Canto VII -  · Rodolfo d’Asburgo, Ottocaro II di Boemia, Filippo III di Francia, Enrico I di...

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Canto VII Sequenze narrative ® RICONOSCIMENTO TRA SORDELLO E VIRGILIO Sordello chiede a Virgilio* chi egli sia e, saputo di trovarsi di fronte proprio al glorioso poeta latino da lui tanto ammirato, lo loda e gli chiede da quale parte dell’Oltremondo sia giunto in Purgatorio.Virgilio spiega al suo concittadino i motivi del suo viaggio e quindi gli parla della propria condizione di spirito del Limbo*. ® SORDELLO GUIDA DEI DUE POETI. LA LEGGE DELL ASCESA NEL PURGATORIO Virgilio chiede a Sordello di mostrare loro la via per salire al Purgatorio; questi si offre come loro guida, ma li avverte che nel Purgatorio, durante le ore notturne, non è possibi- le salire, e propone quindi ai poeti di trascorrere la notte in un luogo in cui potrà mostra- re loro alcune cose dilettevoli. ® SALITA ALLAVALLETTA E CONDIZIONE DEGLI SPIRITI I tre poeti, guidati da Sordello, salgono per un sentiero che segue il monte fino al limite di un avvallamento che contiene un luogo ameno, ricoperto di erbe e fiori bellissimi e pro- fumati. Sul tappeto d’erba siedono anime che stanno cantando tutte insieme il Salve Regi- na. Sordello comunica ai poeti l’opportunità di trattenersi nel punto più alto del lembo della Valletta, posizione privilegiata dalla quale è possibile seguire tutto ciò che accade al suo interno. ® LE ANIME DEI PRINCIPI NEGLIGENTI Sordello comincia a descrivere le anime dei principi negligenti, che qui soggiornano: Rodolfo d’Asburgo, Ottocaro II di Boemia, Filippo III di Francia, Enrico I di Navarra, Pie- tro III d’Aragona, Carlo I d’Angiò, Arrigo III d’Inghilterra e Guglielmo VII di Monferra- to. La descrizione si chiude con un accenno alla teoria della nobiltà, che non si eredita alla nascita ma si acquisisce con le opere: e in questo Sordello si riferisce ai figli di questi sovra- ni, indegni nella loro azione politica delle virtù paterne. vv 91-136 vv 61-90 vv 37-60 vv 1-36 Posizione Antipurgatorio*:Valletta dei principi* Spiriti espianti Negligenti: trascurarono la cura dello spirito perché eccessivamente attratti dalle cose terrene Pena Devono attendere nell’Antipurgatorio un tempo equivalente alla durata della propria vita Contrappasso Avendo tardato a pentirsi, devono attendere prima di poter iniziare il processo di espiazione dei peccati Dante incontra Sordello*, Rodolfo d’Asburgo*, Ottocaro II di Boemia*, Filippo III di Francia*, Enrico I di Navarra*, Pietro III d’Aragona*, Carlo I d’Angiò*, Arrigo III d’Inghilterra*, Guglielmo VII* marchese di Monferrato Purgatorio, VII, 82-84, miniatura ferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365, f. 117 v. Roma, Biblioteca Vaticana. 358

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Canto VII

■ Sequenze narrative

® RICONOSCIMENTO TRA SORDELLO E VIRGILIO

Sordello chiede a Virgilio* chi egli sia e, saputo di trovarsi di fronte proprio al gloriosopoeta latino da lui tanto ammirato, lo loda e gli chiede da quale parte dell’Oltremondo siagiunto in Purgatorio. Virgilio spiega al suo concittadino i motivi del suo viaggio e quindigli parla della propria condizione di spirito del Limbo*.

® SORDELLO GUIDA DEI DUE POETI. LA LEGGE DELL’ASCESA NEL PURGATORIO

Virgilio chiede a Sordello di mostrare loro la via per salire al Purgatorio; questi si offrecome loro guida, ma li avverte che nel Purgatorio, durante le ore notturne, non è possibi-le salire, e propone quindi ai poeti di trascorrere la notte in un luogo in cui potrà mostra-re loro alcune cose dilettevoli.

