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I.C. “EMANUELE ARMAFORTE”
ALTOFONTE
A.S. 2010 -2011
PROGETTO
LA MEMORIA STORICA
“EMANUELE ARMAFORTE”
ED I 50 ANNI DELL’ISTITUZIONE
DELLA SCUOLA AD ALTOFONTE
OMAGGIO AD EMANUELE ARMAFORTE
REALIZZATO DALLE CLASSI
III A – III C
DOCENTI COORDINATORI
D. BRAVATA’ – M. T. BRUCATO
Sempre mi sta dinanzi alla mente la
figura di Emanuele Armaforte
amato e ammirato per l’ingegno
luminoso, la luminosità della
cultura, il gusto eletto e la bellezza
delle sue poesie latine.
Il suo volto aperto, l’occhio grande e
lucente, il gesto accorto e
signorile, la persona quadrata
armonizzavano per esse. Egli mi
fa ricordare tutta la tradizione
umanistica siciliana serena e forte,
espressione di quanto possiede di
più ricco ed elegante e nobile
l’anima della Sicilia.
Nicola Zingarelli
Foto di Emanuele Armaforte
(Per gentile concessione del Signor A. Bruno)
Era il giorno di Natale del 1870, quando il piccolo Emanuele nel paese di Parco
emise il suo primo vagito. Era figlio di Mariangela Napoli e di quell’Antonino
Armaforte che tanto si era distinto nell’impresa dei Mille, guidando i “picciotti” e
lo stesso Garibaldi lungo i viottoli tra passo di Renda e Monte Calvario, sopra
Parco, per accamparsi in attesa di attaccare Palermo.
Da pochi mesi i soldati pontifici erano stati sconfitti e l’esercito italiano era
entrato a Roma attraverso la breccia di Porta Pia. Finalmente Roma era
capitale ma Papa Pio IX severamente affermò “Non expedit”. Erano anni di
grande fermento politico e sociale: l’Italia ormai era fatta ma gli Italiani
ancora non sapevano di essere tali.
PAPA PIO IX
Emanuele trascorre serenamente la sua infanzia, tra giochi e corse, nella
piazza Umberto I del suo amato paese, dove frequenta la “Scuola del
Parco”, e acquisisce i primi rudimenti di quel patrimonio linguistico e
culturale che tanto amerà per tutta la vita.
G. MAZZINI G. GARIBALDI C. BENSO CONTE DI CAVOUR V. EMANUELE II
Ma in Italia le cose si complicano, i padri della Patria non ci sono più: Mazzini,
Cavour, Garibaldi, Vittorio Emanuele II appartengono ormai al passato, e la Destra
storica deve cedere il passo ad uomini nuovi per risollevare le sorti di questa Italia
ancora acerba e carica di problemi. Sono gli anni di De Pretis e Crispi e di quella
Sinistra che finalmente farà uscire l’Italia dal suo isolamento internazionale.
DE PRETIS CRISPI
In quegli anni Emanuele, ancora ragazzino, viene mandato a studiare presso il
seminario di Monreale, dove rimane per dieci anni e dove ha modo di maturare
il suo profondo amore per le “Humanae Litterae”. Terminati gli studi ginnasiali,
si trasferisce a Palermo per frequentare l’Università. Dapprima s’iscrive alla
Facoltà di Medicina, ma essendo svenuto durante una lezione di anatomia,
capisce che non è la sua strada e così sceglie di seguire il suo grande amore
per Dante e per Virgilio, iscrivendosi alla facoltà di lettere a Palermo.(Oggi sede
della Facoltà di Giurisprudenza)
G. PITRE’ A. SALINAS
Sono anni di grande fermento culturale, durante i quali ha modo di conoscere gli
uomini più eminenti della cultura di Palermo: Giuseppe Pitrè, Antonio Salinas,
Gioacchino Daidone, con i quali può condividere la sua grande passione
letteraria, e scambiare versi in latino e traduzioni dotte. Già in precedenza aveva
intrapreso rapporti di amicizia anche con il vate Giosuè Carducci, al quale volle
dedicare alcune delle sue opere giovanili. Proprio grazie a questa amicizia
diventerà membro della Società Dante Alighieri, di cui lo stesso Carducci era stato
uno dei fondatori.
