CAMPO DI ISCHIA DI CASTRO (VT) - Gruppi Archeologici · 2014-05-31 · CAMPO DI ISCHIA DI CASTRO...

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Periodico dei Gruppi Archeologici d’Italia Editore: Gruppi Archeologici d’Italia - Sede Legale e Redazionale: Via Baldo degli Ubaldi 168 - 00167 Roma (Rm) Tel.: 06 39376711 - Fax: 06 6390133 - www.gruppiarcheologici.org Poste Italiane Spa - Spedizione in a. p. - 4D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - DCB - Roma CAMPO DI ISCHIA DI CASTRO (VT) CANTIERE DI CASTELLARDO Da qualche anno si conferma il successo del campo di Ischia di Castro; anche per il 2009 nu- merosi sono i ragazzi che hanno dedicato parte delle loro vacanze estive alla tutela del patrimonio storico archeologico del nostro paese. Per i primi due turni del campo si è continuato a lavorare sul- l’area di Castellardo, un sito d’altura nel territorio del co- mune di Canino, che in una bolla di Innocenzo II del 1140 viene definito “terra langobardorum Castellardi”. Molti sono i centri abitati che in questo periodo storico per motivi di sicurezza vengono costruiti su alture più facilmente difendibili e che dan- no la possibilità di controllare un territorio più vasto. In alcuni casi questi piccoli centri hanno una lunga vita arrivando fino al Medio Evo inoltrato (come ad esempio la città di Castro, altro sito che ha beneficiato delle cure della nostra associazione). Altri siti come Castellardo subiscono invece una fine prematura. A volte perché per loro natura ed interesse si trovano ad essere costruiti in punti strategici per la difesa del territorio o lungo im- portanti assi commerciali, e per questo sempre al centro di dis- pute fra le grandi casate per l’influenza su determinate aree. Il nostro sito trovandosi vicino al confine di ben più grandi cen- tri come Sovana, Orvieto, Tuscania e Viterbo, è tormenta- to dalle numerose controversie per il controllo della zona, pas- sando attraverso la proprietà di varie nobili famiglie locali come gli Aldobrandeschi. Questa situazione di incertezza fa cadere il sito in disgrazia e pur mancan- do la documentazione per circa un secolo sappiamo che nel 1459, quando fu distrutta dagli abitanti di Canino, era ridotto ad un rifugio di briganti. Nel 1460 il Comune fu costretto a com- prare la proprietà del castello dagli Orsini come risarcimento per i danni procurati. L’operato dei ragazzi si è con- centrato sul quartiere ad est della rocca, dove si lavora già da continua a pag. 8 Anno V - Numero V Novembre - Dicembre 2009 qualche anno, con l’obiettivo di capire le varie fasi che hanno at- traversato le abitazioni che vi si trovano. Di questo quartiere siamo in grado di distinguere al- cuni periodi principali di cui uno iniziale in cui l’abitato si addossa alla rocca con case scavate nel banco; una seconda fase (o una seconda parte di questa prima fase, allo stato attuale delle ricerche non è possibile dis- tinguerle con certezza) in cui l’abitato si estende ad est fino ad arrivare al XIII sec., momento in cui si operano dei grandi lavori di sistemazione della zona. Il mastio su cui si erge la rocca viene tagliato e con esso parte delle abitazioni che vi erano rica- vate. Così si crea una netta divi- sione fra i quartieri abitativi e la rocca: le pareti del mastio ven- gono foderate da una possente muratura in blocchi di tufo; in questo modo si realizza una stra- da, che era munita di una porta protetta probabilmente da una piccola fortificazione. Questa quasi certamente portava al mas- tio. Ad est della strada si organizza il quartiere, il piano di calpestio viene abbassato come si può vedere dai vari butti che sono collocati sulla “piazza”. Appartenendo alla precedente fase edilizia non presentano la classica forma a fiasca, ma sem- brano tagliati circa ai tre quarti della loro altezza originaria. Le abitazioni di questa fase non sono più interamente scavate nel Prosegue la rassegna dei risultati dei campi estivi dei G. A. d’Italia nell’estate 2009 Castelli Romani I ALBANO Il mito di Albalonga e le presenze militari di Roma nella città e nei musei Castelli Romani II VELLETRI Un sistema di tre musei per raccontare la Storia, dai Latini all'alto me- dioevo Monte Tabor GARGANO Parco archeologico in una necropoli dell'età del ferro nella terra di Daunia banco: alcune sono esclusiva- mente costruite con una muratura a blocchi di tufo, altre presentano uno zoccolo, più o meno alto, scavato nel banco che sorregge le murature. Quasi tutte le abitazioni conser- vano degli ambienti ipogei utilizzati come ripostigli o ricov- eri per piccoli animali, ed hanno l’entrata sul lato opposto alla rocca. È proprio qui che si crea una sorta di slargo su cui le quat- tro case che fino ad ora sono state individuate si affacciano. Un’ultima fase di vita della zona fa riferimento al periodo finale di vita del castello. Un periodo in cui le fonti ci parlano di un luo- go che, anche se di proprietà della nobile famiglia degli Orsini, Foto 1 - I ragazzi della campagna di scavo 2009 Foto 2 - La muratura in grandi blocchi che fodera il mastio e l’accesso alla casa in grotta

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Periodico dei Gruppi Archeologici d’ItaliaEditore: Gruppi Archeologici d’Italia - Sede Legale e Redazionale: Via Baldo degli Ubaldi 168 - 00167 Roma (Rm)

Tel.: 06 39376711 - Fax: 06 6390133 - www.gruppiarcheologici.org

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CAMPO DI ISCHIA DI CASTRO (VT)CANTIERE DI CASTELLARDO

Da qualche anno si conferma ilsuccesso del campo di Ischia diCastro; anche per il 2009 nu-merosi sono i ragazzi che hannodedicato parte delle loro vacanzeestive alla tutela del patrimoniostorico archeologico del nostropaese. Per i primi due turni del camposi è continuato a lavorare sul-l’area di Castellardo, un sitod’altura nel territorio del co-mune di Canino, che in una bolladi Innocenzo II del 1140 vienedefinito “terra langobardorumCastellardi”. Molti sono i centriabitati che in questo periodostorico per motivi di sicurezzavengono costruiti su alture piùfacilmente difendibili e che dan-no la possibilità di controllare unterritorio più vasto. In alcuni casiquesti piccoli centri hanno unalunga vita arrivando fino alMedio Evo inoltrato (come adesempio la città di Castro, altrosito che ha beneficiato delle curedella nostra associazione). Altrisiti come Castellardo subisconoinvece una fine prematura. Avolte perché per loro natura edinteresse si trovano ad esserecostruiti in punti strategici per ladifesa del territorio o lungo im-portanti assi commerciali, e perquesto sempre al centro di dis-pute fra le grandi casate perl’influenza su determinate aree.Il nostro sito trovandosi vicinoal confine di ben più grandi cen-tri come Sovana, Orvieto,

Tuscania e Viterbo, è tormenta-to dalle numerose controversieper il controllo della zona, pas-sando attraverso la proprietà divarie nobili famiglie locali comegli Aldobrandeschi. Questasituazione di incertezza fa cadereil sito in disgrazia e pur mancan-do la documentazione per circaun secolo sappiamo che nel1459, quando fu distrutta dagliabitanti di Canino, era ridotto adun rifugio di briganti. Nel 1460il Comune fu costretto a com-prare la proprietà del castellodagli Orsini come risarcimentoper i danni procurati. L’operato dei ragazzi si è con-centrato sul quartiere ad est dellarocca, dove si lavora già da

continua a pag. 8

Anno V - Numero V

Novembre - Dicembre

2009

qualche anno, con l’obiettivo dicapire le varie fasi che hanno at-traversato le abitazioni che vi sitrovano. Di questo quartieresiamo in grado di distinguere al-cuni periodi principali di cui unoiniziale in cui l’abitato si addossaalla rocca con case scavate nelbanco; una seconda fase (o unaseconda parte di questa primafase, allo stato attuale dellericerche non è possibile dis-tinguerle con certezza) in cuil’abitato si estende ad est fino adarrivare al XIII sec., momento incui si operano dei grandi lavoridi sistemazione della zona. Ilmastio su cui si erge la roccaviene tagliato e con esso partedelle abitazioni che vi erano rica-

vate. Così si crea una netta divi-sione fra i quartieri abitativi e larocca: le pareti del mastio ven-gono foderate da una possentemuratura in blocchi di tufo; inquesto modo si realizza una stra-da, che era munita di una portaprotetta probabilmente da unapiccola fortificazione. Questaquasi certamente portava al mas-tio. Ad est della strada siorganizza il quartiere, il piano dicalpestio viene abbassato comesi può vedere dai vari butti chesono collocati sulla “piazza”.Appartenendo alla precedentefase edilizia non presentano laclassica forma a fiasca, ma sem-brano tagliati circa ai tre quartidella loro altezza originaria. Leabitazioni di questa fase nonsono più interamente scavate nel

