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MARCO CANDIDA IL RICORDO DI DANIEL ROMANZO pubblicato a puntate in vibrisse, nel 2012 © Marco Candida

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MARCO CANDIDA

IL RICORDO DI DANIELROMANZO

pubblicato a puntate in vibrisse, nel 2012© Marco Candida

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“Leonard, ti prego, guardati allo specchio”.“No, guardatici tu. I... io sono malato. La ma-lattia mi ha tolto di mezzo. Io ho lottato pertornarci. Ho lottato per trent’anni. Trent’anni!E sto ancora lottando! E tu... tu...”.“Io?”.“Non hai nessuna scusa”.“Io non ho problemi”.“Lo so che non hai scuse. Tu... Tu sei un po...poveraccio, solo, che non ha niente Nessunavita. Niente. Se... s... sei tu l’addormentato”.

(tratto dal film Risvegli)

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Il ricordo di Daniel

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Scena tagliata 43

Il volto di sua madre è cianotico. Daniel pensa che le si staccheràla testa dal collo e rotolerà sul pavimento con i mosaici settecente-schi in stile opus sectile (che suo padre ama ripetere, parlando mezzoin dialetto, essergli costati un paio di bypass che si porta nel torace)se continuerà a gridare a quel modo.

“NON LAVORI! NON STUDI! NON FAI NIENTE TUTTO IL GIORNO!SEI SPORCO! CIONDOLI DA UN APPARTAMENTO ALL’ALTRO SENZAUN PROGETTO PER LA GIORNATA! VIVI IMMERSO NELL’IM-ONDIZIA! SEI IL DISONORE DI QUESTA FAMIGLIA! HAI LE SCARPEROVINATE! VAI IN GIRO VESTITO COME UN PEZZENTE! HAICAPELLI TROPPO LUNGHI! DISGRAZIATO! DISGRAZIATO! DI-SGRAZIATO!”

Con le parole ci sono anche gli oggetti.Volano sopra la testa di Daniel.E ci sono i rumori di schianto.Quei rumori sembrano pungergli il cervello mentre Daniel cerca

riparo sotto il tavolo.Sono le tre e un quarto del pomeriggio. Nessuno è in casa. Suo

padre è via. Per quel che Daniel riesce a ricordare, Nerio, quelgiorno, è impegnato nella città di Larissa in Grecia. Lo rammentaperché gli tornano in mente le parole che sua madre ha pronun-ciato la sera prima che suo padre prendesse l’aereo – quattro o cin-que giorni prima, un giovedí. Ha ironizzato dicendo che Nerioormai pensa solo a Larissa dimenticandosi di lei. Gabriele, invece,deve essere in ufficio. La pausa pranzo a Stradesicure Spa cominciaalle 12.30 e finisce alle 2.00. Adesso sono appunto le tre e unquarto. Daniel legge l’ora dalle lancette dell’orologio a pendolo ac-canto al televisore. Ricorda di sapere che sua madre lo ha appeso lìapposta per ricordare a chi sta guardandosi la televisione che iltempo non si è seduto in poltrona con lui, ma che invece continuaa correre e a correre. Quando si trova a Tortona e non è impe-gnato in qualche cantiere o in qualche colazione di lavoro, suofratello Gabriele rientra a casa da sua moglie. Più o meno come lafidanzata di Daniel, sua moglie non lavora. Gabriele preferisce te-nerla a casa. Potrebbe trovarle un posto nel gruppo dato che è lau-reata in Scienze Politiche. Però, prima o poi, Gabriele ripete, lui eBarbara metteranno al mondo un bambino, ci stanno lavorando daquando si sono sposati, e pertanto, almeno per adesso, per lui nonha senso mandarla a scaldare una sedia all’Ufficio Bolle e Fatture oall’Ufficio Gestione Mezzi in una delle aziende del gruppo del pa-dre. Barbara accetta la situazione – anche se, una volta, mentre Ol-

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ga ed Emilia pulivano l’argenteria in sala, Daniel le ha sentito spif-ferare che Barbara si raschi via tutto ogni volta che ha finito di farel’amore col marito perché non vuole avere bambini – e sta in casaa preparare pranzi sostanziosi a Gabriele (Barbara è famosa in fa-miglia per il suo timballo di riso e prosciutto, ci mette dentro fon-tina e grana a volontà e molto burro e le viene buonissimo) che di-fatti sta mettendo su qualche chiletto. Nemmeno Olga ed Emiliasono in casa. Il lunedí è il loro giorno di riposo. Altrimenti lavora-no cinque ore al giorno. Certi giorni vengono di mattino, altri dipomeriggio.

Daniel e sua madre sono soli.Daniel è appena tornato dall’appartamento di Genova. Ci passa il

tempo da quando Sara lo ha lasciato – circa sei mesi fa. Prima stavacon lei per lo più a Nizza e fino qualche anno fa viaggiavano inSpagna, Portogallo, Praga, sono stati a Cuba, e facevano semprequalcosa, ma poi a Daniel, come spesso Sara gli rimproverava (ne-gli ultimi tempi uno spesso con sempre maggior spessore, per cosìdire), era presa la voglia di non far niente tutto il giorno e avevanosmesso anche con i viaggi e anche per questo, ça va sans dire, alla fi-ne Sara lo aveva piantato.

Daniel si è presentato a Tortona sporco, scarruffato.Non appena sua madre lo ha visto, s’è messa a piangere.Non sopporta più nemmeno la sua vista. Gli occhi le si velano

subito di lacrime oppure ha esplosioni di rabbia quasi istantanee.Non è riuscita a farci niente con lui. Niente. Ecco perché piange olo riprende per qualsiasi cosa.

Da sotto il tavolo Daniel vede confusamente susseguirsi sulloschermo del televisore acceso immagini di setole, rinoceronti, eli-che, luci al neon, struzzi, ragni, una libellula, l’immagine di un rab-domante...

La forma di un formaggio si schianta dietro di lui.“HO SPESO UN MUCCHIO DI SOLDI PER QUEI PEZZI DI CARTA!

HAI IDEA DI QUANTO CI È COSTATO FARTI AVERE QUEI PEZZI DICARTA? HAI UNA VAGA IDEA DELLE RESPONSABILITÀ CHE TIRIGUARDANO ADESSO CHE HAI ACCETTATO DI POSSEDERE QUEIPEZZI DI CARTA? DEVI ANDARE A LAVORARE!”

“IO NON HO ACCETTATO NIENTE! NIENTE!” grida Daniel.Esce da sotto il tavolo e affronta sua madre.C’è una tavola imbandita. Ci sono i resti di un pranzo pieno di

cibi e bevande – come sempre in casa sua, a sua madre piace moltocucinare facendosi aiutare da Olga ed Emilia. Oggi, però, sua ma-dre deve aver tirato fuori le pietanze avanzate visto che è il giornolibero di Olga ed Emilia e non sono in casa. Inoltre sua madre de-ve avere avuto qualche ospite, perché la tavola è apparecchiata peraltre due persone oltre a lei – forse Nonna Madda e la badante.

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Qualche volta vengono a trovarla, quando in casa non ci sono Ne-rio, Gabriele, Olga, Emilia perché occupati sul lavoro o per il ripo-so settimanale.

Accanto a un piatto Daniel nota un astuccio in vermeil e smalto aforma di pentagono. È il portacipria di sua madre. Deve averlo ti-rato fuori per qualche ragione e deve esserselo dimenticato lì.D’altra parte anche il cacciavite a stella chissà sua madre da dovedeve averlo preso – probabilmente dal secondo cassetto del cas-settone ottocentesco sulla parete che guarda a sud dove stannogomitoli, ferri per fare la maglia, bottoni, rotoli di filo, un martelloe altre cianfrusaglie compreso il cacciavite a stella. Sullo schermodel televisore adesso c’è il primo piano di un’ala d’acquila anatraiaminore. Daniel grida forte come la madre. Sente le vene nel collotendersi e gli formicola la testa. La gola gli fa male.

“UN GIORNO MI SONO SVEGLIATO E MI AVETE FATTO TROVAREQUEI PEZZI DI CARTA. PRESI IN LIGURIA. IN CALABRIA. CHISSÀDOVE! È TUTTO FASULLO. TUTTO QUANTO!” Grida Daniel.

“TU HAI ACCETTATO. HAI FIRMATO. SAPEVI. TUTTO QUANTO!TUTTO!”

“IO IN CALABRIA NON CI SONO MAI NEMMENO STATO!”“È TUTTO REGISTRATO. CI SONO DOCUMENTI CHE PROVANO

CHE HAI VISSUTO IN UN APPARTAMENTO STUDENTESCO PER GLIANNI NECESSARI. STUDENTI PRONTI A TESTIMONIARE CHE HAIFREQUENTATO I CORSI! È TUTTO QUANTO PERFETTO. TUTTO!NESSUNO SI ACCORGERÀ MAI DI NIENTE!”

“IO A LAVORARE NON CI VADO! – grida Daniel – IO NON VADO ARISCHIARE IL CARCERE PER UN LAVORO! NO! NO! NO!”

