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a cura di Elisa Tosi Brandi NUOVE OSSERVAZIONI DAL MUSEO DEGLI SGUARDI CALZATURE ETNICHE

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a cura di Elisa Tosi Brandi

NUOVE OSSERVAZIONIDAL MUSEO DEGLI SGUARDI

C A L Z A T U R E E T N I C H E

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CALZATURE ETNICHE,NUOVE OSSERVAZIONI DAL MUSEO DEGLI SGUARDI

Museo degli Sguardi15 novembre 2008-15 febbraio 2009

Coordinamento: Marcello Di Bella

Direzione: Maurizio Biordi

Curatori: Maria Giuseppina Muzzarelli, Elisa Tosi Brandi con la collaborazionedi Monica Farneti

Collaboratori: Alessandra D'Alba, Valentina Marrocco, Luigi Pezzoli(per la consulenza sull’Africa)

Progetto grafico: Marco Bedeschi per Dinamo Project Imola

Allestimento: Musei Comunali di Rimini (S.Caminiti, I.Montevecchi, M.Succi)

Progetto mostra: Francesca Iaconisi, Silvia Melatti

Videomaker: Luca Contieri, Girolamo Lanzafame

Musica: Antonio Pagano

Segreteria organizzativa: Musei Comunali di Rimini (A.Fontemaggi, D.Galvan,I.Guglielmi, O.Piolanti)

Foto: Andrea Scardova (Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali dellaRegione Emilia-Romagna)

Servizi assicurativi: Marsh & Co s.p.a., Cremona

Ricerca condotta da Elisa Baldazzi, Angela Ceccarelli, Lei Chen, Barbara D’Agapiti,Federica Dall’Olio, Isabella Gualerzi, Roberta Isgrò, Ilaria Piparo, Cecilia Richeldi,Teresa Rizzo, Roberta Rossi, Giuliana Sciaboli, Silvia Silverio, Tiziana Sonia Spelta,Grazia Tragni, Valentina Vio Gilardi nell’ambito del Master in Produzione e culturadella moda – Collection product management dell’Università di Bologna ed Assoform-Rimini, all’interno dell’insegnamento in “Evoluzione dello stile e della moda” (MariaGiuseppina Muzzarelli), A.A. 2005-2006.

Organizzazione: Museo degli Sguardi – Raccolte Etnografiche di RiminiVia delle Grazie, 12 – Covignano di Rimini – Tel. 0541 751224In collaborazione con: Corso di Laurea in Culture e tecniche della modaFacoltà di Lettere e Filosofia, Università di Bologna, sede di Rimini

Il presente catalogo è stato pubblicato con il sostegno dell’Istituto Beni Artistici, Culturalie Naturali della Regione Emilia-Romagna.

© Museo degli Sguardi, Rimini

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Maurizio Biordi (Museo degli Sguardi)

