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C A S T I T A’

Lettera pastorale dei Vescovi Canadesi rivolta a tutti, in particolare ai giovani

11 febbraio 2011 Madonna di Lourdes

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PREMESSA

È con riconoscenza al Signore che accogliamo dai Pastori della Chiesa che è in Canada (America) questa “breve ma significativa e incisiva” lettera pastorale sulla “castità” rivolta a tutti, in particolare ai giovani.È una sfida alla mentalità dominante che considera la “castità” come un reperto da museo, un tabù, appartenente a una cultura retrograda di inibizione sessuale.La castità oggi non solo è rigettata come “valore” ma perfino come parola.Il pansessualismo spadroneggia ovunque.I Vescovi canadesi affermano con franchezza evangelica che nessun “si” è possibile senza dei “no”, e ancora, solo chi è casto è in grado di amare, e solo sul terreno della castità abita Dio, opera Dio, si manifesta Dio.La persona casta, abitata dallo Spirito di Dio, è capace di affascinare e di invogliare altri verso vette alte: di santità, di generosità, di solidarietà, senza mascherare con buone azioni esterne, torbide e subdole intenzioni.La castità è trasparenza, è sincerità, è gratuità, è rettitudine, è generosità senza condizioni e incurante di riscontri umani. È Dio il premio e la ricompensa dei puri di cuore. La castità non è una dimensione marginale per il discepolo di Gesù, ma ha un posto centrale nella sua vita. Il segreto che ha reso invincibili le prime comunità cristiane è proprio la castità. Ci sono figure splendide che preferiscono il martirio piuttosto che compromettere la loro castità.Essi, i martiri della fede e della castità; stanno a fondamento della Chiesa: S. Agnese, S. Lucia, S. Agata, S. Pancrazio, S. Tarcisio e molti altri. Essi hanno preferito perdere la vita per la salvezza di un’altra che consideravano più importante e più preziosa.Alcuni, oggi si interrogano per capire il perché di tante diserzioni, di tanti abbandoni nella Chiesa.La risposta è complessa, ma tra le cause, forse la principale, è proprio l’impurità.L’impurità, cioè l’uso indiscriminato della sessualità, oscura, annebbia, soffoca ogni slancio ed entusiasmo spirituale.Chi è dipendente dagli istinti irrazionali della carne non è in grado di gustare la preghiera, l’Eucaristia, il Vangelo. I suoi gusti sono tutti alterati, falsificati, forviati.Purtroppo, la scuola dell’impurità ha cattedre e centri “deformatori e dissacratori” delle coscienze, in ogni ambiente, anche dove meno lo si immagina.

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Pensate alle piscine sulle porte di casa dove – col pretesto dello sport – preadolescenti e adolescenti si trastullano per delle ore – facendo del corpo uno strumento di gioco – al di là di ogni pudore, di ogni rispetto, di ogni sacralità.E tutto questo con l’indifferenza di genitori ingenui o che fanno finta di non vedere il naufragio della castità del loro figlio o figlia, e il raffreddamento nella fede, che ne è logica conseguenza.Pensate ai canali televisivi, a Internet, ai cellulari, ai rotocalchi, ai filmati “porno”.Le pareti delle case sono talvolta imbrattate di oscenità, di volgarità, di sporcizia.Anche se si passasse per la benedizione delle case, la benedizione sarebbe un controsenso perché la casa dissacrata e profanata dal luridume sarebbe impermeabile ad ogni benedizione del Dio della verità e dell’amore. Le falsità, le ipocrisie e le sporcizie vanno rimosse e non benedette.Beati i puri di cuore!“Io sono l’Immacolata” ha detto la Madonna a Lourdes alla piccola Bernadette.Solo nei puri di cuori abita Dio, opera Dio, si manifesta Dio.Solo per mezzo dei puri di cuore Dio continua a salvare l’umanità devastata sotto il peso dell’impurità.Solo dai puri di cuore molti sono attirati verso il cielo, verso nuovi traguardi di luce.L’esperienza dei casti è contagiosa e affascinante. Essi sono dei trascinatori: basti pensare a S. Francesco d’Assisi, a Madre Teresa di Calcutta, a Chiara Lubich. Essi fanno gustare anche ad altri l’esperienza liberante ed esaltante di Dio-Amore.Il mondo ha paura dei “puri di cuore” perché destabilizzano le strutture artificiose e illusorie costruite con tanto spreco di risorse dal mondo stesso.Tra i puri di cuore e chi vive di mondo c’è una contrapposizione irriducibile.È in atto un tentativo diabolico “raffinato” di conciliare l’inconciliabile col compromesso, di negoziare l’innegoziabile, minimizzando le distanze, nascondendo, con artifici sofisticati, la verità. Ma non vinceranno – perché Dio è dalla parte dei “Puri di cuore”, è dalla parte della verità, senza riduzioni, è dalla parte dell’amore sincero ed esigente, senza addomesticamenti.Chi vive di Dio non si lascia suggestionare dal buonismo e dalla ricerca di falsità ma rimane incrollabile nella fedeltà a ciò che è giusto davanti a Dio e non a ciò che è gradito agli uomini.Può sfidare le mentalità del mondo solo chi è sostenuto dalla potenza dello Spirito Santo.

B.M.