“MA COME FAI A ESSERE TANTO MALNATO?!” grida Amanda.Riprende a lanciargli oggetti.Questa volta afferra una statua di salgemma e gliela lancia.Daniel evita la statuetta.La statua finisce contro la parete alle sue spalle rompendosi in

due.“MI VUOI AMMAZZARE? MI VUOI AMMAZZARE? MI VUOI

AMMAZZAREEEEE?”A Daniel viene da pensare che ognuno di quegli oggetti che sua

madre gli sta scagliando addosso rappresenti i suoi peccati, le suemanchevolezze – la laurea che non si è preso, almeno senza che isuoi spendessero una marea di soldi per procurargliela, il lavoroche non ha, la famiglia che non ha, i figli… e ben altro ancora. Glioggetti che sua madre gli sta scagliando addosso sono demoni eprima o poi uno di quei demoni gli volerà sulla testa per mangiargliil cervello.

“SEEEEEHHHH!!!” grida sua madre.Daniel decide di scappare via.

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Potrebbe affrontare la madre – quell’essere violaceo e urlante cheha davanti. Magari lanciarle a sua volta qualcosa contro oppure ag-gredirla. Di sicuro ricorda che, se non avesse preso la decisione cheha preso, sarebbe stata lei ad aggredire lui e probabilmente a me-narlo come faceva quando era ragazzino. Infila una porta alla suadestra – ci sono tre porte che accedono al soggiorno della casa aTortona – e cerca di uscire da lì. Sua madre rossa incandescente losegue non smettendo un momento di lanciargli qualcosa e gridan-dogli addosso malnato, disgraziato, rovina della mia vita. Danielcorre e pensa che deve andare via prima che gli oggetti si sollevinoda terra e lo inseguano per mordergli il cranio e succhiargli via ilcervello.

Attraversa i circa mille metri quadrati della casa in Viale VittorioVeneto a Tortona. Esce di casa sbattendo la porta d’ingresso (unaporta pesante, piena di intarsi, fatta di legno massiccio e acciaio) eaccanto al box auto dove sta la Mercedes di suo padre (guidata daFranco, il suo autista) c’è la sua automobile. È una Volvo – è delladitta, ma la usa Daniel, anche se suo padre non ha mai dato espres-samente l’autorizzazione. Diciamo che finora Daniel l’ha semprepresa in prestito – come, del resto, ha preso in prestito la casa aNizza o quella a Genova o la sua stanza a Tortona e come, del re-sto, prende a prestito i soldi che sua madre gli passa ogni fine set-timana. Trecento euro. Lui, peraltro, non li spende nemmeno, queisoldi, non facendo niente tutto il giorno assieme a Sara e ora senzanemmeno più lei. Daniel ormai vive in uno stato di autoesclusionevolontaria. Non esce. Non guarda nemmeno la televisione. Dormemolto. Osserva il soffitto. Si lascia attraversare la testa da pensierilentissimi. Non c’è niente che gli piaccia là fuori. Niente che attirila sua voglia di vivere. E poi non è capace di fare nulla. Perde laconcentrazione dopo pochi minuti. Perde l’entusiasmo. Non vedenelle cose nessuna necessità, bellezza. Non vede niente. Sara, pe-raltro, gli ha urlato in faccia queste stesse cose, più o meno neglistessi toni usati ora da sua madre, proprio il giorno che lo ha ab-bandonato. Però le ha sempre pensate anche lui di se stesso. Soloche non sa come fare a uscirne. Non può. È solo stupido. Con uncervello che funziona poco. Senza attitudine a niente. Gli manca lavoglia perché gli mancano le capacità. E poi non gli piace nessuno.Per lui sono tutti antipatici o pieni di difetti. Quante volte sua ma-dre glielo ha detto.

Daniel mette in moto. È tornato a Tortona perché a Genova si èsentito improvvisamente solo – a volte gli succede. Adesso lo rim-piange. Avrebbe dovuto starsene dov’era. Solo che doveva ancherisolvere la faccenda della laurea falsa. È logico che lo prenderannoprima o poi. Che qualcuno indagherà. Che lo accuseranno di falsoideologico e materiale e di esercizio abusivo di professione se si

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metterà a lavorare nello studio legale dove sua madre e suo padre esuo fratello lo vogliono imprigionare per il resto della sua vita.Comincia a piangere lacrime calde. È scosso. Ha molto caldo. Fuo-ri la temperatura è primaverile, ma in macchina fa un caldo infer-nale. Il cielo chiaro è attraversato da qualche riga di nuvola. Danielingrana la marcia e esce dal vialetto ai cinquanta all’ora. Inchiodadall’imbocco della strada di Viale Vittorio Veneto sollevando nu-vole di polvere e prende a sinistra verso Sarezzano. Ricorda che lelacrime gli offuscano la vista. Gli appare tutto dai contorni sfocati,come un sogno o un ricordo, come tutto all’interno della nuvola dipolvere che ha appena sollevato con i pneumatici dell’automobilefrenando all’imbocco del vialetto. Innesta la prima e pestal’acceleratore ripensando a sua madre che gli grida malnato, disgra-ziato, rovina della mia vita. Ripensa a Sara. Sara. Sara. Lei che glidice stupido. Senza cervello. Depresso. Autistico. Il sole è acce-cante davanti a lui. La strada – una carreggiata a due corsie piutto-sto stretta e con l’asfalto non in buone condizioni – si sdoppia.Daniel macina poche decine di metri. Trentanta. Quaranta. Nonpiù di cinquanta metri.

Poi perde il controllo del volante.È un istante.Non sa come gli succeda.Non saprebbe raccontarlo in nessun modo.È solo qualcosa che accade.È in mezzo alla strada e un momento dopo la Volvo con lui

dentro va giù per la scarpata della collina che costituisce quella chea Tortona è conosciuta come la zona Castello. Mentre le ruote gi-rano e il muso della Volvo esce di strada e finisce giù dalla scarpa-ta, Daniel ripensa in un flash a molti anni fa, ancora al Liceo,quando un suo compagno di scuola, ma non erano mai stati moltoamici, a quindici anni, aveva avuto un incidente con il suo cin-quantino ed era rotolato giù per quella stessa scarpata rompendosii denti che aveva in bocca. Dopo l’incidente Daniel ricorda quelragazzo in giro con denti splendenti, anche se erano solo capsule inceramica integrale. Si chiamava Luca. Quindici anni circa più tardianche lui, a quanto pare, sta per rollare giù dalla stessa scarpata do-ve ci sono alberi di pino e ippocastani, cespugli e sassame, squar-ciando portiere e cofano dell’automobile, trinciandole come carne,facendo sbullonare i pneumatici e finendo a un passo dal Liceo G.Peano in Viale Vittorio Veneto più o meno ridotto a un ammassodi rottami e ferraglia…

…ed è ogni volta a questo punto che Daniel si risveglia dal suoincubo e subito ogni immagine svanisce nel non-ricordo.

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Inizio film

Da almeno un quarto d’ora da quando sono seduti Daniel le staraccontando che un oggetto semplice semplice come un anello glifa subito venire in mente uno scarabeo, quando osserva un vagoneferroviario, invece, gli viene da pensare a un cacciavite a stella eogni volta che guarda la sabbia della spiaggia, dopo qualche istante,chissà per quale ragione misteriosa, gli si forma nella mentel’immagine di una pianta di cardo. Mentre le racconta queste cose,la donna che sostiene di essere sua madre non sembra crederglitroppo. Lo guarda da dietro le lenti scure degli occhiali da sole eperciò Daniel non può essere sicuro di quel che la attraversa, mada come arriccia un angolo della bocca pensa proprio che quelladonna non gli creda. Magari invece significa soltanto che si è stan-cata di sentirlo parlare e questo forse lo indispettisce anche di più.Quasi deve lottare con se stesso per trattenersi dal dirle che se siconcentra sui suoi occhiali con le lenti grandi e quadrate a Danielviene subito in mente un gatto squartato e che se si concentra sullasua figura intera, invece, per quanto faccia venire i brividi, a Danielsubito si forma l’immagine di una strega in un libro di fiabe.

Sono le quattro del pomeriggio di un giovedì. Daniel e la donnasi trovano in Piazza Delle Erbe. Genova. Sul tavolino che occupa-no ci sono un bicchiere di vino rosso e uno di spumante e da qual-che minuto sono arrivati anche piattini di olive nere, pistacchi,nocciole tostate e patatine. Non è la prima volta che Daniel e ladonna si trovano a prendere un aperitivo in quella piazza. Di soli-to, quando lei viene a fargli visita, evitano il ristorante che espone ilmenù su un espositore d’ardesia e invece vanno alla trattoria ac-canto, ma questa volta hanno scelto la birreria di rimpetto al risto-rante che espone il menù e hanno fatto male perché l’aperitivo piùbuono è quello della trattoria accanto. Nonostante la donna nonsmetta di arricciare l’angolo della bocca, Daniel continua a rac-contarle che quando vede un fazzoletto pensa a un giglio, quandovede una bandiera pensa a un candelabro e quando vede un map-pamondo a un galeone.

