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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 199 (48.523) Città del Vaticano mercoledì 2 settembre 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +z!"!;!"!?! la buona notizia Il Vangelo della XXIII Domenica del Tempo ordinario (Matteo 18,15-20) L’urgenza della riconciliazione Il Papa rinnova il suo appello nel messaggio in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato Cancellare il debito dei Paesi più fragili colpiti dalla pandemia Francesco rinnova il suo appello a «cancellare il debito dei Paesi più fragili alla luce dei gravi impatti del- le crisi sanitarie, sociali ed economi- che che devono affrontare a seguito del Covid-19». Si tratta — spiega in un messaggio diffuso martedì matti- na, 1° settembre, data in cui si cele- bra l’annuale Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato — di un gesto di «giustizia riparativa» di fronte alla «storia di sfruttamento del Sud del pianeta», che ha provo- cato appunto «un enorme debito ecologico, dovuto principalmente al depredamento delle risorse e all’uso eccessivo dello spazio ambientale comune per lo smaltimento dei ri- fiuti». Nella sua riflessione — ripresa an- che in una serie di tweet postati sull’account @Pontifex nella mattina di lunedì 2 — il Papa denuncia in particolare l’«avidità sfrenata dei consumi», che sta provocando «la disintegrazione della biodiversità, il vertiginoso aumento dei disastri cli- matici, il diseguale impatto della pandemia in atto sui più poveri e fragili». Per il Pontefice bisogna tor- nare a percepire il «battito della creazione», consapevoli che gli at- tuali stili di vita stanno spingendo progressivamente il pianeta «oltre i suoi limiti». «La continua domanda di crescita e l’incessante ciclo della produzione e dei consumi — incalza Francesco — stanno estenuando l’ambiente. Le foreste si dissolvono, il suolo è ero- so, i campi spariscono, i deserti avanzano, i mari diventano acidi e le tempeste si intensificano». Da qui la necessità di «trovare stili equi e so- stenibili di vita, che restituiscano alla Terra il riposo che le spetta, vie di sostentamento sufficienti per tutti, senza distruggere gli ecosistemi che ci mantengono». In questo senso, ricorda il Papa, «l’attuale pandemia ci ha portati in qualche modo a riscoprire stili di vi- ta più semplici e sostenibili», offren- do la possibilità di «sviluppare nuo- vi modi di vivere». La crisi ha con- dotto il mondo a «un bivio». Perciò il Pontefice esorta a «sfruttare que- sto momento decisivo per porre ter- mine ad attività e finalità superflue e distruttive, e coltivare valori, legami e progetti generativi», rivedendo «le nostre abitudini nell’uso dell’energia, nei consumi, nei trasporti e nell’ali- mentazione». Da Francesco anche un richiamo a ripristinare «l’equilibrio climatico» già compromesso, facendo «tutto il possibile per limitare la crescita del- la temperatura media globale sotto la soglia di 1,5 gradi centigradi» e per «salvaguardare il 30% della Ter- ra come habitat protetto entro il 2030, al fine di arginare l’allarmante tasso di perdita della biodiversità». Infine il Papa segnala la necessità di proteggere le comunità indigene dal «nuovo colonialismo» delle compa- gnie, in particolare di quelle multi- nazionali che sfruttano le persone e i territori «attraverso la deleteria estrazione di combustibili fossili, minerali, legname e prodotti agroin- dustriali». PAGINA 8 L’accordo reso possibile dalla mediazione del Qatar Tregua tra Israele e Hamas TEL AVIV, 1. Spiragli di dialogo in Medio Oriente. Hamas, il movi- mento islamico che controlla la Striscia di Gaza, e Israele hanno annunciato ieri sera un accordo per porre fine alle ostilità al confine. Da oltre un mese, infatti, quasi quotidianamente razzi e palloni in- cendiari lanciati dalla Striscia di Gaza hanno colpito il territorio israeliano, particolarmente nel sud. Da parte sua, Israele ha risposto con raid aerei. «Grazie a una serie di contatti, i più recenti con l'inviato del Qatar Mohammed el-Emadi, è stato rag- giunto un accordo di tregua per contenere l'escalation e porre fine all'aggressione contro il nostro po- polo» ha dichiarato, in un comuni- cato, il leader politico di Hamas a Gaza, Yahya Sinouar. La trattativa «ha portato a un accordo tra noi e Israele per far tornare la calma nel- la regione e prevenire un’escalation di violenza». I palloni incendiari lanciati dalla Striscia hanno causa- to — secondo la France Presse — più di 400 incendi nelle piantagio- ni israeliane, con un bilancio dram- matico per molti agricoltori e im- prenditori. Da parte sua, oltre ai raid, Israele ha intensificato il bloc- co sulla Striscia con nuove restri- zioni, soprattutto sulla pesca. «Se Hamas, che è responsabile di tutte le misure prese nella Stri- scia di Gaza, non adempie ai suoi obblighi per riportare la calma lun- go il confine, Israele agirà di con- seguenza» hanno dichiarato ieri se- ra esponenti israeliani citati dalla France Presse. Va ricordato che, sotto l'egida del Qatar, dell'Egitto e delle Nazioni Unite, Hamas e Israele lo scorso anno avevano rag- giunto un accordo di tregua che prevede un aiuto mensile di 30 mi- lioni di dollari, pagato dai qatarini, a Gaza, oltre a una serie di progetti economici per frenare la disoccupa- zione, che oggi supera il 50%. Con il nuovo accordo raggiunto ieri, se- condo una fonte del movimento islamico, il finanziamento del Qa- tar aumenterà da 30 milioni di dol- lari a 35 milioni di dollari al mese. Inoltre, il governo del Qatar ha an- nunciato anche nuovi progetti volti a migliorare le condizioni economi- che e sanitarie degli abitanti della Striscia. Bambino tra le macerie di una scuola a Gaza Il governo di transizione e i gruppi ribelli raggiungono un’intesa per mettere fine a 17 anni di conflitto Sudan: firmato uno storico accordo di pace KARTHUM, 1. È stato firmato ieri a Juba, capitale del Sud Sudan, l’ac- cordo di pace globale tra il governo sudanese e il Fronte rivoluzionario del Sudan (Srf) — la principale alleanza dei ribelli del Darfur — che mette fine a oltre 17 anni di conflitto. Lo rende noto l’agenzia di stampa statale sudanese “Suna”. Questa firma è l’inizio di «una strada verso la pace» ha dichiarato il primo ministro del Sudan, Abdalla Hamdock, dedicando l’accordo ai bambini nati nei campi di sfollati e ai loro genitori che «desiderano giu- stizia, sviluppo e sicurezza». Lo ri- porta la Bbc, riferendo della cerimo- nia per festeggiare l’intesa, svoltasi nella capitale del confinante Sud Su- dan, che ha ospitato i colloqui dal loro inizio. I leader del governo di transizione e il Srf — la coalizione di gruppi ribelli della regione occiden- tale del Darfur e degli Stati meridio- nali del Sud Kordofan e del Nilo Azzurro — hanno espresso la propria soddisfazione alla presenza di Salva Kiir, presidente del Sud Sudan e mediatore durante i negoziati, impe- gnandosi a realizzare un programma piuttosto ambizioso. Messaggi di supporto sono arrivati dalle Nazioni Unite e della Lega Araba. Alla firma dell’accordo non hanno però aderito due fazioni ribelli del Movimento di liberazione del Sudan (Slm) e del Movimento di liberazio- ne nord del Sudan (Splm-n), invita- te da Malik Agar, capo di Splm-n, a «non perdere quest’opportunità sto- rica» unendosi all’intesa, facendo co- sì eco all’appello anche di Ham- dock. Le parti già concordi hanno dato loro del tempo per aderire, ap- ponendo in seguito la propria firma. L’intesa — raggiunta al termine di negoziati che si protraggono dalla fi- ne del 2019 — «rappresenta una pie- tra miliare importante per la transi- zione democratica ed economica» del paese, «che è in corso». Lo ha affermato l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e politica di sicurezza Josep Borrell. «L’accordo apre la strada ad una pace duratura nel Sudan», ha aggiunto, facendo a sua volta un ap- pello alle due fazioni ribelli che non hanno aderito affinché si uniscano «agli sforzi per la pace, a beneficio delle comunità locali, che meritano di beneficiare dei cambiamenti in corso in Sudan». Per Borrell «è il momento per tutti i sudanesi di met- tere da parte le differenze e di guar- dare al bene del paese». L’Ue — ha concluso — resta impegnata a soste- nere la storica transizione sudanese. Atteso da settimane, ma più volte rinviato a causa delle violenze rie- splose nella regione del Darfur, l’ac- cordo finale include diverse questio- ni chiave: sicurezza, proprietà dei terreni, giustizia, divisione dei poteri e ritorno delle persone sfollate dai combattimenti. Prevede, inoltre, lo smantellamento delle forze ribelli e l’integrazione dei suoi combattenti nell’esercito nazionale. Punti non fa- cili da realizzare, come rimarcato dal ministro dell’Informazione del Su- dan, Faisal Mohammed Salih, ag- giungendo che però «noi abbiamo questa volontà politica». L’accordo è un passo significativo verso l’obiettivo della giunta di tran- sizione al potere in Sudan di risolve- re i conflitti civili nel paese. In pas- sato gli accordi non sono durati a lungo, ma in questo caso si potrebbe trattare di una svolta più duratura visto che il Sudan sta attraversando una fase di rinnovamento e di stabi- lizzazione della sua situazione politi- ca. Secondo le stime dell’Onu, circa 300 persone sono state uccise in Darfur da quando i ribelli hanno av- viato una rivolta contro il governo centrale nel 2003. Il conflitto nel Sud Kordofan e nel Nilo Azzurro è scoppiato, invece, nel 2011, a seguito di conflitti mai risolti durante la pre- cedente guerra civile sudanese del 1983-2005. Per non dimenticare GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 Per fermare le violenze e riportare l’ordine nelle città statunitensi Trump pronto all’uso della forza PAGINA 3 Una mostra itinerante contro la violenza economica sulle donne Guadagnare e non poter gestire SILVIA CAMISASCA A PAGINA 4 L’attenzione alla bellezza come fondamento di una nuova educazione civica Estetica della cittadinanza BARBARA JATTA A PAGINA 5 Facce belle della Chiesa Se canti pregare è più facile ROBERTO CETERA A PAGINA 6 La Chiesa in Papua Nuova Guinea difende le donne accusate di stregoneria Porre fine all’impunità PAOLO AFFATATO A PAGINA 7 ALLINTERNO di FRANCESCO PESCE L a riconciliazione con il Creato, tra gli uomini, tra i popoli, tra le religioni, non è un’utopia della storia, perché in Cristo la riconciliazione è già cominciata. Con le parole dell’apostolo Paolo non possiamo mai dimenticare che: «Dio ha riconciliato a sè il mondo in Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (2 Cor 5,18-20). Pensiamo che cosa immensa ci è affidata; a noi non è affidato il ministero della guerra, del razzismo, del nazionalismo, a noi è affi- dato il ministero della riconciliazione. Ogni giorno dobbiamo sentire, vorrei dire, l’urgenza della ricon- ciliazione. Riconciliarsi prima di tutto con la propria storia, con un passato che non può essere una zavorra pesante che ti schiaccia; riconciliar- si con il presente, per poter scorgere i segni dei tempi. Riconciliarsi con il tempo che passa; la morte è il segno più chiaro della nostra fragilità e ci può insegnare a vivere una vita che sceglie l’essenziale, nell’attesa del compimento delle sorprese del suo amore. Chiediamo anche perdono al Signore e l’aiuto della sua Grazia, perché noi spesso non siamo una realtà riconciliata; i cristiani sono separati; anche nella chiesa, in tante case, esiste il demone della di- visione. Perché spesso non siamo riconciliati? Penso che la risposta più vera stia nel fatto che tra noi c’è troppo poca Parola di Dio. Dice il Signore al profeta: «Ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li av- vertirai da parte mia» (Ez 33,7-9). Noi a volte abbiamo annunciato parole che non erano dalla boc- ca di Dio; abbiamo detto tante cose, dicendo che erano le parole di Dio, e invece non era vero; erano e sono ancora oggi a volte parole di potere, di ideologia, parole dei più forti, e così siamo diventati ministri di divisione. Noi non dobbiamo dire parole che vincono, ma parole che salvano, e solo quelle riconciliano e costruiscono la pace, quella vera. Dobbiamo essere umili e stare attenti, anche nelle nostre cattedre universitarie, nella nostra stampa, nelle nostre chiese, a diventare quasi senza rendersene conto, mistificatori della Parola, persone che hanno scambiato il vangelo con la cultura, gente che non vuole il dialogo ecumenico e con le altre religioni, persone sempre in- quiete, in guerra contro tutti, che giudicano il mondo con disprez- zo, e che pensano che la Fratellanza umana, nuova frontiera del cristianesimo sia una eresia. Anche la Chiesa qualcuno dice, ha dei nemici e quindi bisogna difenderla: dal relativismo, dal soggettivismo, dal laicismo e così via. Gesù però non si è mai difeso; e allo stesso modo Pietro e Paolo non si sono mai difesi. C’è tutta una storia di nemici che ab- biamo combattuto forse per non vedere il male dentro di noi: il potere, il denaro, il clericalismo. La Chiesa la difende il Signore, a noi il compito di renderla sempre più bella e attraente con un bat- tesimo coerente con la vita. Donaci sempre Signore un cuore riconciliante, generoso e fedele, aperto all’accoglienza e alle necessità di quanti incontriamo. Fa che la nostra fede sia coerente con l’onestà, la giustizia e la carità e sappia trasmettere alle nuove generazioni la gioia dell’incontro con il Risorto. Una discarica nella città irachena di Najaf (Reuters)

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 199 (48.523) Città del Vaticano mercoledì 2 settembre 2020

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izia Il Vangelo della XXIII Domenica del Tempo ordinario (Matteo 18,15-20)

L’urgenza della riconciliazione

Il Papa rinnova il suo appello nel messaggio in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato

Cancellare il debitodei Paesi più fragili colpiti dalla pandemiaFrancesco rinnova il suo appello a«cancellare il debito dei Paesi piùfragili alla luce dei gravi impatti del-le crisi sanitarie, sociali ed economi-che che devono affrontare a seguitodel Covid-19». Si tratta — spiega inun messaggio diffuso martedì matti-na, 1° settembre, data in cui si cele-bra l’annuale Giornata mondiale dipreghiera per la cura del creato — diun gesto di «giustizia riparativa» difronte alla «storia di sfruttamentodel Sud del pianeta», che ha provo-cato appunto «un enorme debitoecologico, dovuto principalmente al

depredamento delle risorse e all’usoeccessivo dello spazio ambientalecomune per lo smaltimento dei ri-fiuti».

Nella sua riflessione — ripresa an-che in una serie di tweet postatisull’account @Pontifex nella mattinadi lunedì 2 — il Papa denuncia inparticolare l’«avidità sfrenata deiconsumi», che sta provocando «ladisintegrazione della biodiversità, ilvertiginoso aumento dei disastri cli-matici, il diseguale impatto dellapandemia in atto sui più poveri efragili». Per il Pontefice bisogna tor-

nare a percepire il «battito dellacreazione», consapevoli che gli at-tuali stili di vita stanno spingendoprogressivamente il pianeta «oltre isuoi limiti».

«La continua domanda di crescitae l’incessante ciclo della produzionee dei consumi — incalza Francesco —stanno estenuando l’ambiente. Leforeste si dissolvono, il suolo è ero-so, i campi spariscono, i desertiavanzano, i mari diventano acidi e letempeste si intensificano». Da qui lanecessità di «trovare stili equi e so-stenibili di vita, che restituiscano alla

Terra il riposo che le spetta, vie disostentamento sufficienti per tutti,senza distruggere gli ecosistemi checi mantengono».

In questo senso, ricorda il Papa,«l’attuale pandemia ci ha portati inqualche modo a riscoprire stili di vi-ta più semplici e sostenibili», offren-do la possibilità di «sviluppare nuo-vi modi di vivere». La crisi ha con-dotto il mondo a «un bivio». Perciòil Pontefice esorta a «sfruttare que-sto momento decisivo per porre ter-mine ad attività e finalità superflue edistruttive, e coltivare valori, legamie progetti generativi», rivedendo «lenostre abitudini nell’uso dell’e n e rg i a ,nei consumi, nei trasporti e nell’ali-mentazione».

Da Francesco anche un richiamoa ripristinare «l’equilibrio climatico»già compromesso, facendo «tutto ilpossibile per limitare la crescita del-la temperatura media globale sottola soglia di 1,5 gradi centigradi» eper «salvaguardare il 30% della Ter-ra come habitat protetto entro il2030, al fine di arginare l’allarmantetasso di perdita della biodiversità».Infine il Papa segnala la necessità diproteggere le comunità indigene dal«nuovo colonialismo» delle compa-gnie, in particolare di quelle multi-nazionali che sfruttano le persone ei territori «attraverso la deleteriaestrazione di combustibili fossili,minerali, legname e prodotti agroin-dustriali».

PAGINA 8

L’accordo reso possibile dalla mediazione del Qatar

Tre g u atra Israele e Hamas

TEL AV I V, 1. Spiragli di dialogo inMedio Oriente. Hamas, il movi-mento islamico che controlla laStriscia di Gaza, e Israele hannoannunciato ieri sera un accordo perporre fine alle ostilità al confine.Da oltre un mese, infatti, quasiquotidianamente razzi e palloni in-cendiari lanciati dalla Striscia diGaza hanno colpito il territorioisraeliano, particolarmente nel sud.Da parte sua, Israele ha rispostocon raid aerei.