Prosegue la rassegna dei risultati dei campi estivi dei G. A. d’Italia nell’estate 2009

Castelli Romani I

ALBANO

Il mito di Albalonga e

le presenze militari di

Roma nella città e nei

musei

Castelli Romani II

VELLETRI

Un sistema di tre musei

per raccontare la Storia,

dai Latini all'alto me-

dioevo

Monte Tabor

GARGANO

Parco archeologico in

una necropoli dell'età

del ferro nella terra di

Daunia

banco: alcune sono esclusiva-mente costruite con unamuratura a blocchi di tufo, altrepresentano uno zoccolo, più omeno alto, scavato nel banco chesorregge le murature. Quasi tutte le abitazioni conser-vano degli ambienti ipogeiutilizzati come ripostigli o ricov-eri per piccoli animali, ed hannol’entrata sul lato opposto allarocca. È proprio qui che si creauna sorta di slargo su cui le quat-tro case che fino ad ora sonostate individuate si affacciano. Un’ultima fase di vita della zonafa riferimento al periodo finaledi vita del castello. Un periodo incui le fonti ci parlano di un luo-go che, anche se di proprietàdella nobile famiglia degli Orsini,

Foto 1 - I ragazzi della campagna di scavo 2009

Foto 2 - La muratura in grandi blocchi che fodera il mastio e l’accesso

alla casa in grotta

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Anno V - Numero V2

SCIACCA: DUE ANNI DI ARCHEOLOGIA SUBACQUEA

Gli anni cinquanta sono indubbia-mente cruciali per la storiadell'Archeologia Subacquea, sia nelcampo della ricerca ufficiale, con la pri-ma quadrettatura operata dallo staffdel Lamboglia sul relitto di Albenga,sia in ordine alle esperienze messe inessere dai "...cittadini di buona volon-tà...", volontari ante-litteram, come lidefinì lo stesso archeologo, che sono bre-vemente oggetto di questo articolo.

1955, Lago di Bolsena!Da lì a pochi anni sarebbero natii Gruppi Archeologici d’Italia,ma già nel 1955 si posero le basiper quella che sarebbe l’ennesi-ma iniziativa, innovativa, portataavanti nell’ambito dell’Associa-zione.Quando ancora si parlava di ar-cheologia sottomarina, e si era aiprimordi di quella che solo congli anni ottanta sarebbe divenutauna disciplina scientifica a tuttigli effetti, sul numero 1 del pe-riodico “Archeologia”, voluto daLudovico Magrini, veniva pub-blicato un articolo di AlessandroFioravanti in cui si parlava e siaccennava alla tematica, con alcentro proprio le esperienzecondotte sul sito del Gran Carrodi Bolsena.E forse non è proprio un casoche nel contesto dell’articolo sianticipano quelli che saranno poile problematiche sviluppate dalLamboglia, padre dell’archeolo-gia subacquea in Italia, nel 1975,al Convegno di Archeologia Sot-tomarina tenutosi all’Isolad’Elba, nel quale si auspica il giu-sto coordinamento fra leIstituzioni e i …subacquei dibuona volontà…, al fine di me-

glio affrontare la problematicadella metodologia della ricerca,ma anche e soprattutto, in unmomento di vacatio normativa,la problematica della tutela.Perizia, sperimentazione, studioe goliardia, questi sono i trattifondamentali che traspaiono da-gli scritti di Fioravanti, tratti chesono una peculiarità dell’azionedei Gruppi Archeologici in tuttele iniziative fino a oggi condotte.Dopo un primo slancio, anche acausa di una visione della subac-quea non come una disciplinapraticabile da chiunque unita-mente a un certo scetticismo echiusura da parte degli ambientiscientifici verso questa discipli-na, gli aspetti dellacollaborazione con le Soprinten-denze nell’ambito dellaarcheologia delle acque si sonorarefatti e ridotti quasi al nulla,fatte salve alcune prospezioni eindagini condotte da MaurizioBalzano, Mauro Incitti, CinziaIorio e chiedo scusa di eventualifatti o persone e di cui non sonoa conoscenza.Resta il fatto oggettivo che peranni nei Gruppi non si era vistaun’attività programmata e conti-nuativa che si occupasse di unospecifico sito sommerso.Nel 2008 nasce il Gruppo Ar-cheologico di Sciacca, grazie allavolontà di un gruppo di subac-quei saccensi e non, appassionatidi archeologia e curiosi di saperecosa è conservato sul fondale delsito di Cammordino, sottostantela rupe delle Terme cittadine.L’idea e l’iniziativa del nuovoGruppo si vuol inserire in quelfilone caratterizzante che abbia-

mo sopra accennato di perizia,sperimentazione, studio e goliar-dia, ma con finalità di indagare edocumentare il sito.L’area tra il 1992 e il 1996 avevarestituito, a seguito di recuperifortunosi operati dall’attuale Di-rettore del Gruppo CalogeroSantangelo, già quattro cannoniin bronzo, oltre che varia reper-tazione minuta, ma non era maistata oggetto di una vera e pro-pria indagine scientifica econtinuativa, tanto che si legge-vano le teorie più fantasiose perdescrivere il relitto e il contestoin cui questo si era formato.Già in partenza tutta l’operazio-ne “Cammordino” sicaratterizza per l’ottimo rappor-to di fiducia e collaborazione chesi è instaurato con la Soprinten-denza del Mare della Regione, laquale non solo ci affianca partedel suo personale tecnico, masoprattutto mette a disposizionelo strumento necessario per con-durre l’azione di scavo vera epropria: la sorbona a acqua; equesta sinergia continua tuttoradimostrando, una volta di più sece ne fosse bisogno, di come lacollaborazione fra il volontariatoe le istituzioni possa funzionarequando i rapporti sono chiari eimprontati alla lealtà reciproca.E ciò in un contesto operativotutto particolare come quello su-bacqueo, con le limitazioni e irischi che lo stesso comporta.I due anni di ricerche compresefra l’aprile del 2008 e il settem-bre del 2009 hanno dato ottimirisultati sotto il profilo scientifi-co provvedendo al recupero dioltre 300 reperti di varia natura

tra i quali ceramica invetriata diorigine toscana, Valdarno infe-riore, vasellame in peltro eancora quattro artiglierie di cuidue in ferro e due in bronzo dinotevole fattura.Nello specifico tra le due arti-glierie in bronzo si segnala unbellissimo falcone arcaico di piùdi quattro metri di lunghezza, agioia dodecagonale, con spigolivivi e la metà terminale dellacanna tortile.La tipologia delle artiglierie recu-perate nel corso delle duecampagne unitamente alle altredel 1992 – 1996 e alla tipologiadegli altri reperti, induce a ipo-tizzare la presenza del relitto diuna galea commerciale, proba-bilmente pisana valutando leceramiche recuperate e altri indi-zi toponomastici e storici,databili fra la seconda metà delXIV e i primi del XV secolo.Ovvio che le successive ricercheoffriranno un quadro più com-pleto del sito, ma già quantodetto crea dei presupposti d’in-dagine molto più credibili diquelli fino a ora ipotizzati, facen-do scendere dal piano dellafantasia, aspetto che ha caratte-rizzato per anni le variericostruzioni proposte, a quellodella scientificità, quindi conun’idea ricostruttiva basata suinoppugnabili dati oggettivi, in-tegrati dalla lettura e analisi divari documenti d’archivio.E tutto ciò è una chiara dimo-strazione di come anche ilvolontariato può essere scientifi-camente di supporto e aiuto allecompetenti istituzioni.Fino ad oggi l’esperienza è stataportata avanti solo con l’ausilio

dei volontari del Gruppo diSciacca, per un insieme di motiviche non possono essere analiz-zati in questa sede. L’auspicio èche tale esperienza si allarghi adaltri partecipanti, provenienti datutta Italia, e ciò non tanto, an-che se è un aspetto da nontrascurare, per incrementare i ri-sultati e i dati deducibili dal sitodi Cammordino, quanto per ve-dere, apprendere, migliorare, eve ne sono molte di cose da mi-gliorare, con la finalità diriportare l’esperienza saccense inaltre zone del territorio naziona-le e ridare impulso alla partesubacquea dell’attività dell’Asso-ciazione, che ricordiamo nasce aBolsena nel 1955, oltre mezzosecolo fa, nella continuità dellanostra tradizione di perizia, spe-rimentazione, studio e goliardia,cioè di volontari che, consci dellaloro posizione nell’ambito deirapporti istituzionali, possonocollaborare con le Soprintenden-ze raggiungendo risultativeramente degni di nota.