“Vedo una cosa e subito, chiara e nitida, nella mia mente apparel’immagine di un’altra cosa. E mi succede regolarmente. Ogni volta chevedo un ponte penso a un uovo. Ogni volta che vedo una rosa pen-so a una vela. Ogni volta. Non è curioso?”.

La donna gli dice di abbassare il tono di voce perché i tavoli sonomessi vicini e le persone intorno stanno cominciando con le oc-chiate. Daniel allora le racconta che nelle ultime due settimane hamangiato spesso fuori a ristorante e ha notato che i tavoli sono

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messi sempre troppo vicini e che non si può chiacchierare maitroppo liberamente. Anzi gli è capitato di accorgersi che qualchevolta mentre lui parlava di ospedali, medicinali, polli lessi, carote ezucchine le persone sedute al tavolo vicino cominciavano a parlaredi stetoscopi, camici bianchi, tacchini allo spiedo, cavoli e patate.Se lui parlava di film, fotografie, fidanzate, amici, le persone sedutevicino a lui si mettevano a discorrere di divanetti, paparazzi, cusci-ni, materassi e automobili. Non che questa cosa sia capitata troppodi sovente nelle ultime due settimane visto che Daniel ha trascorsola maggior parte del tempo da solo senza parlare con nessuno.Detto questo riprende a raccontarle di pensare alla pelle di un orsonon appena ferma lo sguardo su un tuorlo d’uovo o a una scatoladi fiammiferi se osserva uno spillo o a …

Prima che Daniel possa proseguire, la donna che sostiene di esse-re sua madre si affretta a tirare fuori dalla borsa di coccodrillo unabusta. La appoggia sul tavolo trovando uno spazio tra i piattini.Sulla busta con un pennarello nero c’è scritto: X DANIEL. Danieladesso è in silenzio. Esamina la busta brevemente, poi la prende esubito percepisce al tatto qualcosa di rigido. Squarcia la zip adesiva.Dentro trova un foglio di carta e un dvd nella sua custodia. Suquest’ultima su un’etichetta bianca c’è una scritta a penna a sferablu: FILM DI DANIEL.

Daniel alza lo sguardo sulla donna.“Questo cos’è?” chiede.“È stata un’idea mia” dice la donna e apre le labbra in un sorriso.I denti sono gialli più o meno come i polpastrelli delle dita.“L’ho letto su Internet e prima di realizzare il dvd ho parlato con

i medici. Col Professor Carloni. Col Professor Penza. Loro hannoallargato le braccia e hanno risposto che senz’altro si poteva fare. Èun’idea che viene dagli Stati Uniti d’America. Di solito si usa per lepersone malate d’Alzheimer o di senilità precoce. Però credo possafare anche al caso tuo”

La donna si arresta e per un momento sembra scrutarlo da dietrole lenti grandi e quadrate dei suoi occhiali da sole. Dall’espressionedel viso, Daniel non sembra però aver fatto caso più che tanto aquel che la donna gli ha appena detto.

“Il dvd – prosegue allora lei – contiene un filmato dove vengonomostrate fotografie e spezzoni di videoriprese accompagnate dallacolonna sonora della tua musica preferita. Dura novanta minuti.Lo scopo delle fotografie, degli spezzoni di video e della musica èraccontarti chi eri prima dell’incidente. Gli amici. I fidanzamenti.La volta che siamo stati sulle Dolomiti e quella di quando siamostati in Marocco. Tutto quanto. O almeno un bel po’ di roba. Spe-ro proprio che funzioni perché, credimi, Daniel, è stato un lavo-raccio. Ho dovuto tirare fuori dodici album di fotografie. Ho

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riempito quattro cd con le foto che abbiamo scaricato sul compu-ter. Nove videocassette di riprese amatoriali. Mi sono vista ognisingolo fotogramma. Ho sfogliato ogni singolo album. Ho fattoscorrere col mouse ogni singola foto al computer. Ho passatoun’intera giornata solo a mettere etichette sui cd e sulle videocas-sette e a rinominare i file sul computer. Volevo che tutto fossepreciso il più possibile. Poi ho messo questo materiale dentro unoscatolone e l’ho inviato con una raccomandata a un ragazzo che dimestiere fa il montatore.

Abita ad Arezzo. Si chiama Roberto. L’ho contattato grazie aun’amica. Il curriculum mi è sembrato adattissimo. Laureato inScienze delle Comunicazioni. Un paio di master sugli effetti spe-ciali. Ha realizzato videoclip per band musicali. La cosa più im-portante che ha fatto credo sia stata l’aiuto regista in un documen-tario. La cosa che, però, sa fare bene bene sono i film sui matri-moni. Ha realizzato quattordici filmati sui matrimoni. Lui si vergo-gna ad ammetterlo perché questa non era certamente la sua mas-sima aspirazione quando dodici anni fa – adesso ha trentasette anni– ha cominciato col suo mestiere. Comunque si è detto subito di-sponibile non appena l’ho contattato. Anzi adesso che ci pensodevo ricordarmi di sollecitarlo a restituire il materiale che gli ho in-viato. Non l’ha ancora fatto e devono essere già passati almenodue mesi. Pensa che io, invece, a lavoro finito, gli ho versato im-mediatamente il bonifico di diecimila euro”.

“Questo dvd è costato diecimila euro?” chiede Daniel.“Sì” risponde la donna.Arriccia l’angolo della bocca.A Daniel viene subito da pensare che forse non le è piaciuta

l’enfatizzazione che lui ha fatto di quest’ultimo aspetto. Forse, pe-rò, ha soltanto paura che Daniel riattacchi a parlare senza fermarsi.

“Se non altro spero che questo ti convinca a guardare il filmatoalmeno una volta al giorno, Daniel. Il dvd mi è arrivato due setti-mane fa. L’uomo che lo ha preparato lo aveva già pronto da tresettimane, ma come ha avuto il coraggio di spiegarmi non ha po-tuto inviarmelo subito a causa di pressanti impegni di lavoro. Quandomi è arrivato il dvd, per circa due settimane ho provato vergogna adartelo. Ho sperato che la memoria potesse tornarti da sola. Vistoche però questo non è ancora successo, mi sono decisa. Daniel,questo dvd devi vederlo come una specie di medicina amara chenon puoi assolutamente rinunciare a inghiottire”.

“Se è costato quella cifra, immagino sarà un capolavoro”.Lo donna che dal 29 aprile sostiene di essere la madre di Daniel

di sporge un poco verso di lui. Forse ha esagerato troppo con ilrossetto e indossa una collana con le pietre troppo grosse. Ha lerughe attorno agli occhi e le sopracciglia bianche e folte. Questo

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particolare contrasta con i capelli color rame e con la sensazione dicura generale del suo aspetto. La donna ha sessantaquattro anni.

Arriccia l’angolo della bocca.“Nel suo genere lo è”.Prende il bicchiere di spumante.Beve un sorso.“Adesso vorrei parlare del foglio di carta che hai tirato fuori dalla

busta” dice.

Torna al menù principale

Daniel posa il dvd e prende il foglio. È un foglio di carta A4. Li-scio. Su una facciata scritto in alfabeto maiuscolo con un penna-rello nero – lo stesso pennarello che con ogni probabilità la donnadeve avere usato per la scritta sulla busta X DANIEL– c’è una listanumerata. La lista si ferma a 9. In cima alla lista c’è scritto COSE DAFARE NELLE PROSSIME SETTIMANE. Daniel la scorre velocemente.Poi alza lo sguardo.

“Un bel programmino” dice.“Cominceremo tra due settimane. La data è già fissata. Giovedì

28 luglio. Parlo del lavoro, naturalmente. Per il resto, sarà tutto piùelastico. Ad esempio pensavo che potresti incontrare Sara il 29, mase ti senti abbastanza pronto, possiamo anche anticipare. Perquanto mi riguarda possiamo anche fare domattina. Molto proba-bilmente presto sarà Sara a venirti a cercare. Considera che è daquando hai avuto l’incidente che non ti ha più visto. Non potevasopportare l’idea di vederti in quelle condizioni all’ospedale e anco-ra oggi non può sopportare che tu possa non riconoscerla. Eppuresono sicura che non resisterà e, come ho già detto, prima o poi,verrà a cercarti. Diversa è la faccenda per la cena al circolo, invece.Quella non possiamo proprio spostarla. Però al circolo puoi andar-ci quando ti pare. Ricordati che le mazze e le palline le hainell’armadio della tua stanza. Poi non stare piantato qui. Viaggia.Stacci più a lungo nella casa di Nizza. Gira. Vai per negozi. Imboc-ca strade. Ti hanno già chiamato i tuoi amici?”

“Mi ha chiamato Stefano. È venuto a trovarmi Luca”“Quando ti ha chiamato Stefano?”Daniel sta per dire: “Non ricordo con precisione”.Invece risponde: “Sette giorni fa”“Vi siete accordati per vedervi?”

