C E D . A N F JFK. LA NUOVA F E LA NASCITA DEL PRIMO … · ... che spiega agli alleati italiani...

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DIREZIONE Ugo Finetti - Stefano Carluccio (direttore responsabile) Email: [email protected] Grafica: Gianluca Quartuccio Giordano GIORNALISTI EDITORI scarl Via Benefattori dell’Ospedale, 24 - Milano Tel. +39 02 6070789 / 02 683984 Fax +39 02 89692452 Email: [email protected] FONDATA DA FILIPPO TURATI NEL 1891 Rivista di Cultura Politica, Storica e Letteraria Anno CXXIII – N. 7 / 2014 Registrazione Tribunale di Milano n. 646 / 8 ottobre 1948 e n. 537 / 15 ottobre 1994 – Stampa: Industria Grafica - Editoriale Pizzorni - IGEP srl - Via Castelleone, 152 - 26100 Cremona - Abbonamento annuo: Euro 50,00 Euro - 10,00 POSTE ITALIANE S.p.A. Spedizione in a.p.D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) Art. 1 comma 1, DCB Milano - Mens. 9 7 7 8 0 0 0 0 5 7 0 0 3 1 3 0 0 7 ISSN 1827-4501 PER ABBONARSI Abbonamento annuo Euro 50,00 / Sostenitore Euro 100 c/c postale 30516207 intestato a Giornalisti editori scarl Banco Posta: IBAN IT 64 A 0760101600000030516207 Banca Intesa: IBAN IT 06 O 0306901626100000066270 E-mail: [email protected] Editore - Stefano Carluccio La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7/08/1990 n.250 Moro e i socialisti di Pietro Nenni, che si apprestavano a varare insieme il pri- mo centro-sinistra, frutto di una trava- gliata stagione politica interna iniziata con il fallimento della ‘legge truffa’ nel 1953 e dello stallo politico conse- guente, con la Dc costretta in fasi al- terne a ricorrere al sostegno del Movi- mento sociale italiano (Msi) per garan- tire una maggioranza al Paese. Il capo dello Stato, Antonio Segni, proposto da Moro proprio per rassicu- rare le ali estreme del suo partito, non nasconde la propria ostilità al disegno di inclusione dei socialisti nel gover- no, che il presidente della Repubblica considera ancora troppo vicini, alme- no culturalmente, all’Urss. Il primo lu- glio Kennedy arriva a Roma: era sbar- cato in Italia il giorno prima ma, stan- co dopo le tappe in Gran Bretagna, Irlanda e Germania, aveva deciso di passare una notte alla villa Serbelloni sul lago di Como per riposarsi. Viene accolto all’arrivo dallo stesso Segni e da Andreotti. La sera il ricevimento al Quirinale: Kennedy lascia tutti di sasso quando pren- de sottobraccio Nenni, con il quale ha un lungo colloquio. E’ un gesto simbolico: il principale ostacolo all’apertura a sinistra in Italia era sempre stato infatti il veto di Washington, il no secco alla partecipazione di socialisti o comunisti al go- verno del Paese, che la destra italiana sbandierava non appena il ‘rischio’ di questa apertura si palesava. Kennedy cambia la linea Usa, anzi la sua amministrazione si attiva in concreto per fare da ponte tra Dc e Psi e facilitare una soluzione politica di compromesso. E’ una linea che non piace a molti americani, in particolare “ad ambienti americani in Italia capaci di ostacolare non solo il centro-sinistra ma tutta l’azione di Kennedy”, scrisse il 2 novembre del 1963 Riccardo Lombardi a Nenni. Una evidente allusione ad una ricorrente coincidenza, nella gelida messa in guardia di Lombardi, tra mafia e forze di blocco ad ogni progresso liberaldemocratico e riformista, che fa pensare ad una costante tenaglia che ha stretto in tutto l’occidente, ma particolarmente in Italia, ogni tentativo di costruzione di uno Stato stabilmente democratico ed occidentale. (Sulla questione della mancata ricostruzione di una forma Stato e sulle sue cause nella storia politica del dopoguerra, molto importanti in questi fascicoli i contributi di Rino Formica – numero 5 – e di Ugo Finetti – numero 4). Le trattative sono febbrili, il progetto di nuovo governo guidato da Moro finisce nella pa- lude delle negoziazioni interne. Il 21 novembre c’è un nuovo intervento dell’amministrazione Usa, che spiega agli alleati italiani che il centro-sinistra “è una priorità” per Washington. Il 23 arriva sul tavolo delle delegazioni di Dc e Psi la notizia che Kennedy è stato ucciso. I re- sponsabili politici dei due partiti decidono che non si può più rinviare. L’accordo per il primo governo di centro-sinistra viene firmato in poche ore, quando il cadavere di Kennedy non era ancora stato seppellito. Orfana del ‘padre’ putativo, l’intesa non durerà che qualche mese, e sotto la spada di Damocle di un minacciato golpe, il Piano Solo, le forze conservatrici riu- sciranno a marginalizzare la presenza socialisti, riducendo al tempo stesso la capacità di au- tonomia di Moro. A seguire: L’intervista esclusiva concessa alla Critica da Tullia Zevi, vera e propria ma- drina del centro-sinistra italiano, perché capace di convincere, unitamente a Giuseppe Saragat e ai laburisti inglesi, Arthur Schlesinger (consigliere di Kennedy) dell’affidabilità del Psi di Pietro Nenni dopo i fatti d’Ungheria del 1956; il racconto dello stesso Schlesinger del colloquio prolungato tra Kennedy e Nenni al Quirinale in occasione della visita in Italia del presidente americano; il resoconto del professor Spencer Di Scala del duro scontro interno all’amministrazione Usa sull’ingresso dei socialisti al governo in Italia. Ripensare a Kennedy non significa limitarsi a un cerimoniale rievocativo, ma riflettere sul vero significato della sua eredità politica, in Europa e - particolarmente - in Italia. s Stefano Carluccio I l 22 novembre scorso è stato il cinquantesimo anniversario dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, uno dei personaggi più significativi del vente- simo secolo. Pochi giorni dopo, nel gennaio del 1964, giungeva a compimento la svolta politica in Italia che JFK preparò con Pietro Nenni, dopo un lungo lavoro di verifica sulla effettiva autonomia del Psi dal Pci dopo i fatti d’Ungheria, coadiuvato dal segretario di Stato, Arthur jr Schlesinger, grande amico della famiglia Zevi (Bruno e Tullia) che patrocinò il cambio di passo del quadro politico nazionale con uno spostamento a sinistra per conten- dere “il movimento dei lavoratori italiani” all’egemonia dell’Unione Sovietica: lo scopo era creare basi sociali con lo sviluppo di un benessere progressivo nel sistema democratico oc- cidentale, e in particolare della società italiana che era confine (come la Germania) negli anni della Guerra Fredda, sulla breccia della Cortina di Ferro. Il Centro sinistra “organico” Moro-Nenni del ’63 (che già aveva dato segnali di incubazione dal ’62 con il governo Fanfani e l’appoggio esterno del Psi) era dunque parte essenziale della strategia della “Nuova Fron- tiera” del Presidente Americano. Critica Sociale dedica un ricordo - con testimonianze raccolte già in occasione del cente- nario della nascita di Kennedy, (il 30 maggio del 1917) - coniugandolo alla ricorrenza della nascita del primo Centro sinistra. Un omaggio al suo vero promotore, il Presidente che dopo la visita in Italia - sempre in quell’estate - andò a parlare di fronte al Muro di Berlino annun- ciando la sua visione dell’allargamento dell’area della democrazia liberale e sociale, decisa- mente anticomunista: una visione che probabilmente fu la vera ragione del suo assassinio. (Le “larghe intese” di oggi ne ripetono almeno formalmente lo schema essenziale, ovvero il superamento di divisioni ideologiche per convergere su basi programmatiche riformatrici. Non che stia accadendo esattamente questo, ma vista la situazione da cui veniamo e in cui si trova il Paese, - che il tasso di astensionismo peraltro segnala e a cui obbliga, a meno dei forconi al governo - vale la pena di sottolineare l’analogia con lo schema di alleanze poli- tiche del “secondo boom economico” italiano, a maggior ragione oggi che il comunismo non c’è più. Per il bipolarismo, dopo il fiasco ventennale che ci lascia in eredità, c’è tempo: deve prima mettere radici autentiche da entrambe le parti, farsi le ossa e crescere non in contraddizione con il postulato nazional-democratico: ovvero, la Nazione è un soggetto po- litico unitario. Chi lo sventola lo fa in modo dogmatico, da chierico, non da laico. La pro- porzionale, viceversa, per ora ne facilità il processo di formazione, mentre il maggioritario ce lo ripropone in forma ingannevole. Quando sarà maturo si potrà adeguare ai nuovi tempi anche la legge elettorale uninominale, ma l’esigenza verrà dalla società, non dalle segreterie di partito). Era l’estate del 1963: John F. Kennedy è protagonista di un missione trionfale in Europa, infiamma la piazza a Berlino, con il suo “Ich bin ein berliner”, e inorgoglisce Roma cele- brando il contributo degli italo-americani allo sviluppo e alla forza degli Stati Uniti. Sullo sfondo però, Jfk fa letteralmente infuriare i governi al potere con la sua Nuova Frontiera ap- plicata all’Europa: Washington vuole aprire a sinistra, e i tradizionali alleati dell’America si sentono traditi. In Italia, ricorderà anni dopo Giulio Andreotti, si visse con estrema preoccupazione e irri- tazione la decisione dell’amministrazione Usa di aprire un canale di dialogo diretto con Aldo CINQUANTA ANNI FA, AL TERMINE DEL SUO VIAGGIO TRIONFALE IN EUROPA, KENNEDY VENIVA UCCISO A DALLAS. AVEVA ANNUNCIATO LA NUOVA FRONTIERA DAVANTI AL MURO DI BERLINO E VOLUTO CON NENNI IL CENTRO-SINISTRA IN ITALIA. CHE SI REALIZZO COL GOVERNO MORO-NENNI, POCHI MESI DOPO JFK. LA NUOVA FRONTIERA E LA NASCITA DEL PRIMO CENTRO SINISTRA

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DIREZIONEUgo Finetti - Stefano Carluccio

(direttore responsabile)Email: [email protected]

Grafica: Gianluca Quartuccio Giordano

GIORNALISTI EDITORI scarlVia Benefattori dell’Ospedale, 24 - Milano

Tel. +39 02 6070789 / 02 683984Fax +39 02 89692452

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Rivista di Cultura Politica, Storica e LetterariaAnno CXXIII – N. 7 / 2014

Registrazione Tribunale di Milano n. 646 / 8 ottobre 1948 e n. 537 / 15 ottobre 1994 – Stampa: Industria Grafica - Editoriale Pizzorni - IGEP srl - Via Castelleone, 152 - 26100 Cremona - Abbonamento annuo: Euro 50,00 Euro - 10,00

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Editore - Stefano Carluccio

La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7/08/1990 n.250

Moro e i socialisti di Pietro Nenni, chesi apprestavano a varare insieme il pri-mo centro-sinistra, frutto di una trava-gliata stagione politica interna iniziatacon il fallimento della ‘legge truffa’nel 1953 e dello stallo politico conse-guente, con la Dc costretta in fasi al-terne a ricorrere al sostegno del Movi-mento sociale italiano (Msi) per garan-tire una maggioranza al Paese.

Il capo dello Stato, Antonio Segni,proposto da Moro proprio per rassicu-rare le ali estreme del suo partito, nonnasconde la propria ostilità al disegnodi inclusione dei socialisti nel gover-no, che il presidente della Repubblicaconsidera ancora troppo vicini, alme-no culturalmente, all’Urss. Il primo lu-glio Kennedy arriva a Roma: era sbar-cato in Italia il giorno prima ma, stan-

co dopo le tappe in Gran Bretagna, Irlanda e Germania, aveva deciso di passare una nottealla villa Serbelloni sul lago di Como per riposarsi. Viene accolto all’arrivo dallo stesso Segnie da Andreotti. La sera il ricevimento al Quirinale: Kennedy lascia tutti di sasso quando pren-de sottobraccio Nenni, con il quale ha un lungo colloquio.

E’ un gesto simbolico: il principale ostacolo all’apertura a sinistra in Italia era sempre statoinfatti il veto di Washington, il no secco alla partecipazione di socialisti o comunisti al go-verno del Paese, che la destra italiana sbandierava non appena il ‘rischio’ di questa aperturasi palesava. Kennedy cambia la linea Usa, anzi la sua amministrazione si attiva in concretoper fare da ponte tra Dc e Psi e facilitare una soluzione politica di compromesso. E’ una lineache non piace a molti americani, in particolare “ad ambienti americani in Italia capaci diostacolare non solo il centro-sinistra ma tutta l’azione di Kennedy”, scrisse il 2 novembredel 1963 Riccardo Lombardi a Nenni.

Una evidente allusione ad una ricorrente coincidenza, nella gelida messa in guardia diLombardi, tra mafia e forze di blocco ad ogni progresso liberaldemocratico e riformista, chefa pensare ad una costante tenaglia che ha stretto in tutto l’occidente, ma particolarmente inItalia, ogni tentativo di costruzione di uno Stato stabilmente democratico ed occidentale. (Sulla questione della mancata ricostruzione di una forma Stato e sulle sue cause nella storiapolitica del dopoguerra, molto importanti in questi fascicoli i contributi di Rino Formica –numero 5 – e di Ugo Finetti – numero 4).

Le trattative sono febbrili, il progetto di nuovo governo guidato da Moro finisce nella pa-lude delle negoziazioni interne. Il 21 novembre c’è un nuovo intervento dell’amministrazioneUsa, che spiega agli alleati italiani che il centro-sinistra “è una priorità” per Washington. Il23 arriva sul tavolo delle delegazioni di Dc e Psi la notizia che Kennedy è stato ucciso. I re-sponsabili politici dei due partiti decidono che non si può più rinviare. L’accordo per il primogoverno di centro-sinistra viene firmato in poche ore, quando il cadavere di Kennedy nonera ancora stato seppellito. Orfana del ‘padre’ putativo, l’intesa non durerà che qualche mese,e sotto la spada di Damocle di un minacciato golpe, il Piano Solo, le forze conservatrici riu-sciranno a marginalizzare la presenza socialisti, riducendo al tempo stesso la capacità di au-tonomia di Moro.

A seguire:  L’intervista esclusiva concessa alla Critica da Tullia Zevi, vera e propria ma-drina del centro-sinistra italiano, perché capace di convincere, unitamente a Giuseppe Saragate ai laburisti inglesi, Arthur Schlesinger (consigliere di Kennedy) dell’affidabilità del Psidi Pietro Nenni dopo i fatti d’Ungheria del 1956;  il racconto dello stesso Schlesinger delcolloquio prolungato tra Kennedy e Nenni al Quirinale in occasione della visita in Italia delpresidente americano; il resoconto del professor Spencer Di Scala del duro scontro internoall’amministrazione Usa sull’ingresso dei socialisti al governo in Italia.

