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Rita Auriemma, Valentina Degrassi, Dario Gaddi, Paola Maggi CANALE ANFORA: UNO SPACCATO SULLE IMPORTAZIONI DI ALIMEN TI AD AQUILEIA TRA I E III SECOLO D.C. 1. PREMESSA * Un ben noto passo di Strabone (V, 1, 8) sottolinea il ruolo di emporio assunto da Aquileia, città che era il fulcro di ingenti scambi commerciali, ma senza dubbio anche importante centro di consumo delle principali derrate alimentari: ne sono la prova le nume- rosissime anfore rinvenute fin dai primi scavi e ora conservate nei magazzini del Museo, spesso integre perché riutilizzate in molteplici modi dopo essere state svuotate del loro contenuto o presenti frammentarie nei contesti indagati più di recente, sia nelle abitazioni, sia nell'area portuale 1 Molti rinvenimenti sono ancora in attesa di una pubblicazione esau- stiva ed è pertanto difficile ricostruire un quadro complessivo delle importazioni proprio per questo è sembrato importante propoe uno, seppur parziale, alla luce dei dati emersi dallo scavo effettuato nel 2004/2005 in un piccolo tratto di Canale Anfora 2 . Canale Anfora è oggi un corso d'acqua che si stacca dal fiume Terzo e con andamento rettilineo Nord Est - Sud Ovest si dirige verso l'area in cui i fiumi Aussa e Corno sfociano nella laguna di Grado e Marano. Perfettamente orientato con la centuriazione aquileiese, è univocamente ritenuto un'opera romana connessa alle prime operazioni di organizzazione dell'agro cittadino, con funzione sia di principale canale scolmatore delle acque di superfi- cie, sia di via d'acqua, integrata nel complesso sistema idrografico e portuale aquileiese 3 Nel 1988 in occasione di lavori del Consorzio di Bonifica per l'approndimento di un fosso scolmatore in una zona occupata da terreni agricoli tra il fiume Terzo e le mura occi- dentali di Aquileia, circa a 400 m da queste e in prolungamento verso la città con il tratto ancora esistente del canale, fu intercettato l'antico alveo: l'eccezionalità e l'abbondanza dei ritrovamenti, tra i quali i resti di un'imbarcazione cucita, indussero la Soprintendenza a bloccare i lavori, senza che l'opera venisse portata a termine 4 . Lo scavo è stato ripreso nel 2004-2005, portando alla realizzazione completa del sso scolmatore: le indagini hanno * Il lavoro che qui si presenta si deve anche a Stefania Pesavento Mattioli, che con pazienza, rigore e grande disponibilità ha coordinato il gruppo di studio dei reperti anforari di Canale Anfora. A lei va un sentito ringraziamento da parte di noi tutti. Per i materiali da scavi recenti, cf r . CARRE 2007; CEAZZI, DEL BRUSCO 2007; RoussE 2007; Ru- BINICH, BRAIDOTTI 2007; BRAIDOTTI 2010; T1uss1 2010; BUENO, MANTOVANI, NOVELLO 2012; DoBREVA 2013; DOBREVA 2012; DOBREVA 2014; CEAZZI, DEL BRUSCO 2014. 2 Ai risultati dello scavo e all'analisi dei reperti è dedicato un volume monografico i prossima pubblicazione: Materiali per Aquileia c.s. 3 Ipotesi avanzata già da KANDLER 1869-70. C. poi MAGGI, ORIOLO 1999, pp. 112-114; CARRE, MASELLI SCOTTI 200 I; ARNAUD-FASSETTA et alii 2003a; ARNAUD-FASSETTA et alii 2003b; CARRE 2004; CARRE 2008; GROH 2011. 4 BERTACCHI 1990. 379

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Rita Auriemma, Valentina Degrassi, Dario Gaddi, Paola Maggi

CANALE ANFORA: UNO SPACCATO SULLE IMPORTAZIONI DI ALIMENTI AD AQUILEIA TRA I E III SECOLO D.C.

1. PREMESSA *

Un ben noto passo di Strabone (V, 1, 8) sottolinea il ruolo di emporio assunto da Aquileia, città che era il fulcro di ingenti scambi commerciali, ma senza dubbio anche importante centro di consumo delle principali derrate alimentari: ne sono la prova le nume­rosissime anfore rinvenute fin dai primi scavi e ora conservate nei magazzini del Museo, spesso integre perché riutilizzate in molteplici modi dopo essere state svuotate del loro contenuto o presenti frammentarie nei contesti indagati più di recente, sia nelle abitazioni, sia nell'area portuale 1• Molti rinvenimenti sono ancora in attesa di una pubblicazione esau­stiva ed è pertanto difficile ricostruire un quadro complessivo delle importazioni proprio per questo è sembrato importante proporne uno, seppur parziale, alla luce dei dati emersi dallo scavo effettuato nel 2004/2005 in un piccolo tratto di Canale Anfora 2

.

Canale Anfora è oggi un corso d'acqua che si stacca dal fiume Terzo e con andamento rettilineo Nord Est - Sud Ovest si dirige verso l'area in cui i fiumi Aussa e Corno sfociano nella laguna di Grado e Marano. Perfettamente orientato con la centuriazione aquileiese, è univocamente ritenuto un'opera romana connessa alle prime operazioni di organizzazione dell'agro cittadino, con funzione sia di principale canale scolmatore delle acque di superfi­cie, sia di via d'acqua, integrata nel complesso sistema idrografico e portuale aquileiese 3

Nel 1988 in occasione di lavori del Consorzio di Bonifica per l'approfondimento di un fosso scolmatore in una zona occupata da terreni agricoli tra il fiume Terzo e le mura occi­dentali di Aquileia, circa a 400 m da queste e in prolungamento verso la città con il tratto ancora esistente del canale, fu intercettato l'antico alveo: l'eccezionalità e l'abbondanza dei ritrovamenti, tra i quali i resti di un'imbarcazione cucita, indussero la Soprintendenza a bloccare i lavori, senza che l'opera venisse portata a termine 4

. Lo scavo è stato ripreso nel 2004-2005, portando alla realizzazione completa del fosso scolmatore: le indagini hanno

* Il lavoro che qui si presenta si deve anche a Stefania Pesavento Mattioli, che con pazienza, rigoree grande disponibilità ha coordinato il gruppo di studio dei reperti anforari di Canale Anfora. A lei va un sentito ringraziamento da parte di noi tutti.

Per i materiali da scavi recenti, cfr. CARRE 2007; CEAZZI, DEL BRUSCO 2007; RoussE 2007; Ru­BINICH, BRAIDOTTI 2007; BRAIDOTTI 2010; T1uss1 2010; BUENO, MANTOVANI, NOVELLO 2012; DoBREVA 2013; DOBREVA 2012; DOBREVA 2014; CEAZZI, DEL BRUSCO 2014.

2 Ai risultati dello scavo e all'analisi dei reperti è dedicato un volume monografico cli prossima pubblicazione: Materiali per Aquileia c.s.

3 Ipotesi avanzata già da KANDLER 1869-70. Cfr. poi MAGGI, ORIOLO 1999, pp. 112-114; CARRE,MASELLI SCOTTI 200 I; ARNAUD-FASSETTA et alii 2003a; ARNAUD-FASSETTA et alii 2003b; CARRE 2004; CARRE 2008; GROH 2011.

4 BERTACCHI 1990.

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intercettato parte della sponda meridionale e una porzione dell'alveo, mentre la sponda settentrionale rimane al di sotto dei vigneti prospicenti 5

.

L'analisi delle sequenze stratigrafiche e la cronologia dei materiali hanno permesso di ricostruire le fasi di vita e di inten-amento del corso d'acqua (fig. 1): per quanto riguarda il momento della sua realizzazione, si può solo dire che mancano testimonianze di manufatti anteriori alla metà del I secolo d.C. Dall'età flavia alla fine del m secolo il canale dovette continuare ad essere utilizzato (I fase), ma progressivamente nel suo fondo si accumularono diversi strati di sedimenti naturali, che inglobarono i materiali di origine antropica, caduti o intenzionalmente gettati al suo interno. In seguito, quasi certamente in rapporto con latrasformazione urbanistica dei quartieri occidentali, si attuò la sua completa obliterazione(II fase), ottenuta con una notevole quantità di materiali di riporto e di macerie edilizie,probabilmente provenienti dalle zone vicine; dal IV secolo il tratto di canale più prossimoalla città non esisteva più e l'area era occupata da suoli agricoli (III fase) 6

.

