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BUONE PRASSI E PROPOSTE OPERATIVE PER

L’INSERIMENTO SCOLASTICO DEI BAMBINI ADOTTATI

BUONE PRASSI E PROPOSTE OPERATIVE PER

L’INSERIMENTO SCOLASTICO DEI BAMBINI ADOTTATI

BUONE PRASSI E PROPOSTE OPERATIVE PER

L’INSERIMENTO SCOLASTICO DEI BAMBINI ADOTTATI

Equipe Adozioni della Provincia di VeneziaAAAA

Grafica della copertina a cura di Emanuele Bet Progetto: "Consolidamento delle attività bambino adottato e della sua famiglia in tutte le fasi dellVenezia”

A cura delle

Equipe Adozioni della Provincia di Venezia

e

degli Enti Autorizzati

Grafica della copertina a cura di Emanuele Bet

onsolidamento delle attività e iniziative a favore della coppia che intende adottare della sua famiglia in tutte le fasi dell' iter adottivo: Area Adozioni an

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Equipe Adozioni della Provincia di Venezia

ntende adottare e per il sostegno del ni anno 2012 Provincia di

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IL PRESENTE LAVORO E’ STATO CURATO DA: Francesca Bonazza, Pedagogista Dirigente scolastica Istituto Comprensivo Noale; Cristina Bosco, Psicologa Psicoterapeuta UOS Consultori Familiari, Equipe Adozioni e PREE dei distretti 1 e 2 Venezia Centro Storico ed Estuario; Anna Caforio, Docente di scuola primaria, Pedagogista, Figura strumentale per la promozione del benessere a scuola e Referente per l’adozione e per il DSA; Maria Pia Cosmo, Psicologa Psicoterapeuta, referente Equipe Adozioni Ulss 12 Veneziana; Claudio Davanzo, Psicologo Psicoterapeuta, consulente Equipe Adozioni dell’Ulss 12 Veneziana; Diomede Rita, Docente di scuola primaria, Figura strumentale per la promozione del benessere a scuola e Referente per l’adozione; Chiara Lionello, Psicologa Psicoterapeuta referente Adozioni per l’AUlss 13 e Referente Provinciale per le Equipe Adozioni; Maria Paola Maurino, Vicepresidente Ente autorizzato CIFA; Antonella Mereu, Assistente Sociale Equipe Adozioni Ulss 13 Mirano; Silvia Modenese, Assistente Sociale, Consultorio Familiare ed Equipe Adozioni dei Distretti 1 e 2 Venezia-Centro-Storico ed Estuario; Elena Pellizato, Psicologa, Psicoterapeuta Consulente Equipe Adozioni Ulss 12 Veneziana; Cristiana Pilotto, Psicologa, consulente Ente Autorizzato Aibi di Mestre; Rosa Liliana Ragno, Pedagogista Responsabile della Formazione Ente Autorizzato NOVA; Anita Scardellato, Psicologa, Psicoterapeuta Fondazione Materdomini, Consulente Equipe Adozioni Ulss 13 Mirano; Viviana Speriani, Psicologa, Consulente Ente Autorizzato NOVA; Annalisa Tanduo, Assistente Sociale Ente Autorizzato NOVA; Donatella Tiozzo, Psicologa Psicoterapeuta Equipe Adozioni-Consultorio Familiare Azienda Ulss 14 Comitato Scientifico: Lorella Ciampalini, Maria Pia Cosmo, Chiara Lionello, Maria Paola Maurino, Antonella Mereu, Maria Domenica Pacifico, Alice Paolin, Rosa Liliana Ragno.

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INDICE

PRESENTAZIONE 6

INTRODUZIONE 8

1. LA COSTRUZIONE DEL PROGETTO 11

NELLA REALTA’ DELLA PROVINCIA DI VENEZIA 11 La Realtà della Provincia di Venezia 11

Obbiettivo generale del lavoro: 12 Favorire l’inserimento e l’integrazione scolastica del minore adottato. 12 Obbiettivi più specifici e fondanti il lavoro sono stati: 12 La metodologia adottata e le modalità di coinvolgimento dei docenti: 13

2. PARLARE DI ADOZIONE A SCUOLA 14 2.1 Il tema delle origini 14 2.2 Diversi tipi di famiglie o “famiglie diverse”? 15 2.3 Il ruolo della scuola nell’adozione 16 2.4 Bambini adottati a scuola 17

3. DUE LINGUE, DUE CULTURE: QUALE APPARTENENZA? 18

4. RAPPORTI SCUOLA-FAMIGLIA 19

5. PRIME ATTENZIONI CHE POTREBBERO COSTITUIRE BUONE PR ASSI 20 Indicazioni per l’accoglienza del bambino adottato 20

CONCLUSIONI 22

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LE SCHEDE OPERATIVE ALLEGATO 1 Indicazioni per l’accoglienza del bambino adottato al momento del suo primo inserimento (scuola primaria) 25

ALLEGATO 2 1° colloquio con i genitori 26

ALLEGATO 3 Indicazioni pratiche:meglio evitare/preferire 28

ALLEGATO 4 Come affrontare la storia personale in classe 30

ALLEGATO 5 La normativa sull’adozione: principi, tutela e significati 37

ALLEGATO 6 Protocollo d’intesa 43

ALLEGATO 7 Schede sulle scuole nel mondo 45

ALLEGATO 8 Grafici sui minori arrivati dal 2001 al 2011 76 BIBLIOGRAFI 101 BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA 103

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Presentazione

“La resilienza…è l’arte di navigare sui torrenti. Un trauma sconvolge il soggetto trascinandolo in una

direzione che non avrebbe seguito. Ma una volta risucchiato dai gorghi del torrente che lo portano verso una cascata, il soggetto resiliente deve ricorrere alle risorse interne impresse nella sua

memoria, deve lottare contro le rapide che lo sballottano incessantemente. A un certo punto, potrà trovare una mano tesa che gli offrirà una risorsa esterna, una relazione affettiva, un’istituzione

sociale o culturale che gli permetteranno di salvarsi” Cyrulnik1

Il termine resilienza proviene dalla fisica, in particolare dalla metallurgia per indicare la capacità di un

metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate senza spezzarsi. In informatica, la resilienza concerne

la qualità di un sistema che gli permette di continuare a funzionare a dispetto di anomalie legate ai difetti di

uno o più dei suoi elementi costitutivi (Malaguti, 2005)

L’etimologia del termine deriva dal latino resalio- resilire, iterativo di salio, che significa saltare, rimbalzare.

Resalio, per gli antichi, connotava il gesto di risalire nella barca capovolta, come dire che quando la barca si

capovolge il gesto di sopravvivenza è quello di tentare di risalire sull’imbarcazione, ed è tale gesto che

suggerisce il collegamento con il suo utilizzo in campo psicologico ad indicare la capacità dell’individuo di

resistere alle situazioni altamente traumatiche. Cyrulnik (2005) la definisce

“la capacità o il processo di far fronte, resistere, integrare, costruire e riuscire a riorganizzare

positivamente la propria vita nonostante l’aver vissuto situazioni difficili che facevano pensare ad un esito negativo”

Capacità e processo sono i due termini che ricorrono di più in letteratura, a dimostrazione che la resilienza è

sì un tratto di personalità, ma al tempo stesso è un processo in divenire che inserisce il soggetto all’interno di

un contesto. Anche la definizione di tale capacità ha avuto bisogno di un tempo di elaborazione, a partire

dagli anni 50, quando la Werner e la sua équipe studiarono, nell’isola di Kauai nelle Hawaii quasi 698 neonati

che presentavano una condizione di grande vulnerabilità per più fattori di rischio, in un arco di molti anni.

Circa il 30% di questi erano stati in grado di sovvertire i pronostici che li vedevano in balia di un destino di

miseria e degrado per raggiungere condizioni di vita dignitose. Gli studi della Werner e Smith verranno

raccolti negli scritti “Vulnerable but invincibile: a Longitudinal Study of Resilient Children and Youth” dove

i due termini contenuti nel titolo ci richiamano subito al passaggio dal concetto di invulnerabilità a quello di

resilienza. Da allora molti sono stati gli studi focalizzati a capire quali possano essere le condizioni che 1 Borys Cyrulnik è un neurologo, etologo, psicanalista e psichiata francesce, nato a Bordeaux nel 1937 da una famiglia ebraica, sfuggito alla deportazione nascondendosi, nel 1943, nel bagno della sinagoga della sua città. Attualmente è responsabile di un gruppo di ricerca in etologia clinica all’ospedale di Tolone e insegna etologia umana all’Université du Sud-Toulon-Var.

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permettano a bambini esposti a situazioni di rischio, di essere discontinui rispetto all’atteso, spostando

l’attenzione dall’individuazione dei fattori individuali all'analisi delle condizioni del contesto ambientale. Si è

cercato, pertanto, di capire quali possano essere i fattori protettivi che riescono a superare i fattori di rischio

nello sviluppo dell’individuo.

In questi anni di lavoro come referente per le adozioni ho visto arrivare nelle nostre famiglie molti bambini

provenienti da luoghi vicini o lontani ma sempre da storie “altre”, che in comune hanno l’abbandono, la

carenza di cure, spostamenti da un istituto a un altro o all’interno di famiglie affidatarie, continue rotture di

legami e di luoghi che talvolta minano la possibilità futura di creare legami significativi. Per chi è stato

adottato, le esperienze pregresse di accudimento influenzano significativamente le modalità relazionali

successive portando il bambino, che ha vissuto all’interno della situazione di attaccamento primario la

costante paura e incertezza che proviene da chi dovrebbe proteggerlo, a mettere in atto comportamenti di

attaccamento e di difesa. Tale modalità disfunzionale rischia di influenzare non solo il bambino ma anche il

caregiver, intendendo con questo termine sia le relazioni familiari che la rete socio educativa che si prende

cura del bambino.

In questi anni è molto aumentata l’attenzione degli operatori socio-sanitari che si occupano di adozione al

contesto scolastico nella convinzione che anche la scuola può contribuire a consolidare e talvolta inaugurare

quel cammino resiliente.

Graziella Favaro2 per definire l’incontro del bambino adottato con la scuola parla di un viaggio nel viaggio,

un vero e proprio cammino che segna l’ingresso-integrazione nell’ambito della comunità dove scoprire un

nuovo linguaggio, di gesti e parole, nuove norme, nuove abitudini. E’ chiaro che il bambino “straniero”

avvierà questa nuova esperienza con un profondo senso di smarrimento, lo stesso che ha vissuto nell’ingresso

nella nuova terra e nella nuova famiglia, ma è proprio a partire da questa vulnerabilità iniziale che questa

tappa può diventare un “viaggio di apprendimento in cui la partenza difficile possa avere uno scarso valore

predittivo“ (Cyrulnik 2009).

A noi tutti che entriamo in contatto con il bambino travolto dal gorgo del torrente che lo porta verso un’ignota

cascata è importante ricordare che possiamo essere per lui quella mano tesa che, insieme alle sue risorse

interne, gli può consentire non solo di resistere ma anche di imparare a vivere.