E' ricollegandosi alle esperienze ini-ziate nel 1955 e culminate con lebrillanti operazioni di Sciacca che na-sce la volontà di rifondare su basenazionale il Nucleo Operativo di Ar-cheologia Subacquea, ufficializzatopropio in occasione della Borsa del Tu-rismo Archeologico tenutasi a Paestumnel novembre 2009, sperando che que-sta struttura sappia raccoglierel'eredità sopra appena accennata e pro-seguire nel filone tracciato, ma questodipende solo da noi e da quanto sap-piamo essere solidali e operativi.

Francesco Laratta

Vivo di volata del petriere medio in bronzo

Saggio IV u.s. 2 vivo di volata del falcone arcaico in bronzo con fram-

mento ceramico di invetriata pisana

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Anno V - Numero V 3

Come ormai da qualche tempo,anche quest'anno si è rinnovato ilconsueto appuntamento con il ci-clo di conferenze primaveriliorganizzate dal Gruppo Archeo-logico Goriziano. Negli annipassati gli incontri, articolati in treappuntamenti, hanno riguardatole origini e la vita delle popolazio-ni dell'Italia antica, quest'annoinvece, con la promessa di rico-minciare da laddove è avvenutal'interruzione, il Gruppo Archeo-logico Goriziano ha deciso diaffrontare un ciclo di interventidal titolo: “Limes: storie al confi-ne tra archè e technè”. L'irruenzadella tecnologia nelle nostre viteha contribuito senza alcun dubbioall'introduzione di nuove metodo-logie a supporto dell'indaginearcheologica, contribuendo a fa-cilitare l'individuazione delleevidenze archeologiche in am-biente marino e in quelloterrestre. Da qui nasce l'esigenzadi voler divulgare e far conoscerequesti nuovi strumenti ad appas-sionati o a semplici curiosi. Comedi consueto, pertanto, il ciclo diconferenze si è articolato in tre in-terventi successivi:- I INTERVENTO: “Archeologiae geomorfologia subacquea dal golfo diTrieste al Montenegro” - interventodel dott. Stefano FURLANI(Università degli Studi di Trieste)presso la Sala Consigliare dellaProvincia di Gorizia (10 aprile2009);- II INTERVENTO: “Fotografiaaerea e geoarcheologia lungo la via An-nia” - intervento del prof.Alessandro FONTANA (Univer-sità degli Studi di Padova –Dipartimento di geografia) pressola Sala Consigliare della Provinciadi Gorizia (17 aprile 2009);- III INTERVENTO: “TraAquileia e Lacus Timavi, il contesto del“ponte” romano di Ronchi dei Legiona-ri” - intervento della dott.ssaKatharina ZANIER (Institute forMediterranean Heritage – Univer-sità del Litorale - Koper) presso laSala Consigliare della Provincia diGorizia (24 aprile 2009). Si ripor-tano di seguito gli atti delconvegno.

Roberta Battiston

LIMES: STORIE AL CONFINE TRA ARCHE' E TECHNE' Un ciclo di conferenze organizzate del G.A. Goriziano

Il G.A.Goriziano ha inviato come contributo a questa rivista un estratto del ciclo di conferenze che lo stesso Gruppo ha organizzato durante il mese di aprile 2009. Questa volta l’accento è stato posto, come cispiega la curatrice degli atti del convegno Roberta Battiston, sulle nuove tecnologie che hanno favorito nuovi metodi d’indagine archeologica sia per quanto riguarda l’ambiente marino che quello terrestre e consta ditre interventi in materia come meglio specificato dalla presentazione della stessa curatrice. Vista la lunghezza dell’articolo, si è pensato di dividerlo in due parti e quindi di pubblicarlo in due numeri successivi delnostro giornale. La prima parte, oltre alla presentazione del convegno da parte della curatrice degli atti, tratterà dell’intervento del dott. Stefano Furlani dell’Università degli Studi di Trieste riguardo alla “Archeologiae geomorfologia subacquea dal golfo di Trieste al Montenegro”; la seconda verterà sulla “Fotografia aerea e geoarcheologica lungo la via Annia” da parte del Prof. Alessandro Fontana dell’Università degli Studidi Padova; infine, oltre che l’esposizione da parte della dott.ssa Katharina Zanier dell’Institute for Mediterranean Heritage riguardo “Tra Aquileia e Lacus Timavi, il contesto del ponte romano di Ronchi dei Le-gionari”, vedrà Roberta Battiston trarre le conclusioni sul ciclo di conferenze.

I INTERVENTO

Archeologia e geomorfologia subacquea dal golfo di Trieste al Montenegro

Le morfologie del suolo non so-no solamente dipendenti daimovimenti dei ghiacciai ma an-che dai movimenti della terrastessa che, pertanto, comporta-no un abbassamento o uninnalzamento del fondale mari-no.In questo contesto un connubiointerdisciplinare appare vincen-te: l'integrazione dell'archeologiae della geomorfologia. Infattil'evoluzione del territorio nonincide solamente sull'ambientenaturale ma anche su quello an-tropico.Svariati sono gli indicatori, sianaturali che non, che vengonoutilizzati ai fini dello studio distrutture in ambienti marini:

1. indicatori geomorfologici:- notch (solchi marini);- marine terraces (terrazzamentimarini);- speleotemi;- grotte marine

2. fori scavati da organismi.

3. indicatori archeologici:- moli

4. piscinae (peschiere)

5. indicatori biologici:- fossili

Dall'indagini effettuate risultache le coste dell'Adriatico sonoin abbassamento. Le ricerche,volte in tal senso, sono in gradodi definire l'altezza del livello delmare in una determinata epocaladdove gli indicatori siano suf-ficienti a determinare taledatazione.Il rilievo subacqueo, naturalmen-te, presenta maggiori difficoltàrispetto a quello terrestre. Bastapensare che nell' Adriatico il li-vello del mare subisce unavariazione legata alle maree di1,50 m. Tale variazione un tem-po non veniva tenuta in

considerazione nelle rilevazionimentre oggi ne diviene una cor-rezione fondamentale.Le ricerche, susseguitesi nel tem-po, hanno evidenziato lapresenza di porti romani som-mersi lungo le coste adriatiche inparticolare in prossimità dell'areadi Pago e Cherso (Pirazzoli '80).Altri studiosi come Fouache(2000), Antonioli (2004 – 2007)e Benac (2007) si sono interessa-ti, negli anni successivi, allostudio delle coste dell'Adriaticoorientale.Nel Golfo di Trieste, ed in parti-colare nell'area che va da Duinoa Sistiana, i ricercatori hannoevidenziato l'assenza del solcomarino attuale e la presenza diuno più antico sommerso a circa1,50 - 2,00 m di profondità.A Punta Sottile è stata rilevatauna piattaforma sommersa. Ta-luni hanno ipotizzato chepotesse trattarsi di un lastricatoromano in quanto i blocchi dicui è composta risultano estre-mamente regolari ma pare chequesta ipotesi sia improbabile eche si tratti di terrazzamenti ma-rini.Nella stessa zona sono stati indi-viduati dei moli romani ad unaprofondità di 1,40 m sotto il li-vello del mare. Dalle indagini siè potuto desumere che rispetto

