Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei...

37
STEFAN ZWEIN, MARIA STUART Cap. III, Regina, vedova e tuttavia regina Nulla ha volto in tragedia il percorso della vita di Maria Stuarda quanto il fatto che il destino le ha messo in mano tutta la possibile potenza terrena, in modo così ingannevolmente facile. La curva della sua ascesa si impenna come un razzo - a sei giorni regina di Scozia, a sei anni fidanzata di uno dei più potenti principi d'Europa, a diciassette regina di Francia - cosicché ha in mano il massimo di potenza esterna prima che la sua vita interiore sia veramente cominciata. Tutto le viene da una invisibile cor- nucopia, apparentemente inesauribile, e nulla è conquistato per volontà propria, con le proprie forze, nulla è fatica o merito, tutto è eredità, grazia e dono. Come in un sogno, dove tutto passa oltre come un volo variopinto, si ritrova vestita da sposa e con il mantello dell'incoronazione. E prima di essere consapevole di questa primavera precoce, è già sfiorita, appassita, finita, e si ridesta delusa, devastata, derubata, distrutta. Nell'età in cui di solito si comincia a desiderare, sperare, e bramare, Maria Stuarda ha già bru- ciato tutte le sue possibilità di trionfo, senza aver avuto tempo sufficiente per afferrarlo anche interiormente. Nella rapidità del suo destino è contenuta però, in germe, anche la chiave della sua 'inquietudine e insaziabilità: chi è stato così presto il numero uno di un paese e del mondo, non potrà mai più accontentarsi di una vita mediocre. Solo le nature deboli rinunciano e dimenticano, quelle forti non si piegano e sfidano anche il destino più potente. In effetti, il breve periodo in cui è regina di Francia passa veloce come un sogno, un sogno rapido, inquieto, angosciato, teso. La cattedrale di Reims, in cui l'arcivescovo incorona il ragazzino pallido e malaticcio e dove la giovane e bella regina, vestita di 1

Transcript of Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei...

Page 1: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

STEFAN ZWEIN, MARIA STUART

Cap. III, Regina, vedova e tuttavia regina

Nulla ha volto in tragedia il percorso della vita di Maria Stuarda quanto il fatto che il destino le ha messo in mano tutta la possibile potenza terrena, in modo così ingannevolmente facile. La curva della sua ascesa si impenna come un razzo - a sei giorni regina di Scozia, a sei anni fidanzata di uno dei più potenti principi d'Europa, a diciassette regina di Francia - cosicché ha in mano il massimo di potenza esterna prima che la sua vita interiore sia veramente cominciata. Tutto le viene da una invisibile cornucopia, apparentemente inesauribile, e nulla è conquistato per volontà propria, con le proprie forze, nulla è fatica o merito, tutto è eredità, grazia e dono. Come in un sogno, dove tutto passa oltre come un volo variopinto, si ritrova vestita da sposa e con il mantello dell'incoronazione. E prima di essere consapevole di questa primavera precoce, è già sfiorita, appassita, finita, e si ridesta delusa, devastata, derubata, distrutta. Nell'età in cui di solito si comincia a desiderare, sperare, e bramare, Maria Stuarda ha già bruciato tutte le sue possibilità di trionfo, senza aver avuto tempo sufficiente per afferrarlo anche interiormente. Nella rapidità del suo destino è contenuta però, in germe, anche la chiave della sua 'inquietudine e insaziabilità: chi è stato così presto il numero uno di un paese e del mondo, non potrà mai più accontentarsi di una vita mediocre. Solo le nature deboli rinunciano e dimenticano, quelle forti non si piegano e sfidano anche il destino più potente.

In effetti, il breve periodo in cui è regina di Francia passa veloce come un sogno, un sogno rapido, inquieto, angosciato, teso. La cattedrale di Reims, in cui l'arcivescovo incorona il ragazzino pallido e malaticcio e dove la giovane e bella regina, vestita di tutti i gioielli della corona, risplende in mezzo alla nobiltà come un giglio esile e snello, non ancora fiorito del tutto, le regala un unico istante radioso, dopo di che la cronaca non riporta altre cerimonie o feste. Il destino non concede a M S tempo sufficiente per creare la corte trobadorica di arte e poesia da lei sognata, non ne concede ai pittori per fermare in quadri sfarzosi il ritratto del re e della sua bella consorte, né al popolo per imparare a conoscere, se non addirittura ad amare, i propri sovrani; queste due figure di bambini sfilano veloci nella lunga serie dei re di Francia, come due ombre frettolose, sospinte da un vento malvagio.

1

Page 2: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

Francesco II infatti è malato e predestinato ad una morte precoce, come un albero nella foresta. Impaurito, con occhi pesanti, stanchi, ancora addormentati, è un ragazzino smorto che ci guarda da un viso tondo e gonfio, e una crescita improvvisa, e perciò innaturale, indebolisce ancora di più le sue forze. I medici lo tengono costantemente sotto controllo, consigliandogli di riguardarsi. Tuttavia in lui è viva l'ambizione, sciocca e infantile, di non essere da meno della consorte, snella e asciutta, che ama appassionatamente la caccia e lo sport. Si obbliga forzatamente a cavalcate estenuanti e a sforzi fisici per fingere salute e virilità, ma la natura non si lascia ingannare. Il suo sangue resta inguaribilmente infetto, spiacevole eredità del nonno Francesco I, ed egli va continuamente soggetto a febbri. Appena il tempo è meno mite deve rimanere in casa, impaziente, impaurito e stanco, ombra lamentosa circondata dalla preoccupazione di molti medici. Un re così sciagurato desta a corte più compassione che rispetto, tra il popolo invece si maligna che ha la lebbra e che per guarire si bagna nel sangue di bambini da poco sgozzati; i contadini guardano cupi questo povero ragazzo, quando passa lento e pallido sul suo cavallo. I cortigiani invece, previdenti, incominciano ad attorniare la regina madre, Caterina de' Medici, e Carlo, l'erede al trono. Con queste deboli mani non è possibile reggere a lungo le redini del potere; ogni tanto, con grafia rigida e maldestra, egli disegna il suo «François» in calce a documenti e decreti, ma in verità sono i parenti di Maria Stuarda, i Guisa, a regnare in vece sua, mentre lui è impegnato a lottare per conservare il più a lungo possibile quel po’ di vita e di forza che gli sono date. Non si può certo definire un matrimonio felice –se mai è stato un vero matrimonio- questa convivenza in una specie di infermeria, questa continua cura e assistenza (pp. 37-39).

Cap. VI Il grande mercato politico dei matrimoni

Due giovani donne sono in questo momento le più ambite del mondo: Elisabetta di Inghilterra e Maria di Scozia. Chiunque in Europa abbia diritto a una corona e non abbia ancora una consorte, manda ora i suoi messaggeri: gli Absburgo e i Borboni, Filippo II di Spagina e il figlio Carlo, l'arciduca d'Austria, i re di Svezia e di Danimarca, vecchi e fanciulli, uomini e ragazzi; era molto tempo che il mercato politico dei matrimoni non era così ben fornito. Infatti il matrimonio con una principessa rappresenta ancora per un sovrano la forma

2

Page 3: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

più comoda per ampliare il proprio dominio. In tempi di assolutismo, i grandi regni ereditari non sono stati costruiti con le guerre, ma coi matrimoni: la Francia unificata, la Spagna universale, l'impero dinastico degli Absburgo. Ora però brillano improvvisamente gli ultimi preziosi gioielli della corona in Europa. Elisabetta o Maria Stuarda, l'Inghilterra o la Scozia, chi ottiene in dote l'uno o l'altro paese vince anche a livello mondiale, e insieme con la lotta nazionale si decide anche un'altra lotta, quella morale-religiosa. Se il matrimonio con una delle due sovrane dell'isola britannica toccherà ad un re cattolico, l'ago della bilancia nella lotta tra cattolicesimo e protestantesimo propenderà definitivamente a favore di Roma, e la ecclesia universalis sarà di nuovo vittoriosa sulla terra. Per questo, tale animata caccia alla sposa è infinitamente di più che una questione di famiglia; in essa si concretizza una decisione di portata mondiale.