«Grazie a una serie di contatti, ipiù recenti con l'inviato del QatarMohammed el-Emadi, è stato rag-giunto un accordo di tregua percontenere l'escalation e porre fineall'aggressione contro il nostro po-polo» ha dichiarato, in un comuni-cato, il leader politico di Hamas aGaza, Yahya Sinouar. La trattativa«ha portato a un accordo tra noi eIsraele per far tornare la calma nel-la regione e prevenire un’escalationdi violenza». I palloni incendiarilanciati dalla Striscia hanno causa-to — secondo la France Presse —più di 400 incendi nelle piantagio-ni israeliane, con un bilancio dram-matico per molti agricoltori e im-prenditori. Da parte sua, oltre airaid, Israele ha intensificato il bloc-co sulla Striscia con nuove restri-zioni, soprattutto sulla pesca.

«Se Hamas, che è responsabiledi tutte le misure prese nella Stri-scia di Gaza, non adempie ai suoiobblighi per riportare la calma lun-go il confine, Israele agirà di con-seguenza» hanno dichiarato ieri se-ra esponenti israeliani citati dallaFrance Presse. Va ricordato che,sotto l'egida del Qatar, dell'Egitto e

delle Nazioni Unite, Hamas eIsraele lo scorso anno avevano rag-giunto un accordo di tregua cheprevede un aiuto mensile di 30 mi-lioni di dollari, pagato dai qatarini,a Gaza, oltre a una serie di progettieconomici per frenare la disoccupa-zione, che oggi supera il 50%. Conil nuovo accordo raggiunto ieri, se-condo una fonte del movimentoislamico, il finanziamento del Qa-tar aumenterà da 30 milioni di dol-lari a 35 milioni di dollari al mese.Inoltre, il governo del Qatar ha an-nunciato anche nuovi progetti voltia migliorare le condizioni economi-che e sanitarie degli abitanti dellaStriscia.

Bambino tra le macerie di una scuola a Gaza

Il governo di transizione e i gruppi ribelli raggiungono un’intesa per mettere fine a 17 anni di conflitto

Sudan: firmato uno storico accordo di paceKARTHUM, 1. È stato firmato ieri aJuba, capitale del Sud Sudan, l’ac-cordo di pace globale tra il governosudanese e il Fronte rivoluzionariodel Sudan (Srf) — la principalealleanza dei ribelli del Darfur — chemette fine a oltre 17 anni diconflitto. Lo rende noto l’agenzia distampa statale sudanese “Suna”.

Questa firma è l’inizio di «unastrada verso la pace» ha dichiarato ilprimo ministro del Sudan, AbdallaHamdock, dedicando l’accordo aibambini nati nei campi di sfollati eai loro genitori che «desiderano giu-stizia, sviluppo e sicurezza». Lo ri-porta la Bbc, riferendo della cerimo-nia per festeggiare l’intesa, svoltasinella capitale del confinante Sud Su-dan, che ha ospitato i colloqui dalloro inizio. I leader del governo ditransizione e il Srf — la coalizione digruppi ribelli della regione occiden-tale del Darfur e degli Stati meridio-nali del Sud Kordofan e del NiloAzzurro — hanno espresso la propriasoddisfazione alla presenza di SalvaKiir, presidente del Sud Sudan emediatore durante i negoziati, impe-gnandosi a realizzare un programmapiuttosto ambizioso. Messaggi disupporto sono arrivati dalle NazioniUnite e della Lega Araba.

Alla firma dell’accordo non hannoperò aderito due fazioni ribelli delMovimento di liberazione del Sudan(Slm) e del Movimento di liberazio-ne nord del Sudan (Splm-n), invita-te da Malik Agar, capo di Splm-n, a«non perdere quest’opportunità sto-rica» unendosi all’intesa, facendo co-sì eco all’appello anche di Ham-dock. Le parti già concordi hannodato loro del tempo per aderire, ap-ponendo in seguito la propria firma.

L’intesa — raggiunta al termine dinegoziati che si protraggono dalla fi-ne del 2019 — «rappresenta una pie-tra miliare importante per la transi-zione democratica ed economica»del paese, «che è in corso». Lo haaffermato l’Alto rappresentantedell’Unione europea per gli affariesteri e politica di sicurezza JosepBorrell. «L’accordo apre la strada aduna pace duratura nel Sudan», ha

aggiunto, facendo a sua volta un ap-pello alle due fazioni ribelli che nonhanno aderito affinché si uniscano«agli sforzi per la pace, a beneficiodelle comunità locali, che meritanodi beneficiare dei cambiamenti incorso in Sudan». Per Borrell «è ilmomento per tutti i sudanesi di met-tere da parte le differenze e di guar-dare al bene del paese». L’Ue — haconcluso — resta impegnata a soste-nere la storica transizione sudanese.

Atteso da settimane, ma più volterinviato a causa delle violenze rie-splose nella regione del Darfur, l’ac-cordo finale include diverse questio-

ni chiave: sicurezza, proprietà deiterreni, giustizia, divisione dei poterie ritorno delle persone sfollate daicombattimenti. Prevede, inoltre, losmantellamento delle forze ribelli el’integrazione dei suoi combattentinell’esercito nazionale. Punti non fa-cili da realizzare, come rimarcato dalministro dell’Informazione del Su-dan, Faisal Mohammed Salih, ag-giungendo che però «noi abbiamoquesta volontà politica».

L’accordo è un passo significativoverso l’obiettivo della giunta di tran-sizione al potere in Sudan di risolve-re i conflitti civili nel paese. In pas-

sato gli accordi non sono durati alungo, ma in questo caso si potrebbetrattare di una svolta più duraturavisto che il Sudan sta attraversandouna fase di rinnovamento e di stabi-lizzazione della sua situazione politi-ca. Secondo le stime dell’Onu, circa300 persone sono state uccise inDarfur da quando i ribelli hanno av-viato una rivolta contro il governocentrale nel 2003. Il conflitto nelSud Kordofan e nel Nilo Azzurro èscoppiato, invece, nel 2011, a seguitodi conflitti mai risolti durante la pre-cedente guerra civile sudanese del1983-2005.

Per non dimenticare

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

Per fermare le violenze e riportarel’ordine nelle città statunitensi

Trump prontoall’uso della forza

PAGINA 3

Una mostra itinerante controla violenza economica sulle donne

G u a d a g n a ree non poter gestire

SI LV I A CAMISASCA A PA G I N A 4

L’attenzione alla bellezzacome fondamento di una nuovaeducazione civica

Esteticadella cittadinanza

BARBARA JAT TA A PA G I N A 5

Facce belle della Chiesa

Se cantipregare è più facile

ROBERTO CETERA A PA G I N A 6

La Chiesa in PapuaNuova Guinea difende le donneaccusate di stregoneria

Porre fine all’impunità

PAOLO AF FATAT O A PA G I N A 7

ALL’INTERNO

di FRANCESCO PESCE

La riconciliazione con il Creato, tra gli uomini, tra i popoli,tra le religioni, non è un’utopia della storia, perché in Cristola riconciliazione è già cominciata.

Con le parole dell’apostolo Paolo non possiamo mai dimenticareche: «Dio ha riconciliato a sè il mondo in Cristo e ha affidato a noi ilministero della riconciliazione» (2 Cor 5,18-20).

Pensiamo che cosa immensa ci è affidata; a noi non è affidato ilministero della guerra, del razzismo, del nazionalismo, a noi è affi-dato il ministero della riconciliazione.

Ogni giorno dobbiamo sentire, vorrei dire, l’urgenza della ricon-ciliazione.

Riconciliarsi prima di tutto con la propria storia, con un passatoche non può essere una zavorra pesante che ti schiaccia; riconciliar-si con il presente, per poter scorgere i segni dei tempi. Riconciliarsicon il tempo che passa; la morte è il segno più chiaro della nostrafragilità e ci può insegnare a vivere una vita che sceglie l’essenziale,nell’attesa del compimento delle sorprese del suo amore.

Chiediamo anche perdono al Signore e l’aiuto della sua Grazia,perché noi spesso non siamo una realtà riconciliata; i cristiani sonoseparati; anche nella chiesa, in tante case, esiste il demone della di-visione.

Perché spesso non siamo riconciliati? Penso che la risposta piùvera stia nel fatto che tra noi c’è troppo poca Parola di Dio. Dice ilSignore al profeta: «Ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li av-vertirai da parte mia» (Ez 33,7-9).

Noi a volte abbiamo annunciato parole che non erano dalla boc-ca di Dio; abbiamo detto tante cose, dicendo che erano le parole diDio, e invece non era vero; erano e sono ancora oggi a volte paroledi potere, di ideologia, parole dei più forti, e così siamo diventatiministri di divisione. Noi non dobbiamo dire parole che vincono,ma parole che salvano, e solo quelle riconciliano e costruiscono lapace, quella vera.

Dobbiamo essere umili e stare attenti, anche nelle nostre cattedreuniversitarie, nella nostra stampa, nelle nostre chiese, a diventarequasi senza rendersene conto, mistificatori della Parola, personeche hanno scambiato il vangelo con la cultura, gente che non vuoleil dialogo ecumenico e con le altre religioni, persone sempre in-quiete, in guerra contro tutti, che giudicano il mondo con disprez-zo, e che pensano che la Fratellanza umana, nuova frontiera delcristianesimo sia una eresia.

Anche la Chiesa qualcuno dice, ha dei nemici e quindi bisognadifenderla: dal relativismo, dal soggettivismo, dal laicismo e cosìvia. Gesù però non si è mai difeso; e allo stesso modo Pietro ePaolo non si sono mai difesi. C’è tutta una storia di nemici che ab-biamo combattuto forse per non vedere il male dentro di noi: ilpotere, il denaro, il clericalismo. La Chiesa la difende il Signore, anoi il compito di renderla sempre più bella e attraente con un bat-tesimo coerente con la vita.

Donaci sempre Signore un cuore riconciliante, generoso e fedele,aperto all’accoglienza e alle necessità di quanti incontriamo. Fa chela nostra fede sia coerente con l’onestà, la giustizia e la carità esappia trasmettere alle nuove generazioni la gioia dell’incontro conil Risorto.

Una discarica nella città irachena di Najaf (Reuters)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 2 settembre 2020

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Parigi attaccaLondra

sulla Brexit

PARIGI, 1. Duro attacco francese sultema Brexit. «I negoziati tra l'U-nione europea e il Regno Unitosulle loro future relazioni post-Bre-xit sono bloccati a causa dell'intran-sigenza e della mancanza di reali-smo di Londra» ha affermato ieri ilministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian. Il capo della diplo-mazia francese ha fatto queste di-chiarazioni durante un discorso agliambasciatori di Francia in Europa,accanto al suo omologo tedescoHeiko Maas.

Le dichiarazioni di Le Drian so-no l’ennesima conferma dello stalloprofondo in cui le trattative sonocadute. Il settimo round dei nego-ziati bilaterali si è concluso circauna settimana fa con un sostanzialenulla di fatto, specialmente sullequestioni più importanti e contro-verse come l’accesso al mercato uni-co, la pesca e tutti gli aspetti legatia un accordo commerciale. I duecapi negoziatori, Michel Barnierper l’Europa e David Frost per ilRegno Unito, si sono scambiati ac-cuse sulle responsabilità di unostallo che si sta pericolosamentetrascinando da troppo tempo. Sullacarta, restano soltanto poco più didue mesi per arrivare a una bozzadi accordo se si intende ratificarloprima della fine dell’anno. «Ci re-sta poco tempo» ha detto di recen-te Barnier in conferenza stampa.«Ma ad oggi un accordo appareimprobabile anche se non impossi-bile» ha proseguito il negoziatore.

BRUXELLES, 1. La Commissioneeuropea parteciperà a Covax,l’iniziativa Oms per garantirel’accesso al vaccino anti-covid atutti i paesi del mondo. Lo haannunciato la presidente Ursulavon der Leyen. Il primo gestoconcreto sarà un contributo da400 milioni di euro in garanzie asostegno di Covax. «Finora ab-biamo raccolto quasi 16 miliardidi euro» per un vaccino, ricorda,«oggi facciamo un ulteriore pas-so avanti». La Commissione —spiega — è pronta ad aderire allaCovax Facility, progettata perl’approvvigionamento di vaccinicontro il coronavirus a livelloglobale. «Ci uniremo agli Statimembri, come Team Europe».

Intanto Mosca annuncia chela vaccinazione sarà possibile danovembre con consegna di gran-di lotti già a settembre. Lo ha ri-ferito il ministro della sanità rus-so ai medici della regione di Ir-kutsk. Un certo numero di altrivaccini — afferma — sono in fasedi registrazione.

Nel frattempo, per gran partedei paesi europei è iniziato ilconto alla rovescia per il rientroa scuola. La Francia, investitapiù di tutti dalla bufera dei nuo-vi contagi, apre da oggi tutte lescuole. Nel Regno Unito inveceriprendono le attività a Westmin-ster dopo la pausa estiva, mentrenei paesi balcanici si confermafortunatamente la tendenza incalo dei contagi che va avanti daqualche giorno.

Fare memoria del proprio pas-sato è un esercizio che un po’tutti dovremmo praticare per

affermare il primato del discerni-mento rispetto a fatti ed accadimentiche riguardano il nostro vissuto. Èper questo motivo che ho deciso dirievocare per la nostra rubrica setti-manale “Hic sunt leones” un’esp e-rienza vissuta diciotto anni fa in ter-ra ugandese. Si tratta non solo del

prima stavamo parlando con gliolum, in attesa che i governativi ciriconoscano. Urliamo a squarciago-la: «Siamo missionari, non sparate».I governativi ci sono addosso, pun-tando i loro mitragliatori sulle no-stre teste; rimaniamo sdraiati perterra. Urlando ci accusano di esseregente di al Qaeda.

Sentiamo intanto grida di bambi-ni; ne vedo alcuni presi per le gam-be e sbattuti al suolo come fosserogalline. Una donna, riversa sul terre-no, sanguina, ma nessuno la soccor-re. Altra gente viene picchiata a san-gue accusata di collaborare con i ri-belli. Ci strappano i nostri pochi ef-fetti personali di dosso e un soldatocomincia a saltarci sulla schiena, rifi-landoci anche qualche calcio. Un al-tro ancora, con fare saccente, accen-de una sigaretta per poi spegnerlasulla mia schiena. I soldati ci urlanoche non abbiamo speranze. «Stateper essere ammazzati», dicono in in-glese.

Questa tortura psicologica vaavanti per una quarantina di minuti.Ci guardiamo silenziosi, pensandoal peggio, e parlando a bassa voce ciconfessiamo l’un l’altro. Padre Tarci-sio mi dice: «Giulio, credo che sta-volta sia finita». «Va bene», rispon-do, «preghiamo padre Raffaele diBari». Mi vengono in mente tutti gliaffetti, le persone care e anche padreRaffaele, il nostro confratello uccisodai ribelli nel 2000. Gli chiedo lagrazia. Non so cosa sarà della miavita, però provo un senso di grandeabbandono e una calma, una fred-dezza inconsuete. Improvvisamentesbuca un ufficiale. Lo avevo cono-sciuto vent’anni prima a Kampala emi riconosce; grazie a lui abbiamosalva la vita. Potete solo immaginareil sollievo, la gioia, quando ci diceche possiamo alzarci in piedi.

La nostra avventura è però tutt’al-tro che finita. Dobbiamo tornarenella nostra missione di Kitgum, mala nostra macchina è lontana. I sol-dati governativi dunque ci ordinanodi seguirli attraversando l’erba alta,per sfuggire ai ribelli. Ci dicono cheappartengono a un’unità mobiledell’esercito e che non sono stati in-formati del nostro incontro con i ri-belli. Camminiamo nella savana,sotto il sole, per otto ore più omeno e arriviamo esausti alla caser-ma di Pagimu, a pochi chilometrida Kitgum. Chiediamo un po’ d’ac-qua, ma ci viene negata. Veniamopoi fatti salire su una macchina fuo-ristrada.

Una volta a Kitgum invece di ri-condurci alla missione cattolica, imilitari, inspiegabilmente, ci arresta-

no. Veniamo rinchiusi in una capan-na di quattro metri di diametro tuttadi metallo, con una finestrella e unaporticina. Ci tolgono le scarpe e gliindumenti, eccetto i pantaloni. Chie-diamo nuovamente un po’ d’acqua,ma niente da fare; potremo bere so-lo alle undici del giorno seguente.La notte ci confessiamo di nuovo avicenda e al mattino finalmente ve-niamo fatti uscire e scortati, scalzi,dagli uomini dell’intelligence milita-re appositamente arrivati dalla cittàdi Gulu. Sono ufficiali più cortesidei loro colleghi con cui fino a quel

momento avevamo avuto a che faree ci consentono di rivestirci e di be-re. Ci fanno molte domande e pocodopo ci trasferiscono in elicottero aGulu dalle massime autorità militarilocali, per nuovi interrogatori.

Secondo la versione ufficiale for-nita dalle autorità di Kampala, l’uni-tà mobile aveva sparato contro dinoi perché le autorità competentinon erano state avvertite della no-stra missione di pace. MonsignorJohn Baptist Odama, arcivescovo diGulu, però smentisce ufficialmente;la stampa locale dà eco alle sue pa-role, ricordando che le autorità diKitgum erano state preventivamenteavvisate secondo regolamento. Allafine ci viene detto che si è trattatodi un “incidente”. Veniamo rilasciati,ma rimaniamo angosciati. Non pos-siamo fare a meno di pensare allapopolazione locale ridotta allo stre-mo dalla guerra, una guerra invisibi-le che al massimo fa notizia quandoun manipolo di missionari viene se-questrato o ci rimette la pelle.