Ripensare a Kennedy non significa limitarsi a un cerimoniale rievocativo, ma riflettere sulvero significato della sua eredità politica, in Europa e - particolarmente - in Italia. s

Stefano Carluccio

I l 22 novembre scorso è stato il cinquantesimo anniversario dell’assassiniodi John Fitzgerald Kennedy, uno dei personaggi più significativi del vente-simo secolo. Pochi giorni dopo, nel gennaio del 1964, giungeva a compimento

la svolta politica in Italia che JFK preparò con Pietro Nenni, dopo un lungo lavoro di verificasulla effettiva autonomia del Psi dal Pci dopo i fatti d’Ungheria, coadiuvato dal segretario diStato, Arthur jr Schlesinger, grande amico della famiglia Zevi (Bruno e Tullia) che patrocinòil cambio di passo del quadro politico nazionale con uno spostamento a sinistra per conten-dere “il movimento dei lavoratori italiani” all’egemonia dell’Unione Sovietica: lo scopo eracreare basi sociali con lo sviluppo di un benessere progressivo nel sistema democratico oc-cidentale, e in particolare della società italiana che era confine (come la Germania) neglianni della Guerra Fredda, sulla breccia della Cortina di Ferro. Il Centro sinistra “organico”Moro-Nenni del ’63 (che già aveva dato segnali di incubazione dal ’62 con il governo Fanfanie l’appoggio esterno del Psi) era dunque parte essenziale della strategia della “Nuova Fron-tiera” del Presidente Americano.

Critica Sociale dedica un ricordo - con testimonianze raccolte già in occasione del cente-nario della nascita di Kennedy, (il 30 maggio del 1917) - coniugandolo alla ricorrenza dellanascita del primo Centro sinistra. Un omaggio al suo vero promotore, il Presidente che dopola visita in Italia - sempre in quell’estate - andò a parlare di fronte al Muro di Berlino annun-ciando la sua visione dell’allargamento dell’area della democrazia liberale e sociale, decisa-mente anticomunista: una visione che probabilmente fu la vera ragione del suo assassinio.

(Le “larghe intese” di oggi ne ripetono almeno formalmente lo schema essenziale, ovveroil superamento di divisioni ideologiche per convergere su basi programmatiche riformatrici.Non che stia accadendo esattamente questo, ma vista la situazione da cui veniamo e in cuisi trova il Paese, - che il tasso di astensionismo peraltro segnala e a cui obbliga, a meno deiforconi al governo - vale la pena di sottolineare l’analogia con lo schema di alleanze poli-tiche del “secondo boom economico” italiano, a maggior ragione oggi che il comunismonon c’è più. Per il bipolarismo, dopo il fiasco ventennale che ci lascia in eredità, c’è tempo:deve prima mettere radici autentiche da entrambe le parti, farsi le ossa e crescere non incontraddizione con il postulato nazional-democratico: ovvero, la Nazione è un soggetto po-litico unitario. Chi lo sventola lo fa in modo dogmatico, da chierico, non da laico. La pro-porzionale, viceversa, per ora ne facilità il processo di formazione, mentre il maggioritarioce lo ripropone in forma ingannevole. Quando sarà maturo si potrà adeguare ai nuovi tempianche la legge elettorale uninominale, ma l’esigenza verrà dalla società, non dalle segreteriedi partito).

Era l’estate del 1963: John F. Kennedy è protagonista di un missione trionfale in Europa,infiamma la piazza a Berlino, con il suo “Ich bin ein berliner”, e inorgoglisce Roma cele-brando il contributo degli italo-americani allo sviluppo e alla forza degli Stati Uniti. Sullosfondo però, Jfk fa letteralmente infuriare i governi al potere con la sua Nuova Frontiera ap-plicata all’Europa: Washington vuole aprire a sinistra, e i tradizionali alleati dell’America sisentono traditi.

In Italia, ricorderà anni dopo Giulio Andreotti, si visse con estrema preoccupazione e irri-tazione la decisione dell’amministrazione Usa di aprire un canale di dialogo diretto con Aldo

■ CINQUANTA ANNI FA, AL TERMINE DEL SUO VIAGGIO TRIONFALE IN EUROPA, KENNEDY VENIVA UCCISO A DALLAS. AVEVA ANNUNCIATO LA NUOVA FRONTIERADAVANTI AL MURO DI BERLINO E VOLUTO CON NENNI IL CENTRO-SINISTRA IN ITALIA. CHE SI REALIZZO COL GOVERNO MORO-NENNI, POCHI MESI DOPO

JFK. LA NUOVA FRONTIERAE LA NASCITA DEL PRIMO CENTRO SINISTRA

Un importante tassello della strategia ken-nediana di allargamento della Democraziaall’Est europeo fu realizzato con il viaggiodel presidente americano a Roma nel lu-glio del ‘63 (di seguito il suo discorso alQuirinale) per rafforzare l’alleanza tra Ita-lia e Usa in seno alla Nato. A tal fine in-contrò a lungo Pietro Nenni e, al terminedel colloquio, auspicò la svolta di centrosinistra per isolare politicamente i comu-nisti con un più incisivo programma di ri-forme da parte di un governo sostenuto dalPsi. Nel tardo 1963 Aldo Moro compose ilprimo governo di centro-sinistra con lapartecipazione attiva del Partito socialista,il cui leader Pietro Nenni ottenne la vice-presidenza: un successo postumo per Jfk.

J.F. Kennedy

I l saluto rivolto dal PresidenteUSA alla cena in suo onore of-ferta al Quirinale dal Presidente

della Repubblica Italiana, Antonio Segni (1 lu-glio 1963).

Italia e Stati Uniti non sono mai stati alleatie partner così forti come lo sono oggi nella di-fesa della libertà. Soldati, marinai, piloti ita-liani ed americani sono impegnati fianco afianco nel Continente. Gli uomini di Stato ita-liani hanno svolto un ruolo decisivo per la co-struzione dell’unità europea e la partnershiptrans-atlantica. Diplomatici e militari italianisono stati determinanti nel mantenere vitalitàe garanzie delle Nazioni Unite. E nonostantel’inasprirsi dell’ostilità e dell’offensiva del-l’Est comunista, l’Italia si è con fermezzamantenuta fedele ai principi della pace e dellalibertà.

Il mio paese crede nella pace. Noi crediamoche il mondo sia uno, che Est e Ovest possanoimparare a vivere insieme sotto la legge, chela guerra non è inevitabile, che interromperesul serio la corsa agli armamenti offra una si-curezza maggiore di quella offerta dalla sua in-finita continuazione.

Ma simili progressi richiedono chiarezza efermezza contro la minaccia lanciata da quantisi auto-definiscono nostri nemici. E con la miapresenza in questo paese, voglio ribadire quan-to ho già avuto modo di dichiarare nel corsodel mio viaggio: gli Stati Uniti d’America giu-dicano la minaccia alla vostra pace e libertà,una minaccia contro se stessi e non esiteranno,pertanto, ad intraprendere iniziative conse-guenti.

Oggi tuttavia non ci lega solo la cooperazio-ne militare. Quello che ha avvicinato ancoradi più i nostri paesi negli anni del dopoguerraè il comune riconoscere, nella libertà, qualcosadi più che la semplice assenza di una tirannia;qualcosa che ha senso in sé, qualcosa capacedi garantire non solo diritti teorici ma anchequel progresso economico e sociale che dia atutti i cittadini la possibilità concreta di goderedi quelle conquiste.

Grazie a questi progressi, Italia e Stati Unitihanno raggiunto una nuova armonia, non soloin politica estera ma anche rispetto alle pro-spettive ed ai problemi politici interni.

Crediamo entrambi nelle conquiste dellagiustizia sociale e nel progresso per tutti. Cre-

diamo entrambi che la democrazia sia quellacosa che gli americani definiscono le ‘radici’,ovvero il porre l’individuo prima dello stato,la comunità prima della fazione, l’interessepubblico prima di quello privato.

La crescita economica, industriale e del te-nore di vita compiuta dal vostro paese neglianni del dopoguerra è stata davvero straordi-naria. Una nazione un tempo letteralmente inrovina, asfissiata dalla disoccupazione e dallapesante inflazione, ha saputo sviluppare pro-duzione ed infrastrutture, stabilizzare la spesae la valuta, creare nuovi posti di lavoro e nuo-ve imprese ad un grado mai raggiunto primain Occidente. 

Il merito di questi risultati va tributato aquanti vi hanno profuso impegno, spirito d’ini-ziativa e visione. Ma ancor più importante del-la ripresa economica è stata la rinascita dellavostra libertà - la ricostruzione ed il rinnova-mento di una forte democrazia progressista,dopo 21 anni di dittatura.

La democrazia, come entrambi i nostri paesisanno, non è esente dai problemi. Al contrario,come ha osservato tempo fa Winston Chur-chill, la Democrazia è forse la peggiore formadi governo, a parte quelle che non sono ancoramai state sperimentate.

La Democrazia provoca ritardi, discussioni,contrasti. Impone agli uomini di pensare, oltreche credere, di guardare avanti oltre che indie-tro, di abbandonare quei particolarismi chebloccano il progresso della nazione. Ma quan-do le viene data l’opportunità di funzionare, laDemocrazia sa contraddire radicalmente ed

isolare le sirene di quegli estremisti che vor-rebbero distruggerla. 

Negli Anni 30, quando la disperazione e ladepressione spalancarono le porte delle nazio-ni a queste arcaiche e crudeli ideologie, il miopaese sotto la guida di Franklin Roosvelt hascelto la strada della libertà. La sua Ammini-strazione ha consentito di compiere le più ra-dicali riforme sociali, economiche e politichemai realizzate prima, la riforma fiscale e delbilancio, la riforma agraria, la riforma politicae istituzionale. Ai lavoratori è stato dato un sa-lario decente, agli anziani una pensione, agliagricoltori un prezzo equo per i propri prodot-ti. Ai lavoratori ed alle lavoratrici è stata datala possibilità di negoziare collettivamente ipropri contratti. Alle piccole imprese, ai pic-coli investitori, ai piccoli risparmiatori è statadata maggiore protezione dalla minaccia dellacorruzione e della depressione. 

E’ stata portata l’energia elettrica nelle cam-pagne, i fiumi sono stati bonificati, si è pro-mossa la cooperazione. La giustizia, la giusti-zia economica e sociale, non solo quella deldiritto, è sempre più un diritto ed un’opportu-nità per tutti i cittadini, indipendentemente daimezzi e dalle possibilità di cui si dispone.

Non intendo dire che la battaglia per la giu-stizia sociale nel mio paese sia conclusa, al-meno quanto non lo è nel vostro. Le conquistedella giustizia sono un processo infinito; laDemocrazia deve essere uno stile di vita quo-tidiano. Ci sono ancora negli Stati Uniti dise-guaglianze da eliminare. Stiamo lottando perridurre le differenze geografiche che impedi-

scono ad alcune comunità di partecipare allaricchezza generale. Stiamo lottando perchél’assicurazione pubblica garantisca l’assisten-za sanitaria ed ospedaliera anche a chi non èin grado di provvedere da sé, come mi hannodetto avviene già nel vostro paese. Stiamo lot-tando per aumentare i posti di lavoro senza faraumentare i prezzi, in modo da distribuire i be-nefici della ricchezza senza concedere nulla al-le forze dell’inflazione.

E’ molto importante quanto stiamo facendooggi, nel tentativo di sradicare per sempre leingiustizie e le diseguaglianze legate al coloreed alla razza, per garantire a tutti gli americanila stessa possibilità di realizzare la propria vitae la propria opportunità, come americani e co-me eguali figli di Dio. Non posso né concepirené accettare la discriminazione oggi patita daicittadini neri in molte aree del paese, e sonodeterminato ad ottenere il consenso pubblicoe privato necessari per porvi fine. 

Eppure nonostante vi siano ancora moltiprogressi da fare, in queste come in altre areedel paese, é un fatto che né il Comunismo néil Fascismo, nonostante i considerevoli sforzi,sono mai riusciti ad impressionare la testa de-gli americani. 

Come é stato sottolineato nei vostri interven-ti, il processo di libera riforma non é ancora ul-timato in nessun paese, né mai lo sarà. Gli osta-coli su quella strada sembreranno sempre enor-mi, e potenti suoneranno le sirene tentatrici dichi, all’estrema destra e all’estrema sinistra,pretende di avere l’interpretazione più veritierae le risposte più facili. Sono tuttavia convintoche Italia e Stati Uniti saranno sempre più vicinitra loro, perché essi condividono una comunededizione alla giustizia sociale e al progresso,e l’ideale dei diritti umani e della dignità.

In entrambi i nostri paesi, diversi gruppi de-mocratici e partiti politici perseguono questiobiettivi con strategie diverse. Ci sono e ci sa-ranno differenze nei tempi e nelle tattiche. So-no molte le strade che portano al futuro; manon c’é futuro in nessuna forma di tirannia.

Tutto questo non è estraneo agli obiettivi checi poniamo rispetto al mondo. Se i nostri paesisapranno rappresentare un vigoroso esempio dilibertà; se raggiungeremo la piena occupazio-ne, se metteremo sotto controllo l’inflazione,ridurremo le ineguaglianze e distribuiremo ifrutti del benessere in ciascuna regione ed a tut-ti i cittadini dei nostri paesi; se sapremo soddi-sfare i bisogni di ogni famiglia, non solo ga-rantendo una giornata di lavoro ad un salarioequo, ma se daremo scuole e ospedali e case eservizi, allora potremo con più sicurezza e for-za sostenere il nostro impegno per la sicurezzadell’Occidente, porre le fondamenta per unacomunità Democratica Atlantica e suscitare li-bertà e speranza negli altri paesi.

Insieme potremo costruire solide dimoredella libertà, dimore che tutto il mondo potràammirare e copiare ma dove nessun tirannopotrà mai entrare. Non sarà facile.

Non sarà indolore. Non è stato facile nel1849 quando, a quanti erano ansiosi di seguir-lo lontano da Roma per continuare la battagliaper la libertà, Garibaldi, gridando alla folla,disse: “Non offro denaro, né terra, né provvi-ste. Offro fame, sete, marce forzate, battagliee morte. Mi segua solo chi ama il suo paesecol cuore, non con la bocca.”