Il lavoro che è presentato in questa pubblicazione vuole essere uno spazio di scambio di pensieri condivisi tra

docenti, operatori delle Equipe Adozioni e degli Enti Autorizzati, che tiene conto dell’esperienza maturata e

condivisa con i genitori adottivi che ci hanno reso partecipi delle loro fatiche e dei successi dei loro bambini,

nel tentativo di raccogliere e far nostra la sfida che il bambino ci offre di poter essere per lui tutori di

resilienza.

Chiara Lionello

Responsabile tecnica del Progetto

2 Graziella Favaro Un viaggio nel viaggio: i bambini adottati vanno a scuola http://sociale.regione.emilia-romagna.it/documentazione/pubblicazioni/atti-di-convegni/atti-corso-regionale-orizzonti-post-adozione/RELAZIONE%20FAVARO%2025%20MARZO.pdf

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INTRODUZIONE

a cura di Antonella Mereu

“ I bambini adottati inventano se stessi perché non hanno altra scelta; c’è un’assenza, un vuoto, un punto

di domanda all’origine delle nostre vite. Una parte fondamentale della nostra storia è scomparsa, con violenza

come se una bomba avesse squarciato l’utero.

Il bambino viene scaraventato in un mondo sconosciuto che è conoscibile solo attraverso una storia;

questo vale per tutti, è la narrazione delle nostre vite, ma l’adozione ti precipita dentro la storia dopo che è

già cominciata. E’ come leggere un libro a cui mancano le prime pagine. E’ come arrivare quando il sipario si

è già alzato. La sensazione che qualcosa manca non ti abbandona mai, e non può che essere così, perché

qualcosa manca davvero.

Non che questo sia di per sé negativo. La parte mancante, il passato mancante, può rappresentare

un’apertura, non un vuoto. Può essere un’entrata come pure un’uscita. E’ la documentazione fossile,

l’impronta di un’altra vita e anche se non potrai mai viverla, le tue dita tracciano i contorni dello spazio dove

avrebbe potuto essere e imparano un alfabeto Braille”

Jeanette Winterson (scrittrice inglese e figlia adottiva, tratto da “ Perché essere felice quando si può

essere normale?”).

Le parole della Winterson richiamano l’immagine di una caduta infinita, espressione significativa usata anche

da Winnicott per raccontare il vissuto di disgregazione del bambino abbandonato, di uno spazio scuro fatto

d’incognite dove il vuoto ha in sé una potenzialità infinita, può contenere il nulla o aprire una porta. E’ così

che potrebbe apparire ad un bimbo l’ingresso nella nuova famiglia, nella nuova e complessa realtà scolastica,

nella sua nuova realtà di vita. Così come in famiglia anche nella scuola il passaggio è da un altrove verso un

mondo diverso già precostituito, spesso denso di relazioni già avviate e con codici di linguaggio e

comportamento lontani dai propri familiari.

L’accompagnamento a scuola per questi bambini è sicuramente un momento estremamente delicato e

l’impatto iniziale potrà segnare in modo positivo o negativo tutti gli eventi successivi. Così anche gli operatori

o gli insegnanti, che circondano il bambino e la sua nuova famiglia, sono in parte i costruttori della sua trama

futura, talvolta i rammendatori di maglie sfilacciate e il loro compito è difficile e complicato, necessita di

supporti e competenze peculiari.

I figli adottivi dunque sono bambini provenienti da realtà complesse, con alle spalle storie precarie e difficili.

Il primo ingresso a scuola per ogni bambino segna un momento delicato e importante, per il bambino adottato

è un passaggio spesso vissuto come minaccioso, un ulteriore cambiamento di cui non sa prospettarsi l’esito. La

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scuola è, inoltre, un altro ambiente dove vigono regole da rispettare diverse da quelle del lessico familiare,

anch’esso ancora in via di acquisizione, ma soprattutto diverse da quelle della sua cultura di provenienza, dei

suoi vissuti e del suo immaginario. All’interno di questo processo s’inseriscono i punti di vista, non sempre

convergenti, dei diversi attori: il bambino, i genitori, gli insegnanti, gli stessi operatori.

Il bambino può sentirsi esposto al confronto con altri adulti significativi, gli insegnanti, autorevoli ma al

tempo stesso temuti in quanto sentiti come giudici e quindi fonte di possibili ansie. Può sentirsi, inoltre,

messo alla prova e nelle condizioni di dover dimostrare le proprie capacità sia sul piano dell’apprendimento

che della socializzazione. Può, soprattutto, nel ritrovarsi privo degli strumenti necessari per affrontare la vita

scolastica, viversi come inadeguato e incapace, materializzando in tal modo le fantasie di disvalore che

l’abbandono porta con sé.

In quest’ottica anche l’immagine illusoria di sé come onnipotentemente autosufficiente, funzionale alla

sopravvivenza e su cui spesso il bambino ha costruito la propria identità, si trova ad essere violentemente

demolita, mettendo a nudo il piccolo, mostrandone una vulnerabilità vissuta tanto pericolosa quanto

insopportabile. Questo tempesta emotiva di fronte alla quale il bambino ha pochi strumenti di comprensione,

si può tradurre in un vissuto di frustrazione accompagnato a rabbia e a disvalore, con la conseguente fantasia:

“se non sono bravo e non valgo posso essere nuovamente abbandonato”, riattivando così fantasmi

persecutori mai elaborati.

I genitori adottivi possono avere aspettative irrealistiche su quello che il loro bambino potrebbe ottenere a

scuola, o timori eccessivi in riferimento al suo processo d’inserimento sociale nella classe. Nell’inserimento

del proprio figlio a scuola la famiglia persegue un bisogno di normalizzazione non rendendosi conto che,

spesso, l’inserimento in classe è il primo campo sociale dove il bimbo dovrà fare i conti con la sua diversità e

dove potrà verificare l’accettabilità della sua parte diversa.

Gli insegnanti possono avere esigenze di tipo pedagogico e didattico talvolta incomprese dalle famiglie. Nella

relazione con il nuovo entrato s’intessono molteplici necessità: di tipo didattico e linguistico, disciplinare,

difficoltà a decodificare un registro comunicativo spesso diverso da quello della classe, ansie sulle scelte

pedagogiche e sui temi da trattare o spesso, sulla modalità di trattare tali temi.

Per partire con il piede giusto nel percorso scolastico è importante perciò cercare di conoscersi e

comprendersi a vicenda. Per gli insegnanti in particolare si tratta di “camminare” dentro il mondo

dell’adozione, di scoprirne le “parole”.

Essi a volte si trovano ad accogliere bambini che portano difficoltà composite da comprendere e gestire,

evocate da gesti “inconsapevoli” perché richiamano storie e vissuti sconosciuti per loro e dolorosi per il

bambino. La scuola lo sappiamo, in quanto spazio e luogo educativo al servizio della persona, intesa nella sua

globalità, è chiamata a tener conto anche e soprattutto degli aspetti affettivi ed emotivi dei bambini, ma dentro

questi altri e diversi registri comunicativi che il bambino adottato porta, l’affettivo e l’emotivo diventano di

difficile gestione e comprensione perché assumono altre valenze, altre colorazioni.

Il bambino adottato, come ogni bambino, porta con sé la propria storia che è unica e irripetibile, ma, a

differenza di ogni bambino, ha sperimentato una separazione e un incontro: la separazione e la perdita di un

ambiente nel quale aveva vissuto precedentemente e insieme l’incontro con coloro che lo accolgono.

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Un bambino adottato porta dunque con sé anche un vissuto che, in qualche modo, è chiamato ad elaborare: la

sua doppia appartenenza o meglio come definisce C. Edelstein la sua appartenenza mista, spesso ricordatagli

dai suoi tratti somatici e rispetto alla quale deve confrontarsi e presentarsi ai suoi pari.

Per il bambino adottato, come per tutti i bambini, l’apprendimento diventa possibile quando la sfera emotiva

ed affettiva non vengono separate da quella cognitiva. Sicuramente il trauma dell’abbandono e la mancanza

di cure adeguate possono inibire pesantemente la sfera dell’apprendimento.

Questi bambini fanno proprio fatica a pensare perché la loro storia pregressa può essere così pesante che il

solo ricordarla fa male, è doloroso e inaccettabile. Questo processo difensivo di rimozione però non li aiuta a

sviluppare appieno le loro potenzialità cognitive: dovranno perciò essere aiutati a capire Ed accettare il loro

passato. Solo se il legame di attaccamento con le nuove figure genitoriali ha avuto tempo e modo per

svilupparsi, nasce un contenitore sicuro che può permettere al bambino di entrare positivamente nel nuovo

ambiente. Solo se è sereno il bambino può aprirsi per imparare cose nuove, aprirsi al piacere di conoscere ed

apprendere. Un inserimento troppo precoce rischia di compromettere il futuro andamento scolastico e può

interferire con il nuovo processo di appartenenza alla famiglia e al nuovo tessuto sociale.

Infine, solo attraverso la possibilità di un accesso alla loro storia precedente, questi bambini potranno

conservare, in modo adeguato, il legame con la loro storia trascorsa per riconnettersi al qui ed ora della storia

attuale. Questo consentirà loro di per poter partecipare appieno alle proposte educative e alle attività

scolastiche, prestare attenzione, fare collegamenti, ricordare, memorizzare, concentrarsi e procedere

correttamente nel processo degli apprendimenti, sentire infine di far parte a pieno titolo di quella scuola

sconosciuta che ora diventa anche per il bimbo adottato: “La mia scuola, i miei compagni, i miei insegnanti”.

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1. LA COSTRUZIONE DEL PROGETTO

NELLA REALTA’ DELLA PROVINCIA DI VENEZIA

La presenza dei bambini adottati e delle loro nuove famiglie nelle aule scolastiche richiede, da parte di tutti

gli attori, un confronto che consenta la possibilità di sperimentare e offrire un adeguato inserimento.

Questi minori provengono da realtà di abbandono e portano con sé storie complesse, per loro servirà

strutturare una didattica capace di garantire un inserimento sereno in cui le loro storie possano armonizzarsi

con il resto del gruppo classe.

Vi è la necessità di definire pratiche condivise, le buone prassi, all’interno della scuola rispetto

all’accoglienza e all’integrazione dei bambini adottati e in tal senso si sono dirette le proposte delle Equipe

Adozioni della nostra Provincia dove è stato attuato un progetto di lavoro realizzato tra operatori delle

Equipe, degli Enti Autorizzati all’adozione internazionale e del corpo docente.

Negli ultimi anni nella stessa direzione hanno operato anche i colleghi di Aziende Ulss e province della

Regione Veneto. Il lavoro realizzato a diverso titolo nei molti territori e da quasi 10 anni, ha trovato nel

dicembre del 2011 “riconoscimento” grazie al Protocollo d’Intesa che è stato promulgato dalla Regione

Veneto in accordo con le diverse Ulss territoriali, il Pubblico Tutore dei Minori del Veneto, gli Enti

autorizzati e l’Ufficio Scolastico Regionale.