Numerosissime sono le classi di materiali recuperate: non solo manufatti ceramici, ma anche e soprattutto parti di mobilio in legno, resti faunistici (oltre 2000) ed elementi vegetali. Sul fondo del canale erano presenti tre alberi interi e moltissimi rami, foglie, resti dello sfalcio dell'erba, semi e noccioli di frutta, oggetti in cuoio, anfore intere e un'altra porzione di imbarcazione cucita 7

.

In questa sede ci soffermeremo sui dati più significativi circa le importazioni delle principali den-ate alimentari che erano commercializzate in anfore, cioè vino, olio e prodotti della lavorazione del pesce. L'arco cronologico preso in esame corrisponde ovviamente a quello della vita del canale e del suo interramento e i dati andranno in seguito confrontati con quelli di altri ritrovamenti diversamente datati per ottenere un quadro più completo.

2. LE ANFORE E LE IMPORTAZIONI DI DERRATE ALIMENTARI

Le anfore, con quasi 3000 frammenti notevoli rappresentano una parte particolar­mente rilevante tra i materiali rinvenuti e testimoniano nel loro complesso importazioni dalle principali zone produttive del Mediterraneo (fig. 2). Come appare dai grafici (figg. 3-5), durante i quasi tre secoli nei quali il canale fu attivo gli arrivi di contenitori italicierano maggioritari, ma quasi paritetici a quelli prodotti nel Mediterraneo orientale, mentrepressoché irrilevanti erano gli apporti dalle province occidentali. Questi ultimi risultano piùconsistenti nella fase di interro, mentre invariato rimane il rapporto tra produzioni italiche

Lo scavo, sostenuto finanziariamente dal Consorzio di Bonifica della Bassa Friulana, è stato ese­guito, sotto la direzione scientifica di Franca Maselli Scotti, dalla ditta Itinera con la partecipazione degli archeologi Luciana Mandruzzato e Dario Gaddi. Dati preliminari in: MASELLI SCOTTI 2005; MASELLI Scorri 2014, pp. 322-326.

6 Per gli interventi di riassetto del quartiere occidentale cfr. GROH 2011. Per un'anahsi più dettaglia­ta dello scavo, delle tecniche costruttive del canale e della sequenza stratigrafica si rimanda a D. GADDI, Lo scavo e la ricostruzione delle fasi di vita del Canale Anfora, in Materiali per Aquileia c.s.

7 Per le analisi sedimentologiche, archeobotaniche e archeozoologiche cfr. rispettivamente: R. MA­Rocco e R. MELIS, Caratteri sedimentologici e microfaunistici dei depositi dello scavo; M. ROTTOLI, L'am­biente e l'agricoltura ad Aquileia: le indicazioni fornite dai macroresti botanici di Canale Anfora; S. 01 MARTINO, P. DoNDOLIN, P. ANDREATTA, Resti faunistici, in Materiali per Aquileia c.s.

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6

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Interventi moderni XX secolo

Fase I Imbonimento naturale del letto del canale Età flavia - fine III secolo d.C.

Scavo del canale Età flavia

Fase O

Argille Steri li

Fig. I. Aquileia, Canale Anfora, diagramma stratigrafico dello scavo con la periodizzazione.

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anfore iberiche

anfore africane

anfore orientali

anfore italiche

D 6,7%

1 n,7%

47,1%

Fig. 2. Aquileia, Canale Anfora, rapporto percentuale delle presenze in base all'area cli produzione.

produzioni galliche I 0,1 %

produzioni iberiche D 4%

produzioni africane D 4%

produzioni orientali

produzioni italiche

Fig. 3. Aquileia, Canale Anfora, le presenze nella l fase.

produzioni iberiche D 7%

produzioni africane!'--____ _,

produzioni orientali

produzioni italiche

18%

Fig. 4. Aquileia, Canale A1�/ora, le presenze nella Il fase.

produzioni iberiche D 7%

produzioni africane .__ ________ ___, 36%

produzioni orientali

produzioni italiche 32%

Fig. 5. Aquileia, Canale Anfora, le presenze nella lii fase.

382

54,9%

41%

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e produzioni orientali, come anche nell'ultima fase, quando, tuttavia, si assiste a un deciso aumento di importazioni dall'Africa.

Va premesso all'analisi delle derrate trasportate che non sempre è stato possibile un preciso riconoscimento del contenuto, problema peraltro oggetto delle ricerche e del dibattito più recente, alla luce anche delle testimonianze fornite da analisi chimiche sempre più approfondite, spesso discordanti con quanto si dava come acquisito, e delle molteplici indicazioni di riuso suggerite dai tituli picti 8• La difficoltà è risultata evidentein particolare per molte delle anfore provenienti dal Mediterraneo orientale, ma in diversi casi una chiave interpretativa è stata fornita dalla situazione deposizionale: il progressivo interramento del canale ha prodotto infatti un ambiente anaerobico, idoneo non solo alla conservazione di materiali organici e di abbondanti resti vegetali, ma anche dell'impe­ciatura interna delle anfore, associabile a un contenuto vinario o al trasporto di derivati dalla lavorazione del pescato 9.

Le stesse peculiari condizioni di giacitura dei manufatti hanno determinato dei pro­cessi chimico-fisici che in molti casi hanno portato all'alterazione delle caratteristiche originarie degli impasti e in particolare a un netto viraggio cromatico 10; in tal modo sono venute meno, soprattutto per certe produzioni di anfore come quella italica, le possibilità di identificare le aree di provenienza sulla base dell'analisi autoptica dei corpi ceramici.

2.a. Dalla penisola italica e dall'Istria

2.a.l. VinoLe importazioni di derrate dalla penisola italica e dall'Istria occupano, come era da

immaginarsi, circa la metà dei totali in tutte le fasi (figg. 3-5) 11• All'interno del gruppo leanfore destinate alla commercializzazione del vino rappresentano quasi il 41 %.

La cronologia della prima fase spiega le scarse attestazioni di vini adriatici contenuti nelle anfore Dressel 6A, la cui produzione si arresta al 60 d.C. circa. Poco più numerose sono le Dressel 2-4, alcune delle quali anche di origine tirrenica, che circolano ancora agli inizi del II secolo d.C.

Il consumo di vini di area adriatica subisce un'impennata tra la fine del I e il III secolo: lo testimonia l'ingente numero di anfore a fondo piatto, che dimostra, in particolare, una notevole richiesta da parte del mercato aquileiese delle produzioni vinicole del territorio romagnolo. I dati quantitativi relativi alle presenze nel canale di anfore di Forlimpopoli

La problematica è stata ampiamente discussa nel recente convegno Roman Amphora Contents lnternational lnteractive Conference (RACIIC). Ref/.ecting on Maritime Tracie of Foodstuffs in Antiquity, tenutosi a Cadi ce dal 5 al 7 ottobre 20 I 5.

9 Recenti studi hanno dimostrato che un'impeciatura sottile doveva essere effettuata anche per impermeabilizzare le anfore olearie, ma l'olio ne provoca il dissolvimento, motivo per cui è indivi­duabile solo tramite approfondite analisi chimiche: cfr. ad esempio GARNIER, SILVINO, BERNAL-CASASOLA 2011.

1° Cfr. L. MARITAN, M. SECCO, C. MAzzou, L. NODARJ, U. Russo, Forme e fasi dell'alterazione dei

materiali ceramici anforici: implicazioni sulla ricostruzione dell'ambiente di seppellimento, in Materiali per Aquileia c.s.

11 Cfr. D. GADDI e P. MAGGI, Anfore italiche, in Materiali per Aquileia c.s. (con contributi specifici dedicati alle anfore vinarie a cura di entrambi gli autori, alle anfore per olio e a quelle per salse di pesce a cura di P. Maggi e alle anfore da allume a cura di D. Gaddi).