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“Eravamo entrambi molto imbarazzati. Io non ricordavo assolu-tamente niente di lui e lui deve essersi sentito mezzo cretino a dir-mi tutti quei ti ricordi ti ricordi”

“Quanto siete stati al telefono?”“Cinque minuti”La donna lascia cadere un silenzio. Attorno affiora il brusio della

piazza anche se a quell’ora del pomeriggio non ancora troppo oc-cupata.

“Daniel, rompi il ghiaccio. Prima o poi lo devi fare”“Ancora non mi sento abbastanza pronto”Considerato che, se la donna che ha davanti non gli fosse rimasta

vicino giorno e notte per almeno una settimana dopo che si è ri-svegliato dal coma – e, a dirla tutta, qualche giorno più tardi dalsuo risveglio, l’uomo che sostiene di essere suo padre gli ha rac-contato che quella donna che lui adesso non riesce più a riconosce-re è rimasta nella sua stanza d’ospedale quasi ininterrottamente pertutti i ventisei giorni che Daniel è restato sospeso tra la vita e lamorte – e non avesse fatto altro che comportarsi come una madre,abbracciandolo, stringendolo, piangendo, trattandolo esattamentecome una madre tratterebbe un figlio, lui, ancora oggi, dopo quasitre mesi – lo stato d’incoscienza lo ha colto il 4 aprile, il 29 si è ri-svegliato e oggi è il 21 luglio – non saprebbe riconoscerla come suamadre, bene, considerato questo, l’espressione che ha appena usa-to, l’espressione “ancora non mi sento abbastanza pronto”, più cheverissima suona decisamente beffarda.

“Non voglio metterti fretta – dice allora la donna – Per me è unmiracolo averti ancora qui. Però non dobbiamo perdere più tem-po. Abbiamo aspettato per darti modo di riprenderti, ma adessodobbiamo cominciare a pensare al tuo futuro. Dobbiamo fare inmodo che la tua vita torni a essere quella di prima”.

La mandibola della donna si indurisce.“Hai un incarico importante che devi tornare a onorare nella ditta

di tuo padre – prosegue – Hai amici importanti che devi tornare afrequentare. Hai un posto nella società civile che ti aspetta. Poi c’èSara. Abbiamo evitato per miracolo che finissi molto male, adessocon la volontà riusciremo ad evitare di farti buttare via la tua vita.Hai soltanto trentun anni, Daniel”

“Vedrò di darmi da fare di più” risponde Daniel.“Bene” dice la donna. “Bene”Poi manda giù in un sorso tutto lo spumante nel bicchiere.

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Contenuti Speciali

Daniel è stato dimesso dall’ospedale dove è rimasto in stato diincoscienza per ventisei giorni mercoledì 6 luglio 2011. In ospedaleè rimasto circa tre mesi: e alle prime fasi della cura di riabilitazioneha risposto bene. Una volta fuori ha trascorso poco più di una set-timana nella villa di Tortona con i suoi genitori e poi, senza smet-tere di frequentare i suoi care-givers, il 16 Daniel ha deciso di spo-starsi nell’appartamento di Genova in Via San Lorenzo e qui gio-vedí 21 ha avuto l’incontro con la donna che sostiene di essere suamadre in Piazza Delle Erbe.

I primi giorni che ha trascorso nella villa di Tortona la donna hacercato di raccontargli, di spiegargli, di illustrargli ogni aspetto dellasua esistenza prima che lui cadesse in stato d’incoscienza – o, permeglio dire, ha cercato di far questo in modo molto più intensivodi quanto non avesse potuto fare quando, dopo essersi risvegliatodal coma, Daniel era rimasto steso nel suo letto d’ospedale per lamaggior parte del tempo semiaddormentato. Ad esempio, Daniel ela donna hanno trascorso un pomeriggio intero a esaminare le mu-ra, gli scaffali e gli armadi della sua stanza. Come lei gli andava ri-petendo ci possono essere una quantità impressionante di oggettiche forniscono la rappresentazione dell’identità di una personanella stanza dove ha trascorso i suoi primi venti, venticinque annidi vita.

“In realtà, a fare i conti, hai trascorso qui soltanto ventidue anni.Infatti hai vissuto a Genova cinque anni. Quattro anni per pren-derti la laurea in giurisprudenza. Dai diciannove ai ventiquattro. Ilquinto anno per completare il tirocinio come patrocinatore legalepresso lo studio di un avvocato in Via XX Settembre: l’avvocatoOrsini. Tra l’altro, lui è stato particolarmente presente durante iltuo ricovero in ospedale. È stato tra quelli che ci ha telefonato piùspesso per sapere quali fossero le tue condizioni scusandosi ognivolta di non essere potuto venire a trovarti di persona. Ci ha in-viato anche una cesta con vini e formaggi quando ha saputo deltuo risveglio. A questo proposito, Daniel, mi aspetto che tu vada atrovarlo molto presto, anche se non ricordi ancora nulla di lui.Chissà che questo non possa aiutarti …” ha aggiunto la donna chesostiene di essere sua madre piuttosto pleonasticamente visto cheogni cosa allo stato attuale avrebbe potuto aiutare Daniel a ritrovarese stesso.

Poi la donna ha proseguito: “Il sesto e il settimo anno li hai pas-sati praticamente senza sosta a Nizza. Studiavi per l’esame di avvo-cato, che ovviamente la prima volta hai dato a Genova. Tu avresti

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già voluto cominciare a inserirti nel mondo del lavoro subito dopola laurea, ma è stato tuo padre a temporeggiare. Preferiva presenta-re ai suoi dipendenti un figlio avvocato che soltanto laureato. Haidato l’esame due volte. Quando la prima volta non l’hai passato,ah!, sembrava quasi fossi caduto dal quarto piano di un palazzo!Invece quando lo hai superato – a Reggio Calabria – sembrava chefossi appena uscito con le analisi del sangue senza intoppi. D’altraparte sei della Vergine. Freddo. Razionale. Se le cose vanno male èuna catastrofe e se invece vanno bene è come se tutto rientrassesemplicemente nei tuoi calcoli. A vent’otto anni hai cominciato alavorare nell’ufficio legale di una delle ditte del gruppo aziendale dituo padre. Così hai ripreso ad abitare qui in attesa di trovare unasistemazione migliore. Stavi per deciderti a comprare casa, quandohai cominciato a mettere piede nell’Ufficio di Presidenza. Ormai tisentivi avviato a una carriera sicura. Ed era così. Tuo padre mi di-ceva sempre che entro maggio avrebbero dovuto richiedere a quellidell’Ufficio Qualità di revisionare il modulo dell’organigrammaaziendale. Invece, come sappiamo, è arrivato l’incidente. Se recu-peri in fretta, però, non vedo perché questo non dovrebbe succe-dere lo stesso. Ecco qua – ha detto all’improvviso la donna alzan-do un braccio e indicando qualcosa – Vedi lì sul muro? Nella cor-nicetta di legno c’è l’attestato di laurea. Nella cornice dorata, inve-ce, c’è quello di avvocatura. Sono gli originali. Una volta ottenuti tisei inserito nella azienda di tuo padre. Perciò, non ti sono mai ser-viti come documenti da presentare a qualche concorso e hai decisodi metterli in una cornice e appenderli. Inizialmente avevi appesogli originali nell’appartamento di Genova, ma ricordo di aver insi-stito tanto per averli qui in casa con noi che me li hai consegnatisostituendo quelli che tenevi nell’appartamento di Genova condelle copie simili a quelle che tieni in bella mostra nel tuo ufficio inditta. Avrei sempre voluto appenderli in salotto assieme agli atte-stati di tuo fratello Gabriele, ma tu hai sempre preferito di no. Di-cevi che non volevi essere esposto come un trofeo di famiglia.Forse, però, potrei ottenere il tuo consenso adesso, che cosa dici?”

Daniel ha risposto: “Per me al momento non fa nessuna diffe-renza”

“Eh già” ha sospirato la donna.Poi dopo un momento di silenzio ha fatto un gesto ampio con un

braccio e ha detto: ”Così, insomma, questa è la tua stanza”.E dopo una pausa: “Ti ricorda qualcosa?” ha aggiunto.Daniel ha osservato la stanza. Trenta metri quadrati. Mosaici

settecenteschi sul pavimento. Un tappeto scendiletto di Snoopy inspugna bianca ai piedi di un letto a due piazze. Poster dentro cor-nicette di metallo alle pareti. Mostravano palme, mare trasparente,strisce di sabbia bianca, cielo azzurrissimo. Su un angolo una scri-

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vania in legno di ciliegio con la superficie specchiata. Sulla parete aest accanto a un armadio una libreria dove stavano, uno dietrol’altro, libri rilegati in pelle. Dalla finestra ampia davanti alla libreriail sole batteva sulle coste e sulle copertine.