La Realtà della Provincia di Venezia

Il progetto nella nostra provincia è nato a partire dal 2005 all’interno e grazie ad un impegnativo lavoro di

supervisione che ha permesso a soggetti provenienti dal pubblico e dal privato sociale di diventare gruppo

integrato, capace di pensare e proporre un lavoro unitario e flessibile da offrire alle scuole.

Obiettivo è quello di creare sinergia e favorire la collaborazione tra i diversi soggetti coinvolti nell’adozione,

oltre alla famiglia e al bambino: le Associazioni che accompagnano la coppia verso l’abbinamento e

l’accoglienza del minore nel suo paese d’origine, gli operatori dell’ Equipe Adozioni che hanno seguito la

coppia, i dirigenti ed i docenti della scuola dell’infanzia e primaria che si faranno carico, a diverso titolo, del

suo inserimento.

Dopo l’arrivo del minore nella nuova famiglia c’è bisogno di un tempo, più o meno lungo, di stabilizzazione

per il bambino ed è necessario avere pazienza, non affrettare i tempi dell’inserimento scolastico ma

privilegiare la creazione del legame familiare. Quanto più il bambino avrà tempo e modo di creare questo

legame affettivo stabile con i due genitori adottivi e la famiglia allargata, tanto più sarà capace di inserirsi a

livello scolastico, sociale ed in generale nell’ambiente extra familiare di appartenenza. E’ necessario lavorare

per una preparazione specifica del corpo docente in merito alla cultura e alle problematiche dell’adozione al

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fine di valorizzare e favorire l’integrazione e l’inserimento scolastico del minore adottato nel miglior modo

possibile.

La scuola, luogo privilegiato ad accogliere, attraverso i bambini, le diverse istanze del sociale, può divenire

sempre più la promotrice di una cultura della convivenza civile dove ogni differenza trovi modo di esprimersi

e divenire fertile movimento di crescita condivisa e comune.

Nell’anno 2006 sono stati attivati i primi gruppi sperimentali di collaborazione e scambio con gli insegnanti

della scuola dell’infanzia e primaria nelle quattro realtà delle Ulss della nostra provincia con l’obiettivo di

creare buone e condivise prassi. Ciò è stato possibile grazie alla partecipazione di docenti molto motivati che

lasciandosi coinvolgere e divenendo essi stessi promotori di nuove idee, ci hanno accompagnato nella

realizzazione di questo progetto. Sino al 2010 la sperimentazione si è svolta nei territori delle singole Ulss

con modalità generali simili ma rispettando le richieste e la peculiarità di ciascun territorio.

Gruppi di lavoro sono stati avviati a Mestre, a Venezia, a Marcon, a Portogruaro, a S.Donà, a Piove di Sacco (

all’epoca appartenente all’Ulss 14), Chioggia e Cavarzere e nel territorio del Miranese, a Mira, Spinea e

Mirano. Nell’anno 2011 l’attività di gruppo è stata congiunta per le quattro Ulss e si è svolta presso una

scuola di Mestre. Complessivamente hanno partecipato in questi 6 anni e nel territorio delle quattro Ulss più

di 300 docenti di scuola dell’infanzia e primaria, sia pubblica che privata, a cui si sono aggiunti docenti della

scuola secondaria di primo grado nell’esperienza del 2011.

Obbiettivo generale del lavoro: Favorire l’inserimento e l’integrazione scolastica del minore adottato.

Nel lavoro di gruppo si è cercato di offrire una riflessione approfondita sul mondo dell’adozione per costruire

una base di conoscenze comuni, condivise e trasversali ai diversi soggetti. Obiettivo del lavoro è stato quindi

favorire la sensibilizzazione e l’accoglienza delle diversità facendo emergere stereotipi, credenze e pregiudizi

e promuovendo lo scambio di esperienze di creatività e condivisione all’accoglienza già consolidate in alcune

realtà scolastiche, mobilitando anche le emozioni di tutti gli operatori coinvolti nel progetto, in primis negli

stessi formatori.

Prima di questa esperienza, nel nostro territorio, ogni valutazione del progetto riguardante il minore adottato

veniva affrontata con la singola famiglia e gli insegnanti di riferimento del bambino adottato, mancando

prassi di lavoro consolidate e comuni.

Obbiettivi più specifici e fondanti il lavoro sono stati:

1. Individuare all’interno di ogni scuola o plesso un Insegnante referente o Figura Strumentale per

l’adozione che favorisca la prima accoglienza dell’alunno, che stimoli i colleghi alle tematiche

adottive e che funga da collegamento tra i Servizi e La Scuola.

2. Individuare “buone prassi” condivisibili , frutto di riflessione e confronto tra i diversi attori

coinvolti nel percorso post-adottivo;

3. Favorire il rispetto dei tempi e la peculiarità di cui ciascun bambino è custode evitando

l’applicazione del programma scolastico in modo troppo rigido.

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La metodologia adottata e le modalità di coinvolgimento dei docenti:

Alcuni mesi prima dell’inizio del percorso sono state contattate le Direzioni delle scuole attraverso una

lettera scritta e successivo contatto telefonico con i dirigenti. Nelle lettere era contenuto il progetto e la

proposta di attività con un modulo di adesione da inviare ai servizi dove si chiedeva di specificare e segnalare

il nome dell’insegnante scelto e disponibile e interessato a partecipare ad un gruppo di lavoro e formazione

sulle tematiche dell’adozione.

Una volta costituito il gruppo il percorso e il lavoro di docenti ed operatori si è articolato in cinque o sei

incontri realizzati o negli spazi delle Ulss o all’interno delle Scuole, nel tardo pomeriggio alla fine delle

lezioni scolastiche. La partecipazione dei docenti è stata quasi sempre con disponibilità volontaria e fuori

orario di servizio. Gli orari concordati sono stati rispettosi in ogni sede delle esigenze del corpo docente. Il

primo incontro, di presentazione, ha permesso la reciproca conoscenza tra operatori e insegnanti ed ha

permesso di illustrare il percorso formativo.

I cinque incontri successivi hanno permesso l’elaborazione delle tematiche adottive su: 1. Aspetti giuridici, 2.

Accoglienza e primo inserimento, 3. La “Storia personale”: proposte alternative, 4. Integrazione sociale e

apprendimento, 5. il ruolo delle emozioni, gli aspetti psicologici e le implicazioni cognitive della

deprivazione.

Ogni incontro si è articolato in due sessioni: presentazione della tematica e discussione di gruppo su

situazione-problema. Le modalità di lavoro sono state modificate e si sono arricchite negli anni con proposte

ed esperienze portate da tutti i soggetti coinvolti. Nell’ultimo lavoro di gruppo, conclusosi nel dicembre 2011,

si è cercato di lavorare di più sulla sperimentazione dei vissuti ed emozioni degli adulti che accolgono questi

bambini e sulla diretta sperimentazione in classe delle attività proposte.

Tutti questi incontri hanno permesso di avviare una relazione conoscitiva che nel tempo è divenuta di fattiva

collaborazione tra le parti in gioco.

Da tutti i lavori effettuati è emersa la richiesta di prosecuzione dei progetti e dell’esperienza, attuata

attraverso l’applicazione di nuovi strumenti di qualificazione sia professionale che didattica. Si è osservato un

incremento delle richieste di consulenza e collaborazione da parte delle scuole verso i servizi, anche per casi

individuali, con un chiaro riconoscimento delle competenze specifiche nel desiderio di operare al meglio.

Ci piacerebbe che l’apertura di questo tavolo di lavoro potesse proseguire con la sperimentazione degli

strumenti suggeriti, validandoli e perfezionandoli nel tempo, per un’accoglienza sempre più adeguata del

bambino adottato e che quanto sperimentato divenisse prassi operativa, al di là del protocollo scritto.

Si considera fondamentale alla realizzazione del presente lavoro il contributo dei docenti che in questi anni ci

hanno accompagnato e sostenuto. Continuiamo ad auspicare un patto educativo, un'alleanza positiva tra gli

adulti responsabili di questo bambino e coinvolti nella sua educazione. Un accordo di collaborazione creativa

che permetta al bambino di sentirsi accolto ed amato, ai genitori di sentirsi sostenuti e agli insegnanti di

vedere riconosciute e valorizzate nuove competenze.

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2. PARLARE DI ADOZIONE A SCUOLA

Le problematiche di un minore che arriva in Italia attraverso l’adozione sono profondamente diverse da

quelle di un minore che vi arriva con la sua famiglia per l’immigrazione.

Solo superficialmente vi sono delle similitudini ed in particolare solo nell’inserimento di ragazzi che vi

arrivano più grandicelli e che possono presentare alcune peculiarità comuni nel momento dell’ingresso e

conseguente accoglienza nella scuola e nella classe.

Al di la delle possibili similitudini e/o uguaglianze somatiche, di ovvie difficoltà di inserimento, di

apprendimento della lingua italiana, non vi è quasi più nulla che accomuni il bambino straniero che arriva con

la propria famiglia dal bambino che arriva in Italia, presso una nuova famiglia e comunità, attraverso

l’ordinamento giuridico dell’adozione.

La parola chiave è proprio ‘famiglia’.

2.1 Il tema delle origini

Il bambino straniero immigrato arriva in Italia con la sua famiglia, o almeno con uno dei suoi familiari, e si

porta dietro il senso reale e fisico di parte della sua cultura e della sua storia; quando torna a casa da scuola

può rispecchiarsi, ritrovarsi e rassicurarsi ogni giorno in parti simili a sé, nelle persone che gli sono familiari

da sempre e non è minato o messo in discussione il suo senso di appartenenza.

Il bambino adottato ha subito, con l’abbandono dalle sue origini, una ferita profonda che può essere

considerata come una perdita unica. Questa perdita gli ha tolto le fondamenta, le radici, minando alla base la

sua storia e rendendo fragile per sempre la sua autostima e difficoltosa la ricerca di un senso di appartenenza

identitaria.

Poiché questa perdita tocca i legami, accentua nel bambino la percezione della sua diversità. Vi è in tutti

questi bambini il vissuto profondo di portare una differenza che è ben al di la della sua eventuale differenza

somatica e che in questo caso accomuna non solo i bambini adottati stranieri ma anche quelli adottati in Italia

e di nazionalità italiana che sono molti nelle classi, ma di cui talvolta non si sa e si ignora la storia.

Tutti questi bambini o ragazzi vivono ogni giorno profondamente, più o meno consapevolmente, a seconda

dell’età e della loro storia, la fatica di essere portatori di una differenza sostanziale che è quella di aver reciso,

perso, annullato, le proprie radici.

Per i bambini più piccoli o arrivati molto piccoli, il sentimento di perdita è più sfumato e nascosto, può essere

una sensazione di disagio e inadeguatezza a cui non riescono a dare un nome, un senso.