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e di Santarcangelo 12 indicano, infatti, chiaramente un arrivo in massa di tali contenitori ad Aquileia in epoca medioimperiale e ne confermano la larghissima diffusione in ambito adriatico 13

; l'alta incidenza di attestazioni del contenitore più tardo prodotto nelle officine di Forum Popilii (tipo D) documenta la rilevanza e la continuità di questo flusso di impor­tazioni per tutto il III secolo 14

È interessante ricordare come su alcune anfore foropopiliensi compaiano dei titulipicti tracciati con carbone: scritte estremamente labili, apposte in coppia sul collo e sulla spalla, la cui conservazione è stata favorita dalle singolari condizioni di giacitura 15 (fig. 6). In esse si nota il ripetersi di uno stesso schema, che sembra riflettere una certa organizzazio­ne nella distribuzione commerciale del prodotto; risultano compresenti due numerali - uno compreso tra XII e XIV e l'altro maggiore (XXI-XXII)-, verosimilmente da identificare con due distinte indicazioni ponderali oppure con indicazioni di peso e di capacità. In due esempi il numerale è associato ad una sigla, la lettera M, il cui significato non è chiaro 16•

Fig. 6. Aquileia, Cana­le Anfora, contenitore a fon.do pialto tipo Forlim­popoli C con tituli picti XII M sul collo e XXII sulla spalla.

12 All'ampia famiglia dei contenitori di origine romagnola si riferiscono più di 450 individui, dato che corrisponde a quasi il 90% delle presenze di anfore vinarie italiche.

13 Per la circolazione delle anfore a fondo piatto romagnole lungo la sponda occidentale del!' Adria­tico cfr. AURIEMMA, DEGRASSI, QuIRI 2012, pp. 166-167.

14 Definizione e datazione dei tipi di Forlimpopoli in ALDINI l 989 e ALDINI 1995. Per il tipo Dunacollocazione cronologica tra metà II e m secolo è suggerita dal contesto della domus di Palazzo Diotallevi a Rimini: cfr. lANDOLI 2006, pp. ll4-l 15.

15 Si tratta di attestazioni eccezionali, poiché fino ad oggi non si conoscevano iscrizioni dipinte su contenitori a fondo piatto adriatici.

16 Tra le possibili interpretazioni, quella più immediata rimanderebbe all'unità di misura del mo­dius, ma sembra da scartare dal momento che il valore del volume risulterebbe eccessivo; si sarebbe quindi portati a pensare all'abbreviazione del nome del prodotto o, in alternativa, all'iniziale di un idionimo.

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Ad Aquileia, sempre trasportati m contenitori a fondo piatto, dovevano giungere vm1 anche dalle coste dell'Adriatico orientale, come attesta il ritrovamento, per quanto molto ridotto, di anfore prodotte negli ateliers di Loron 17, in Istria, e di Crikvenica 18

,

nella Liburnia settentrionale. Va in particolare richiamata l'attenzione sulle testimonianze relative all'importazione del vino libumico, prodotto che fino ad oggi sembrava avere una circolazione strettamente regionale 19•

Pochi esemplari di altre anfore a fondo piatto attestano l'afflusso di vini italici anche nella fase tarda: si tratta di vini siciliani come il Mamertinum e il Potulanum ricordati già da Plinio (Nat. Hist. XIV, 66), trasportati nei contenitori genericamente indicati come MRAl, a cui si riferiscono fornaci scoperte nell'area di Naxos in Sicilia

20, e del vino del Bruttium,

definito dalle fonti multum et optimum 21, contenuto nelle piccole anfore note sotto il nome di Keay LII 22•

2.a.2. OlioLe anfore dedite al trasporto dell'olio raggiungono il 45% dei contenitori italici.

Estremamente limitati sembrano gli arrivi di questa derrata dall'area medio-adriatica, testi­moniati da qualche Dressel 6B di fase altoimperiale e forse anche da alcune anfore con collo ad imbuto 23

• Il primato delle importazioni appartiene indiscutibilmente alla vicina penisola istriana ed è attestato da una massiccia presenza di anfore prodotte nei due grandi centri manifatturieri di Loron e di Fasana 24 durante il periodo in cui furono di proprietà impe­riale e soprattutto nella fase posteriore, fino almeno agli inizi del IV secolo d.C. 25

. Canale

17 Per la produzione di questo tipo di anfore nel complesso produttivo dell'agro di Parentium cfr. MARION, STARAC 2001, p. 120; MAGGI, MARION 2011, pp. 178-180.

18 Nell'offina di Crikvenica, presso la stazione stradale Ad Turres, vennero prodotte anfore di tradi­zione italica, sia a fondo piatto sia Dressel 2/4, tra la metà del I e la fine del II secolo d.C.: LLPOVAC VRKLJAN 2007; LIPOVAC VRKLJAN 2009; LIPOVAC VRKLJAN 2011.

19 LIPOVAC VRKLJAN 201], pp. 8 e 16. 20 Per un'ampia disamina delJe diverse varianti e della problematica tipologica, in rapporto anche

alle imitazioni in altre zone, cfr. Rizzo 2014, pp. 139-146. 21 Raccolta delle fonti in SANGINETO 2006, pp. 18-19. 22 SAGUÌ 1998, pp. 305-330. 23 Nel gruppo dei contenitori con collo ad imbuto, che costituiscono solo il 14% delJe anfore italiche

olearie, tutte le attestazioni rimandano al tipo I della classificazione elaborata da Stefania Mazzocchin, per il quale è suggerita una produzione sia sulla costa medioadriatica sia in Istria (MAZZOCCHIN 2009, pp. 198-200 e 202-203). Sebbene il riconoscimento delJ'area di origine delle anfore rinvenute nel canale sia dinorma inficiato dalle alterazioni subite dal corpo ceramico, va tuttavia notato che in tutti gli sporadici casi incui l'impasto conserva le sue caratteristiche originarie, queste sembrano riferibili alJa penisola istriana. Adun ambito medioadriatico pare invece riportare l'unico bollo documentato, relativo a C. lulius Marcellus;

esso compare, però, su un esemplare impeciato, per il quale resta dubbio un utilizzo, almeno originario, peril trasporto dell'olio.

24 La provenienza da questi due centri è testimoniata sia da alcune particolarità m01fologiche dei contenitori sia dai bolli; questi ultimi, ove risulta possibile l'identificazione dell'officina, rimandano tutti a Fasana o a Loron, ad eccezione del marchio TRAVL ET [CR]IS Il FEL, che sembra da riferire ad una produzione nell'agro tergestino.

25 Sono state inserite nella grande famiglia delle Dressel 6B anche numerose anforette - più di unacinquantina - che presentano una stretta somiglianza morfologica con i contenitori di grande formato, di cui sembrano rappresentare delle sottomisure, e che non mostrano tracce di impeciatura alJ'interno, a testimo-

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Anfora rappresenta uno dei primi contesti in cui si registra una quantità così rilevante di Dressel 6B tarde 26 e viene così a documentare una continuità della coltivazione dell'ulivo e della distribuzione commerciale dell'olio istriano, che in qualche modo si raccorda con le note raccomandazioni di Cassiodoro 27

.

2.a.3. Salse di pesceUno dei dati più significativi offerti dal contesto di Canale Anfora viene dal considere­

vole numero delle anforette (oltre 130 esemplari, pari al 10% circa delle produzioni italiche) che risultano identificabili come contenitori destinati alla commercializzazione dei prodotti della pesca dell'Adriatico soprattutto grazie al rivestimento interno di pece, sempre ben conservato in virtù della particolare situazione deposizionale 28.