“Purtroppo non ancora” ha risposto Daniel.“Succederà – ha detto allora la donna che sostiene di essere sua

madre – Succederà”La donna si è avvicinta agli scaffali della libreria.“A ventidue anni hai cominciato a leggere romanzi – ha detto –

All’inizio tuo padre era contrario. I suoi dipendenti parlano sol-tanto di mogli, automobili, calcio e lavoro. Qualsiasi altro argo-mento è considerato una distrazione e le distrazioni non sono vistedi buon occhio, e specialmente se si tratta di qualsiasi cosa che an-che solo ci assomigli, alla letteratura. Io, però, l’ho convinto che, infondo, non ci sarebbe stato nulla di male. Non che né lui né tan-tomeno io ti avremmo mai impedito di fare qualunque cosa avessiin mente di fare. Però tuo padre avrebbe potuto far trapelare il suodisappunto in vari modi. Ad esempio attraverso allusioni. Tuo pa-dre non sarebbe chi sarebbe se non fosse bravo in cose come que-ste. Comunque, a ventidue anni, avevi fatto l’abbonamento al ClubDegli Editori. La cosa curiosa è che, anche se abitavi a Genovaormai da tre anni, nella cartolina d’iscrizione avevi messo il domi-cilio della casa qui a Tortona. Così, ogni volta che arrivava il LibroDel Mese, mi toccava spedirtelo con una raccomandata. Non l’hofatto sempre, però. Ho smesso quando ti sei trasferito a Nizza. Perquesta ragione una parte dei romanzi si trovano qui in questa libre-ria e dirò che è stata una fortuna quando tre anni fa sei tornato adabitare qui a Tortona e hai disdetto l’iscrizione, altrimenti adessoavresti la stanza sommersa dai Libri Del Mese del Club DegliEditori. Eccoli in ordine d’arrivo – ha detto la donna e ha comin-ciato a passare il dito sulle coste dei libri rilegati in pelle e a elen-carli – C’è Clive Cussler. C’è John Le Carré. C’è John Grisham.Nicholas Sparks. Ken Follet. Stephen King. Jack Higgins… Ti di-cono qualcosa?” ha voluto sapere interrompendosi.

“Mi dispiace ma questi nomi non rappresentano nulla per me”“Linda Howard… Judith Krantz… Michael Connelly… Sei sicu-

ro?”“Mm mm”La donna che sostiene di essere sua madre si è allora spostata

presso il letto a due piazze e si è piegata a prendere qualcosa sottoil letto. Era un cassone di legno scuro.

“In questo cassone… uff!, che fatica!... ho messo i dvd che haicomperato nel corso degli anni. Ce ne sono altri anche a Nizza e aGenova. Qui però ho raggruppato la maggiorparte”.

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La donna ha mandato un altro sbuffo e si è portata una manodietro la schiena.

Poi si è piegata di nuovo e ha aperto il baule di ciliegio oblungoche aveva trascinato da sotto il letto.

Dentro c’era una quantità sterminata di dvd.“Qui dentro ci sono duecentosessantuno dvd – ha detto mentre

si raddrizzava di nuovo di nuovo toccandosi lo stesso punto dietrola schiena – Sono sicura di ricordare che ti piaceva moltissimo unagiovane attrice francese di nome Audrey Tautou. Ti piaceva UmaThurman. Ti piaceva Michelle Pfeiffer. Cameron Diaz. Sean Con-nery. Mickey Rourke. Sylvester Stallone. DeNiro… Ti ricordanoqualcosa questi nomi?”

“Sì, qualcosa mi ricordano”“Che cosa?” ha voluto sapere la donna.“Mi ricordano alcuni film. Kill Bill. Rambo. Moby Dick. Quei

Bravi Ragazzi.”“Che cosa ti ricordano più esattamente?”Daniel è rimasto in silenzio per qualche momento.Poi ha detto: “Per adesso ricordo solo i film. Le trame. Saprei

raccontarli”“Non ricordi dove li hai visti o con chi li hai visti?”Daniel è rimasto in silenzio ancora per qualche altro momento.Poi ha scosso la testa.“No” ha detto.“In ogni caso puoi guardare questi film per vedere se ti succede

qualcosa. In quel mobile – e ha indicato un mobile in legno mas-siccio di rovere come l’armadio che si trovava sull’angolo di muroopposto vicino a un tirassegno circolare con quattro o cinque frec-cette piantate sopra – C’è un televisore al plasma. Basta che tiril’anta scorrevole. C’è anche un lettore dvd”

La donna si è poi spostata presso la scrivania della stanza.“Qui, come vedi, ho messo il tuo laptop portatile – ha detto la

donna che sostiene di essere sua madre indicandoglielo – Tu nonsei mai stato il tipo appassionato di computer. Niente Twitter. Fa-cebook. Niente MySpace. Niente Skype. Nessun blog. Dicevi chefossero tutte perdite di tempo e che non fossero sicure. Ironizzavispesso sul dettaglio che la connessione Internet si chiama Adsl.Dicevi che assomiglia al nome della malattia. Io tutte queste cose leso ora che mi sono fatta quel poco di cultura trafficando con icomputer, Internet, il programma di fotografie. Usavi poco anchele e-mail. Avevi una casella di posta elettronica, ma immagino chetu abbia dimenticato la password. Poi c’è la casella di posta elettro-nica in ufficio. Sul desktop comunque c’è un documento di Exceldove puoi trovare tutti i numeri che ti servono. Ho anche stam-pato il documento – ha detto la donna e ha preso tre fogli A4 dal

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piano della scrivania vicino all’abat-jour e curiosamente una palla dabaseball – Vedi? – e ha fatto scorrere un dito con l’unghia smaltatadi rosso sul foglio – Sono in ordine alfabetico. Gabriele:3476879345. Mamma: 3396456779. Papà: 3356879890. Sara:3338988487. Forse è bizzarro, ma ho deciso di organizzare questatabella con una colonna per i nomi, una per i numeri e una per ilruolo che ciascuna persona ha avuto nella tua vita prima che per-dessi la memoria. Così ad esempio qui hai: Stefano 3356042168Amico. Qui invece hai Ottavio 3476930123 Amico. Qui Stefania3406787456 Ex-morosa. Qui Enrico 3465678345 Ex compagnodel liceo. Ho segnato soltanto i nomi che mi è sembrato di ricorda-re fossero i più importanti per te (anche se forse sono stati soltantoi più ricorrenti) e comunque ci sono qui sopra sessantuno personeche puoi contattare. La maggior parte di queste persone, peraltro,ti è stata vicina nei ventisei giorni che hai trascorso a letto in ospe-dale – qui la donna ha evitato di usare parole precise – Anzi guar-da, prima che mi dimentichi: la vedi questa palla da baseball quisopra?” ha detto la donna.

“In effetti, l’ho notata dall’inizio” ha detto Daniel, senza aggiun-gere che si era anche domandato che cosa c’entrasse col resto.

“L’ho messa qui io – ha risposto la donna – Me l’ha data Luca.Mi ha detto di fartela avere in qualche modo. Luca voleva che te lamettessi sotto il cuscino o che te la facessi stringere con una manoperché, mentre eri a letto, hai conservato questo riflesso, ma ionon l’ho fatto. Invece, l’ho messa qui. Luca è stato per un po’ tuocompagno di viaggio negli Stati Uniti. Ti è venuto a trovare perquindici giorni e avete girato insieme. Mi ha spiegato che questapalla da baseball per voi ha un significato” ha detto la donna.

Daniel ha preso in mano la palla ma non ha provato nulla.“Ho fatto un viaggio negli Stati Uniti?”“Sì. Ero sicura di avertelo detto…”“Non mi sembra”Daniel ha rimesso a posto la palla da baseball.“Sul desktop – ha proseguito la donna – ho anche creato una car-

tella con file in jpg. Ci ho messo le fotografie che ti sono statescattate in questi anni. Siamo intorno al centinaio di foto. A esseresincera non ti è mai piaciuto troppo ess… – “NESSUNO SIACCORGERÀ MAI DI NIENTE! NIENTE! ” – …ere fotografato. Haisempre preferito fotografare. Un peccato perché, come ti accorge-rai subito, vieni molto bene in fotografia. All’interno della cartella– ha proseguito la donna cliccandoci sopra col mouse – ci sono altrecartelle. Le ho organizzate in base alle occasioni, anche se non ca-pisco perché continuo a dire di essere stata io a farlo, quando inve-ce è stato tuo fratello. Non sono molto esperta nell’uso di questiaggeggi. In ogni caso, vedi? Qui la vacanza a Nizza nel 2003. Qui

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le f… - “NON FAI NIENTE TUTTO IL GIORNO! NIENTE!” –… otonegli Stati Uniti nel 2006. Qui foto varie che sono state scattate aGenova. Se non ricordo male abbiamo comprato la prima macchi-na fotografica digitale non più tardi del 2003. Purtroppo al mo-mento non ho disponibili gli altri album di famiglia, ma non appe-na sarà possibile te li farò sfogliare”

“Come mai non li hai disponibili?” ha voluto sapere Daniel.La donna ha distolto lo sguardo da Daniel e ha rivolto lo sguardo

su un punto della superficie della scrivania.“Oh – ha detto – Sei mesi fa li ho prestati a un nostro cugino e

deve ancora restituirmeli”“Capisco” ha detto Daniel e non ha sentito nessun desiderio o

curiosità di sapere di più.Solo circa tre settimane più tardi, in seguito all’incontro di Geno-

va in Piazza delle Erbe, Daniel avrebbe compreso che la donnanon gli aveva detto di aver inviato gli album di fotografie a unmontatore di nome Roberto che abita ad Arezzo allo scopo di far-gli preparare un filmato da novanta minuti sulla sua vita, probabil-mente soprattutto perché le sarebbe suonato abbastanza patetico.