Una decisione di portata mondiale, ma per queste due donne, per queste due regine è anche una decisione individuale. Le linee dei loro destini sono legate indissolubilmente. Se col matrimonio una delle due rivali salirà più in alto, l’altro trono incomincerà necessariamente a vacillare, se un piatto della bilancia sale, l’altro si deve abbassare. L’equilibrio dell’amicizia apparente tra Maria Stuarda può durare solo fin tanto che nessuna delle due si sposa e l’una resta regina d’Inghilterra, l’altra di Scozia; ma se gli equilibri si alterano, una deve diventare per forza la più forte, la vincitrice. In questo caso due orgogli si scontreranno decisi, nessuna vorrà piegarsi e non si piegherà all’altra. Solo un duello all’ultimo sangue potrà sciogliere questo temibile groviglio (pp.80-81)

Conclusione cap. VIII (pp.129-130)

Maria Stuarda sente con infinita amarezza tutte le grida di morte del suo fedele segretario. Ma incapace, a causa della gravidanza che le appesantisce il corpo, di liberarsi di Darnley che la tiene saldamente stretta tra le braccia, si ribella con tutta la forza della sua anima appassionata contro l'inaudita umiliazione di cui viene fatta oggetto al cospetto dei sudditi, in casa propria. Darnley può tenerle prigioniere le mani, ma non le labbra; con rabbia infinita sputa addosso al vigliacco il suo mortale disprezzo. Lo chiama traditore e figlio di un traditore, accusa se stessa per aver portato al trono una simile nullità: ciò che finora era in questa donna solo antipatia per il marito si trasforma in questi attimi in odio inestinguibile. Darnley cerca inutilmente di giustificare il proprio

3

Page 4: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

comportamento. Le rinfaccia di esserglisi negata ripetutamente da qualche mese a questa parte, di avere concesso a Rizzio più tempo che a lui, suo marito. Maria Stuarda non risparmia le minacce più tremende neanche a Ruthven, che è entrato in quel momento in camera e sfinito dagli avvenimenti sprofonda in una sedia Se Darnley sapesse leggere lo sguardo di lei, sarebbe atterrito dall'odio mortale che vi divampa senza freni. E se la sua mente fosse più agile e sveglia, dovrebbe avvertire la pericolosità del suo annuncio quando lei afferma di non considerarsi più sua moglie e di non poter trovare pace prima che il cuore di Darnley sia pieno di dolore come il suo in questo momento. Tuttavia Darnley, capace solo di brevi e piccole passioni, e ignaro della profondità della ferita arrecata all'orgoglio di Maria Stuarda, non capisce che lei ha già pronunciato la sua condanna. Questo meschino, piccolo traditore, che si lascia ingannare scioccamente da tutti, quando Maria Stuarda sfinita si fa condurre, ammutolita e apparentemente arresa, nelle proprie stanze, pensa che la sua forza sia definitivamente spezzata e che gli appartenga di nuovo. Ma presto scoprirà che un odio che sa tacere è più pericoloso delle parole più infuriate; chi ha offeso a morte questa fiera donna, ha pronunciato la sua stessa condanna.

Le grida d’aiuto di Rizzio mentre viene trascinato via, il tumulto di armi negli appartamenti reali hanno svegliato l'intero castello: con la spada in mano i fedeli sostenitori della regina, Bothwell e Huntly, si precipitano fuori delle loro stanze. Ma i congiurati hanno previsto anche quest’eventualità: Holyrood è circondata da tutte le parti dai loro servi armati, ogni accesso è impedito perché non si possano chiamare per tempo dalla città soccorsi per la regina. A Bothwell e a Huntly non resta altro, per salvare la vita della regina e trovare per tempo degli aiuti, che buttarsi dalla finestra. Messo da loro in allarme sul pericolo che minaccia la vita della sovrana, il comandante della città fa subito suonare le campane, la cittadinanza si raccoglie davanti alle porte della città e si avvia verso Holyrood, per vedere la regina e parlare con lei. Li accoglie invece Darnley che li tranquillizza ipocritamente dicendo che non successo niente; si è solo eliminata nel castello una spia straniera che voleva introdurre nel paese delle truppe spagnole. Il magistrato non osa ovviamente mettere in dubbio una parola di re, e i bravi cittadini se ne tornano di nuovo tranquilli nelle loro case, mentre Maria Stuarda, che ha cercato invano di far arrivare un messaggio alle persone lei fedeli, resta rinchiusa sotto stretta sorveglianza nelle

4

Page 5: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

sue stanze. Alle dame di corte e alle cameriere viene proibito entrarvi, tutte le porte e i Cancelli del castello sono tre volte sorvegliati: questa notte, per la prima volta nella sua vita. Maria Stuarda è divenuta, da regina, prigioniera. La congiura è riuscita fin nell'ultimo particolare. Nel cortile giace in una pozza di sangue il cadavere straziato del suo miglior servitore, a capo dei suoi nemici c’è il re di Scozia, perché a lui toccherà ora la corona, e lei invece non ha più neanche il diritto di abbandonare le proprie stanze. Di colpo è precipitata giù dal gradino più alto, è impotente, abbandonata, senza aiuti, senza amici, circondata dall’odio e dallo scherno. Tutto sembra perduto in questa notte terribile, ma sotto il martello del destino si tempra un cuore caldo. Proprio nei momenti in cui sono minacciati la sua libertà, il suo onore, il suo regno, Maria Stuarda trova sempre più forza in se stessa che in tutti i suoi aiutanti e servitori.

I traditori traditi

(pp.131 e sgg) Umanamente il pericolo rappresenta sempre, per Maria Stuarda, una fortuna. Solo nei momenti decisivi in cui deve impegnare tutta se stessa ci si rende conto delle capacità eccezionali nascoste in questa donna: fermezza ferrea e incrollabile, prontezza di valutazione, coraggio generoso e quasi eroico. Per attivare però queste immense energie bisogna prima scuotere il punto più profondo e sensibile del suo essere. Solo allora la sua forza, altrimenti diffusa, diventa vera energia. Chi cerca di umiliarla, in realtà la rinforza; ogni prova del destino diventa per lei un profondo arricchimento e dono.

Questa notte della prima umiliazione trasforma il carattere di Maria Stuarda, e lo trasforma per sempre. Nella fucina infuocata di questa terribile esperienza, quando la sua troppo facile fiducia si vede tradita contemporanea-mente dal marito, dal fratello, dai suoi amici e sudditi, tutto in questa donna altrimenti tenera e femminile diventa duro come l'acciaio, ma al tempo stesso duttile come un metallo ben temprato al fuoco. Come una vera spada è a doppio taglio, anche il suo carattere diventa doppio a partire da quella notte in cui prende l'avvio ogni successiva disgrazia. E’ cominciata la grande e sanguinosa tragedia.Solo il pensiero della vendetta occupa ora la sua mente mentre, rinchiusa in camera, prigioniera di sudditi traditori, va su e giù senza pace, pensando e

5

Page 6: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

riflettendo sempre sulla stessa cosa: come spezzare l'anello dei suoi nemici, come vendicare il sangue del suo fedele servitore che gocciola ancora caldo dalle assi del pavimento, come costringere di nuovo ad inginocchiarsi o a salire sul ceppo tutti coloro che si sono ribellati e hanno osato mettere le mani addosso a lei, la regina consacrata. Di fronte all'ingiustizia subita, d'ora in poi qualsiasi mezzo apparirà lecito a questa guerriera che ha finora rispettato le regole della cavalleria. Avviene un'intima trasformazione: lei che era imprudente, diventa prudente e astuta; lei che era troppo sincera per mentire a qualcuno, impara a fingere; lei che con tutti ha giocato sempre un fair play impegnerà ora tutte le sue eccezionali facoltà intellettuali per colpire i traditori con le loro stesse armi. Spesso si impara in un giorno solo più che in interi mesi e armi; Maria Stuarda ha ricevuto ora una lezione decisiva per tutta la vita: i pugnali dei congiurati non hanno solo assassinato davanti ai suoi occhi il fedele servitore Rizzio, ma dentro di lei la facile disponibilità alla fiducia e la leggerezza del suo essere. Quale errore accordare la propria fiducia a dei traditori, essere sinceri con dei bugiardi, quale sciocchezza aprire il proprio cuore a dei senzacuore! No, ora è venuto il momento di fingere, di dissimulare i propri sentimenti, di nascondere il proprio rancore, di essere gentili coi nemici inconciliabili e di aspettare, mascherando l'odio, l'ora in cui poter vendicare l'amico assassinato! Tutte le forze devono ora essere impegnate a nascondere i veri pensieri, a illudere i nemici fin tanto che perdura l'ebbrezza del trionfo; meglio fingersi umiliati uno o due giorni davanti a dei traditori, per umiliarli poi per sempre! Un tale orribile tradimento può essere vendicato soltanto tradendo i traditori con maggiore audacia, temerarietà e cinismo.

Maria Stuarda concepisce il suo piano con quella genialità improvvisa che un pericolo mortale conferisce spesso anche a nature deboli e pigre. La sua situazione - se ne rende conto al primo sguardo - è disperata finché Darnley e i congiurati restano uniti. Solo una cosa può salvarla, e cioè se le riesce di infilare nel momento giusto un cuneo nel blocco dei congiurati. Dato che non può strappare con un colpo solo la catena che la strangola, deve cercare di limarla con l'astuzia nel suo punto più debole: deve cercare di far sì che uno dei traditori tradisca gli altri. E quale sia il più debole tra tutti questi duri personaggi lo sa fatalmente bene: Darnley, questo «heart of wax», questo cuore di cera che si lascia plasmare da qualsiasi impronta un po’ energica. Già la prima mossa messa in atto da Maria Stuarda è psicologicamente perfetta. Annuncia di essere colta dalle doglie. L'agitazione della notte precedente, un

6

Page 7: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

assassinio brutale perpetrato dinanzi agli occhi di una donna al quinto mese di gravidanza rendono credibile l'eventualità di un parto prematuro. Maria Stuarda finge di avere crampi terribili, si mette subito a letto e ora nessuno può rifiutarle l'assistenza delle sue cameriere e del medico senza assumersi la responsabilità della più brutale crudeltà. Maria Stuarda, per il momento, non vuole altro; intanto è finito il più duro isolamento. Finalmente ha la possibilità di mandare a Bothwell e Huntly un messaggio attraverso le sue fidate domestiche e a far preparare tutto per il suo progetto di fuga. Inoltre, con la minaccia di un parto prematuro, crea grossi problemi morali ai congiurati e soprattutto a Darnley. Il bambino che porta in grembo è l'erede al trono di Scozia, l'erede al trono di Inghilterra; dinanzi agli occhi di tutto il mondo, un'immensa responsabilità ricadrebbe sul padre, se col sadismo col quale osò perpetrare l'assassinio dinanzi agli occhi di una donna incinta avesse ucciso anche il bambino nel suo ventre. Pieno di preoccupazione Darnley entra nella camera della moglie.