Oggi, a distanza di tempo, ripen-sando a quei tragici momenti, sonosempre più convinto che quanto ab-biamo vissuto sia un’inezia rispettoa ciò che subisce chi è esposto, damattina a sera, a una violenza quoti-diana fatta di uccisioni e altre nefan-dezze. Mentre scrivo, colgo il limitedelle parole: un conto è raccontarestando in redazione davanti a unterminale d’agenzia, altro è vederscorrere il sangue, sentire il fetoredei cadaveri che rende l’aria irrespi-rabile. Padre Tarcisio, che si è spen-to nel 2018, ogni anno, il 30 agostomi telefonava per celebrare il giornodella nostra liberazione.

Una cosa è certa: quella guerra ci-vile — che fece ricchi i trafficanti diarmi — è terminata, dopo vent’annidi violenze inaudite, causando alme-no 100 mila vittime e oltre un milio-ne di sfollati. Si è conclusa nel 2007,tredici anni fa. Durante il conflittovennero sequestrate intere scolare-sche, e ancora oggi non si sa che fi-ne abbiano fatto molti di quei mino-ri. Questa volta ho preso, cari letto-ri, penna e calamaio, con un intentodichiarato: per non dimenticare.

di GIULIO ALBANESE

dovuto riconoscimento nei confrontidella Divina Provvidenza, ma è an-che il tentativo di misurarsi, guar-dando indietro nel tempo, conquanto ancora oggi avviene nelleperiferie del nostro povero mondo:la disputa tra il bene e il male, traciò che è lecito e illecito, tra grazia epeccato, da sottrarre a ogni generedi fondamentalismo.

Il resoconto che segue, per chiscrive, esorcizza la paura, ma è an-che e soprattutto la cartina al torna-sole di un dramma che non è lecitodimenticare. La narrazione si riferi-sce a quanto avvenne nell’estate del2002 nel distretto di Kitgum,nell’Uganda settentrionale, in unazona infestata dai ribelli dell’Lra.Per grazia di Dio, oggi, questi insor-ti non sono più presenti sul territo-rio ugandese, anche se continuano afare disastri in giro per l’Africa. Sot-to la guida del loro leader storico,un pazzo visionario di nome JosephKony, gli olum (in lingua acholi:“erba”) seguitano a seminare mortee distruzione, soprattutto nella Re-pubblica Centrafricana e in alcunezone dell’ex Zaire e del Sud Sudan.

È il 28 agosto del 2002. Mi trovocon due miei confratelli comboniania Tumangu (in lingua acholi: “illuogo dove abita la bestia feroce”),villaggio sperduto in mezzo ai ciuffid’erba alta, una trentina di chilome-tri a est di Kitgum. In questa locali-tà dal nome tutt’altro che incorag-giante, non lontano dal confine su-danese, padre Tarcisio Pazzaglia, pa-dre Carlos Rodriguez Soto e il sot-toscritto incontriamo un gruppo diribelli, nel quadro di una difficilemediazione di pace promossa dallachiesa cattolica e da altri leader reli-giosi locali. Non nascondo di avereavuto paura, tanta paura e ancoraoggi, quando con la mente torno aquel giorno, provo un senso dismarrimento; credo che sia stato unautentico miracolo riuscire a scam-pare alla morte in una simile circo-stanza.

È a dir poco sconvolgente trovarsidi fronte a questi pazzi scatenati checombattono con una sorta di rosarioal collo, nel nome di un presuntodio dalle bizzarre pretese: proibiscetassativamente di mangiare gallinebianche, possedere vacche del grup-po etnico degli ankole e soprattuttoordina di uccidere chiunque beva al-colici o fumi tabacco. Mi confortacomunque sapere che i miei due ac-compagnatori hanno già avuto mo-do di fare questo tipo d’esp erienzanel passato, sempre con successo. Alnostro arrivo padre Tarcisio è il pri-mo ad aprire bocca, salutando tutticon una spontaneità disarmante. Iribelli, poco più che adolescenti,tutti in mimetica, ci fanno accomo-dare su tre sedie sotto un albero. Aocchio e croce sono una quindicina.

Tocca a padre Carlos spiegare ilmotivo della nostra visita: un incon-tro assolutamente informale per sta-bilire un contatto che possa giovareal dialogo per la pace. Improvvisa-mente, un ribelle si alza e urla: «Isoldati, i soldati, i governativi!». Se-guono raffiche di mitra interminabilie una pioggia di pallottole dapper-tutto; le capanne prendono fuoco ediventano roveti ardenti. Restiamosdraiati a terra, la testa di lato, nonriuscendo più a contare le raffiche.

Le schegge volano e padre Carlos,che ha cercato rifugio sotto una ca-panna, viene colpito al braccio daun pezzo di tetto infuocato. Stri-sciando ci riuniamo tutti e tre sottol’albero dove fino a pochi minuti

ROMA, 1. Il ministro degli esteriitaliano Luigi Di Maio è arrivatoquesta mattina in missione a Tri-poli per discutere i numerosi dos-sier riguardanti la Libia, affrontarela delicata situazione sul terreno eil recente accordo Serraj-Saleh perun cessate il fuoco.

Oltre al sostegno per una treguaduratura, la Farnesina vuole riatti-vare la Commissione italo-libicasulle questioni economiche in so-speso, come i crediti vantati dalleaziende italiane e “l’autostrada del-la pace”, un progetto approvatoall’epoca con Gheddafi. Nel pianodi Di Maio c’è la ripresa dei vecchi

accordi siglati da Silvio Berlusconi,con l’obiettivo di dare nuovo im-pulso agli investimenti italiani. Deltema il ministro ne aveva discussocon il premier Fayez al-Serraj du-rante l’ultima visita a Tripoli il 24giugno. Tra i progetti più impor-tanti in sospeso c’è anche la rico-struzione dell’aeroporto internazio-nale di Tripoli. Di Maio si sposte-rà poi a Tobruk per un incontrocon il presidente della Camera deirappresentanti Aguila Saleh. La vi-sita coincide con un momento deli-cato nella vita del governo, che haappena sospeso il ministro degliInterni Fathi Bishaga.

MOSCA, 1. I tentativi di esercitarepressioni sulla Bielorussia dall’ester-no attraverso sanzioni sono inaccet-tabili: lo ha detto oggi il ministrodegli esteri russo, Serghiei Lavrov,esprimendo nuovamente il sostegnodel Cremlino al presidente bielorus-so Alexander Lukashenko nella crisiscoppiata dopo le elezioni delloscorso 9 agosto. «Siamo convintiche il popolo bielorusso abbia tuttele opportunità per risolvere questoproblema da solo» ha detto Lavrov.«In effetti, ci sono alcune questioniche devono essere discusse, è ovvio.Tuttavia, crediamo che i tentativi diagire immediatamente come giudici,come i nostri partner occidentalistanno cercando di fare, di emettereimmediatamente i loro verdetti, ecercare di farli rispettare attraversol’imposizione di sanzioni e altre mi-nacce, sono inaccettabili nel mondomoderno» ha spiegato Lavrov du-rante una lezione per gli studentidell’Istituto statale di relazioni in-ternazionali di Mosca.

Lavrov ha inoltre espresso ap-prezzamento per il progetto di ri-forma costituzionale promosso daLukashenko. «Il presidente dellaBielorussia ha proposto una riformacostituzionale. La nostra opinione

generale è che questo è il formatoin cui è possibile organizzare undialogo con la società civile e chedovrebbe aiutare a discutere tutte lequestioni che preoccupano questa oquella parte dei cittadini bielorus-si». Com’è noto, Lukashenko — alpotere dal 1994 — ha vinto le elezio-ni, ma l’opposizione e gran partedella comunità internazionale con-testano i risultati del voto. L’E u ro -pa ha denunciato la violenta repres-sione delle manifestazioni avvenutenelle scorse settimane e ha emessosanzioni contro membri del gover-no di Lukashenko. Venerdì è fissatouna nuova riunione del Consigliodi sicurezza dell’Onu per discuteredella crisi, ma si profila uno stallonel dialogo.

Ieri sulla vicenda è intervenuta laCasa Bianca. «Mosca rispetti la so-vranità della Bielorusssia e il dirittodel suo popolo a eleggere libera-mente i propri leader» ha detto Ka-yleigh McEnany, portavoce del pre-sidente Usa Donald Trump.

Sempre ieri, nel frattempo, la po-lizia bielorussa ha arrestato AnatolyBokun, uno dei principali esponen-ti dell’opposizione. Nuove manife-stazioni sono previste nelle prossi-me ore.

Il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov (Afp)

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 2 settembre 2020 pagina 3

Per fermare le violenze e riportare l’ordine nelle città statunitensi

Trump prontoall’uso della forza

L’intervento dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’O sce

Cooperazione internazionaleper combattere la tratta

Indultoin Venezuelaper 110 leader

dell’opp osizioneCARACAS, 1. Il presidente del Ve-nezuela, Nicolás Maduro, haconcesso ieri un indulto (per de-creto) a 110 leader oppositori, tracui alcuni stretti collaboratori diJuan Guaidó. Lo ha reso noto inun discorso a reti radiotelevisiveunificate il ministro della Comu-nicazione e dell’Informazione,Jorge Rodríguez.

«L’intenzione del Governo —ha precisato Rodríguez parlandodal palazzo presidenziale diMiraflores — è approfondire ilprocesso di riconciliazione na-zionale in uno spirito di unione,e affinché le questioni politichesiano risolte per via pacifica edemocratica in modo che unsentimento nazionalista di tuttisi imponga per il processo elet-torale in cui ci troviamo». Il Ve-nezuela andrà alle urne per le le-gislative il 6 dicembre prossimo.Elezioni che la maggior partedell’opposizione chiede di boi-c o t t a re .

Fra i beneficiari dell’indulto,23 sono deputati eletti all’Assem-blea nazionale (controllatadall’opposizione), quattro sonoinvece supplenti. Scarcerato an-che Roberto Marrero, il capo diGabinetto del leader dell’opp osi-zione venezuelana Guaidó.

«Il Governo usa queste indul-genze come merce di scambioper legittimare una farsa», vale adire il voto del prossimo 6 di-cembre, ha reagito Guaidó.

WASHINGTON, 1. «Abbiamo bisognodi ordine nelle nostre città: sonopronto a schierare gli uomini dellaGuardia nazionale». Lo ha detto ie-ri sera il presidente degli Stati Uni-ti, condannando le proteste antiraz-ziste scoppiate in molte città dopo ilferimento alla schiena dell’a f ro a m e -ricano Jacob Blake da parte di unpoliziotto e commentando gli scon-tri tra i suoi sostenitori e i manife-stanti a Portland.

«La Guardia nazionale sarà di-spiegata in ogni parte del Paese, co-sta orientale, costa occidentale, sia-mo pronti a dispiegarla immediata-mente, come abbiamo fatto a Min-neapolis, siamo pronti a muovercirapidamente», ha precisato. Il timo-

re è che le ripetute violenze possanoriportare gli Stati Uniti in una deiperiodi più bui, quegli anni '60 se-gnati dalle divisioni e dalle violenzeche hanno caratterizzato la lotta perla conquista dei diritti civili da partedella popolazione afroamericana.

E quanto accaduto due giorni faa Portland, dove si sono duramenteconfrontati gli attivisti del movi-mento Black Lives Matter e i soste-nitori più accesi di Trump è un evi-dente campanello d’allarme

Il presidente ha voluto ricordarela morte del suo sostenitore durantegli scontri con i manifestanti delmovimento antirazzista. Questi ulti-mi, sfilando con un corteo di pick-up e furgoni, hanno sparato proiet-tili di vernice contro i dimostranti.«A Portland — ha tenuto a precisareTrump — un nostro supporter è sta-to ucciso. Non con i proiettili divernice, ma con proiettili veri».

«C'è una guerra contro le forzedell’ordine. I democratici hannoperso il controllo e sono in mano al-la sinistra radicale, alla criminalità, ei loro sindaci si rifiutano di metterei rivoltosi in carcere. Invece, quelloche serve è tolleranza zero control’anarchia e la violenza, quello dicui abbiamo bisogno è ordine, altri-menti la democrazia è morta», haaggiunto il presidente americano.

Trump ha anche difeso il 17enneche ha ucciso due persone a Keno-sha, la cittadina del Wisconsin doveoggi sarà in visita. A Kenosha, il 23agosto scorso, il 29enne afroameri-cano Jacob Blake è stato ferito consette colpi di pistola alla schienaesplosi da parte di un agente, rima-nendo paralizzato.

Trump sarà in città nonostante ilgovernatore dello Stato, MandelaBarnes, lo abbia invitato a non an-dare: «Non è quello di cui abbiamobisogno in questo momento. La pre-senza del presidente rischia di ali-mentare le tensioni». Tanto più cheTrump ha in programma di incon-trare solo le forze dell’ordine cittadi-ne, e, al momento, non è previstoalcun tipo di contatto con la fami-glia di Blake o con i rappresentantidella comunità afroamericana.

Trump è stato criticato anche dalrivale democratico alle elezioni pre-sidenziali del 3 novembre prossimo,Joe Biden. «Fomenta la violenzaperché è debole», ha detto.

«Abbiamo bisogno di giustizia edi sicurezza, ma con questo presi-dente — ha dichiarato Biden — lecrisi si sono moltiplicate, dalla pan-demia alla rovina dell’economia,dalla violenza arbitraria della poliziaal rigurgito del nazionalismo biancoe del razzismo».

Dopo la terribile esplosione del 4 agosto

Macron a Beirut per porrele basi della ricostruzione

Nuoviraid

in Siria

DA M A S C O, 1. Non accenna astemperarsi la tensione tra Siria eIsraele. Ieri sera due persone so-no morte e sette sono rimaste fe-rite nel corso di presunti raidisraeliani contro bersagli militaria sud di Damasco, secondoquanto riferisce l’agenzia ufficialeSana. «L’attacco israeliano hacausato due martiri e ferito settesoldati» scrive l’agenzia citandouna fonte militare. Sono statiinoltre segnalati «danni ai siticolpiti». Da Israele, nessuna con-ferma delle operazioni.

Secondo l’Osservatorio sirianodei diritti umani (voce dell’opp o-sizione in esilio a Londra), i raidisraeliani avrebbero preso di mirapostazioni di Hezbollah e di suemilizie alleate nel nord della pro-vincia meridionale di Daraa e asudovest di Damasco. Si trattadel secondo episodio del generein agosto.

Va detto che poco prima deipresunti raid, la difesa antiaereasiriana aveva risposto al lancio di«alcuni missili israeliani» nel suddel paese «Il nemico israelianoha preso di mira la regione sudcon dei missili e la nostra difesaantiaerea ha replicato» ha dichia-rato una fonte militare. I missilisarebbero stati lanciati — diconole stesse fonti — dalle postazioniisraeliani sulle alture del Golan,nell’area contesa al confine tra idue paesi.

Brasile: arrestatioltre 400

n a rc o t r a f f i c a n t i

BRASILIA, 1. Una vasta operazio-ne della polizia federale brasilia-na ha permesso ieri la cattura dioltre 420 affiliati del Primo co-mando della capitale (Pcc), con-siderata la più potente organizza-zione criminale del Brasile, conramificazioni in diversi Paesi. Lohanno reso noto fonti della Giu-stizia federale dello Stato del Mi-nas Gerais. L’operazione ha avu-to luogo in 20 dei 27 stati brasi-liani. Si tratta di una delle piùimportanti lanciate contro il Pcc,che controlla decine di carceri intutto il Paese, responsabile di ra-pine di banche e furgoni portava-lori, e attivo nel traffico interna-zionale di droga. Il Pcc opera,inoltre, in Paraguay, Bolivia eColombia, e partecipa alla reteche spedisce cocaina in Europa,soprattutto dai porti del sudestdel Brasile, come Santos. Deno-minata “Cassaforte”, l’op erazionedella polizia mira a smantellareuna rete per il pagamento di aiu-ti economici alle famiglie di di-versi boss della banda che sonodetenuti. Nell’ambito di questeazioni, sono stati bloccati circa259 milioni di reais (poco menodi 50 milioni di dollari) deposita-ti su conti bancari di parenti oprestanome di esponenti del Pcc.

I talebani attaccanomilitari afghani

Pesanti le conseguenze del lockdown imposto lo scorso marzo

Il covid-19 fa crollare l’economia indiana

NEW DELHI, 1. L’economia dell’In-dia — terzo Paese al mondo per vit-time da covid-19 — ha registrato traaprile e giugno di quest’anno unostorico crollo: meno 23,9 per cento,il peggiore risultato dal 1996. Il ton-fo riflette le conseguenze del loc-kdown imposto lo scorso marzo,che, bloccando per almeno due me-si la gran parte delle attività indu-striali e produttive, ha inciso grave-mente su un’economia già in pesan-te rallentamento da tutto il 2019.

Nel Paese sono quasi 3,7 milioni icontagiati, con un aumento di circa70.000 persone al giorno. Le vittimesono oltre 65.000. E 21 giorni dopoessere risultato positivo al virus, èmorto ieri l’ex presidente PranabMukherjee. Il ministero dell’Avia-zione civile di New Delhi ha intantocomunicato che i voli commercialiinternazionali da e verso il Paese,restano bloccati fino al 30 settembre

Macron a Beirut partecipa a una commemorazione delle vittime dell’esplosione (Reuters)

BE I R U T, 1. Dare un segnale forte ailibanesi dopo la terribile esplosionedel 4 agosto scorso e ribadire la stra-da delle riforme necessarie. Questi idue obiettivi principali della visitadel presidente francese, EmmanuelMacron, oggi, a Beirut. Macron è at-terrato ieri sera nella capitale libane-se e oggi incontrerà i vertici delleistituzioni locali. Nelle sue prime di-chiarazioni, il presidente ha detto divoler «fare il punto sugli aiuti e por-re le basi della ricostruzione».