2 ■ CRITICAsociale

7 / 2014

■ IL DISCORSO DEL PRESIDENTE USA AL RICEVIMENTO AL QUIRINALE, DOVE EBBE IL COLLOQUIO CON NENNI (1° LUGLIO 1963)

“LA CONQUISTA DELLA DEMOCRAZIAÈ UNO STILE DI VITA QUOTIDIANO”

CRITICAsociale ■ 37 / 2014

Oggi lo spirito di Garibaldi e Mazzini e Jef-ferson e Lincoln richiama tutti gli amanti dellalibertà a perseguire - con determinazione, nelrischio, col sacrificio, nella ridefinizione dellamissione dei nostri due paesi e del mondo in-tero – l’obiettivo della libertà umana. 

Non è facile garantire il progresso attraversola Democrazia, ma sono convinto che la De-mocrazia sia l’unica condizione in cui possaaversi il progresso. Il dato che a me pare il piùimportante tra quelli emersi nell’ultimo decen-nio, è che chi vende la propria anima al Co-munismo, nell’errata convinzione che il siste-ma comunista offra una strada rapida e sicuraverso il benessere economico, è completamen-te in errore. Berlino ne è un esempio lampante.L’Europa Orientale e quella Occidentale sonochiaramente all’opposto.

L’Unione Sovietica e la Cina, da una parte,il progresso dell’Occidente, dall’altra offronoun altro evidente contrasto. L’ultimo decennioha definitivamente provato che il Comunismoè un sistema sopravvissuto al suo tempo, chela vera strada al benessere, la vera strada alprogresso è la via della Democrazia.

Lo dimostra l’Europa occidentale. Lo dimo-stra il mio stesso paese.

Mi sembra incombere su noi tutti la respon-sabilità di fare in modo che gli Anni 60 siano

ricordati per aver saputo fare una promessachiara; in breve, costruire una difesa militarenon solo per l’Occidente ma per ciascuno deinostri paesi. Dare alla nostra gente quel tipo diprogresso che dà senso alla libertà, che rendela libertà comprensibile, che rende la libertàqualcosa per cui valga la pena combattere.Questo credo abbiano appreso il popolo ed ilGoverno italiano. Il popolo ed il Governoamericano lo hanno imparato. Credo che leprospettive per il futuro comune siano radiose.Credo ci si debba ancora impegnare molto perl’Occidente. Ma credo che le opportunità e lepromesse dell’Occidente non siano troppo al-dilà del nostro orizzonte. 

Quindi, Signor Presidente, in questo paeseche negli ultimi anni ha fatto un lavoro cosìstraordinario che ha permesso i grandi pro-gressi che voi e noi abbiamo fatto, voglio fareun brindisi al popolo di questa nazione, sulquale dipendono così tanto le nostre speranze,ed alla leadership di questo paese, la cui ami-cizia ed il cui supporto sono per noi così im-portanti.  Ed a Lei, Signor Presidente, che inquesti ultimi anni ha saputo dare direzione esenso al suo paese. s

Ladies and Gentlemen,to the President of Italy

L a testimonianza della ‘Signoradel centro sinistra’. ArthurSchlesinger e Pietro Nenni ri-

cordano che fu proprio nella casa romana diTullia Zevi che i socialisti ‘vennero sdoganati’per entrare di lì a un anno nel Governo.

“Mi fa piacere parlare con lei, ma per qualegiornale scrive?”. Per Critica Sociale, spiego,iniziando una telefonata che si protrarrà per unpaio d’ore con Tullia Zevi. “Avete ripreso lepubblicazioni? E’ una vecchia rivista, lo sa?”.Purtroppo (e per fortuna) non le abbiamo maiinterrotte, ma la testimonianza che cerchiamoè quella della ‘Signora del centro sinistra,’ per-ché sia Arthur Schlesinger che Pietro Nenni ri-cordano che fu proprio nella casa romana diTullia Zevi, allora in via Nomentana, che i so-cialisti, come lei stessa dice, ‘vennero sdoga-nati’ per entrare di lì a un anno nel Governo. E’il 90° anniversario della nascita di Kennedy ea nostro modo vorremmo rendere un omaggio,visto che la sua Nuova Frontiera rese possibileun governo riformista all’Italia del boom.

“Ne ho parlato pochi giorni fa con GiulianoVassalli che è venuto a trovarmi, una personasplendida come non ce ne sono forse più. Co-me gli dissi, e lo dico anche a lei, organizzaiun incontro con un po’ di socialisti e con Ar-thur Schlesinger, mio carissimo e vecchio ami-co, quasi d’infanzia, che era inviato dal Presi-dente Kennedy per sondare il terreno sullapossibilità di un allargamento al PSI dellamaggioranza parlamentare. Gli americani te-mevano questa eventualità per via degli strettilegami ancora recenti tra comunisti e sociali-sti, ma io che conoscevo personalmente moltidi loro, rassicurai Schlesinger che non avreb-bero mai mangiato i bambini, né fatto venire icosacchi ad abbeverarsi sul Tevere.

Devo dire, sissignore, che quell’incontro acasa mia dette il via ad una svolta nella storiaitaliana, proprio come racconta nel suo libroSchlesinger in ‘Quel pomeriggio a casa Zevi’che è il titolo di un capitolo dedicato apposi-tamente alla indagine dell’Amministrazioneamericana sui rischi e i vantaggi di un centro-sinistra in Italia ed in particolare a quel lungoincontro e alle sue impressioni. Pietro Nenniappunta sul suo Diario quotidiano la data del21 febbraio 1962: “Il nostro ospite si è dettofiducioso sull’avvenire immediato della pace.Ha preso atto - scrive Nenni - che noi non met-tiamo in discussione l’adesione alla NATO,ma la politica della NATO. Stringendomi lamano per il commiato ha espresso l’augurioche io vada presto in America dove, ha detto,molti desiderano conoscermi”.

La svolta in questione non era una cosa dipoco conto, ma una vera e propria ‘eresia’ siaper la sinistra che per la destra di allora. A suomodo era una rottura del ‘bipolarismo’ uscitodalle elezioni del ‘48, una rottura resa possi-bile dalla svolta autonomista del PSI dopo ifatti d’Ungheria. “Sì precisa - Tullia Zevi - maNenni faceva fatica a sostenere nello suo stes-so partito la linea del centro sinistra, perchéTogliatti, che influiva molto all’interno delPSI, era assolutamente contrario. Occorrevadare una mano a Nenni e pensai semplicemen-te di farlo incontrare con il mio vecchio amicoconosciuto a Parigi negli anni dell’emigrazio-ne antifascista, a cui tutta la mia famiglia do-vette partecipare a seguito delle leggi razziali,e che ora si trovava a collaborare con il Presi-dente degli Stati Uniti. Ero convinta di dueidee semplici: che conosciuti i socialisti chevolevano la svolta, gli USA avrebbe capitomeglio la situazione, e che se si voleva rendereautonomi i socialisti dai comunisti quale solu-

zione migliore avrebbe potuto esserci che farlipartecipare direttamente al governo?”.

Il trauma da affrontare, anche emotivamen-te, deve essere stato scioccante. Come se, peripotesi, un pezzo dell’Ulivo oggi voltasse lespalle, si fa per dire, ai maggiorenti dell’exPCI e desse vita ad una coalizione con ForzaItalia, ecc. Sembra fantascienza. Ebbene inquel ‘pomeriggio a casa Zevi’ la ‘fantascienza’personificata da leader come Pietro Nenni,Ugo La Malfa, Riccardo Lombardi e FernandoSanti (“Questi li ricordo presenti alla riunione,ma erano sette od otto”, dice la Zevi) parlavaa tu per tu con uno degli ‘uomini della NuovaFrontiera’ (come lo stesso Schlesinger avevachiamato il gruppo all’interno dell’Ammini-strazione con cui si batteva in accordo con ilPresidente per superare il ‘veto Eisenhower’verso il PSI) nel tentativo di allargare le basidella Democrazia in Italia e del consenso allaNATO e per rafforzare, con un legame atlanti-co più saldo, la sicurezza dell’Occidente.

Questo succedeva all’acme della guerrafredda, surriscaldata fino a temere il peggiodalla crisi dei missili a Cuba e dal Muro a Ber-lino e Nenni aveva restituito il ‘premio Stalin’appena cinque anni prima. Anche Kennedy di-mostrava di avere fegato. “Schlesinger era in-viato da Kennedy in Europa per verificare nonsolo in Italia le possibilità della formula dicentro sinistra. La riunione, per quanto impe-gnativa, ebbe un lato comico per tutta la suadurata, perché questi socialisti erano sì moltointeressati a conoscere un rappresentante delGoverno USA, tuttavia non facevano altro chealzarsi a turno per andare al telefono. Arthurdivertito mi chiese cosa stava succedendo,sembrava – osservò - un gioco delle sediequando si è scelti per andare a ballare. Glispiegai che proprio in quelle ore si stava for-mando il nuovo Governo e quelle assenze tem-poranee erano dovute alle consultazioni per fa-re la lista dei ministri. Schlesingher ne rimasedivertito per tutto il tempo e ogni volta chesquillava il telefono”.

L’ impegno a dare della sinistra democraticaun’immagine positiva agli americani, in uncerto senso continuava lo sforzo che Tullia Ze-vi col marito Bruno e con altri emigrati anti-fascisti negli USA dovettero affrontare alla vi-gilia della Seconda Guerra: “Un po’ semplici-sticamente gli americani vedevano in Musso-lini l’uomo forte che aveva rimesso ordine inItalia e bloccato il bolscevismo. Peraltro lostesso fascismo ebbe grande attenzione allapropaganda verso gli emigrati in America dacui trasse quintali d’oro con la raccolta dellefedi nuziali per finanziare gli armamenti.

Gli italo americani erano i ‘wops’ (sembradal napoletano ‘Guappi’), come dispregiativa-mente erano chiamati negli USA, erano ne-gletti ed emarginati, colle scarpe grosse. E ilfascismo in molti casi faceva presa tra loro,perché ridava in qualche modo un onore na-zionale, di comunità.

Con Cianca, Garosci, Tarchiani e mio mari-to, provenivamo da Giustizia e libertà. Eromolto amica della vedova di Rosselli e dellamamma Amelia, facemmo assieme il viaggioin nave dall’Europa agli Stati Uniti. Assiemead altri repubblicani, socialisti e qualche libe-rale aderimmo al Partito d’azione e pubblica-vamo in America i ‘Quaderni italiani di Giu-stizia e Libertà’. Ci stampava un vecchio anar-chico, Aldino Feliciani, che aveva acquistatole macchine tipografiche per sostenere la cam-pagna a favore di Sacco e Vanzetti, poi giusti-ziati, e che stampava ‘controcorrente’ per Gae-tano Salvemini nella sua tipografia di Boston.

Rimasi negli USA per sei, sette anni stu-diando al Radcliff College, la sezione femmi-nile, se si può dire così, di Harvard. Erano pa-recchi gli anarchici legati al gruppo di Bresci

in America. Ed erano considerati pericolosisovversivi. Impiegammo non pochi sforzi perfar capire agli americani la vera natura del fa-scismo. Appunto durante una celebrazione delcapodanno, mentre ero al tavolo con alcuniamici, Natoli, Sergio De Benedetti, BrunoPontecorvo ed altri, tutti presi in un’animatadiscussione, mi arriva un biglietto da un tavolocon due studenti solitari uno dei quali eraSchlesinger che così mi invitava a ballare. Glirisposi di no, poiché ero, come allora si diceva,‘una ragazza di buona famiglia’. Lui mi rispo-se con un altro biglietto con cui si scusava se-condo il suo punto di vista americano: se nonaccettavo di ballare significava che ero incin-ta! E infatti mi scrisse che aveva visto il mioviso , ma non la mia condizione e dunque miporgeva le sue scuse e i suoi auguri. Ci incro-ciammo all’uscita, ci salutammo. Ma ci rin-contrammo ad Harvard e quando gli ricordail’episodio rise dell’equivoco e diventammomolto amici, poi anche della moglie e formam-mo una compagnia di studenti che cercava didarsi da fare. Il senso dell’esilio, noi ebrei, celo abbiamo nel sangue. Mia nonna teneva uncofanetto con delle monete d’oro che non sipotevano assolutamente toccare, perché, dice-va “serviranno per la fuga”.

In quegli anni mi arrangiavo suonando. So-no diplomata al conservatorio di Milano in ar-pa, uno strumento difficile che se abbandonifai fatica a riprendere e con pochissimo reper-torio. Cominciai a Milano dove sono nata edove abitavamo in via Boscovich, dalle partidi porta Garibaldi, ma ne feci, della musica,un mezzo per vivere. Pensi, ho suonato nellaNew York Simphony e persino con Frank Si-natra. In tutto questo tempo non ci perdemmomai di vista, con Schlesinger. 

Mio padre, a Milano, frequentava in Galle-ria, dalla parte della Scala, la libreria Baldini&Castoldi, assieme ad un gruppetto di liberaliper riunioni cospirative. Tra questi c’era To-scanini, e quando il Maestro venne malmenatodai fascisti all’uscita dal Teatro per essersi ri-fiutato di fare eseguire, dopo la Marcia Reale,anche l’inno fascista, entrambi decisero assie-me di venire via dall’Italia lo stesso giorno se-guente, immediatamente. Così andammo a Pa-rigi e poi negli USA. E così conobbi Schlesin-ger potendolo invitare a casa mia, una volta as-sistente di Kennedy, per farsi un’idea di chifossero i socialisti. Schlesinger era dubbiosoall’inizio, naturalmente. Ma per emancipare isocialisti dai comunisti occorreva aiutarli adandare al potere e dunque il centro sinistra eranella natura delle cose. E Schlesinger se neconvinse alla svelta”. s

■ INTERVISTATA DALLA CRITICA NEL 2007 LA “MADRINA DEL CENTRO SINISTRA”

QUEL POMERIGGIOA CASA TULLIA ZEVIStefano Carluccio

4 ■ CRITICAsociale7 / 2014

Assistente personale del giovane presiden-te, storico e studioso dell’Europa, ArthurSchlesinger jr. fu in prima fila per darecorpo alla svolta di centro-sinistra. Incon-trò già nel ‘61 Nenni per due volte a casadi Tullia Zevi, a cui era legato da profondaamicizia sin dagli anni ‘30. Da ragazzofrequentò Gaetano Salvemini e, su solleci-tazione di Saragat e dei laburisti inglesi,sostenne la nascita del centro-sinistranell’Amministrazione americana con l’av-vallo dello stesso Kennedy.

I l mio interesse per le vicendeitaliane risale a molti anni fa.Nel 1929 mio padre, che allora

era direttore della Facoltà di storia alla Har-vard University, invitò Gaetano Salvemini atenere un corso di lezioni per un semestre. Sal-vemini accettò, venne ad Harvard dove diven-ne un caro amico dei miei genitori e assiduofrequentatore della nostra casa durante la miagiovinezza. Egli fu sempre gentile con noi. DaSalvemini io ricevetti i primi rudimenti di po-litica italiana.