a detta struttura, originariamen-te, il livello del mare si trovava0,60 m più in basso.A Punta Grossa, invece, gli stu-diosi hanno individuato i resti diuna peschiera romana.Ad Isola (Izola) è stata indivi-duata la presenza di un moloromano sopra il quale è stato co-struito il molo attuale.In località Canale di Leme (Lim-ski Kanal), il notch si trova aduna profondità di circa 0,70 m ela sua datazione risulta impossi-bile. Alcuni indizi, però, hannoaiutato i ricercatori. Infatti a cir-ca 4,00 m di profondità sonostati trovati organismi la cui da-tazione è di 4000 anni fa mentrea 0,50 m vi è la presenza di orga-nismi di 500 anni fa. Il solco,trovandosi al di sotto di tale limi-te sta ad indicare che la suadatazione è molto recente.A Brioni (Pola) sono state indi-viduate delle strutture che sicredeva fossero delle peschiere.Studi approfonditi hanno accer-tato, invece, che tali resti sonocertamente delle mura portanti acassa vuota di un edificio di epo-ca romana. Nelle zone adiacentisi segnala la presenza di moli ro-mani.Cissa, la cui scomparsa riecheg-gia nelle nostre menti il mito

atlantideo, si dice sia scomparsainteramente in seguito ad un ter-remoto avvenuto intorno al 250d.C. Sulla costa sono visibili del-le strutture di origine antropicatra cui edifici e il punto di arrivodi una cloaca.In linea di massima da Trieste alMontenegro il solco marino ri-sulta continuo ad eccezione dialcune isole presso le quali nonesiste alcun solco.A Pakostane sono stati indivi-duati degli enormi massi chetecnicamente vengono indicaticon il nome di beachrocks la cuiformazione avviene per processichimici e la loro struttura è mol-to regolare. Nelle zone limitrofea questo sito sono stati indivi-duati i residui di antiche salineromane nonché un relitto roma-no spiaggiato.Le cause di abbassamento delfondale dell'Adriatico orientalenon sono ancora del tutto chia-re. Alcuni sostengono che ilterremoto di Cissa abbia contri-buito a questo fenomeno altriinvece propendono per l'ipotesiche siano avvenuti una serie diterremoti locali. Entrambe leipotesi appaiono agli studiosi az-zardate.

dott. Stefano Furlani(Università degli Studi di

Trieste)

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LAZIOALBANO - CENNI DI STORIA, MONUMENTI E MUSEIDELLA CITTADINA LAZIALESulle pendici dei Colli Albani, alXV miglio dell’Appia, sorge uncentro tra i più suggestivi deiCastelli Romani: Albano Laziale.A partire dal Paleolitico, con tes-timonianze anche del Neolitico,è attestata la presenza umana sulsuo territorio; ne sono prova iritrovamenti di alcuni manufattiin selce risalenti a quelle epoche. Nell’XI secolo a. C. il popolodegli Albani si stabilì in quellazona e la tradizione fa derivareil nome della cittadina diretta-mente da quello di Albalonga. Dopo la fondazione di Roma lazona di Alba venne considerata,comunque, sacra, per cui nel pe-riodo che va dall’età Arcaica alprimo Impero, fu lì vietatoerigere nuove città; l’area, infatti,pullulava di luoghi di cultocome: santuari, templi e boschisacri. Durante l’età tardo repubbli-cana, invece, fu permesso afamosi personaggi di costruire leloro ville nella parte di territorioa valle della Regina Viarum. Aquesto riguardo, basta ricordarequella di Pompeo Magno, di cuisono ancora visibili resti impor-tanti. La cittadina stessa presentanotevoli resti archeologici: natanel 202 a. C. come accampamen-to militare stabile della IILegione Partica (i Castra Albanaerano un campo fortificato dicirca 10 ettari) con una cinta mu-raria piuttosto importante i cuilati misuravano 435 e 232 metri,con torri circolari - tanto che an-cora oggi è possibile vederneampi tratti -, le porte d’accesso eresti di alcuni edifici pertinenti,nonché alcune vie basolate. Ben presto, intorno al campomilitare, cominciarono a grav-itare le famiglie dei legionari ed,insieme all’abitato, si svilup-parono fitte reti commerciali chepermisero di risollevare l’econo-mia delle villae rusticae nellevicinanze.Quando, intorno alla metà delIII secolo d. C., ci fu l’allontana-mento definitivo dei soldatiriportati in Siria ad Apamea, ilnucleo abitato sopravvisse pervia della presenza di una fiorentecomunità cristiana, alla cui guidac’era un vescovo e sembra, an-che, grazie all’ausilio fornito

dall’imperatore Costantino chedonò alla comunità sia beni mo-bili che immobili.Il centro abitato nel IV secolo finìper inglobare tutte le struttureinutilizzate dell’accampamento edivenne Civitas Albana.Durante il tardo antico, il suoterritorio fu soggetto di saccheg-gi e guerre, poi Carlo Magno, nel774, donò l’abitato al Papa. Nel 946 diventò signoria deiSavelli che, per affermare la pro-pria potenza, costruirono uncastello sul monte ed un palazzonel centro della città.Tra il XVI e XVII secolo l’ur-banistica del borgo vennenotevolmente cambiata con l’ed-ificazione di palazzi patrizi e lacostruzione di strade e piazze.In seguito, come possedimentodei Savelli, fu acquisito dallaCamera Apostolica e quindiseguì le vicende degli altri centridel Lazio facenti parte dello Sta-to Pontificio fino all’avvento delRegno d’Italia. Tra i vari monumenti di Albanosi ricorda l’imponente Cisternaromana (detta i “Cisternoni”)che può contenere più di 10.000metri cubi di acqua, costruita peril rifornimento idrico dell’ac-campamento e delle abitazioninelle vicinanze. Serbatoio tutt’oggi funzionantealimentato da fonti chesgorgano lungo le pendici delcratere del lago Albano e captateper mezzo di condotte sempred’epoca romana. A curare il progetto furono iPraefecti Fabrum della Legione.

La costruzione, in parte scavata di-rettamente nel banco roccioso edin parte in muratura, rivestita inopus signinum, presenta unapianta irregolarmente rettangolare(i lati lunghi sono di 47,90 e 45,50metri e quelli corti di 29,62 e 31,90metri); inoltre le cinque navate incui è divisa presentano volte abotte sorrette da 36 pilastri.Altre rovine notevoli sono costi-tuite dall’impianto termale dettodi Cellomaio (da Cellae Magnae)fatto costruire dall’imperatoreCaracalla, al fine di ingraziarsi isoldati della legione albana cheerano in rivolta per l’uccisionedel fratello Geta, col quale egliaveva, fino ad allora, condiviso ilpotere imperiale. Le terme presentano una piantaquadrangolare nella quale spic-cano dei contrafforti con delletorri. I resti visibili ci rimandanoad un alzato di tre piani di cui ilprimo, oltre che funzionarecome sostruzione, costituiva unambiente di disimpegno; i duepiani sopraelevati, costituiti dadue grandi aule con ampi fine-stroni, erano pavimentati conmosaici e marmi tipici degli edi-fici termali. La Catacomba suburbicaria di SanSenatore, citata dal MartirologioGeronimiano per la presenzadelle tombe di santi e martiri,nasce come riutilizzo di una cavadi pozzolana tra la fine del III e gliinizi del IV secolo d. C. Da segnalare: vari affreschi ubi-cati nella cripta centrale, tra iquali si possono distinguerequello raffigurante il santo tito-

lare e quello in cui è dipintoCristo tra i martiri (opere chesono, rispettivamente, di fine IV- inizio V secolo d. C. e di fine Vinizio - VI secolo), un altro af-fresco, quello con il CristoPanteocratore tra la Madonna eSan Smaragdo, è del medioevopieno: risale infatti al XI –XIIsecolo.Come già accennato, nell’abitatomoderno sono presenti resti del-

la cinta muraria dei Castra Al-bana; è, infatti, ancora visibile laPorta Pretoria. Anche questa,come le mura, delle dimensionidi 36 metri di larghezza e 14metri di altezza e costituita da trefornici con due avancorpi contorri rettangolari, è stata realizza-ta in opera quadrata di peperino.Il lato nord est dell’accampa-mento romano è occupato dallerovine dell’Anfiteatro Severianofatto costruire, appunto, da Set-timio Severo che aveva a cuoreanche il divertimento dei le-gionari. Il luogo ludico servivaanche per il diletto degli abitantidelle città vicine e poteva con-tenere fino a 16.000 spettatori. La costruzione ellittica, che rag-giungeva un’altezza di 22 metri,edificata scavando il banco roc-cioso, presenta l’utilizzo didiverse tecniche murarie. Riman-gono in piedi parte degli ingressitrionfali, la cavea, il cui assemaggiore contava 113 metri, ecirca trenta fornici chesostenevano il primo piano. Risalgono invece al medioevoquando l’area dell’anfiteatro fu

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Foto 1 - Schema di legione (fine II - inizi III sec. d.C.)