G. CARDUCCI ROMA - PALAZZO FIRENZE
SEDE DELLA SOCIETA’ DANTE ALIGHIERI
Ed eccoci arrivati ai primi del Novecento: il re d’Italia Umberto I è stato appena
ucciso, ed è salito al trono suo figlio Vittorio Emanuele III. Inizia così un nuovo
periodo nella storia italiana, caratterizzato da un’accorta politica liberale il cui
autore principale sarà Giovanni Giolitti: politica sociale, suffragio universale
maschile, conquista della Libia, sono alcune delle iniziative portate
brillantemente a termine sotto il suo governo.
Foto dei soldati in Libia 1911
In Europa impazza la Belle Epoque. Nei Cafè chantant de Paris si balla il “can can” e
la Tour Eiffel illumina la città. Nei Caffè di Vienna (Kaffeauser) si gusta la “Sacher
Torte” con la fiduciosa consapevolezza di un progresso e di un benessere imperituri.
Nel 1900 Emanuele consegue la laurea in Lettere, con la votazione di 106/110,
discutendo la tesi su Ovidio. Nel novembre del 1901 inizia la sua brillante carriera di
docente di latino presso il Regio Ginnasio Inferiore Meli, ove vi rimarrà fino al 1911
per poi trasferirsi al Regio Liceo Ginnasio Vittorio Emanuele II, dove concluderà la
sua carriera. Egli amò profondamente la scuola e i suoi alunni, ai quali dedicò le sue
migliori energie, lasciando un ricordo indelebile di sè in tutti coloro che lo hanno
conosciuto. Uno dei suoi scolari, Attilio Zingales, ricorda così l’amato maestro:
“Professore: titolo scolastico, espressione burocratica. Ma egli fu ben altro. Egli era
veramente il Maestro”.
Palermo - Odierna sede del Liceo Classico Vittorio Emanuele II
Nel 1901 diventa membro di Terza classe della
Società Siciliana per la Storia Patria con la
quale collaborerà fino alla morte.
Nel 1902 pubblica uno dei suoi lavori
migliori: la traduzione dell’ “Inno a Venere”
di Lucrezio, che lo porterà alla ribalta
nazionale come fine traduttore.
Nel 1911 darà mostra della sua grande
abilità nel comporre versi in latino:
parteciperà infatti al “Certamen Capitolino”,
una gara internazionale di poesia latina,
bandita dal comune di Roma, per celebrare
il Natale della città eterna e l’Armaforte si
classificherà 2° dopo Giovanni Pascoli con il
carme “Il Natale di Roma”. E a distanza di
14 anni nel 1925 darà nuovamente prova
delle sua abilità poetica, concorrendo ad un
certame poetico bandito dalla R. Università
di Roma, con il carme “Siracusana”.
Pergamena donata dai discepoli al “Maestro”
come vincitore del “Certamen Capitolino”
L’incontro con l’ambiente culturale palermitano non gli farà dimenticare la tanto
amata terra natale. Tra il 1907 e il 1910 collabora con Eugenio Di Carlo alla
realizzazione delle iscrizioni collocate sulla facciata del Municipio di Parco e
sull’Obelisco del Monte Calvario, in occasione del 50° anniversario dell’impresa
dei Mille e dell’Unità d’Italia. E’ inoltre l’autore dell’iscrizione per la sorgente di
Parco.
PER L’ OBELISCO SUL MONTE CALVARIO
A RICORDO CHE SU QUESTO COLLE
DAL XXII AL XXIV MAGGIO MDCCCLX
GIUSEPPE GARIBALDI
POSE L’ACCAMPAMENTO
A GLORIA DI QUESTO POPOLO
CHE ACCOLSE I LEGIONARI DEL DITTATORE
CON VIRTU’ ROMANA CON GENTILEZZA ITALICA
IL MUNICIPIO DI PARCO
NEL CINQUANTESIMO DELLA RIVOLUZIONE
RELIGIOSAMENTE CONSACRA
Ma nubi di tempesta si addensano
sull’Europa, venti di guerra spirano da
Germania, Francia, Inghilterra, Russia e
Serbia.