® SALITA ALLA VALLETTA E CONDIZIONE DEGLI SPIRITI

I tre poeti, guidati da Sordello, salgono per un sentiero che segue il monte fino al limite diun avvallamento che contiene un luogo ameno, ricoperto di erbe e fiori bellissimi e pro-fumati. Sul tappeto d’erba siedono anime che stanno cantando tutte insieme il Salve Regi-na. Sordello comunica ai poeti l’opportunità di trattenersi nel punto più alto del lembodella Valletta, posizione privilegiata dalla quale è possibile seguire tutto ciò che accade alsuo interno.

® LE ANIME DEI PRINCIPI NEGLIGENTI

Sordello comincia a descrivere le anime dei principi negligenti, che qui soggiornano:Rodolfo d’Asburgo, Ottocaro II di Boemia, Filippo III di Francia, Enrico I di Navarra, Pie-tro III d’Aragona, Carlo I d’Angiò, Arrigo III d’Inghilterra e Guglielmo VII di Monferra-to. La descrizione si chiude con un accenno alla teoria della nobiltà, che non si eredita allanascita ma si acquisisce con le opere: e in questo Sordello si riferisce ai figli di questi sovra-ni, indegni nella loro azione politica delle virtù paterne.

vv 91-136

vv 61-90

vv 37-60

vv 1-36

Posizione Antipurgatorio*: Valletta dei principi*

Spiriti espianti Negligenti: trascurarono la cura dello spirito perchéeccessivamente attratti dalle cose terrene

Pena Devono attendere nell’Antipurgatorio un tempo equivalente alladurata della propria vita

Contrappasso Avendo tardato a pentirsi, devono attendere prima dipoter iniziare il processo di espiazione dei peccati

Dante incontra Sordello*, Rodolfo d’Asburgo*, Ottocaro II di Boemia*, Filippo III di Francia*, Enrico I di Navarra*, Pietro III d’Aragona*, Carlo I d’Angiò*, Arrigo III d’Inghilterra*,Guglielmo VII* marchese di Monferrato

Purgatorio, VII,82-84, miniaturaferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365,f. 117 v. Roma, BibliotecaVaticana.

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Canto VII Purgatorio

■ Temi e motivi

Caratteristiche della VallettaLa prima metà del canto è dedicata alle spiegazioni di Sordello* (che assume la funzionedi guida di Dante e Virgilio*) relative alla legge della montagna, la cui ascesa può avveni-re solo di giorno, e alla descrizione topografica della Valletta; la seconda riguarda la rasse-gna dei principi, attraverso cui la denuncia della miseria politica, che Dante aveva in pre-cedenza rivolto all’Italia e a Firenze, viene ora estesa all’intera Europa. La Valletta è l’ulti-mo luogo in cui stazionano le anime dell’Antipurgatorio*, al di qua della porta di accessoalle cornici del monte; si tratta di un ripiano incavato nella costa rocciosa del monte e con-tornato da un balzo, dove vanno a posizionarsi i tre poeti. Da questo punto di osservazio-ne Sordello passa in rassegna gli spiriti che dimorano in questa zona privilegiata. Si tratta,secondo il tópos* classico del locus amoenus*, di un luogo ridente e sereno, coperto di erbae di fiori, i cui colori brillanti non hanno equivalente terreno. La Valletta sembra prefigu-rare l’Eden*, non solo per la bellezza, ma anche perché, nel canto successivo, essa sarà tea-tro della sacra rappresentazione del serpente (forse lo stesso della Genesi – Purg. VIII, 98-99) e della sua cacciata da parte degli angeli incaricati di difendere gli abitanti dalle tenta-zioni diaboliche.

La rassegna dei prìncipiPur non essendo esplicitamente indicata, la colpa dei principi (anch’essi pentiti alla finedella vita, anche se non per pigrizia) riguarda senza dubbio il ruolo di capi politici rive-stito nella vita terrena: un ruolo privilegiato e impegnativo che essi tuttavia gestironocurando i propri interessi privati più che il bene generale dei sudditi, non esercitando finoin fondo la tutela della giustizia e della pace, rendendosi quindi responsabili della decadenzapolitica dell’Europa cristiana e di quegli ideali di armonia e di pace che Dante sperava diveder realizzati nella Monarchia universale. In ogni caso, ponendoli tra gli spiriti destinatialla salvezza, Dante non ne fa oggetto di dura riprovazione (molti di essi, ad eccezione del-l’imperatore Rodolfo d’Asburgo, vengono anzi lodati per le loro qualità), che è invecediretta contro i loro figli, indegni sia sul piano politico che su quello morale. La vera colpadei principi della Valletta è in sostanza quella di aver rivolto tardi il proprio pensiero a Dio.Nell’Antipurgatorio essi devono inoltre recuperare, per contrappasso*, l’esercizio dellamisericordia che in vita non provarono; per questo Dante affianca personaggi che furononemici e rivali, ciascuno ora confortato dalla vista dell’altro e accomunati nella preghiera.