“Ecco – ha ripreso la donna – Ti chiedo di spendere magari unpo’ di tempo più tardi per osservare queste fotografie. Forse potràvenirti in mente qualcosa – “NIENTE!” –. Guarda questa… – hadetto la donna cliccando su un’icona – Hai la riga da una parte. Icapelli sono corti. Qui invece – e ha cliccato su un altro file in-grandendolo – Hai la riga dall’altra parte e qui – ed è passata aun’altra foto – hai la riga in mezzo. A proposito – ha poi aggiunto– La degenza in ospedale ti ha fatto allungare i capelli di un bel po’e forse è meglio farli tornare alla lunghezza normale”

“Non mi sembra di star male con questa lunghezza…”“Sì, ma…”La donna che sostiene di essere tua madre ha arricciato un angolo

della bocca.“Guarda – ha poi detto – Questa è Sara” e ha cliccato su

un’icona.Daniel è rimasto silenzioso per un momento.Poi ha detto: “È un angelo”Senza aggiungere una parola, la donna sì è allontanata dal laptop

lasciandolo acceso sull’immagine di Sara e si è spostata vicinoall’armadio. Nella stanza di Daniel della villa di Tortona l’armadiosi alza dal pavimento per arrivare al soffitto raggiungendoun’altezza di almeno nove metri. Ha una cappelliera. Ha una cas-settiera con cinque cassetti. Nell’anta di mezzo ha uno specchio. Ilmateriale è legno massiccio di rovere. Il colore è un marrone moltoscuro. Strabocca di vestiti. La donna che sostiene di essere sua ma-dre tira un’anta.

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“Anche se qui dentro ci sono capi prevalentemente firmati, per tenon è mai stato indispensabile vestire lussuoso. Però ti è semprepiaciuto trasmettere un’impressione di eleganza. Camicie. Magliettecon i bottoni e il collet… - “DISONORE DELLA FAMIGLIA! SEI ILDISONORE DELLA FAMIGLIA!” – …to. Scarpe pulite. Questa casac-ca sportiva – ha detto la donna tirando la seconda antadell’armadio e indicando una serie di soprabiti appesi alle grucce –è il capo più fuori dalle righe che tu ti sia concesso in tutti questianni. Mi hai detto di averlo acquistato nello Stato dell’Indiana, lavolta che sei rimasto negli Stati Uniti per tre mesi in una scuola nelVermont per migliorare il tuo inglese. A proposito ti sembra di ri-cordare qualche parola di inglese?” ha buttato lì.

“Nemmeno una”“Comunque è la casacca dei Red Sox una squadra di baseball

americano. L’avrai indossata due volte in tutto qui in Italia. Peròsulla bottoniera c’è una macchia di unto che, come mi hai raccon-tato, ti sei procur… “PEZZENTE! SEI UN PEZZENTE! VAI IN GIROVESTITO COME UN PEZZENTE!!” - …ato mentre mangiavi un ham-burger a un rodeo in South Dakota. Quando ti facevo notare chenon indossa… - “PEZZENTE!” - …vi mai la giacca sportiva cheavevi comprato negli Stati Uniti mi assicuravi sempre che per la fe-sta di Halloween, per andare a un rodeo, a un drive-in o quando seistato a Disneyland in California quella giubba la avevi indossataanche troppo e con tanto di cappellino. Ma non ricordi proprioniente?” ha buttato lì.

“Eh no”“Ricordo che eri parecchio rammaricato per essere stato solo a

Disneyland nello Stato della California e di aver invece saltatoDisney World nello Stato della Florida – curiosamente la donnacantilenava ogni volta che pronunciava “nello Stato della” come seripetesse una cosa che aveva sentito da altri – Non eri sempre se-rio. Sapevi anche essere un bambinone” ha detto.

Poi ha proseguito dicendo: “Qui – e ha tirato il primo cassettodella cassettiera nell’armadio – Ho messo un mangianastri, un paiodi cuffie per ascoltare la musica e nastri di musica. Bobbi Womack.Al Green. Steve Wonder. James Brown. Michael Jackson. Per tequesto mangianastri ha sempre avuto valore. Credo sia stato ilprimo regalo che hai ricevuto da Sara. Credo che anche le cassetteabbiano sempre avuto valore. È sempre stato impossibile per me eper tuo padre non avere noti i tuoi gusti in fatto di musica. Teneviil volume dello stereo sempre così alto! Comunque, ah, non è statomalaccio quando, intorno ai vent’anni, hai cominciato con la musi-ca classica – e qui la donna che ricorda a Daniel la strega di unafiaba ha tirato il secondo cassetto – Mozart. Bach. Listz. Chopin.

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Ho messo insieme in questo cassetto tutti i cd. Però ne troverai al-tri nell’appartamento di Genova. Ce ne sono anche a Nizza”

“Ecco le camicie – ha seguitato la donna tirando la terza antadell’armadio – Ti piacevano soprattutto le camicie con il collettorigido. Preferivi quel… - “CIONDOLI DA UN APPARTAMENTOALL’ALTRO! NON HAI UN PROGETTO PER LA GIORNATA!” – …le dicolore azzurro alle bianche. Questa camicia – e ha indicato laquarta o la quinta camicia appesa nell’armadio – ricordo che l’aveviimbrattata d’inchiostro non so più per quale ragione. Avrai avutodiciannove anni. L’hai imbrattata completamente. Io ero pronta abuttarla via, ma tu hai assolutamente preteso di pulire quella. Do-vevi tenerci molto, anche se di questo non mi hai mai chiarito laragione. Comunque, ricordo che alla lavasecco erav… -“DISGRAZIATO! DISGRAZIATO! DISGRAZIATO! ” - …eravamo di-ventati la barzelletta – e qui la donna ha emesso un risolino – Que-sto prima che camicie, pantaloni, mutande, calze e tutto quanto, apartire da quando ti sei trasferito a Genova, hai trovato sempre ilmodo di…”

“VIVI IMMERSO NELL’IMMONDIZIA!”.Queste parole raggiungono Daniel con la forza di un boato.Daniel deve quasi portarsi un mano a un orecchio come se quello

che ha appena sentito fosse venuto da fuori e non da dentro la suatesta.

“ VIVI IMMERSO NELL’IMMONDIZIA!”“…lavartele e stirartele, Daniel, da te. Nemmeno Sara ha mai al-

zato un dito per questo. Tuo padre mi ha sempre suggerito che tu,senza dirlo, usassi una lavanderia e una stireria, ma io, invece, hocontinuato sempre a credere che ti facessi il bucato e ti stirassitutto da solo. Del resto, più di una volta, quando sono ven… -“MALNATO! MALNATO! MALNATO!” – …uta in visitanell’appartamento a Genova, ho visto con i miei occhi l’asse e ilferro da stiro montati in cucina e i panni stesi fuori dalle finestre adasciugare. Una volta avevi messo i calzini a sgocciolare su Via SanLorenzo e ho dovuto riprenderti” e qui la donna ha cacciato unaltro risolino che a Daniel più che altro è sembrato il verso di unacornacchia.

“SEI SPORCO!”“ CIONDOLI DA UN APPARTAMENTO ALL’ALTRO!”…di nuovo quei boati dentro la testa.“ CIONDOLI DA UN APPARTAMENTO ALL’ALTRO!”“SEI SPORCO!!”“Quando venivo a trovarti, mi sentivo completamente inutile –

ha proseguito la donna – Trovavo vestiti e biancheria pulitissimi.Trovavo i pavimenti lustrati. I mobili laccati. Mai i piatti sporchiimpilati in cucina. La sola cosa che potevo fare con utilità era pre-

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parare pranzi e cene visto che tanto tu quanto Sara sapevate cuci-nare a mala pena. Almeno prima che qualche anno fa non vi pas-sassi qualcuna delle mie ricette”

“Scarpe!” ha esclamato la donna quando ha tirato la quarta antadell’armadio.