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C A S T I T A’

Vivere una vita di castità è un cammino arduo che ha bisogno di chiarezza e di incoraggiamento.I Vescovi del Canada vogliono, con questa lettera pastorale offrire ai giovani desiderosi di incamminarsi nel percorso impegnativo della castità alcune direttive di chiarezza e di incoraggiamento.La ragione e la rivelazione sono le fonti a cui attingono queste direttive e insegnamenti.

INTRODUZIONE

L’ attrazione sessuale è una tendenza iscritta nella stessa natura umana, è, perciò, di vitale importanza per tutti. Non ci sorprende che l’odierna cultura presti così marcata attenzione alla sessualità umana.Ci preoccupano le distorte e contrapposte interpretazioni e valutazioni della sessualità, ciò rende difficile comprendere l’uso saggio del prezioso dono della sessualità.Il credente dispone di un riferimento sicuro anche nell’ambito della sessualità ed è la Rivelazione. Dio Creatore e Redentore ci illumina anche sul problema della sessualità.La Rivelazione non mortifica la ragione, ma la purifica e la supera.La sessualità è considerata dalla Rivelazione con serenità e rispetto, in quanto entra nel disegno amorevole di Dio.Il mistero dell’Incarnazione abbraccia ogni dimensione umana: il Figlio di Dio ha preso un corpo umano per la nostra salvezza.Il corpo di Gesù flagellato, crocifisso e risorto per noi, ci insegna che Dio si è servito del corpo umano, per rendere presente il suo amore nel nostro mondo.Il corpo è la via della salvezza, importante è l’uso retto di cui si fa del corpo.La Bibbia ci indica come vivere la propria sessualità alla luce della nostra dignità umana che porta impresso il sigillo di Dio, che ci ha creati a sua immagine e somiglianza.

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Il corpo ha un suo linguaggio che si aggiunge a quello della parola.L’uomo si esprime anche attraverso i gesti del corpo. Come la parola anche il linguaggio del corpo rivela la nostra identità e dignità.Il Signore ci ha fatto in modo da esprimerci anche col linguaggio sessuale nella verità, per vivere la nostra sessualità con gioia in un amore vero e sincero, rispettoso del progetto di Dio Creatore, riflesso dell’amore TrinitarioVivere nella verità il linguaggio sessuale dei nostri corpi è quello che la Chiesa chiama “castità”.Oggi, la castità è spesso erroneamente considerata qualcosa di arretrato, come un tabù da abbattere, inibizione sessuale. Ma in realtà la castità non esclude le relazioni sessuali, ma le umanizza e le trasfigura in un contesto di purezza (rettitudine) di mente e di cuore.Se non ci adoperiamo per coltivare un cuore puro e una mente pura i comportamenti che ne seguono sono contaminati da desideri e passioni incontrollate che pregiudicano il retto uso della sessualità.Si diventa così schiavi dell’istinto e si affievolisce o si soffoca la dimensione spirituale.Chi non sa dire di “no”, diventa incapace di dire di “si”.Più si vive la castità come stile di vita e più chi ci avvicina avverte in noi la presenza dello Spirito santo.Solo in un terreno casto abita Dio, opera Dio, si manifesta Dio. L’impurità intorbidisce toglie la sensibilità, l’attrattiva, il gusto delle realtà spirituali. Esse diventano insignificanti e pesi insopportabili, perché il cuore e la mente sono rivolti altrove e diventano incapaci di comprenderle e gustarle.

I NOSTRI CORPI: TEMPLI DELLO SPIRITO SANTO

L'apostolo Paolo scriveva ai cristiani di Corinto: "Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, e che voi non appartenete più a voi stessi, e che siete stati comprati a caro prezzo? Glorificate dunque Dio nel vostro corpo"(I Cor 6,19-20). Quando siamo diventati cristiani, al momento del battesimo, lo Spirito Santo viene a vivere nel nostro corpo. È una verità sbalorditiva! Se i nostri corpi sono la casa dello Spirito Santo, è incomparabile la dignità che abbiamo! E la gente dovrebbe essere in grado di trovare Dio attraverso di noi! Il nostro corpo è sacro e richiede il massimo rispetto.

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La sessualità è un dono di Dio e una parte fondamentale di ciò che ci rende umani. Ognuno di noi è chiamato a riconoscere questo dono e Colui che ce l’ha dato. Quando questo dono è usato come il Padre vuole, gli diamo gloria e costruiamo il suo Regno. Quando noi viviamo la nostra sessualità in modo corretto, secondo il nostro stato di vita, altri saranno in grado di trovare Dio attraverso di noi.

VIVERE LA CASTITA’ OGGILa nostra sessualità e la nostra vita spirituale sono intimamente legate. La

persona casta vive la sessualità all'interno della personalità ed esprime la sua unità interiore di essere corporeo e spirituale. La persona casta ha la capacità di relazionarsi agli altri in modo veramente umano, che riflette lo stato di una persona nella vita: single, sposati o celibato consacrato. Vivere la virtù della castità vuol dire porre il nostro desiderio di piacere sessuale sotto la guida della ragione e della fede. E una delle pietre miliari del tempio del nostro corpo, un pilastro necessario di vivere bene. Essa conduce alla pienezza e all'unità, singoli, coppie sposate e società.

