

RL

C1 RS

vs

+

RE2 CE

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Una seconda configurazione

molto utilizzata negli stadi

amplificatori è quella a collettore

comune, più comunemente

chiamata “inseguitore di

emettitore o emitter follower”. La

caratteristica più pregevole di

questa configurazione è quella di

presentare una elevata resistenza

d’ingresso ed una bassa resistenza

di uscita e viene generalmente

usata come stadio “adattatore” o

“trasformatore di impedenza”

(stadio buffer) da inserire tra un generatore di segnale con resistenza interna non

trascurabile ed una resistenza di carico di valore ridotto.

Il circuito completo è quello riportato in fig.19 ed il relativo schema equivalente

dinamico è indicato in fig. 20. Come è facile osservare nelle due figure, dato che il segnale di

uscita differisce dal segnale d'ingresso per la caduta dinamica ai capi della giunzione B-E,

l'amplificazione, intesa come rapporto tra questi due segnali, non può che essere minore,

anche se di poco, minore dell'unità.

Nell’ipotesi che la resistenza interna RS del generatore sia trascurabile, per la maglia

d’ingresso è possibile scrivere:

vS = ib rπ + ib (1 + β ) RE // RL

Fig. 19

E

R1

vo

+ RE

R2

C2

RL

C1 RS

vs

+

Fig. 20

ib

+ gm vbe

ic

vbe rππππ

RS

+

vi

RE

Req

RL

io

Ri Ro

+

vo

rb

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e pertanto la resistenza vista dal terminale di base vale:

rb = vs /ib = rπ + (1 + β ) RE // RL quindi la resistenza d’ingresso Ri sarà pari al parallelo tra questa resistenza rb e la resistenza

equivalente Req.

Per il calcolo dell’amplificazione di tensione, la tensione di uscita vale:

vo = ib (1 + β ) (RE // RL) e pertanto per l’amplificazione AV risulta:

( )( )

( )( )[ ]1

R//R1r

R//R1

v

vA

LE

LE

s

oV ≅

++

+==

β

β

π

Per la resistenza di uscita, si può applicare un generatore indipendente di tensione v

al posto di RL e valutare il rapporto tra questa

tensione e la corrente i assorbita dal circuito

con vS = 0, così come indicato nel circuito

dinamico di fig.21.

Dato che v = - vbe, si ha: i = v / RE + v / rπ + gm v =

= v (1 / RE + 1 / rπ + gm)

e quindi la resistenza di uscita RO = v / i , se è

verificato che (1 + β) >> rπ / RE , risulta pari a

1/gm ≅ re.

Esercizio: Si determini l’espressione della resistenza di uscita dello stadio “emitter

follower” di fig.19 nel caso in cui si prendano in considerazione sia la

resistenza RS del generatore vS, sia la resistenza di uscita del BJT rO.

Esercizio: Progettare uno stadio “emitter follower” secondo lo schema di fig.19,

supponendo che il BJT impiegato abbia un β pari a 100, una tensione di Early

di 100 V, una corrente di collettore statica di 10 mA. Si ipotizzi di utilizzare una

linea di alimentazione E = 15 V, che RL = 5 kΩ e che RS = 250 Ω.

Fig. 21

+ gm vbe vbe rππππ

RE

i

Ro

+

v

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G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Applicazioni dei transistori bipolari a giunzione VII . 24

La terza configurazione è quella dell’amplificatore a base comune, in cui il segnale di

ingresso è applicato sull’emettitore, il segnale di uscita viene prelevato sul collettore ed il

terminale di base è, in funzionamento dinamico, in comune con i circuiti di ingresso e di

uscita. L’amplificatore a base comune è riportato in fig.22 ed in fig.23 è indicato lo schema

equivalente per piccoli segnali. Il condensatore CB è ancora una capacità di by-pass che ha

la funzione di portare il terminale di base a massa in funzionamento dinamico.

Considerando trascu-

rabile la resistenza RS, si può

scrivere:

vS = ie re e vO = iC (RC //RL) e pertanto l’amplificazione di

tensione vale:

AV = vO / vS = (RC//RL) / re La resistenza d’ingresso è

ancora re e la resistenza di

uscita, guardando l’amplificatore dalla resistenza di carico RL, risulta essere RC.

7.8. – Il modello del BJT alle alte frequenze: modello di Giacoletto.