Assistiamo ora a una scena di sapore shakespeariano, paragonabile nella sua grandiosa inverosimiglianza forse solo a quella in cui Riccardo III, davanti alla bara dell'uomo da lui ucciso, chiede la mano della vedova e la ottiene. An-che qui l'assassinato non ha ancora ricevuto la sepoltura, anche qui l'assassino e i suoi complici stanno dinanzi a una persona contro cui hanno commesso il più atroce tradimento, anche qui l'arte della finzione acquista un'eloquenza demoniaca. Nessuno è stato testimone di questa scena; se ne conoscono solo l'inizio e la fine. Darnley si reca nella stanza della moglie, che ieri è stata da lui umiliata a morte e che, nel primo e più sincero impeto di indignazione, gli ha giurato una vendetta altrettanto mortale. Come Crimilde sul cadavere di Sigfrido, ancora ieri ha stretto i pugni contro l'assassino, ma, come Crimilde, in quest'unica notte, ha anche imparato per amor di vendetta a nascondere il proprio odio.

Cap. X Un pauroso groviglio (pp. 146 e sgg)Nella tragedia di Maria Stuarda la nascita del bambino conclude in qualche modo il primo atto, un primo atto che costituisce come un esordio introduttivo. La situazione è diventata d'un tratto drammatica ed è agitata da intime incertezze e tensioni. Ora entrano in scena nuove figure ( personaggi, cambia il luogo dell'azione, la tragedia si fa, di politica, personale. Finora Maria Stuarda aveva combattuto contro i ribelli nel proprio paese, contro gli avversar:

7

Page 8: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

dall'altra parte del confine, ora è attaccata da una forza nuova, più potente di quella di tutti i lord e baroni: non sono i suoi sensi che si ribellano, è la donna in Maria Stuarda che dichiara guerra alla regina. Il desiderio di potere perde per la prima volta il suo primato di fronte al desiderio dei sensi. Con la passione e la leggerezza la donna destatasi in lei distrugge ciò che la sovrana è riuscita finora a conservare con la prudenza; si getta in un baratro con spreco generoso di se stessa, in un'estasi di passione di cui raramente la storia ha visto l'uguale, dimenticando tutto, trascinando tutto con sé, l'onore, le leggi e i costumi, la sua corona, il suo paese: un'anima tragica difficilmente intuibile sia nella brava e diligente principessa che nella vedova di re immersa in pigra e sognante attesa. In un unico anno Maria Stuarda eleva la propria vita all'ennesima potenza di intensità drammatica e nello stesso anno la distrugge. All'inizio di questo secondo atto compare di nuovo in scena Darnley, anch'egli trasformato in personaggio tragico. Compare in scena da solo perché, avendo tradito tutti, nessuno gli accorda fiducia o anche un saluto sincero. Una profonda esasperazione, una rabbia impotente sconvolgono l'animo di questo giovane ambizioso. Ha fatto tutto ciò che un uomo poteva fare per una donna, e pensava di riceverne almeno un po' di gratitudine, un po' di umiltà, dedizione, forse persino amore. Invece in Maria Stuarda, non appena lei non ha più bisogno di lui, incontra solo un rifiuto ancor più pronunciato. La regina continua ad essere inesorabile. Per vendicarsi del traditore, i lord fuggiti le avevano fatto segretamente ricevere la lettera di impunità firmata da Darnley per l'assassinio di Rizzio, perché fosse informata della complicità del marito. Questo bond non rivela a Maria Stuarda niente di nuovo, ma quanto più disprezza l'anima vigliacca e meschina di Darnley, tanto meno il suo orgoglio può perdonarle di avere amato un tempo quest'uomo piacevole d'aspetto, ma vuoto. In lui odia an-che il proprio errore, e da tempo l'uomo Darnley le ripugna come un essere viscido e appiccicoso, come una biscia o una lumaca che non si ha voglia di toccare neanche con la mano, figuriamoci poi lasciarlo avvicinare al proprio corpo caldo e vivo. La sua esistenza e la sua presenza le opprimono l'anima come un incubo, e solo un pensiero occupa i suoi giorni e le sue notti: come eliminarlo, come liberarsi di lui. Tale pensiero, inizialmente non è neanche sfiorato da un desiderio di violenza: l'esperienza di Maria Stuarda non è isolata. Come mille altre donne, si sente, dopo un breve matrimonio, tanto amaramente delusa da non riuscire più a sopportare gli abbracci e la vicinanza di quest'uomo divenutole estraneo. La separazione appare in un caso simile la

8

Page 9: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

soluzione logica, e Maria Stuarda prende in considerazione questa possibilità con Moray e Maitland. Ma una separazione subito dopo la nascita del bambino è ostacolata dai pericolosi pettegolezzi sui suoi presunti rapporti con Rizzio: suo figlio verrebbe subito dichiarato bastardo. Per non macchiare il nome di Giacomo VI, che può aspirare al trono solo se rampollo di un matrimonio ineccepibile, la regina deve rinunciare - tremenda tortura - a questa na-turalissima soluzione.

Cap. XI Tragedia di una passioneLa passione di Maria Stuarda per Bothwell è tra le più memorabili della storia e raramente quelle antiche, divenute proverbiali, la superano per impeto e violenza. Erompe all'improvviso come una vampata spargendo le sue braci ardenti fin nelle zone purpuree dell'estasi, fino in quelle fosche del delitto. Una volta che gli stati d'animo raggiungono un simile eccesso, sarebbe ingenuo volerli misurare in base alla logica e alla ragione perché, caratteristica degli istinti indomabili, è che non siano riducibili alla ragione. Le passioni, come le malattie, non si possono né accusare, né scusare: si può solo descriverle con lo stupore sempre nuovo a cui si mescola un vago orrore di fronte alla forza originaria degli elementi che si scatenano come una tempesta, a volte nella natura e a volte in un individuo. Le passioni a questo grado estremo non sono più soggette alla volontà della persona che colpiscono; le loro manifestazioni e conseguenze non appartengono più alla sfera della sua vita cosciente, ma si verificano in qualche modo al di là di essa e al di fuori della sua responsabilità. Voler dare un giudizio morale di una persona travolta a tal punto dalla passione sarebbe assurdo, come sottoporre a resa dei conti un temporale o fare il processo a un vulcano. Maria Stuarda non può quindi essere ritenuta responsabile delle sue azioni durante questo stato di schiavitù dei sensi e dell'a-nima, perché i gesti folli di quel periodo esulano completamente dai suoi comportamenti normali, di solito morigerati; di tutto sono responsabili i suoi sensi inebriati al di fuori e persino contro la sua volontà. Ad occhi chiusi, con le orecchie sorde, come una sonnambula attratta da una forza magnetica percorre il suo cammino verso la fatalità e il delitto. Nessun consiglio può raggiungerla, nessun grido risvegliarla, e solo quando si sarà spenta la fiamma dentro il suo sangue, ridiventerà cosciente, ma incenerita e distrutta. Chi è passato una volta attraverso queste braci ne esce con la vita distrutta.

9

Page 10: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

Una passione così intensa non si ripete mai una seconda volta nella stessa persona. Come una deflagrazione consuma tutte le riserve di materiale esplosivo, è uno scoppio che brucia per sempre l'intima riserva del sentimento. In Maria Stuarda l'ardore dell'estasi dura poco più di un mezzo anno, ma in questo breve periodo la sua anima si tende e raggiunge una tale intensità da poter essere in seguito solo più l'ombra di questa luce assolutamente abbagliante. Come alcuni poeti (Rimbaud) e alcuni musicisti (Mascagni) si prodigano completamente in un'unica opera geniale, e dopo si ripiegano su se stessi esausti e privi di forze, così ci sono donne che bruciano tutte in una volta, in un solo accesso di passione, le loro facoltà amorose, invece di distribuirle con parsimonia negli anni come le nature più misurate e borghesi. Esse consumano in dose concentrata tutto l'amore della loro vita e, geni dello spreco di se stesse, si buttano con un salto nel più profondo abisso della passione da cui non c'è più salvezza né ritorno. Maria Stuarda costituirà sempre un esempio perfetto di questo genere di amore che si può a ragione definire eroico, perché non ha paura del pericolo né della morte, lei che ha saputo vivere solo una passione, ma fino all'esasperazione estrema del sentimento, fino all'autodissoluzione e distruzione. A prima vista può sembrare strano che una passione talmente elementare come quella per Bothwell segua così rapidamente alla sua precedente per Darnley. Tuttavia questo sviluppo è l'unico logico e naturale. Come ogni altra arte, anche l'amore vuole essere appreso, provato, vissuto. Esattamente come nell'arte, mai o quasi mai il primo tentativo trova la soluzione perfetta: questa legge sempre valida della vita psichica, per cui una passione estrema ne presuppone quasi sempre una precedente meno intensa, è stata illustrata grandiosamente nella sua opera da Shakespeare, il migliore conoscitore di anime. Questa nuova, insuperabile passione va molto al di là della prima per Darnley. Con Darnley aveva soltanto scoperto e sperimentato la sua voglia di donarsi, ora la vive fino in fondo; con Darnley voleva solo dividere delle cose, la corona, il potere, la vita. A Bothwell invece non vuole più dare delle singole cose, ora questa, ora quella, ma tutto ciò che possiede sulla terra; vuole diventare povera per arricchirlo, umiliarsi con voluttà per innalzarlo. Misteriosamente affascinata, butta via tutto ciò che la lega e la limita per prendere e tenere lui, soltanto lui. Sa che i suoi amici la abbandoneranno, che il mondo la coprirà di ingiurie e di disprezzo, ma al posto dell'orgoglio calpestato ne nasce uno nuovo, ed essa annuncia con entusiasmo:

10

Page 11: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

Da allora per lui ho in sprezzo l'onore, la sola cosa che ci dia felicità. Per lui metto a repentaglio grandezza e coscienza, per lui ho lasciato parenti e amici, ogni altro riguardo è tralasciato. Per lui stimo un nulla tutti gli amici e auguro bene ai nemici. Per lui ho messo a repentaglio nome e coscienza, per lui voglio rinunciare al mondo, voglio morire perché lui cammini.