Daniel ha potuto vedere nel vano dell’armadio una fila di scarpe.La donna che sostiene di essere sua madre gli ha subito spiegato diessere stata lei ad aver messo le scarpe nel vano dell’armadio, natu-ralmente non prima di averle lavate e lucidate. Sembrava molto asuo agio a parlare di queste cose. Appariva sciolta, sicura. Davapoprio l’impressione che avrebbe potuto parlare per ore senzafermarsi mai. Di solito Daniel usava sempre una scarpiera, maquando si è trasferito nell’appartamento a Genova, la donna rac-contava, ha portato via la maggior parte delle scarpe e così dopodue anni lei si è decis… – “HAI LE SCARPE ROVINATE!!” –… a atogliere la scarpiera che stava nell’angolo dove adesso c’è la cartageografica e a mettere le scarpe che erano rimaste nell’armadio delripostiglio in cucina assieme a quelle di suo padre. Lui non ha maigradito troppo tutte quelle scarpe che Daniel si comprava ogni duemesi, ma a lei, invece, non ha mai dato nessun fastidio, visto so-prattutto la cura che Daniel ci ha sempre messo nel sceglierle –“SEI SPORCO! HAI LE SCARPE ROVINATE!”. La donna ha raccontatoa Daniel di aver sempre preferito un figlio con un debole per lescarpe di prim’ordine piuttosto che uno di quelli che girano conscarpe imbullettate, scalcagnate o sformate.

“Avvicinati! Toccale pure! Annusale, se vuoi!”Forse la donna pensava che – “SEI IL DISONORE DI QUESTA

FAMIGLIA!” – toccando le scarpe o annusandole una scena dellavita di Daniel si sarebbe materializzata nei suoi ricordi –“DISGRAZIATO!”. Invece quella volta Daniel non le ha detto, comeavrebbe fatto più tardi nella piazzetta a Genova, che la sola cosache gli succedeva nella testa osservando le scarpe – oltre a sentireparole dell’intensità di un boato – era pensare a qualcos’altro. SeDaniel si fermava a guardare una scarpa da ginnastica, gli si forma-va nella mente l’immagine di un luccio. Se passava con lo sguardoa un mocassino, gli veniva in mente un pesce martello. Se posavagli occhi su uno stivaletto, gli affiorava nitidamente l’immagine diuno squalo. Questo gli era successo anche con le camicie e gli erasuccesso con il mangianastri, le cuffie e i nastri di musica. Gli suc-cedeva in continuazione. Le immagini nella mente interferivanocon le immagini che aveva davanti agli occhi: a volte per brevissimimomenti arrivavano persino a coprirle completamente.

“Ti senti bene, Daniel? – ha detto la donna mentre Daniel pensa-va a queste cose – Ti stai ricordando qualcosa?”

Daniel ha guardato la donna.

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“Purtroppo ancora no” ha risposto.

Lingua e sottotitoli

La villa di Tortona è costruita su seimilaquattrocento metri qua-drati di terreno. La casa è di due piani e arriva alle dimensioni dicirca mille metri quadrati. Si trova nella salita di Viale Vittorio Ve-neto. Quando l’uomo che sostiene di essere suo padre l’aveva ac-quistata nel 1979, la proprietà non era ancora così estesa, ma apartire dal 1988 aveva acquistato altro terreno e dal 1992 avevacominciato con un’opera di bonifica e di edificazione che si era ar-restata soltanto alle soglie del 2000. La casa è sembrata a Daniel incondizioni ottime, nonostante la donna che sostiene di essere suamadre non abbia fatto altro che indicargli le cose da mettere a po-sto. “La canna fumaria è storta e arrugginita” diceva. “Il parapettodel balcone è attraversato da troppe crepe” diceva. “Quell’altanalassù è da cambiare”. “Lo stoino è sporco”. “Questi conci sonotroppo malandati”. “L’angolo del marcapiano è da riverniciare” di-ceva.

Nella settimana che Daniel è rimasto nella villa delle persone chesostengono di essere i suoi genitori subito dopo essere uscitodall’ospedale, la donna che sostiene di essere sua madre gli ha fattovisitare ogni angolo della casa: le quattro camere da letto (la camerada letto degli ospiti era stata occupata da Sara per sei mesi, quandoa diciotto anni Daniel aveva preso la decisione fantascientifica disposarla), i due gabinetti, lo sgabuzzino enorme, lo spogliatoio (chedue anni fa ha smesso di essere palestra perché la donna aveva pre-so la decisione di far togliere gli attrezzi), la cucina enorme, la salada pranzo, il soggiorno, lo studio di suo padre e soprattutto la sof-fitta. L’uomo e la donna che sostengo di essere i suoi genitori sonoandati avanti giorni nel tentativo di far recuperare a Daniel qualchericordo. Naturalmente, era la donna a occuparsene di più. Per lopiù, tirava fuori un oggetto, lo metteva sotto il naso del figlio easpettava qualche reazione. Ogni volta, però, Daniel si limitava ascuotere il capo e a dichiarare di non ricordarsi nulla.

Come è accaduto il giorno che lui e la donna sono saliti nella sof-fitta di casa.

“Guarda – ha detto spostandosi vicino a un muro di scatoloni –In questi scatoloni ho messo i quaderni dove scrivevi i temi di ita-liano. Però ci sono anche quadernoni di geografia, di storia. Non

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credo che troverai i quaderni di matematica, anche se nel caso dituo fratello ho voluto conservarli perché gli errori di calcolo cheriusciva a fare lui erano straordinari. Quel bambino riusciva amettere nero su bianco che due più due faceva ventisei! C’è daspanciarsi a sfogliare quei quaderni e c’è spanciarsi ancora di più sesi pensa che sedici anni più tardi quello stesso asino di matematicasarebbe diventato Ingegnere!”

Il primo giorno dopo essere uscito dall’ospedale, a casa delle per-sone che sostengono di essere i suoi genitori, proprio il giornoprima che Daniel visitasse la soffitta accompagnato dalla donnache sostiene di essere sua madre – “HAI UNA VAGA IDEA DELLETUE RESPONSABILITÀ?” –, Daniel ha cenato con l’uomo che so-stiene di essere suo fratello e con sua moglie. La donna che sostie-ne di essere sua madre non è stata zitta un momento, ma Daniel ècomunque riuscito ad apprendere che l’uomo che sostiene di esse-re suo fratello e che si chiama Gabriele lavora nel gruppodell’uomo che sostiene di essere suo padre, ma in una ditta diversada quella dove Daniel ha lavorato prima dell’incidente.

Gabriele ha cominciato a lavorare per il gruppo un anno soltantoprima di Daniel. A quanto pare, alla sola età di trentaquattro anni,occupa nell’azienda il ruolo di Presidente. L’uomo che sostiene diessere suo fratello gli ha spiegato che avrebbe preferito diventareanche amministratore delegato della ditta, ma che suo padre –l’uomo che sostiene di essere anche il padre di Daniel – non vuoleproprio che il figlio corra questo rischio. Così l’amministratore de-legato della ditta continua ad essere il geometra Plazzanini, anchese in ditta viene considerato quasi un buono a nulla.

“Forse non è poi così un male, Daniel, che certe cose non le ri-cordi” ha concluso l’uomo che gli è stato presentato come Ga-briele.

Naturalmente, i suoi cercavano di fargli ritornare i ricordi nonsoltanto portandolo in soffitta o mostrandogli gli oggetti dei luoghidove Daniel aveva sempre vissuto prima che gli capitassel’incidente, ma, ad esempio, anche attraverso il cibo. Le personeche sostenevano di essere i suoi genitori, nonché Olga ed Emilia,facevano trovare ogni giorno a tavola per lui piatti come fusilli conpesto alla genovese, pasta in bianco, riso allo zafferano, farfalle conburro, rosmarino e sugo di pomodoro, cotolette alla milanese conpatate fritte, arrosti di maiale con purè e pisellini e ancora tiramisù,crema pasticcera, torta di mele, profiterole al cioccolato e… petite ma-deleines. Qualche volta Daniel pensava che tutta quella roba fossesolo cibo per donniciole – davvero prima dell’incidente era statoun fan della pasta in bianco? – e rimpiangeva un semplice sand-wich o un hamburger – ma forse solo perché nel suo oscuro pas-sato era stato qualche mese negli Stati Uniti. E in ogni caso niente

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di tutto questo – ossia rimpinzarlo dei cibi che aveva sempre prefe-rito prima di finire in stato d’incoscienza – era servito a qualcosa.

Come non è servito organizzargli una visita a sorpresa dei suoiparenti più importanti: Nonna Maddalena chiamata in famigliaNonna Madda oppure Nonna Luigina, senza dimenticarsi delloZio Marino.

“È questo signore con i baffi e la polo bianca – ha detto la donnache sostiene di essere sua madre – È mio fratello. Quando trenta-sette anni fa ho detto a tuo zio che mi sarei sposata con un uomoche aveva come cognome il suo nome, la prima cosa che ha fattolui è stato spanciarsi dalle risate. Poi ha blaterato qualcosa sul fattoche sposare un uomo che portava come cognome il suo nome si-gnificava sposare lui …”

L’uomo si è messo a ridere. Doveva avere più di cinquant’anni,ma non ancora sessanta. Oltre alla polo bianca indossava un paiodi pantaloncini che gli arrivavano a metà gamba e un paio di scarpeda ginnastica – e dopo qualche momento che Daniel le stava os-servando hanno proiettato nella sua mente l’immagine di una cop-pia di lucci argentati. Daniel ha sbattuto gli occhi e l’interferenza èsvanita. L’uomo gli ha raccontato di essere appena tornato da unapartita di golf al circolo. Ha ironizzato sulle parole “golf” e“partita” sostenendo che, in pratica, non si potesse parlare esatta-mente né dell’uno né dell’altra, ma di qualcosa che, al massimo, ciassomigliava soltanto. Poi era a un passo dal mettersi a fare lo stes-so discorso con la parola “circolo”, quando ha avuto l’idea dismetterla e di passare a chiedergli perché non tornare a calcare iprati dei campi da “golf” del “circolo” per una “partita” uno diquei giorni.