Salvemini era un uomo meraviglioso, un fi-glio appassionato dell’Illuminismo, se ciò nonè una contraddizione in termini, inflessibile nelsuo disprezzo per le dottrine totalitarie del fa-scismo e del comunismo, intransigente nellasua devozione a ‘Giustizia e Libertà’. Quandotornò in Italia, dopo la guerra, io volevo farglivisita a Sorrento ed ascoltare le sue affascinantiriflessioni sul passato e sul futuro dell’Italia.

Durante la guerra ero stato ufficiale dei ser-vizi segreti e avevo avuto occasione di entrarein contatto con la Resistenza italiana. Comemolti altri della intellighentia anglo-america-na, io guardavo con speranza al Partitod’Azione negli anni post-bellici. Allorché que-sta speranza svanì, sentimmo, negli anni ‘50,una certa affinità con Giuseppe Saragat e i so-cial-democratici. E seguimmo con interessel’evoluzione del Psi durante la leadership diPietro Nenni.

La mia prima impressione fu che Nenni fos-se al servizio dei comunisti. Ma rimasi piutto-sto colpito dalla convinzione di alcuni leaderdel Partito laburista britannico che Nenni sipotesse redimere. In verità, la questione Nenniemerse nel 1953 nel corso di una cena, in unasala riservata alla House of Commons, a cui iopartecipai.

In quella occasione, Richard Crossman, ar-guto e distinto deputato laburista, difese Nennidall’attacco di Arthur Koestler, il quale soste-neva che la ‘morbidezza’ laburista verso Nenniavrebbe potuto portare alla resa dell’Italia aicomunisti. La discussione divenne così accesache Koestler chiamò sua moglie e uscì dram-maticamente dalla stanza - gesto, questo, resomeno grave dal fatto che i Koestler, che nonvivevano a Londra, erano ospiti dei Crossman.Anche l’ambasciata americana a Roma, gover-nata dalla imperiosa Clare Booth Luce, vedevaNenni come uno strumento dei comunisti.Quando Nenni, a metà degli anni ‘50 cominciòa prendere le distanze dal Pci e iniziarono aRoma i colloqui su di una ‘apertura a sinistra’,l’amministrazione Eisenhower impose il veto

americano sulla partecipazione del Psi ad ungoverno italiano.

Visitai spesso l’Italia negli anni ‘50 e incon-trai numerose personalità politiche a casa diuna mia vecchia amica italiana, la giornalistaTullia Zevi, che avevo conosciuto a Parigi nel1939. A casa sua vidi, per la prima volta, Nen-ni. Lungi dall’essere il personaggio malevolodipinto dall’ambasciata americana, io lo trovaiun uomo geniale e fondamentalmente demo-cratico.

Non incontrai Nenni spesso né ebbi l’oppor-tunità di conoscerlo a fondo anche perché nes-suno di noi due aveva una buona conoscenzadella lingua dell’altro, tuttavia, con l’aiuto diinterpreti, avemmo, nel corso di molti anni,una serie di colloqui sulla situazione politicaitaliana.

Nel 1961 io cominciai a lavorare per l’am-ministrazione Kennedy in qualità di segretarioparticolare del Presidente. Robert Komer, delConsiglio di sicurezza nazionale, condividevala mia opinione che il veto di Eisenhower suun governo di centro-sinistra fosse un terribileerrore, e decidemmo che avremmo fatto il pos-sibile per eliminare tale veto. Anche il presi-dente Kennedy condivideva questo obiettivo.Quando nel 1961, il primo ministro Fanfani sirecò in visita ufficiale a Washington, Kennedycolse l’occasione per mostrare una certa sim-patia per ‘l’apertura’.

Il messaggio fu trasmesso al Dipartimentodi Stato, e questo, in un governo nazionale, sa-rebbe dovuto bastare. Ma John Foster Dulles,segretario di Stato durante l’amministrazioneEisenhower, aveva lasciato la sua ipoteca sulDipartimento, promuovendo i membri più ri-gidi e reazionari del Foreign Service. L’esem-pio più evidente di ciò, era Outerbridge Hor-sey, vice responsabile della missione pressol’ambasciata statunitense a Roma. Horsey so-steneva che ‘l’apertura’ era “una trappola pe-ricolosa” che avrebbe portato alla neutralizza-zione dell’Italia e ad “una tremenda spinta inavanti del comunismo in Europa occidentale”.Horsey tentò persino di punire un giovane fun-zionario del Foreign Service, che aveva osatosottoporre il caso ‘dell’apertura’ all’ambascia-tore americano, un amabile uomo d’affari ca-liforniano che era succeduto alla temibile si-gnora Luce.

Averell Harriman, giunto a Roma come am-basciatore di Kennedy, restaurò la carriera delgiovane diplomatico e tornò a Washington co-me sostenitore ‘dell’apertura’.

Ma Harriman divenne ben presto vice segre-tario per l’Estremo Oriente e, quindi, fu di-spensato dalle questioni europee. Il settore Ita-lia al Dipartimento di Stato si schierò vigoro-samente dietro la posizione di Horsey e, perun certo periodo, ignorò ed ostacolò la CasaBianca.

Nel febbraio 1962 mi recai a Roma ed ebbiun lungo colloquio con Nenni nella casa diTullia Zevi. Io dissi che Washington era favo-revole alla prospettiva di un governo social-mente progressista in Italia ma si interrogavasulle conseguenze ‘dell’apertura’ in politicaestera. Nenni rispose sottolineando il suo di-saccordo con i comunisti e la tradizione neu-tralista del Psi. Per neutralità egli intendeva la

conservazione dell’equilibrio europeo esisten-te; e, poiché l’uscita dell’Italia dalla Natoavrebbe disturbato quell’equilibrio, Nenni sisarebbe opposto a tale atto, considerandolonon neutrale. Tesi ingegnosa. Finito l’incontro,Ugo La Malfa, che era stato presente, mi preseda parte e mi disse: “Io conosco i vostri timoririguardo la politica estera, ma non dovete pre-occuparvi, noi siamo attenti quanto voi, e pos-siamo assicurarvi che non succederà nullaa.Tuttavia la politica estera non era predominan-te nella testa della gente, la vera preoccupazio-ne era di rompere l’immobilismo e rimetterein moto la società italiana. A Washington, Ko-mer ed io continuammo a discutere sul fattoche un governo di centro-sinistra avrebbe iso-lato i comunisti, promosso le riforme sociali eavrebbe avviato il processo di democratizza-zione richiesto dalla classe operaia. Nel fareciò avevamo via libera da parte del Presidente.Ma Kennedy, che già aveva diversi problemicon il Dipartimento di Stato, non consideravala composizione del governo italiano una que-stione prioritaria, e riteneva di non poter com-battere il Dipartimento di Stato su tutti i fronti.Così egli diede a me e a Komer la ‘licenza dicaccia’ ma non usò le sue armi per avere il so-pravvento sulla burocrazia del Dipartimento diStato.

La battaglia continuò e la nostra frustrazioneaumentò. Cito una frase tratta dal memoran-dum che inviai, nell’ottobre 1962, a Mc Geor-ge Bundy, consigliere per la Sicurezza nazio-nale: “Come ricorderà, la Casa Bianca è stataimpegnata per anni nello sforzo di persuadereil Dipartimento di Stato che un atteggiamentodi simpatia verso i socialisti di Nenni sarebbefavorevole agli interessi degli Stati Uniti e del-la democrazia occidentale. Durante questo pe-riodo, praticamente tutti i segnali provenientidall’Italia non fanno che avallare la nostra tesie cioé che i socialisti di Nenni si sono irrevo-cabilmente separati dai comunisti e sono de-terminati a portare il loro partito nell’orbita de-mocratica. Tuttavia, il Dipartimento di Stato,a qualsiasi livello, ha sempre opposto delle re-sistenze alle proposte di accelerare l’integra-

zione dei socialisti nella sfera democratica”.Nel gennaio del 1963 Komer ed io inviam-

mo un rapporto malinconico sulla politica ita-liana al Presidente stesso, e concludevamo di-cendo: “Nel caso che lei pensi di dirigere il go-verno degli Stati Uniti, la questione è ancorain contestazione”. Dulles aveva fatto il suo la-voro molto bene. (Per un eccellente resocontodel dibattito a Washington sull’apertura, con-siglio il libro  Renewing italian Socialism:Nenni to Craxi di Spencer M. Di Scala, pub-blicato dalla Oxford University Press nel1988).

Probabilmente, l’istinto di Kennedy di nonincalzare le questioni era giusto. Ci voleva deltempo per permettere alla situazione italianadi maturare. Quando Kennedy si recò in visitaa Roma nel 1963, ebbe, come mi disse eglistesso più tardi, un proficuo colloquio conNenni. Inoltre aggiunse: “Per quanto ho potutovedere, tutti in Italia sono favorevoli adun’apertura a sinistra. Mi era stato detto chequelli che la volevano erano tutti contro Fan-fani e contro di noi; ma non ho trovato nessu-no contro di noi”. Alla fine anche il Diparti-mento di Stato capitolò. Nella primavera del1963 Harriman divenne sottosegretario per gliAffari politici. Con la sua conoscenza della si-tuazione italiana e il suo attivismo nell’ammi-nistrazione egli sconfisse la burocrazia. Quan-do nel dicembre 1963, i socialisti di Nenni en-trarono nel governo, il Dipartimento di Statofu finalmente d’accordo.

Lo sforzo di Kennedy fu rivolto a cancellareil veto di Eisenhower e permettere agli italianidi decidere loro stessi chi dovesse governarli.Nenni, durante i colloqui che avemmo in quel-la prima esperienza di governo, mi mostrò unapaziente comprensione dei problemi che Ken-nedy aveva dovuto affrontare per cercare dimodificare una politica radicata Egli inoltreespresse la sua grande e, credo, genuina am-mirazione per il giovane presidente americano.Ricorderò sempre Nenni come un affascinanteanziano signore, di modi gentili, sincero nellediscussioni, onesto negli scopi: un vero patrio-ta italiano. s

■ IL RACCONTO DELL’EX SEGRETARIO DI STATO

KENNEDY E NENNIFIDUCIA IMMEDIATA

Arthur jr. Schlesinger

■ RESISTENZE DELL’AMBASCIATA USA E SEGNI-ANDREOTTI

MA SULL’INGRESSO DEL PSISCONTRO NELL’AMMINISTRAZONE

Spencer Di Scala

L’ingresso del Psi al governo era osteggia-to sia dall’Ambasciata di Roma che dagliambienti legati alla vecchia Amministra-zione Eisenhower. Il veto al Psi nascevadalla diffidenza per il suo passato nelFronte popolare. Nenni era temuto come‘cavallo di troia’ di Togliatti e di Mosca perallontanare la Nato dai confini sovietici.Da qui la dura battaglia politica che portòallo ‘sdoganamento’ dei socialisti italiani.

N el 1958, la proposta di Nenniper un centro-sinistra, fattaben cinque anni prima, era

ancora in discussione e, prima che i socialistipotessero entrare al governo, ne sarebbero do-vuti passare altrettanti. Nel 1963, tuttavia, laformula nenniana era già stata praticamente lo-gorata dai nemici dell’apertura a sinistra.

Data l’estrema immobilità della situazionepolitica italiana e la sensibilità verso gli svilup-

pi internazionali, sembra improbabile che lacoalizione di centro-sinistra avrebbe potuto di-ventare effettiva senza l’elezione di John Fitz-gerald Kennedy a presidente degli Stati Unitie senza gli interventi del suo consigliere ArthurSchlesinger. L’evidenza sembra portare a que-sta conclusione, anche se gli esperti del Dipar-timento di Stato ritenevano che il centro-sini-stra fosse un’idea puramente italiana, e benchéGiovanni Pieraccini, luogotenente di Nenni,durante la conversazione che ebbi con lui il 14novembre 1984, non condividesse questa tesi.

Quando le condizioni politiche per un cen-tro-sinistra maturarono, i suoi oppositori cer-carono di ritardarne al massimo l’attuazione.Il 7 ottobre 1985, durante una conversazionetelefonica, Robert W. Komer, ex funzionariodella Cia che attira l’attenzione dell’ammini-strazione Kennedy sull’apertura a sinistra, midisse che molti italiani credevano che gli StatiUniti si opponessero a tale apertura, permet-tendo ai suoi avversari di ritardarla. Per tale

CRITICAsociale ■ 57 / 2014

motivo Komer e gli altri funzionari dell’am-ministrazione comunicarono agli italiani cheKennedy non si opponeva al centro-sinistra:questo provocò uno scontro tra gli uomini del-la Nuova Frontiera e la burocrazia americana.

Questi stessi argomenti emersero nella miaconversazione del 25 giugno 1985 con ArthurSchlesinger. Osservai: “Ho la netta sensazioneche, senza l’amministrazione Kennedy, gli ita-liani, privi di un ‘appoggio positivo’, non cel’avrebbero fatta...”. Rispose Schlesinger:“Certamente, tutto sarebbe stato ritardato dimolto perché, come Lei dice, le persone cheper tutt’altri motivi ostacolavano il centro-si-nistra avrebbero tirato in causa gli americaniper giustificare la mancata attuazione del cen-trosinistra”.

Verso la fine degli anni Cinquanta e gli inizidegli anni Sessanta, il sistema politico italianoscavalcò, raggirò e ostacolò nei modi più varil’apertura a sinistra prima di usare contro diessa tattiche più discutibili.

IL ‘VETO’ AMERICANO

Come è stato precedentemente osservato, lapolitica statunitense in Italia si oppose alla par-tecipazione del Psi al governo a causa dellasua alleanza con i comunisti e anche perché gliamericani temevano ripercussioni sulla politi-ca estera italiana, in particolare per quantoconcerneva l’appartenenza dell’Italia alla Na-to. Durante l’amministrazione Eisenhower, idue ambasciatori Clare Boothe Luce e JamesD. Zellerbach si attennero rigorosamente al‘veto’ americano e ignorarono la graduale re-visione compiuta da Nenni degli atteggiamentisocialisti nei confronti della politica estera. LaLuce interferì apertamente nella politica italia-na sostenendo un’apertura a destra con l’inse-rimento dei monarchici nella coalizione di go-verno. Durante una conversazione telefonicache ebbe con me, Robert Komer rammentò unpranzo tenutosi a Roma durante il quale la Lu-ce definì Scelba un estremista di sinistra. Sinoalla fine del 1961, ella insisteva nel dire che ilPsi e il Pci dovevano essere considerati prati-camente un unico raggruppamento: quello diestrema sinistra. 

William Colby, capo della Cia a Roma e suofuturo direttore, racconta come l’ambasciatainfluenzò le elezioni amministrative del 1956autorizzandolo - ripeto testualmente – “a riem-pire il sedile posteriore della mia Fiat con mi-lioni di lire e tramite il mio agente esterno, unfinto studente, a distribuirli lavorando assidua-mente per un intero pomeriggio”.