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Per i bambini arrivati più grandicelli o in età scolare la situazione è decisamente diversa: spesso hanno

conosciuto la famiglia d’origine ed hanno qualche ricordo, più o meno nitido e presente, della relazione avuta

con i genitori naturali, spesso maltrattanti.

Se sono morti potrebbero essere idealizzati, vi è in ogni caso nel bambino un sentimento di rabbia alimentato

anche dal senso di colpa nel sentirsi in qualche modo responsabile di questa perdita.

Parafrasando Brodzinsky, medico, studioso e terapeuta inglese che per anni si è dedicato al lavoro con i

bambini adottati, sembra doveroso, di fronte ad un qualsiasi bambino adottato, ricordare cosa ha perso:

- Perdita dei genitori naturali

- Perdita dei fratelli

- Perdita di continuità genealogica

- Perdita delle origini razziali etniche e culturali

- Perdita della famiglia allargata, compagni di istituto,

operatori di riferimento

- Perdita dei genitori affidatari

- Perdita di status (Qual’era l’ambiente di origine,

lo status, il posto occupato nella sua famiglia o comunità)

- Perdita della stabilità emotiva nell’inserimento

nella nuova famiglia (scardinamento di precedenti punti di

riferimento)

- Perdita della privacy, del senso di sé e della

propria identità

Perdita del nome

(D. Brodzinsky)

2.2 Diversi tipi di famiglie o “famiglie diverse”?

Per tornare al tema della famiglia è importante che la scuola possa parlare oggi di famiglia adottiva

normalmente, invece di trovarsi a trattare precipitosamente il tema solo quando arriva un bambino nella

classe. Nella didattica quotidiana si fa spesso riferimento al concetto di famiglia: sarebbe importante riferirsi

anche a quella adottiva.

In questo modo si creerebbe lo spazio mentale nei bambini di conoscenza di questo tipo di famiglia,

agevolando così l’accoglienza di un futuro compagno o compagna adottati.

Prendendo atto che oggi la ‘famiglia’ in termini sia effettivi che concettuali subisce delle trasformazioni, è

sempre più differenziata e molteplici sono le sue tipologie: famiglia monoparentale, con figli nati da

precedenti matrimoni, con matrimoni misti, famiglie che attendono da anni un ricongiungimento, adottive,

straniere, con genitori separati…possiamo parlarne solo allargando la nostra ipotesi antropologica di

riferimento. Ma cosa è allora una famiglia se si esce dagli stereotipi, se si apre lo sguardo? E’ la condivisione

16

di un progetto di vita fra persone che si vogliono bene e s’impegnano perché questo bene continui ad

alimentare il loro rapporto ma al di la ed oltre i soli rapporti di consanguineità.

Il bambino adottato, sia con adozione nazionale che internazionale, può diventare una risorsa per tutti:

consente di introdurre nella classe il tema della famiglia o meglio delle varie forme e modi di essere famiglia

di cui un bambino può essere parte. E’ un’occasione per affrontare in modo nuovo l’attuale complessità

sociale.

L’ educazione all’intercultura ci può aiutare perché prevede il riconoscimento e l’esistenza di più culture

all’interno di una medesima società, la reciproca interazione, lo scambio.

La classe è e diventa sempre più lo spaccato di una piccola società, è il territorio in cui, in una prospettiva

educativa, si vuole promuovere la creazione di una coscienza aperta e solidale dove vengano promossi e

valorizzati i processi d’incontro e comunicazione tra culture diverse.

2.3 Il ruolo della scuola nell’adozione

Il fatto che un bambino sia stato adottato non va ostentato ma nemmeno tenuto nascosto, per cui, nei modi e

nei tempi che si ritengono opportuni, si può parlare dell’adozione con altri, contribuendo a far capire cosa sia

l’adozione, a far crescere una reale “cultura adottiva” oltre e al di là di stereotipi e pregiudizi.

E’ sicuramente importante quindi che la scuola, di qualunque ordine e grado essa sia, impegnandosi e

operando concretamente, possa garantire un corretto processo di socializzazione verso un' integrazione

scolastica positiva e creativa che sappia superare gli stereotipi per educare alla solidarietà sociale.

E’ vitale che si operi dal di dentro, per portare i bambini ad un allargamento di vedute, al vivere non

un’identità chiusa, ma ad apprendere ad andare verso…, ad apprendere il nuovo, a muoversi tra modelli di

vita, di pensiero, di cultura altri .

Nella scuola sarebbe utile potenziare il lavoro sul rispetto delle diversità, qualunque esse siano, assumendole

come valore. Enorme importanza assume il dialogo. Fondamentale che insegnanti e famiglia si

predispongano ad attuare questa comprensione come strumento di conoscenza reciproca per realizzare la

coerenza dell’intervento e del progetto educativo.

Saranno poi gli insegnanti che, sulla base delle analisi delle situazioni di partenza, metteranno in atto principi

metodologici mirati ad aiutare ciascun bambino a costruirsi un’identità positiva. Condizione necessaria sarà

che anche gli insegnanti e il mondo della scuola possano riflettere ed interrogarsi sui propri stereotipi e

pregiudizi.

E’ importante, come a casa che anche a scuola venga data fiducia al minore: se egli sentirà che gli adulti lo

valutano positivamente, anche lui/lei si sentirà in grado di fidarsi di se stesso prima e degli altri poi; potrà così

ricostruirsi una base sicura per aprirsi a ulteriori apprendimenti, anche di tipo cognitivo.

E’ chiaro che queste indicazioni generali valgono per tutti, ma per i bambini adottati acquisiscono una

rilevanza particolare perché per loro esistono, nel relazionarsi agli altri, sfaccettature diverse, spesso più

dolorose, e che dipendono in larga parte: dall’età in cui il bambino è entrato in famiglia; dalla sua età

“affettiva” che può differire dalla sua età cronologica; da come ha elaborato l’essere figlio, di colore o etnia

diversa da quella della famiglia che lo ha accolto; dalle esperienze vissute precedentemente e dalla sua cultura

17

originaria.

Tutte queste situazioni e molte altre ancora possono innegabilmente portare a difficoltà nella vita scolastica

del bambino: di tipo disciplinare; di apprendimento; di socializzazione con i compagni; di integrazione socio-

culturale con l’ambiente in cui vive.

Per affrontare queste difficoltà può essere utile anche l’intervento di specialisti che aiutino gli insegnanti a

decodificare la richiesta di aiuto del bambino per trovare la via giusta per aiutarlo.

Gli insegnanti hanno realmente un compito difficile: essere molto attenti ai vissuti dei bambini, alle

dinamiche relazionali esistenti tra il gruppo-classe ed i suoi vari componenti e alla possibilità concreta di

relazionarsi con ognuno salvaguardando l’unicità e le peculiarità di ciascuno di loro.

2.4 Bambini adottati a scuola

Sarà utile per tutti gli adulti che a diverso titolo avvicinano questi bambini o ragazzi ricordare sempre che:

� Il bambino ha subìto molti cambiamenti nella sua breve vita ( figure di riferimento, compagni,

ambienti, cibo, clima, odori, regole, lingua, ecc.).

� I genitori possono “caricare” il figlio di aspettative troppo elevate e chiedergli di “correre” come gli

altri.

� Il bambino che non riesce a corrispondere alle aspettative genitoriali può reagire mettendo in atto

comportamenti oppositivi e/o problematici (aggressività, provocazioni, rifiuto della scuola, atteggiamento

rinunciatario e depressivo).

� Tutto ciò provocherà un' inevitabile ricaduta sulle performance scolastiche, e richiederà al bambino un

notevole impiego di risorse emotive e cognitive con tempi diversi e modalità variabili a seconda del bambino

e della sua storia.

Altrettanto importante sarà ricordare che anche il bambino si pone delle domande al suo ingresso nel mondo

scolastico che se non accolte possono aumentare la sua confusione:

� Chi sono gli insegnanti, altri genitori?

� Sono capitato in un nuovo Istituto!

� Mi lasceranno qui?

� Dove vanno papà e mamma mentre sono a scuola?

� Se non sarò bravo mi vorranno ugualmente bene?

� Perché i miei compagni sono tutti diversi da me? Mi deridono?

� Cosa sanno della mia storia?

Non sono domande chiare nella testa del bambino, spesso sono inespresse, ma albergano in lui e possono

spaventarlo se non troverà un clima accogliente, non giudicante e di vera disponibilità e comprensione.

18

3. DUE LINGUE, DUE CULTURE: QUALE APPARTENENZA?

Diversamente dall’adozione Nazionale, nell’adozione Internazionale, una volta in Italia, il bambino adottato

affronta un cammino non facile, poiché deve ri-orientarsi all’interno di una cultura, di una lingua, di un

universo affettivo nuovo e diverso. Non ha a disposizione un codice comune che possa veicolare il nuovo,

non esiste una lingua che spiega le regole, i tempi, gli spazi, le abitudini; deve ridefinire delle coordinate

spazio temporali, odori, sapori, tempi, ritmi quotidiani, a volte neanche esplicitati, ma da acquisire comunque

e rapidamente. Il bambino deve, inoltre, poter integrare ciò che già ha sviluppato nella sua storia precedente

con ciò che coglierà o svilupperà nella sua nuova esperienza; inoltre due piani si accavallano: il piano

affettivo/emotivo - la costruzione di una relazione forte, complessa - quello conoscitivo - imparare una nuova

lingua, immergersi in una nuova cultura. Per il bambino proveniente da adozione internazionale uno

strumento prezioso per agevolare l’accesso a questo nuovo mondo è sicuramente l’apprendimento della

lingua italiana; questo avviene a due diversi livelli: l’acquisizione di un vocabolario quotidiano, che

generalmente si attua in tempi brevi e l’apprendimento di linguaggi specialistici legati alle discipline

scolastiche, apprendimento che richiederà, da parte della scuola, percorsi flessibili.

Apprendere una nuova lingua è un importante investimento di energie e rappresenta, per il bambino adottato,

non solo la via per la comunicazione, ma anche la possibilità di sentirsi accolto più interamente, coinvolgendo

anche il processo di costruzione della propria identità. Costruire la propria identità significa crescere portando

in sé tutto il possibile, armonizzandolo in un equilibrio interiore che permetta di affrontare e interagire

serenamente con le nuove esperienze. Nel caso del bambino adottato, lingua e identità sono doppi e lo sforzo

richiesto è maggiore. Tener conto di questa doppia appartenenza culturale e linguistica non è sempre facile e

può comportare che questi bambini la vivano come un elemento di cui vergognarsi, un tratto di sé che va

tenuto nascosto o dimenticato in fretta perché fonte di disagio e ostacolo nell’apprendimento. D’altro canto il

fatto che la normativa scolastica italiana favorisca l’inserimento dei minori stranieri attraverso l’adeguamento

dei programmi, prevedendo personale specializzato per l’insegnamento della lingua due, non è sempre

consigliabile o riproponibile nel caso del bambino adottato. Qualora invece dovessero rendersi utili interventi

mirati, delle proposte specifiche per facilitare l’apprendimento della nuova lingua, queste dovrebbero essere

collocate in continuità con ciò che viene affrontato in classe affinché il filo ideale che tiene legato il bambino

ad essa non si spezzi e l’offerta di un percorso di apprendimento della nuova lingua non sia vissuto come

slegato dal contesto della classe di appartenenza. Accanto all’apprendimento della lingua, infatti, è

fondamentale agevolare la costruzione di un senso di appartenenza alla propria classe, la realizzazione di un

riferimento affettivo che dia al bambino adottato sicurezza e lo faccia sentire parte del suo gruppo.