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Page 5: CAMPO DI ISCHIA DI CASTRO (VT) - Gruppi Archeologici · 2014-05-31 · CAMPO DI ISCHIA DI CASTRO (VT) CANTIERE DI CASTELLARDO Da qualche anno si conferma il successo del campo di

riutilizzata come cimitero cris-tiano, due oratori: il primo èstato scavato nella roccia sul latosinistro della cavea mentre l’altroè stato ricavato nel terzo fornice.All’interno dell’odierno parcocomunale, si possono ammirarei resti della villa imperiale che,prima di divenire tale, sembra es-sere appartenuta anche aPompeo Magno.Si elencano, senza entrare neiparticolari, anche altri monu-menti del circondario relativi aivari periodi storici come: ilcosiddetto sepolcro degli Orazie Curiazi, la Tomba di PompeoMagno, la cripta del 795 d.C. del-la Cattedrale, il Tempio di SantaMaria della Rotonda e la Chiesadi San Pietro. Rendendo onore alle proprieorigini, Albano ospita presso ilcomplesso delle Grandi Terme,il museo dedicato ai 6000 le-gionari di guarnigione ai CastraAlbana ovvero la II Legio Parth-

ica, detta poi anche Albana.L’unità militare, la cui insegna erarappresentata da un centauro, èstata creata insieme alle Legioni Ie III da Settimio Severo, intornoal 194 – 196 d. C. Dal nome impostole, si capisceche il suo compito principale, in-sieme alle altre due, era quello dicombattere i Parti, popolazioneche allora appoggiava PescennioNigro, acclamato imperatoredalle legioni di stanza in oriente.Fu grazie a loro che, nel 199 d. C.,cadde e fu saccheggiata Ctesifonte,principale città partica, e, quindi, laconquista della Mesopotamia fueffettivamente compiuta (anche sela sua annessione all’impero era giàstata proclamata circa trenta anniprima).Nel 202 la II Legio venne stanzi-ata nei Castra appositamentecostruiti nel territorio albano;ma quali furono i motivi diquesto strano spostamento?Per la prima volta dai tempi di

Ottaviano Augusto una legionesi trovava di base in Italia, men-tre le altre erano ubicate, comedi norma, ai confini dell’impero.Settimio Severo riteneva oppor-tuno mantenere una riservamilitare al centro dell’impero, siaper rinforzare la guarnigionemilitare di Roma (è di quel peri-odo, infatti, un ampliamentodelle coorti pretoriane e citta-dine e un aumento delle truppestanziate in Italia, che finironoper raggiungere un totale ditrentamila uomini), sia perchéquesti soldati, della cui fedeltà edel cui valore militare l’impera-tore era certo, avrebberocostituito la sua guardia del cor-po.La II Legione Partica fu, infatti,molto leale verso la dinastia deiSeveri: combattè, sempre controi Parti, sotto Caracalla, contribuì,nel 218, a far salire al potere Eli-ogabalo e in seguito, ne sostenneil successore, Alessandro Severo,in nome del quale prese le armisia in oriente che in occidente. Durante l’impero di Massiminoil Trace appoggiò, invece, il ten-tativo di restaurazione senatorio.All’inizio del IV secolo la legionenon risulta più stanziata ad Al-bano; a metà del III secolo,infatti, era stata ricondotta adApamea, mentre, nel V secolo, sihanno notizie di un suo repartoin Mesopotamia.Nel museo, grazie al contributodell’archeologia sperimentale,sono stati ricostruiti sia l’ab-bigliamento che le armi delleprincipali figure militari della le-gione come: il Centurione, ilSuonatore di tromba, il Portain-segne. Tra queste spicca quelladel Praefectus Legionis che eraposto al comando diretto del-l’imperatore. Questi aveva,infatti, dichiarato responsabiledelle sue legioni, anziché i sena-tori, gli uomini dell’ordineequestre che rispondevano diret-tamente a lui.

Nella prima sala del museo è es-posta l’ara di Cassio Severiano;costui era un Centurione Prim-ipilo dei Triarii della I Coorte e,come ufficiale, era preposto aiservizi di mantenimento eguardia dei Castra.Si possono qui ammirare: un al-torilievo marmoreo raffigurantei fasci littori e uno schiniere inbronzo con la raffigurazione deldio Marte che, vista l’eleganza ela finezza della fattura, sicura-mente era adoperato per leparate.Un’idea di quello che era l’ac-campamento militare albano èdato dalle sale successive in cuifanno bella mostra di sé alcunielementi architettonici che neabbellivano gli edifici. Rilevante è una testa turrita rap-presentante Tyche-Fortuna cheoriginariamente era posta sulfronte della Porta Pretoria versola Via Appia.I reperti in mostra nelle saleseguenti danno ampia testimoni-anza della vita che tutti i giorni sisvolgeva all’interno del campomilitare: sono esposti vasi dacucina, piatti in sigillata africana,anfore vinarie, olearie e a collolargo per le derrate semisolidecome, ad esempio, il garum.Sono altresì in visione, per quan-to riguarda la parte dedicata allearmi, punte di frecce e ghiande-missile in piombo.Si può ammirare anche l’aspettoludico della quotidianità grazie apedine e dadi da gioco nonché atesserine in piombo; queste altronon erano che l’equivalente deibiglietti d’ingresso per gli spetta-coli nell’anfiteatro locale.L’ultima sala è dedicata alle se-polture: vi si trovano, infatti, icalchi di due stele funerarie: unarelativa ad un certo Epcentusprincipe della legione, addettoalla paga dei legionari; l’altra adun bambino, tale Euthyches, lacui iscrizione è riportata sia inlatino che greco.E’ esposta anche un’iscrizionemutila molto importante perchériporta l’elenco dei legionari incongedo, indicandone sia i cog-nomina che la patria.Da apprezzare anche le urnecinerarie e i coperchi di sarcofagiin peperino dalla particolare for-ma a “baule”, ritrovati nellenecropoli albane del Colle deiCappuccini.L’aula didattica del museo è fattaa vera e propria misura di bam-bino o di chi è ancora talenell’animo; chi lo desidera, infat-ti, può indossare la divisa dellegionario fedelmente riprodottae, quindi, attraverso i filmati di

archeologia sperimentale, im-medesimarsi in un soldatoromano e verificare, sempre at-traverso i video, la disciplina e ladurezza della vita militare ro-mana.Si ricorda, infine, il Museo Civi-co di Albano con sedenell’edificio neoclassico di VillaFerrajoli nelle cui 23 sale espos-itive si possono ammirare repertiarcheologici che vanno dal Pale-olitico al Medioevo. L’esposizione comincia con deiritrovamenti relativi all’età delBronzo medio e quelli pertinential XI- IX secolo a. C. (il cosid-detto periodo “Albano” dellaCiviltà Laziale). Si passa poi ad una testina poli-croma di un guerriero latino delV secolo a.C. e ad un altorilievofittile da ricondursi ad un santu-ario, riproducente una danza dimenadi e satiri, pezzi entrambirisalenti all’età Arcaica come an-che alcuni ex voto la cuiprovenienza è da ricondurre atempli Arcaico-Repubblicani. Per quanto riguarda, invece, ilperiodo Repubblicano e quellodel primo Impero ci sono di-verse testimonianze costituite dareperti di vita quotidiana. Alcune sale sono dedicate alladocumentazione delle ville ro-mane presenti sul territorio(oltre a quella di Pompeo Magnoci sono anche la villa romana aiCavallacci e quella presso Can-celliera) i cui scavi hannorestituito marmi e statue.Ovviamente ci sono anche salededicate ai ritrovamenti relativialla II Legione Partica, a quellipaleocristiani, medioevali e ri-nascimentali.Nel marmorium-lapidarium unamostra di sarcofagi, statue, cippifunerari iscritti completa lacollezione museale.Per chi voglia recarsi ad Albanoper godere di queste sue innu-merevoli testimonianze delpassato, si ricorda che il museodella II Legione Partica ha sedein via Volontari del Sangue n. 11– 13 (tel. 0693263159); l’orariodi apertura al pubblico è dallunedì al venerdì dalle 9,00 alle13,00, il mercoledì e il giovedìanche dalle 16,00 alle 19,00, ilsabato dalle 8,00 alle 14,00 e ladomenica dalle 9,00 alle 13,00. Il Museo Civico di Villa Ferra-joli, invece, è situato in viaRisorgimento n. 3 (tel.069323490 fax 069325759).La direzione assicura che visiteguidate a musei e a monumentidella città saranno possibili pre-vio appuntamento.