Zellerbach mutò lo stile dell’ambasciata du-rante la sua carica (1957-1960), ma il veto ri-mase. L’ambasciata rifiutava qualsiasi contattocon i rappresentanti socialisti mentre mante-neva un rapporto amichevole con il leader li-berale Malagodi, anche a causa della sua otti-ma conoscenza della lingua inglese, cosa allo-ra molto rara tra i politici italiani.

Anche in questo periodo, tuttavia, i pareridegli americani sull’apertura a sinistra eranocontrastanti, preannunziando serie divisionidurante l’amministrazione Kennedy. Colby erafavorevole all’apertura perché avrebbe isolatopoliticamente i comunisti e apportato un altro15 per cento alla maggioranza di governo.Egli, inoltre, favoriva un appoggio finanziarioamericano in quanto la mancanza di fondi ini-biva una rapida rottura dei socialisti con il Pci.Anche i leader ‘liberal’ della Divisione inter-nazionale della Cia vedevano di buon occhioi cambiamenti progressisti politico-sociali chemolti elettori cercavano, nell’apertura a sini-stra. Komer ricorda che il direttore della Cia,Allen Dulles, era favorevole al centro-sinistra;ma, nello scontro che ne seguì per stabilire

quale direzione la politica americana dovesseprendere, fu l’ambasciatore Luce ad averechiaramente la meglio.

Nell’Inr (Intelligence and Research Bureau)del Dipartimento di Stato, John Di Sciullo, uo-mo di straordinaria energia e di impeccabilicredenziali accademiche, aveva messo in evi-denza già dopo le elezioni del 1953 l’impor-tanza di una divisione dei socialisti dai comu-nisti e la necessità di guadagnare l’appoggiodel Psi per una stabile coalizione democraticadi governo. Convinto che gli americani doves-sero raggiungere un’intesa con i socialisti ave-va espresso questa tesi nella ‘National Intelli-gence Estimate’ per l’Italia del 1958.

GLI UOMINI DELLA NUOVA FRONTIERA

Queste idee rimasero a fermentare fino a do-po l’elezione di Kennedy, nel 1960. All’iniziodella sua amministrazione, nel marzo 1961,l’esperto del Consiglio di sicurezza (Nsc) perl’area del Mediterraneo, Robert Komer, mandòun memorandum all’assistente speciale per lequestioni di sicurezza nazionale a McGeorgeBundy, suggerendo la possibilità di cambiarel’atteggiamento americano verso l’apertura asinistra. Quando più tardi il memorandum ar-rivò al presidente, non se ne fece nulla a causadi problemi ben più pressanti. Komer, però, neparlò al consigliere del presidente, ArthurSchlesinger Jr., che si mostrò interessato al pro-blema e decise di mutare la politica americananei confronti del centro-sinistra. Il 9 ottobre1985, nella conversazione telefonica che ebbicon Komer, costui mi informò che il suo scopoera soprattutto quello di far sì che la politicadegli Usa non venisse interpretata dagli italianicome avversa all’apertura a sinistra. “Solo duepersone mi hanno ascoltato”, mi disse Komer,“Arthur Schlesinger e Jack Kennedy”. Nei suoirapporti, Komer si riferiva a se stesso e a Schle-singer come ‘Romolo e Remo’.

Con Schlesinger, Komer aveva trovato l’uo-mo della Nuova Frontiera più qualificato atrattare gli affari italiani. Avendo seguito da vi-cino, come membro dell’Oss, la politica italia-na fin dalla seconda guerra mondiale, Schle-singer era diventato, come egli stesso mi disse,‘un compagno di strada del Partito d’Azione’e aveva conosciuto La Malfa, Nenni e Saragat.Nel descrivere il suo coinvolgimento negli af-fari italiani dopo l’elezione di Kennedy, Schle-singer mi disse: “Per lungo tempo sono statointeressato alla politica italiana e ritenevo cheil veto imposto dall’amministrazione Eisenho-wer fosse una sciocchezza. Ne parlai a Ken-nedy ed egli fu d’accordo con me”.

Tuttavia, nel cercare di cambiare la politicaamericana, gli uomini della Nuova Frontierasi scontrarono con la forte opposizione dei‘duri’ del Dipartimento di Stato. A propositodi questa opposizione Schlesinger mi disse:

“Quando [l’ambasciatore] Harriman vennein visita a Roma [nel marzo 1961], ritornò ne-gli Usa molto irritato dal comportamento diOuterbridge Horsey [vicesegretario dell’amba-sciata a Roma] che era estremamente rigidonella sua opposizione. Quindi, l’opinione dif-fusa alla Casa Bianca, con cui Mac Bundy con-cordava, era che si sarebbe dovuto abolire que-sto veto e aspettare il momento opportuno. Fustrano che la nostra azione venisse interpretatacome un’intromissione nella politica italiana.Infatti, il nostro scopo era quello di porre fineall’intervento dell’amministrazione Eisenho-wer per permettere alla politica italiana di se-guire più naturalmente il suo corso. Ci sembra-va che il centro-sinistra fosse l’unica soluzione,verso cui le forze autonome della politica ita-liana si stavano dirigendo, e che, inoltre, il go-

verno che ne sarebbe scaturito sarebbe statomeglio accetto all’amministrazione Kennedy.Tutti questi motivi mi coinvolsero e Kennedystesso, in un certo modo, mi diede via libera af-finché facessi la mia parte, sia pure fastidiosa,per la soluzione di questo problema.

Occorre anche notare che Kennedy ammi-rava i laburisti inglesi con cui Nenni avevastretti rapporti.

In una relazione al presidente, Schlesingerespose valide ragioni per appoggiare il centro-sinistra. Sebbene gli americani avesseroespresso a parole il loro appoggio alle riformesociali in Italia, egli scriveva, le loro azioni, du-rante il periodo della Luce, avevano convinto“la maggior parte degli italiani che noi in realtàfavoriamo gli interessi dei grandi industriali”.Con l’accresciuta indipendenza di Nenni daicomunisti e il suo avvicinamento alla sinistradella DC, diveniva più manifesto il bisogno diriforme sociali e cresceva, tra gli italiani, laconvinzione che un’apertura a sinistra avrebbeofferto la migliore speranza per una democra-zia stabile. Schlesinger esortò Kennedy affin-ché spiegasse a Fanfani, durante la sua visita aWashington nel giugno 1961, che “se ci fossestata qualche prospettiva reale che una largaparte della classe operaia potesse essere riscat-tata per la democrazia, gli Stati Uniti avrebberoaccolto ben volentieri tale sviluppo”.

Oltre a simili considerazioni ideologiche,molti altri furono i motivi che convinserol’amministrazione Kennedy ad appoggiare ilcentro-sinistra. Prima di tutto l’amministrazio-ne cercò l’aiuto italiano per risolvere il proble-ma della bilancia dei pagamenti. Gli sforzi perindurre gli italiani a fare nuove ordinazioni diarmi procedevano speditamente, ma Schlesin-ger chiese con insistenza che gli italiani au-mentassero gli aiuti destinati ai paesi menosviluppati, specialmente in America Latina,Medio Oriente e Africa. L’Italia aveva ridottoi contributi ai paesi sottosviluppati adducendoi propri problemi nel Meridione. Nel discorsoche il vicepresidente Lyndon Johnson avrebbedovuto leggere durante una cena con Fanfani,e che era stato scritto da Schlesinger, quest’ul-timo citava il progresso economico italiano inuna società libera come “una valida aggiuntaall’arsenale ideologico della democrazia”. Fa-cendo riferimento in particolare alla questionemeridionale italiana, Schlesinger affermava:“Le aree sottosviluppate collegano l’Italia allamaggior parte delle nuove nazioni non allinea-te del mondo. Se l’operazione ‘Bootstrap’ nelmeridione darà risultati duraturi, potrà servireda modello e da guida per queste nazioni”.

La visione dell’Italia come modello per ipaesi meno sviluppati rimase uno dei temi im-portanti dell’amministrazione statunitense.Durante i suoi colloqui col presidente AntonioSegni nel luglio 1963, Kennedy non solo lo in-citò ad appoggiare il centro-sinistra, maespresse anche la speranza che la DC prendes-se più a cuore l’America Latina favorendo inessa uno sviluppo democratico. Nel marzo1961, Harriman aveva già sollevato questoproblema col presidente Gronchi e Schlesingerera intervenuto perché non si ricorresse a me-todi poco leali negli affari che gli americanitrattavano con le imprese italiane in Argentina.Dello stesso tenore furono i colloqui tra gli altifunzionari dell’amministrazione e un’impor-tante società di consulenza italiana, per un mi-gliore sviluppo economico e sociale del bacinodel Mediterraneo. Gianni Agnelli appoggiò en-tusiasticamente il progetto e attese di incon-trarsi con Kennedy per discutere direttamentedella questione, verso cui le organizzazionidell’Orni avevano già manifestato interesse.

Durante la mia conversazione del 25 giugno1985 con Schlesinger, egli confermò la suaidea per un’Italia di centro-sinistra intesa come

modello per gli altri paesi e ribadì l’appoggiodi Kennedy, specialmente nei confronti del-l’America Latina. Particolare interessante,Schlesinger sosteneva la formula del centrosi-nistra per la Francia dopo De Gaulle e per laGermania dopo Adenauer. In termini più espli-citi, gli americani, come testimonia il trafficodiplomatico tra l’ambasciata di Roma e il Di-partimento di Stato, respinsero il modellogaullista per l’Europa, ritenendo che un gover-no stabile di centro-sinistra fosse una validabarriera a un potenziale De Gaulle italiano.

Gli uomini della Nuova Frontiera andaronoal di là degli schemi ideologici, passando al-l’azione. Averell Harriman visitò Roma nelmarzo del 1961 e invitò il presidente del Con-siglio Fanfani a visitare Washington.

L’interazione tra gli affari italiani e il mododi ragionare degli uomini della Nuova Fron-tiera emerge chiaramente dagli appunti, ingran parte censurati, dei colloqui che Harri-man ebbe con i leader italiani. Parlando conSaragat, per esempio, egli chiese come mai inItalia il voto comunista non fosse diminuito,nonostante l’impressionante sviluppo econo-mico. La risposta di Saragat è stata cancellata,ma la nuova strategia anticomunista degliamericani risulta chiaramente dalla replica diHarriman:

Mr. Harriman replicò che l’amministrazioneKennedy la pensava in questo modo. Aggiunseche gli Stati Uniti avevano imparato a propriespese che non era sufficiente dare ai paesi sot-tosviluppati assistenza finanziaria, ma che eraanche necessaria una riforma sociale e persinouna rivoluzione sociale. L’ambasciatore disseche la nuova amministrazione democratica de-siderava patrocinare gli interessi sociali edeconomici della gente comune, e che era que-sto il piano della ‘Nuova Frontiera’, mentre irepubblicani erano più interessati agli affari.

Allo stesso tempo Harriman si disse peròpreoccupato per l’impatto sulla politica esterache un’entrata al governo del Psi avrebbe po-tuto avere. Schlesinger ed io discutemmo suqueste riserve di Harriman, che, secondoSchlesinger, erano la linea ufficiale della poli-tica americana, come veniva prospettata aifunzionar! italiani. Quando Schlesinger parlòa Harriman dopo il ritorno dell’ambasciatoreda Roma, egli, testualmente, “era sempre, perquel che ricordo, a favore del centro-sinistra”.

Subito dopo il viaggio di Harriman, nel-l’aprile 1961, Schlesinger venne in Italia perpartecipare a un convegno sulla politica esteraamericana sponsorizzata da ‘Il Mulino’, rivistabolognese della sinistra democristiana. Egli,come spiegò in un memorandum al presidenteKennedy, riteneva che l’avere contatti con gliintellettuali europei fosse una carta importanteper la nuova amministrazione. Sebbene il con-vegno avesse scarsa risonanza perché nel frat-tempo era scoppiata la crisi della Baia dei Por-ci, il viaggio ebbe conseguenze rilevanti.

La delegazione americana includeva un vec-chio amico di Schlesinger, James E. King Jr.,dell’Institute for Defense Analysis, favorevoleall’apertura a sinistra. La partecipazione alconvegno stimolò un ulteriore interesse per ilcentro-sinistra e generò un influente gruppoche ne sosteneva l’attuazione. Oltre a Schle-singer e a King, questo gruppo comprendevail giornalista del Washington Post Leo Wol-lemborg, i cui articoli si trovano in abbondan-za tra gli schedari di Schlesinger alla bibliote-ca Kennedy; Victor Sullam, rappresentante aWashington della Federazione italiana dellecooperative agricole; Victor Anfuso, un italo-americano membro del Congresso; RichardGardner, futuro ambasciatore di Carter in Ita-lia; i sindacalisti Victor e Walter Reuther; e Fa-bio Gavazza, membro influente del gruppo deIl Mulino. Assieme a Robert Amory Jr. e a Da-

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na Durand della Cia, al ministro del LavoroArthur Goldberg, al direttore dell’Usia Ed-ward Murrow e ad altri influenti alleati diSchlesinger, tutte queste persone costituironouna potente lobby per il centro-sinistra.

Subito dopo il convegno de Il Mulino, Kingottenne, tramite Gavazza, dei colloqui conGronchi, Fanfani, Moro e Nenni, e, come af-fermò testualmente più tardi, “sfruttai questicolloqui per rafforzare la convinzione di Moroche gli Stati Uniti avevano interesse a incorag-giare e non a ostacolare la collaborazione trasocialisti e democristiani”.

Quando King ritornò negli Stati Uniti, in unmemorandum che circolò tra gli influentimembri dell’amministrazione Kennedy riferìil contenuto dei colloqui avuti con i leader ita-liani e i funzionar! Dell’ambasciata, facendoun’intelligente e favorevole analisi delle op-portunità e dei rischi di un centro-sinistra. Af-fermò che Outerbridge Horsey, dell’ambascia-ta di Roma, aveva ingrandito esageratamentei rischi di un’apertura a sinistra. Tutti i leadercon cui King aveva parlato concordavano sullasincerità dell’allontanamento di Nenni dai co-munisti, anche se avevano dubbi sull’effettivocontrollo che Nenni aveva del suo partito.Inoltre Codacci Pisanelli, leader della destraDC, e Aldo Moro negavano il pericolo di unascissione democristiana qualora si fosse veri-ficata l’apertura: spauracchio sollevato dal-l’ambasciata per influenzare negativamente gliamericani.