“Alle armi, alle armi!” Si grida in tutta Europa
quando il 28 giugno del 1914 l’arciduca
Francesco Ferdinando
fu assassinato a Sarajevo.
Scoppia così la Grande Guerra e anche l’Italia,
suo malgrado, il 24 maggio 1915
imbraccerà le armi.
• Attentato di sar
• trincea
Nel 1914 Emanuele Armaforte
pubblica uno dei testi
fondamentali della sua
produzione: “La Sintassi Latina”
ad uso dei Ginnasi, un manuale
scolastico destinato ad
accompagnare le fatiche di intere
generazioni di studenti.
Ma anche il nostro Professore è
coinvolto da questa guerra che
segnerà duramente il destino di
tante nazioni, con il suo carico di
rovine, morti e distruzione.
Proprio ai ragazzi del Liceo
Vittorio Emanuele II caduti in
guerra dedicherà un’ epigrafe in
ricordo del loro sacrificio.
Cessata la bufera della guerra, per il nostro Professore Armaforte è tempo di
tornare ad una tranquilla quotidianità fatta di insegnamento, studi, poesia.
Nel 1919 l’amico G. E. Nuccio lo invita a collaborare alla “Confederazione Dei
Grilli” per ripercorrere insieme le tappe delle civiltà antiche, di cui Palermo è
tutt’ora così ricca. E questa sua grande passione per la Sicilia, per la sua arte e
il suo folklore, lo porterà a dirigere per diversi anni l’Università Popolare di
Palermo, in cui teneva delle affollatissime lezioni ad operai e semplici
lavoratori, per far conoscere loro le bellezze della propria Terra. Sempre
questo amore per l’arte e la natura lo porterà ad essere uno dei soci più attivi
del Club Alpino Siciliano, al quale aveva dato il motto di cui esso si fregia.
1905 - Foto del
Club Alpino Siciliano
Terminata la guerra anche l’Italia tenta di tornare alla normalità tra tante difficoltà:
vedove, orfani, mutilati, crisi economica, riconversione industriale, proteste
sindacali. Ma ecco che irrompe, sulla scena politica italiana, quell’uomo che terrà
nelle sue mani le sorti dell’Italia per oltre un ventennio: Benito Mussolini, l’uomo
della Provvidenza, come lo definirà Papa Pio XI, chiamato dal destino a ristabilire
ordine e pace in Italia.
E’ il 28 ottobre del 1922 quando il Duce marcia su Roma alla testa delle camicie
nere. Dal quel momento diventerà il padrone assoluto dello Stato italiano.
Benito Mussolini
marcia su Roma
Con l’avvento del Fascismo anche il Professore Armaforte, come buona parte
della cultura del tempo, s’iscrive al Fascio, ma tale adesione non fu solo
formale in quanto forte in lui era il culto della Patria, per la quale sentiva un
affetto sacro e fondamentale. Nel 1923 viene nominato membro del Consiglio
di amministrazione del R. Istituto dei Sordomuti, incarico che accettò volentieri
per la sua grande valenza educativa e per un’innata volontà di far del bene.
Siamo giunti al 1926.
L’ otto settembre, malgrado le condizioni di salute non siano le migliori, si imbarca sul transatlantico “Patria” che lo avrebbe condotto a New York per tenere un ciclo di conferenze in qualità di oratore propagandista della Società Dante Alighieri. Per l’Armaforte partire è alquanto increscioso ma, pur tuttavia, una necessità per allontanarsi dalla grave situazione nella quale si era venuto a trovare. Mentre si trovava sul “Patria” scrive alcuni distici per una giovane donna straniera:
In rotta verso New-YorK sul “Patria”
Mentre la nave fende l’azzurra distesa de l’acque,
Aprendo un vasto solco di biancheggianti spume,
Odo voci da presso d’inglesi fanciulle ammiranti
Lo scintillar de l’onde per l’infinito Oceano.