19

4. RAPPORTI SCUOLA-FAMIGLIA

Gli insegnanti possono aiutare le famiglie con bambini adottati, impegnandosi in un rapporto positivo con le

stesse, attraverso la loro competenza professionale, definendo insieme obiettivi comuni indirizzati

all’eventuale recupero scolastico del bambino e all’attivazione delle sue potenzialità e risorse resilienti.

La scuola rappresenta per la famiglia una risorsa in quanto luogo dove il bambino trascorre gran parte della

giornata, lancia messaggi, deposita sentimenti, desideri, vissuti, timori, ricordi che l’insegnante può

raccogliere e farne oggetto di riflessione con i genitori.

L’inserimento scolastico del bambino è vissuto talvolta dai genitori come atto che sancisce la

normalizzazione della propria famiglia, garantendo un percorso di crescita al proprio figlio, da qui talvolta si

verificano inserimenti precoci e poco pensati.

E’ compito anche della scuola aver cura che il bambino si inserisca e si integri nel nuovo contesto con calma,

flessibilità nell’organizzazione e nel rispetto dei suoi tempi.

Insegnanti e genitori devono sostenersi vicendevolmente rispetto alle aspettative sul rendimento e

sull’integrazione di questi bambini.

La collaborazione scuola-famiglia può avere diversi ambiti, spazi d’incontro sia strutturati che informali con

l’obiettivo di:

1. Definire ciò che compete al genitore e ciò che compete alla scuola;

2. Ridefinire e condividere i bisogni e i diritti del bambino sulla base del concetto che lo sviluppo

adeguato da intendersi globalmente e non solo in termini di rendimento;

3. Vigilare, e promuovere il riconoscimento ed il rispetto della sua diversità.

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5. PRIME ATTENZIONI CHE POTREBBERO COSTITUIRE BUONE PR ASSI

Importante è l’atteggiamento che i docenti assumono verso il bambino “straniero adottato” o più

generalmente verso il problema della differenza etnica.

“Proteggere” il bambino, richiedendogli di fatto un rendimento inferiore a quello dei suoi compagni di classe,

senza che questo possa essere spiegato al bambino all’interno della propria storia faticosa, invia un messaggio

di diversità e svalutazione. Allo stesso modo, minimizzare, fare commenti e agire atteggiamenti poco

benevoli da parte dei coetanei, non permette né a lui né ai compagni un’elaborazione costruttiva della

diversità.

Non parlare delle diversità o delle diverse appartenenze o provenienze non aiuta. L’assimilazione a priori

porta come implicita conseguenza la negazione della storia personale in nome dell’integrazione; in altri

termini il bambino rischia di rinunciare a se stesso pur di essere accettato e omologato al gruppo classe.

Indicazioni per l’accoglienza del bambino adottato Proponiamo di seguito alcune strategie già adottate in molte scuole che potrebbero semplificare l’inserimento e che sono state, di fatto, poi riprese dal Protocollo Regionale:

• Dove si valuta ed è possibile evitare di avviare interventi d’inserimento scolastico precoce, sconsigliare

la famiglia in tal senso. Il bambino ha bisogno di tempo per ricreare e costruire un legame con la nuova

famiglia adottiva, per imparare a fidarsi di questi nuovi adulti e per trovare o ritrovare un equilibrio emotivo e

affettivo. Le sue eventuali richieste di stare con altri bambini o andare a scuola sono solo nella direzione di

ricrearsi un ambiente conosciuto come quello dell’istituto da cui è arrivato, ma non è il suo reale bisogno.

Appena arrivato non è pronto ad apprendere e a subire l’assalto di molti nuovi stimoli.

• Considerare che il mediatore linguistico per i bambini adottati sia, per lo più, inopportuno e per lui

fonte di ansia e confusione. Mentre il bambino straniero immigrato vive con la sua famiglia in un contesto

linguistico non italofono, il bambino proveniente dall’adozione internazionale, avendo subito la separazione

da ogni suo legame affettivo e ambientale della cultura di provenienza, vive in un contesto, quello della

famiglia adottiva, che è italofono. Pertanto ogni intervento di mediazione linguistica, che non tenga conto di

questa differenza, rischia di creare omologazioni pericolose che non sono di aiuto al bambino.

• Inserire il bambino in un gruppo di bambini stranieri per programmi di recupero linguistico, solo perché

nato all’estero è oltremodo pericoloso, soprattutto se il bambino è arrivato in Italia da piccolo e conosce solo

l’italiano come sua lingua; potrebbe creare nel bambino grave confusione ed ulteriori traumi.

21

• In alcuni casi, non necessariamente per tutti i bambini, preferire l’inserimento in un anno scolastico

successivo a quello di nascita. Si consiglia di inserirli in una classe inferiore a quella corrispondente all’età

anagrafica, ovviamente valutando il bambino e la sua storia. Questo perché il bambino adottato presenta

inevitabilmente una maggiore fragilità rispetto alla fiducia nel proprio valore e spesso, proprio per la sua

storia, ha minori competenze relazionali e di apprendimento, è inutile quindi sottoporlo ad uno sforzo ed uno

stress maggiore che potrebbe rivelarsi controproducente.

• Quando si parla della famiglia in classe si potrebbe parlare anche di adozione indipendentemente dalla

presenza di bambini adottati; è un modo per rappresentare le tante tipologie di famiglia.

• Condividere con i genitori l’intenzione di fare la storia personale e se possibile prepararla adeguatamente

insieme agli stessi (c’è una legge sulla Privacy che prevede di poter portare certe argomentazioni solo previa

consultazione e consenso dei genitori).

• Un’eccessiva ansia nel bambino adottato, per le prestazioni non raggiunte o per faticosi rapporti con i

compagni, potrebbe alimentare un senso di frustrazione che il bimbo fatica a gestire: è importante un

pensiero condiviso tra docenti e genitori per comprendere da dove nascano i suoi disagi ed aiutare il bambino

a pensare e contenere.

• Nel momento dell’iscrizione fare sempre un colloquio informativo approfondito con la famiglia per

capire le particolarità e i bisogni del bambino e attuare un programma comune.

• Limitare e correggere i comportamenti inadeguati, giudicanti e pregiudizievoli dei compagni attraverso

giochi di ruolo, immedesimarsi in realtà diverse e utilizzo di tutti gli strumenti didattici ritenuti adatti dai

docenti.

• Si ricorda infine che non esiste, a livello ministeriale una specifica normativa di riferimento, ad oggi ci si

riferisce ancora al D.P.R. 31/08/1999 N°394 art. 95 e C.M.MPI N°24 dello 01/03/2006 e all’utilizzo

dell’Istruzione Privata o Familiare nota del 31/01/2006 decreto legge N°76/05.

Quindi le scuole possono talvolta impropriamente utilizzare il decreto per l’inserimento scolastico dei minori

stranieri anche per i bambini adottati.

La promulgazione del Protocollo d’intesa tra Regione Veneto, l’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, le

Aziende UU.LL.SS.SS, il Pubblico Tutore e gli Enti Autorizzati rappresenta, pertanto, un valido strumento

di lavoro per tutti gli operatori che a vario titolo si occupano di adozione.

22

CONCLUSIONI

“La nostra umanità riesce a creare, e generare tutte le forme possibili di rapporto in ogni momento, e in ogni

momento è solo dal rapporto che avviene una circolarità di comunicazione, di dialogo, di interazione”. Anonimo

Non necessariamente il bambino adottato è un bambino difficile o problematico. Sicuramente, però, è un

bambino che porta una storia di diversità, che talvolta esprime con grave sofferenza, che va accolta, integrata

e compresa. Necessita di aiuto per sviluppare un senso di appartenenza piena e fiduciosa al nuovo contesto.

Questo piccolo e nuovo allievo può diventare una risorsa per la classe quando la diversità che porta diventa

stimolo di conoscenza e di crescita, l’apertura per tutti i bambini alla comprensione di appartenenze multiple

e la “contaminazione” fertile di mondi e culture altre, più vaste.

Il nostro lavoro è nato dal bisogno di confronto tra adulti che lavorano in luoghi diversi, utilizzano spesso

linguaggi diversi ma condividono la stessa finalità educativa.

Accogliendo la riflessione di una collega che ha partecipato nella fase iniziale del lavoro, si può ben

sintetizzare questo percorso:

“Il modo con cui gli ‘esperti’ si mettono a disposizione della Scuola può favorire “la base sicura” per

consentire la riattivazione di qualità empatiche e riflessive degli insegnanti facendone alleati importanti e

imprescindibili per l’inserimento famigliare e sociale dei bambini adottati.

Un’esperienza di formazione tra colleghi può restituire agli insegnanti l’interesse per il lavoro che svolgono,

può prefigurare maggiori alleanze in uno spirito di gruppo che li sostenga nella loro importante e complessa

professione.

Un tempo e un luogo in piccoli gruppi di discussione possono favorire una comprensione a più voci del modo

con cui allievi con “storie speciali” e insegnanti che “le ascoltano”, cercano di dare voce a sentimenti

incrociati degli alunni e propri, stati d’animo che vanno nominati e identificati, perché possano essere

accolti e gestiti.

Il punto di vista condiviso sulla soglia tra insegnanti, alunni, genitori, equipe adozioni, enti internazionali,

dovrebbe procedere con una modalità di restringimento e ampliamento di campo a seconda dei vertici

osservativi, e consentire alla Scuola di formulare la propria proposta educativa, quella che riterrà più

adeguata rispetto alla situazione emergente”3. (Paola Ruggenini Sartori)

3 Paola Ruggenini Sartori “Lo spazio ascolto a scuola. Un’esperienza di ricerca-azione” Zambianchi E., Sartori Ruggenini P., Lazzarin M.G. Liguori Editore 2005.

23

Nel lavoro assieme ai docenti, nei gruppi, abbiamo condiviso uno scambio che permettesse di trasformare le

naturali ‘crisi’ professionali in una crescita comune. Lavorare insieme ci ha arricchito perché i diversi punti di

vista sono diventati strumento prezioso attraverso la capacità di pensare e decodificare le situazioni per

scegliere le strade più idonee nel rispetto delle risorse individuali, professionali e territoriali più adatte.

Abbiamo così cercato di costruire sinergie e adottare strategie condivise tra tutti i protagonisti: il bambino e la

sua nuova famiglia, i servizi pubblici e del privato sociale, la scuola.