Come spesso nella politica italiana, ognipartito desiderava che fosse l’altro a compiereil primo passo, così da indebolirsi internamen-te e, di conseguenza, anche nei confronti del-l’oppositore. Perciò Moro deplorò che Nenni,quando aveva chiesto alla DC di rompere conla destra e di formare un governo che dipen-desse dai socialisti, si fosse rifiutato di dare‘garanzie’ che il Psi avrebbe troncato, nei sin-dacati e nelle amministrazioni locali, ogni le-game con i comunisti. Nenni, a sua volta,obiettò che un’improvvisa rottura con i comu-nisti in quelle aree avrebbe scosso l’unità delmovimento operaio, facendo rifluire molti la-voratori nei sindacati comunisti e cattolici, eavrebbe lasciato millecinquecento comuni, deiduemila che avevano un’amministrazione disinistra, in mano al centro e alla destra.

Dall’altro lato, Moro sostenne che conside-rava ‘inevitabile’ il centro-sinistra poiché un’al-leanza col Psi forniva l’unico strumento percontrollare i comuni di tutte le regioni italiane.

Nenni manifestò la volontà di trascinare consé il suo partito, ma informò stancamente Kingche l’aveva proposto già tre volte: nel 1956,nel 1959 e ‘recentemente’. La discussione sul-le garanzie, disse King, richiamava chiara-mente la polemica se fosse nato prima l’uovoo la gallina.

Oltre a far circolare il suo memorandum traun pubblico privilegiato, King fece sì che Nen-ni scrivesse per il Foreign Affairs un articoloin cui chiarisse le sue idee agli americani.Nenni, nel suo scritto, argomentò che “il Psinon è, e non è mai stato una copia del Partitocomunista” e attribuì la loro precedente colla-borazione alla necessità di un’azione comunecontro il fascismo.

Tutto ciò ebbe un’influenza positiva su Ken-nedy. Nel giugno 1961, in attesa della visita diFanfani, Schlesinger parlò con due funzionaridel Dipartimento di Stato, William Knight, in-caricato degli affari italiani, e William Blue,direttore dell’Ufficio per gli affari dell’Europaoccidentale. Questi funzionari, convinti dalleargomentazioni dell’ambasciata secondo cui isocialisti avrebbero potuto far uscire l’Italiadalla Nato e promuovere nazionalizzazioniche avrebbero compromesso gli interessi ame-ricani in Italia, non furono per nulla toccati

dalle osservazioni di Schlesinger e, di conse-guenza, consigliarono Kennedy di non solle-vare la questione con Fanfani e di rispondereeva-sivamente se il presidente del Consiglioitaliano vi avesse fatto allusione. Irritato daquesta testarda posizione, Schlesinger non par-lò più con il Dipartimento di Stato di tale ar-gomento, ma invitò i suoi alleati nell’ammini-strazione a comunicare direttamente con Ken-nedy. E il presidente americano disse a Fanfa-ni: “Se lei pensa che l’apertura a sinistra siauna buona idea, noi considereremo i risultaticon simpatia”.

Tuttavia, stranamente, una volta tornato aRoma Fanfani non accennò a questa eventuale‘simpatia’, probabilmente per prendere tempo;quando però, durante una cena in un ristorantedi Washington, un gruppo di uomini dellaNuova Frontiera ne informò gli osservatori ro-mani, lo ‘strano silenzio’ di Fanfani irritò siaNenni che Moro.

LA BUROCRAZIA CONTRO QUELLIDELLA CASA BIANCA

Kennedy non mise immediatamente in attola sua dichiarata politica di apertura a sinistrae questa esitazione incoraggiò gli oppositoriamericani a perseverare nel loro rifiuto dellapartecipazione dei socialisti al governo italia-no. Il vicesegretario dell’ambasciata, Horsey,definì l’apertura “una fantasia - o peggio, unatrappola pericolosa”. Affermava che i filoco-munisti dominavano ancora il Psi, che unacoalizione di centro-sinistra sarebbe dipesa daivoti comunisti e che avrebbe spezzato in duela DC. Il centro-sinistra avrebbe significato laneutralizzazione dell’Italia e, come citato daKing, “un terribile salto in avanti dei comuni-sti nell’Europa occidentale”.

Nell’ambito dell’ambasciata, Horseyschiacciò tutte le opposizioni contrastando ilprimo segretario George Lister, la cui carrierafu salvata in extremis da Harriman. SecondoLeo Wollemborg, Nenni non si aspettava unacosì forte resistenza da parte dei diplomaticiin Italia, dato che questi avrebbero dovuto in-vece considerare il centro-sinistra un effettivo‘vantaggio’. Wollemborg, che aveva incontra-to molta ostilità da parte dell’ambasciata acausa dei suoi articoli sul Washington Post fa-vorevoli al centro-sinistra, spiegò tale atteg-giamento facendo riferimento all’atmosfera daguerra fredda degli anni Quaranta e Cinquantache si respirava tra i funzionari dell’ambascia-ta. In effetti essi dissero ai loro critici: “Pos-siamo aver perso la Cina, ma guardate qualestabilità abbiamo in Italia”.

Dopo che Kennedy ebbe espresso simpatiaper l’apertura a sinistra, gli argomenti dell’am-basciata cambiarono. Dopo tanti anni di inter-ferenza negli affari italiani, ora i diplomaticiamericani a Roma difendevano la ‘neutralità’.Secondo Horsey:

“La questione principale era se l’influenzadel governo americano, occulta o palese, do-vesse essere usata per favorire od ostacolarelo sviluppo della politica interna italiana. Se-condo me... il governo degli Stati Uniti non sa-rebbe dovuto intervenire in questo processoche comportava rischi considerevoli e, d’altraparte, il governo degli Stati Uniti non era ingrado di riparare il danno o le conseguenze chela sua azione avrebbe potuto provocare”.

Ma, come Horsey sapeva, in questo caso la‘non-interferenza’ voleva dire conservare lostatus quo a cui l’ambasciata aveva fortementecontribuito.

L’ambasciatore di Kennedy in Italia, G. Fre-derick Reinhardt, di vedute più aperte ma de-bole di carattere, non mutò politica. In sostan-za, egli era d’accordo con Horsey e deplorò

che Schle-singer, con la sua condotta, tentassedi raggirare le resistenze dell’ambasciata. Diquesto egli si lamentò, in un incontro che ebbecon Kennedy nel marzo 1962. “Il presidente -scrive Reinhardt - prontamente centrò il pro-blema e mi assicurò che la mia interpretazionedel suo atteggiamento e della sua politica delgoverno era esatta, esortandomi a non farmiingannare in un modo o nell’altro da personeche, ho dimenticato di dirlo, cercavano di in-fluenzare sia me che gli italiani”. Tuttavia, inuna bozza del colloquio di pugno dello stessoambasciatore, egli non menziona né questa néaltre dichiarazioni simili.

Durante la sua lotta contro l’ambasciata e isuoi alleati, ma soprattutto contro William E.Knight, incaricato degli affari italiani, nella se-zione operativa del Dipartimento di Stato(Eur), Schlesinger andò a Roma per comuni-care direttamente ai leader italiani e a Nennila posizione di Kennedy sul centro-sinistra.Scrisse agli amici italiani su carta da letterecon l’intestazione della Casa Bianca solleci-tando l’appoggio di uomini appartenenti allaNuova Frontiera. Alla fine del 1961 ottenne lacollaborazione del senatore Hubert Humphrey,noto per la sua simpatia per le idee socialde-mocratiche. Durante un viaggio a Roma,Humphrey cercò di mutare l’atteggiamentodell’ambasciata e si incontrò con Nenni e altrileader del Psi per comunicare quello che l’am-ministrazione pensava di loro.

Ben lungi dal convincerli, questi sforzi irri-tarono sia Reinhardt che Horsey. Trovandosi aWashington alla fine del 1961, per un periododi quattro mesi, Horsey discusse furiosamentecon l’Inr, esigendo che la National IntelligenceEstimate del 1962, la quale simpatizzava perl’apertura a sinistra, mutasse orientamento, mail suo tentativo fallì miseramente. In seguitocercò di screditare il documento, ma l’Inr, tra-mite il suo direttore Roger Hilsman, si schieròa fianco di Schlesinger, a favore del centro-si-nistra e contro l’Eur. Il 19 gennaio 1962 unarelazione dell’Inr disapprovò apertamente i nu-merosi rapporti sul centro-sinistra dell’amba-sciata, fornendo dettagli sull’allontanamentodei socialisti dalle posizioni filosovietiche econcludendo letteralmente così: “non sembrache esista alcuna essenziale o stabile alternati-va a un governo di centro-sinistra”.

Le opinioni di Schlesinger e dell’ambasciatadifferivano anche per quanto concerneva i se-greti aiuti finanziari dati dagli americani al Psie il presunto invito a Nenni di visitare gli StatiUniti. Un frammento di un documento più lun-go, trovato tra le carte di Schlesinger, scrittosu un foglio che reca, a grandi caratteri in ros-so, la dicitura Cabinet Paper-Privileged. Pro-perty of the White House-For Authorized Per-sons only, espone i motivi di tale aiuto finan-ziario, a cui Reinhardt era contrario. (Questodocumento è ovviamente una minuta; il titolooriginale, più rivelatore, ‘Le ragioni per l’as-sistenza al Psi’ è cancellato e sostituito con ‘Ipro e i contro dell’assistenza al Psi’.)

Secondo il documento, le ragioni per cuiReinhardt era contrario all’assistenza si fon-davano sulla presunzione che gli autonomistidel Psi non ne avessero bisogno; che la cresci-ta elettorale del Psi sarebbe avvenuta a spesedella Dc e del Psdi; che, quando il Psi fossediventato più forte, la sua gara con i comunistia favore della classe operaia lo avrebbe spintoa far pressione sul governo affinché assumesseposizioni più radicali: che il centro-sinistranon avrebbe isolato il Pci, ma gli avrebbe, an-zi, dato una maggiore rispettabilità e avrebbeprodotto una mentalità da Fronte popolare; chel’appoggio americano avrebbe dovuto esserecondizionato a una netta rottura col Pci o unascissione del Psi. L’autore, per quanto concer-ne la politica interna, fa riferimento all’autorità

di Moro, di Fanfani e di Saragat, affermandoa un certo punto che quei leader “presumibil-mente sono i migliori...” (e la frase probabil-mente proseguiva con “giudici di tali proble-mi”, ma, dato che la pagina seguente del do-cumento manca, non è possibile riportare l’in-tera citazione).

Notando che il Psi già “riceve sottobancoassistenza dal governo italiano attraverso le or-ganizzazioni economiche di Stato”, il motivoper fornirgli appoggio economico - tipico dellaposizione di Schlesinger - consisterebbe nelfatto che nell’interesse degli Stati Uniti cercareil Psi invece di aspettare che vengano loro danoi: più noi li coinvolgiamo, più li leghiamoall’Ovest. Per di più, il Psi ci da quello che nonabbiamo mai avuto finora, cioé un contattoampio con la classe operaia italiana per il cuitramite noi possiamo raggiungere le masse eattizzare la polemica tra Pci e Psi. Alcune notescritte a mano ai margini aggiungevano: “E di-scutibile se, per esempio, una divisione nel Psipossa tornare a nostro vantaggio; se non si cor-ra il rischio di trasformare Nenni in un altroSaragat consegnando i carristi al Pci”. L’autoredi questo promemoria cita Saragat facendo ri-ferimento al drastico declino del Psdi negli an-ni che seguirono la divisione del 1947, percontrobattere l’opinione, incredibilmente con-traddittoria, dei funzionari dell’ambasciata perprovare che l’influenza di Nenni sarebbe de-clinata se avesse rotto con i comunisti.

Il documento continua dicendo che, se l’aiu-to sottobanco degli americani fosse stato este-so al Psi, “noi ci troveremmo a dover fronteg-giare un problema all’interno del movimentosindacale americano”. Questo, nelle personedi Walter e Victor Reuther, aveva da tempoesteso gli aiuti finanziari alle organizzazionisindacali del Psdi e probabilmente al partito.Il documento afferma testualmente che i Reu-ther “sono fortemente favorevoli” all’aiutoeconomico, ma che il gruppo di George Mea-ny, influenzato dal Consiglio sindacale italo-americano di Vanni Montana, si opponevaall’assistenza. Qui si può notare che Knight ri-portava i dubbi di Montana come dimostrazio-ne del fatto che la comunità italo-americana siopponeva al centro-sinistra. Sulla questionedegli aiuti il documento conclude: “Non credoche ne sappiamo abbastanza per una decisionefinale”, ma, in realtà, è nettamente a favoredell’invio, in forma riservata, degli aiuti al Psi.

Termina, infine, deplorando l’opposizionedi Horsey alla visita di Nenni negli Stati Unitie usa abilmente una frase di un telegramma diHorsey in favore di una visita di Saragat alpresidente Kennedy come preludio a una visitadi Nenni. Altri documenti dimostrano cheSchlesinger coordinò strettamente le sue atti-vità con le più alte gerarchie del Dipartimentodi Stato tramite McGeorge Bundy. Nel giro dipochi mesi Saragat era andato a trovare Ken-nedy e Nenni era stato invitato.

Sebbene Schlesinger sostenga tuttora che iloro rapporti personali erano buoni, nel 1963consigliò a Kennedy di sostituire l’ambascia-tore Reinhardt con il ‘liberal’ Barry Bingham.Il nuovo ambasciatore, scrisse nel suo memo-randum Schlesinger, doveva essere in grado dicondurre una diplomazia creativa a Roma.Non è sufficiente guardare gli eventi da vicinoe farne rapporto. Noi dobbiamo avere una po-litica attiva... se vogliamo aiutare l’Italia amuoversi verso un regime democratico e sta-bile. A quel tempo Reinhardt sfruttava la que-stione della Forza nucleare multilaterale (Mlf)per bloccare il centrosinistra.

Ovviamente il fatto che Kennedy non voles-se intervenire direttamente dava agli opposi-tori dell’apertura ampio spazio per manovrare.Una fonte del Dipartimento di Stato mi riferìche Kennedy aveva detto in sua presenza:

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“Non darmi questa gatta da pelare. Se andassebene, il merito non verrebbe a noi; se andassemale, ogni colpa ricadrebbe su di noi”. L’in-caricato degli affari italiani Knight fece un’os-servazione simile.

In risposta alla mia domanda sul non-inter-vento di Kennedy, Schlesinger rispose:

“E’vero. Kennedy permise a me di agire...ma era impegnato in troppe altre battaglie colDipartimento di Stato e questo non era un pro-blema pressante. Così mi diede licenza di cac-cia... ma non mi smentì. Come dico, c’eranoaltri problemi più importanti per i quali stavacombattendo col Dipartimento di Stato. Nonsi può combattere su tutti i fronti”.

Infatti le crisi di Cuba e di Berlino metteva-no il problema italiano in secondo piano, magli obiettivi che l’amministrazione si ponevaper l’Italia dimostrano molto bene gli scopidella sua politica a lungo termine.