La natura del contenuto è comprovata da alcuni tituli picti che precisano il nome della salsa: il liquamen; si tratta di scritte caratterizzate da una certa uniformità di formulario e da evidenti analogie, nell'impaginazione e nel tipo di scrittura, con i tituli delle anforette della nave di Grado, il che fa pensare a una struttura commerciale ben organizzata a monte. Di notevole interesse è in due casi l'indicazione LIQ AQVIL, ovvero la menzione di Aquileia quale luogo di produzione della merce trasportata 29 (fig. 7). Il riconoscimento dell'origine della derrata apporta una significativa testimonianza sulla collocazione degli impianti per la lavorazione del pescato nell'alto Adriatico, contribuendo a sciogliere, almeno in parte, una questione da tempo aperta 30 e confermando le informazioni tramandate dalle fonti antiche 31.

2.a.4. AllumeL'importazione dell'allume è testimoniata dalla presenza di alcune anfore di Lipari

e di Milos 32. Nelle fonti il termine alumen probabilmente si riferisce a divesi materiali di

nianza di un contenuto oleario. Per la definizione morfologica si rimanda a DEGRASS1, MAGGI, M1AN 2009; in generale sulle Dressel 6B cfr. il quadro di sintesi offerto da CIPRIANO 2009.

26 Rientrano in questo gruppo più di 300 esemplari, corrispondenti al 66% del totale delle Dressel 6B rinvenute.

27 Cfr. BuoNOPANE 2009, pp. 28-29. 28 Si tratta del rinvenimento di anforette adriatiche da pesce quantitativamente più consistente dopo

quello effettuato sul relitto della nave naufragata al largo di Grado verso la metà del II secolo d.C., contesto che per primo ha reso evidente la destinazione funzionale del tipo anforario: AuRJEMMA 2000, pp. 34-37; AuRJEMMA, PESA VENTO MATTI OLI 2009. Per una recente e puntuale sintesi delle caratteristiche di questa fanti­glia tipologica si rimanda a CARRE, PESAVENTO MATTIOLI, BELOTTI 2009, pp. 221-234.

29 Appare poco probabile, anche se non va del tutto esclusa, l'ipotesi che l'indicazione si riferisca al luogo di destinazione del prodotto, in considerazione di quanto sappiamo normalmente veniva esplicitato nelle scritte dipinte sulle anfore da pesce (si pensi ai casi meglio noti dei contenitori iberici).

3° Come recentemente evidenziato, nel nord Adriatico i dati archeologici relativi alla presenza di

strutture per la lavorazione sono finora piuttosto labili e non consentono l'identificazione di officine dedite all'attività ittico-conserviera: BusANA, D'INCÀ, FORTI 2009.

31 Per una disamina delle fonti letterarie relative alla lavorazione del pesce nell'area adriatica cfr.BuoNOPANE 2009. In particolare va richiamata l'attenzione sul famoso passo di Strabone che descrive la funzione emporiale di Aquileia (Strab. V, 1, 8), dove compare l'espressione i:a Ex l;aÀai:i:11ç che, secondo una linea interpretativa, potrebbe indicare i prodotti ittici e i loro derivati e suggerire che il loro confezio­namento avvenisse proprio ad Aquileia o nelle zone litoranee limitrofe.

32 Cfr. infra, p. 394.

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Fig. 7. Aquileia, Canale Anfora, anforetta con ti­tulus pictus LIQ 1 AQVIL / XVIII sul collo.

origine minerale e non solo al solfato doppio di alluminio e potassio proveniente da varie località del Mediterraneo (Egitto, Asia minore, isole Eolie e isola di Milo). L'allume era utilizzato nella lavorazione di lane e pelli. Esso serviva quale mordente, cioè per fissare alle fibre i coloranti vegetali o animali. Era anche utilizzato per la concia, cioè per rendere imputrescibili le pelli e per trasformarle in cuoio. È probabile che l'allume servisse anche per le operazioni di finissaggio di tutte le pelli variamente conciate, per ammorbidire e lisciare il cuoio o come mordente per poi tingerlo 33

2.b. Dalle province occidentali

2.b.l. lmportazioni africaneLe importazioni dall'Africa proconsolare si dividono quasi equamente tra vino, olio

e salsamenta 34; tra di esse vanno ricordati anche alcuni esemplari bollati riconducibili alle

note produzioni di Sullectum!Salakta in Tunisia 35. Gli arrivi dall'Africa ben si raccordano

con le massicce presenze a Aquileia di ceramica ivi prodotta 36.

33 Per una sintesi sull'allume e il suo utilizzo nelle diverse fasi dei processi di lavorazione dellalana e del cuoio vd. Alun de Méditerranée 2005. Per la presenza di anfore da allume a Padova si rimanda a PESAVENTO MATTIOLI 2011, pp. 369-388, con bibliografia precedente.

34 Cfr. D. GADDI, Arifore del Mediterraneo occidentale, in Materiali per Aquileia c.s. 35 Per una sintesi sulle produzioni africane vd. BoNIFAY 2004: in particolare per le produzioni di

Salakta pp. 7-65 e 107-111. 36 Pur nella generale assenza di pubbJjcazioni d'insieme sui materiali ceramici provenienti dagli

scavi aquileiesi, i pochi dati editi confermano questa tendenza. Cfr. CARRE, ClPRlANO 1987; DEGRASSI, MAGGI 1991; DONAT 1994; DOBREVA 20ll, pp. 79-106.

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RITA AURIEMMA, VALENTINA DEGRASSI, DARIO GADDI, PAOLA MAGGI

Tra le altre produzioni africane, oltre ad alcune anfore tripolitane sia per il vino che per l'olio, si segnala l'abbondanza di frammenti delle anfore raggruppabili sotto la definizione generica Dressel 30 37, dal contenuto vinario, provenienti da una pluralità dicentri di produzione sia in Tunisia che in Mauretania. Da un punto di vista quantitativo la grande presenza di Dressel 30, insieme alle altre anfore vinarie, innalza notevolmente i valori delle importazioni del vino africano, che rappresentano quasi la metà degli arrivi dall'Africa.

2.b.2. Importazioni ibericheDalla penisola iberica provengono anfore vinarie, Dressel 30 betiche 38 e Lusitane

3 39, non molto abbondanti come nel resto della Venetia e dell'Adriatico settentrionale.

Stranamente poche (6 frammenti) sono anche le attestazioni di olio trasportato nelle Dressel 20, che pure nella Venetia sono praticamente presenti solo a Aquileia 40: il fabbisogno olea­rio della popolazione aquileiese era soddisfatto dal più agevole arrivo dell'olio istriano 41 e Aquileia poteva servire come centro di redistribuzione verso le province.

Più numerose le anfore da pesce, attestate soprattutto in tutte le fasi tarde, con una provenienza dalla lontana Lusitania oltre che dalla Betica 42. Anche per i prodotti dellalavorazione del pescato, come forse per l'olio, i prodotti iberici risentono della fortissima concorrenza di quelli istriani e sono destinati a soddisfare le richieste di ristrette élites che potevano permettersi prodotti di nicchia 43.

2.c. Dal Mediterraneo orientaleIl quadro delle importazioni dal Mediterraneo orientale è variegato e complesso 44

(figg. 8-9). Le anfore orientali sono circa il doppio rispetto alle produzioni africane e seconde solo alle italiche (figg. 2-5): tale consistenza, riscontrata anche in altri contesti (ad esempio a Roma nel Nuovo Mercato Testaccia), riflette una schiacciante preminenza di vini orientali, eterogenei per produzione e qualità, mentre meno significative sono le altre derrate, quali olio, prodotti della lavorazione del pescato, frutta, allume.

2.c.l. VinoLa presenza quantitativamente più consistente, sebbene molto diversificata e "sfac­

cettata" è quella delle anfore Dressel 2-4 e/o Dressel 2-5, che trasportavano il vino trattato

37 Sulla forma BoNIFAY 2004, pp. 148-15 l.38 Per l'i11dividuazione della forma e la sua definizione morfologica D1AS Droao, FARIA 1987, pp.