Per lui voglio cercare la grandezza, e tanto farò finché riconoscerà veramente che l'unico mio bene, l'unica mia soddisfazione è di ubbidirlo e servirlo lealmente. Per lui mi attendo ogni buona sorte, per lui voglio mantenermi sana e viva, per lui voglio seguire ogni virtù, e sempre cosi, immutata, mi troverà.

CAP. XIII QUELLI CHE GLI DEI VOGLIONO PERDERE (p. 200 e seg.)

La passione può molto. Può risvegliare in una persona energie indicibili, sovrumane. Con la sua pressione irresistibile può scatenare forze titaniche anche nell'anima più pacifica e farle violare tutte le norme e le forme della legge fino al delitto. Ma è una caratteristica della passione ripiegarsi sfinita su se stessa dopo simili violente esplosioni, dopo le sue improvvise impennate. In questo il delinquente passionale si distingue sostanzialmente dal delinquente vero, nato, abituale. L'autore di un solo delitto, il delinquente passionale, ha energie sufficienti solo per il delitto, ma raramente per le sue conseguenze. Sotto l'effetto di un violento impulso, con lo sguardo puntato sulla meta prefissata, concentra tutte le sue forze su quest'unico obiettivo; non appena questo è raggiunto, non appena l'azione è compiuta, la sua energia si spezza, la sua decisione si incrina, la sua lucidità si offusca. Il delinquente freddo, lucido e calcolatore, invece si butta disinvolto nella lotta contro giudici e accusatori; la massima tensione nervosa la concentra non sull'azione, come il delinquente passionale, ma sulla sua difesa in seguito al delitto.

Maria Stuarda - e questo non diminuisce, ma innalza la sua figura - non è all'altezza della situazione delittuosa in cui viene a trovarsi a causa della sua dipendenza psichica da Bothwell. Se ha commesso il delitto, lo ha fatto uni-camente per incapacità di intendere e volere, nel pieno della sua passione, non per volontà propria, ma altrui. Le è mancata solo la forza di impedire per tempo la sciagura, e dopo il fatto la sua volontà si blocca completamente. A questo punto potrebbe fare due cose: o separarsi con un deciso rifiuto da Bothwell, che

11

Page 12: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

ha fatto più di quanto lei dentro di sé volesse, prendendo in sostanza le distanze dall'azione; oppure contribuire a nasconderla, il che significherebbe fingere e simulare dolore per allontanare i sospetti da sé e da Bothwell. Maria Stuarda fa invece la cosa più folle e sciocca che si possa compiere in una situazione così ambigua, e cioè non fa niente. Resta rigida e muta e si tradisce appunto con il suo stordimento. Come uno di quei giocattoli meccanici che una volta caricati compiono automaticamente un determinato numero di movimenti prescritti, nel suo stato di ipnosi e di plagio ha fatto passivamente tutto ciò che Bothwell le ha chiesto; è andata a Glasgow, ha rassicurato Darnley, lo ha fatto tornare facendogli un po' di moine. Ora però la molla si è arrestata, non ha più forza. Proprio ora che dovrebbe mettere in scena i suoi sentimenti per convincere il mondo, fa cadere stanca la maschera; una specie di pietrificazione, un orribile irrigidimento dell'anima, un'incomprensibile indifferenza si sono impadroniti di lei; fa cadere su di sé il sospetto come una spada sguainata, senza reagire.Questo strano fenomeno di catatonia per cui proprio nel momento in cui la finzione, la difesa e la prontezza mentale sarebbero più necessarie e l'intero essere della persona minacciata si chiude invece in passività e indifferenza assolute, non è in realtà troppo insolito. Questo irrigidimento dell'anima è l'inevitabile reazione ad una tensione straordinaria, una perfida vendetta della natura contro tutti coloro che superano i suoi limiti. In Napoleone la sera di Waterloo scompare tutta la demonica forza di volontà, se ne sta seduto muto e inerte e non dà disposizioni sebbene proprio nel momento della catastrofe sarebbero indispensabili. Di colpo sono fluite via da lui tutte le forze come il vino da una botte bucata. Allo stesso modo Oscar Wilde si chiude in se stesso poco prima dell'arresto; gli amici lo hanno avvisato, ha ancora tempo, ha soldi, potrebbe prendere il treno e passare la Manica. Ma anche lui è come pa-ralizzato, è seduto nella sua camera d'albergo e aspetta e aspetta, non si sa bene cosa, se un miracolo o la fine. Solo in base a simili analogie - e sono molte nella storia - possiamo spiegarci l'atteggiamento di Maria Stuarda, l'atteggiamento assurdo, stolto, provocatoriamente passivo di quelle settimane che fa indirizzare su di lei i sospetti.

Nella storia e nella letteratura universali la psicologia di un delitto e il mi-sterioso potere della vittima sull'assassino non sono mai stati rappresentati così grandiosamente come in queste due tragedie scozzesi, di cui l'una è inventata e l'altra è vissuta.

12

Page 13: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

Questa affinità, questa strana analogia, è veramente solo un caso? O non bisogna piuttosto supporre che nell'opera di Shakespeare abbia trovato in qualche modo espressione e sublimazione artistica la tragedia della vita di Maria Stuarda? Le impressioni dell'infanzia hanno sempre un potere inesauribile sull'anima di un poeta, e il genio trasforma misteriosamente lontani stimoli in realtà artistiche durevoli; Shakespeare deve però necessariamente essere stato a conoscenza di tutti gli avvenimenti del castello di Holyrood. Tutta la sua infanzia trascorsa in campagna deve essere stata piena di racconti e delle leggende di quella regina romantica, che perde regno e corona per una folle passione e che viene condotta prigioniera in Inghilterra di castello in castello. Probabilmente si trovava a Londra, da giovane, quasi uomo ma già interamente poeta, quando le campane risuonarono giubilanti nelle strade della città, an-nunciando che finalmente era caduta la testa della grande avversaria di Elisabetta e Darnley aveva richiamato a sé, nella tomba, la sua sposa infedele. Quando più tardi nella cronaca di Holanshed trovò la storia del cupo re di Scozia, il ricordo della tragica fine di Maria Stuarda non ha forse inconsapevolmente e misteriosamente unito elemento a elemento nella reazione chimica della poesia? Nessuno può affermarlo con sicurezza, ma nessuno può nemmeno negare che la tragedia di Shakespeare sia stata condizionata da quella della vita di Maria Stuarda. Ma solo chi ha letto e «sentito» il Macbeth potrà capire pienamente Maria Stuarda in quei giorni di Holyrood, le torture infinite di un'anima forte, non però all'altezza della sua più audace impresa.

All'interno di queste due tragedie, quella inventata e quella vissuta, è sconvolgente soprattutto l'analogia della trasformazione di Maria Stuarda e di lady Macbeth a delitto avvenuto. Lady Macbeth prima è una donna innamorata, appassionata, energica, piena di volontà e di ambizione. Vuole solo la grandezza del marito adorato e potrebbero essere scritti da lei i versi del sonetto di Maria Stuarda: «Pour luy je veux rechercher la grandeur...», è per lui che cerco la grandezza.

La sua ambizione è la molla del delitto e lady Macbeth agisce con fermezza e astuzia finché esso è solo volontà, proposito e piano, finché il sangue rosso e caldo non ha ancora bagnato le sue mani e la sua anima. Con le stesse parole insinuanti con cui Maria Stuarda attira Darnley a Kirk o'Field, lei attira Duncan nella stanza da letto dove lo attende il pugnale. Ma, subito dopo l'azione, è