Fonti dell’Eliseo hanno riferitoche la Francia ed altri paesi sonopronti ad aiutare il Libano, a condi-zione che sia istituito un «governocon una missione» per avviare il ne-cessario percorso di rinnovamento.Il paese, hanno riferito ancora lestesse fonti citate dalle agenzie, deve«fermare l’orologio politico per unoo due anni, in vista delle prossimeelezioni parlamentari, e formare ungoverno pulito ed efficace». Pocheore prima dell’arrivo di Macron, ilpresidente libanese Michel Aoun hadesignato Mustapha Adib qualenuovo premier, affidandogli l’incari-co di formare un nuovo governo peraffrontare la crisi economica.

Per l’ex diplomatico non sarà uncompito facile. Poco dopo la nomi-na, in un discorso alla nazione, Adibsi è impegnato a «formare un teamdi esperti in grado di avviare le ri-forme tanto attese».

Operatori sanitari nella città di New Delhi (Reuters)

Rafforzare il partenariato e la coo-perazione tra gli stati: è questa unadelle “armi” più efficaci per combat-tere la tratta di esseri umani. Lo haaffermato ieri monsignor Janusz Ur-bańczyk, Osservatore Permanentedella Santa Sede presso l’O rganiz-zazione per la Sicurezza e Coopera-zione in Europa (Osce), intervenutoalla riunione del Consiglio perma-nente dell’Osce stessa. Svoltosi aVienna nell’arco di un mese — dal

30 luglio al 31 agosto — l’i n c o n t roha dedicato una sessione di lavorialla riflessione sulla Giornata mon-diale contro la tratta di esseri uma-ni, celebrata il 30 luglio.

Come ricorda Vatican News, Ur-bańczyk ha evidenziato come le vit-time della tratta siano «tra le perso-ne più disumanizzate e scartate nelmondo di oggi, in ogni angolo dellaterra». Il traffico di esseri umani «èuna piaga atroce, una peste aberran-

te, una ferita aperta sul corpo dellasocietà contemporanea», ha conti-nuato l’Osservatore permanente, fa-cendo eco alle parole spesso pro-nunciate da Papa Francesco; essatrasforma le persone in «merci com-prate, vendute e sfruttate in modidiversi e inimmaginabili». Inoltre,c’è «una diffusa ignoranza» sullanatura del problema che è avvertitocome «spinoso e vergognoso». Ep-pure — ha ricordato monsignor Ur-bańczyk — «nel mondo ci sono piùdi 40 milioni di vittime della trattao dello sfruttamento, di cui unquarto, 10 milioni, ha meno di 18anni, mentre un bambino su ventivittima dello sfruttamento sessualenel mondo ha meno di otto anni».

Non solo: la pandemia da covid-19 «ha cambiato i modelli abitualidi tratta e sfruttamento», intensifi-cando l’uso della comunicazione edella manipolazione on line, ed «haanche esacerbato e portato in primopiano le disuguaglianze economichee sociali sistemiche e profondamenteradicate che sono tra le cause deltraffico di esseri umani». Cosa fare,dunque? Il Rappresentante dellaSanta Sede ha ricordato che «la lot-ta alla tratta è stata spesso descrittasotto forma di tre P: prevenzione,protezione e persecuzione». Tutta-via, c’è anche una una quarta P, ov-vero il partenariato, «che non è me-no importante e dovrebbe essererafforzato» ha sottolineato Ur-bańczyk, perché «la mancanza dicooperazione tra i vari attori statalispesso rende inefficaci le politiche ei programmi animati da buone in-tenzioni».

Di qui, l’auspicio che gli Staticondividano tra loro «informazionirilevanti sulla tratta di esseri umani»e sviluppino «risposte comuni». «Ènecessaria una maggiore cooperazio-ne — ha ribadito — così come la for-nitura di assistenza ai Paesi postilungo le rotte della tratta di esseriumani». Il richiamo è valido pertutti: «Per essere efficaci, la coope-razione e il coordinamento — haconcluso il presule — dovrebb erocoinvolgere anche la società civile,le organizzazioni religiose e i leaderreligiosi, nonché il settore economi-co e i media», esattamente come av-viene — ha concluso — per il Grup-po Santa Marta.

KABUL, 1. I talebani hanno lancia-to stamane un vasto attacco controuna base militare nell'Afghanistanorientale, uccidendo almeno treagenti delle forze dell’ordine. Loha confermato alla stampaRahman Mangal, portavoce delgovernatore nella provincia di Pa-ktia.

Altri cinque agenti sono rimastiferiti. Secondo Mangal, un atten-tatore suicida si è fatto esploderedavanti al cancello di ingresso del-la base militare di Gardez, capitaleprovinciale del Patkia.

Successivamente, due uominiarmati hanno iniziato a sparareall’impazzata contro le forze di si-curezza. Gli agenti hanno rispostoal fuoco, uccidendo entrambi gliaggressori. La sparatoria è duratacirca dieci minuti e al momentol'area è sotto controllo, ha confer-mato il portavoce in una nota.

I talebani hanno rivendicatol’attacco, arrivato poche ore dopola nomina del presidente dell’Af-ghanistan, Ashraf Ghani, del nuo-vo Consiglio per la riconciliazionenazionale. Un organismo compo-sta da ben 46 membri che avràl'ultima parola quando sarà rag-giunto un accordo di pace con italebani. Che alla luce dell’ultimoattacco odierno appare sempre piùi m p ro b a b i l e .

I negoziati tra Kabul e gli in-sorti erano previsti nell'ambito diun’intesa di pace tra Stati Uniti etalebani siglata a febbraio a Doha.

Una firma che avrebbe dovuto,almeno negli intenti, riportare lapace in Afghanistan, Paese dilania-to dalla guerra da quasi vent’anni.Tuttavia, l’inizio dei colloqui èostacolato da una serie di ritardiburocratici, oltre che dalle ripetuteviolenze talebane.

Page 4: Cancellare il debito dei Paesi più fragili colpiti dalla ...media.vaticannews.va/media/osservatoreromano/pdf/...esteri e politica di sicurezza Josep Borrell. «L’accordo apre la

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 2 settembre 2020

che non considerano la quota som-mersa di quello che, in diversi paesi,come Regno Unito, Islanda e Nuo-va Zelanda, è punito penalmente co-me reato.

Grazie a una serie di collaborazio-ni con università internazionali e

trasmettere un messaggio così riccodi sfumature e ad avvicinare, soprat-tutto i piccoli, ad una tematica poco“emozionale”, senza dimenticare gliadulti — continua la presidente — ilfrutto della creatività, immediata ediretta, dell’Anonima Fumetti coin-

la stessa direzione e parlando a bam-bine e bambini — sottolinea ClaudiaSegre — per questo, porteremo iltour didattico, che seguirà la mostra,nelle scuole, favorendo l’a l l a rg a m e n -to di questo confronto ai nativi digi-tali». La mostra, veramente itineran-te, partirà da Castro, nella splendidacornice del Castello Aragonese, perproseguire negli 8 comuni italianicon i quali sono già in vigore patro-cini e protocolli di intesa con la fon-dazione, e terminare a Parigi il 25

sudditanza, che si sviluppano preva-lentemente all’interno del nucleo do-mestico — mostra, in contrasto, l’effi-cacia dell’inclusione delle donne nelmondo delle professioni e, di conse-guenza, della loro partecipazione at-tiva in ogni aspetto della comunità:solo attraverso un’integrazione a 360gradi si può realizzare una conviven-za definibile civile, che riconosca pa-ri opportunità e diritti, a maggior ra-gione, se in gioco sono quelli inalie-nabili.

«Il fumetto e l’arte visiva e teatra-le sono la forma espressiva ideale a

do, usufruendone a piacimento e inmodo sconsiderato», spiega la presi-dente Segre. Vedere svilito il propriolavoro, sfumato e non riconosciuto ilfrutto di fatica e impegno, venireprivate dei propri meriti, non intaccasolo la sfera della libertà personale,ma ferisce l’identità individuale e so-ciale, derivante dall’essere parte dellacollettività.

«Rispetto a questa piaga, sottova-lutata, talvolta inconsapevolmente,talvolta colpevolmente, persiste an-cora molta omertà: una omertà a cuicontribuisce il tacito consenso dellevittime, l’insicurezza, la scarsa edu-cazione o la ricerca di quieto vivere.Il tutto, non di rado, si consumacon l’avallo delle istituzioni, per lequali queste prassi sono solo in po-

chissimi casi illegali, e nel silenziodella società, soprattutto in queicontesti in cui usi e tradizioni favori-scono queste prevaricazioni», conti-nua la Segre.

Fortunatamente, però, dall’incon-tro tra il terzo settore e la società ci-vile nascono progettualità efficaci e,proprio queste iniziative, meritano diessere incentivate anche attraversogli strumenti digitali: «Abbiamopensato di inglobare tutti i materialinell’applicazione “Consap evoli&In-dip endenti!” in modo che siano ac-cessibili suggerimenti, buone prati-che, video e tutorial, ma anche unasintesi di passi utili all’auto determi-nazione. Per non rinunciare mai allapropria indipendenza». Ai propri di-ritti. In ultimo, alla propria dignità.

G u a d a g n a ree non poter gestire

Una mostra itinerante contro la violenza economica sulle donne

Alla ricerca di talenti per un genere musicale non ancora abbastanza conosciuto

In nome dell’O ratorio

Il 23% delle italiane non possiede un conto correntee la percentuale quasi raddoppia in alcune regioniLa rassegna «Libere di… V i v e re »ripercorre l’excalation delle dinamiche di sudditanzache si sviluppano prevalentementeall’interno del nucleo domesticoe mostra, in contrasto, l’efficacia dell’inclusione delle donnenel mondo delle professioni

di SI LV I A CAMISASCA

È una violazione dei dirittiumani, una delle più sub-dole: il Fondo monetariointernazionale, da tempoimpegnato per l’inclusio-

ne finanziaria delle donne, definiscela violenza economica un gravissimo«atto di controllo e monitoraggionei confronti della donna in terminidi uso e distribuzione di denaro». Enonostante sia inserita nei dettamidella Convenzione di Istanbul inmateria di prevenzione e lotta allaviolenza di genere e domesticadall’agosto 2014 e nel Rapporto Ilodella Conferenza internazionale sulLavoro, non vengono ancora coltiappieno la portata e i costi sociali,economici e culturali di un fenome-no assai diffuso, per il quale è stataevidenziata l’urgenza di interventi dip re v e n z i o n e .

Secondo l’Istat, solo in Italia unadonna su due subisce violenza eco-nomica, correlata nel 95 per centodei casi a quella domestica o a mole-stie e ricatti sul posto del lavoro, coneffetti economici evidenti per 1,404milioni di donne. Emerge poi che il23 per cento di italiane non possiedeun proprio conto corrente, il 17 tracoloro che lavorano, alle quali è ne-gata la gestione dei propri guadagni:tale percentuale sale, in alcune regio-ni, sfiorando il 40 per cento, nono-stante l’85 per cento delle famigliemonoreddito, in condizioni di estre-ma povertà, abbia a riferimento unafigura femminile. Si tratta di stime

dazione Global Thinking, insistendosulla necessità di agire sul fronte cul-turale e di rendere consapevoli, findall’infanzia, le bambine in meritoall’autogestione e all’autonomia eco-nomica, e all’assunzione personaledella responsabilità finanziaria.

A questo scopo nasce la rassegna«Libere di… Vivere» che — rip ercor-rendo l’escalation delle dinamiche di

contrasto alla violenza di genere, inogni sua forma.

Una proposta culturale ricca,completata dal contributo del mon-do del teatro con pièce inedite desti-nate a smuovere le coscienze siafemminili che maschili. «Per renderela nostra società veramente inclusivaed eguale, dobbiamo tendere a untraguardo comune, muovendoci nel-

novembre in coincidenza della Gior-nata internazionale contro la violen-za sulle donne.

Proprio lì verrà, ancora una volta,ribadito cosa significhi essere vittimedi una violenza, senza nome, senzavolto. Perché proprio l’anonimato,forse, è la cifra di un sopruso che to-glie ogni punto di riferimento, fa-cendo inconsapevolmente scivolarein una prigione, senza sbarre, di ina-deguatezza e alienazione. «Migliaiadi donne vivono espropriate del lorostatus socioeconomico: una condi-zione drammatica che inizia con lasudditanza all’interno del nucleo fa-miliare, anche a parità di impegnolavorativo, quando il coniuge si im-possessa e gestisce, a suo arbitrio,l’intero reddito familiare, non di ra-

Guido Reni, «Visione di san Filippo Neri» (particolare, S. Maria in Vallicella, Roma)

di SUSANNA PA PA R AT T I

È stata un’o rg a n i z z a z i o -ne dettata dalle diffi-coltà restrittive del co-vid-19 che ancora oggi,a pochi giorni dal con-

clusivo Concerto di Gala, imponeun costante working in progress alleultime battute del Concorso Inter-nazionale di Musica Sacra 2020,giunto alla XV edizione: «Abbiamodei ragazzi arrivati in semifinale,provenienti da Romania, Russia,Corea, Giappone e Kosovo cheper motivi legati alla pandemianon potranno essere presenti aRoma e portare a termine il per-corso — spiega Daniela de Marco,direttore artistico della manifesta-zione —. Proprio in queste orestiamo pensando di “r i p a r a re ” epresentarli direttamente alle semi-finali nella prossima edizione del2021».

Il calendario prevede nella chie-sa di Santa Maria dei Miracoli, aPiazza del Popolo, una giornatadi prove aperte il 1° di settembre,il 2 e 3 sarà la volta delle semifina-li che inizieranno la mattina alleore 10 mentre alle 20,30 del 4,presso la basilica dei Santi Apo-stoli la finale, pensata come unConcerto di Gala che avverrà inpresenza dei giurati e del Comita-to d’Onore composto da Amba-sciatori presso la Santa Sede e laRepubblica Italiana.

Sono stati quasi 80 i cantanti,appartenenti a 27 Paesi, iscritti alConcorso Internazionale di Musi-ca Sacra 2020 che si sono dovuticonfrontare con le esigenze sanita-rie che hanno imposto loro l’inviodi video in sostituzione della con-sueta esibizione dal vivo.

«Non è stato facile per nessuno,la musica è fatta di infinite sfuma-ture che i video, talvolta del tuttoamatoriali, hanno inibito, ma nonsi poteva altrimenti — prosegue deMarco — siamo invece soddisfattiche questa edizione sia parte inte-grante del progetto “Let’s SingOratorio Music!”. È stato difficileper alcuni Paesi dell’Unione accet-tare questo progetto, cofinanziatodal Programma Europa Creativadella Commissione Europea».

Unica nel suo genere, l’iniziati-va intende promuovere la musicadell’Oratorio tra i ragazzi europei.Sarà infatti compito di “Let’s SingOratorio Music” dar loro un’esp e-rienza formativa collaborando concantanti e orchestre professionali,oltre a potersi esibire teatralmentecantando. Fra gli scopi del Con-corso Internazionale vi è anche

hanno infatti sovente scritto perl’una e l’altra, senza contare chene esistono ai nostri giorni di illu-stri, uno per tutti Sergio Rendi-ne».

La Roma della Controriforma èstata la culla per la musica da ora-torio, nata nella prima metà delSeicento per accompagnare quasisempre la preghiera, sino ad assu-

ri internazionali; mutando attra-verso i secoli e i periodi. In epocaBarocca, fra gli italiani attivamen-te interessati a questo genere si ri-cordano, fra gli altri, Stradella, Vi-tali, Scarlatti, Bassani e Vivaldi.Oltreconfine come non pensaresubito a Bach e al suo celebreWe i h n a c h t s o ra t o r i u m ( Oratorio diNatale ) o Handel con il The Mes-siah e il famoso coro dell’Hallelu-ja. La musica da oratorio ha poiattraversato il Classicismo, il Ro-manticismo, giungendo al secoloscorso con Perosi, capace di rein-verdirne i dettami, sino ad oggi,considerata tanto da dedicarglimanifestazioni e concorsi frequen-tati da giovani talenti di tutto ilmondo.

All’appuntamento romano sipotranno prenotare i posti, nel ri-spetto del distanziamento sociale.Sarà inoltre possibile seguire le se-mifinali, grazie alla collaborazionedi Maria Tv, in streaming e inmondovisione da TelePace e Ra-dio Vaticana per la finale del Con-certo di Gala.

mere i connotati di un genere benpreciso. Spesso pensata per “nar-r a re ” temi religiosi si è presto dif-fusa ben oltre i propri confini, in-teressando i più grandi composito-

quello di far emergere quelli chesaranno i protagonisti delle esibi-zioni basate sull’Oratorio La Crea-zione di Haydn, che si svolgerannoin Repubblica Ceca — data di de-butto il 6 dicembre 2020 — m e n t rein Grecia, Romania e Italia non sipossono ancora avere le date per il2021.

Dedicata a quelle che sono con-siderate le migliori voci soliste del-la musica sacra, per le quali sonostate di volta in volta messe a di-sposizione borse di studio,workshop, viaggi e alloggi per tut-te le attività, la manifestazione nelcorso degli anni ha premiato circa160 giovani dei quali il 90 per cen-to è riuscito ad affermarsi comecantante professionista: «Purtrop-po c’è ancora molta confusione equando si chiede cosa sia un ora-torio si pensa quasi sempre a unambiente dove i ragazzi giocano estanno assieme ma pochi ancoraoggi conoscono l’importanza diquesti luoghi che hanno anche fat-to la storia della musica», sottoli-nea de Marco.