Nei nostri incontri abbiamo cercato di comporre una rete che ci permettesse di vedere le modalità più

autentiche e buone per andare incontro all’unicità di quel bambino, con l’intento di offrire a questi piccoli un

ambiente facilitante dove possano sperimentare fiducia, si sentano accolti e liberi di amare, giocare, esplorare,

sperimentare, arrabbiarsi ed imparare.

E’ quindi con l’augurio che si possa per il futuro sempre più lavorare insieme, collaborare e costruire

soluzioni creative e facilitanti per questi bambini, che condividiamo e mettiamo a disposizione alcune schede

operative e strumenti pratici di lavoro.

Il raggiunto protocollo, il lavoro e la partecipazione costante dei docenti sono un segno di questa volontà e di

una precisa scelta integrativa e di costruzione comune che ha caratterizzato l’impegno di questi anni e

condotto alla stesura della presente pubblicazione risultato dell’impegno e della creatività di tutti i

partecipanti e nata dalla relazione e dalla ‘contaminazione’ di molte e diverse professionalità e competenze

adulte e generative.

LE SCHEDE OPERATIVE

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ALLEGATO N°1

INDICAZIONI PER L’ACCOGLIENZA DEL BAMBINO ADOTTATO AL MOMENTO DEL SUO PRIMO INSERIMENTO

(Scuola Primaria) 1) IL PRIMO COLLOQUIO con i genitori (a cura del D.S. e di un Referente per l’Accoglienza) da effettuare preferibilmente, se possibile, prima dell’arrivo del bambino in Italia - Presentazione da parte del D.S. di eventuali offerte formative, dei servizi della scuola e delle attività opzionali. - Consegna, compilazione e discussione del Modulo/Traccia per la rilevazione dei dati del bambino (allegato 1-possibili strumenti di lavoro) Obiettivi: - Conoscere i genitori e il bambino in vista del migliore inserimento - Formulare con i genitori ipotesi sull’eventuale classe di inserimento 2) IL SECONDO COLLOQUIO con i genitori (a cura del D.S. e del Referente per l’Accoglienza) Obiettivi: - Conoscere il bambino attraverso il racconto dei genitori - Valutare con i genitori le proposte del D.S. in merito alla classe di inserimento Punti di attenzione per la scelta della classe: - Evitare, se possibile, trasferimenti del bambino da una classe all’altra - Valutare l’ipotesi di inserimento in un plesso diverso da quello di residenza qualora vi siano le condizioni per un migliore inserimento - Preferire classi con maggiori risorse di flessibilità oraria/organizzativa 3) ISCRIZIONE (a cura della Segreteria) - Consegna modulo iscrizione - Consegna materiale informativo della scuola (POF) 4) IL TERZO COLLOQUIO con i genitori (a cura del D.S. e degli insegnanti della classe di inserimento) Obiettivi : - Valutare i tempi e le modalità del primo inserimento

Punti di attenzione:

- E’ preferibile che l’inserimento non avvenga prima che siano trascorsi almeno tre mesi dall’arrivo del bambino in Italia a meno che non ci sia una indicazione precisa legata alla particolare situazione - Preferire tempi più ridotti per il primo mese di frequenza scolastica (per es. no pomeriggio, no mensa) - Prevedere l’organizzazione di attività flessibili che permettano al bambino di fare pause brevi, ma frequenti, durante le ore di lezione - Per le prime interazioni con il bambino, preferire frasi semplici assicurandosi che ne abbia compreso il significato - Non sovraccaricare il bambino con troppe domande

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ALLEGATO N°2

1° COLLOQUIO CON I GENITORI (AL MOMENTO DEL PRIMO INSERIMENTO SCOLASTICO)

MODULO/TRACCIA PER L’INSERIMENTO DEL BAMBINO

Cognome..................................................…………………………………………………

Nome.......................................................……………………………………………………

1. Dati personali

data di nascita .................................................................

luogo di nascita ................................................................

Paese d’origine..................................................................

data di arrivo in Italia ....................................……………..

presenza di altri fratelli/sorelle: (barrare) SI NO

se sì,indicare per ciascuno: età; scuola frequentata; classe

...............……………………………………………………………………………………………...……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

2. Storia scolastica del bambino Scuole e classi frequentate nel Paese d’origine

..........................................................................................…………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Caratteristiche del sistema scolastico-educativo del Paese d’origine (Dati reperibili presso Centro Documentazione o presso l’Operatore di riferimento dell’Ente)

� inizio e fine anno scolastico ....................................................………………………… � età d’ingresso nella scuola elementare......................................………………………. � tempo scuola: n°ore al giorno: ..........; frequenza pomeridiana: SI NO; n° giorni di frequenza settimanale:…………………………….........................…………………... � numero medio di alunni per classe ................ � numero dei docenti che operano su ogni gruppo/classe ..................

Caratteristiche della giornata scolastica

……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Discipline scolastiche studiate

.............................................................……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Principali aspettative della famiglia relativamente all’inserimento nella nostra scuola:

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………...................................................................................

Richiedere, se esiste, la scheda di valutazione rilasciata dalla scuola frequentata.

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3. Altre informazioni Persone delegate all’accompagnamento e al ritiro del bambino da scuola (grado di parentela/tipo di rapporto)

………………………………………………………………………………………………………..

………………………………………………………………………………………………………..

Eventuali ulteriori aspetti da tenere in considerazione (paure, timori, difficoltà…)

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………...................................................................................…………………………………………………………………………………………………………

Eventuali problemi di salute e/o legati all’alimentazione

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

4. Lingua d’origine

……………………………………………………………………………..

grado di conoscenza (scritto/orale)

……………………………………………………………………………………………………

5. Altre lingue conosciute

………………………………………………………

Grado di conoscenza (scritto/parlato)

6. Conoscenza della lingua italiana Il bambino la capisce: (barrare) SI NO POCO ABBASTANZA

Il bambino la parla: (barrare) SI NO POCO ABBASTANZA

7. Interessi particolari ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………................................................................................... 8. Valutazioni relative alla scelta della classe nella quale operare l’inserimento Si dovrà valutare:

� l’inserimento nella classe corrispondente all’età o nella classe precedente, con le dovute motivazioni; � l’eventuale proposta di periodici e programmati inserimenti in una classe inferiore a quella di iscrizione, al fine di favorire il consolidamento dei primi apprendimenti, soprattutto linguistici.

9. Aspetti da tener presenti al momento dell’inizio della frequenza scolastica Si dovrà valutare la tipologia di orario più adeguata a facilitare l’inserimento del bambino nel primo periodo di scuola e la durata di tale primo inserimento.

Ipotesi:

� Solo tempo antimeridiano � Pranzo a casa e rientro a scuola nel pomeriggio � Solo un pomeriggio o eventuale numero di pomeriggi proponibili � Altro………………………………………………………………………………

28

ALLEGATO N°3

INDICAZIONI PRATICHE: meglio evitare/preferire

� Avere un approccio esclusivamente positivo: “sei stato fortunato ad avere due mamme e due

papà”;

� Effettuare eccessive semplificazioni sulla storia del bambino;

� I bambini adottati non vivono la diversità come valore positivo; amerebbero, infatti condividere

con i propri compagni, la normalità. Avvicinarsi al tema della diversità richiede delicatezza e

sensibilità, non considerando la diversità con l’occhio dell’adulto e quindi come risorsa

scolastica ma con il bisogno del minore che non ama sentirsi speciale e pertanto diverso.

� L'adozione ha una rilevanza sociale ma questo non deve farci dimenticare che la storia del

bambino è privata e va tutelata. Prima di toccare la storia del proprio alunno è opportuno che

l’insegnante verifichi con la famiglia la modalità e quanto il bambino è pronto a condividerne

aspetti dolorosi. Sta solo al bambino parlarne o non parlarne.

� Il linguaggio può alimentare i molti pregiudizi che ruotano intorno all’adozione:

� genitore vero o naturale, rimanda all’idea che ci possano essere genitori finti o

artificiali. Preferiamo parlare di genitori biologici o di nascita.

� figlio naturale rimanda all’idea che possano esserci figli innaturali. Preferiamo parlare

di figli biologici

� Riflettiamo su quei termini che, spesso inconsciamente, rischiano di stigmatizzare:

� parlare per esempio di figlio illegittimo fa ricadere su di lui la causa delle circostanze

della sua nascita. E’ un termine ormai andato in disuso

� parlare di bambino difficile o non facilmente adottabile danneggia la già precaria

fiducia in sé che il bambino sente. Il bambino difficile è un bambino portatore di

bisogni speciali

PROGETTI FLESSIBILI Centrati sul bambino piuttosto che sulla storia familiare, potrebbe non conoscerla o confondere il

bambino, potrebbe chiedersi: quale storia, quella di prima o quella di adesso?

Ci sono davvero molti modi alternativi di raccontare la storia in classe senza esporre il bambino ad un

disagio ingestibile:

• “Raccontate tre eventi passati della vostra vita da quando eravate più piccoli ad ora”

• “Descrivete un evento importante della vostra vita”

• “Raccontate qualcosa di bello che vi è successo

• Portate il Vostro oggetto preferito di quando eravate più piccoli.

( Evitando di chiedere: Ciucci, vestitini da neonato o ecografie)

29

• Fotografate i bambini il primo giorno di scuola e a fine anno scolastico, il confronto

da già un effetto storico: “Prima – Dopo” in cui c’è un tempo trascorso, ma trascorso assieme e dove

anche il bambino adottato si sente di appartenere.

• Evitate di chiedere al bambino di disegnarsi nella pancia della mamma, potrebbe chiedersi in quale

pancia, quella di una mamma colorata o bianca?

QUINDI ALCUNE BUONE PRASSI POTREBBERO ESSERE:

• Avvertire preventivamente la famiglia di quello che sarà fatto.

• Rispettare il desiderio dei bambini di raccontarsi o di non raccontarsi.

• Mantenere i progetti sul tempo in modo flessibile.

• Se sono più grandicelli e stranieri chiedere loro se vogliono o meno il mediatore culturale.

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ALLEGATO N°4

COME AFFRONTARE LA STORIA PERSONALE IN CLASSE Uno dei momenti più delicati nel rapporto tra scuola e famiglia è senza dubbio quello nel quale in classe

viene affrontata la storia personale; i timori dei genitori sulle reali capacità di accoglienza e flessibilità degli

insegnanti trovano, infatti, in questo frangente un riscontro diretto positivo o negativo.

Spesso le testimonianze dei genitori adottivi, riportate nei libri sull’adozione, raccontano esperienze negative

dove la scuola appare non adeguatamente preparata a cogliere le esigenze specifiche dei bambini adottati.

L’aspetto di maggiore criticità nella scuola è la poca flessibilità, riscontrabile anche in molti libri di testo, nel

parlare della famiglia, presentata ancora con le caratteristiche dello stereotipo tradizionale.

In realtà nella società attuale non esiste una sola famiglia, esistono tanti tipi di famiglia: famiglie

monoparentali, famiglie cosiddette allargate…

C’è ancora bisogno di superare l’immagine statica e predeterminata della famiglia e avvicinarsi all’idea che

ogni bambino sia portatore di una sua storia personale unica e irripetibile.