13

Page 14: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

un'altra persona, con le forze spezzate e il coraggio distrutto. La coscienza le brucia dentro come il fuoco, vaga come una pazza con lo sguardo fisso nelle stanze, visione orribile per gli amici e atroce per sé. Un'unica folle brama le avvelena la mente torturata: la brama dell'oblio, un desiderio morboso di non sapere più nulla e di non dover pensare più a nulla, una nostalgia di annientamento. La stessa cosa avviene a Maria Stuarda dopo l'uccisione di Darnley. Di colpo è mutata, trasformata, e persino i suoi lineamenti sono talmente cambiati che Drury, la spia di Elisabetta, scrive a Londra: «Non si è mai vista una persona esteriormente così trasformata, in così breve tempo e senza una grave malattia, come la regina». Nulla in lei ricorda più la donna serena, tranquilla, socievole e sicura di sé di qualche settimana prima. Si chiude in camera, si nasconde, si ritira. Spera forse ancora, come Macbeth e lady Macbeth, che il mondo taccia se lei stessa tace e che l'onda nera passi mi-sericordiosa sopra il suo capo. Ma quando le voci incominciano a domandare, a farsi insistenti, quando di notte sente gridare per le strade di Edimburgo, verso le sue finestre, i nomi degli assassini, quando Lennox, il padre dell'ucciso, quando Elisabetta, la sua nemica, e Beaton, il suo amico, quando il mondo intero esigono da lei una presa di posizione, una risposta e una sentenza, incomincia lentamente a impazzire. Sa che dovrebbe fare qualcosa per coprire, per giustificare il fatto. Ma le manca la forza per una risposta convincente, per parole abili e ingannevoli. Quasi come attraverso un sonno ipnotico, sente le voci che da Londra, da Parigi, da Roma parlano, ammoniscono, consigliano, ma non riesce a scuotersi dalla sua rigidità psichica, percepisce le grida solo come una persona sepolta viva, inerme, senza forze, disperata, sente i passi sulla terra. Sa che ora dovrebbe recitare la parte della vedova in lutto, della moglie disperata, che dovrebbe singhiozzare e piangere perché si creda alla sua innocenza. Ma la sua gola è secca, non riesce più a parlare, non riesce a fingere oltre. Così va avanti settimane e settimane e alla fine non ce la fa più. Come un animale selvatico braccato da tutte le parti si volta col coraggio della disperazione contro i suoi inseguitori, come lady Macbeth per salvarsi aveva aggiunto un nuovo delitto al primo che grida vendetta, così Maria Stuarda riesce ora finalmente a scuotersi dall'irrigidimento divenuto insopportabile. Non gliene importa più niente di quello che il mondo pensa di lei, se sia saggio o folle ciò che intraprende. Basta però con la paralisi, l'importante è fare qualcosa, andare avanti e avanti, più veloce e sempre più veloce, per sfuggire alle voci, a quelle che consigliano e a quelle che minacciano. Andare avanti,

14

Page 15: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

avanti, l'importante è non fermarsi e non riflettere, altrimenti dovrebbe rendersi conto che ormai nulla può più salvarla. Uno degli eterni segreti dell'anima è che la velocità addormenta per breve tempo l'angoscia, e, come un cocchiere quando sente un ponte scricchiolare e andare in pezzi sotto la sua carrozza frusta i cavalli perché sa che solo precipitandosi in avanti potrà salvarsi, così Maria Stuarda sprona disperatamente il cavallo nero della sua sorte per superare ogni scrupolo e calpestare ogni obiezione. L'importante è non pensare più a nuUa, non sapere, non sentire, non vedere più nulla, ma andare avanti, sempre più avanti verso la follia! Meglio una fine angosciosa che un'angoscia senza fine! Legge eterna: una pietra cade sempre più veloce quanto più si avvicina all'abisso; allo stesso modo anche un'anima agisce quando il mondo intero esigono da lei una presa di posizione, una risposta e una sentenza, incomincia lentamente a impazzire. Sa che dovrebbe fare qualcosa per coprire, per giustificare U fatto. Ma le manca la forza per una risposta convincente, per parole abili e ingannevoli. Quasi come attraverso un sonno ipnotico, sente le voci che da Londra, da Parigi, da Roma parlano, ammoniscono, consigliano, ma non riesce a scuotersi dalla sua rigidità psichica, percepisce le grida solo come una persona sepolta viva, inerme, senza forze, disperata, sente i passi sulla terra.

NELLA MIA FINE È IL MIO PRINCIPIO (8 febbraio 1587)

«En ma fin est mon commencement», nella mia fine è il mio principio, era la frase, allora non del tutto" comprensibile, che Maria Stuarda anni prima aveva ricamato su un broccato. Ora il suo presentimento si avvera. Solo la sua tragica morte segna il vero inizio della sua fama, cancella dinanzi agli occhi dei posteri le sue colpe di gioventù e trasfigura i suoi errori. Con attenta fermezza la : regina condannata si prepara già da settimane a questa estrema prova. Per due volte, da giovane sovrana, aveva dovuto assistere alla morte di un nobile per decapitazione, aveva dunque imparato presto che l'orrore di un tale atto indicibilmente disumano poteva essere superato solo con un contegno eroico. I contemporanei e i posteri. Maria Stuaarda Io sa, la guarderanno con attenzione quando, prima regina incoronata, piegherà la nuca sul ceppo; ogni tremito), ogni esitazione, ogni pallore di paura in questo istante decisivo vorrebbe dire tradire la sua gloria regale. Nelle settimane di attesa raccoglie con calma tutta

15

Page 16: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

la sua forza intericore. In vita sua, questa donna di solito impulsiva non si è preparata a niente con tanta calma fermezza come a questa ora estrema. Non si coglie in lei nessun segno di paura o anche solo di stupore quando martedì 7 febbraio i suoi servitori le annunciano l'arrivo dei lord Shrewsbury e Kent insieme con alcuni funzionari. Per precauzione convoca le dame di compagnia e la maggior parte della servitù. Solo a questo punto riceve gli inviati. D'ora in poi per ogni singolo momento richiede la presenza di persone fidate perché possano un giorno testimoniare che la figlia di Giacomo V, la figlia di Maria di Lorena, che ha nelle vene il sangue dei Tudor e degli Stuart, ha saputo superare anche l'estrema prova con gloria e fierezza. Shrewshury, l'uomo in casa del quale ha abitato per quasi vent'anni, piega il ginocchio e la testa grigia. Gli trema la voce quando annuncia che Elisabetta non ha potuto fare a meno di cedere alle pressanti richieste dei suoi sudditi ordinando l'esecuzione della sentenza. Maria Stuarda non sembra stupita della brutta notizia; senza il minimo cenno di commozione - sa che ogni gesto viene registrato nel libro della storia - si fa leggere la sentenza di morte, poi si fa serenamente il segno della croce e dice: «Sia lodato il Signore per la notizia che mi portate. Non ne potrei ricevere una migliore, poiché essa mi annuncia la fine dei miei mali e la grazia che il Signore mi concede di morire per l'onore del suo nome e della sua Chiesa, quella cattolico-romana». Non mette più in discussione la sentenza. Non vuole più opporsi, da regina, all'ingiustizia arrecatale da un'altra regina, ma accettare cristianamente la sofferenza, e forse ama già il suo martirio come l'ultimo trionfo rimastole in questa vita. Ha solo due preghiere: che il suo confessore la possa assistere coi conforti spirituali e che l'esecuzione della sentenza non avvenga la mattina successiva in modo da poter dare accuratamente le ultime disposizioni. Entrambe le preghiere vengono respinte. Non ha bisogno di nessun sacerdote eretico, risponde il conte di Kent, un protestante fanatico, ma le può mandare con gioia un prete della Riforma per iniziarla alla vera religione. Naturalmente Maria Stuarda, nel momento in cui con la sua morte vuole testimoniare dinanzi a tutto il mondo cattolico la sua confessione, rifiuta di farsi impartire lezioni sulla vera fede da un sacerdote eretico. Meno crudele di questa sciocca pretesa nei confronti di una condannata a morte, è il rifiuto di rinviare l'esecuzione. Dato che le viene concessa solo una notte per i preparativi, le poche ore che le rimangono sono talmente piene che non c'è posto per paura o inquietudine. A un condannato a morte rimane sempre troppo poco tempo, il che è un dono di Dio all'uomo.

16

Page 17: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

Maria Stuarda distribuisce le sue ultime ore con una avvedutezza e ponderatezza che le furono in passato fatal-mente estranee. Da grande sovrana vuole una morte grandiosa, e la prepara come una festa, come un trionfo, come una grande cerimonia, con l'impeccabile senso dello stile che l'ha sempre contraddistinta, con l'ereditato gusto artistico e l'innato fiero contegno nei momenti di pericolo. Nulla deve essere improvvisato, nulla deve essere lasciato al caso, al momento, ogni effetto deve essere calcolato, tutto deve essere organizzato in modo regale, sfarzoso e imponente. Ogni particolare ha un suo posto preciso e logico come una strofa commovente o sconvolgente nell'inno eroico di un martirio esemplare. Per avere il tempo di scrivere con calma le lettere necessarie e di raccogliere i propri pensieri Maria Stuarda ha anticipato un po' il pasto a cui dà simbolicamente la forma solenne di un'ultima cena. Dopo che ha mangiato, la servitù della casa si raccoglie in circolo intorno a lei, e lei si fa dare una coppa di vino. Con sguardo serio ma sereno alza il calice pieno sui suoi fedeli che si sono tutti inginocchiati, beve alla loro salute e tiene poi un discorso in cui li esorta tutti caldamente a i rimanere fedeli alla religione cattolica e a vivere in pace tra di loro. Chiede perdono a ciascuno di loro per ogni ingiustizia che coscientemente o inconsapevolmente gli abbia arrecato, e a quel punto consegna a ciascuno un regalo scelto con cura, anelli, pietre, collane e pizzi, tutte le piccole cose preziose che hanno allietato e ornato la sua vita mortale. In ginocchio, in silenzio o tra i singhiozzi, essi accolgono i doni, e anche la regina, controvoglia, si commuove dinnanzi all'affetto doloroso di queste persone a lei devote.Alla fine si alza e va in camera, dove sono già accese le candele sulla scrivania. Rimane ancora molto da fare prima della mattina: rileggere il testamento, dare disposizioni per il grave passo e scrivere le ultime lettere. La prima, la più urgente, è per il suo confessore per pregarlo di vegliare a notte e pregare per lei; in realtà è solo due o tre camere più in là nello stesso castello, ma il conte di Kennt - il fanatismo è sempre spietato - ha proibito al sacerdote di lasciare la sua stanza perché non possa impartire; a Maria Stuarda l'estrema unzione «papista». Poi la regina scrive ai suoi parenti, a Enrico III e al duca di Guisa; una particolare preoccupazione, che però torna a suo onore, la affligge in questa ultima ora: che allo scadere della sua pensione di vedova di Francia la sua servitù resti senza mezzi. Prega perciò il re di Francia di assumersi lui il compito di far rispettare il suo testamento e di far celebrare messe «per una regina cristianissima» che affronta la morte «da cattolica e spoglia di tutti i

17

Page 18: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

beni». A Filippo II e al papa ha già scritto in precedenza. Rimarrebbe da scrivere a una sovrana di questo mondo, a Elisabettta. Ma Maria Stuarda non si rivolge più a lei. Non vuole pregarla, né ringraziarla più di niente; solo con un orgoglioso silenzio e con una morte grandiosa può ancora umiliare l'antica rivale.