La virtù della castità comporta l'integrazione delle potenzialità dell'amore e della vita riposte in noi. Tale composizione assicura l'unità della persona e si oppone a ogni comportamento che potrebbe provocare distorsioni. Le persone Caste non tollerano una doppia vita, né doppiezza nel "linguaggio" dei loro corpi. Il non vivere castamente conduce ad una esistenza egocentrica che ci impedisce di vedere i bisogni, le gioie e la bellezza del mondo che ci circonda.

Vivere la castità non è impresa facile nella cultura pansessualizata del mondo occidentale contemporaneo. Impossibile navigare sui siti di in un computer o della televisione, guardare la pubblicità o sfogliare un libro in libreria senza essere bombardati da immagini sessuali di ogni genere. La pornografia non è mai stato più diffusa, raggiungendo proporzioni quasi epidemiche. Si denigra l’autentica espressione sessuale e si incoraggia la masturbazione, l'intimità sessuale al di fuori del matrimonio e si separa l’unione dal suo significato unitivo aperto al dono della vita.La sfida di vivere castamente in queste circostanze è difficile per tutti: single, sposati o consacrati. Il mondo intorno a noi promuove idee distorte sui nostri corpi e le relazioni, idee che possono indurre la gente a perdere il loro equilibrio e proponendo scelte distruttive della stessa sessualità. Se vogliamo rimanere fedeli alle nostre promesse battesimali e resistere alle tentazioni, abbiamo bisogno di sviluppare strategie che ci aiutino a vivere in santità e la libertà.

LA CASTITÀ PER LE PERSONE SINGOLE

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Per le persone che non sono sposate, la castità comporta l'astinenza, perché il disegno di Dio è che il sesso appartiene al matrimonio. Quando due persone si frequentano, se lo fanno castamente hanno la possibilità di concentrarsi su ciò che è importante evitando di "usare" l'altro. Insieme si può vedere che cosa significa l'amore autentico e si può imparare ad esprimere i propri sentimenti in modo maturo. La castità mette in evidenza l'amore di una coppia per l'altro e dice: "Sarò paziente e pura, e io ti rispetto". Vuol dire salvare l'espressione sessuale dell'amore esclusivamente per il proprio coniuge.

Quando una coppia di fidanzati non è casta, la loro comprensione di amore può essere ridotta alla dimensione fisica della loro relazione. Questo indebolisce la loro capacità di muoversi in avanti verso il matrimonio, mettendo il rapporto a rischio.

Le persone che soffrono di attrazione per quelli dello stesso sesso sono anche chiamati alla castità. Anche loro possono crescere in santità cristiana attraverso una vita di auto-controllo, la preghiera e la ricezione dei Sacramenti.

LA CASTITÀ PER LE PERSONE CONIUGATE

La sessualità diventa veramente umana quando è integrata nel rapporto totale di una persona ad un'altra, nel dono reciproco, totale e illimitato di un uomo e una donna. Papa Giovanni Paolo II ha scritto: "Solo l'uomo casto e la donna casta sono capaci di vero amore." Questo significa che le persone sposate sono anche chiamati ad essere casti, se si vuole amare veramente l'altro.

Le persone sposate che vivono castamente possono avere una vita sessuale vivace. Nel rapporto tra un uomo e una donna, la castità li aiuta amarsi come persone piuttosto che fare tra di loro un oggetto di piacere o soddisfazione. Nonostante quello che i media e Hollywood suggeriscono, il valore del rapporto sessuale non è nel divertimento o nella gratificazione fisica.Ogni piacere fisico deve mirare alla massima espressione di amore tra marito e moglie, il dono totale di sé all’altro. L’atto sessuale nel matrimonio può essere così intimo da diventare un’esperienza emotiva, intellettuale, fisica e spirituale. Cosi profondo da rafforzare e completare il vincolo del matrimonio. Per questo motivo l'atto sessuale deve avere una doppia funzione di unione e di procreazione, ed è anche per questo che alcune forme di attività sessuali non aperti alla vita violano la castità anche se c’è il piacere: questi sono abusi della sessualità e non sono secondo il disegno di Dio.

CONSACRATI: CASTITA’ E CELIBATO

Dio chiama nella Chiesa degli uomini e delle donne a una vita di castità consacrata in vista del Regno di Dio. Questo carisma implica la rinuncia al matrimonio e tende ad unire la persona più intimamente a Dio. Come per Cristo e Sua Madre, la verginità consacrata è un dono di Dio "per coloro a cui è

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stato dato" (Mt 19:11). Allo stesso modo, i sacerdoti della Chiesa latina, fanno una promessa di celibato, prima di essere ordinati diaconi.

Anche coloro che sono chiamati ad una vita di verginità consacrata o del celibato devono lottare e vigilare per essere casti nei loro pensieri, atteggiamenti e azioni. La castità vuole creare uno "spazio" che libera il cuore umano affinché possa bruciare d'amore per Dio e per tutta l'umanità. Tuttavia, se la decisione del celibato è scarsamente integrata in tutta la vita personale, può portare al cedimento e infedeltà. La vita consacrata e il celibato è un "sì" all'amore, che le persone chiamate dovrebbero cercare di vivere con entusiasmo.