CALZATURE ETNICHE,NUOVE OSSERVAZIONI DAL MUSEO DEGLI SGUARDI

Il Museo degli Sguardi di Rimini possiede diversi nuclei di materiali extraeuropei,attualmente non esposti, legati a tematiche che il fondatore del Museo, DelfinoDinz Rialto (1920-1979), prevedeva di svolgere nel suo originario progettomuseografico che poi non ha avuto corso. Infatti, Dinz Rialto aveva programmatodi affiancare all'originario Museo delle Arti Primitive-Raccolta Delfino DinzRialto, inaugurato nel 1972, un Museo Etnografico dedicato agli usi e costumidei “popoli primitivi” oltre ad un Giardino zoologico. Pertanto seguendo questosuo progetto ideale aveva iniziato a raccogliere sistematicamente, già negli anniSessanta e Settanta del secolo scorso, vari materiali per questa finalità.Il progetto preliminare del Museo Etnografico prevedeva otto sezioni tematiche:1) Abitazione; 2) Lavoro; 3) Abbigliamento e cura del corpo; 4) Simboli diautorità; 5) Trasporti e scambi; 6) Guerra e caccia; 7) Giochi e passatempi;8) Musica e danza. Di particolare interesse il nucleo delle calzature etnicheche dovevano fare parte della sezione 3) Abbigliamento e cura del corpo. Sitratta prevalentemente di calzature dell'Africa e dell'Asia che Dinz Rialto haacquisito gradualmente seguendo il suo progetto 'ideale' dando così originead un nucleo di particolare interesse dal punto di vista etnografico. Dinz Rialtoaveva raccolto i materiali finalizzati a questa sezione, come si evince chiaramentedal modo in cui il materiale era stato organizzato nei depositi che aveva aMestre e a Milano. Fu allora, infatti, che lo scrivente, dopo la morte di DinzRialto, nel 1979, prese visione, nel 1980, dei materiali che il fondatore delMuseo stava raccogliendo per il futuro Museo Etnografico di Rimini. Lecalzature etniche, ed altro materiale, erano raccolti in imballaggi con la dicitura'Museo Etnografico di Rimini' e gran parte delle calzature raccolte portavanol ' etichetta autografa con l ' indicazione del paese di provenienza.Oltre alle calzature etniche raccolte da Delfino Dinz Rialto, di particolareinteresse sono le calzature raccolte dai Padri Francescani del Santuario diSanta Maria delle Grazie di Covignano di Rimini nelle missioni asiatiche ecinesi in particolare.Ora con questa mostra, in stretta collaborazione con il Corso di laurea inCulture e tecniche della moda della Facoltà di Lettere e Filosofa dell'Universitàdegli Studi di Bologna-Sede di Rimini, vengono messi in luce, grazie anche allavoro di un gruppo di studenti in ambito universitario, forme ed usi dellecalzature evidenziando il loro valore culturale e sociale che ad esse venivaattribuito dalle culture di pertinenza. Inoltre l'aspetto laboratoriale che hacontraddistinto il lavoro degli studenti tende da una parte a valorizzare leraccolte riminesi e dall'altra ad offrire agli stessi studenti, aziende di moda estilisti del materiale 'antico' su cui fare degli studi e dal quale trarre anchenuovi spunti e modelli attraverso la loro rivisitazione.

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Maria Giuseppina Muzzarelli (Università di Bologna)

LE SCARPE PARLANO,BASTA SAPERLE INTERROGARE

Gli oggetti parlano, si sa, basta saperli interrogare. Parlano i guanti, iv e n t a g l i , i c a p p e l l i , p e r l i m i t a r e i l d i s c o r s o a g l i a c c e s s o r idell ’abbigliamento, e anche le scarpe. Parlano di collegamenti cherendono possibili, consentendo agli uomini calzati di raggiungere postianche lontani ed imperv i , ma par lano anche d i rec lus ioni e d iconfinamenti quando ai piedi, soprattutto delle donne, compaionoimprobabili calzature che rendono impossibile o quasi il movimento.Magari si tratta di calzature che donano sinuosità all ’andatura e ciòrivela un disegno seduttivo che non di rado caratterizza le scarpe.Ci sono scarpe da parata e scarpe quotidiane, scarpe per stare in casaed altre per uscire, scarpe per sedurre e scarpe per dominare, scarpepensate per offrire comodità e leggerezza ed altre invece concepite persacrificare e relegare.Va poi r icordato che indossare scarpe è comunque un privi legio:ancora oggi sono molti a non possederle mentre alcuni o alcune necollezionano a migliaia e ne esibiscono di strabilianti e costosissime.Hanno in sé il valore di una soglia e segnano la soglia. Si collocanoinfatti al confine fra il corpo e il suolo e segnano il limite fra internoed esterno. Le scarpe da casa sono infatti diverse da quelle da fuori e,come in molte rappresentazioni pittoriche del XVII secolo, una pianellain primo piano alludeva al confine fra lo spazio pubblico e quello privatoinva so da ch i gua rda ne l quadro l ’ i n t e rno i v i r appre s en t a to .Le scarpe giocano un ruolo importante nella distinzione fra i sessi e frale categorie sociali e proprio in considerazione della loro rilevanzapubblica come elemento distintivo sono state frequentemente oggettodi regolamentazione suntuaria. Anche le scarpe, come gli abiti e i gioielli,sono stati infatti negate, consentite o dosate a tenore di legge, conprovvedimenti che le adeguavano alle differenti condizioni sociali .Questo non solo in Occidente e non solo in secoli lontani. Sappiamo,ad esempio, che gran parte della popolazione Yoruba della Nigeriadovette attendere fino alla fine del XIX secolo per godere di qualchelibertà circa le calzature da indossare (Si veda il saggio di T.M.Akinwumiin Scarpe, a cura di G.Riello, P.Mc Neill, Vicenza 2007 ma Oxford 2006).Per secoli infatti solo il monarca aveva il diritto di portare le scarpe equando la concessione riguardò più ampi strati della popolazione sidovet tero però fa re i cont i con le impos iz ioni co lonia l i s te cheriguardarono anche le scarpe. Le scarpe rivelano infatti anche cultura,individuale e collettiva, e tradizioni manifestate da motivi decorativi,da model l i ma anche da accostament i d i mater ia l i e d i co lor i .