Nonostante gli altri incalzanti problemi diKennedy e la sua riluttanza a scontrarsi col Di-partimento di Stato per via del centro-sinistrain Italia, Arthur Schlesinger enfatizza il fattoche il presidente comunicò chiaramente ai lea-der italiani la sua simpatia per la partecipazio-ne dei socialisti alla coalizione governativa.Nel giugno del 1960, Kennedy non solo dissea Fanfani che il precedente veto americanonon esisteva più, ma lo ripeté anche in occa-sione del suo viaggio in Italia del 1963. Wil-liam Fraleigh, consigliere d’ambasciata cheaccompagnò Kennedy a Roma, ricorda diaverlo udito dire che sperava molto che la nuo-va coalizione governativa in Italia fosse unsuccesso e che sembrava offrire grandi oppor-tunità per ottenere risultati positivi.

Durante un ricevimento nei giardini del Qui-rinale, cui parteciparono tutti i segretari deipartiti dell’area democratica, incluso Nenni,Kennedy si diede un gran da fare per dimostra-re la sua stima al segretario socialista, cosa cheinfastidì gli altri leader, in special modo Mala-godi. Secondo Fraleigh, Kennedy parlò a Nen-ni in privato, alla presenza di un interprete:

“E stavano in piedi in mezzo a quella piat-taforma e parlavano e parlavano e parlavano.La cosa destò l’interesse dei presenti, che co-minciarono a mormorare. Credo che alcuni de-gli altri leader cominciassero a diventare un pòirrequieti - si tenevano ai lati - chiedendosi seavrebbero mai parlato col presidente e soprat-tutto se per tanto tempo quanto ne aveva dedi-cato a Nenni”.

Come vedremo in seguito, le trattative peril centro-sinistra attraversavano in questo pe-riodo una fase particolarmente delicata e l’at-tenzione di Kennedy diede maggiore prestigioal segretario socialista. Secondo Fraleigh,Nenni non poteva essere più felice ed estasia-to, mentre Schlesinger mi informò che Kenne-dy considerava Nenni una figura leggendariae intendeva rendere esplicita la sua accettazio-ne dei socialisti, cosa che fece durante i suoicolloqui con Segni. Secondo Nenni, Kennedygli avrebbe detto che, mentre lui rappresentavail presente, Nenni rappresentava il futuro; eSchlesinger riteneva probabile che Kennedyavesse pronunciato una frase simile.

Il giorno successivo, al pranzo che Kennedydiede per il presidente Segni a Villa Taverna,una telefonata, citata da Fraleigh, annunciòche i socialisti si sarebbero astenuti dal votodi fiducia per il governo di transizione di Gio-vanni Leone, lasciando più tempo per definirele trattative del centro-sinistra.

Inoltre, l’amministrazione Kennedy riuscì aspezzare la resistenza del Dipartimento di Sta-to e dell’ambasciata alla sua politica, perchéquesta opposizione era andata fuori controllo.

Alla fine di novembre del 1961, all’amba-sciata di Roma avvenne un incontro incredibi-le: in quell’occasione, infatti, alcuni parteci-

panti proposero l’intervento militare america-no per bloccare il centro-sinistra. Alan Platt,autore di una tesi sul centro-sinistra e sulla po-litica americana che intervistò la maggior partedei protagonisti, cita, come fonte di questa suaaffermazione, un’intervista segreta. Le fontiitaliane hanno costantemente identificato Ver-non Walters, allora addetto militare a Roma,più tardi ambasciatore di Reagan alle NazioniUnite, come il fautore dell’intervento armato.Walters ha sempre negato questo addebito, mala sua ostilità al centro-sinistra, il suo strettolegame col capo del Sifar, il generale GiovanniDe Lorenzo, indiziato di aver progettato uncolpo di Stato nel 1964, e inoltre il fatto che lememorie di Walters siano inattendibili quandoparla dell’atteggiamento degli americani neiconfronti dell’apertura a sinistra, tutto ciò sug-gerisce che potrebbe essere stato proprio lui afare la proposta.

Stranamente, a difenderlo da tale accusa èproprio chi a quei tempi lo avversava. Il 25giugno del 1985, quando sollevai la questione,Schlesinger si mostrò sorpreso e mi disse:

“Dick Walters non è una delle persone piùfurbe del mondo, ma persino lui deve... cioé,voglio dire, si capisce che forse può avercipensato... ma le sue raccomandazioni... eraconsiderato un interprete, una liaison militarecon il governo italiano; non aveva alcun ruolonello svolgimento politico. E se anche ha fattouna raccomandazione del genere, cosa possi-bile, ma secondo me non probabile, certamen-te nessuno si sognò di prestargli attenzione, ec-co perché l’intera faccenda é pazzesca”.

Schlesinger aggiunse che Walters era un uo-mo dalle vedute di estrema destra, con rapportimolto stretti con i militari italiani e accennòalla sua intimità con Clare Boothe Luce (in-contrata in Italia durante la seconda guerramondiale). Anche se Walters può non averavuto alcun ruolo nei fatti politici, egli senzadubbio diede ai militari italiani, ostili ai socia-listi, un’idea di quale fosse l’atteggiamentoamericano molto diversa da quella che aveval’amministrazione Kennedy. Data la sua posi-zione e quella dell’ambasciatore, il loro atteg-giamento può senz’altro aver incoraggiato gliitaliani che osteggiavano il centrosinistra aprendere provvedimenti illegittimi contro diesso una volta che avevano perso la battagliapolitica e che Kennedy e gli uomini della Nuo-va Frontiera avevano abbandonato la scena.

Alla fine del 1961 e all’inizio del 1962, laNuova Frontiera rimosse gli ultimi grossi osta-coli che ancora si frapponevano all’appoggioamericano del centro-sinistra. Nel novembredel 1960, Enrico Mattei aveva concluso un gi-gantesco affare petrolifero con l’Unione So-vietica. Come si è notato, egli appoggiava ilcentro-sinistra, sebbene i suoi obiettivi finalisiano ancor oggi difficili da stabilire. Nenniconsiderò favorevolmente le attività petrolife-re di Mattei e si incontrò con lui subito dopol’accordo con l’Unione Sovietica, riportandonel suo diario: “Mattei dice di aver voluto dareun avvertimento all’America perché capiscache non può più continuare a sfruttarci facen-doci pagare prezzi esosi sul petrolio del MedioOriente”. Nenni notò che i socialisti lo aveva-no appoggiato nell’interesse della nazione.

Le attività di Mattei rendevano perplessipersino gli uomini della Nuova Frontiera. Unmemorandum segreto di una conversazione sutale argomento, che io ottenni per Ordine Ese-cutivo 12065, descrive dettagliatamente un in-contro, avvenuto il 17 marzo 1962, tra i con-siglieri del presidente e i più alti esponenti delDipartimento di Stato. Allarmato dal potereapparentemente sempre maggiore di Mattei, ilsottosegretario di Stato George Ball fece rife-rimento alla sua presunta responsabilità nel-l’instaurazione del nuovo governo Fanfani di-

pendente dal Psi e la possibilità che diventi unfronte per i comunisti cinesi e un agente per isovietici nella vendita del petrolio.

Dopo un’approfondita valutazione di Mattei,tuttavia, il sottosegretario di Stato GeorgeMcGhee, che proveniva dal Texas, propose unaccordo con l’Eni. I partecipanti concordaronosul fatto che McGhee chiedesse a Walter Levydella Standard Oil del New Jersey di andare aWashington a discutere i dettagli per un even-tuale accordo. Ball disse che “l’effettivo risul-tato di tale accordo, se si fosse rivelato possibi-le, sarebbe stato quello di rimuovere l’Italia dal-la categoria dei paesi con scarsità di petrolio” equindi le azioni italiane sarebbero mutate inquesto intero campo per il meglio. Il 19 aprile1962, McGhee trascorse diverse ore con il di-rettore della Standard Oil del New Jersey e ilvicepresidente esecutivo della stessa compa-gnia, W.R. Stott, lavorando ai dettagli per un ac-cordo con Mattei; ambedue, Stott e Ball, si pre-pararono a un incontro con il direttore dell’Eni.

L’amministrazione Kennedy, perciò, fece damediatrice tra le compagnie petrolifere ameri-cane e Mattei, per risolvere le loro divergenze,eliminando un grosso ostacolo alla politicaamericana favorevole al centro-sinistra, e aiu-tando l’Italia a ottenere l’energia a basso costonecessaria per il suo sviluppo economico.

Infine, l’amministrazione smantellò l’oppo-sizione interna. L’assegnazione di Averell Har-riman come sottosegretario di Stato per gli af-fari politici nel 1963, gli avvicendamenti diroutine e i vari trasferimenti - la nomina diHorsey ad ambasciatore in Cecoslovacchia, lapromozione di Knight, il trasferimento di Wal-ters in Brasile - favorirono la formazione diuna burocrazia che si allineò con la politicapresidenziale verso la fine del 1962 e nel 1963.

Tuttavia, i molti influenti americani che si

opponevano al centro-sinistra per paura di unapresa del potere da parte comunista tramite ilPsi rimasero attivi dietro le quinte. L’ex am-basciatore Luce scrisse una lunga, incoerentelettera a Kennedy nella quale prediceva che icomunisti avrebbero assunto il controllo di tut-ta Europa. La sua analisi era la seguente:

“Il governo italiano filooccidentale ha tenu-to il piede sulla buccia di banana di Mosca perdiciassette anni. Il governo italiano, che dueanni fa aveva incluso i socialisti nenniani filo-moscoviti, non può sopravvivere a un disastrodel centro francese e l’Italia probabilmente loprecederà portando al potere i socialisti che so-no a favore dei comunisti”.

In effetti, dichiarava la Luce, gli italiani ave-vano ingannato Kennedy:

“Gli italiani non hanno alcun problema: nonsi ribellano, ma, come al solito, non fannoniente. Da tempo avevano una soluzione per ilgiorno in cui le truppe americane si fossero ri-tirate... Mantengono un ampio partito comu-nista pronto a creare un’amministrazione con-trollata per confrontare le realtà nucleari. IlPartito comunista italiano negozierà il futurodell’Italia con l’Urss”.

Ben due risposte di Kennedy e di McGeorgeBundy, che si trovano depositate negli archividell’ufficio presidenziale nella Biblioteca Ken-nedy, dimostrano quanto cautamente l’ammi-nistrazione avesse dovuto trattare con la Lucea causa dei potenti agganci che costei avevacon la stampa. Ma, entro il 1963, la NuovaFrontiera aveva eliminato l’aperta opposizionedegli americani alla partecipazione socialistaal governo, e aveva reso esplicito il suo appog-gio: così facendo, aveva dato un possente im-pulso alla formazione del centro-sinistra. s

Spencer Di Scala

■ IL RESOCONTO DELL’AVANTI!

MILANO ANTICIPA L’ITALIAIL CENTRO SINISTRA NEL ’61

Ugo Intini

I n un clima cambiato, carico disperanze, si apre la campagnaelettorale per le elezioni ammini-

strative dell’autunno. Per i socialisti, l’obbiet-tivo è realizzare a Milano, città simbolo dellatradizione turatiana, la prima alleanza con laDC, che sarà di esempio per il resto del Paese.Milano è il centro della battaglia politica dun-que e l’Avanti! di Milano è il quartier generaledi questa battaglia. La conduce innanzitutto ilsuo direttore Guido Mazzali . Membro della se-gre teria del Partito, segretario della Federazio-ne di Milano, erede della storia riformista dellacittà, Mazzali, pubblicitario oltre che giornali-sta, anche per la modernità derivante dalla suaesperienza professionale, esprime mglio diogni altro lo spirito innovatore degli autonomi-sti: meglio persino del più anziano Nenni, sulquale ha un grande ascendente umano e pro-fessionale (gli suggerisce spesso titoli e slogan)oltre che politico. Milano è sempre sta ta la ca-pitale economica del Paese, quella dove per-tanto sono nate (e con tinuerà a essere così neidecenni successivi) le grandi svolte politiche,nel bene e nel male: dal socialismo, al fasci-smo, alla liberazione, alla repubbli ca (sino aMani Pulite, al leghismo e al Berlusconismo).Mazzali e Nenni puntano adesso a una svoltadi nuovo socialista, che spezzi il “Fronte della

cretineria” (o la tenaglia conservatrice centri-smo - PCI) e spinga per imi tazione il resto delPaese verso il centro sinistra tra democristianie sociali sti. Le contraddizioni della città sonoprofonde, ma qui più che in ogni altra si senteil vento del cambiamento. Negli anni ‘50, l’ini-zio del miracolo eco nomico è stato travolgen-te, fondato tuttavia su un’evasione fiscale daterzo mondo. Come proprio l’Avanti! denuncianel 1960, “è inaccettabile che uno dei padronidi Milano, amministratore delegato della Edi-son, come l’ing. Giorgio Valerio, fissi intornoai 20-24 milioni il suo reddito annuo. Non èpossibile continuàre a contrabbandare comeverità il fatto che una città come Milano abbiasoltanto 156 redditi superiori ai 20 milioni”Anche per effetto dell’evasione fiscale, le con-dizioni di vita e i servizi sono spesso altrettantoda terzo mondo.

Nella capitale economica del Paese, 13 casesu 100 mancano dell’acqua potabile, 25 di ser-vizi igienici con acqua corrente, 42 di bagno e51 di riscaldamento centrale. La democraziaformale funziona, certo, ma in pratica ogni gio-vedì, a un tavolo riservato del ristorante Saviniin Galleria, allora il più esclusivo, si riunisconoa colazione il capo cronista del Corriere dellaSera Lanfranchi , il sindaco Ferrari , il segreta-rio della Democrazia Cristiana Giambelli: e de-

8 ■ CRITICAsociale7 / 2014

cidono tutto. Perché rappresentano un potereeconomico e politico ancora ristretto in pochemani.

Il Corriere è la voce delle grandi famiglie mi-lanesi (da Falck a Pirel li) e una di loro (la fa-miglia Crespi) ne è la proprietaria. Si suol direche se un fatto non appare sul Corriere è in pra-tica inesistente. DC e Comune gestiscono l’am-ministrazione quotidiana, con il prefetto (dipen-dente dal ministro dell’Interno democristiano)e il vescovo a tutela dell’ordine e del la morali-tà. Tutto sembra immutabile. Almeno sino al1960. Perché da quel luglio in poi si respira nel-l’aria qualcosa di nuovo. Le grandi famiglie co-mandano , ma molti dei loro giovani eredi (aesempio Piero Bassetti) sen tono l’esigenza dicollaborare in fabbrica con i sindacati e di su-perare la politica dei bassi salari per allargare iconsumi. I professionisti più presti giosi, a co-minciare dai grandi architetti, che avrebberofatto la storia urba nistica dell’Italia, stanno or-mai a sinistra e con i socialisti. Così come laparte più moderna dell’università e della cultu-ra. Quando gli elettromeccanici scendono insciopero a tempo indeterminato, si sente che lacittà è con loro e lo stesso arcivescovo Montinisegue il sentimento popolare.