Il problema di modificare lo schema equivalente lineare per piccoli segnali del BJT, la

cui validità era limitata al campo delle basse frequenze, nasce dalla osservazione che la

risposta del BJT nel campo delle alte frequenze non è istantanea; fisicamente questo fatto

Fig. 22

RC

E

R1

vo

+ RE

R2

C2

RL

C1 RS

vs

+

CB

Fig. 23

ie

+ gm veb

ic

veb re

RS

+

vs RL

+

vo RC

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dipende dal fenomeno della diffusione dei portatori minoritari iniettati dall’emettitore nella

regione di base e poiché tali portatori impiegano un tempo non nullo (tempo di transito nella

base), si registra un ritardo del segnale di uscita rispetto al segnale di ingresso.

La rappresentazione fedele di tutti i fenomeni presenti nel BJT nel funzionamento in

alta frequenza rende assai complicata la loro schematizzazione in un circuito equivalente

che sia valido anche in quel campo di frequenze; d’altronde uno schema circuitale è

senz’altro utile per prevedere teoricamente la risposta del BJT nel campo delle alte

frequenze. Noi ci limiteremo a descrivere il modello di Giacoletto in quanto si ricava

facilmente dal precedente modello in bassa frequenza e dalla fisica del BJT studiata nel

cap.VI; inoltre il modello di Giacoletto fornisce risultati teorici molto vicini a quelli ricavabili

sperimentalmente.

Con riferimento allo schema equivalente già rappresentato in fig.15, per dedurre il

modello di Giacoletto è sufficiente inserire le due capacità presenti nel BJT ed esattamente

la capacità di diffusione CD ai capi della giunzione B-E polarizzata direttamente e della

capacità di barriera C∆ ai capi della giunzione C-B polarizzata inversamente, così come

rappresentato in fig.24. [Si ricordi quanto già riferito a proposito del terminale rappresen-

tativo della base interna].

Di solito nei “data-sheet” dei BJT il costruttore fornisce l’andamento del guadagno di

corrente del transistore al

variare della frequenza con

l’uscita del BJT in corto circuito;

in queste condizioni il circuito si

semplifica in quello

rappresentato in fig.25, in cui si

sono omesse le resistenze rµ

Fig. 24

C∆∆∆∆

Cd

E

ib

+ gm vb’e

ic

vb’e rππππ

B C

ro

rbb’

rµµµµ

Fig. 25

C∆∆∆∆

Cd

E

ib

+ gm vb’e

ic

vb’e rππππ

B C

rbb’

Page 26: Cap.7 u.v. 7dieet.unipa.it/rivas/didattica/Cap.7_u.v._7.pdf · 2007. 10. 14. · 7.2. – Polarizzazione statica in zona attiva. 7.2.1– Reti di polarizzazione per componenti discreti.

G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Applicazioni dei transistori bipolari a giunzione VII . 26

(grande rispetto alla reattanza di C∆) ed rO (in parallelo al corto circuito).

Per il circuito di fig.25, esprimendo adesso le grandezze elettriche con i numeri

complessi, per la corrente di uscita possiamo scrivere:

IO = Ic = gm Vb’e - Vb’e s C∆ = Vb’e [gm – s C∆], ed avendo posto Cd + C∆ = CT (capacità totale), la corrente d’ingresso vale:

Ii = Ib = Vb’e [ 1/rπ + s CT ]; per cui l’amplificazione di corrente con l’uscita in corto circuito vale:

[ ][ ]T

m

i

oi

Csr/1

Csg

+

−==

π

I

IA ;

dato che alle frequenze di interesse è normalmente gm >> s C∆, si ha:

[ ] [ ] [ ]TTT

mi

Crj1Crs1Crs1

rg

πππ

π

ω

ββ

+=

+=

+=A

La quantità 1 / rπ CT viene chiamata ωβ e la quantità 1 / 2π rπ CT viene definita fβ, frequenza

di taglio del β del transistore, frequenza alla quale il guadagno del transistore in corto

circuito si riduce di 1/√2 rispetto al valore in bassa frequenza; l’espressione

dell’amplificazione può essere messa nella forma:

+

=

+

=

ββ

β

ω

ω

β

f

fj1

j1

iA .

Spesso sui “data sheet” dei BJT, al posto di fβ viene fornito il dato sulla frequenza di

transizione fT , definita come quella frequenza alla quale il modulo del guadagno di corrente

con uscita in corto circuito vale 1 ed è semplice dimostrare che:

fT = β fβ

e pertanto fT vale

T

mT

C2

gf

π= .