Mezzanotte è passata già da tempo quando Maria Stuarda si stende sul letto. Tutto ciò che c'era da fare in vita l'ha fatto. L'anima ha diritto di ospitalità nel corpo stanco solo per un paio di ore. Nell’angolo della stanza le domestiche pregano in ginocchio a bassa voce; non vogliono disturbare la dormiente, ma Maria Stuarda non dorme. Ad occhi aperti scruta nella notte; fa riposare solo un po' le membra per poter affrontare domani con animo fiero e forte la morte.

Maria Stuarda si è abbigliata in occasione di molte feste, per incoronazioni e battesimi, per matrimoni e tornei, per viaggi, guerre e partite di caccia,, per ricevimenti, balli e gare, sempre avvolta nel lusso e consapevole del potere che la bellezza conferisce sulla terra. Per nessuna occasione però si è agghindata con più cura che per il momento culminante del suo destino, per la morte. Per giorni e settimane deve aver pensato al più degno rituale per la sua morte e aver scelto con attenzione ogni particolare. Deve aver studiato ad uno ad uno i capi del suo guardaroba alla ricerca dell'abbigliamento più adatto per questa occasione inusitata: come se, in un ultimo accesso di vanità, volesse dare anche come donna un esempio» duraturo della perfezione con cui una regina deve andare al patibolo. Per due ore, dalle sei alle otto del mattino, le sue inservienti la vestono. Non vuole piegarsi sul ceppo come una povera peccatrice, tremante e in abiti dimessi; per il suo ultimo passo sceglie un abito da cerimonia, da festa, il suo vestito più sono sicura che la vostra sovrana non rifiuterebbe ad un'altra regina l'assistenza delle sue donne nel momento estremo. E impossibile che abbia dato un ordine così crudele. Anche se fossi di rango inferiore me lo concederebbe e io sono la sua parente più stretta, del sangue di Enrico VII, vedova di un re di Francia e regina legittima di Scozia.»

I due conti si consultano e alla fine le viene concesso di essere accompagnata da quattro dei suoi servitori e da due delle sue donne. A Maria Stuarda bastano. Seguita da questa schiera scelta e fedele e da Andrew Melville che le regge lo strascico, entra, preceduta dal capo della polizia, da Shrewsbury e da Kent, nel grande atrio di Fotheringhay.

18

Page 19: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

Per tutta la notte nell'atrio si è lavorato. Sono stati tolti i tavoli e le sedie, in fondo alla sala è stata innalzata una piattaforma alta due piedi e ricoperta di stoffa nera come un catafalco. Dinanzi al ceppo rivestito di nero al centro c'è già uno sgabello nero con un cuscino nero su cui la regina deve chinarsi per ricevere il colpo mortale. A destra e a sinistra sono state collocate due poltrone per i conti Shrewsbury e Kent in rappresentanza di Elisabetta; addossate alla parete ci sono, rigide come il bronzo, vestite di velluto nero e col volto mascherato, due figure senza volto: il boia e il suo aiutante. Su questo raccapricciante e grandioso palcoscenico possono mettere piede solo la vittima e i carnefici: in fondo alla sala si affolla però il pubblico. Qui è stata eretta una barriera, sorvegliata da Poulet e dai suoi soldati, dietro a cui ci sono duecento nobili venuti in tutta fretta dai dintorni per assistere allo spettacolo unico e finora mai visto di una regina decapitata. Davanti ai portoni sbarrati del castello premono centinaia e centinaia di popolani, attratti dalla notizia: ma a loro l'accesso è negato. Solo il sangue nobile può assistere allo spargimento di sangue reale.

Maria Stuarda entra calma nell'atrio. Regina fin dalla nascita, ha imparato presto a tenere un contegno regale, e tale arte raffinata non l'abbandona neanche in questo estremo istante. Sale a testa alta i due gradini verso il pa-tibolo. Così a quindici anni è salita sul trono di Francia e sui gradini dell'altare di Reims. Così sarebbe salita sul tro-no di Inghilterra, se altre stelle avessero guidato il suo destino. Con la stessa umiltà e lo stesso orgoglio con cui si era inginocchiata al fianco di un re di Francia, al fianco di un re di Scozia, per ricevere la benedizione del sacerdote, china ora la testa per ricevere la benedizione della morte. Ascolta indifferente il segretario che legge ancora una volta la sentenza di morte; i suoi lineamenti hanno un'espressione così serena e quasi allegra, che persino Wingfield, il suo nemico accanito, nel suo rapporto a Cecil riferisce che Maria Stuarda ha ascoltato la lettura del verdetto quasi si trattasse di un messaggio di grazia.

Una dura prova però l'aspetta ancora. Maria Stuarda vuole che quest'ultima ora sia grande e pura, che illumini il mondo come una fiaccola di fede, come una grande fiamma di martirio cattolico. Tuttavia i lord protestanti vogliono impedire che l'ultimo gesto della sua vita diventi un'efficace professione di pio cattolicesimo, e cercano fino all'ultimo istante di sminuire con piccole cattiverie il nobile atteggiamento di Maria Stuarda. Più volte la regina, nel breve percorso

19

Page 20: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

tra la sua camera e l'atrio, si era guardata in giro per vedere se tra i presenti non ci fosse il suo confessore, in modo da ottenere da lui, almeno con un cenno muto, l'assoluzione e la benedizione. Invano. Il confessore non aveva potuto lasciare la sua stanza. Mentre già si prepara ad affrontare l'esecuzione senza assistenza religiosa, compare improvvisamente sul palco il pastore protestante di Peterborough, Fletcher; fino all'ultimo istante della sua vita si protrae la lotta orrida e crudele tra le due religioni che ha sconvolto la sua giovinezza e distrutto il suo destino. Certo i lord sanno bene, per i suoi ripetuti rifiuti, che la cattolica convinta preferisce morire senza i conforti religiosi piuttosto che con quelli di un prete eretico. Ma come Maria Stuarda vuole rendere omaggio dinanzi al patibolo alla sua religione, anche i protestanti vogliono onorare la loro, anch'essi esigono la presenza del loro Dio. Con il pretesto di un'affettuosa preoccupazione per il bene della sua anima il sacerdote protestante inizia un sermone mediocre che Maria Stuarda, impaziente di morire, cerca in-cato la nuca, ma ha colpito con rumore sordo la testa. Un rantolo, un gemito esce soffocato dalla bocca della martire. Il secondo colpo ferisce in profondità la nuca e fa sgorgare il sangue con violenza. Solo il terzo colpo però stacca la testa dal tronco. Ancora un'atrocità: quando il boia vuole afferrare la testa per i capelli e mostrarla, gli resta in mano solo la parrucca e la testa rotola via, come una palla insanguinata, sul pavimento di legno. Quanto il boia alla fine la prende e la solleva, si scorge soltanto - immagine orribile - a testa di una vecchia con i capelli grigi e rasati. Per un attimo l'orrore della strage paralizza gli spettatori, nessuno respira o parla. Alla fine però il sacerdote di Peterborough pronuncia con sforzo l'invocazione: «Evviva la regina!».

La testa irriconoscibile, pallidissima, guarda con occhi ciechi quei nobili che, se il gioco della sorte fosse andato diversamente, sarebbero stati i suoi più fedeli servitori e più zelanti sudditi. Per un quarto d'ora ancora le labbra tremano convulsamente dopo aver trattenuto con sovrumana violenza l'orrore di un essere vivo, e si sente stridore di denti. Per attutire l'atrocità della vista si ricoprono in fretta con una stoffa nera il tronco e la testa di medusa. Mentre in mezzo al paralizzato silenzio i servitori vogliono portare via il cupo carico, un piccolo incidente scioglie il fosco orrore. Nel momento in cui i carnefici sollevano il tronco insanguinato per portarlo nella stanza attigua dove sarà imbalsamato, qualcosa si muove sotto i vestiti. Senza essere scorto da nessuno il cagnolino prediletto della regina l'aveva seguita e, preoccupato in qualche

20

Page 21: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

modo per la sua sorte, si era accucciato vicino al suo corpo. Ora viene fuori, tutto fradicio del sangue versato. Abbaia, morde, guaisce e ringhia, e non vuole staccarsi dal cadavere. I carnefici cercano di allontanarlo a forza, ma non si lascia prendere né allettare, e salta addosso ostinato a queste strane, grandi bestie nere, che lo hanno ferito dolorosamente col sangue della sua amata padrona. La bestiolina ha combattuto per la sua padrona più accanitamente di tutti, più del figlio e dei molti che le hanno giurato fedeltà.