Poscia che l’accoglienze oneste e liete furo iterate tre e quattro volte,

3 Sordel si trasse, e disse: «Voi, chi siete?».

«Anzi che a questo monte fosser volte l’anime degne di salire a Dio,

6 fur l’ossa mie per Ottavian sepolte.

Io son Virgilio; e per null’altro rio lo ciel perdei che per non aver fé».

9 Così rispuose allora il duca mio.

® RICONOSCIMENTO TRA SORDELLO E VIRGILIODopo che le accoglienze cortesi (oneste) e liete furono ripe-tute (iterate) tre e quattro volte, Sordello si ritrasse, e disse:«Voi, chi siete?».

«Prima che le anime degne di salire a Dio fossero indirizzate(volte) a questo monte, le mie ossa furono sepolte per ordinedi (per) Ottaviano.

Io sono Virgilio, e per nessun’altra colpa (rio) perdetti (perdei)il Cielo se non per il fatto che non ebbi la fede (fé)». Cosìrispose allora la mia guida (il duca mio).

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Canto VIIPurgatorio

Qual è colui che cosa innanzi sé sùbita vede ond’e’ si maraviglia,

12 che crede e non, dicendo «Ella è... non è...»,

tal parve quelli; e poi chinò le ciglia, e umilmente ritornò ver’ lui,

15 e abbracciòl là ’ve ’l minor s’appiglia.

«O gloria di Latin», disse, «per cui mostrò ciò che potea la lingua nostra,

18 o pregio etterno del loco ond’io fui,

qual merito o qual grazia mi ti mostra? S’io son d’udir le tue parole degno,

21 dimmi se vien d’inferno, e di qual chiostra».

«Per tutt’i cerchi del dolente regno»,rispuose lui, «son io di qua venuto;

24 virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno.

Non per far, ma per non fare ho perduto a veder l’alto Sol che tu disiri

27 e che fu tardi per me conosciuto.

Luogo è là giù non tristo di martìri, ma di tenebre solo, ove i lamenti

30 non suonan come guai, ma son sospiri.

Quivi sto io coi pargoli innocenti dai denti morsi de la morte avante

33 che fosser da l’umana colpa essenti;

quivi sto io con quei che le tre sante virtù non si vestiro, e sanza vizio

36 conobber l’altre e seguir tutte quante.

Ma se tu sai e puoi, alcuno indizio dà noi per che venir possiam più tosto

39 là dove purgatorio ha dritto inizio».

Rispuose: «Loco certo non c’è posto; licito m’è andar suso e intorno;

42 per quanto ir posso, a guida mi t’accosto.

Ma vedi già come dichina il giorno, e andar sù di notte non si puote;

45 però è buon pensar di bel soggiorno.

Come colui che vede improvvisamente (sùbita) una cosadavanti (innanzi) a sé di cui si meraviglia, a cui crede e noncrede, dicendo: «Ella è… Ella non è…»,

tale mi parve quello; poi chinò gli occhi (le ciglia), e umil-mente si avvicinò di nuovo (ritornò) a lui, e lo abbracciò (piùin basso), dove è bene che chi è inferiore (’l minor : per dignitào età) si stringa (s’appiglia).

«O gloria della stirpe italiana (di Latin)», disse, «grazie a cui lanostra lingua mostra le massime potenzialità espressive (ciò chepotea), onore (pregio) eterno della mia città (loco) d’origine(ond’io fui),

quale merito mio o quale grazia divina ti mostra a me? Se iosono degno di udire le tue parole, dimmi se vieni dall’Infer-no, e da quale cerchio (chiostra)».

«Io sono giunto qui attraverso tutti i cerchi del regno deldolore (dolente)», gli rispose; «una potenza divina (virtù del ciel)mi indusse a muovermi (mi mosse), e grazie al suo aiuto (conlei) sono potuto arrivare (vegno).