179-191.39 Per un'aggiornata quadro d'insieme vd. FABIAO 2004, pp. 379-410.40 Sulle presenze in Italia settentrionale vd. PESAVENTO MATTIOLI 2001, pp. 733-757. 41 Cfr. supra. 42 Sono preponderanti le Dressel 14 e le Almagro 51 c. In generale cfr. A,�foras Lusitéìnas 1990;

Figlinae Baeticae 2004. 43 Per una discussione più approfondita sulle presenze di anfore lusitane nell'Adriatico, spesso dif­

ficilmente distinguibili dalle betiche, rimandiamo a quanto proposto al convegno di Troia in Portogallo (In­ternational Congress on Lusitanian Amphorae - Production and Diffusi on, Troia, 10- l 3th October 2013), di prossima pubblicazione: GADDI, DEGRASSI c.s.

44 Cfr. R. AURJEMMA e V. DEGRASSI, A,ifore del Mediterraneo orientale, in Materiali per Aquileia c.s.

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CANALE ANFORA: UNO SPACCATO SULLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA TRA I E lii SECOLO D.C.

Dressel 2-5

Knossos A53

Knossos 1 9

Knossos 22

Knossos 23

Camulodunum 184

Mauretana 38

02,9%

□ 2,3%

I 0,2%

Dressel 25 D 1,0%

Anfora di Milos I 0,4%

Dressel 2-5 / tardorodia / tardocnidia j j 5 ,0%

Dressel 24 D 1,0%

Dressel 24D D 3 ,3%

Dressel 24A D 0,6%

Knossos 18 D 2,3%

Knossos 15 I 4,4%

18,2%

8,7%

12,7%

MRA3 20,3%

MRA 3 /LRA3 □ 2,1%

LR 3 I 0,2%

Dressel 2-4 I 4,2%

Fig. 8. Aquileia, Canale Anfora, anfore dall'area egea e microasiatica.

Egeo ed area microasiatica

Creta e Cirenaica

Cipro ed area levantina

Istro ed area pontica

Area non identificata

Anfore non identificate

□ 3,2%

� 0,7%

□ 2,9%

55,8%

21,9%

Fig. 9. Aquileia, Canale Anfora, rapporto percentuale delle anfore orientali in base all'area di provenien­za.

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RITA AURIEMMA, VALENTINA DEGRASST, DARIO GADDI, PAOLA MAGGI

con acqua di mare, conformemente alle allusioni letterarie sul vino di Cos, che Ateneo di Naucrati, tra la fine del II e l'inizio del III secolo d.C., ricorda in associazione con il vino di Mende, Cnido e Alicarnasso. La rotta adriatica era sicuramente preferenziale per que­ste (ed altre) produzioni egee, come attestano i numerosi carichi in cui figurano, e la serie di rinvenimenti isolati lungo le frastagliate coste illirico-dalmate; sono principalmente associate alle produzioni rodie e alle sigillate orientali, ma viaggiavano anche insieme a Lamboglia 2, o ad anfore medioadriatiche a fondo piatto, partecipi di un commercio di redistribuzione che coinvolge vari porti adriatici 45

.

Considerevoli erano la varietà e la qualità di vini del territorio di Efeso e della valle del Meandro, testimoniati da un titulus di Berenice, trasportati negli ephesia in cui proba­bilmente devono riconoscersi proprio i contenitori monoansati tipo MR 3 qui decisamente numerosi 46

. Anche per le più tarde LR 3 è stata avanzata l'ipotesi di un contenuto vinario, il caroenurn Moeoniurn citato nell'editto dei prezzi di Diocleziano.

Seguono, nella scala quantitativa, le produzioni tardorodie e di tradizione rodia - Ca­mulodunum 184, con indici di presenza estremamente significativi (oltre il 13% nell'am­bito delle produzioni orientali), in linea con quelli di altri contesti aquileiesi ma anche delle province occidentali, dove risultano i contenitori orientali più diffusi nel II secolo d.C. 47

. Come gli antecedenti ellenistici, anche le anfore di età imperiale erano infatti de­stinate al trasporto di vino, di qualità pregiata oppure medicinale 48

, anche se in un esem­plare integro dal relitto di Mlin, in Croazia, si è recuperata una notevole quantità di semidi fichi 49

. Un esemplare riferibile alla stessa tradizione manifatturiera, benché differentedalla forma canonica, è stato identificato con il tipo Knossos 25, secondo Opait destinatoal trasporto di prodotti della lavorazione del pesce 50

.

Tra le anfore di importazione cnidia, o Mau XXXVIII, che da sole costituiscono il 10% delle importazioni egeo-orientali (fig. 8), suscita particolare interesse il titulus µrÀ.av, chiaramente riferibile al vino o ad un suo derivato caratterizzato dall'aggiunta di miele 51

. La consumazione del noto passito, il protropurn cnidiurn, è del resto provata anche da un ulteriore esemplare recuperato nel pozzo occidentale del foro, il cui titulus, vergato su due righe di cui rimangono singole lettere: y ... voa// .... , rimanda alla vendita del vino dolce (yÀ.uxuç mvoa).

45 JURJSlè 2000, 14 e passim; AURJEMMA, SJLVESTRELLI 2013; AURJEMMA, DEGRASSI, Qu1RJ 2015; TARAS2015.

46 Il dato, oltre il 22% del complesso delle orientali, deve essere in realtà calibrato con l'alto gradodi frammentarietà di questi piccoli contenitori dalle pareti sottili.

47 PASCUAL BERLANGA, RIBERA I LACOMBA 2015 (contesti di Valentia).48 Un titulus pictus di Pompei menziona il vino passito di Rodi: cfr. Ostia III, pp. 557-558; TcHERNJA

1986, pp. 102-107. Questi contenitori condividono con le Dressel 2-4 e le Dressel 5 caratteristiche d'im­pasto e un tratto morfologico funzionale, il collo lungo e stretto, che plausibilmente, come ipotizza OPAJT 2010, p. 111, poteva accogliere il gas prodotto dalla fermentazione.

49 DuGONJJé 2015, anche per il quadro della distribuzione in Croazia.50 HAYES 1983, fig. 24, A66; OPAIT 2007, 104 e fig. 7; contenitori analoghi, con collo più tozzo del

tipo canonico e spalla appena accennata, costituiscono il carico del relitto di Traste in Montenegro: RoYAL 2005.

51 Ad esempio il mulsum o la melilite, ambedue prodotti ad alta gradazione alcoolica basati sull'ag­giunta di miele al mosto o al vino: DE' SIENA 2012, p. I 19.

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CANALE ANFORA: UNO SPACCATO SULLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA TRA I E lii SECOLO D.C.

Per quanto concerne Creta, i cui prodotti si attestano intorno al 16% (fig. 9), le prime esportazioni su vasta scala risalgono all'età augustea: a partire dal I secolo d.C. le testi­monianze letterarie, insieme con i tituli picti conservati sulle anfore, fanno riferimento ad una gamma piuttosto varia di vini e bevande derivate dall'uva: primo fra tutti il yÀuxuç o passum, particolarmente dolce, poi vini dal gusto invecchiato o bianchi, leggeri, indicati per un uso medicinale; si conosce anche un vino di pregio, il vino nobile di Eleutherna, segna­lato come athalàssos, cioè non alterato con acqua di mare, a differenza dei più scadenti che invece erano mescolati 52

. A questi si affiancavano i celebri mosti, noti come m:( yÀuxuç. Non molto numerose ma diversificate sono le importazioni levantine, che confermano

il coinvolgimento delle province di Phoenicia e Palestina nella rete commerciale aquileie­se di II e III secolo, già evidenziato da altri ritrovamenti e soprattutto dalle testimonianze epigrafiche circa vari personaggi originari di Berytus/Beirut. Una piccola percentuale di prodotti, pari al 3% del totale, testimonia dei contatti commerciali tra Aquileia e questo comparto commerciale comprendente anche, secondo una recente riesamina, Cipro e Cilicia (fig. 9). Va tuttavia sottolineata l'estrema frammentarietà degli esemplari recuperati a Canale Anfora che rende piuttosto difficoltosa l'attribuzione a forme precise: possiamo solo indiziare, quindi, l'importazione ad Aquileia dei famosi e rinomati vini di Beirut, Tiro, Amrit, Ashkelon, Caesarea, tra cui ricordiamo il "Biblino", un vino molto profumato, pro­dotto nella città di Byblos 53

.