Giulia Carozza

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Foto 3 - Coperchio di sarcofago “a baule”

Foto 4 - Tipologie di coperchi di tombe

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LAZIOVELLETRI: UNA CITTÀ, TRE MUSEIDefinita ‘illustre’ da Dionigi diAlicarnasso, ritenuta da alcunistorici città d’origine di Otta-viano Augusto, menzionata pervarie vicende da T. Livio e Sve-tonio, Velletri ha un’antica lungastoria da narrare!La si può ripercorrere in granparte visitando i suoi tre Musei,oggi collegati in un ‘SistemaMuseale Urbano’ costituito daidue Musei Civici (quello Archeo-logico e quello di Geopaleontologia ePreistoria, entrambi situati nel cinque-centesco Palazzo Comunale) e dalMuseo Diocesano (nel Chiostrodella Cattedrale): una forma di or-ganizzazione sistemica cheritroviamo solo a Viterbo e aPriverno.Questo importante traguardo èstato reso possibile, prima, dal-l'apertura al pubblico, nel 2007,del secondo Museo Civico dedi-cato alla Geopaleontologia ePreistoria dei Colli Albani, quin-di, nell’anno successivo, da unaconvenzione stipulata tra la Dio-cesi e il Comune di Velletri.Grazie ad esse la città è in gradodi offrire un articolato itinerariodi visita che va a ricomporre letappe fondamentali della storia edella cultura cittadina. Il Museo Civico di Geopale-ontologia e Preistoria (curatodalla Direttrice dott.ssa Anna Ger-mano e dall’archeologa dott.ssaMicaela Angle, allestito dalla Soprint-endenza ai beni archeologici e dallaRegione Lazio) propone un’espe-rienza emozionante, un viaggiostraordinario nel passato più re-moto del territorio dei ColliAlbani cui appartiene Velletri, at-traverso fenomeni,trasformazioni ed assestamentirappresentati mediante le piùmoderne tecnologie, con cui ilvisitatore può interagire. Il per-corso inizia con l’eruzione di unvulcano, avvenuta centinaia dimigliaia di anni fa, (riprodotta coneffetti tridimensionali, in un sug-gestivo “condotto di fuoco”), eprocede progressivamente fino aimanufatti ritrovati in vari scavi ead alcune ricostruzioni di ambi-enti e culture dei primi abitantidel territorio (come la grotta preis-torica e la capanna dell’Età del Ferroricostruite da esperti ed artisti secondoantiche tecniche). Il Museo è articolato in cinquesezioni su due piani ed ècorredato da pannelli esplicativiche illustrano e fanno rivivere in

modo coinvolgente, e semprecon rigore scientifico, fenomenisvoltisi su vasta scala e in tempilunghissimiUna novità originale, dal grandevalore didattico, è il percorso il-lustrato“Itinerario bimbi”,(parallelo a quello principale),con divertenti pannelli comu-nicativi e didascalie in italiano ein inglese, tutto ideato e realizza-to ad altezza e ‘misura’ dibambino. Il Museo Civico Archeologico‘Oreste Nardini’, arricchitosinegli anni, a partire dall’origi-nario nucleo organizzato dal suofondatore ai primi del Novecen-to, propone un interessantepercorso che si snoda dalla pro-tostoria all’Alto Medioevo,evocando la storia del territorio,intersecata da Latini, Etruschi,Volsci, Romani, Bizantini.L’allestimento, secondo critericronologici e tematici, accompa-gna il visitatore attraverso duepiani: il piano terra la cui espo-sizione si riferisce alla vitaquotidiana - e il piano soppalcato- che documenta la sfera spiri-tuale (riti funerari, architettura eiconografia sacra, ex- voto).Tra i circa quattrocento repertiesposti, spicca il prezioso efamoso “Sarcofago delle fatichedi Ercole”(II sec. d.C.), simboli-ca sintesi dell’esistenza umana. Ritrovato nel 1955 nella cam-

pagna veliterna, è un’opera uni-ca, di eccezionale valore ebellezza. Scolpito in marmopario, si sviluppa in 184 raffigu-razioni che si articolanoarmoniosamente tra nicchie, pic-cole arcate e colonnine,narrando prevalentemente ledodici imprese di Ercole e, conesse, il difficile cammino umanoverso l’immortalità dell’anima. Ilmonumento è stato oggetto diindagini e interpretazioni daparte di numerosi studiosi tra cuiBernard Andreae, Renato Bar-toccini, Ranuccio BianchiBandinelli, e più recentemente,Fausto Zevi. Nel 2008 è statopiù d’una volta presentato nelcorso della trasmissione “Ulisseil piacere della scoperta” con ildocumentario dedicato allegrandi tombe monumentali ditutto il mondo. Il Museo Diocesano è costitu-ito da sei sale in un percorsocircolare allestito con criterimoderni e raccoglie opereuniche di inestimabile valore.Tra queste la "Croce Veliterna",prezioso reliquiario dell'XI-XIIsec. in oro filigranato e smalti,straordinari paramenti e arrediliturgici nonché varie opere diGentile da Fabriano, Bicci diLorenzo, Antoniazzo Romano,Giovan Battista Rositi,Francesco da Siena.Il Gruppo Archeologico Veliter-

no, testimone e partecipe in par-ticolare dell’allestimento delnuovo Museo paleontologico,nell’evidenziare l’importanza el’alto livello del moderno Sis-tema Museale di Velletri, loconsiglia a tutti per una visita digrande interesse. Da notare, inoltre, che intorno aquesti tre musei si animano varieiniziative ludico-didattiche, an-che estive: un modo efficace diattrarre e educare alla cultura eall’arte, che sta rendendo i museiun punto di riferimento per lacittà e, ci auguriamo, anche per ilterritorio circostante!Lo sono di certo per il G.A.V.che da più di un decennio offre

in varie attività la sua collabo-razione (particolarmente costante nelcatalogare ed informatizzare i reperti)e li vive quindi sempre più comepunto d’incontro, di formazionee di impegno volontario.Ciascuno dei tre musei meritanaturalmente specifici appro-fondimenti che ci si riserva perprossime occasioni.

Per contatti ed informazioni:Gruppo Archeologico Veliterno http://www.gruppoarcheo-logicoveliterno.com/

Musei Civici Velletri http://www.velletrimusei.it

Vista dei due piani dell’Itinerario Geopaleontologico

Sarcofago delle fatiche di Ercole (II sec. d.C.)

Anno V - Numero V6 PAGINE REGIONALI

Ai primi di questo mese è giunta in Italia una famigliola disvedesi miei amici, venuti qui con qualche idea in testa circa ilfascino dei siti dell’archeologia laziale, molto nota nel loro Paeseper merito di Re Gustavo Adolfo, buon’anima.A trecento metri dall’Aerostazione di Fiumicino (che fortuna!)si trova, il bel Museo delle Navi Romane, ma ahimè esso è chiusoda tre anni per restauro (di chè? delle navi – non credo proprio- o dell’impianto di condizionamento ?). Ci dirigiamo al PortoEsagonale di Traiano, ma ci riferiscono che è chiuso in una pro-prietà dei Torlonia e quindi visitabile solo occasionalmente. Cirechiamo alla vicina Necropoli di Porto che è bellissima e bentenuta, ma il cancello è chiuso perché si apre solo un giorno lasettimana (e oggi non è quello giusto, anche se dentro si vedonoparcheggiate diverse auto, forse della famiglia del custode, prob-abilmente in servizio da qualche altra parte). E allora via ad OstiaAntica (sempre splendida e ben tenuta) dove si vedono un belpo’ di addetti che si aggirano attorno al Museo (e nessuno sugliscavi, magari per far visitare qualche Mitreo….). Decidiamo poidi andare alla Villa di Plinio a Castelfusano: uno sconquasso to-tale (pardon, c’è uno scavo in corso da cinque anni) ed il sito èinvisitabile. Si è fatta sera ed ho accompagnato i miei amici a Ro-ma, dandoci appuntamento per il giorno dopo per poter visitare,speriamo bene, il Colosseo!