FAVORIRE IL RECUPERO DELLA CASTITÀ NELLA VITA

Come cattolici siamo chiamati a dare agli altri un esempio di una vita casta. Sapendo apprezzare il dono del nostro corpo e aiutando gli altri a rispettarsi veramente, mostriamo a Dio l’amore che noi abbiamo per lui.

Il giovane che desidera essere casto e praticare uno stile di vita casto deve saper abbracciare la sua croce e seguire Gesù. Il Signore ci ha promesso di essere sempre pronto ad aiutarci. Lui non ci abbandona, ma dobbiamo essere disposti a ricevere il suo aiuto e a invocarlo.

Gesù ci ha chiesto di pregare incessantemente. E 'estremamente importante e indispensabile per chi si sforza di praticare la virtù della castità. L'unico modo per riuscire a vivere castamente è quello di unirsi a Cristo attraverso una vita di fiduciosa e costante preghiera. Possiamo ricorrere a preghiere semplici e insieme profonde come "Gesù, aiutami" e a preghiere più impegnative come il Santo Rosario, a invocazioni a Maria, Madre e ad altri santi, beati e beate affinché ci aiutino con la loro intercessione.

I sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia ci aiutano nel nostro cammino verso una vita casta. Se commettiamo un peccato di impurità, da soli o con qualcun altro, il sacramento della Riconciliazione ci comunica il perdono di Dio e il suo amore misericordioso. Tutto ciò che dobbiamo fare è di avvicinarsi al trono di Dio misericordioso pentendoci sinceramente della nostra azione, nella confessione, e siamo certi della remissione dei nostri peccati. Siamo in grado di ricominciare a sperare. Il sacramento dell'Eucaristia è il culmine della nostra fede perché, mediante questo sacramento ci unisce intimamente a Gesù Cristo per ricevere il suo corpo, sangue, anima e divinità nella Santa Comunione. Il suo corpo ci nutre e santifica i nostri corpi.

COSA RICHIEDE LA CASTITA’

La castità esprime rispetto per la persona e la sua capacità di donarsi. La castità ci assicura di essere amati per noi stessi e di amare l'altro, per se stesso/se stessa, e non solamente per il piacere che ne riceveremmo.

In una cultura che vuole tutto e subito, la castità insegna l’attesa. Vogliamo un rapporto sessuale senza perdere tempo o dobbiamo aspirare a qualcosa di più, a condizione di aspettare? Vivere castamente è non cedere alle pressioni degli

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amici che credono che bisogna avere dei rapporti sessuali per essere veramente un uomo o una donna.

Questo pregiudizio contrario alla castità è particolarmente preoccupante a causa dei sottintesi che esso comporta: l'idea che dobbiamo trovare un partner solo per soddisfare il nostro piacere. Non solo questo va contro la dignità della persona che viene utilizzata, ma questo espone i partner a delle pratiche che possono far loro del male fisico, emotivo e psicologico. Inoltre, anche se la pornografia è ovunque, la schiavitù e la dipendenza che provoca, anche su Internet, non deve essere sottovalutata, né presa alla leggera.

La castità esige una costante disciplina. Uno deve avere delle priorità: prima di tutto Dio e tutto il resto viene dopo. Vivere castamente, è vivere secondo il progetto di Dio su di noi. Gli sforzi necessari per controllare i propri impulsi sessuali possono essere difficili e anche dolorosi. Ma è questo controllo che conduce lentamente gli uomini e le donne alla maturità sessuale e porta alla pace interiore.

LA CASTITA’ E’ UNA SFIDA CONTINUA

Vivere castamente oggi è andare contro corrente! Siamo chiamati a seguire Gesù contro la cultura attuale. Per trovare la serenità e la felicità, bisogna conformare la propria vita alla volontà di Dio. Egli ci ha creati a sua immagine, e se seguiamo i suoi comandamenti, conosceremo la felicità. Gesù non ha detto che sarebbe stato facile. Infatti, Egli ha detto: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. "(Mc 8,34)

La castità è una sfida, ma non impossibile. Siamo in grado di circondarci di amici che vogliono vivere castamente, delle persone che possono sostenerci sul nostro cammino. Possiamo vestirci modestamente, coscienti di essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio e sapendo che i nostri corpi sono sacri. Possiamo scegliere come impiegare il nostro tempo libero, ricercando ciò che solleva lo spirito umano esprimendo la verità, la bellezza e la bontà. E, soprattutto, noi possiamo vivere in unione con Cristo ricevendo regolarmente i sacramenti, in particolare il sacramento della Riconciliazione.

La pratica di questo sacramento, non solo per confessare i nostri peccati di impurità, ma per discutere delle nostre tentazioni con una guida spirituale, può aiutarci a purificare il nostro spirito e il nostro cuore. Essa può insegnarci l'umiltà di cui abbiamo bisogno per accettare le nostre debolezze, mentre ci fornisce la forza del Signore per crescere nella castità.

Ogni cristiano, è chiamato alla santità. I "santi" e i "beati" sono uomini e donne le cui vite sono state così intensamente imbevute dell'amore di Cristo tanto che il popolo di Dio ha visto in loro Gesù, e la Chiesa dopo aver accuratamente esaminato la loro vita, li ha ritenuti degni del nostro culto e li ha proposti come modelli.