Nel vino andrebbe identificato anche il contenuto delle anfore tipo Athenian Agora G 199, al quale allude una serie eterogenea di indizi, primi tra tutti i riferimenti pliniani al pas­sum della Cilicia 54 dalle virtù terapeutiche e lassative, aromatizzato con l'issopo. Un'altra candidata alla commercializzazione di questo prodotto è l'anfora tipo Athenian Agora M54: ad un contenuto vinario sembrerebbe infatti alludere una piccola ten-acotta conservata al Museo Benaki di Atene, che mostra un'anfora dalla silhouette molto simile al contenitore in questione, decorata con tralci e grappoli d'uva 55

. Non contrasta con questa supposizione la presenza di un'estesa impeciatura rinvenuta su un esemplare di Trieste, che peraltro non ne esclude l'uso nella commercializzazione anche del garum e derivati, secondo un'ipotesi espressa da A. Opait 56

. Per l'anfora Late Roman 1, forse il contenitore più noto prodotto in questo comparto geografico e capillarmente diffuso in area adriatica e cisalpina, è accertata una pluridestinazione d'uso: il contenuto principale è sicuramente il vino 57

, ma è ormai

52 Da notare che l'addizione di acqua di mare ad un mosto di buona qualità, lungi dal voler miglio­rare le qualità organolettiche del vino, rispondeva soprattutto ad esigenze pratiche: l'aggiunta di cloruro di sodio inibisce, infatti, la produzione di aceto batteri, migliorando la durata del prodotto e la sua stabilità durante i trasporti, DE' SIENA 2012, pp. J 14- J 15. Sui contenuti si veda anche la ricca documentazione epi­grafica offerta dai recenti rinvenimenti del Nuovo Mercato di Testaccia che, oltre ad illuminarci sulle dina­miche commerciali, nomina alcune tra le più note città produttrici, come Lyttos e Cantanos: CASARAMONA etalii2010,pp.116-199.

53 DE' SIENA 2012, p. 114.54 Plin. Nat. Hist. XIV, 81-82; 109 e ulteriori fonti. 55 AUTRET, MARANGOU 2011, p. 365, PI. 15, Fig. 5. 56 OPAJT 2007, pp. 104-105, Fig. 6. Un'altra ipotesi la vedrebbe impiegata nella commercializzazio­

ne della frutta, REYNOLDS 2005, p. 564. 57 REYNOLDS 2005, pp. 565-567: Paul Reynolds sottolinea il missing link delle produzioni deUa

Cilicia, tra Pompei 5 e le più antiche LR I, un gap che va dal 230 al 325 d.C.

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RITA AURIEMMA, VALENTINA DEGRASSI, DARIO GADDI, PAOLA MAGGI

acclarato un utilizzo secondario o un riutilizzo per aceto o olio di oliva (Siria settentrionale e Cipro), o olio di noce, e probabilmente per altri alimenti 58

.

Vini egeo-orientali o pontici potevano viaggiare anche nelle pochissime anfore Kapitan I e II rinvenute.

2.c.2. Olio e salagioniProduzioni tipologicamente molto diversificate e che coinvolgono probabilmente più

aree produttive sono da alcuni riunite in un'unica famiglia, quella delle Dressel 24. Studi recenti hanno avviato una precisazione che vede due linee evolutive o sequenze tipologiche; la prima prenderebbe avvio dalla Dressel 24 antica e si sviluppa nei tipi coevi Knossos I 8, Benghazi Mid Roman Amphora 18, eventualmente Dressel 24 "a lungo collo", inquadrabili tra i decenni centrali del II e la prima metà del III secolo, la cui produzione si dispiega lungo la costa orientale dell'Egeo, tra Eolia, Ionia, Caria (Erythrai, Chios, a Phygela (Yilanci bu­run), presso Ku§adasi, Mylasa e forse Kyme eolica) 59

. Per quanto concerne il contenuto, in letteratura è ritenuto probabile l'olio ma tra i prodotti secondari si richiamano le nocciole del Ponto e le salse di pesce dalla Ionia 60

, indiziate anche dall'impeciatura di pochi esemplari di Canale Anfora.

La seconda linea o serie tipologica, quantitativamente preminente, è invece rappresen­tata dal tipo Knossos 15/Athenian Agorà M235-327/Dressel 24 similis late, che si sviluppa dalla metà ciel III secolo ed evolverà dal IV secolo nella Late Roman 2 vera e propria. Oltre alla caratterizzazione morfologica, peculiarità di questo tipo è la costante impeciatura (che ricoLTe solo eccezionalmente negli altri tipi); il dato acquista un preciso significato, in rela­zione ad un esemplare con colature di pece, che reca sulla spalla un titulus pic­tus tracciato a pennello in inchiostro bruno: liquamen mattum (fig. JO). In ogni

Fig. IO. Aquileia, Canale A11fo­ra, titulus pictus LIQVAMEN MATTVM su Dressel 24 ( se­conda linea evolutiva, Knossos 15).

58 REYNOLDS 2005; la questione è ripresa anche in AuRJEMMA 2007, con bibliografia precedente.59 La recente scoperta dei relitti di Portolafia (Eubea) e Tourkolimano (Attica) con carichi di Dressel

24 I MRA 18 che viaggiano con esemplari isolati di Knossos A53 visualizza la rotta est-ovest proveniente dalla costa anatolica: cfr. VrouèKovfi. 2015.

60 Da ultimo Rizzo 2014, p. 322. La diffusione di questi contenitori lungo il limes danubiano èprobabilmente da porre in relazione con l'approvvigionamento di olio per le truppe, secondo il modello esperito con le Dressel 20 betiche.

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CANALE ANFORA: UNO SPACCATO SULLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA TRA I E lii SECOLO D.C.

caso, nelle ricostruzioni dei flussi, abbiamo considerato salagioni i contenuti delle MRA 18 e Knossos 15, e olio quello degli altri tipi.

Anche per l'anfora Dressel 25, di probabile produzione peloponnesiaca o corinzia 61, chemostra notevoli affinità con la famiglia precedente, il rivestimento di pece di un esemplare da Canale Anfora rimette in discussione la natura del contenuto, inteso solitamente come olio (in linea con la tradizione dei contenitori ovoidali di età tardorepubblicana a cui questa forma sembra ispirarsi), che può essere quindi più plausibilmente identificabile con salagioni.

L'area istro-pontica è rappresentata unicamente da presenze sporadiche riferibili a due produzioni, e in particolare ali' anfora di Sinope, forma Knossos 26/27 e al gruppo Knossos 34-35/ Zeest 72-73 e tipi affini, morfologicamente simile alla precedente ma prodotto per lopiù sulla costa settentrionale del Mar Nero 62. Per entrambi i gruppi rimane dubbia la questionedel contenuto. Strabone (II, 1, 15; XII, 3, 12) cita i fiorenti uliveti nel territorio di Sinope, econtrappesi di torchio a vite sono stati rinvenuti negli strati tardi di Dernirci, presso Sinope,dove sorgono le fornaci della forma Knossos 26/27; per l'altro gruppo, Opait sostiene- in basealle caratteristiche morfologiche, alla presenza di grandi fiumi e delta ricchi di grandi pesci ealla fioritura di impianti di salagione in età romana lungo la costa settentrionale del Mar Nero -che il contenuto fosse principalmente pesce sotto sale (e non salse di pesce).

Ancora discusso è anche il contenuto delle anfore Mid Roman 8, fabbricate sicura­mente in Cirenaica tra il II e la metà del III secolo d.C.: l'ipotesi che trasportassero olio è stata avanzata di recente sulla base della significativa coincidenza cronologica tra la loro abbondante diffusione nel settore nordorientale della penisola italiana e la notizia, riferita dal giurista Q. Cervidio Scevola nel Digesto, di un flusso commerciale di olio e grano tra la Cirenaica e Aquileia 63

. Tale flusso è confermato anche dall'iscrizione funeraria aquileiese che menziona un personaggio originario da Tauchira, l'odierna Tocra 64• Ma le fonti e i dati archeologici testimoniano per la Cirenaica anche altre produzioni di derrate, quindi l'olio resta solo una suggestiva ipotesi.