«Quando nel 2001 è nato il pro-getto del Concorso Internazionaledi Musica Sacra — aggiunge — neinostri conservatori ancora si stu-diava poco la musica da oratorio,non considerando che questo ge-nere si è sviluppato parallelamentealla lirica. I grandi compositori

Provenienti da ventisette Paesii quasi ottanta cantanti iscritti quest’annoal Concorso Internazionale di Musica Sacrasi sono dovuti confrontare con le esigenze imposte dal covid-19Per le selezioni hanno dunque dovuto inviare videoin sostituzione della consueta esibizione dal vivo

allo studio su ricerche e azioni intra-prese, a livello istituzionale, nei Pae-si Ocse, con la partecipazione all’In-ternational Network for FinancialEducation dell’Ocse, la FondazioneGlobal Thinking ha dato avvio a unpercorso formativo, che, a fianco dioperatori del terzo settore ed entiistituzionali, raggiungesse tutto ilterritorio nazionale. Il percorso ècentrato sull’alfabetizzazione finan-ziaria: «In Italia non si è mai agito,facendo leva sull’alfabetizzazione fi-nanziaria, anche perché i numeri sot-tolineano le ottime capacità delledonne negli studi economici e nelcreare valore laddove rivestano ruolidi responsabilità o abbiano possibili-tà e spazio di esprimersi» spiegaClaudia Segre, presidente della Fon-

volge trasversalmente tutte le fascedi età». La mostra, visitabile anchein 3D, si articola in tre sezioni: 3 gra-phic novel (La Regola del Vuoto, LaGrotta della Zinzulusa e Voci di donneda infiniti universi) ispirate a testimo-nianze di esperienze vissute raccoltedagli sportelli della Fondazione; 16tavole sulla violenza economica, cheinterpretano il fenomeno di questaforma di violenza e “Le donne eroi-ne del fumetto di ieri e di oggi”,che, in epoche diverse, hanno incar-nato valori e ideali del femminismointernazionale. Non mancherannooccasioni di confronto tra la societàcivile e rappresentanti istituzionali,degli ordini professionali e del vo-lontariato, tesi ad approfondire il di-battito sui diritti delle donne e sul

Il fumetto e l’arte visiva e teatralesono considerate la forma espressiva idealeper trasmettere un messaggio così ricco di sfumaturee per avvicinare soprattutto i più piccoli,a una tematica poco “emozionale”, senza dimenticare gli adultiIl frutto della creatività immediata e direttacoinvolge trasversalmente tutte le fasce di età

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 2 settembre 2020 pagina 5

L’attenzione alla bellezza come fondamento di una nuova educazione civica

Esteticadella cittadinanza

Il profumo nel Vecchio e nel Nuovo Testamento secondo Anne Lécu

Un quasi nullache indica la strada

Masolino da Panicale, «Miracoli di san Pietro» (Cappella Brancacci, 1424-25)

Carlo Crivelli, «Maria Maddalena» (1476, particolare)

Marko Ivan Rupnik, «Maria Maddalena» (particolare)

Aquile e cattedraliLa religiosa domenicana invita il lettorea entrare in relazione con la Parolaanche attraverso l’olfattoPerché un aroma «non può essere contenutoCome il Risorto, apre porte chiuse e finestreIl dolce aroma del Vangelonon ha la vocazione di rimanere chiusoin una boccetta di alabastro»Il flacone è spezzatoil Maestro offerto al mondo

di SI LV I A GUSMANO

«A ndare incontro ai profumibiblici è un poco comecamminare nella nebbia. Èperdersi, con il propriolettore, in un vagabondag-

gio onirico che non segue il tempo cronologi-co, ma un semplice effluvio, un “quasi nulla”,che sempre minaccia di volatilizzarsi, di perder-si. Significa incrociare delle impronte senza sa-pere se sono le nostre (…) o quelle di qualcunaltro, passato di lì molto tempo prima».

Così in apertura del suo ultimo libro Mi haiunto con un profumo di gioia (Edizioni San Pao-lo 2020, pagine 240, euro 20, traduzione diNatale Benazzi), suor Anne Lécu invita il letto-re a entrare in quel mondo di essenze, balsamie resine odorose che attraversa tutta al SacraScrittura dal momento che «la Bibbia è un li-bro profumato».

Gesù ogni evangelista riporta almeno una sce-na con un profumo, «in un’ambientazione nu-ziale, persino sensuale, in cui Gesù accetta bal-sami dalle donne che gli si avvicinano. L’insie-me della tematica degli aromi, degli oli e deiprofumi tesse una tela di cui Lui è il centro».

Ma vi è anche l’altro lato della medaglia, no-ta ancora Lécu, la cui scrittura ricorda lo zoomdi un regista curioso e poetico in cerca di det-tagli per comprendere la complessità della sce-na. Il buon odore di Gesù, infatti, «non va dasé». Perché il figlio di Dio è nato in una stalla,luogo non certo di buoni effluvi, e dalla croci-fissione si trova ad affrontare l’odore del san-gue, della morte e della putrefazione. «Tra lapuzza e il fetore della croce il “p ro f u m o ” diCristo non è poi così scontato. Esso nasce giu-stamente laddove vi sono odori che allontana-no. Dalla nascita di Gesù, però, già annunciala vittoria sulla morte». Si tratta, insomma,dell’ «unico profumo di Cristo».

Attraverso questo singolare vagabondare,Anne Lécu invita il lettore a entrare in relazio-ne con la Parola e con Dio, e soprattutto a far-lo facendosi profumo. Perché «un profumonon ha altro sogno che effondersi. Non può es-sere contenuto. Come il Risorto, apre portechiuse e finestre. Il dolce aroma del Vangelonon ha la vocazione di rimanere chiuso in unaboccetta di alabastro. Il flacone è spezzato, ilcorpo del Maestro è spezzato, ed ecco ormai ilprofumo sparso ben al di là delle frontiere delmondo conosciuto».

Perché c’è un’altra caratteristica fondantedell’essere profumo. L’essere in relazione. «Acontatto con coloro che lo ricevono — infatti —il profumo si modifica. Rivela la vera natura dichi profuma. Fa zampillare da ciascuno il me-glio di ciò che è». E lo Spirito Santo, il profu-miere, «sente chi siamo, prima di noi stessi, anostra insaputa».

Religiosa domenicana in costante ricerca spi-rituale su temi afferenti alle “ferite” dell’umanoe con un dottorato in filosofia pratica (tesi fi-nale sulla cura dell’altro nella prigione), dal1997 Lécu è medico in un carcere nell’Île-de-France. Scrittrice prolifica, in questo testoscompone e ricompone la Parola di Dio in unalettura originale. Rovesciando i ruoli, ricordacome i credenti siano tali perché possiedononon solo il «profumo di Cristo», l’aroma delloSposo, ma anche l’odore del legno della croce,intriso del suo stesso sangue.

Dalle descrizioni poetiche ed evocative con-tenute in Genesi, fino all’offerta devota e silen-ziosa delle donne al sepolcro nel mattino diPasqua, il viaggio, anzi il vagabondaggio diLécu scorre in realtà su un duplice binario. Viè infatti l’indagine di cosa un profumo sia insé, e la ricerca di cosa esso ci faccia nella Paro-la di Dio. O meglio, del perché esso la impre-gni.

In assoluto il profumo annuncia la presenzadi qualcuno ancor prima che egli si manifesti.E la sua traccia — nota Lécu — resiste anchequando la persona se n’è andata. Il profumo«assicura una forma di persistenza legata alcorpo, ma differente dal corpo, una sorta dicorpo esteso». E spesso la sua potenza si di-spiega in corrispondenza con gli altri sensi. So-no infatti «le metafore a descrivere meglio iprofumi, perché questi sono sfuggenti e le pa-role non possono contenerli».

Interessantissime le pagine del libro dedicatea Gesù, incastonato fra la mirra dei magi allanascita e il nardo della donna di Betania primadella morte. Non solo a Betlemme riceve i revenuti da Oriente che gli offrono oro, incensoe mirra; non solo alla sua morte le donne pre-parano aromi da portare il mattino di Pasquaper l’imbalsamatura: ripercorrendo la vita di

di BARBARA JAT TA

«L a cittadinanza non èun mero elenco didiritti e doveri, ben-sì una postura, unmodo di essere e di

interagire con gli altri e con i luoghiche si abitano e che abitano dentro dinoi». Il piccolo ma denso volume cheIrene Baldriga ha recentemente pubbli-cato Estetica della cittadinanza. Per unanuova educazione civica (Milano, LeMonnier Università, 2020, pagine 132,euro 14) amplifica il dibattito, reso an-cora più attuale in questa fase storicache stiamo vivendo, sul ruolo dell’esteti-

ca nella nostra collettività. Alla luce ditante riflessioni sulla natura, sulla socie-tà, sull’estetica e sul ruolo che deve es-sere svolto dalla “b ellezza”, è necessarioarrivare a una nuova consapevolezzadell’essere cittadino. I valori civici devo-no sposarsi con quelli della bellezza chegiustamente sta sempre più tornando alcentro del dibattito filosofico, politico,pedagogico e sociale.

Restituire l’importanza alla natura ealla “cultura” intesa nelle sue accezionipiù ampie di conoscenza, e contestual-mente focalizzare l’attenzione sul mododi interagire con il prossimo: lavoraresulla qualità dei comportamenti e dellerelazioni; imparare a riconoscere la “b el-

lezza”, saperla costruire, raccontare, tra-smetterla e soprattutto difenderla. Que-ste sono le cifre del vero cittadino “este-tico” che deve quindi sapere ben inte-grare e armonizzare natura e cultura.

Una consapevolezza che va dall’intel-ligenza estetica, erede anche di quellaraffinatissima filosofia zen wabi-sabi, allademocrazia estetica — una vera e pro-pria filosofia politica che andrebbe spo-sata dai nostri governanti — finoall’estetica del silenzio: l’ascolto dellanatura, del canto degli alberi, sottoli-neato da Papa Francesco fin dagli inizidel suo pontificato con l’enciclica Lau-dato si’.

Storica dell’arte raffinata, la Baldrigadimostra non solo una buona conoscen-za degli autori antichi, ma anche dellaletteratura e della filosofia più recenti,con spiccate competenze musicali, cine-matografiche e sociologiche. Fedro,Esiodo, Lucrezio, Orazio insieme a Pla-tone, Kant, Ruskin, Panosfsky, Hillman,Le Corbusier, Oskar Niemeyer, RenzoPiano accompagnati dai filosofi ameri-cani Hannah Arendt, Martha Nus-sbaum e Amartya Sen, ma anche Ale-kdandr Solzhenitsyn, Carlo Maria Mar-tini, fino a Nanni Moretti, sono per leigli strumenti per avvalorare e dare cor-po alla conoscenza e soprattutto alla co-scienza estetica, a quell’attenzione diver-sificata ma immutata nel corso dei seco-li riservata a queste importanti temati-che per la nostra società.

Lei stessa diventa quindi l’e s p re s s i o n edel cittadino con una coscienza estetica:è lei l’essenza di quel “cittadino esteti-co” che auspica si possa sempre piùeducare e diffondere nel nostro mondo.

Mi piace condividere in queste pagi-ne uno stralcio del suo pensiero e ilManifesto dell’Estetica della Cittadinan-za che in maniera ironica — ma neanchetroppo — l’autrice ha posto in appendi-ce al suo libro, in dieci punti essenzialiper sintetizzare e distillare il suo pensie-ro filosofico. Uno stimolo ulteriore for-nito da questo piccolo libro importante,che sono sicura sarà il volano per am-plificare il dibattito su tematiche che re-puto attualissime.

Il manifesto

Pubblichiamo uno stralcio del secondo capitolo del libro, intitolato Aquile ecattedrali. Sull’armonia tra natura e cultura. Il volume si conclude con unmanifesto in dieci punti: 1. L’estetica della cittadinanza consiste nellavalorizzazione del rapporto tra conoscenza del patrimonio culturale e qualitàdei comportamenti civici e relazionali. 2. L’estetica della cittadinanza simanifesta in termini di postura, partecipazione, sensibilità, sguardo, capacità diascolto, immaginazione. 3. Il patrimonio culturale e il paesaggio vengonoassunti come specchio dell’identità del cittadino estetico. 4. L’educazione allacittadinanza estetica si esprime attraverso l’esperienza consapevole dei beniculturali, del paesaggio e delle relazioni con gli altri. 5. La cittadinanza esteticapromuove l’esercizio della narrazione attiva e passiva (leggere e raccontare). 6.Il cittadino estetico promuove e pratica il rispetto del bene comune e delbenessere, rivolto alle cose, alle persone, agli animali, all’ambiente naturale eartificiale. 7. La cittadinanza estetica trova una sua naturale espressione nellapratica del confronto e nella cura per la chiarezza e la bellezza della parola. 8.L’estetica della cittadinanza richiede la massima diffusione della cultura storico-artistica, della conoscenza del paesaggio e del patrimonio immateriale. 9. Lacittadinanza estetica valorizza la complessità e lo scambio culturale, promuovela solidarietà sociale e lo sviluppo sostenibile. 10. La cittadinanza estetica èespressione della cultura repubblicana. I suoi valori vengono trasmessi infamiglia, nella scuola, a tutti i livelli della società civile.

di IRENE BALDRIGA

Disperso nel cuore della Navarra,poco a sud dei Pirenei, c’è unpiccolo villaggio di 150 abitanti.

Gallipienzo è un luogo remoto, non fa-cile da raggiungere. I pochi turisti chearrivano a visitarlo sono viaggiatori at-tratti da un gradevole albergo di pochestanze, l’Heredad, appollaiato sulla col-lina che guarda la valle del fiume Ara-gon. È un posto ideale per godere delsilenzio e dell’antica atmosfera di questaregione affascinante che vanta come po-chi posti in Europa una natura inconta-minata e una storia veneranda. L’alb er-go ha l’aspetto di una casa rurale, mol-to curata e costruita nel pieno rispettodei materiali e dei colori del luogo. Iproprietari hanno ricavato gli ambientirestaurando alcune case del vecchioborgo, sfidando il precipizio che si aprea pochi metri sulla bellissima valle. Ilsilenzio assoluto si rompe, a tratti, per ilvento che si insinua tra i corpi degliedifici e per gli uccelli che si rincorronoin volo. L’area è una riserva ornitologi-ca, conosciuta per la presenza delleaquile imperiali.

L’ospitalità è impeccabile. I gestoririservano a tutti un caloroso benvenuto,dispensando informazioni e notizie sullastoria dei luoghi e sulle escursioni dafare nei dintorni. A chi manifesti parti-colare interesse e sensibilità, rivelano ilsegreto più prezioso del luogo: in cimaal vecchio borgo, arrampicata sullamontagna, si erge la chiesa romanica diSan Salvador. L’antica cripta è un pic-colo gioiello di architettura: non c’è uncustode, ma è possibile prendere lechiavi in prestito per poterla visitare. Lasalita al paese antico è una piccola sfi-da: scale, sentieri, molte case abbando-nate. L’aria è purissima, il cielo abba-gliante. D’un tratto, alzando gli occhiper misurare la distanza fino alla iglesia,compaiono le prime aquile: due, tre,cinque, che continuano ad aumentare.Se ne possono vedere fino a quindicicontemporaneamente. Volano in cer-chio, si allargano e fischiano, fino acontrollare l’intera vallata. L’emozione ètale, così grande il senso di pienezza edi armonia tra la storia, la natura e quei

maestosi rapaci, che immediatamente lasalita prende una sua accelerazione; siarriva in cima in un baleno, in una sen-sazione che ci fa volare e vedere attra-verso le ali e gli occhi di un’aquila. Ecosì noi siamo il paesaggio, siamo la na-tura, siamo la storia, entriamo in sinto-nia così vera e profonda con quei luo-ghi che trasudano vita e fatica, sacrificiodel lavoro degli uomini di ieri e di oggi;cogliamo le affinità con la nostra terranatale, sentendoci più vicini a quella e aquesta che abbiamo appena incontrato,felici e orgogliosi di essere stati accolti edi esserne parte, adesso e per semprenella nostra memoria.

Quello di Gallipienzo è solo un pic-colo esempio tra le migliaia che potrem-mo citare: un frammento di esperienzavissuta in una esplorazione ben più am-pia che ci porterebbe lontano. Il cittadi-no estetico è anche un insaziabile viag-giatore, desideroso di ampliare i propriorizzonti e gli spazi ove arricchire ilproprio bagaglio, attratto dalla fisicitàdel fare esperienza, dal partecipare sen-sorialmente alla vita profonda dei luo-

ghi. «Sentire il luogo»: è un’e s p re s s i o n ecomune, carica di significato. Sentire,ovvero ascoltare, assumere dentro dinoi, ma anche condividere e assaporare.È una sensazione che si arriva a com-prendere facilmente nei confronti dellanatura.