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Da sempre oggetto di creazioni fantasiose e bizzarre-basti pensare alle pianellecon sopralzo di circa mezzo metro in uso fra Medioevo e Rinascimento nellecittà italiane e giunte in alcuni esemplari fino a noi-sono da secoli anche oggettodi investimento libidico e materia di sogno. Si sogna di fuggire dalla quotidianitào di uscire dai propri panni indossando scarpette vermiglie oppure di vetro,come nelle favole che ancora incantano i bambini, e si perseguono disegnierotici magari fasciando i piedi e sacrificandone lo sviluppo, come un temposi usava in Cina o, meno drammaticamente, procedendo a stento su affusolatescarpe dai tacchi a spi l lo di c irca una vent ina di cent imetr i .In un percorso sia personale, tramite scelta e acquisto, sia collettivo, tramiteproduzione e commercializzazione, caratterizzato da evidenti contraddizioni cisi ingegna a pensare e a procurarsi scarpe che rendono difficile il movimento,utili però ad altri fini (per comunicare ricchezza e privilegio o come richiamosessuale) ma anche scarpe sempre più comode, morbide e leggere, basti pensareal successo indiscutibile delle sneakers.Ad inventare fogge inedite capaci di invogliare all’acquisto un tempo eranomodesti ma capaci ciabattini ed ora sono maestranze qualificate e autentici artistiche traggono non di rado ispirazione da modelli del passato e da produzionidi paesi lontani. La storia delle calzature serve anche a questo e cioè a fornireuna ricca serie di spunti da reinterpretare e adattare.Soffermarsi a ragionare su cosa ci si è messo ai piedi nel mondo romano, sulleproduzioni delle botteghe artigianali medievali o sulle restrizioni suntuarie èun modo per interrogare il passato, per individuare singolarità o ricorrenze,vicinanze o lontananze, per mettere a fuoco lotte e conquiste, sforzi collettivie forme di estro individuale. E’ anche un modo di superare l’ ingenuità con laquale talvolta ci si pone davanti alle situazioni ed alle cose come se le une e lealtre nascessero nel momento in cui cadono sotto il nostro sguardo. Prendiamoil caso delle calzature con tacco a ponte che, se la moda ce lo suggerisce, anzice lo impone, siamo pronti ad adottare fieri della neoideazione: invece hannosecoli alle spalle. Le troviamo nel vicino Oriente in uso nei bagni turchi e inOccidente alla fine del medioevo ai piedi nudi dei frati francescani o ai piedicoperti da calze solate di uomini di elevata condizione sociale così come letroviamo nell’Africa del XIX secolo. Ovviamente si trattava di modelli diversie di materiali differenti ma sempre con un ricorrente tacco a ponte, lo stessoche caratterizza le scarpe tradizionali giapponesi ancora in commercio.Indagando diversità e riconoscendo le somiglianze, studiando forme e materialie ricostruendo le diverse funzioni sociali si restituisce valore ad oggetti chefanno parte della nostra storia e della storia degli altri. Si tratta di imparare agodersi quello che ha saputo sopravvivere in esemplari autentici o in testimonianzaindiretta. Si tratta di insegnare a vedere oltre l’”hic et nunc”, a vedere in profonditàe in prospettiva, anche a partire da una scarpa. Un museo, un’ esposizione, unlibro, una lezione servono anche a questo e cioè a farci capire quanto può esserelargo il raggio delle nostre radici ma anche quanto esse possono essere profonde.Basta applicarsi alla lettura degli oggetti, nel nostro caso delle scarpe, concompetenza, curiosità e passione.