Nel suo messaggio ai giovani nel mondo per la Giornata Mondiale della Gioventù in Canada, Papa Giovanni Paolo II disse: "Come il sale dà sapore al cibo e la luce illumina le tenebre, così la santità dà il senso pieno alla vita,

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rendendola riflesso della gloria di Dio. Quanti santi, anche tra i giovani, nella storia della Chiesa! "

Evochiamo alcuni di questi santi e sante che sono stati esempi eclatanti di purezza, di castità, di carità e di gioia, dei veri templi dello Spirito Santo: S. Agostino, la beata Kateri Tekakwitha, il beato Pier Giorgio Frassati e santa Gianna Beretta Molla. Hanno vissuto nel mondo romano, in Nord America nel XVII secolo e l'Italia nel secolo scorso, il loro esempio e la loro testimonianza ci danno lo stesso messaggio.

S. AGOSTINO (354 – 430)

Agostino era un uomo di fede e di passione, di grande intelligenza ed instancabile carità pastorale. Egli ha lasciato un'impronta profonda sulla vita culturale, morale e teologica della Chiesa. Figlio di un padre pagano, Patrizio, e una madre devota cristiana, Monica, è cresciuto nella fede cattolica. Ma, come si usava spesso all’epoca, il piccolo Agostino non fu battezzato. Ha avuto una giovinezza turbolenta. A diciassette anni, era un giovane intellettuale inquieto, ambizioso e sessualmente attivo.

Egli ha avuto una relazione che sarebbe durata più di un decennio con una donna di cui non conosciamo il nome. Perché essi appartenevano a diverse classi sociali, egli non la sposerà. Ebbero un figlio, Adeodato, che Agostino amava molto, ma che è morto prima di raggiungere l'età adulta.

Agostino fu sempre affascinato e attratto dalla persona di Gesù Cristo, ma ha fatto molte resistenze prima di abbandonarsi a Cristo. Come per molti giovani, il processo di conversione è stato contrassegnato da una dura battaglia con la sua sessualità. Egli sapeva che, per essere cristiano, doveva vivere castamente. "Fammi diventare casto e celibe, ma non subito!", ha chiesto un giorno al Signore. Dopo un lungo e difficile viaggio interiore, e grazie alle preghiere di sua madre, alla fine fu battezzato da Sant'Ambrogio nel 387 a Milano. Dopo la sua conversione, egli si separerà dalla compagna con la quale aveva vissuto per molti anni e pratica il celibato.

Agostino ritornerà in seguito in patria, il Nord Africa. Dopo aver fondato una comunità monastica, fu ordinato sacerdote, poi vescovo di Ippona. Fu un autore prolifico, un pensatore di intuizione psicologica e spirituale senza pari e un vigoroso difensore della verità e della bellezza della fede cattolica. Ma soprattutto, Sant’Agostino ha detto ai giovani quello che San Paolo scriveva ai Filippesi: con la grazia misericordiosa di Dio, "io posso sopportare tutto con colui che mi dà la forza" (Fp 4.13).

BEATA KATERI TEKAKOUITHA (1656 – 1680)

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Kateri Tekakouitha, "il fiore dei Mohawk", nacque nel 1656. Sua madre era cristiana, fu catturata dagli indiani Irochesi. Kateri aveva circa quattro anni, quando i suoi genitori e suo fratello morirono di vaiolo; essa fu adottata dalle zie e da uno zio che divenne in seguito il capo del clan. La malattia aveva sfigurato e quasi accecato la piccola Kateri. Per questo motivo era molto timida.

Nel 1667, Kateri accetta nel segreto il Vangelo annunciato dai missionari gesuiti; riceverà il battesimo all'età di 18. Ha vissuto con coraggio la sua fede cristiana e la sua castità di fronte a un'opposizione quasi insopportabile, in quanto la verginità e celibato non erano tollerati nel suo ambiente. Il suo amore per la castità contraddiceva radicalmente la cultura in cui viveva. E venne il tempo in cui per questi motivi fu costretta a rifugiarsi in Kahnawake, lungo il fiume San Lorenzo, poco a sud di Montreal.

Kateri dedicò tutta la sua vita ad insegnare a pregare ai bambini e ad assistere i malati e gli anziani, fino al giorno in cui lei stessa è stata colpita da una grave malattia. Morì il 17 aprile 1680, all'età di 24 anni, in Kahnawake. Le sue ultime parole furono: "Jesos Konoronkwa", che significa: "Gesù, ti amo". Quindici minuti dopo la sua morte, sotto gli occhi di due gesuiti e degli aborigeni presenti, le cicatrici che le sfiguravano il viso scomparvero e il suo viso acquisto una bellezza radiosa. Il 22 Giugno 1980, fu beatificata da Papa Giovanni Paolo II e divenne così la prima nativa nord americana a essere proclamata beata.

IL BEATO PIERGIORGIO FRASSATI (1901 – 1925)

Pier Giorgio Frassati nasce nel 1901 a Torino, Italia. Fu educato presso casa prima di frequentare la scuola pubblica e poi un collegio diretto dai gesuiti. All'età di 17 anni, entrò nella Società San Vincenzo de Paoli, riuscì a combinare in modo eccezionale la sua militanza politica e il suo lavoro per la giustizia sociale, pietà e devozione, umanità e vita di bontà, santità e vita quotidiana.