Così dichiara, per esempio, uno deipersonaggi di Andrea Camilleri (1925-2019) nella saga di Montalbano: «Nonho ralogio, di giorno mi regolo col sole;quand’è scuro con l’odore della notte» –«Ha detto l’odore della notte?» – «Sì.A seconda dell’ora, la notte cangia diodore». I luoghi hanno ritmo, odore eun loro respiro. Gli antichi vi riconosce-vano una identità sovrannaturale, il ge-nius loci, che poi è una divinità protet-trice ma che si traduce nella personifica-zione di uno specifico spazio, un’entitàcon cui poter dialogare, cui potersi ri-volgere e rapportare. La facoltà di inte-ragire con lo spirito dei luoghi è di fat-to una competenza che il cittadino este-tico arriva a maturare nell’esercizio dellacontemplazione e della interazione conl’ambiente di vita.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 2 settembre 2020

f acce belle della Chiesa

Se canti pregare è più facileTra musica e preghiera la vita di padre Armando Pierucci a Gerusalemme

Ricordo di Eugene Eduard Homrich, missionario per sessant’anni in Bangladesh

Il padre dei “G a ro ”

Padre Armando Pierucci

Pubblicato il primo volume della collana sul beato Jägerstätter

Dal patiboloall’a l t a re

di ROBERTO CETERA

Tra l’ultima “faccia bella” p re-sentata in questa rubrica equella di questa settimana

passano una sessantina d’anni didifferenza, ma identici rimangonovigore, vivacità e fede profonda. Ineffetti padre Armando Pierucci è un“giovane” frate minore di 85 anniche sprizza ancora dal suo saiofrancescano un’inusitata energiagiovanile e con ancora tante ideeper la testa. Ottantacinque anni, dicui più di settanta spesi correndosenza posa lungo quel binario che èstato la cifra della sua vita: la fede ela musica.

«Sono più di 70 anni che vestoquesto saio e più di 60 che sono sa-cerdote. Entrai in convento per laformazione che avevo poco più didieci anni. Allora si usava così. Sicresceva nella la vocazione e la voca-zione cresceva con te. Mio padre eraun maniscalco qui nelle Marche, so-

Così nel 1957 padre Armando fecela professione solenne nell’ordine deifrati minori e l’anno dopo venne or-dinato sacerdote. «I miei superiorihanno sempre assecondato e agevo-lato la mia vocazione musicale», rac-conta. «Nel 1959 mi mandarono aRoma dove rimasi cinque anni perdiplomarmi in canto gregoriano. Poiandai al Conservatorio di Napoli,dove ero anche organista a SantaChiara. Quindi tornai a Pesaro adinsegnare, dove rimasi fino agli anniottanta, quando con una certa sor-presa ricevetti dal Custode di TerraSanta, padre Ignazio Mancini, l’invi-to a trasferirmi a Gerusalemme. IlCustode non era molto soddisfattodel supporto musicale alle liturgiedei santuari di Terra Santa e così vo-leva che un musicista si unisse allacompagine dei francescani gerosoli-mitani. Così nel 1988 mi ritrovai aGerusalemme, alloggiato presso ilseminario francescano, e con l’incari-co di organista della basilica del

— osserva il religioso — ma mai ap-prossimativi o sciatti. Guardi che ilmio non è un atteggiamento elitario:al contrario. Per esempio ho ungrande rimpianto per quelle melodiepopolari che tutti conoscevano ecantavano, come T’adoriam Ostia di-vina o Mira il tuo popolo, che sonofinite ormai in soffitta; erano bellemelodie, facilmente cantabili e “p re -gabili”. Musicalmente non abbiamoforse ancora recepito appieno il mes-saggio del Concilio: la partecipazio-ne del popolo».

Mentre viveva a Gerusalemme intanti chiedevano a padre Armandodi imparare a cantare e suonare. «Fucosì che molto semplicemente nac-que la scuola di musica, il “Magnifi-cat”. Per farmela approvare usai unostratagemma: la proposi come ulti-mo punto all’ordine del giorno delcapitolo custodiale del 1995, quandoormai i padri capitolari erano tuttistanchi e con la voglia di tornare acasa», ricorda con un sorriso furbet-to. «Cominciammo in due, mi aiuta-va una musicista palestinese, Han-nah Soudah Sabbara. Insieme a leidavamo lezioni di piano e solfeggio.Cominciarono a venire diversi ragaz-zi e ragazze, molti dei quali nonavrebbero mai potuto permettersiuna scuola di musica. Ma quello cherendeva ancora più affascinantel’esperienza era che i giovani eranoindifferentemente arabi ed israeliani,cristiani ma anche ebrei e mussulma-ni. Negli anni vissuti in Terra Santanon ho mai visto un altro ambientecosì misto e concorde: la musica su-pera ogni steccato. Rimaneva peròun problema: le melodie che inse-gnavamo pur con tanta serietà rima-nevano poco più che un hobby per inostri studenti: dovevamo invece di-mostrare loro che di musica si puòanche vivere».

E l’opportunità venne attraversol’aiuto di un’amica e sostenitrice,Anita Tavasani, che favorì il contattocon il Conservatorio di Vicenza, conil quale venne avviata una proficuacollaborazione. «Oggi il Magnificatrilascia titoli accademici del Conser-vatorio di Vicenza riconosciuti dallostato italiano, funzionando comeuna sua sede distaccata», sottolineapadre Armando. «All’inizio la scuolaera gratuita, affidandosi solo alla ge-nerosità delle offerte; poi abbiamomesso delle piccole rette principal-

mente per dare un profilo di profes-sionalità, ma sono temperatedall’elargizione di molte borse distudio». Attualmente la scuola è fre-quentata da trecento studenti sottola guida di 18 maestri. Molti sonoormai i giovani che usciti dal Ma-gnificat hanno intrapreso la carrieradi musicisti ed orchestrali, in Israelee in Europa. E ogni anno ensemblecoristici o orchestrali vengono in Ita-lia per una tournée. «Padre Arman-do — ci dice fra Alberto Pari che gliè succeduto alla direzione del Ma-gnificat a Gerusalemme — è un arti-sta che ha fortemente creduto in unsogno e lo ha realizzato, riuscendo afar nascere un angolo di bellezzanella complessità della realtà dellacittà vecchia di Gerusalemme».

Mentre costruiva la scuola fra Ar-mando continuava anche nel suoruolo di organista al Santo Sepolcro.Nel luogo più santo che c’è sullaterra non si può suonare sottovoce,così usavo spesso registri gravi e so-nori. Questo all’inizio turbava unp o’ i religiosi delle altre confessionicristiane in quel delicato equilibrioche è lo status quo. Ma col tempo lamusica cominciò ad affascinare an-che i fratelli orientali, e con alcunidi loro ho cementato nel tempostraordinarie amicizie». Frate Giu-seppe Gaffurini è stato “suo” c a n t o real Sepolcro: «Come sul candelierebrilla la luce, sulla gravità della suapersona splende un sorriso lumino-so», ricorda con riconoscenza.

E poi la composizione, che nonha mai smesso nel corso di tutti que-sti anni, e che è l’attività che più loappassiona. Via Crucis, De profundis,The burian of Moses at Mount Nebo,un oratorio dedicato a San Michele;solo per citarne alcune. Il suo picco-lo capolavoro negli anni gerosolimi-tani sarà la originalissima Sinfoniaeucaristica eseguita anche nella sedeOnu di Ginevra e trasmessa in mon-dovisione da decine di televisioniper l’esecuzione dell’orchestra delConservatorio di Matera. Si trattadella raccolta di brani per solisti, co-ro ed orchestra, usati nelle celebra-zioni liturgiche di dodici tradizionicristiane diverse: armena, ortodossa,melchita, siriaca, copta, etiope, cal-dea, maronita, protestante, latina, ec-cetera. Una straordinaria ed emozio-nante prova di ecumenismo musica-le: l’introito agli armeni, il salmo

agli ortodossi, l’alleluia ai melchiti, ilSantus ai latini, e molti altri, ognunointerpretandolo con i propri abiti li-turgici. «Questa è la vera ricchezzadella Chiesa che ho voluto rappre-sentare, e cioè che in ogni dove, inogni lingua, in diverse melodie, inogni tempo, noi tutti comunque pre-ghiamo insieme».

Il nesso tra musica e preghiera ri-corre spesso nella conversazione,perché sarebbe ingiusto rappresen-tarlo unicamente come musicista:padre Armando è soprattutto un uo-mo di profonda spiritualità e pre-ghiera. «È come una serie di matrio-sche», dice Elisabetta, un’amica dilunga data. «La prima è sicuramentequella del musicista e compositore,la seconda è quella del letterato escrittore, l’ultima e più interna èquella dell’uomo di fede, un misticoche si nutre quotidianamente dellaParola di Dio, e questa è la matrio-ska che nutre e fa vivere le altre».

Un uomo, un religioso di una mi-tezza ed umiltà straordinarie. «L’hosempre visto con un solo saio, estatee inverno, caldo e freddo non lo at-taccano — riprende padre Giuseppe— ma è straordinario come in lui rie-scano a coniugarsi mitezza e deter-minazione: i suoi sogni li portaavanti sempre fino al compimento.«Macché, si schermisce lui, quel po’di buono che gli altri vedono in meè solo grazia che il Signore mi hadonato. Come pure la musica: sì, ioci avrò pure studiato e lavorato tan-to sopra, ma il dono originario vienedal Signore. Ancora oggi dall’altodei miei anni mi chiedo perché ab-bia voluto essere così generoso conme. Io mi sento solo un “servo inuti-le”. Spero solo di essere riuscito a ri-trasmettere agli altri un po’ del beneche ho ricevuto. E se non con le pa-role, almeno con la musica. Che perme è più facile».

DACCA, 31. «Fondando scuole e centri sanitari,lottando per difendere la comunità Garo perse-guitata, padre Eugene è divenuto un riferimentoindispensabile per la nostra esistenza. La sua vitae la sua missione sono state piene di soddisfazio-ni. Era amico della comunità e ha sempre inco-raggiato questa cultura: nella liturgia ha conserva-to infatti gli strumenti musicali, la lingua, gli inniGaro. Quando eravamo perseguitati, egli ha sem-pre lottato per noi». Così, un’anziano sacerdotedella diocesi di Mymensingh, in Bangladesh, ri-corda l’operato di padre Eugene Eduard Homri-ch, missionario statunitense della Congregazionedell’Holy Cross Mission Center, morto di recenteper complicazioni sopraggiunte in seguito al con-tagio di coronavirus. Una figura che ha illumina-to le vite di cristiani e musulmani dello stato asia-tico per sessant’anni, tanto che un leader islamicoha auspicato l’intitolazione di una strada a Ma-dhupur, nel distretto di Tangail, dove ha vissuto alungo.

Durante un’orazione funebre in sua memorianella chiesa di Pirgacha, a Tangail, dove fu parro-co fino al 2016, anno in cui fu costretto a lasciareil Paese per le minacce ricevute da estremisti isla-mici, e alla quale hanno preso parte centinaia difedeli, sono stati ricordati il profondo amore el’incessante dedizione del missionario alle comu-nità della diocesi di Mymensingh, soprattutto ver-so l’etnia Garo, di origine tibetano-birmana, dif-fusa anche in India, cui appartengono centoventi-mila membri in maggioranza cristiani. «La fededei Garo esisteva prima che diventassero cristia-ni», sosteneva il padre missionario. «Loro crede-vano negli dei e noi abbiamo battezzato la socie-tà, la loro cultura. Non abbiamo distrutto la lorocultura, sottolineo, ma l’abbiamo battezzata. Oracredono in Dio e sono buoni cattolici: sono per-sone sante».

L’amore e la dedizione verso di loro si sonotradotti nella fondazione di due scuole medie su-periori e ventotto istituti primari «affinché rima-nessero vive storia e tradizioni della minoranza»,ha dichiarato padre Simon Hacha, un sacerdotedelle diocesi anche lui di etnia Garo. «In questi

istituti, migliaia di bambini e ragazzi hanno rice-vuto un’educazione qualificata» e molti di loro,negli anni, hanno trovato una buona occupazio-ne. Ciò ha comportato significativi miglioramentidella situazione socio-economica della minoranza,grazie anche ad altri interventi riguardanti la tute-la della salute, con varie strategie in campo sani-tario, e della terra, con l’introduzione di modernetecniche agricole e l’insegnamento di una correttagestione del denaro nelle cooperative. Lui stessoera ormai considerato un Garo, avendo imparatola lingua e avendo pubblicato un libro di inni epreghiere in questo idioma». L’istruzione, amavaripetere padre Eugene, «è la spina dorsale dellanazione. Per questo bisogna garantirla a tutti, in-sieme ad un’educazione morale e spirituale. Perproteggere la vostra esistenza dovete essere uniti elavorare insieme per migliorare le vostre condizio-ni di vita».

Eugene Homrich è chiamato “il padre dellamoderna comunità Garo” racconta una donnadell’etnia. «Se non fosse venuto a Mymensingh,dedicandosi a noi notte e giorno, la nostra comu-nità tribale non avrebbe potuto salvare la propria

cultura. È stato lui a spiegarci che religione e cul-tura non sono la stessa cosa. Così ci ha consiglia-to di praticare la nostra fede e allo stesso tempomantenere la cultura che abbiamo ricevuto dainostri antenati. Io mi sento molto fortunata adaverlo incontrato ed aver imparato da lui cosa si-gnifica essere cattolica». La sua carità cristiana hatoccato alte vette anche in altre situazioni, soprat-tutto di fronte alle ingiustizie e prevaricazioni ver-so questa minoranza. «Padre Homrich era un di-fensore dei suoi parrocchiani, perché molto spessoquesta popolazione ha sofferto e soffre ancora acausa della persecuzione da parte di persone po-tenti», ha aggiunto padre Hacha. «I tribali pos-siedono per tradizione molte foreste, di cui nonhanno però il contratto di proprietà, per cui avolte capita che qualche proprietario terriero tentidi occuparle e di espropriarle».

Le persecuzioni raggiunsero il culmine durantela guerra di indipendenza dal Pakistan, nel 1971,quando il missionario statunitense salvò la vita acentinaia di musulmani, indù e cristiani, dandoloro un rifugio, nascondendoli in chiesa e provve-dendo al loro sostentamento, ricevendo, per que-sto, un’onorificenza dal governo di Dacca. «PadreEugene — ha dichiarato un esponente del parla-mento bengalese — ha cambiato la vita degli abi-tanti di quest’area. Non ha lavorato solo per i cri-stiani ma per i fedeli di tutte le religioni. Lo ri-spettiamo per il suo incredibile contributo. È sta-to anche un combattente per la libertà del nostroPaese». Dichiarazioni che testimoniano quanto gliinsegnamenti e l'esempio di padre Homrich ab-biano lasciato il segno nei cuori dei cittadini ben-galesi, qualunque religione essi professino. «Hafatto molto per la popolazione di Modhupur», haosservato un politico musulmano che ha ricordatonell’occasione il premio “Amico straniero”, confe-rito al missionario nel 2012 e riservato, come se-gno di “gratitudine e rispetto” a tutti gli stranieriche hanno offerto «sostegno morale, mentale, ma-teriale, politico, diplomatico, logistico alla lottaper la libertà del popolo bengalese». (rosario ca-pomasi)Padre Eugene Eduard Homrich

LINZ, 31. L’istituto Franz und Fran-ziska Jägerstätter (FFJI) dell’univer-sità cattolica privata di Linz mettein stampa, presso l’editrice Stu-dienverlag Innsbruck, la nuova col-lana Jägerstätter Studien. La seriedi scritti, viene annunciato dall’ate-neo cattolico di Linz, è dedicata al-la ricerca internazionale sul beatoFranz Jägerstätter, ucciso dai nazi-sti per essersi rifiutato di arruolarsinell’esercito, l’ambiente storico incui ha vissuto e la complessa storiadella ricezione della sua vicenda.In questo senso, gli “JägerstätterStudien” intendono ricalcare l’am-piezza degli approcci scientifici, tracui le prospettive della storia e del-la teologia, nonché delle scienzesociali e culturali. Un interesse cre-scente, quello sulla figura del beatoJägerstätter, dimostrato anchedall’arrivo proprio in questi giorninelle sale italiane del film “La vitanascosta – Hidden Life”, del regi-sta statunitense Terrence Malick,che con maestria ne ripercorre ladrammatica vicenda.

Il primo volume della collana,Vom Schafott zum Altar. Bestattungund Translatio des Märtyrers FranzJ ä g e rs t ä t t e r (“Dal patibolo all’alta-re. Sepoltura e traslazione del mar-tire Franz Jägerstätter”, editrice In-nsbrucker Studienverlag nella col-lana “Jägerstätter Studien”, 172 pa-gine con 64 immagini, euro 29,90), è stato presentato al pubblicoil 9 agosto, anniversario della mor-te di Franz Jägerstätter, in occasio-ne dell’annuale commemorazione aSt. Radegund. Ewald Volgger, pro-fessore di scienza liturgica e teolo-gia sacramentale presso l’universitàcattolica di Linz, nel suo studioVom Schafott zum Altar (“Dal pati-bolo all’a l t a re ”) ricorda i personag-gi che hanno contribuito a far sì

che l’importanza della testimonian-za di vita di Jägerstätter non an-dasse perduta. Un particolareomaggio viene reso al parroco Jo-sef Karobath, il cui ruolo centralenella vita di Jägerstätter viene trac-ciata da Volgger con nuovi contor-ni. Il teologo di Linz illustra anchela storia e la venerazione delle spo-glie del martire, approfondendo «iltema in apparenza sorpassato dellereliquie», come afferma l’annuncio.