Non per quello che ho fatto (per far), ma per non aver fatto(per non fare) ho perduto la possibilità (ho perduto) di vedere laluce di Dio (l’alto Sol) che tu desideri (disiri) e che io (per me)conobbi troppo tardi.

C’è un luogo nell’Inferno (là giù), non rattristato (tristo) daeterni tormenti fisici (martìri), ma solo dalle tenebre, dove ilamenti non risuonano come grida di dolore (guai), ma comesospiri.

Là (Quivi) io sto insieme ai fanciulli (pargoli) innocenti affer-rati (dai denti morsi) dalla morte prima (avante) di essere puri-ficati (essenti) (tramite il battesimo) dal peccato originale (l’u-mana colpa);

là io sto con quelli che non poterono seguire (non si vestiro) letre virtù teologali (sante/ virtù), anche se vissero senza vizi e co-nobbero e seguirono tutte quante le altre virtù.

® SORDELLO GUIDA DEI DUE POETI. LA LEGGE DELL’ASCESA NEL PURGATORIOMa se tu sai e se lo puoi, dacci qualche indizio con cui noipossiamo giungere più velocemente (tosto) là dove il Purga-torio ha il suo vero (dritto) inizio.Rispose: «Non ci è imposto un luogo fisso (certo); mi è lecito(licito) andare di sopra (suso) e intorno; fin dove (per quanto) miè consentito andare (ir), posso stare al tuo fianco (mi t’accosto)come guida.

Ma vedi come il giorno sta ormai (già) per tramontare (dichi-na), e salire di notte non si può (puote); perciò conviene (èbuon) pensare a un luogo gradevole in cui sostare (bel soggior-no).

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Canto VII Purgatorio

Anime sono a destra qua remote; se mi consenti, io ti merrò ad esse,

48 e non sanza diletto ti fier note».

«Com’è ciò?», fu risposto. «Chi volesse salir di notte, fora elli impedito

51 d’altrui, o non sarria ché non potesse?».

E ’l buon Sordello in terra fregò ’l dito, dicendo: «Vedi? sola questa riga

54 non varcheresti dopo ’l sol partito:

non però ch’altra cosa desse briga, che la notturna tenebra, ad ir suso;

57 quella col nonpoder la voglia intriga.

Ben si poria con lei tornare in giuso e passeggiar la costa intorno errando,

60 mentre che l’orizzonte il dì tien chiuso».

Allora il mio segnor, quasi ammirando, «Menane», disse, «dunque là ’ve dici

63 ch’aver si può diletto dimorando».

Poco allungati c’eravam di lici, quand’io m’accorsi che ’l monte era scemo,

66 a guisa che i vallon li sceman quici.

«Colà», disse quell’ombra, «n’anderemo dove la costa face di sé grembo;

69 e là il novo giorno attenderemo».

Tra erto e piano era un sentiero schembo, che ne condusse in fianco de la lacca,

72 là dove più ch’a mezzo muore il lembo.

Oro e argento fine, cocco e biacca, indaco, legno lucido e sereno,

75 fresco smeraldo in l’ora che si fiacca,

da l’erba e da li fior, dentr’a quel seno posti, ciascun saria di color vinto,

78 come dal suo maggiore è vinto il meno.

Non avea pur natura ivi dipinto, ma di soavità di mille odori

81 vi facea uno incognito e indistinto.

Vi sono delle anime, sulla destra, appartate (remote); se lo vuoi(se mi consenti), ti condurrò (merrò) da loro, e con (non sanza)soddisfazione (diletto) potrai conoscerle (ti fier note)».

«Come mai si verifica questo?», rispose Virgilio. «Chi volessesalire di notte, sarebbe (fora) forse ostacolato (impedito) daqualcuno (d’altrui), o non salirebbe (sarria) perché non neavrebbe la possibilità (non potesse)?».

E il buon Sordello tracciò un segno (fregò) in terra col dito, di-cendo: «Vedi? neppure questa sola riga riusciresti a varcare do-po il tramonto del sole (dopo ’l sol partito):

non per il fatto che (non però) vi sia qualche altro impedimento(ch’altra cosa desse briga) a salire (ad ir suso) tranne (che) il buio (not-turna tenebra); e questo (quella), impedendo di salire (col nonpo-der), basta anche a bloccare (intriga) la volontà di farlo (voglia).