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Antonella Salvi (Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna)

PROGETTO ETNO

Il Progetto ETNO è un progetto speciale di conoscenza e di valorizzazione delpatrimonio culturale extraeuropeo presente sul territorio regionale promosso e finanziatodall’Istituto Beni Culturali. Con il coordinamento del Servizio Musei dell’IBC e ladirezione di un Comitato Scientifico interdisciplinare, il Progetto Etno ha presoavvio nel 2004 con una preliminare azione conoscitiva condotta in modo sistematicopresso i Musei della Regione che è servita a far emergere unpatrimonio ETNOstraordinario per varietà e consistenza, espressione di culture provenienti dallemacro-aree continentali di America, Asia, Africa e Oceania. In linea con le finalitàdel Progetto Etno, all’azione conoscitiva ha fatto seguito una articolata azione divalorizzazione del patrimonio emerso, che l’Istituto ha attivato e sostenuto in variedirezioni,promuovendo interventi di catalogazione e di restauro dei materiali etno,attività formative a favore del personale museale che si occupa di mediazioneculturale anche con la partecipazione a progetti europei (Museums Tell Many StorieseMAPforID: Museums as Places for Intercultural Dialogue) sui temi della multiculturalitàed interculturalità. Con la realizzazione nel 2007 di una mostra divenuta itinerante«Lo Sguardo altrove. Il Progetto Etno e il Patrimonio extraeuropeo in Emilia-Romagna»e di un Catalogo, l’Istituto ha inteso raccontare i primi risultati del Progetto e assiemecreare l’occasione di partecipazione all’attuale dibattito internazionale sul ruolo delMuseo Etnografico e delle sue collezioni, quale riflesso coerente della crescentesocietà multietnica, nel creare le condizioni di una reciproca comprensione e scambioculturale. Con lo stesso fine nell’ambito del Progetto Etno si continuano a promuovereeventi di confronto e di riflessione attorno al tema della complessità e dinamicitàdelle Collezioni Etnografiche, facendo dei musei luoghi di incontro e confronto, didialogo, scoperta e approfondimento delle diverse identità culturali, e questo inparticolare nel 2008 celebrato come l’Anno Europeo dedicato al Dialogo Interculturale.Ecco perché si sostengono anche a livello locale quelle iniziative di valorizzazionepromosse dai Musei capaci di stimolare l’attenzione e la curiosità dei pubblici versoun patrimonio fatto di linguaggi ed espressioni diverse, come questa originale mostrasulle calzature: nel riscoprire una singolare tipologia di materiali delle collezionicustodite nei deposito del Museo degli Sguardi, la mostra presenta una diversità diforme, di stili, di significati culturali e simbolici, e una diversità di prospettive di“sguardi” alla scoperta delle diverse identità culturali che le hanno prodotte. Oggiconoscere e valorizzare questo importante patrimonio conservato nei Musei èimportante non solo perché è portatore di forti contenuti artistici, antropologici edetnologici, ma anche perché rappresenta il polo attorno cui creare potenti occasionidi percezione e comprensione della diversità culturale e quindi di integrazioneculturale in una società che si affaccia sempre più ad una dimensione multietnica.

Per saperne di più sul Progetto Etno: www.ibc.regione.emilia.romagna.it (in Progetti,in Censimenti, in Mostre Virtuali) - Coordinamento: [email protected]

