CANTINA ANTINORI - Archea Associati · CANTINA ANTINORI Bargino (FI), 2005 ... e dalle sottilissime...

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© COPYRIGHT WWW.ARCHEA.IT Il contenitore doveva esprimere l’essenza del contenuto: un prodotto che nasce e si sviluppa dalla terra come sintesi di un lavoro, una tradizione, una cultura, profondamente connesse con il paesaggio agreste e l’ambiente naturale. L’immagine e la sostanza della nuova cantina alludono a questo legame imprescindibile e radicale con il territorio, fino a nascondersi e confondersi in esso. La costruzione concettuale si traduce nella proposta di un involucro completamente interrato, che celando tutti quegli elementi che solitamente appartengono alla sfera delle costruzioni urbane, tenta una difficile ma necessaria riconciliazione tra natura e artificio. Il risultato è un nuovo piano di campagna a vigneto segnato da due tagli orizzontali CANTINA ANTINORI Bargino (FI), 2005 che seguendo le curve di livello muove i profili collinari permettendo l’ingresso della luce e l’inquadramento panoramico del contesto circostante. La “facciata” dell’edificio, distesa orizzontalmente sul pendio, è dunque disegnata dai filari che ne costituiscono il rivestimento, e dalle sottilissime fenditure che ne svelano, senza mostrarlo, il cuore “sacro”: la sequenza ritmata delle volte sotterranee che custodiscono nell’oscurità il prodotto nella sua lunga fase di preparazione Lungi da un atteggiamento mimetico e rinunciatario, sono le denotazioni fisiche e connotazioni storiche dell’idea stessa di cantina a suggerire la condizione per interpretarne al meglio ruolo funzionale e possibilità espressive.

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Il contenitore doveva esprimere l’essenza del contenuto: un prodotto che nasce e si sviluppa dalla terra come sintesi di un lavoro, una tradizione, una cultura, profondamente connesse con il paesaggio agreste e l’ambiente naturale. L’immagine e la sostanza della nuova cantina alludono a questo legame imprescindibile e radicale con il territorio, fino a nascondersi e confondersi in esso. La costruzione concettuale si traduce nella proposta di un involucro completamente interrato, che celando tutti quegli elementi che solitamente appartengono alla sfera delle costruzioni urbane, tenta una difficile ma necessaria riconciliazione tra natura e artificio. Il risultato è un nuovo piano di campagna a vigneto segnato da due tagli orizzontali

CANTINA ANTINORI Bargino (FI), 2005

che seguendo le curve di livello muove i profili collinari permettendo l’ingresso della luce e l’inquadramento panoramico del contesto circostante. La “facciata” dell’edificio, distesa orizzontalmente sul pendio, è dunque disegnata dai filari che ne costituiscono il rivestimento, e dalle sottilissime fenditure che ne svelano, senza mostrarlo, il cuore “sacro”: la sequenza ritmata delle volte sotterranee che custodiscono nell’oscurità il prodotto nella sua lunga fase di preparazione Lungi da un atteggiamento mimetico e rinunciatario, sono le denotazioni fisiche e connotazioni storiche dell’idea stessa di cantina a suggerire la condizione per interpretarne al meglio ruolo funzionale e possibilità espressive.

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The container had to express the essence of the “content”: a product that is born and develops from the land as synthesis of a work, a tradition, a culture that is profoundly connected to the agrarian landscape and the natural environment. The image and substance of the new winery evokes this indissoluble, intimate and radical bond with the territory, to the point of being concealed by, and merging with, the land. The conceptual construction has taken the form of a “volume” that is built completely below ground, that by concealing all the elements that are usually part of urban constructions, attempts to achieve a difficult but necessary reconcilement between natural and artificial. The result is a new earth surface covered by

vineyards, marked by two horizontal cuts that, following the curves of the hilly land, rise to allow light to enter, and to offer a view of the surrounding scenery. The “façade” of the building, that extends horizontally on the slope, is therefore designed by the rows designing the roof and by the very thing fissures that reveal, without flaunting, the “heart”: the rhythmic sequence of the underground vaults that store, in darkness, the product during its time-consuming preparation. Far from a mimetic and renouncing attitude, this work features the physical denotations and historical connotations of the very idea of wine-cellar, suggesting the conditions for an ideal interpretation of functional roles and expressive possibilities.

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