Si potrebbe facilmente (Ben si poria) al buio (con lei) ritorna-re in basso (in giuso) e passeggiare vagando (errando) intornoalla montagna (costa), per tutto il tempo che l’orizzontenasconde dietro di sé (tien chiuso) la luce del giorno (il dì)».

® SALITA ALLA VALLETTA E CONDIZIONEDEGLI SPIRITIAllora Virgilio (segnor), quasi con stupore (ammirando), disse: «Gui-daci (menane) dunque nel punto (là) in cui dici che si può attende-re piacevolmente il giorno (ch’aver si può diletto dimorando)».C’eravamo di poco allontanati (allungati) di lì (lici), quando iomi accorsi che il monte aveva una concavità (era scemo), come(a guisa) le valli che erodono (sceman) in terra (quici) i monti(li).

«Andremo là (colà)», disse Sordello, «dove il fianco (costa) siavvalla (face di sé grembo); e là attenderemo il nuovo giorno».

Tra la parete (erto) e la costa (piano) c’era un sentiero obliquo(schembo), che ci condusse nel fianco della valle (lacca), là dovel’orlo dell’avvallamento (lembo) è meno ripido (più ch’a mezzomuore).

I colori oro e argento puri (fine), rosso scarlatto (cocco) e bianco(biacca), azzurro vivo (indaco), il colore brillante (lucido) e chiaro(sereno) della lichite (legno), il colore vivido (fresco) dello smeral-do nel momento (in l’ora) in cui viene spezzato (si fiacca),

ciascuno di questi colori sarebbe (saria) superato (vinto) dall’er-ba e dai fiori posti entro quella valle (seno), come il minore (ilmeno) è superato dal maggiore.

Non solo (pur) la natura aveva qui profuso i suoi colori (dipinto),ma della soavità di mille profumi (odori) aveva fatto un unicomiscuglio (uno), nuovo (incognito) e indistinto.

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‘Salve, Regina’ in sul verde e ’n su’ fiori quindi seder cantando anime vidi,

84 che per la valle non parean di fuori.

«Prima che ’l poco sole omai s’annidi», cominciò ’l Mantoan che ci avea vòlti,

87 «tra color non vogliate ch’io vi guidi.

Di questo balzo meglio li atti e ’volti conoscerete voi di tutti quanti,

90 che ne la lama giù tra essi accolti.

Colui che più siede alto e fa sembianti d’aver negletto ciò che far dovea,

93 e che non move bocca a li altrui canti,

Rodolfo imperador fu, che potea sanar le piaghe c’hanno Italia morta,

96 sì che tardi per altri si ricrea.

L’altro che ne la vista lui conforta, resse la terra dove l’acqua nasce

99 che Molta in Albia, e Albia in mar ne porta:

Ottacchero ebbe nome, e ne le fasce fu meglio assai che Vincislao suo figlio

102 barbuto, cui lussuria e ozio pasce.

E quel nasetto che stretto a consiglio par con colui c’ha sì benigno aspetto,

105 morì fuggendo e disfiorando il giglio:

guardate là come si batte il petto! L’altro vedete c’ha fatto a la guancia

108 de la sua palma, sospirando, letto.

Padre e suocero son del mal di Francia: sanno la vita sua viziata e lorda,

111 e quindi viene il duol che sì li lancia.

Quel che par sì membruto e che s’accorda, cantando, con colui dal maschio naso,

114 d’ogne valor portò cinta la corda;

e se re dopo lui fosse rimasolo giovanetto che retro a lui siede,

117 ben andava il valor di vaso in vaso,

Di qui (quindi) vidi delle anime sedute sull’erba e sui fiori, nonvisibili (non parean) dall’esterno della valle (per la valle), che can-tavano ‘Salve, Regina’.

«Prima che il poco sole rimasto si nasconda (s’annidi)», comin-ciò il Mantovano che ci aveva guidati (vòlti), «non chiedetemi(non vogliate) che io vi conduca tra quegli spiriti.

Da questa piccola altura (balzo) voi potrete conoscere le azioni(li atti) e i volti di tutte queste anime meglio di quanto non fa-reste se foste in mezzo a loro (tra essi accolti) laggiù nella valle(lama).