EPILOGO (1587-1603)

Nel dramma greco, alla tragedia cupa e lenta segue sempre una farsa breve e sfrontata: un epilogo di questo tipo non manca neanche nel dramma di Maria Stuarda. La mattina dell'8 febbraio la sua testa è caduta, e già la mattina seguente tutta Londra ne è informata. Grida infinite di giubilo accolgono la notizia nella città e nel paese. Se le orecchie di solito fini della regina non fossero divenute improvvisamente sorde e chiuse, Elisabetta dovrebbe ora in-formarsi quale festa non prevista dal calendario i suoi sudditi stiano celebrando con tanta irruenza. Ma si guarda bene dal fare domande, avvolgendosi sempre di più nel mantello incantato dell'oblio. Vuole essere informata ufficialmente dell'esecuzione della sua rivale o, piuttosto, venirne «sorpresa».

Spetta a Cecil il compito scomodo di informare la regina, apparentemente ignara, dell'esecuzione della sua «cara sorella». La cosa non gli piace molto. Per vent'anni, in simili occasioni, si sono abbattute sul fido consigliere tempeste di tutti i tipi, ire genuine o simulazioni politiche; anche questa volta quest'uomo pacato e serio si arma internamente di una particolare calma quando entra nella stanza dei ricevimenti della sua sovrana per informarla ufficialmente dell'avvenuta esecuzione. Ma la scena che ora incomincia non ha esempi. Come, si è osato giustiziare Maria Stuarda a sua insaputa e senza suo espresso ordine? Impossibile, inconcepibile! Non aveva mai preso in considerazione una misura così crudele, a meno che un nemico esterno avesse violato la terra inglese. I suoi consiglieri l'hanno ingannata, tradita, si sono comportati con lei in modo infame. Il suo onore e il suo prestigio sono stati indelebilmente macchiati agli occhi di tutto il mondo da quest'azione perfida e subdola. Ah, povera sfortunata, caduta vittima di un misero errore, di una vile infamia!

21

Page 22: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

Elisabetta singhiozza, grida e si agita come una pazza. Insulta coi modi più rudi l'uomo anziano per aver osato, senza un suo permesso esplicito, lui e gli altri membri del consiglio, far eseguire la sentenza di morte da lei firmata.Cecil e i suoi amici non avevano dubitato neanche un attimo che Elisabetta avrebbe preso le distanze dall'azione «illegale» da lei avviata, definendola un «errore di funzionari subordinati». Consapevoli della loro desiderata disub-bidienza, si erano uniti per liberare insieme la regina dal «peso» della responsabilità. Avevano però pensato che Elisabetta sarebbe ricorsa a questa scappatoia solo dinanzi all'opinione pubblica e invece sub rosa, nella stanza delle udienze private, li avrebbe addirittura ringraziati della pronta eliminazione della rivale. Elisabetta invece si è preparata così bene dentro di sé a simulare lo sdegno, che esso diventa genuino, suo malgrado o almeno oltre la sua volontà. Ciò che si abbatte ora sulla testa china di Cecil non è un temporale inscenato, ma una scarica violenta di ira vera, un uragano di improperi, una raffica di offese. Elisabetta passa quasi a vie di fatto col suo più fedele consigliere, lo offende con parole così inaudite che il vecchio offre le proprie dimissioni, e in realtà, a punizione del presunto zelo, non può più per qualche tempo comparire a corte. Diventa chiaro solo ora con quanta abilità e previdenza abbia agito Walsingham, il vero istigatore, preferendo ammalarsi o darsi malato nei giorni decisivi. È infatti sul suo sostituto, sullo sfortunato Davison, che si riversa ora l'ira ribollente della regina. Diventa lui il capro espiatorio, la prova ostentata dell'innocenza di Elisabetta. La regina giura ora che egli non ha mai avuto l'autorizzazione a consegnare a Cecil la condanna a morte e a farvi apporre il si-gillo di Stato. Ha agito di propria iniziativa contro il suo volere, causandole con la sua spudorata invadenza un danno immenso. Dà ordine di accusare ufficialmente nella Starchamber il funzionario infedele, in realtà troppo fedele; per sentenza della corte deve essere pubblicamente confermato in tutta Europa che l'esecuzione di Maria Stuarda ricade unicamente sulle spalle di questo mascalzone, mentre Elisabetta ne era del tutto ignara. Naturalmente gli stessi consiglieri che hanno giurato di condividere fraternamente la responsabilità tradiscono vergognosamente il loro compagno, affrettandosi a salvare dalla tempesta dell'ira regale le loro cariche di ministri e i loro privilegi. Davison, che per l'incarico di Elisabetta non ha altro testimone che le mute pareti, viene condannato a una multa di diecimila sterline, somma che non può pagare, per cui viene messo in prigione; in seguito gli viene poi assegnata segretamente una pensione, ma finché Elisabetta sarà viva non potrà più comparire a corte, la sua

22

Page 23: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

carriera è rovinata, la sua esistenza finita. E sempre pericoloso per dei corti-giani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può risultare a volte averli capiti troppo bene.

La bella favola dell'innocenza e dell'inconsapevolezza di Elisabetta è troppo sfrontata perché possa passare per vera. Forse una sola persona crederà a questo racconto fantasioso e, stranamente, si tratta di Elisabetta. Una delle ca-ratteristiche più singolari delle nature isteriche o tendenzialmente tali non è solo la facoltà di mentire con assoluta disinvoltura, ma anche di mentire a se stesse. Ciò che vogliono sia vero diventa per loro verità e le loro testimonianze possono a volte essere le bugie più sincere e per questo più pericolose. Probabilmente Elisabetta si ritiene assolutamente sincera quando dichiara e giura a destra e a sinistra di non aver mai ordinato né voluto l'esecuzione di Maria Stuarda. C'era stata sempre in lei una mezza volontà contraria all'uccisione e il ricordo di essa rimuove gradualmente la sua effettiva partecipazione al gesto ipocritamente voluto. Il suo scoppio d'ira al momento dell'annuncio di ciò che certo voleva, ma senza esserne messa a parte, non era solo una teatrale messinscena, ma anche - in lei tutto è ambivalente - un'ira vera, genuina, un non potersi perdonare la violenza usata contro i suoi istinti più veri, un'ira vera anche contro Cecil che l'ha coinvolta nella faccenda senza essere stato capace di liberarla dalla responsa-bilità. Elisabetta si è talmente autosuggestionata e auto convinta che l'esecuzione è avvenuta contro il suo volere, che d'ora in poi le sue parole avranno un tono quasi con vincente. Non sembra veramente più un inganno il fatto che riceve vestita a lutto l'ambasciatore francese e gli di chiari che «né la morte del padre, né quella della sorella l'hanno colpita così profondamente» e che è solo «una povera, debole donna, attorniata da nemici». Se i membri del consiglio di Stato che le hanno giocato questo brutto tiro non fossero stati tanto tempo al suo servizio, li avrebbe fatti decapitare. Lei stessa ha firmato la condanna a morte solo per calmare il suo popolo, ma l'avrebbe fatta mettere in atto solo se un esercito nemico fosse penetrato in Inghilterra.

Questa semiverità e semimenzogna per cui Elisabetta non avrebbe mai veramente voluto l'esecuzione di Maria Stuarda, la regina inglese la riafferma anche nella lettera che scrive di suo pugno a Giacomo VI. Ancora una volta pone l'accento sull'estremo dolore causatole dall'«infame errore», avvenuto del tutto contro la sua volontà e senza il suo consenso («without her knowledge and

23

Page 24: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

consent»). Invoca Dio a testimone della sua innocenza e del fatto che non aveva mai pensato di far giustiziare Maria Stuarda («she never had thought to put the Queene, your mother, to death»), sebbene i suoi consiglieri avessero quotidianamente premuto in questo senso. Prevenendo la naturale obiezione che essa addosserebbe tutta la colpa a Davison, dice con orgoglio che nessuna potenza di questa terra potrebbe spingerla a scaricare sulle spalle altrui un ordine dato da lei stessa.Giacomo VI non ha però una particolare voglia di conoscere la verità; in fondo vuole solo una cosa: allontanare il sospetto di non avere difeso a sufficienza la vita di sua madre. Certo non può dire subito «amen»; deve mantenere, come Elisabetta, un'apparenza di sorpresa e di indignazione. Fa perciò un gesto teatrale e dichiara solennemente che un tale atto non può rimanere impunito. All'ambasciatore di Elisabetta viene proibito di varcare i confini scozzesi e viene inviato a Berwick, città di frontiera, un messo a ritirare la missiva: il mondo deve essere testi-mone che Giacomo VI mostra i denti agli assassini di sua madre. Il gabinetto dei ministri a Londra ha però preparato già da tempo la giusta polverina digestiva per convincere il figlio recalcitrante a «mandar giù» in silenzio la notizia dell'esecuzione della madre. Insieme con la lettera di Elisabetta destinata al «palcoscenico del mondo» ne parte per Edimburgo una privata, diplomatica, in cui Walsingham comunica al cancelliere scozzese che la successione al trono inglese per Giacomo VI è sicura; e così il losco affare è perfetto. La dolce pozione ha magici effetti sul figlio, in apparenza così dolorosamente frastornato. Giacomo VI non menziona più uno scioglimento dell'alleanza. Non si preoccupa più che il corpo della madre contigui a rimanere insepolto nell'angolo di una chiesa. Non protesta neanche più perché la sua ultima volontà di trovare pace in terra di Francia viene rudemente ignorata. E magicamente convinto, all'improvviso, dell'innocenza di Elisabetta, e accetta volentieri la versione menzognera dell'«errore». «Vi purificate con questo dall'infelice evento (Ye purge Youre self of one unhappy fact)» scrive a Elisabetta, e da bravo mantenuto della regina inglese si augura che «la sua onorevole condotta sia nota per sempre al mondo». Un vento dorato di promesse ha placato rapidamente le onde agitate della sua ira. Solo pace e concordia regneranno d'ora innanzi tra il figlio e la donna che ha condannato a morte sua madre.