Solo attraverso un dialogo di collaborazione tra scuola e famiglia, di reciproca conoscenza e fiducia è

possibile avvicinarsi al bambino in atteggiamento di reale ascolto.

Gli insegnanti possono aiutare la famiglia a cogliere alcune sfumature del vissuto quotidiano del bambino

perché vivono con lui gran parte della giornata ed entrano in contatto con comportamenti ed atteggiamenti

rivelatori dei suoi sentimenti, dei suoi vissuti, dei suoi timori…

I genitori d’altra parte possono essere preziosi per gli insegnanti nel fornire informazioni utili per prevenire

eventuali disagi e comprendere meglio la storia del bambino.

Questo dialogo si dovrebbe realizzare anche nella definizione di un percorso educativo flessibile basato su

obiettivi condivisi che si deve riflettere necessariamente anche nella metodologia usata a scuola quando si

parla di storia personale dei singoli bambini.

Il primo passo per rispettare tutti i bambini che hanno una storia familiare “non lineare”- adozione, affido,

separazione e divorzi, morte di uno dei genitori…- è evitare perciò l’uso di schemi e questionari fissi che

possono non adattarsi alla storia familiare di un bambino facendolo sentire a disagio e diverso.

E’ necessario lasciare spazio al bambino di parlare e rappresentare la propria famiglia rispettando il suo

desiderio di raccontarsi, di raccontarsi “parzialmente” o non raccontarsi affatto.

Si può chiedere ai bambini di fare liberamente in gruppo una lista di differenti tipi di famiglie, facendo fare

poi il ritratto della famiglia e che cosa significa per loro, con disegni, pitture, sculture. Con questi tipi di

lavori si potrebbe iniziare anche un percorso sui tipi di famiglie e sui modi differenti in cui sono formate.

Questo serve per tutti i bambini, s’introducono parole e relazioni nuove, si comprende il proprio posto

all’interno della famiglia.

Le modalità didattiche per affrontare la storia personale e la famiglia nella scuola primaria sono ormai molte e

collaudate e segnano il passaggio dall’uso dell’albero genealogico “preconfezionato” alla foresta, dove ogni

albero è flessibile, con tante radici e centrato sul bambino piuttosto che sulla famiglia.

Prendiamo in esame brevemente alcuni esempi:

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La mia casa

Nel periodo prima dell’entrata nella scuola dell’infanzia, fino ai quattro cinque anni, per una

bambina ”famiglia” può significare le persone che vivono in casa con lei e che lo accudiscono.

Preparare il disegno di una casa vuota e chiedere al bambino di riempirlo non sempre può essere

adeguato poiché ci sono bambini ai quali una casa non basta: bambini adottati, in affidamento, figli

di genitori separati…ecc.

Bisogna allargare l’attività prevedendo la possibilità per un bambino di disegnare più case.

Le persone importanti della mia vita

Il bambino potrebbe volere altro “spazio” dove inserire le persone che, anche se non vivono con lui, fanno

parte dei suoi affetti (zii, nonni, baby- sitter, maestra, allenatori…). Offrire la possibilità di disegnare persone

alle quali si vuole bene senza l’etichetta “famiglia”, può essere una modalità didattica molto efficace.

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L’albero dell’amore

z L’immagine dell’albero si può trasformare chiedendo al bambino di disegnare una chioma dove collocare

tutte le persone che occupano un posto speciale nel suo cuore e nella sua vita. Il disegno naturalmente non è

fornito dall’insegnante come schema da riempire ma è interamente e liberamente disegnato e realizzato dal

bambino.

La ruota della vita

Al centro di tanti cerchi concentrici viene posto il bambino con un disegno, una foto attuale, il nome o

qualcos’altro che lo possa rappresentare. Negli spazi circolari più ampi il bambino può scrivere i nomi delle

persone per lui importanti. Anche questa proposta non è già preparata dall’insegnante, ma il bambino deve

poter disegnare tanti cerchi quanti preferisce.

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L’albero dei ruoli Un lavoro molto simile al primo prevede stavolta che il bambino riconosca il ruolo delle persone che gli

stanno vicino nella sua vita quotidiana e che “ si prendono cura di me”.

L’autobiografia

Raccontare se stesso, la propria vita vissuta è facile per un bambino o un ragazzo che ha ben chiaro tutto il

percorso della sua vita ma per tutti gli altri, adottati, che vivono in una famiglia non tradizionale o orfani di

uno dei genitori, si tratta di un compito difficile che può creare estremi disagi. Cosa fare allora? Si può

chiedere al bambino o al ragazzo di raccontare un anno preferito o più anni che includano più avvenimenti

significativi per lui. Ciò che è importante anche qui è non scegliere per lui, ma rispettare il percorso interiore

della costruzione del suo sé.

Il Mandala

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Ogni spazio va colorato con un colore diverso e indica una persona importante e significativa. Al centro si fa

mettere al bambino il proprio colore preferito come simbolo che lo rappresenta.

ALTRE POSSIBILI STRATEGIE DIDATTICHE

SCATOLA personale di ogni bambino da decorare e poi da riempire con oggetti personali legati a momenti

importanti del passato del bambino. Questa strategia permette al bambino di scegliere con cosa “riempire” la

scatola e, nel momento dell'esposizione agli altri del contenuto, lo lascia libero di parlare senza forzarlo verso

aspetti del suo passato che potrebbero risultare ancora delicati.

STORIA “SCOLASTICA ”: non si parte da sé, ma dai ricordi collettivi dell’anno scolastico precedente.

Quindi i racconti, le foto, i disegni non riguardano il privato familiare, ma i momenti di classe vissuti.

Qualora il bambino sia arrivato da poco nella classe, si potrà aspettare qualche mese e partire

successivamente, esaminando la vita della classe dal momento dell'arrivo del nuovo alunno.

STRISCIA DELLA VITA : questa tecnica consiste nella costruzione di una striscia di cartoncino che

rappresenta il trascorrere del tempo nella vita dell'alunno. Nella fase iniziale è importante lasciare massima

libertà a tutti i bambini permettendoli liberi d’inserire ciò che desidera. È preferibile usare disegni o brevi

frasi piuttosto che le foto.

IL FIORE (albero genealogico alternativo): disegnare un disco con al centro il nome del bambino. Disegnare

attorno al disco, altri settori distribuiti ad anello. Un settore può essere per i genitori, uno per i nonni, uno per

i fratelli e le sorelle, uno per gli zii, cugini ecc…. ma anche per le persone importanti della propria vita. Ciò

che è importante è non mettere etichette ai petali definendo cosa inserire e permettere di completare in più

momenti i petali, lasciando il fiore libero di arricchirsi di petali seguendo l'evoluzione emotiva ed affettiva del

bambino. Un'idea potrebbe essere anche quella di utilizzare come petali dei grandi post-it che possono essere

facilmente spostati e aggiunti. Qualche petalo potrebbe anche restare vuoto e qualche altro riempirsi a

sorpresa anche con il nome della madre biologica o di qualche figura significativa della famiglia affidataria.

GIOCHI E LAVORI DI GRUPPO CON LA CLASSE

“LE DIVERSE REALTA’ ”

Preparare con i bambini una ricerca sulle diverse realtà di vita quotidiana esistenti al mondo.

Paragonare una loro giornata-tipo a quella, per esempio, di un bambino africano.

Si dovrà giungere con i bambini alla conclusione che certi stili di vita nascono da alcune necessità.

“L’ADOZIONE INTERNAZIONALE E LA MULTIRAZZIALITA’”

Fate immaginare ai bambini di trovarsi in un paese completamente diverso dal loro, in una scuola in cui non

capiscono la lingua parlata e appena inseriti in una nuova realtà familiare per es. “sei appena stata adottata da

una famiglia di marziani e adesso ti trovi in una scuola su Marte”Quali sensazioni provano? Come reagiscono

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alle difficoltà? Tendono a isolarsi o a cercare nuove amicizie? E’ più faticoso entrare a far parte della nuova

famiglia o della realtà scolastica?

C’è nostalgia del proprio paese, ma anche la voglia di inserirsi al più presto nella nuova realtà per

“dimenticare” il passato. Chiedere se è giusto che questo accada per es. “Vorresti dimenticare l’Italia, dove

sei nata e vissuta qualche anno?”

Se un giorno l’insegnante della scuola di Marte le chiedesse di parlare della sua storia, del suo paese, la

aiuterebbe a stare meglio?

“IL TUNNEL ”

Divisi in squadre i bambini attraversano un tunnel e si ritrovano in una realtà diversa dalla loro. Per esempio

si ritrovano nel mare, nella giungla...

Ogni squadra con la sua maestra-capo deve organizzare un pranzo con ciò che hanno.

L’obiettivo è passare il concetto che i bisogni dei bambini sono uguali in tutto il mondo, semplicemente

utilizzano modi diversi per soddisfarli.

Compito: Festeggiare la mamma o il papà. Deviazione: I progetti per questi giorni speciali escludono i bambini con genitori divorziati o famiglie

monoparentali.

Raggiungere l'obiettivo: Il progetto allargato include ogni donna o uomo che il bambino conosce. O celebrate

una Festa della Famiglia o dell'Affetto Reciproco su temi come "ringraziare qualcuno che si occupa di noi" o

"come esprimere interesse per gli altri".

Gli insegnanti hanno bisogno di utilizzare il linguaggio dell'adozione in modo appropriato e sentendosi a loro

agio. Devono essere preparati a trovarsi di fronte a bambini e adulti che usano un linguaggio inappropriato...

quelli che fanno domande come: "Perché sua madre l'ha abbandonato?" oppure "Chi è la sua vera madre?".

Compito: Portate una vostra foto da neonati. Deviazione: Ciò esclude i bimbi che possono non avere le loro foto da neonati-figliastri o bambini adottati,

immigrati. Se l'obiettivo è paragonare la foto da neonato con il bambino di oggi, i bambini che sono una

minoranza visibile sono eliminati presto dal divertimento.

Raggiungere l'obiettivo: Per illustrare la crescita e il cambiamento, portare una foto di quando il bambino era

più giovane o più piccolo. Per descrivere un bambino, fate usare qualcos'altro per dirci di più su di lui/lei, un

libro, un cucciolo, un premio. Per testare le abilità di ragionamento (indovina chi è?), portate un'immagine di

qualcuno che conosciamo tutti; o descrivi te stesso con tre indizi, aggiungendone uno ogni volta finché

qualcuno indovina.

Compito: Disegnate il vostro albero genealogico. Deviazione: Questo albero dà per scontato che i bambini vivano con le loro famiglie di origine, o che

conoscano le loro radici familiari. Il consueto albero genealogico prestampato non accoglie le diverse

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strutture familiari, spazi vuoti per una famiglia con una madre e un padre, ma nessuno spazio per figli adottati

o famiglie adottive o altre configurazioni. I figli di tali famiglie sono fatti sentire diversi.