“Purtroppo credo di non sapere nemmeno più tenere in manouna mazza” ha risposto Daniel che non aveva la minima idea diche cosa stesse parlando l’uomo con la polo bianca e i baffi che ri-spondeva al nome di Marino.

“Sono sicuro che appena tornerai a mettere piede sul campo dagolf ti ricorderai tutto quanto. Eri bravo, sai, proprio bravo …” gliha risposto l’uomo.

L’uomo che sostiene di essere il fratello della donna che sostienedi essere sua madre si è messo in affari con l’uomo che sostiene diessere suo padre cinque anni più tardi che l’uomo e la donna chesostengono di essere i suoi genitori si sposassero. L’uomo che so-stiene di essere suo zio ovvero lo “Zio Marino” (e Daniel non ri-usciva a non pensarlo se non nel primo modo e, se proprio si sfor-zava di pensarlo nel secondo, allora non riusciva a farlo se non travirgolette) era responsabile dell’Ufficio Mezzi nella ditta più grossadel gruppo – la Costructa. Prima di quell’impiego aveva provato agestire un’officina meccanica, ma il giro d’affari alimentato

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dall’officina aveva cominciato ad assomigliare troppo presto allarotellina di un monopattino – come l’uomo che amava l’ironia, manon aveva un talento eccezionale nel praticarla, gli aveva spiegato –e così, d’accordo con l’uomo che sostiene di essere il padre di Da-niel, prima aveva deciso di rendere l’officina una succursale di unadelle ditte che rifornivano i mezzi dell’impresa e circa un anno piùtardi l’aveva chiusa ed era passato a responsabile dell’ufficio Ge-stione Mezzi della ditta più importante del gruppo. Tra le altre cosela ditta gli aveva messo a disposizione una Volvo 1600 cavalli dicilindrata a gasolio. Lui avrebbe preferito la Mercedes 2000 cavallia benzina che mettono a disposizione nella ditta dove lavoral’uomo che sostiene di essere il fratello di Daniel (quella è la dittacon i giocattoli migliori: la Metrocemento S.c.p.a.), e però, diamine,non poteva non dirsi contento e poi, come si dice, a caval donatonon si guarda in bocca – “specialmente poi se si tratta di millesei-cento cavalli” ha aggiunto e ci ha piantato su una risata con i dentibene in vista.

“Ti aspettiamo tutti in ufficio e ti aspettiamo anche al circolo.Ritrova te stesso, Daniel, e torna presto tra noi” gli ha dettol’uomo tirandogli grandi pacche sulle spalle.

I suoi denti fomavano nella mente di Daniel l’immagine minac-ciosa di quattro pugnali molto affilati.

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Nel frattempo Daniel, facendo uso del laptop nella sua stanza,conduceva le sue ricerche personali. Per qualche ragione che non èstato in grado di spiegarsi le sue dita scorrevano familiarmentesulla tastiera del laptop e Daniel si sentiva a suo agio. Poteva per-tanto lavorare di buona lena. Nella settimana che ha trascorso a ca-sa delle persone che sostengono di essere i suoi genitori si è con-centrato su diversi casi di amnesia. Su Internet ha trovato mille-quattrocento risultati e di questi ha stampato anche qualche arti-colo. Come, ad esempio, questo, dal titolo: Lo strano caso di Moun-sieur L.M. smemorato ma con falsi ricordi. Ed ecco l’occhiellodell’articolo: “Parigi, primo caso al mondo di ‘iperamnesia confabulatoria’,una variante della sindrome di Korsakoff. L’uomo parla di episodi dettagliatidella sua vita. Che però non sono mai accaduti” oppure Daniel ha trovatoquest’altro articolo: Uomini senza passato. Il recente caso del pianistasmemorato, trovato su una spiaggia inglese, è degno di un film. Ma davvero si

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può scordare la propria identità? La confusione è reale, o dietro c’è sempre untornaconto personale? Daniel ha inoltre stampato e letto da cima afondo e per più volte anche un articolo intitolato: Amnesia profonda:lo ‘strano caso’ di Henry Gustav Molaison. Ed infine Daniel ha trovatoanche questo articolo: Monza, «Chi riconosce Giulio?»

CASO DI AMNESIA AL SAN GERARDO.

Monza - Non sa chi è. O meglio, non se lo ricorda. E l’ospedale SanGerardo ha lanciato un appello. Una richiesta per aiutare un giovanea ritrovare la memoria. Nel reparto di Psichiatria dell’ospedale mon-zese è ricoverato da alcuni giorni un giovane uomo, dell’età presuntadi 30-35 anni e di nazionalità italiana.

L’uomo, che risulta incensurato e di cui non risultano alle Forzedell’Ordine denunce di scomparsa, è ricoverato nel nosocomio cittadi-no in seguito a una grave amnesia. I medici lo hanno chiamato Giulio,perché lui ipotizza che quello potrebbe essere il suo nome.

È una persona curata, colta, presumibilmente uno sportivo, appas-sionato di biciclette. Dice di percorrere abitualmente la tratta Conco-rezzo-Cremona. Chiunque avesse informazioni utili deve rivolgersi alreparto di Psichiatria del San Gerardo telefonando ai numeri .

Daniel provava fastidio a leggere parole come queste. Si chiedevase anche lui sarebbe stato destinato a diventare prima o poi un ca-so per i giornali – molto più, intende, di quanto la notizia del suoincidente non lo sia già stato. Come aveva già spiegato in diverseoccasioni alla donna che sostiene di essere sua madre parlandoledelle immagini che vede formarsi dentro la sua testa ogni volta chesi concentra a osservare un oggetto, per lui era del tutto evidente diessere affetto da qualche disturbo seguito al trauma. Forse potevatrattarsi di una malattia mentale o di una forma di demenza e perquesto non aveva nessuna voglia di scoprirlo da un medico. Avevapersino smesso di dirlo alla donna che sostiene di essere sua madreche fino a quel momento, per la verità, era sembrata ignorarlo suquesto argomento.

Nel corso delle sue ricerche, relativamente agli epidosi di quelleche lui definiva “interferenze”, Daniel ha digitato su Google anchela parola “allucinazione” e da Wikipedia è saltato fuori quanto se-gue:

L’allucinazione è una falsa percezione in assenza di uno stimoloesterno reale. È spesso definita in psicopatologia ‘percezione senzaoggetto’. Il termine deriva dal latino hallucinere o allucinere, che si-gnifica ‘vagare nella mente’ ed ha nella sua radice la particella "LUX"(luce-illuminazione-percezione). Alternativamente si può far risalire algreco ἁλύσκειν, (haluskein), che significa ‘scappare’, "evitare" rife-

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rendosi all’interpretazione diffusa dell’allucinazione come fuga dallarealtà. In psicopatologia le allucinazioni vengono classificate fra i di-sturbi della percezione e sono distinte dalle allucinosi e dalle illusioni.

“Scappare, “evitare” riferendosi all’interpretazione diffusadell’allucinazione come fuga dalla realtà”. Daniel ripensava ormai aqueste parole ossessivamente.

Ritorna al film

Insomma quando un mese e due giorni dalla degenza in ospedalesi siede davanti allo schermo del televisore al plasma di Genovaavendo già inserito il dvd che la donna che sostiene di essere suamadre gli ha passato nel pomeriggio in Piazza Delle Erbe, Danielha già diversi elementi per ricostruirsi un’idea della sua identità nelmondo.

Daniel è Daniel Marino.Daniel è nato nel 1978 a Tortona in provincia di Alessandria.

Daniel è alto 1,78.Daniel pesa 63 chilogrammi.Daniel ha gli occhi marroni.Daniel ha i capelli castani.

Daniel è avvocato.Daniel è assunto in una ditta che produce asfalto.Daniel lavora nell’Ufficio Legale di questa ditta.

Daniel ha genitori molto ricchi.Daniel abita nella villa dei suoi genitori.Daniel ha un appartamento a Genova.

Daniel ha abitato a Genova cinque anni.Daniel ha un appartamento a Nizza.Daniel ha abitato a Nizza un anno.

Daniel parla inglese.Daniel ha un fratello.

Daniel indossa camicie con il colletto rigido.Daniel ascolta musica black.

Daniel ascolta musica classica.Daniel guarda film di cassetta.

Daniel legge bestseller.Daniel adora le scarpe.

Daniel mangia la cotoletta alla milanese.

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Daniel mangia fusilli con pesto alle genovese, fagiolini e patate.Daniel è fidanzato con una ragazza di nome Sara.

Sara è bellissima.