24

Page 25: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

La morale e la politica percorrono strade diverse. Un avvenimento sarà sempre valutato da punti di vista completamente diversi a seconda che se ne consideri l'aspetto umanitario o quello del vantaggio politico. Da un punto di vista morale l'esecuzione di Maria Stuarda resta un atto del tutto ingiustificabile: contro qualsiasi norma di diritto internazionale, si era trattenuta in tempo di pace la regina del paese vicino, e le si era messo segretamente un laccio intorno al collo, attirandola in un tranello nel più perfido dei modi. È però altrettanto innegabile che, da un punto di vista politico, l'eliminazione di Maria Stuarda fu per l'Inghilterra una giusta misura. In politica - purtroppo! - di una misura non è decisiva la correttezza, ma il successo. Rispetto all'esecuzione di Maria Stuarda, il successo politico giustifica a posteriori l'assassinio, perché procura all’Inghilterra e alla sua regina non disordini, ma pace. CeciI e Walsingham hanno valutato giustamente i rapporti di forza in proprio favore. Sapevano che gli Stati esteri si lasciano sempre intimidire da un governo veramente forte, chiudendo vilmente un occhio sulle sue violenze e persino sui suoi delitti. Avevano ragione nel prevedere che il mondo non si sarebbe messo in agitazione per questa esecuzione, ed effettivamente le fanfare della vendetta francesi e scozzesi tacciono di colpo. Enrico III non interrompe affatto, come aveva minacciato, i rapporti diplomatici con l'Inghilterra, e se quando Maria Stuarda era viva non aveva mandato un solo soldato oltre la Manica per salvarla, tanto meno lo manda ora a vendicarne la morte. Certo fa celebrare a Notre-Dame una bella messa in memoria e i poeti scrivono, strofe elegiache: ma, con questo. Maria Stuarda, in Francia, è sistemata e dimenticata. Nel parlamento scozzese si fa un po' di rumore, Giacomo VI si veste a lutto; ben presto però partecipa allegramente a partite di caccia coi cavalli regalatigli da Elisabetta, accompagnato dai cani regalatigli da Elisabetta, e continua a restare il vicino più comodo che l'Inghilterra abbia mai avuto. Solo Filippo di Spagna, il «temporeggiatore», si scuote ed equipaggia la Grande Armada. Ma è solo e ha contro la buona stella di Elisabetta, e la buona stella fa parte della grandezza di tutti i gloriosi sovrani. Prima ancora che si giunga alla battaglia la flotta spagnola scompare tra i flutti e così si conclude l'attacco da tempo progettato della Controriforma. Elisabetta ha vinto definitivamente e l'Inghilterra, con la morte di Maria Stuarda, ha superato il suo più grave pericolo. I tempi della difesa sono passati; ora la sua potente flotta potrà solcare gli oceani e raggiungere tutte le parti della terra, riunendole in un grande impero mondiale. La ricchezza aumenta e una nuova arte fiorisce durante l'ultimo periodo di vita

25

Page 26: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

di Elisabetta. Mai la regina è stata tanto ammirata, amata, venerata, come dopo la sua peggiore azione. I grandi edifici pubblici sono sempre costruiti con le pietre della durezza e dell'ingiustizia, le loro fondamenta sono sempre cementate col sangue; in politica, solo i vinti hanno torto, e la storia procede oltre col suo passo ferreo.

La pazienza del figlio di Maria Stuarda viene messa ancora a dura prova: sul trono inglese non sale con un balzo, come ha sognato; il prezzo per la sua venale indulgenza non gli viene pagato subito, come ha sperato. Deve aspettare, aspettare e aspettare, sottoporsi alla tortura più atroce per un ambizioso. Per quindici anni, quasi quanti sua madre ne ha trascorsi prigioniera di Elisabetta, deve sonnecchiare ozioso a Edimburgo e aspettare, aspettare, aspettare finché alla fine lo scettro cadrà dalla mano irrigidita della vecchia regina. Se ne sta annoiato nei suoi castelli in Scozia, va spesso a caccia, scrive trattati su questioni politiche e religiose, ma la sua principale occupazione resta questa lunga, vuota, irritante attesa di una certa notizia da Londra: ma la buona nuova tarda ad arrivare. E’ come se il sangue versato dalla sua rivale abbia infuso nuova vita nelle vene di Elisabetta. Dopo la morte di Maria Stuarda diventa sempre più forte, sempre più sicura, sempre più sana. Non conosce più notti insonni, la febbrile ansia della coscienza di cui ha sofferto nei mesi e anni di indecisione si placa ora grazie alla calma che ha donato al paese e a se stessa. Nessun mortale osa più contenderle il trono, e persino alla morte questa donna gelosa oppone un'appassionata resistenza, neanche alla morte vuole concedere la sua corona. Settantenne, tenace e inflessibile, non vuole morire, per giorni interi vaga da una stanza all'altra, non riesce a stare a letto, non riesce a stare in una stanza. Grande e terribile, si rifiuta di lasciare a chiunque il posto sulla terra per cui ha combattuto tanto ostinatamente e senza scrupoli.Finalmente giunge però la sua ora, finalmente la morte piega in una dura lotta questa donna indomabile, ma i polmoni ansimano ancora, e il vecchio cuore continua cocciutamente a battere, anche se sempre più debolmente. Sotto la finestra, col cavallo già sellato, un messo dell'impaziente erede di Scozia aspetta il segnale stabilito. Una dama di corte ha promesso di buttar giù un anello nell'istante in cui Elisabetta esala l'ultimo respiro. Ma le cose vanno per le lunghe. Il messo guarda invano la finestra; la vecchia regina vergine che ha rifiutato tanti pretendenti, non permette alla morte di impadronirsi del suo corpo. Finalmente il 24 marzo la finestra si apre, una mano di donna sporge fuori, l'anello cade giù. Subito il corriere monta in sella, galoppa senza sosta

26

Page 27: Cap - Pagine di filosofia e storia – a cura di … · Web viewE sempre pericoloso per dei cortigiani non capire i desideri reconditi dei loro sovrani, ma ancor più fatale può

per due giorni e mezzo verso Edimburgo, cavalcata che resterà famosa nei secoli. Con lo stesso impeto con cui trentasette anni prima Melville aveva cavalcato da Edimburgo a Londra per portare a Elisabetta la notizia che Maria Stuarda aveva messo al mondo un figlio, questo altro messaggero si precipita ora a Edimburgo da quel figlio per annunciargli che la morte di Elisabetta gli ha donato una seconda corona. Giacomo VI di Scozia è diventato in questo momento anche re di Inghilterra, è diventato finalmente Giacomo I. Nel figlio di Maria Stuarda si riuniscono per sempre le due corone, la sciagurata lotta di molte generazioni è finita. La storia procede spesso per vie cupe e tortuose, ma alla fine si realizza sempre il suo significato e la necessità impone il suo diritto. Giacomo I si insedia soddisfatto nel palazzo di Whitehall, che sua madre aveva sognato per sé. Finalmente non ha più problemi di soldi e la sua ambizione si placa; pensa solo ai propri agi e non all'immortalità. Va spesso a caccia, va volentieri a teatro dove protegge, unico merito che gli si può attribuire, un certo Shakespeare e altri bravi poeti. Debole, pigro, non intelligente, senza le doti intellettuali che possedeva Elisabetta, senza il coraggio e la passione della sua romantica madre, amministra diligentemente l'eredità comune delle due antiche rivali: ciò a cui entrambe hanno aspirato per sé in una tensione spasmodica dell'anima e dei sensi, gli è caduto in grembo senza colpo ferire, dopo una paziente attesa. Ora che l'Inghilterra e la Scozia sono unite si può anche dimenticare che una regina di Scozia e una regina di Inghilterra si sono devastate la vita con l'odio e la rivalità. Ora non sono più l'una nel torto e l'altra nella ragione, la morte ha restituito a entrambe lo stesso rango. Dopo essersi per tanto tempo fronteggiate, riposeranno ora l'una accanto all'altra. Giacomo I fa tra-sportare il corpo di sua madre dalla chiesa di Peterborough, dove giace solitaria come una reietta, con una solenne fiaccolata, nella cappella dei re di Inghilterra, nell'abbazia di Westminster. L'effigie di Maria Stuarda viene scolpita nella pietra e posta accanto a quella di Elisabetta. Il vecchio dissidio si è placato per sempre, nessuna delle due contesta più all'altra il diritto e lo spazio. Le due regine, che da vive si sono sempre ostilmente evitate e non si sono mai guardate negli occhi, riposano alla fine come sorelle, l'una accanto all’atra, nello stesso sacro sonno dell'immortalità.

27