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Elisa Tosi Brandi

NUOVI SGUARDI SULLE CALZATUREAFRICANE E ASIATICHE DELLERACCOLTE ETNOGRAFICHE RIMINESI

La mostra su alcune calzature etniche conservate presso il Museo degli Sguardiè il frutto di un lavoro di descrizione e comparazione condotto dalle studentessedel Master in Produzione e cultura della moda - Collection product managementdell’Università degli studi di Bologna ed Assoform-Rimini, nell’ambito di unlaboratorio seguito da chi scrive all’interno dell’insegnamento in “Evoluzionedello stile e della moda” tenuto da Maria Giuseppina Muzzarelli nel corsodell’Anno Accademico 2005-2006. La proposta da parte del direttore del Museodegli Sguardi di mettere a disposizione di studenti e docenti che si occupanodi moda la collezione di calzature etniche custodite nei magazzini del Museodegli Sguardi per motivi di studio, è subito sembrata interessante per poteranalizzare questo materiale sotto nuove prospettive. E’ nata una collaborazioneproficua, grazie alla quale le studentesse del master hanno potuto esaminare,toccando con mano, le calzature etniche precedentemente selezionate in tregruppi omogenei. Tra le calzature etniche conservate nei magazzini del Museodegli Sguardi sono infatti stati scelti alcuni esemplari riconducibili a tre areegeografiche: Africa, Medio Oriente e Cina.

La prima fase di lavoro affrontata è stata quella dell’analisi diretta delle calzaturepresso il laboratorio del museo e, successivamente, quella della comparazionecon analoghi esemplari custoditi in altri musei o collezioni per la verifica deidati. Ad eccezione di brevi descrizioni contenute nell’inventario infatti, lecalzature etniche del Museo degli Sguardi, risultavano inedite non essendoancora state oggetto di specifici studi. L’assenza di pubblicazioni sulle calzatureetniche riscontrata in occasione di questa ricerca, se si escludono alcuni studilimitati a precisi ambiti culturali, ci ha in qualche modo imposto di approfondirela comparazione al fine di adottare un metodo di analisi scientificamente corretto.Molto utili a tal proposito si sono rivelati i data base on line di alcuni museicome il Bata Shoe canadese e il Shoes or no shoes? Museum belga che, all’internodelle loro collezioni, possiedono calzature etniche simili a quelle riminesi.

Partendo dalle brevi informazioni contenute nell’inventario e dalle vecchieannotazioni relative alle aree geografiche poste su alcune calzature, si è procedutoai primi confronti. Nella maggior parte dei casi sono stati confermati ambitigeografici e culturali, con l’eccezione di due calzature per le quali qui si presentanonuove ipotesi di attribuzione. Le schede che accompagnano le fotografie dellecalzature studiate, oltre a fornire la descrizione di queste ultime, informanocirca l’ambito culturale nel quale queste sono state elaborate ed indossate,parlano dunque di usanze, di tribù, di scambi commerciali, di uomini,

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donne e bambini e delle occasioni sociali nelle quali alcune di queste scarpevenivano indossate. Naturalmente i dati raccolti potranno essere ampliati,approfonditi e, chissà, forse anche messi in discussione.

Il nostro obiettivo primario era quello di valorizzare queste calzature e metterlein relazione con le società all’interno delle quali sono state concepite e portate,ma anche quello di metterle in relazione con il mondo attuale. La loro visibilitàin un percorso espositivo, all’interno del quale sono accostate ad oggettiprovenienti dallo stesso ambito culturale e geografico, consente di farle conoscereal pubblico di curiosi ed appassionati ma anche ad un mondo che da queste puòtrarre benefici in termini di idee. Mi riferisco alle aziende di moda e dei designersempre alla ricerca di spunti di ispirazione per le nuove creazioni stilistiche,che più volte negli ultimi decenni si sono ispirati allo “stile etnico”. Questamostra è rivolta anche a loro ed è per questo che al suo interno un’intera sezioneè dedicata al lavoro svolto dagli studenti del Cercal, il Centro Ricerca e ScuolaInternazionale Calzaturiera di San Mauro Pascoli che, grazie alla disponibilitàdella direzione e dei formatori, hanno accettato di elaborare progetti di calzatureispirate a quelle del Museo degli Sguardi, i cui tableaux con la sintesi del processocreativo sono esposti accanto alle fonti originali.

All’interno di questo piccolo catalogo e lungo il percorso della mostra, sipropongono nuove osservazioni su questo interessante oggetto etnico, ricco disignificati che rimandano a società antiche, ad usanze non sempre comprensibili,a simboli di privilegio che variano in relazione alle culture e all’ambientegeografico di riferimento, per comprendere che anche le calzature possono essereun mezzo per venire a conoscenza delle contaminazioni culturali avvenute nellasecolare circolazione di uomini ed idee avvenuta intorno al mondo.

Africa

MedioOriente CINA

Uganda

Niger

Etiopia

Isola di Zanzibar