Lo studioso traccia il camminodalla prima sepoltura a Brandebur-go nel 1943 alla seconda tumulazio-ne accanto al muro della chiesa diSt. Radegund nel 1946, fino all’in-serimento delle reliquie nel nuovoaltare della chiesa parrocchiale nel2016. Vengono trattati anche la rea-lizzazione della stele di Jägerstätternel duomo di Linz e il rifacimentodella chiesa parrocchiale di St. Ra-degund, dove Jägerstätter scelse didire no al regime totalitario nazio-nalso cialista.

no cresciuto in mezzo ai cavalli. Eroun ragazzino introverso e anche unp o’ scontrosetto, finché non incon-trai l’amore della mia vita: la musica,che mi cambiò nel profondodell’anima e mi rese più socievole.Anche se, devo dire, ancora oggi miè più facile scrivere musica che par-lare. La mia fede fecondava l’istintomusicale e la musica alimentava lamia fede: dopo tanti anni ancoranon ho capito quale venisse prima.Forse entrambe, perché nella musicac’è una traccia di Dio».

Santo Sepolcro. Vivevo con i noviziperché il Custode voleva che avesse-ro un’erudizione musicale sufficientead adempiere al loro ministero, e co-sì le prove del loro coro divenivanoin effetti un percorso attraverso lacultura della musica sacra. Loroamavano molto le chitarre e i ritmimoderni. Io non sono un purista,però credo fermamente che puoi fareogni genere di musica solo se primahai saputo apprezzare la musica bel-la, quella “alta”». E la storia dellaChiesa di musica “alta” ne ha pro-dotta tanta. «Si può essere moderni

Una scena del film “La vita nascosta –Hidden Life”, di Terrence Malick

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 2 settembre 2020 pagina 7

La Chiesa in Papua Nuova Guinea difende le donne accusate di stregoneria

Porre fineall’impunità

di PAOLO AF FATAT O

La “caccia alle streghe” mietevittime e la Chiesa in PapuaNuova Guinea non ci sta.

Non è una pratica confinata nei libridi storia sul medioevo ma un feno-meno che ancora interessa talunearee della grande isola di NuovaGuinea, nell’Oceano Pacifico. Lacredenza nella stregoneria è ancoradiffusa e genera atti di violenza operfino l’omicidio di persone, perlo-più donne, accusate di aver lanciatouna maledizione su qualcuno dellacomunità.

Il caso di tre donne torturate esalvate per miracolo nel distretto diMendi, nel giorno della scorsa Pa-squa, con l’accusa di “sanguma” (co-me è chiamata la stregoneria in lin-gua locale) ha nuovamente fatto

scattare l’allarme nei confronti diuna pratica che nella provincia degliAltipiani meridionali (Southern Hi-ghlands) ha fatto nell’ultimo annododici vittime e 76 altre donne accu-sate, percosse e scampate al linciag-gio. «Le tre donne si stanno ripren-dendo dalla tortura fisica, ma iltrauma che hanno subito è ben lun-gi dall’essere guarito», spiega a«L’Osservatore Romano» suor Lore-na Jenal, missionaria francescanasvizzera, che da oltre trent’anni sioccupa di accogliere e proteggere ledonne accusate di stregoneria.

«Molte donne sono state impicca-te, torturate e uccise nei remoti vil-laggi della provincia, ma spesso nonsi hanno notizie e le famiglie restanoin silenzio per paura di ritorsioni»,riferisce. «Bisognerebbe fare di piùper incoraggiare le famiglie delledonne accusate a farsi avanti e de-nunciare l’abuso e la violenza subi-ta», aggiunge, raccontando il tenaceimpegno della sua comunità. Le re-ligiose si occupano di organizzare

abitazioni sicure per ospitare madrie donne spaventate, fuggite da mi-nacce, intimidazioni e percosse.

«Non è solo dovere delle istitu-zioni aiutarle. È un dovere moraledi tutti proteggere le proprie madrie sorelle e combattere i problemi ele superstizioni legate alla stregone-ria», rimarca suor Jenal, riferendodella prossima apertura di una “Ca-sa della speranza”, un luogo sicuro,dedicato alle vittime della violenza,dove le donne possono recarsi, rice-vendo cure mediche, accoglienza,p ro t e z i o n e .

Proprio con l’intento di offrire ilproprio contributo in forma pacificae non-violenta, suor Jenal ha orga-nizzato con i fedeli locali una mar-cia, con canti e preghiere, verso illuogo dove le tre donne sono statetorturate, con l’intento di «offrire la

pace e il perdono che ilSignore risorto ha donatoai suoi discepoli», e perlanciare un accorato ap-pello «per porre fine alleaccuse di stregoneria e alleviolenze di ogni tipo».L’iniziativa, ha riferito lareligiosa, ha suscitatocommozione tra la gentelo cale

Monsignor DonaldFrancis Lippert, frate cap-puccino alla guida delladiocesi di Mendi, capo-luogo della provincia delle SouthernHighlands, riconoscendo che il pro-blema è serio ed endemico nel tessu-to della società indigena, rileva peròche «realmente queste pratiche nonsono parte della nostra cultura ance-strale». Di fronte alle difficoltà oall’indifferenza delle istituzioni, os-serva, «può agire l’evangelizzazione:la fede cattolica può essere la rispo-sta a questa pratica oscurantista».«Accompagnare le persone a cono-

scere e avere una relazione personalecon Cristo è la strada per affermaree promuovere la dignità inalienabiledella persona umana. Questa è lamodalità, liberante per il cuore uma-no, per cambiare gli atteggiamentidelle persone e mutare la loro men-talità, abbandonando credenze ma-giche».

Con questo spirito la Chiesa loca-le ha ideato, organizzato e vissuto il10 agosto scorso una speciale Gior-nata contro le accuse di stregoneria:alla marcia pacifica e alla campagnadi sensibilizzazione, vissuta nellescorse settimane, hanno dato uncontributo associazioni, parrocchie,comunità di fedeli laici, studenti,operatori sanitari, gruppi di giovani,organizzazioni femminili e funziona-ri pubblici. Il leitmotiv della campa-gna, che prosegue tuttora in modo

capillare in città e villaggi, è «riget-tare l’uccisione di innocenti» e «pro-muovere la tutela della dignità diogni persona, in particolare dellenostre madri e sorelle».

«Coloro che torturano e uccidonole donne accusate di stregoneria so-no colpevoli di un crimine», ha det-to monsignor Lippert, parlando allacomunità nella prima Giornata in-ternazionale contro l’accusa di stre-goneria, e rimarcando l’urgenza di

porre fine all’impunità: «Gli attacchia persone sospettate di praticare lamagia nera si fermeranno solo quan-do gli autori delle aggressioni saran-no arrestati e condannati». «Prose-guiamo nel nostro impegno a prega-re e agire insieme per fermare l’as-surda violenza», ha concluso il ve-scovo.

Il punto è che il governo dellaPapua Nuova Guinea sembra averpreso sottogamba il fenomeno. Nel2013, dopo uno scandalo di caraturainternazionale che si abbattè sulpaese, suscitato dagli omicidi didonne ritenute “s t re g h e ”, il Parla-mento abolì la Legge sulla stregone-ria che risaliva al 1971. Quella leggedivideva la stregoneria in “buona” e“cattiva” e considerava una circo-stanza attenuante, nei casi di omici-dio, il fatto che la persona uccisafosse sospettata di essere una strega.Secondo il missionario cattolico ver-bita Franco Zocca, che è stato inmissione in Papua e docente al Me-lanesian institute di Goroka, nellalotta alle credenze e alle pratichedella stregoneria il contributo dellaChiesa — quasi due milioni di catto-lici, circa il 27 per cento della popo-lazione — è cruciale ma è necessaria«una risposta nazionale».

Il missionario ricorda: «Comeaccadde in Europa secoli fa, le accu-se contro presunti stregoni cessaronosolo dopo che le scoperte scientifi-

che e mediche spiegarono le causenaturali delle malattie o delle epide-mie. Sulla scorta di tale esperienza,le Chiese possono contribuire a sra-dicare le credenze esoteriche. Quan-do si tratta di credenze, infatti lateologia ha un ruolo importante dasvolgere». «La fede nella potenza diGesù Cristo — sottolinea il missiona-rio — è l’antidoto più potente percontrastare le credenze demonia-che».

Rapporto sui discorsi di odio nel Sud-est asiatico

Troppe discriminazioni contro le minoranze religioseBA N G KO K , 1. «Permettere che le mi-noranze godano del diritto alla li-bertà di pensiero, coscienza, religio-ne o fede e del rispetto della lorocultura e tradizione, nonché assicu-rare che queste garanzie non sianomai usate come pretesti per giustifi-care la discriminazione e la violenza;promulgare ampiamente, anche atutti i livelli governativi, garanziecostituzionali e internazionali sullalibertà di religione o credo; assicu-rarsi che le direttive dello Stato nonservano mai a controllare, influenza-re o limitare in altro modo la libertàdi religione o credo»: queste sono leraccomandazioni emanate dall’AsiaCentre — think-tank con sede a Ban-gkok che monitora lo spazio socialee culturale nel Sud-est asiatico — nelsuo rapporto intitolato «Hate spee-ch in Southeast Asia. New forms,old rules». Il documento si concen-tra su quattro tipi di odio: etnico-re-ligioso, contro gli stranieri e i rifu-giati, odio contro chi non aderisce aldiscorso politico ufficiale, e discrimi-nazioni sessuali.

Il testo osserva in particolare che icasi di incitamento all’odio legato aquestioni etniche e religiose si ritro-

vano maggiormente nelle societàmultietniche e multireligiose. Il rap-porto elenca diversi esempi: le cam-pagne di odio e di discriminazioneche da decenni prendono di mira lacomunità musulmana in Myanmar;l’estremismo religioso e l’intolleran-za contro i musulmani moderati, icristiani e gli atei in Indonesia; leaggressioni di buddisti contro i mu-sulmani nel Sud della Thailandia;l’individuazione dei musulmani nelleFilippine come potenziali minacceterroristiche; le politiche di privilegia seconda della religione e del grup-po etnico in Malaysia.

Nel rapporto, l’Asia Centre spiegale sfide odierne dovute al linguaggiodell’odio facendo riferimento agliantecedenti storici nell’area, in parti-colare nel caso di migrazioni forza-te. Tali fenomeni, spiega il testo,hanno portato spesso a politiche disegregazione sociale. Inoltre, negliultimi anni, il Sud-est asiatico ha as-sistito a un’ondata di incitamentoall’odio alimentato dalla disinforma-zione, in particolare tramite i socialmedia. I paesi dove si diffondonocontenuti online solo da pochi annisi trovano insufficientemente attrez-

zati per controllare o gestire i lorosistemi mediatici. Gli esempi, chesono emersi negli ultimi anni in tut-ta la regione, evidenziano come l’in-citamento all’odio online, rafforzatodalla cattiva informazione, vada ol-tre i contenuti offensivi, fino a pro-vocare potenzialmente violenza fisi-ca. Ciò, spiega il rapporto dell’AsiaCentre, ha portato sia i governi chele aziende tecnologiche a prestareattenzione al problema e a valutarequali sono le loro responsabilità.

In termini di disposizioni legali,Malaysia, Myanmar, Filippine e Sin-gapore — illustra il dossier di unacinquantina di pagine — hanno rivi-sto o redatto disposizioni volte a ga-rantire armonia sociale, razziale oreligiosa. Altri governi dell’area uti-lizzano una gamma di leggi esistentiper criminalizzare l’incitamentoall’odio mentre sono state introdottepolitiche per mitigare le condizioniche potrebbero provocarlo: sonopratiche intraprese dai governi maanche da organizzazioni della socie-tà civile per promuovere l’inclusio-ne. Una parte importante riguardala sorveglianza sui social network.

Come segno di impegno interna-zionale, lo si legge sempre nel rap-porto, gli stati dell’Associazione del-le nazioni del Sud-est asiatico(Asean), ad eccezione di Brunei,Malaysia, Myanmar, hanno firmatola Convenzione internazionalesull’eliminazione di tutte le forme didiscriminazione razziale, trattato cheimpegna i firmatari all’eliminazionedella discriminazione razziale e invi-ta a promuovere la comprensione tracomunità, anche se in molti casi re-stano discrepanze tra leggi nazionalie obblighi del trattato.

Gli autori del rapporto concludo-no con l’auspicio che le loro racco-mandazioni «vadano in qualche mo-do a stimolare azioni che possonoessere sviluppate per affrontare levarie dimensioni del problema». Uncompito, riconoscono, che l’attualepandemia di coronavirus rende piùdifficile da eseguire.

Allo stesso tempo, insiste il think-tank thailandese, «l’incitamento allaviolenza si è spostato online e in al-cune occasioni è diventato virale».Perciò l’impegno delle società tecno-logiche nella lotta contro questa pia-ga «risulta fondamentale».

Più protezioneper le ragazze cristiane

L’appello al governo pakistano

ISLAMABAD, 1. Ogni anno in Paki-stan almeno mille donne cristiane eindù vengono rapite e costrette aconvertirsi e sposare il loro aggres-sore, secondo l’ong Human rightscommission of Pakistan. Tra di lo-ro, Maira Shahbaz, minorenne cri-stiana vittima di matrimonio forza-to e convertita di forza all’islam do-po il suo rapimento a Faisalabadnell’aprile scorso, è fortunatamentetornata a riunirsi con la sua fami-glia. Confortato da questa notiziapositiva, il professore Anjum JamesPaul, cattolico pakistano di Faisala-bad, presidente dell’Asso ciazionedegli insegnanti delle minoranze re-ligiose del Pakistan e difensore deidiritti umani, rivolge oggi un ap-pello al governo per la protezionedella minorenne e per la vita di tut-te le altre ragazze rapite. Come rife-risce Paul all’agenzia Fides, Maira èstata sottratta alla custodia illegaledel suo aguzzino grazie all’i n t e re s -samento di Naveed Amir Jeeva, po-litico cristiano, membro del Comi-tato parlamentare per la protezionedelle minoranze, e all’azionedell’avvocato Sumaria Shafique.

Maira, che non ha mai abiuratola fede cristiana, ha raccontato diessere stata ripetutamente stuprata,ingannata e di aver subito fortipressioni e minacce dal rapitore.Accanto a lei, riunitasi con i suoicari, leader politici e sociali, avvo-cati e attivisti per i diritti umanichiedono al governo del Pakistan diadottare misure urgenti sul caso edi fornire adeguata protezione allafamiglia. Naveed Amir Jeeva, che siè fortemente impegnato per la libe-razione della ragazza, ha dichiarato:«Farò del mio meglio per salvareanche tutte le altre ragazze rapite».Per questo può contare sull’aiutodell’avvocato cattolico Khalil TahirSindhu, che ha contribuito a porta-re avanti la campagna e la battaglialegale per la liberazione della ra-

gazza. Nel luglio scorso, il tribuna-le di primo grado a Faisalabad ave-va stabilito che, essendo la giovaneminorenne, il matrimonio era illega-le (la legge vieta il matrimonio sot-to i 18 anni di età) e che la ragazzadoveva ritrovare la sua famiglia.Poco dopo, agli inizi di agosto,l’Alta Corte di Lahore tuttavia ri-baltava questa sentenza, ritenendoche la giovane si era convertitaall’islam e che, secondo il dirittoislamico, le nozze sono possibili. Ilegali preparano ora il ricorso, senecessario, anche davanti alla CorteSuprema del Pakistan.

Pochi giorni fa, il presidente delResearch advocacy and social trai-ning institute a Karachi, il cattolicoSabir Michael, ha affermato a suavolta che «la questione dell’e s t re m i -smo e dell’insicurezza è il problemaprincipale per le minoranze religio-se che vivono in Pakistan». Giornodopo giorno, diceva il docente im-pegnato per i diritti umani, «le mi-noranze religiose del Pakistan af-frontano aggressioni, mentre si fan-no sentire gli effetti di estremismo efondamentalismo religioso, che ge-nerano varie forme di persecuzione,comprese le conversioni forzate del-le donne delle minoranze religio-se». In particolare, notava un au-mento dei rapimenti e conversioniforzate delle ragazze adolescenti in-dù e cristiane, nelle province delSindh e del Punjab. Questo feno-meno «costituisce una minaccia allasicurezza e alla prosperità per leminoranze religiose», aggiungeva,prima di richiamare l’attenzionesull’urgenza «che le istituzioni fac-ciano sì che queste aggressioni alleminoranze religiose diminuiscano.È responsabilità del governo riela-borare i propri piani e le strategieper proteggere e garantire i legitti-mi diritti alle minoranze religioseche vivono in Pakistan».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 2 settembre 2020

Il Papa rinnova il suo appello nel messaggio in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato

Cancellare il debitodei Paesi più fragili colpiti dalla pandemia

Francesco rinnova il suo appello a«cancellare il debito dei Paesi piùfragili alla luce dei gravi impatti dellecrisi sanitarie, sociali ed economiche chedevono affrontare a seguito del Covid-19». Si tratta di un gesto di «giustiziariparativa», spiega il Pontefice in unmessaggio diffuso nella mattina dimartedì 1° settembre, giorno in cui sicelebra l’annuale Giornata mondiale dipreghiera per la cura del creato.

«Dichiarerete santo il cinquantesimoanno e proclamerete la liberazione nellaterra per tutti i suoi abitanti. Sarà per

voi un giubileo» (Lv 25,10)

Cari fratelli e sorelle,Ogni anno, particolarmente dalla

pubblicazione della Lettera enciclicaLaudato si’ (LS, 24 maggio 2015), ilprimo giorno di settembre segna perla famiglia cristiana la GiornataMondiale di Preghiera per la Curadel Creato, con la quale inizia ilTempo del Creato, che si conclude il4 ottobre, nel ricordo di san France-sco di Assisi. In questo periodo, icristiani rinnovano in tutto il mondola fede nel Dio creatore e si unisco-no in modo speciale nella preghierae nell’azione per la salvaguardia del-la casa comune.

Sono lieto che il tema scelto dallafamiglia ecumenica per la celebrazio-ne del Tempo del Creato 2020 sia“Giubileo per la Terra”, proprionell’anno in cui ricorre il cinquante-simo anniversario del Giorno dellaTe r r a .