® LE ANIME DEI PRINCIPI NEGLIGENTIColui che siede più in alto e mostra (fa sembianti) di aver tra-scurato (negletto) ciò che era suo dovere fare, e che non parteci-pa (non move bocca) al canto degli altri,

fu l’imperatore Rodolfo, che avrebbe potuto sanare i mali (pia-ghe) che hanno ucciso (morta) l’Italia, così che troppo tardi altrisi cercherà di sanarla (si ricrea) ad opera di qualcun altro (per al-tri).

L’altro che nell’atteggiamento (nella vista) sembra volerlo con-solare (lui conforta), fu signore di Boemia, la terra in cui nascel’acqua che la Moldava (Molta) porta nell’Elba (Albia), e l’Elbafa poi confluire (ne porta) nel mare:

si chiamò (ebbe nome) Ottocaro (Ottacchero), e sin da bimbo(nelle fasce) fu molto più valente (fu meglio) di suo figlio Ven-ceslao, ora adulto (barbuto), che si nutre (cui... pasce) di lussu-ria e mollezza (ozio).

E quello che ha un così piccolo naso (quel nasetto) che pareconsultarsi (stretto a consiglio) con quel suo vicino dall’aspettocosì benevolo (benigno), morì mentre si ritirava (fuggendo), diso-norando (disfiorando) così il giglio (l’insegna reale di Francia):

guardate là come si batte il petto! E guardate come l’altrotiene la guancia appoggiata alla mano (ha fatto a la guancia dela sua palma... letto), sospirando.

Sono padre e suocero della sciagura (mal) di Francia (ossiaFilippo il Bello): sono al corrente (sanno) della sua vita cor-rotta (viziata) e viziosa (lorda), e da ciò (quindi) deriva il dolo-re (duol) che tanto profondamente (sì) li affligge (li lancia).

Quello che sembra così corpulento (membruto) e intona (s’ac-corda) il proprio canto con l’altro che ha il naso virile (maschio),si distinse (portò cinta la corda) in ogni qualità (d’ogne valor);

e se fosse rimasto re dopo di lui il giovinetto che gli siede dietro(retro), il suo valore si sarebbe di certo (ben) tramandato (andava)di generazione in generazione (di vaso in vaso),

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Canto VII Purgatorio

che non si puote dir de l’altre rede; Iacomo e Federigo hanno i reami;

120 del retaggio miglior nessun possiede.

Rade volte risurge per li rami l’umana probitate; e questo vole

123 quei che la dà, perché da lui si chiami.

Anche al nasuto vanno mie parole non men ch’a l’altro, Pier, che con lui canta,

126 onde Puglia e Proenza già si dole.

Tant’è del seme suo minor la pianta, quanto, più che Beatrice e Margherita,

129 Costanza di marito ancor si vanta.

Vedete il re de la semplice vita seder là solo, Arrigo d’Inghilterra:

132 questi ha ne’ rami suoi migliore uscita.

Quel che più basso tra costor s’atterra, guardando in suso, è Guiglielmo marchese,

135 per cui e Alessandria e la sua guerra

fa pianger Monferrato e Canavese».

cosa che non si può (puote) dire degli altri eredi (rede); Giacomoe Federico ora regnano (hanno i reami), ma nessuno di loro ha ri-cevuto dal padre l’eredità (retaggio) migliore.

Rare (rade) volte la rettitudine morale (probitade) umana rina-sce (risurge) nei figli (per li rami); e questo vuole Dio che lainfonde (quei che la dà), perché si riconosca (si chiami) che essaproviene da Lui.

Le mie parole vanno tanto a Carlo (al nasuto) quanto (nonmen) all’altro, Pietro, che insieme a lui canta, per la cui stirpedegenerata (onde) Puglia e Provenza già si dolgono (si dole).

Il figlio (la pianta) è infatti tanto inferiore (minor) al padre(seme suo), quanto Costanza ha ragione di vantarsi ancora oggidel proprio marito (Pietro III), più di quanto Beatrice e Mar-gherita possano vantarsi del loro (Carlo d’Angiò).

Potete vedere seduto laggiù, da solo, il re dalla vita semplice,Arrigo d’Inghilterra: costui ha nella propria discendenza (ne’rami suoi) un esito (uscita) migliore.

Quello che tra costoro è seduto più in basso (s’atterra), guar-dando verso l’alto (in suso), è il marchese Guglielmo, a causadel quale (per cui) Alessandria, con la sua guerra,

fa soffrire (fa pianger) i territori del Monferrato e del Canavese».

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