Atletico, bel ragazzo, traboccante di vitalità, sempre circondato da amici che si ispiravano al suo esempio, Pier Giorgio decise di non diventare prete o religioso per testimoniare il Vangelo come laico. In realtà, si innamorò di una ragazza esuberante e piena di vita, ma senza approfondire ulteriormente il loro rapporto. Aveva capito il significato di castità e la metteva in pratica in tutte le sue relazioni e le sue amicizie. Dio aveva dato dei vantaggi a Pier Giorgio che avrebbero potuto spingerlo sulla cattiva strada: famiglia benestante, bella presenza, salute robusta. Ma egli sceglie di ascoltare l'invito di Cristo: "Vieni e seguimi" (Lc 18.22).

Poco prima di conseguire la laurea in ingegneria mineraria, contrasse la poliomielite; i medici saranno convinti che prese la malattia prendendosi cura degli ammalati. Morì il 4 luglio 1925 e fu beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 20 maggio 1990. Papa Giovanni Paolo II l’ha definito "l'uomo delle otto beatitudini". Beato Pier Giorgio è un modello di ispirazione per i ragazzi: egli insegna loro ad esprimere la loro mascolinità castamente, padroneggiando le loro passioni sessuali con sforzo virile e con il sacrificio di se stessi, sull'esempio di Cristo, l'uomo perfetto.

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SANTA GIANNA BERETTA MOLLA (1922 – 1962)

Immaginate di poter assistere alla canonizzazione di vostra moglie. Il 16 Maggio 2004, è ciò che è accaduto a Pietro Molla, marito di Gianna Beretta Molla. I loro tre figli viventi erano al suo fianco, compreso la più giovane, Gianna Emanuela, per la quale la madre aveva dato la vita. Santa Gianna è la prima donna medico laica ad essere santificata.

Prima di comprendere la sua chiamata al matrimonio, Santa Gianna aveva fatto discernimento sulla sua vocazione con cura e aveva persino considerato la vita consacrata. Meditando, trascorreva il tempo a pregare in silenzio e aspettato pazientemente che il Signore manifestasse la sua volontà. Nel 1955, all'età di 33 anni, sposò un ingegnere di dieci anni più anziano, Pietro, la cui sorella era stata una paziente della giovane dottoressa Beretta.

Le lettere di Gianna durante il loro anno di fidanzamento mostrano la profondità del suo impegno nella sua vocazione. Pochi giorni prima del loro matrimonio, Gianna scriveva a Pietro a proposito della loro vocazione al matrimonio: "Con l'aiuto e la grazia di Dio, faremo tutto il possibile per rendere la nostra nuova famiglia un piccolo cenacolo dove Gesù regnerà sui nostri affetti, sui nostri desideri e sulle nostre azioni." Lavoreremo con Dio nella sua creazione; così potremo dargli dei bambini che l’ameranno e lo serviranno.»

Nell'omelia che pronuncerà il giorno della sua canonizzazione, Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato: "Seguendo l'esempio di Cristo che, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amo fino alla fine (Gv 13,1), questa Santa Madre di famiglia rimase eroicamente fedele all'impegno che aveva preso il giorno del suo matrimonio…" "Possa il nostro tempo come Gianna Beretta, riscoprire questa bellezza pura, casta e feconda dell'amore coniugale, vissuto in risposta alla chiamata di Dio!"

Noi dovremmo tutti e tutte fare lo stesso. Se siamo chiamati al matrimonio, aspettiamo ad esprimere genitalmente il nostro amore sessuale al coniuge, sapendo che se noi obbediamo alla volontà di Dio, egli saprà ricompensare la nostra pazienza e la nostra generosità.

Sant'Agostino, beati Kateri e Pier Giorgio e Santa Gianna, pregate per noi! Aiutateci ad abbracciare e a vivere la nostra castità della mente e del corpo nella gioia del Vangelo con profonda pace, in

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modo che le persone intorno a noi, vedano che Dio abita dentro di noi!

Messaggiodei Vescovi italiani

per laGiornata Nazionale

della vita(6 febbraio 2011)

Solo su un terreno di un cuore casto fiorisce il culto e il rispetto della

vita, accolta come dono 13

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intangibile e di valore inestimabile.Messaggio per la 33ª

Giornata Nazionale per la vita(6 febbraio 2011)

“Educare alla pienezza della vita” CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE

L’educazione è la sfida e il compito urgente a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo il ruolo proprio e la specifica vocazione. Auspichiamo e vogliamo impegnarci per educare alla pienezza della vita, sostenendo e facendo crescere, a partire dalle nuove generazioni, una cultura della vita che la accolga e la custodisca dal concepimento al suo termine naturale e che la favorisca sempre, anche quando è debole e bisognosa di aiuto. Come osserva Papa Benedetto XVI, «alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita» (Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008). Con preoccupante frequenza, la cronaca riferisce episodi di efferata violenza: creature a cui è impedito di nascere, esistenze brutalmente spezzate, anziani abbandonati, vittime di incidenti sulla strada e sul lavoro. Cogliamo in questo il segno di un’estenuazione della cultura della vita, l’unica capace di educare al rispetto e alla cura di essa in ogni stagione e particolarmente nelle sue espressioni più fragili. Il fattore più inquietante è l’assuefazione: tutto pare ormai normale e lascia intravedere un’umanità sorda al grido di chi non può difendersi. Smarrito il senso di Dio, l’uomo smarrisce se stesso: «l’oblio di Dio rende opaca la creatura stessa» (Gaudium et spes, n. 36).