2.c.3. FruttaSolo pochi frammenti sono riconducibili alle note carrot amphorae, in particolare

Camulodunum 189 e l'anforetta Chalk 6, attestate ad Aquileia anche nel Po1to fluviale e nel pozzo occidentale del Foro 65. Molte perplessità permangono ancora sul prodotto commer­cializzato in queste anforette, prodotte in varie zone della Phoenice ma anche a Cipro ed in area istro-pontica 66: la forma affusolata e rit01ta e le cospicue tracce di resina che presentanoalcuni esemplari, in particolare di Camulodunum 189, hanno indotto A. Opait 67 a considerarlicontenitori per salsamenta, alle quali rimandano alcuni tituli picti 68

, ma non mancano autori

61 0PAIT 2009, pp. [55-156; BEZECZKY 2013, pp. 91-93. 62 Si veda da ultimo Rizzo 2014, pp. 346-352. 63 CARRE 2007, pp. 596-597 e nt. 57; BELOTTI 2008, p. 456: Dig. XIX 2, 61, l; Scaev. 7.64 lnscr. Aq. 3036 attesta la presenza in città di un personaggio nativo di Tauch.ira, una delle possi-

bili città collegate alla produzione delle anfore Mid Roman 8. 65 DEGRASSI, MAGGI 2011. 66 Rizzo 2014, pp. 340-341.67 0PAIT 2007, pp. 104-106. 68 YIPARD 1995, p. 66 s. con ampia riesamina delle fonti bibliografiche e dei tituli picti di Pompei; in

particolare il titulus XOQll, più volte ricorrente, viene sciolto come abbreviazione di xogu<j:>mva, un pesce

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RITA AURlEMMA, VALENTINA DEGRASSI, DARIO GADDI, PAOLA MAGGI

che li coinvolgono nella commercializzazione del vino 69 o, secondo la tendenza più recente, di frutta secca, identificandoli in paiticolare con i torta meta citati da Mai·ziale (Mart. Epigr. Xill, 28): i "coni ritorti", utilizzati alla stregua di caitocci d'argilla, nel trasporto dei fichi siTiani (cottana), di datteri (caryotae) e prugne secche (damascena) 70

2.c.4. AllumeDue puntali sono riconducibili ai contenitori per allume prodotti a Milo 71

, già a suo tempo identificati ad Aquileia 72• Essi confermano la vitalità di un circuito commerciale che, collegando la città nordadriatica con altre site lungo l'asse padano, si spingeva ulteriormen­te verso occidente a costituire quasi, uno spazio mai·ittimo dilatato lungo le vie d'acqua fluviali. L'anfora di Milos infatti, ben nota a Padova e a Oderzo, dove l'impiego dell'allume è stato ricondotto alla rinomata produzione di lane bianche della Valle Padana 73, è attestata- associata o in alternativa - alla "sorella" liparota Richborough 527 a Novara, a Cremona,Milano, Vercelli e Chieri (TO), nonché a Calvatone-Bedriacum. La diffusione di questocontenitore si spinge ulteriormente verso occidente: lo si ritrova, infatti, lungo il litoralefrancese e nella basse valle del Rodano.

3. IL QUADRO COMPLESSIVO E L'ANDAMENTO DELLE IMPORTAZIONI

I dati emersi dalla rassegna dei contenitori presenti nelle stratigrafie dello scavo di Canale Anfora sono da soli eloquenti per sottolineare ancora una volta l'apertura di Aquileia ai traffici provenienti da tutto il Mediterraneo e per evidenziare la varietà delle derrate giunte e consumate nella città. Pur nella consapevolezza che quanto offerto dallo scavo rappresenta solo un parziale campione, è inoltre possibile proporre una breve analisi dell'andamento delle importazioni di vino, olio e prodotti della lavorazione del pescato nelle tre macrofasi cronologiche individuate (figg. 11-13).

Agli arrivi di vini italici, rappresentati in netta prevalenza da quelli emiliani, non molto pregiati ma abbondanti e facili da commercializzare perché trasportati nelle anfore a fondo piatto, adatte soprattutto ai carichi per via fluviale o endolagunare, è ipotizzabile si possa affiancare anche il consumo di vino locale, la cui produzione è testimoniata dalle fonti, ma che poteva essere conservato in botti e smerciato in contenitori diversi 74. Un dato signifi-

mediterraneo di grande taglia, o, in alternativa, viene messo in relazione con il latino coryphium - greco x.ogv<jnov, piccolo gasteropode assimilato alla famiglia dei murex.

69 Si aggiunge oggi la preziosa testimonianza di un'anforetta Camulodunum l89 di Ercolano che harestituito tracce di vino all'interno: STEFANI 2005, p. 109, n. 14 l. Secondo Reynolds, nel panorama generale delle carrots amphorae impiegate nel trasporto di frutta secca (REYNOLDS 2005, pp. 567-572), l'anfora Athenian Agora M 334 sarebbe stata sempre vinaria: REYNOLDS et alii 20 IO, p. 77.

70 Riassume la questione Rizzo 2014, p. 341, con ampia bibliografia di riferimento.71 MARQU1Éetalii2005,p.201. 72 CARRE 2007, p. 589 (seconda metà del I secolo d.C., in associazione con Richborough 527). 73 Per Oderzo: CIPRIANO, FERRARlNI 2001, pp. 74-75; per Padova: CIPRIANO et ctlii 2005, p. 189, Fig.

4: variante 3 della seconda metà del I secolo d.C. 74 Plin. Nat. Hist. XIV, 8, 60; Erodiano 8, 4, 5 e 8, 6, 3. Per una possibile produzione aquileiese an­

che di anfore Dressel 6A, precedente rispetto alle fasi cronologiche cui si fa qui riferimento, cfr. PESAVENTO MATTIOLI 2007.

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CANALE ANFORA: UNO SPACCATO SULLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA TRA I E lll SECOLO D.C.

I fase: metà I - fine Ili d.C.

orientale

ibe.ico

africano

il:llico

50 100 15-0 200 250 JOO 350

II fase: fine IIl - lV d.C.

E.: w i, 100 120 l�O 400 O 20 '°

anfore iberiche 6%

Fig. 11. Aquileia, Canale Anfora, il consumo di vino.

I IMI 180

�-l_fa_s_e:_n_1e_tà_l_-_fi,_1e_r_11_d_.c_. -�I �I __ n_f_as_e:_fi_ne_._m_-_lV_d_.c_. -�

f.I

i o IO 20

IIJ fase: post IV d.C.

30 40 sO 60 70 8-0

anfore italiche 44%

lll fase: post IV d.C.

90 100

"':.::::�:, _I africano-· ..

italico � J 11 UJJ.JSJJ.J1J�.JOJ.tiJ.WJ O 50 100 ISO 200 2SU 300 350 400 O 20 40 60 80 100 120 1-10 160 180 O 20 40 (,O SO 100 120 UO 1<.0 180

anfore orientali 9%

anfore iberiche 7%

Fig. 12. Aquileia, Canale Anfora, il consumo di olio.

anfore italiche 77%

395

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RITA AURIEMMA, VALENTINA DEGRASSI, DARIO GADDI, PAOLA MAGGI

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anfore africane 7%

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anfore iberiche 23%

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anfore italiche 60%

Fig. 13. Aquileia, Canale Anfora, il consumo di prodotti della lavorazione del pescato.

cativo è tuttavia la forte incidenza, almeno nelle prime due fasi, dei vini del Mediterraneo orientale, per i quali, come si è visto, le notizie degli autori antichi fanno spesso riferimento a trattamenti e lavorazioni particolari e che forse erano richiesti più per un consumo di élite che di massa. Per quanto riguarda i circuiti commerciali, è possibile riconoscere delle linee preferenziali, analoghe a quelle già tratteggiate per i contesti scavati a nord del porto fluviale. Una di queste, particolarmente vitale tra II e III secolo, è con il settore occidentale dell'Asia Minore, come dimostrano la ceramica comune dell'area di Focea e i contenitori di Rodi e della Perea, ma se ne rintracciano altre: con la valle del Meandro (anfore e sigillata orientale B), e con l'area cilicia e siro palestinese (anfore e Eastern Sigillata A della Cilicia e della zona siropalestinese). Nella fase più tarda poi si assiste a un'impennata dei vini africani, probabilmente da mettere in rapporto con il generale predominio commerciale dei prodotti di quelle province.