Lettera Firmata

LUGLIO 2009

LA POSTA DEI LETTORI

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GRUPPO ARCHEOLOGICO GARGANICO - RIQUALIFICARE I BENI CULTURALI, PAESAGGISTICI E AMBIENTALI

IL PARCO ARCHEOLOGICO DI MONTE TABOR(Necropoli dell’età del ferro IV – III Sec. a.C.)Cenni storiciMonte Tabor, fin dall’epoca sto-rica dal nome a noi ignoto, èstato il luogo a cui gli abitatoridelle colline hanno affidato il se-greto dell’eternità.La necropoli di Monte Tabor, no-ta già dal 1876, che l’Angelucciriteneva fosse quella dell’antichis-sima Vicus o Veicos, costituisceun tassello importante del piùvasto mosaico della civiltà pro-tostorica del Gargano.Le tombe, in gran parte già violatenei secoli scorsi (Giuseppe del Vi-scio, nel suo libro “Uria”, citaparte dei reperti rinvenuti), sonodisposte intorno alle due colline incerchi concentrici, ad eguale di-stanza fra loro, e scavate nellaroccia alla profondità di circa unmetro, a forma tronco-piramidali,più larghe in fondo che alla bocca.La loro dimensione non permet-teva di porvi i cadaveri distesi,ma dovevano essere inumati se-duti, con le ginocchia ripiegatesul petto. Successivamente si so-no occupati in maniera regolaree scientifica della necropoli UgoRellini, direttore della MissionePreistorica del Gargano, e in se-guito Ciro Drago, RaffaelloBattaglia, Cleto Corrain e PiaGallo.Della nostra necropoli, inseritanel contesto dell’età del Ferrodella Daunia, si sono poi interes-sati il prof. Silvio Ferri e laNegroni-Catacchio dell’Univer-sità di Milano per quanto attienealla problematica delle ambregarganiche. Tra gli studiosi locali, oltre al delViscio, si sono interessati in loroarticoli o lavori l’avv. Giusepped’Addetta, il comm. Francescodelli Muti, Padre Cristoforo Iavi-coli e Padre Cassiano Priore, iquali ultimi, attraverso il lorogiornale “Il Tabor”, denunciaro-no lo scandalo della cava apertasull’area, che distrusse un grannumero di tombe, ottenendonela chiusura definitiva.I ripetuti sondaggi della zonaconsentirono l’individuazione ela catalogazione di diverse tom-be, ma non tutte concentraterigorosamente intorno alle duecolline di Monte Tabor; infattialla metà degli anni ‘50, durantei lavori di fondazione delle attua-li abitazioni in Piazza sanFrancesco, vennero fatti dei rin-

venimenti di tombe tronco - pi-ramidali o ellittiche scavate nellaroccia con ricchi corredi funerari,tutti andati persi. Dei resti dell’area archeologica ètornato ad occuparsi nel 1976-77 il Gruppo ArcheologicoGarganico “Silvio Ferri” conuna campagna di ripulitura dalleimmondizie dell’area della ne-cropoli. Durante questa campagna furo-no ritrovati anche dei reperti eframmenti che sono stati raccol-ti, catalogati e comunicati allacompetente Soprintendenza;questi materiali sono attualmen-te esposti in teche nei locali della

A Montegibbio di Sassuolo (MO), in località il Poggio, recenti scavi archeologici eseguiti nell’areadella villa rurale di età romana hanno messo in luce muri in ciottoli squadrati riferibili ad unacostruzione precedente edificata al di sopra di un crollo costituito da grandi blocchi lapidei squadrati,riferibili a loro volta ad una costruzione ancora più antica di carattere monumentale. Dagli elementilapidei emersi, non in giacitura primaria, gli archeologi hanno ipotizzato la presenza nel sito di unsantuario dedicato a Minerva, come suggerirebbe il recupero di un’iscrizione votiva su un frammentofittile (… MINER SUM). Lo scavo, diretto dall’archeologo Donato Labate della Soprintendenzaper i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, con il coordinamento sul campo dall’archeologaFrancesca Guandalini, ha anche ravvivato l’interesse di geologi e paleosismologi impegnati a com-prendere quali eventi catastrofici abbiano provocato la distruzione di questo insediamento che hacontinuato a vivere fino al V-VI sec. d.C. Il rinvenimento, infatti, di un pozzo a forma ellittica, data-bile alla piena epoca imperiale, con camicia in pietre squadrate, è apparso quasi certamentedeformato in un ovale da un profondo movimento della terra, riconducibile ad un evento tellurico.Tra i numerosi reperti rinvenuti che documentano una fase di frequentazione di epoca repubblicanadel sito archeologico si segnalano monete del II sec. a.C. e piattelli in ceramica a vernice nera databilitra il II e il I sec. a.C. Le fasi successive dell’insediamento sono state confermate dal rinvenimentodi varie monete (nummi tardo antichi, assi, sesterzi di I sec. d.C.) e di pregevole vasellame, tra cuialcuni piatti in terra sigillata italica e coppette a pareti sottili.

Giampiero Galasso

Nel corso del corrente anno si sono costituiti i se-guenti Gruppi Archeologici, ai quali formuliamo uncordiale benvenuto!G.A. di Agrigento, G.A. Velathri, G.A. di Crespi-na, G.A. S. Ninfa, G.A. di Catanzaro, G.A. delSannio.

I NEO - NATI

Anno V - Numero V 7PAGINE DEI GRUPPI

NUOVA ARCHEOLOGIAperiodico dei

Gruppi Archeologici d’Italia

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Giampiero Galasso (Camp.)Marco Mengoli (Lazio)

Pietro Ramella (Piemonte)Leonardo Lo Zito (Basilic.)

Redazione RomaGianfranco Gazzetti

Fiorella AcquaGiulia Carozza

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Manuel VanniSilvio Vitone

Hanno collaboratoMario Afferrante

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Autorizzazionen. 18/2005 Trib. di Roma

StampaCINACIULLI - EBOLI (SA)

Biblioteca Comunale “Giuseppedel Viscio” a disposizione dellacomunità.

Ipotesi di progettoIl progetto di parco archeologico“Monte Tabor” trova i suoi con-notati caratterizzanti nei seguentielementi: - area vicina al centro abitatocon conseguenti ripercussionipositive che avrebbe la sua atti-vazione.- grande interesse ambientaledella zona in relazione alle visua-li, verso il mare e la forestaumbra, che da essa si godono.- significativa la presenza del Ci-

mitero Monumentale di san Pie-tro, costruito sui resti di unachiesa dell’anno mille, sede nel1310 dell’Ordine Teutonico disan Leonardo di Siponto (FratresSanctae Mariae Theotonicorumin castro Vici), tra i primi cimiteriextraurbani d’Europa (1792),che in posizione strategica domi-na la zona archeologica e sipropone come portale d’ingres-so e presentazione del parcoarcheologico.Questi elementi portano a defi-nire il parco archeologico comeluogo protetto per la conserva-zione delle tombe e come parcourbano sia per il tempo libero-ri-creativo sia per le attività culturali. A tal fine sono previste:- recinzione perimetrale in muroa secco, percorsi pedonali, luo-ghi di sosta.- recupero dei tavelloni utilizzatinei muri a secco.- ricostruzione di falsi corredifunerari all’interno di alcunetombe, illuminate e protette davetro.- tabelloni didattici.