Occorre perciò una svolta culturale, propiziata dai numerosi e confortanti segnali di speranza, germi di un’autentica civiltà dell’amore, presenti nella Chiesa e nella società italiana. Tanti uomini e donne di buona volontà, giovani, laici, sacerdoti e persone consacrate, sono fortemente impegnati a difendere e promuovere la vita. Grazie a loro anche quest’anno molte donne, seppur in condizioni disagiate, saranno messe in condizione di accogliere la vita che nasce, sconfiggendo la tentazione dell’aborto. Vogliamo di cuore ringraziare le famiglie, le parrocchie, gli istituti religiosi, i consultori d’ispirazione cristiana e tutte le associazioni che giorno dopo giorno si adoperano per sostenere la vita nascente, tendendo la mano a chi è in difficoltà e da solo non

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riuscirebbe a fare fronte agli impegni che essa comporta.

Quest’azione di sostegno verso la vita che nasce, per essere davvero feconda, esige un contesto ecclesiale propizio, come pure interventi sociali e legislativi mirati. Occorre diffondere un nuovo umanesimo, educando ogni persona di buona volontà, e in particolare le giovani generazioni, a guardare alla vita come al dono più alto che Dio ha fatto all’umanità. «L’uomo – afferma Benedetto XVI – è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua “impronta”. Dio è vita, e per questo ogni creatura tende alla vita; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad immagine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace» (Messaggio per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 6 agosto 2010, n. 1). È proprio la bellezza e la forza dell’amore a dare pienezza di senso alla vita e a tradursi in spirito di sacrificio, dedizione generosa e accompagnamento assiduo. Pensiamo con riconoscenza alle tante famiglie che accudiscono nelle loro case i familiari anziani e agli sposi che, talvolta anche in ristrettezze economiche, accolgono con slancio nuove creature. Guardiamo con affetto ai genitori che, con grande pazienza, accompagnano i figli adolescenti nella crescita umana e spirituale e li orientano con profonda tenerezza verso ciò che è giusto e buono. Ci piace sottolineare il contributo di quei nonni che, con abnegazione, si affiancano alle nuove generazioni educandole alla sapienza e aiutandole a discernere, alla luce della loro esperienza, ciò che conta davvero.

Oltre le mura della propria casa, molti giovani incontrano autentici maestri di vita: sono i sacerdoti che si spendono per le comunità loro affidate, esprimendo la paternità di Dio verso i piccoli e i poveri; sono gli insegnanti che, con passione e competenza, introducono al mistero della vita, facendo della scuola un’esperienza generativa e un luogo di vera educazione. Anche a loro diciamo grazie. Ogni ambiente umano, animato da un’adeguata azione educativa, può divenire fecondo e far rifiorire la vita. È necessario, però, che l’anelito alla fraternità, posto nel profondo del cuore di ogni uomo, sia illuminato dalla consapevolezza della figliolanza e dalla gratitudine per un dono così grande, dando ali al desiderio di pienezza di senso dell’esistenza umana. Il nostro stile di vita, contraddistinto dall’impegno per il dono di sé, diventa così un inno di lode e ci rende seminatori di speranza in questi tempi difficili ed entusiasmanti.

Roma, 7 ottobre 2010 Memoria della Beata Vergine del Rosario

CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE

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Messaggio di Benedetto XVI

per la Giornata mondiale

del malato (11.02.2011)

Solo chi è puro di cuore vede nei piccoli, negli esseri umani fragili la presenza di Gesù.

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“Qualunque cosa fate al più piccolo l’avrete fatta a me”

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

(11 febbraio 2011)

“Dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24)

 

Cari fratelli e sorelle!

Ogni anno, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 febbraio, la Chiesa propone la Giornata Mondiale del Malato. Tale circostanza, come ha voluto il venerabile Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti “la misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana” (Lett. enc. Spe salvi , 38 ). Le iniziative che saranno promosse nelle singole Diocesi in occasione di questa Giornata, siano di stimolo a rendere sempre più efficace la cura verso i sofferenti, nella prospettiva anche della celebrazione in modo solenne, che avrà luogo, nel 2013, al Santuario mariano di Altötting, in Germania.

1. Ho ancora nel cuore il momento in cui, nel corso della visita pastorale a Torino, ho potuto sostare in riflessione e preghiera davanti alla Sacra Sindone, davanti a quel volto sofferente, che ci invita a meditare su Colui che ha portato su di sé la passione dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati. Quanti fedeli, nel corso della storia, sono passati davanti a quel telo sepolcrale, che ha avvolto il corpo di un uomo crocifisso, che in tutto corrisponde a ciò che i Vangeli ci trasmettono sulla passione e morte di Gesù! Contemplarlo è un invito a riflettere su quanto scrive san Pietro: “dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24). Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra

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fede: ogni volta che il Signore parla della sua passione e morte, essi non comprendono, rifiutano, si oppongono. Per loro, come per noi, la sofferenza rimane sempre carica di mistero, difficile da accettare e da portare. I due discepoli di Emmaus camminano tristi per gli avvenimenti accaduti in quei giorni a Gerusalemme, e solo quando il Risorto percorre la strada con loro, si aprono ad una visione nuova (cfr Lc 24,13-31). Anche l’apostolo Tommaso mostra la fatica di credere alla via della passione redentrice: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo” (Gv 20,25). Ma di fronte a Cristo che mostra le sue piaghe, la sua risposta si trasforma in una commovente professione di fede: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28). Ciò che prima era un ostacolo insormontabile, perché segno dell'apparente fallimento di Gesù, diventa, nell'incontro con il Risorto, la prova di un amore vittorioso: “Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede” (Messaggio Urbi et Orbi , Pasqua 2007 ).

2. Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso le piaghe del Cristo che noi possiamo vedere, con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l'umanità. Risorgendo, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice. Alla prepotenza del Male ha opposto l'onnipotenza del suo Amore. Ci ha indicato, allora, che la via della pace e della gioia è l'Amore: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Cristo, vincitore della morte, è vivo in mezzo a noi. E mentre con san Tommaso diciamo anche noi: “Mio Signore e mio Dio!”, seguiamo il nostro Maestro nella disponibilità a spendere la vita per i nostri fratelli (cfr 1 Gv 3,16), diventando messaggeri di una gioia che non teme il dolore, la gioia della Risurrezione.

San Bernardo afferma: “Dio non può patire, ma può compatire”. Dio, la Verità e l'Amore in persona, ha voluto soffrire per noi e con noi; si è fatto uomo per poter com-patire con l'uomo, in modo reale, in carne e sangue. In ogni sofferenza umana, allora, è entrato Uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenza si diffonde la con-solatio, la consolazione dell'amore partecipe di Dio per far sorgere la stella della speranza (cfr Lett. enc. Spe salvi, 39 ).

A voi, cari fratelli e sorelle, ripeto questo messaggio, perché ne siate testimoni attraverso la vostra sofferenza, la vostra vita e la vostra fede.

3. Guardando all’appuntamento di Madrid, nel prossimo agosto 2011, per la Giornata Mondiale della Gioventù, vorrei rivolgere anche un particolare pensiero ai giovani, specialmente a coloro che vivono l’esperienza della malattia. Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il “sì” di Dio all'uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Dal cuore trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina. Solo Lui è capace di liberare il mondo dal male e di far crescere il suo Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 3). Cari giovani, imparate a “vedere” e a “incontrare” Gesù nell'Eucaristia, dove è presente in modo reale per noi, fino a farsi cibo per il cammino, ma sappiatelo riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà, che hanno bisogno del vostro aiuto (cfr

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ibid., 4). A tutti voi giovani, malati e sani, ripeto l'invito a creare ponti di amore e solidarietà, perché nessuno si senta solo, ma vicino a Dio e parte della grande famiglia dei suoi figli (cfr Udienza generale , 15 novembre 2006 ).

4. Contemplando le piaghe di Gesù il nostro sguardo si rivolge al suo Cuore sacratissimo, in cui si manifesta in sommo grado l'amore di Dio. Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale scaturiscono sangue ed acqua (cfr Gv 19,34), “simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingano con gioia alla fonte perenne della salvezza" (Messale Romano, Prefazio della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù). Specialmente voi, cari malati, sentite la vicinanza di questo Cuore carico di amore e attingete con fede e con gioia a tale fonte, pregando: “Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, fortificami. Oh buon Gesù, esaudiscimi. Nelle tue piaghe, nascondimi” (Preghiera di S. Ignazio di Loyola).

5. Al termine di questo mio Messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Malato, desidero esprimere il mio affetto a tutti e a ciascuno, sentendomi partecipe delle sofferenze e delle speranze che vivete quotidianamente in unione a Cristo crocifisso e risorto, perché vi doni la pace e la guarigione del cuore. Insieme a Lui vegli accanto a voi la Vergine Maria, che invochiamo con fiducia Salute degli infermi e Consolatrice dei sofferenti. Ai piedi della Croce si realizza per lei la profezia di Simeone: il suo cuore di Madre è trafitto (cfr Lc 2,35). Dall'abisso del suo dolore, partecipazione a quello del Figlio, Maria è resa capace di accogliere la nuova missione: diventare la Madre di Cristo nelle sue membra. Nell’ora della Croce, Gesù le presenta ciascuno dei suoi discepoli dicendole: “Ecco tuo figlio” (cfr Gv 19,26-27). La compassione materna verso il Figlio, diventa compassione materna verso ciascuno di noi nelle nostre quotidiane sofferenze (cfr Omelia a Lourdes , 15 settembre 2008 ).

Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale del malato, invito anche le Autorità affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi, e, rivolgendo il mio pensiero a tutte le Diocesi, invio un affettuoso saluto ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, ai seminaristi, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le piaghe di ogni fratello o sorella ammalati, negli ospedali o Case di Cura, nelle famiglie: nei volti dei malati sappiate vedere sempre il Volto dei volti: quello di Cristo.

A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Novembre 2010, Festa di Cristo Re dell'Universo.

 

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Agli occhi della fede, nessun male è più grave del

peccato e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi peccatori,

per la 20