Sotto il titolo “Una lotta per il progresso”,l’Avanti! scrive: “Tutta la città era in piazza delDuomo, accanto ai lavoratori elettromeccanicie ai loro figli. Lo speaker che andava pronun-ciando i nomi delle personalità che avevanoaderito alla manifestazione ha messo insieme-senza volerlo un elenco completo degli ingegnipiù vivaci della città. Perché c’erano quasi tuttii professori illustri scienziati, scrittori e artistiaccanto agli operai e alle loro organizzazioni.E dal vicino Duomo persino il cardinale, nellasua omelia , sia pur esprimen do riserve suimotivi e i modi che hanno determinato la ma-nifestazione, asseriva di non poter tuttavia ‘noncompiangere le migliaia di famiglie operaieche oggi si trovano nell’indigenza e nell’angu-stia, con I’amarezza nel cuore e I’ansietà per illoro pane e il loro lavoro’. Dove non è difficilecogliere un chiaro, seppur prudente accento dicondanna all’egoismo padrona le”18. Dialogocon la parte più aperta della Chiesa, appoggioagli operai e ai sindacati dal mondo delle pro-fessioni e dei saperi: nelle parole dell’Avanti!si intravede la solida base sociale che a Milano,capitale della modernità, può sostenere consuccesso il centro sinistra.

La svolta si avverte sul piano sociale ma an-che su quello del costume. La Procura dellaRepubblica, d’accordo col prefetto e la com-missione nazionale di censura, sequestra sì laArialda di Giovanni Testori a teatro e i primifilm “fuori dal coro”: da “Rocco e i suoi fratel-li” di Luchino Visconti a “.L’Avventura” di An-tonioni, a “La giornata balorda” di Mauro Bo-lognini.

Ma la cultura si ribella: Gasmann, FrancaValeri, Caprioli incontrano Nenni durante lacampagna elettorale a Milano e firmano un ma-nifesto di protesta sull’Avanti!

Anche tra i magistrati qualcosa si muove. Ilprocuratore capo Carmelo Spagnuolo verràpremiato per i sequestri dei film con la promo-zione a capo della Procura Generale di Roma.Il suo moralismo non gli impedirà negli anni‘70 di scrivere un “affidavit” (una sorta di in-credibile lettera di raccomandazione) ai magi-strati americani per garantire loro che MicheleSindona (inquisito per bancarotta a New York)è un assoluto gentiluomo. Ma i pubblici mini-steri e i giudici di Milano gli sono ostili, si riu-niscono al palazzo di Giustizia guidati da BeriaD’Argentine (che resterà sempre in buoni rap-porti con i socialisti) e manifestano per la pri-ma volta la volontà di lottare in difesa dei prin-cipi costituzionali.

Tra loro, c’è anche il giovane Francesco Ma-

ria Borrelli, figlio del presidente della Corted’appello Manlio (a sua volta con il padre giu-dice). Eleggono Beria D’Argentine segretarioe Borrelli segretario organizzativo. L’Avanti! lidifende sotto il titolo “L’Associazione dei Ma-gistrati milanesi respinge le insinuazioni di po-liticità” .

In questo clima, nelle vele della campagnaelettorale socialista soffia il consenso crescentedegli intellettuali. Sull’Avanti! scrivono e an-nunciano il loro voto Mario Soldati, ArnoldoFoà, Arturo Carlo Jemolo, Giulio Argan (futurosindaco comunista di Roma e candidato delPSI nella capitale), Tin tori, l’architetto De Car-lo. A Milano, la lista dei candidati, aperta dalleader autonomista Guido Mazzali, comprendecapi storici della socialdemocrazia, come l’exministro del Lavoro Ezio Vigorelli, che ha ap-pena lasciato Saragat (lo si è ricordato nelle pa-gine precedenti) e lavora allo scopo di fare del-la città il punto di partenza per l’unificazionesocialista. Accanto ai fun zionari di partito e aisindacalisti, ci sono personalità della cultura, acomin ciare dal fondatore della rivista Il Poli-tecnico Elio Vittorini, dall’architetto Marco Za-nuso e dal pittore Baj. Ci sono soprattutto i ra-dicali, con i quali i socialisti autonomisti hannostabilito una alleanza organica. Tra loro, è giànoto un giovane giornalista formatosi al Mon-do, ora all’Espresso: Eugenio Scalfari. Sotto iltitolo di prima pagina “Uomini di cultura afianco dei lavo ratori” e accanto a una sua foto(senza barba) scrive: “Sono profondamenteconvinto che la sola possibilità che esiste perconsolidare le istituzioni democratiche e sbar-rare la strada a tentativi di avventure reaziona-rie consi ste nell’intesa tra la classe operaia equei ceti medi che si trovano su posi zioni an-tifasciste e progressive. Per questo l’accordoelettorale intervenuto tra i partiti socialista e ra-dicale non è soltanto un fatto meramente elet-tora le, ma esprime la presa di coscienza re-sponsabile di questa chiave di volta della de-mocrazia italiana. Ho sempre ritenuto l’auto-nomia del PSI come un fatto naturale e neces-sario e non mai come espediente tattico, comesi com piacciono di definirlo i suoi troppo in-teressati critici”.

Il “milanese” Guido Mazzali capisce più diogni altro lo spirito della città (quello nuovo equello radicato nella sua storia).

Lo interpreta come nessun altro nel suo fon-do alla vigilia del voto e lo indica come l’ele-mento di svolta per l’intera politica nazionale.“Non dico che Milano sia l’Italia - scrive - manon si può negare che ne sia la forza propulsivapiù ardita, il suo mercato commerciale più va-rio, il suo mercato finanziario più ricco, il suomercato artistico più importante. Una popola-zione vivacissima, costituita per due terzi al-meno dagli immigrati, di ogni regione, qui con-fluiti con il meglio delle loro speranze e delleloro energie. Della popolazione attiva, fit ta co-me in nessuna altra città d’Europa, il 48 percento è impegnato nell’in dustria, il 30 per cen-to nel commercio, il 15 per cento negli studi enelle pro fessioni. Un reddito che è il 12 percento di quello nazionale, il 18 per cen to circadei settori industriali e commerciali, del credi-to, dell’assicurazione, dei fabbricati, dei tra-sporti. Così che se proprio non determina, ilvoto di Milano inaugura e condiziona. E saràun voto, ci auguriamo, e auguriamo a tutti, al-l’insegna socialista. Mai nella breve stagioneitaliana di suffragio uni versale, le elezioni diMilano hanno avuto un significato così inci-dente negli orientamenti della vita nazionale.

È da Milano, da questa Milano operosa e fer-vorosa, da questa città europea, che è il cuorepulsante del Paese, che squillerà l’annunciodella vittoria socialista. È questa città che ge-nerosamen te dona tanto sangue alle vene po-vere del Paese che riporterà i socialisti alla di-

rezione delle sue sorti, per vivificare la sua eco-nomia,per rompere il mono polio democristia-no del potere, per ricondurre i socialdemocra-tici sulla giu sta via della loro originale ispira-zione, per ridare slancio e coraggio ai catto licidemocratici ora soggiacenti a una umiliante in-naturale disciplina. Mila no operaia, Milanodella resistenza, Milano avanguardia del pro-gresso e del la libertà, chiede oggi ai milanesie annuncerà domani agli italiani un sinda co so-cialista perché si inauguri nel Paese una nuovapolitica”21 • La domeni ca del voto, una terzapagina completamente dedicata a Caldara e Fi-lippetti ricorda che una svolta socialista rientranella tradizione della città. “I due più famosisindaci di Milano - dice il titolo - Oggi nellacabina elettorale dobbiamo ricordarci di loro.Soltanto attraverso l’opera dei grandi ammini stratori socialisti Milano è diventata una grandecittà moderna e ha potuto assumere la funzionedi guida, di vera ‘capitale morale’, nei confron-ti di tut ta la Nazione”. Accanto, viene fotogra-fato e riprodotto il titolo (ricordato

Milano, da questa Milano operosa e fervo-rosa, da questa città europea, che è il cuore pul-sante del Paese, che squillerà l’annuncio dellavittoria socialista. È questa città che generosa-mente dona tanto sangue alle vene povere delPaese che riporterà i socialisti alla direzionedelle sue sorti, per vivificare la sua economia,per rompere il mono polio democristiano delpotere, per ricondurre i socialdemocratici sullagiu sta via della loro originale ispirazione, perridare slancio e coraggio ai cattolici democra-tici ora soggiacenti a una umiliante innaturaledisciplina. Milano operaia, Milano della resi-stenza, Milano avanguardia del progresso edel la libertà, chiede oggi ai milanesi e annun-cerà domani agli italiani un sindaco socialistaperché si inauguri nel Paese una nuova politi-ca”21 •

La domenica del voto, una terza pagina com-pletamente dedicata a Caldara e Filippetti ri-corda che una svolta socialista rientra nella tra-dizione della città. “I due più famosi sindaci diMilano - dice il titolo - Oggi nella cabina elet-torale dobbiamo ricordarci di loro. Soltanto at-traverso l’opera dei grandi amministratori so-cialisti Milano è diventata una grande città mo-derna e ha potuto assumere la funzione di gui-da, di vera ‘capitale morale’, nei confronti ditutta la Nazione”.

Accanto, viene fotografato e riprodotto il ti-tolo che salutò quasi mezzo secolo prima la vit-toria di Caldara .

L’Avanti! ripubblica quel giorno ancheun’altra famosa vignetta di Scalarini. Vi si vedeun muscolo cardiaco palpitante, mosso dal la-voro di un operaio, dal quale si dipartono, con-trollate da un manometro, le arterie che portanoa Genova, Torino, Venezia, alla galle ria delGottardo e a quella del Sempione, ovvero al-l’Europa. “Milano -vi si legge - il cuore del-l’Italia” . Questa è l’immagine che Mazzali hacon orgoglio della sua città. Milano lo ripaga ei socialisti vincono (più che nel resto d’Italia).Il titolo del quotidiano dice: “Superato il tra-guardo del ‘58 nelle consultazioni comunali. IlPSI conquista a Milano voti e seggi comunalie provinciali” 23. Non è una vittoria strepitosa.Ma è quanto basta per la svolta, che avvieneperò soltanto dopo due mesi di scontri durissi-mi. Si oppon gono i centristi democristiani. Ilsottosegretario agli Interni Scalfaro tuona cheun’alleanza con i socialisti lascerà “la portaspalancata alle peggiori for ze liberticide” .

Andreotti osserva. “Milano ha titoli nel cam-po industriale, ma nel campo politico ha sem-pre creato confusioni”. I “comitati cattolici di-base” affiggono manifesti affiancando le fotodi Montini e del Primate d’Ungheria persegui-tato dai comunisti, con la scritta “Lottiamo conrinnovato vigore contro l’apertura a sinistra, af-

finché un giorno il nostro arcivescovo non co-nosca la stessa sorte del cardinale Mindzen-tski”. Il Corriere della Sera martella perché ve-de con chiarezza come la Giunta di Milano siaper i socia listi “la prima tappa di un camminoche deve portare al Governo centrale”. “La po-litica dell’on. Nenni (che per dirla più crudanon ne ha mai indovi nata una) non può averealtri risultati che la disgregazione della DC”.“Han no perso ogni credito le dichiarazioni diautonomia dai comunisti dell’on. Nenni”. Per-sino l’ex presidente della repubblica Luigi Ei-naudi interviene sulle colonne del Corriere nel-la campagna contro ilcentro sinistra a Milano.

L’ing. Falck, dalle sue acciaierie, prevede“gravi ripercussioni sul piano nazionale e pur-troppo anche sul piano internazionale”.

Ma Nenni, Moro e Saragat tengono la barradritta e arrivano in porto. Ali’alba di domenica22 gennaio 1961, dopo una notte di infuocatodibattito, il socialdemocratico Gino Cassinis,rettore del Politecnico, ·famoso scienziato egentiluomo, è eletto sindaco della prima Giuntadi centro sinistra, che aprirà la strada del la al-leanza tra cattolici e socialisti in tutta Italia .“Battuta la destra a Milano”

-titola l’Avanti! E il fondo di Nenni (“Unabreccia nel muro della conservazione”) com-menta. “Milano si è assunta la funzione di pi-lota che è stata sovente la sua. La breccia chestasera si è aperta a Milano nel muro della con-servazione non indica un punto di arrivo, madi partenza” .

La tenaglia degli opposti conservatorismi siè spezzata. La Confindustria, i grandi giornali ,i centristi democristiani accusano il colpo e i li-bera li di Malagodi promettono una battagliasenza quartiere. Ma anche dalla parte comunistadella tenaglia si vede la minaccia e si rispondeduramente. La reazione della destra è descrittadallo stesso Nenni . “La collera - scrive sul-l’Avanti! -ha assunto forme e toni intesi a darel’impressione più che di un pericolo di una ca-tastrofe”25 • I comunisti hanno votato contro lanuova Giunta in Consiglio comunale conside-randola “an tidemocratica, in quanto compro-mettente la unità dei partiti che rappresentanola classe operaia”. E la loro reazione è affidataa un fondo di Pajetta sull’Unità . Al titolodell’A vanti! che diceva “Una breccia nel murodella conservazione “, il quotidiano del PCI op-pone il titolo “Una breccia o un puntello? “.

E Pajetta scrive. “Invece di sedersi su unapoltrona di assessore , c’è ancora da lottare, dadare una spallata e senza di noi la spallata nonsi dà”

La tenaglia destra - PCI che cerca di schiac-ciare sul nascere la svolta partita da Milano sa-rà esattamente quella che continuerà a stringerecon sorti alterne prima i socialisti di Nenni e ilcentro sinistra degli anni ‘60, poi i socialisti diCraxi e il centro sinistra degli anni ‘80.

Togliatti già ha capito dove porterà la Giuntadi Milano e già insinua contro i dirigenti delPSI l’accusa che ritiene più infamante: “social-democratici”.

“Autonomia socialista - domanda infattisull’Unità - vuol dire politica democratica opolitica socialdemocratica? “.

E su Rinascita si dà la risposta. “Sul terrenoideologico , questo spostamento del PSI si èespresso soprattutto in un abbandono della con-cezione marxista e classista della democrazia.Sul terreno politico, esso si è manifestato in unindebolimento della lotta contro il monopoliodemocri stiano, nella parziale giustificazionedella discriminazione verso il PCI , nella ten-denza di fatto ad attenuare la lotta contro l’im-perialismo”. Dopo la svolta di Milano, emer-gono dunque ormai con chiarezza tutti gli ele-menti del lungo scontro tra PSI e PCI che oc-cuperà il resto del secolo, sino alla totale di-struzione dei socialisti. s