Nella Sacra Scrittura, il Giubileoè un tempo sacro per ricordare, ri-tornare, riposare, riparare e rallegrar-si.

1. Un tempo per ricordare

Siamo invitati a ricordare soprat-tutto che il destino ultimo del creatoè entrare nel “sabato eterno” di Dio.È un viaggio che ha luogo nel tem-po, abbracciando il ritmo dei settegiorni della settimana, il ciclo deisette anni e il grande Anno giubilareche giunge alla conclusione di setteanni sabbatici.

Il Giubileo è anche un tempo digrazia per fare memoria della voca-

zione originaria della creato ad esse-re e prosperare come comunitàd’amore. Esistiamo solo attraverso lerelazioni: con Dio creatore, con ifratelli e le sorelle in quanto membridi una famiglia comune, e con tuttele creature che abitano la nostra stes-sa casa. «Tutto è in relazione, e tuttinoi esseri umani siamo uniti comefratelli e sorelle in un meravigliosopellegrinaggio, legati dall’amore cheDio ha per ciascuna delle sue creatu-re e che ci unisce anche tra noi, contenero affetto, al fratello sole, allasorella luna, al fratello fiume e allamadre terra» (LS, 92).

Il Giubileo, pertanto, è un tempoper il ricordo, dove custodire la me-moria del nostro esistere inter-rela-zionale. Abbiamo costantemente bi-sogno di ricordare che «tutto è inrelazione, e che la cura autenticadella nostra stessa vita e delle nostrerelazioni con la natura è inseparabiledalla fraternità, dalla giustizia e dal-la fedeltà nei confronti degli altri»(LS, 70).

2. Un tempo per ritornare

Il Giubileo è un tempo per torna-re indietro e ravvedersi. Abbiamospezzato i legami che ci univano alCreatore, agli altri esseri umani e alresto del creato. Abbiamo bisogno dirisanare queste relazioni danneggia-te, che sono essenziali per sostenerenoi stessi e l’intero tessuto della vita.

Il Giubileo è un tempo di ritornoa Dio, nostro amorevole creatore.

Non si può vivere in armonia con ilcreato senza essere in pace col Crea-tore, fonte e origine di tutte le cose.Come ha osservato Papa Benedetto,«il consumo brutale della creazioneinizia dove non c’è Dio, dove la ma-teria è ormai soltanto materiale pernoi, dove noi stessi siamo le ultimeistanze, dove l’insieme è semplice-mente proprietà nostra» (Incontro conil Clero della Diocesi di Bolzano-Bres-sanone, 6 agosto 2008).

Il Giubileo ci invita a pensarenuovamente agli altri, specialmenteai poveri e ai più vulnerabili. Siamochiamati ad accogliere nuovamente ilprogetto originario e amorevole diDio sul creato come un’eredità co-mune, un banchetto da condividerecon tutti i fratelli e le sorelle in spiri-to di convivialità; non in una com-petizione scomposta, ma in una co-munione gioiosa, dove ci si sostienee ci si tutela a vicenda. Il Giubileo èun tempo per dare libertà agli op-pressi e a tutti coloro che sono inca-tenati nei ceppi delle varie forme dischiavitù moderna, tra cui la trattadelle persone e il lavoro minorile.

Abbiamo bisogno di ritornare,inoltre, ad ascoltare la terra, indicatanella Scrittura come adamah, luogodal quale l’uomo, Ad a m , è stato trat-to. Oggi la voce del creato ci esorta,allarmata, a ritornare al giusto postonell’ordine naturale, a ricordare chesiamo parte, non padroni, della reteinterconnessa della vita. La disinte-grazione della biodiversità, il vertigi-noso aumento dei disastri climatici,il diseguale impatto della pandemiain atto sui più poveri e fragili sonocampanelli d’allarme di fronteall’avidità sfrenata dei consumi.

Particolarmente durante questoTempo del Creato, ascoltiamo il bat-tito della creazione. Essa, infatti, èstata data alla luce per manifestare ecomunicare la gloria di Dio, per aiu-tarci a trovare nella sua bellezza ilSignore di tutte le cose e ritornare aLui (cfr SAN BO N AV E N T U R A , In II

Sent., I,2,2, q. 1, concl; B re v i l .,II,5.11). La terra dalla quale siamostati tratti è dunque luogo di pre-ghiera e di meditazione: «Risveglia-mo il senso estetico e contemplativoche Dio ha posto in noi» (Esort. ap.Querida Amazonia, 56). La capacitàdi meravigliarci e di contemplare èqualcosa che possiamo imparare spe-cialmente dai fratelli e dalle sorelleindigeni, che vivono in armonia conla terra e con le sue molteplici formedi vita.

3. Un tempo per riposare

Nella sua sapienza, Dio ha riser-vato il giorno di sabato perché laterra e i suoi abitanti potessero ripo-sare e rinfrancarsi. Oggi, tuttavia, inostri stili di vita spingono il pianetaoltre i suoi limiti. La continua do-manda di crescita e l’incessante ciclodella produzione e dei consumi stan-no estenuando l’ambiente. Le forestesi dissolvono, il suolo è eroso, i cam-pi spariscono, i deserti avanzano, imari diventano acidi e le tempeste siintensificano: la creazione geme!

Durante il Giubileo, il Popolo diDio era invitato a riposare dai lavoriconsueti, a lasciare, grazie al calo deiconsumi abituali, che la terra si rige-nerasse e il mondo si risistemasse. Cioccorre oggi trovare stili equi e so-stenibili di vita, che restituiscano allaTerra il riposo che le spetta, vie disostentamento sufficienti per tutti,senza distruggere gli ecosistemi checi mantengono.

L’attuale pandemia ci ha portatiin qualche modo a riscoprire stili divita più semplici e sostenibili. La cri-si, in un certo senso, ci ha dato lapossibilità di sviluppare nuovi modi

di vivere. È stato possibile constatarecome la Terra riesca a recuperare sele permettiamo di riposare: l’aria èdiventata più pulita, le acque piùtrasparenti, le specie animali sono ri-tornate in molti luoghi dai quali era-no scomparse. La pandemia ci hacondotti a un bivio. Dobbiamosfruttare questo momento decisivoper porre termine ad attività e finali-tà superflue e distruttive, e coltivarevalori, legami e progetti generativi.Dobbiamo esaminare le nostre abitu-dini nell’uso dell’energia, nei consu-mi, nei trasporti e nell’alimentazio-ne. Dobbiamo togliere dalle nostreeconomie aspetti non essenziali enocivi, e dare vita a modalità frut-tuose di commercio, produzione etrasporto dei beni.

4. Un tempo per riparare

Il Giubileo è un tempo per ripara-re l’armonia originaria della creazio-ne e per risanare rapporti umanic o m p ro m e s s i .

Esso invita a ristabilire relazionisociali eque, restituendo a ciascunola propria libertà e i propri beni, econdonando i debiti altrui. Non do-vremmo perciò dimenticare la storiadi sfruttamento del Sud del pianeta,che ha provocato un enorme debitoecologico, dovuto principalmente aldepredamento delle risorse e all’usoeccessivo dello spazio ambientale co-mune per lo smaltimento dei rifiuti.È il tempo di una giustizia riparati-va. A tale proposito, rinnovo il mioappello a cancellare il debito deiPaesi più fragili alla luce dei graviimpatti delle crisi sanitarie, sociali edeconomiche che devono affrontare aseguito del Covid-19. Occorre pureassicurare che gli incentivi per la ri-presa, in corso di elaborazione e diattuazione a livello mondiale, regio-nale e nazionale, siano effettivamen-te efficaci, con politiche, legislazionie investimenti incentrati sul bene co-mune e con la garanzia che gli

obiettivi sociali e ambientali globalivengano conseguiti.

È altresì necessario riparare la ter-ra. Il ripristino di un equilibrio cli-matico è di estrema importanza, dalmomento che ci troviamo nel mezzodi un’emergenza. Stiamo per esauri-re il tempo, come i nostri figli e igiovani ci ricordano. Occorre faretutto il possibile per limitare la cre-scita della temperatura media globa-le sotto la soglia di 1,5 gradi centi-gradi, come sancito nell’Accordo diParigi sul Clima: andare oltre si rive-lerà catastrofico, soprattutto per lecomunità più povere in tutto il mon-do. In questo momento critico è ne-cessario promuovere una solidarietàintra-generazionale e inter-generazio-nale. In preparazione all’imp ortanteSummit sul Clima di Glasgow, nelRegno Unito (COP 26), invito cia-scun Paese ad adottare traguardi na-zionali più ambiziosi per ridurre leemissioni.

Il ripristino della biodiversità è al-trettanto cruciale nel contesto di unascomparsa delle specie e di un de-grado degli ecosistemi senza prece-denti. È necessario sostenere l’app el-lo delle Nazioni Unite a salvaguar-dare il 30% della Terra come habitatprotetto entro il 2030, al fine di argi-nare l’allarmante tasso di perditadella biodiversità. Esorto la Comuni-tà internazionale a collaborare pergarantire che il Summit sulla Biodi-versità (COP 15) di Kunming, in Ci-na, costituisca un punto di svoltaverso il ristabilimento della Terra co-me casa dove la vita sia abbondante,secondo la volontà del Creatore.

Siamo tenuti a riparare secondogiustizia, assicurando che quantihanno abitato una terra per genera-zioni possano riacquistarne piena-mente l’utilizzo. Occorre proteggerele comunità indigene da compagnie,in particolare multinazionali, che, at-traverso la deleteria estrazione dicombustibili fossili, minerali, legna-me e prodotti agroindustriali, «fan-no nei Paesi meno sviluppati ciò che

non possono fare nei Paesi che ap-portano loro capitale» (LS, 51). Que-sta cattiva condotta aziendale rap-presenta un «un nuovo tipo di colo-nialismo» (SAN GI O VA N N I PAOLO II,Discorso alla Pontificia Accademia del-le Scienze Sociali, 27 aprile 2001, cit.in Querida Amazonia, 14), che sfruttavergognosamente comunità e Paesipiù poveri alla disperata ricerca diuno sviluppo economico. È necessa-rio consolidare le legislazioni nazio-nali e internazionali, affinché regoli-no le attività delle compagnie diestrazione e garantiscano l’accessoalla giustizia a quanti sono danneg-giati.

5. Un tempo per rallegrarsi

Nella tradizione biblica, il Giubi-leo rappresenta un evento gioioso,inaugurato da un suono di trombache risuona per tutta la terra. Sap-piamo che il grido della Terra e deipoveri è divenuto, negli scorsi anni,persino più rumoroso. Al contempo,siamo testimoni di come lo SpiritoSanto stia ispirando ovunque indivi-dui e comunità a unirsi per ricostrui-re la casa comune e difendere i piùvulnerabili. Assistiamo al gradualeemergere di una grande mobilitazio-ne di persone, che dal basso e dalleperiferie si stanno generosamenteadoperando per la protezione dellaterra e dei poveri. Dà gioia vederetanti giovani e comunità, in partico-lare indigene, in prima linea nel ri-spondere alla crisi ecologica. Stannofacendo appello per un Giubileodella Terra e per un nuovo inizio,nella consapevolezza che «le cosepossono cambiare» (LS, 13).

C’è pure da rallegrarsi nel consta-tare come l’Anno speciale di anni-versario della Laudato si’ stia ispiran-do numerose iniziative a livello loca-le e globale per la cura della casacomune e dei poveri. Questo annodovrebbe portare a piani operativi alungo termine, per giungere a prati-care un’ecologia integrale nelle fami-glie, nelle parrocchie, nelle diocesi,negli Ordini religiosi, nelle scuole,nelle università, nell’assistenza sani-taria, nelle imprese, nelle aziendeagricole e in molti altri ambiti.

Ci rallegriamo anche che le comu-nità credenti stiano convergendo perdare vita a un mondo più giusto, pa-cifico e sostenibile. È motivo di par-ticolare gioia che il Tempo del Crea-to stia diventando un’iniziativa dav-vero ecumenica. Continuiamo a cre-scere nella consapevolezza che tuttinoi abitiamo una casa comune inquanto membri della stessa famiglia!

Rallegriamoci perché, nel suoamore, il Creatore sostiene i nostriumili sforzi per la Terra. Essa è an-che la casa di Dio, dove la sua Paro-la «si fece carne e venne ad abitarein mezzo a noi» (Gv 1,14), il luogoche l’effusione dello Spirito Santocostantemente rinnova.

“Manda il tuo Spirito, Signore, erinnova la faccia della terra” (cfr Sal104,30).

Roma, San Giovanni in Laterano,1° settembre 2020

L’intenzione per il mese di settembre

Rispetto per le risorse del pianeta«No al saccheggio, sì alla condivisione».È il forte invito di Francesco in occasionedella Giornata mondiale di preghiera perla cura del creato e a cinque anni dallapubblicazione della Laudato sì’. Nel videodella Rete mondiale di preghiera del Papadedicato all’intenzione per mese di settem-bre — sul tema «Rispetto per le risorse delpianeta» — il Pontefice esorta appunto apregare affinché «le risorse del pianetanon vengano saccheggiate, ma condivisein modo equo e rispettoso».

Nel breve filmato — diffuso lunedì po-meriggio, 31 agosto — scorrono le immagi-ni che illustrano situazioni di sfruttamentointensivo delle risorse naturali, a comincia-re da quelle del sottosuolo e da quelle fo-restali. Immediato è il rimando all’Amaz-

troppo tardi: «Oggi, non domani, oggi, dobbiamoprenderci cura del Creato con responsabilità».

Scorrono ancora nel video le immagini di ciminiereche con i loro fumi neri avvelenano l’aria. E si vedonobaraccopoli che i cambiamenti climatici rendono ognigiorno più fragili e precarie per chi è costretto a viver-ci. Il filmato termina con la sigla di un accordo tra unuomo d’affari e un rappresentante di un popolo delSud America. Questa volta il contratto per l’utilizzodelle risorse è equo e solidale.

Diffuso come di consueto attraverso il sito internetwww.thepopevideo.org, il filmato tradotto in nove lin-gue è stato creato e prodotto dalla Rete mondiale dipreghiera del Papa in collaborazione con l’agenzia LaMachi e il Dicastero per la comunicazione.

zonia e a tutto il suo indotto. Si vedono trattori e mez-zi pesanti che prelevano forse metalli da inviare all’in-dustria dei Paesi sviluppati. La voce del Papa si levachiara e vigorosa: «Stiamo spremendo i beni del piane-ta. Spremendoli, come se si trattasse di un’arancia».Infatti, «Paesi e imprese del Nord si sono arricchitisfruttando doni naturali del Sud, generando un “debi-to ecologico”». Un interrogativo nasce spontaneo:«Chi pagherà questo debito?».

Le parole del Pontefice suscitano poi un’altra rifles-sione: «Il “debito ecologico” — ricorda — aumentaquando le multinazionali fanno fuori dal loro Paesequello che nel proprio non è permesso. Fa indignare».Per questo Francesco invita ad agire prima che sia

Progetti e iniziative per difedendereinsieme la “casa comune”

Il messaggio di Papa Francescosulla Giornata mondiale di pre-ghiera per la cura del creato è unevento di apertura del “Tempo delc re a t o ”, una celebrazione ecumeni-ca annuale di preghiera e azioneper la “casa comune”.

Nel 2019 Papa Francesco ha dif-fuso il suo primo messaggio suquesto tempo. E quest’anno monsi-gnor Bruno-Marie Duffé, segreta-rio del Dicastero per il servizio del-lo sviluppo umano integrale, ha re-datto una lettera nella quale invitatutti i cattolici, e in particolare i ve-scovi, a partecipare al “Tempo delc re a t o ” come parte dell’anno spe-ciale promosso nel quinto anniver-sario dell’enciclica Laudato si’.

In particolare, dieci conferenzeepiscopali — tra le quali quelle diAsia, Africa orientale, Europa, Ir-landa, Italia e Filippine — hannogià sostenuto questo particolaretempo attraverso alcuni dichiara-zioni.

Il tema suggerito per la celebra-zione di quest’anno è «Giubileoper la Terra». In questo contesto icristiani sono invitati a svilupparemodi radicalmente nuovi di viverecon il creato. E così centinaia dieventi si svolgeranno durante que-sto tempo, che va dal 1° settembreal 4 ottobre, festa di san Francesco.

Oltre agli eventi locali, ancheuna serie di appuntamenti onlineaiuteranno a riflettere sui temi cen-trali dell’iniziativa e sulla loro rela-zione con le crisi odierne.

A fare da bussola spirituale c’èsicuramente l’intenzione di pre-ghiera di Papa Francesco per il me-se di settembre e per il “Tempo delc re a t o ”: «Le risorse del pianetanon saranno saccheggiate, ma con-

divise in modo giusto e rispetto-so».

Il Movimeno cattolico mondialeper il clima ha messo a punto unprogramma denso di appuntamen-to. Il 1° settembre si è svolto un in-contro ecumenico di preghieraonline, guidato da giovani che han-no esortato gli adulti ad agire ades-so per il bene della casa comune.Per il 2 settembre, invece, il tema è«una giusta transizione per l’Asiadel Pacifico e l’Oceania». Il 10 set-tembre si parlerà di «rifornirel’Africa attraverso investimenti eti-ci». Quindi il 17 e 18 settembre sa-rà la volta di una riflessione sulla«giusta transizione per l’Americalatina, il continente della speran-za». Seguirà, il 24 settembre, unariflessione sulla «responsabilità del-le nazioni europee verso i loro cit-tadini e verso il mondo».