Nuove scoperte archeologiche a Sassuolo

- trasformazione del decliviodella vecchia cava in anfiteatrostile greco-romano, con gradiniin pietra e spogliatoi ricavati nel-la parte bassa, sotto il piano delproscenio e della scena.Il Cimitero Monumentale di sanPietro costituirà l’ingresso al par-co archeologico con ladestinazione di alcune sale a mu-seo, il porticato delle cappellegentilizie ospiterà mostre didat-tiche mentre l’atrio saràutilizzato come spazio culturaleper rappresentazioni e convegni.Il progetto del Parco Archeolo-gico di Monte Tabor, previaintesa con i proprietari dell’areae con il parere favorevole dellacompetente Soprintendenza, po-trà essere realizzato anche con ilconcorso di questo Gruppo.

Mario Afferrante

Page 8: CAMPO DI ISCHIA DI CASTRO (VT) - Gruppi Archeologici · 2014-05-31 · CAMPO DI ISCHIA DI CASTRO (VT) CANTIERE DI CASTELLARDO Da qualche anno si conferma il successo del campo di

Anno V - Numero V8

I SESSIONE ore 10.00 – 13.30 Sala Diana

indirizzi di salutoVincenzo Fasano Consigliere alla Cul-

tura del Presidente della Provincia di

Salerno, Senatore

Maria Luisa Nava Soprintendente per i

Beni Archeologici di Salerno Avellino

Benevento e Casert a

Enrico Ragni Presidente Nazionale

Gruppi Archeologici d'Italia

introduceNunziante De Maio Direttore Nazionale

Gruppi Archeologici d'Italia

modera Giorgio Poloni Direttore Editoriale

Nuova Archeologia

intervengono

Nuovi scavi alla Necropoli etrusca di

Pian della Conserva

Federica Arzillo - Mascia Zullo

Gruppo Archeologico Romano

Il Complesso di San Pietro a Corte in Sa-

lerno: restituzione in 3d della fase

tardoantica

Rosanna Barone Gruppo Archeologico

Salernitano

Progetto di recupero e valorizzazione

della via Amerina. Nuove prospettive

Laura Caretta Gruppo Archeologico

Romano

Le più recenti attività del campo di Rofalco

Orlando Cerasuolo - Luca PulcinelliGruppo Archeologico Romano

L’abitato medioevale della Tolfaccia sui

Monti della Tolfa

Giovanna Colombo Gruppo Archeolo-

gico Romano

La campagna di ricerca del G.A.R. a Ca-

stro 2000-2008. La chiesa di S. Pancrazio

Ilario Di Nardo Gruppo Archeologico

Romano

Castellardo: un insediamento medioevale

d’altura del territorio vulcente. Ultimi ri-

trovamenti

Desireè Divizia - Gianfranco GazzettiGruppo Archeologico Romano

Operazione Bunifat. Terza campagna di

scavi sul Monte Bonifato di Alcamo (TP)

Antonino Filippi Gruppo Archeologico

Drepanon

L’attività di ricerca e valorizzazione della

via Appia antica tra Roma e Frattocchie

Gianfranco Gazzetti Gruppo Archeolo-

gico Romano

Il materiale ceramico delle fasi primo -

imperiali della villa romana della Selvic-

ciola

Giuseppina Ghini Gruppo Archeologi-

co Romano

L'approvvigionamento idrico nella Pom-

pei imperiale tra antiche divinità fluviali

e moderne analisi chimiche

Vincenza Iorio Gruppo Archeologico

Romano

La struttura voltata di Pian della Conserva

Manuela Mentasti Gruppo Archeologi-

co Ambrosiano

Riproduzione di manufatti preistorici e

protostorici del Maestro Cosmo Rombolà

Domenico Re Gruppo Archeologico del

Crati, Torano Castello (CZ)

Sui resti di un vaso egizio in faïence or-

nato a stampo rinvenuti nei pressi della

Via Appia Antica. Dall’osservazione sti-

listica all’analisi funzionale. Ipotesi di

datazione

Manuel Vanni Gruppo Archeologico

Romano

II SESSIONE ore 14.30 – 17.00“ Archeologia Subacquea e Archeologia

Navale”

introduce e coordinaNunziante De Maio Direttore Nazionale

Gruppi Archeologici d'Italia

partecipanoIl Gruppo Archeologico di Sciacca: due

anni di esperienza di archeologia subac-

quea

Francesco Laratta Gruppo Archeologi-

co Sciacca

Il Contributo delle Scienze della Terra

nella ricostruzione ambientale ed evolu-

tiva di aree archeologiche: il sito costiero

di epoca romana in località Santa Croce

a Sapri

Romeo Mariano Toccaceli Gruppo Ar-

cheologico Golfo di Policastro

concludono

Maurizio Palmisano Istituto per l’Am-

biente Marino Costiero, CNR

Vincenzo Tuccillo Università degli Studi

di Napoli “Federico II”, Facoltà di Inge-

gneria

si era ridotto a poco più di unrifugio per briganti. Abbandona-to per la maggior parte dei suoiedifici, vengono utilizzati esclu-sivamente quegli ambienti che sitrovavano ancora in buone con-dizioni e generalmente le stanzedelle case vengono riadattate an-che a rifugio per animali.La scoperta di quest’anno è ar-rivata continuando la pulizia chel’anno scorso ci aveva fatto indi-viduare la porta della strada diaccesso alla rocca. Difatti con-tinuando a riportare alla luce lamuratura che fodera la parte adest del mastio ci si è accorti chequesta andava a foderare anchel’ingresso di una casa, o del vanorimanente di una casa scavata nelbanco. In realtà non è possibiledire con certezza se il tagliooperato per la messa in operadella strada abbia causato o nol’asportazione di alcuni dei vanidella casa. Essendo crollatoparte del muro che la sigillava èstato possibile arrivare a pulirnel’interno. La struttura rimanenteè composta da due vani separativerosimilmente da una strutturain legno di cui rimangono sola-mente le tracce dei buchi di palo.Bisogna notare dai confronti

CAMPO DI ISCHIA DI CASTROCANTIERE DI CASTELLARDO

continua da pag. 1

con l’abitato della vicina Vittoz-za, che sembrano pochi i solidue vani anche per una piccolacasa in grotta. Sembra così che iltaglio della strada abbia causatol’asportazione di parte della caseche erano scavate nel mastio.Particolare la situazione che si ètrovata all’interno: essendo statamurata in antico non era moltol’interro che la sigillava. Dallastanza verso sud sono stati recu-perati numerosi frammenti diceramica ricomponibili nellamaggior parte dei casi, come lecinque tazzine in ceramicalaziale, un versatoio sempre inceramica laziale e le tre brocchein ceramica acroma; tutti materi-ali databili intorno alla primametà del XIII sec. Ancora piùinteressante la situazione che ab-biamo trovato nel vano nord.Infatti mentre il primo vano èstato chiaramente abbandonatoall’inizio dei lavori di sis-temazione avvenuti appuntonella prima metà del XIII sec, equindi utilizzato in parte comebutto, il secondo vano è statoutilizzato fino al momento del-l’ultimazione del muro delmastio. Nessun frammento diceramica vi è stato rinvenuto, manell’angolo nord ovest è statorinvenuto un taglio rettangolareriempito da calce viva (utilizzataper la messa in opera del muroin grandi blocchi). Nell’angoloopposto della stanza tracce di un

focolare più volte riacceso, vici-no a questo scarsi resti di pasto,principalmente animali di pic-cole dimensioni per lo piùvolatili. Al centro della stanza eraabbandonata la lama di una pala,che recava traccia di una fratturaavvenuta in antico all’altezza del-la giunzione con il manico. Tuttequesta tracce ci hanno portato aconcludere che questo piccolo,ma riparato, ambiente dovevaessere utilizzato durante lacostruzione del muro difensivodel mastio, ed obliterato allaconclusione dei lavori. I lavori della prossima campagnasi concentreranno soprattutto inquesta area, per cercare di ri-portare alla luce tutto il percorsodella strada intorno al mastio,ma anche sui materiali rinvenutinel 2009 per i quali si sta già pen-sando ad una sistemazionepresso il museo di Canino unavolta ultimata la documen-tazione. Un grazie particolare a tutti iragazzi che ci hanno aiutato e achi continuerà, un grande graziea Roberta Prataviera senza il cuiaiuto sarebbe ancora più difficileaffrontare Castellardo.

Desirèe DiviziaFoto 3 - Interno della casa in grotta rinvenuta nella campagna 2009

III TERZO CONVEGNO NAZIONALE DEI GRUPPI ARCHEOLOGICI a cura dei Gruppi Archeologici d’Italia