Ma più gradita suona, di grazia straniera atteggiata,
La divina dolcezza de l’eloquio di Dante . [….]
Parlami, o rosea bocca; nel cor che si nutre di pianto
Sveglia i sacri ricordi de la Patria lontana;
Ove m’attende il caro fratello che sotto ai cipressi
Dorme coi nostri vecchi che già sotterra scesero,
Ove rimase in pianto l’amata sorella che aspetta
Il di’ del mio ritorno, ne la deserta casa.
Settembre 1926
Il Prof. Armaforte a New York
Con il piroscafo “Patria” è giunto
a New York - chiamato dal
Comitato Centrale della “Dante
Alighieri” – il Prof. E. Armaforte,
insegnante della storia dell’arte
all’Università di Palermo. Egli è un
illustre latinista e fu classificato
secondo – immediatamente dopo
Giovanni Pascoli – nella gara
internazionale di poesia latina
tenuta in Campidoglio per la
celebrazione dell’annuale di
Roma, nel cinquantesimo
anniversario del nuovo Regno.
Due anni or sono vinse anche il
concorso di poesia latina bandito dalla
Facoltà letteraria della Regia Università
di Roma. Conosciuto e largamente
apprezzato per le sue rare qualità di
artista e di scrittore, il prof. Armaforte è
membro della Reale Commissione per
la conservazione dei Monumenti.
Egli terrà una serie di conferenze alla
Società Dante Alighieri, alle quali,
indubbiamente, interverrà scelto e
numeroso pubblico”.
Articolo di giornale dell’epoca
(Per gentile concessione del Signor A. Bruno)
Dopo avere tenuto tre conferenze le sue condizioni di salute si aggravano, e il
23 dicembre del 1926, mentre si trovava con un compaesano del Parco in una
ferrovia sotterranea, all’improvviso si accascia, viene ricoverato d’urgenza in
ospedale ove morì il 26 dicembre assistito da alcuni familiari.
La sua salma verrà traslata al cimitero di Sant’Orsola di Palermo nel 1928, dove
ora riposa in pace insieme ai suoi cari.
“I suoi occhi non videro e non vollero vedere se non luce, bontà, bellezza, e
quando l’ombra dei mali gli si addensò attorno, li chiuse per sempre”.
Girolamo Daidone
La salma di Emanuele Armaforte
composta nelle pace della sua terra
“Emmanuele Armaforte torna, morto alla sua terra. La città che lo vide Maestro e amico, umanista e poeta, vigila con la luce di pupille molteplici, con lo stupore pensoso di mille e mille cuori fedeli la salma santificata da tutte le virtù che onorano la vita.
La benedizione della Patria è sulla bara, grave di pianto, in cui si riaccende e si esalta l’eco del dolore, che torna e si prostra accanto al suo cuore.
Emmanuele Armaforte, anima d’altro tempo e d’altro tono, che non siano i nostri, esprimeva in ogni suo sentimento, un’onda di serenità superiore. Serenità che proveniva da un appagamento ideale dello spirito, raffigurante in ogni attimo della sua vita, la visione lontana di un mondo, in mezzo al quale egli viveva come un poeta e come un sacerdote.
Fu, per questo, un umanista.
Nel senso più alto e più vero della parola………..”
Articolo di giornale dell’epoca
(Per gentile concessione del Signor A. Bruno)
BIBLIOGRAFIA
Le ricerche bio-bibliografiche sono state effettuate alla biblioteca
del comune di Altofonte
Ferdinando Albeggiani “Emanuele Armaforte “ – Discorso Commemorativo
AA. VV. Omaggio a Emanuele Armaforte
Articoli di giornali
Le foto sono state scattate ad Altofonte
Si ringraziano
il D.S. dell' I.C. “Emanuele Armaforte” Prof.ssa Irene Iannello
il personale della biblioteca del comune di Altofonte
per la competenza e la grande disponibilità dimostrate
il signor Antonino Bruno per la collaborazione e per aver messo a
disposizione gli articoli dei giornali e la foto di E. Armaforte.