La vicinanza e la facilità di approvvigionamento spiegano la prevalenza di olio ita­lico, che risulta quasi esclusivamente di provenienza istriana, a scapito di quello betico, generalmente poco diffuso in Cisalpina e nel! 'Italia adriatica. Come già sottolineato, un dato rilevante è la continuità di presenza di anfore istriane, anche nelle fasi più tarde pur interessate dalle importazioni africane. Molto limitata doveva essere la produzione locale

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dell'olio, anche se il clima doveva consentire la coltivazione dell'olivo in Friuli: le prime testimonianze certe risalgono solo al XII secolo 75

.

Per concludere, infine, con gli alimenti derivati della pesca, nella lettura dei dati va tenuta in considerazione la differente quantità di contenuto che veniva trasportato in anfore di misura anche molto diversa (dai capienti contenitori iberici alle anforette adriatiche); le loro dimensioni e la loro capacità, direttamente dipendenti dalla natura del prodotto - da un Iato pesce allo stato solido, salato o conservato in salamoia, dall'altro allo stato semiliquido, trasformato nelle varie salse ricordate dalle fonti (garum, liquamen, allex, muria) - rifletto­no diverse esigenze di rifornimento, a loro volta strettamente correlate con il differente uso che si faceva di questi prodotti nell'alimentazione quotidiana.

L'andamento delle importazioni dei prodotti rispecchia in parte quanto ci si poteva aspettare: le produzioni africane si affiancano, fino a superarle, a quelle iberiche, che tut­tavia continuano nella fase più tarda, mentre minore, ma pur sorprendente, è la presenza di anfore da salagione giunte sia dall'Egeo sia dalle lontane zone istro-pontiche.

Se l'approvvigionamento di pesce doveva essere garantito dalla vicinanza con il mare e forse dall'esistenza di vivaria e allevamenti, il consumo di salse svolgeva un ruolo rilevante: lo confermano le numerose anforette da liquamen, sicura testimonianza di una

b. Alba 37 + AC3

Alba 41 o AC 4 similis

B3 S Lorenzo 7 Knossos 16

$ Rlchborough 527

@ Anfora d, Milo

Fig. 14. Aquileia, Canale Anfora, attestazioni di anfore cli produzione orientale lungo l'asse padano.

75 BATIIGELLI 2002.

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trasformazione del pesce in qualche zona dell'Adriatico per ora sconosciuta. La menzione di Aquileia in due esemplari tuttavia invita a riaffrontare la problematica e non è escluso che possa venire evidenziato il ruolo della città non solo come centro di arrivo e di consu­mo, ma anche come centro di produzione di quei prodotti del mare dei quali venivano ad approvvigionarsi le popolazioni dell'interno.

Particolarmente interessanti risultano, infine, alcuni contenitori di origine orientale, il cui prodotto non è stato ancora identificato, che presentano significative attestazioni, anche se non numerose, lungo l'asse di penetrazione padano, punteggiando di evidenze il percorso delle "via d'acqua" dipendenti dall'asta fluviale Po e della via Postumia (fig. 14). Tra le anfore di origine orientale che partecipano di questo flusso commerciale trasversale, peraltro provato dalla presenza di mercatores aquileiesi attivi tra l'area piemontese e la Pannonia 76

,

troviamo contenitori come Alba Pompeia 37 e 41, San Lorenzo 7, oppure altri, come l'anfora di Milos già trattata. La buona attestazione a Roma e nella Transpadana occidentale di tutti questi contenitori, la cui concentrazione sfuma via via che ci si sposta verso est per poi non continuare nello spazio adriatico e per spingersi, viceversa, lungo gli assi di penetrazione pannonici, testimonia ancora una volta il primato portuale e redistributivo di Aquileia, indu­bitabile porto di stoccaggio e di imbarco per molti prodotti orientali e altoadriatici, vino ed olio innanzitutto 77, nonché probabile capolinea orientale e centro di redistribuzione per altre tipologie di merci di origine padana o più generalmente occidentale 78.

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76 GABUCCI, MENNELLA 2003, pp. 317-342. 77 I dati di Torino sono riassunti in Qu1R1 2015. 78 In tal senso va sottolineata la capacità di redistribuzione di alcuni prodotti, mediati da Aquileia

verso i mercati pannonici fino alla loro immissione "nella rotta danubiana verso (e dal) Mar Nero", ruolo particolarmente ben documentato, ad esempio, per la sigillata tardopadana: GABUCCI, Qu1R1 2008, p. 54, nt. 53. Per quanto riguarda la produzione tessile, a Vercelli la presenza di anfore per allume è stata recentemen­te ricondotta all'attività di un lanarius, fatto che, unitamente alle numerose attestazioni di questa tipologiadi contenitori nel territorio gravitante attorno a Mediolan.um, proverebbe l'esistenza di una "textile traderoute linked to the Galliae": cfr. BOLZONI, PANERO c.s.

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CANALE ANFORA: UNO SPACCATO SULLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA TRA I E lii SECOLO D.C.

RIASSUNTO

Lo scavo di Canale Anfora ha restiuito un'immensa quantità di frammenti di anfore databili tra la fine del I e il IV secolo. Lo studio delle singole produzioni ha permesso di ricostruire un quadro molto articolato delle importazioni ad Aquileia. Le anfore di origine italica, destinate allo smercio di vino, olio e in parte dei prodotti della lavorazione del pescato, sono le più numerose. Quasi altrettanto abbondanti sono, però, i contenitori provenienti dal Mediterraneo orientale: dalle isole dell'Egeo, dalle coste della provincia d'Asia, dal Ponto e dalla Siria e dalla Cirenaica venivano importati soprattutto vini pregiati, molti dei quali sono nominati dalle fonti antiche, ma anche allume e frutta. Olio, prodotti della lavorazione del pesce e vino provenivano anche dall'Africa, le cui importazioni si intensificano sopratutto nel IV secolo. Minoritarie e destinate ad un mercato di élite, sono le merci originarie della penisola iberica, eia cui si importavano soprattutto prodotti della lavorazione ciel pescato, poco olio e vino.

Parole chiave: Canale Anfora; anfore; prodotti della lavorazione del pescato; salse di pesce; olio; vino.

SUMMARY

CANALE ANFORA: A VIEW ON JMPORTATIONS OF FOODSTUFFS TO AQUILEIA BETWEEN l,.,. ANO 3"" CENTURY A.O.

The excavation at Canale Anfora has provided thousands of amphoras sherds dating between the end of the I st century and the IV'h century AD. They allow usto reconstruct a very cletailed picture of imports toAquileia. ltalian amphoras, containing wine, oil and fish sauces, are the most numerous, almost as abunclant are, however, the amphorae coming from the eastern Mecliterranean: from Aegean Islands, the coast of Asia Minor, Pontus, Syria and Cyrenaica were importecl mainly fine wines, many of which are appointed by the ancient sources, but also alum ancl fruit. Oil, fish products and wine carne also from Africa, whose imports are intensifìed especially in the IV'h century. Minority, and destined to a niche market, are the goods comingfrom the Iberian Peninsula, from which were importecl mainly fish products ancl small amounts of oil and Wllle.

Keyworcls: Anfora Canal; amphorae; fish products; fish sauces; olive oil; wine.

RITA AURIEMMA IPAC - Villa Manin di Passariano _ I-33033 Codroipo (UD) [email protected]

VALENTINA DEGRASSI Archeotest, via Belpoggio 6A_ 1-34123 Trieste [email protected]

DARIO GADDI Via Capriva 24 _ l-33100 Udine [email protected]

PAOLA MAGGI Vicolo del Castagneto 24 _ 1-34127 Trieste [email protected]

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