Raggiungere l'obiettivo: Gli insegnanti che hanno riformulato il diagramma tradizionale dell' albero per

accogliere nuove forme di famiglia, hanno prodotto Cespugli Genealogici, Foreste Familiari, Pioppi

Genealogici, Alberi dell' Amore (con i frutti a forma di cuore), Albero Affettivo, Alberi Radicati (gli antenati

di nascita sono radici, i rami sono adottivi o patrigno o matrigna), e Cespuglio di Peonia (crescono fianco a

fianco).

Oppure potreste abbandonare la metafora dell'albero e provare la Ruota dell'io (bambino al centro, parenti

intorno in circoli raggruppati) o La Mia Casa (schema della casa con la gente all'interno) o un diagramma con

simboli per le persone e linee che mostrano le relazioni.

Chiedete ai bambini di fare liberamente in gruppo una lista di differenti tipi di famiglia; offrite una varietà di

alberi, o fate inventare a loro stessi il loro diagramma. Fatelo diventare un progetto innovativo: fate fare agli

alunni il ritratto della famiglia e che significa per loro, in disegni, pittura, o scultura. Usate i lavori finiti per

far partire la discussione sui tipi di famiglie e sui differenti modi in cui si sono formate. Dedicate uguale

spazio a tutti i tipi di famiglia, evidenziate che, in tutto il mondo, pochi bambini crescono in famiglie

nucleari. Comprendete famiglie estese, adottive, con figli di un partner, e di un solo genitore.

Questi obiettivi possono introdurre parole e relazioni, per capire il proprio posto nella famiglia e la storia

familiare, o per studiare da dove sono arrivati i propri antenati. Il compito sull' albero genealogico non ha

bisogno d'essere evitato, può diventare un' opportunità per una lezione sulla crescita della famiglia.

Compito: Raccontate la storia della vostra famiglia; portate un oggetto speciale per la vostra famiglia.

Deviazione: Il vostro obiettivo potrebbe essere costruire autostima. Questo compito potrebbe ritorcersi

contro il bambino adottato che si sente sempre più diverso dagli altri sentendo le storie familiari dei suoi

compagni. Se poi gli oggetti familiari includono foto di neonati o tradizioni familiari, un bambino a cui

mancano troverà difficile partecipare.

Raggiungere l'obiettivo: Ampliate le opzioni e lasciate che gli alunni portino animali, uniformi sportive,

hobby, qualcosa di importante per loro e a cui sono legati.

Compito: Scrivi la storia della tua vita includendo due esperienze significative.

Deviazione: Un bambino con una storia sconosciuta o difficile potrebbe non riuscire a scrivere la sua

storia. Considerate la sfida che rappresenta per un bambino che ha subito abusi in un orfanotrofio. Il

desiderio di schermare memorie dolorose potrebbe entrare in conflitto con il desiderio di essere onesti.

Raggiungere l'obiettivo: Offrite alternative e scrivete una biografia di una figura storica in prima persona;

scrivete un racconto di un avvenimento della vostra vita; raccontate un' esperienza scolastica che vi è

piaciuta.

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ALLEGATO N°5

LA NORMATIVA SULL’ADOZIONE: PRINCIPI, TUTELA E SIGN IFICATI Negli ultimi decenni il sistema legislativo sia nazionale che internazionale ha posto al centro della normativa

in materia adottiva il bambino e i suoi bisogni .

Regolamentare la materia adottiva da un punto di vista giuridico è complesso, sia perché i fattori che

intervengono all’interno di ogni storia adottiva sono molteplici, sia per i continui mutamenti del panorama

socio -culturale di riferimento dei vari paesi coinvolti.

In tale complessità lo sforzo delle diverse istituzioni protagoniste è stato quello di fissare alcune coordinate

legislative che tutelino i bambini ed i ragazzi orientando le scelte e gli interventi più appropriati:

LEGGI CHE REGOLANO L’ADOZIONE NAZIONALE La legge n°184 del 04/05/1983 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” La legge n°149 del 28/03/2001 “Modifiche alla l. 184/83 disciplina dell’adozione e dell’affidamento Minori”

LEGGI CHE REGOLANO L’ADOZIONE INTERNAZIONALE La Convenzione dell’Aja del 29/05/1993 “Tutela minori, cooperazione in materia di Adozione Internazionale” La legge 31/12/1998 n°476 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja”

ADOZIONE NAZIONALE: PRINCIPALI DIRITTI TUTELATI DAL SISTEMA LEGISLATIVO A partire dalla Legge 184 del 4 maggio 1983, modificata e aggiornata con la Legge del 28 marzo 2001, n. 149, lo Stato Italiano ha disciplinato l’adozione e l’affidamento dei minori stabilendo i seguenti diritti e principi: ► Diritto del minore ad essere amato e cresciuto nella propria famiglia; ► Diritto a una speciale protezione da parte dello Stato che dovrà attivare tutte le possibili soluzioni per il maggior interesse del minore; ► Il bambino che risulta abbandonato e senza alcun parente idoneo a prendersi cura di lui ha diritto ad una nuova famiglia, quella adottiva; ►Il diritto del minore a vivere, crescere, essere educato nell’ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto dell’identità culturale del minore, ► Regolamentazione dell’iter che porta un bambino ad essere dichiarato adottabile; ► Regolamentazione dell’iter che porta le coppie ad essere idonee a divenire genitori adottivi.

ADOZIONE INTERNAZIONALE: PRINCIPALI DIRITTI TUTELAT I DAL SISTEMA LEGISLATIVO

In materia di adozioni internazionali, lo Stato italiano attraverso la legge n. 476/98 ha ratificato ed eseguito la Convenzione de L’Aja, stipulata il 29 maggio 1993, garantendo e disciplinando i seguenti diritti e principi: ► L’interesse superiore del minore nel rispetto dei suoi diritti fondamentali, così che siano evitate la sottrazione, la vendita e la tratta dei minori; ► Diritto a una speciale protezione da parte dello Stato che dovrà attivare tutte le possibili soluzioni per il maggior interesse del minore; ► Il principio di sussidiarietà per cui l’adozione internazionale è rivolta solo a quei bambini che non trovano accoglienza in una famiglia nel loro Paese di origine; ►La cooperazione tra lo “stato d’origine” del bambino adottivo, e lo “stato di accoglienza” della coppia disponibile, in modo che le procedure legislative e il modus operandi di entrambe siano armonizzate, uniformi, corrette e trasparenti, e siano svolte in modo da realizzare il superiore interesse del minore; ► La designazione di un’Autorità Centrale (CAI) che svolga i compiti che le sono imposti dalla Convenzione con funzioni di raccordo tra le istituzioni coinvolte nel percorso di adozione. Tale Autorità abilita e riconosce gli Enti Autorizzati come tramite ufficiale con lo stato d’origine per permettere alle coppie aspiranti all’adozione internazionale di portare a termine il loro progetto e vigila sull’operato degli stessi; ► L’autorizzazione per l’ingresso dei minori stranieri nel nostro Paese.

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QUADRO NORMATIVO GENERALE DEL PERCORSO ADOTTIVO La scuola rappresenta per tutte le famiglie, sempre di più, il “banco di prova” su cui sperimentare la propria

identità sociale, le proprie competenze e capacità relazionali. Per le famiglie adottive questa sfida è

caratterizzata da aspettative ancor più elevate. Per aiutare l’insegnante a comprendere le eventuali ansie e

timori generate da queste attese, può essere utile avere un quadro normativo generale dei complessi e spesso

faticosi percorsi, che i bambini e i genitori hanno attraversato prima dell’inserimento scolastico.

VERSO L’ADOTTABILITA’

Il percorso che il bambino affronta prima della

dichiarazione d’adottabilità

COSA DICE LA LEGGE

I principali articoli di legge che regolamentano il percorso del bambino verso la dichiarazione di adottabilità

1

Emerge una situazione di disagio

“Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia” (principio di residualità).

“Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere d’ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto”

Art. 1 comma 1 e 2 L. 184/83 con modiche L. 149/2001

2

Progetto Quadro dei Servizi per la tutela del

minore ed il sostegno della famiglia

“Lo stato le regioni, e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, sostengono con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia.”

Art. 1 comma 3 L. 184/83 con modiche L. 149/2001

3

Segnalazione al TM

In base alla gravità della situazione i servizi segnalano al TM in riferimento alle seguenti leggi:

• Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo - New York 1989, ratificata dall’Italia con Legge 27 maggio 1991 N. 176 , artt. 1-43

• Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli - Strasburgo 1996, ratificata dall’Italia con Legge 20 marzo N. 77, artt. 1-15

• Costituzione Italiana, artt. 2, 3, 13, 24, 29-32, 111

4

Attivazione provvedimenti temporanei del TM

Alcuni esempi:

• Affido ai servizi, • Richiesta indagini psicosociali, • Prescrizioni ai genitori, • Provvedimenti sulla potestà genitoriale

Artt. 1-43, L. 27 maggio 1991 N. 176

39

5

Segnalazione dello stato di abbandono del minore

Il tribunale dei Minori provvede all’immediata apertura di un procedimento relativo allo stato di abbandono del minore dispone gli accertamenti più approfonditi cui possono partecipare anche i genitori, dispone ogni opportuno provvedimento provvisorio nell’interesse del minore ivi compreso il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, la sospensione della potestà dei genitori sul minore, la sospensione dell’esercizio delle funzioni del tutore e la nomina del tutore provvisorio.

Art. 10, L.184/83 con modifiche L.149/2001

6

Dichiarazione di adottabilità

Sono dichiarati in stato di adottabilità dal TM del distretto dal quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio”.

Art. 8, L. 184/83 con modifiche L.149/2001

7

Possibili ricorsi della famiglia d’origine

Il pubblico ministero, i genitori, i parenti indicati, il tutore, possono proporre il ricorso avverso il provvedimento dello stato di adottabilità dinanzi allo stesso tribunale che lo ha pronunciato, entro 30 giorni dalla notificazione. Inoltre è ammesso il ricorso, in primo luogo dinanzi alla sezione per i minorenni della corte d’appello, e in secondo luogo per Cassazione entro i 30 giorni dalle rispettive notificazioni.

Art. 17, L. 184/83 con modifiche L.149/2001

8

Abbinamento del minore con la famiglia adottiva

Il TM sceglie fra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.

Art. 22, L. 184/83 con modifiche L.149/2001

9

Affidamento pre – adottivo

Il TM dispone l’affidamento pre – adottivo e ne determina le modalità, ne vigila il buon andamento direttamente o avvalendosi del giudice tutelare e dei servizi locali.

Art. 22, L. 184/83 con modifiche L.149/2001

10

Dichiarazione di adozione

Il TM, decorso un ano dell’affidamento, provvede sull’adozione con decreto motivato in camera di consiglio. Per effetto dell’adozione l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti dei quali assume e trasmette il cognomi.

Artt. 25 e 27, L. 184/83 con modifiche L.149/2001

40

VERSO LA GENITORIALITA’

ADOTTIVA

Il percorso che i futuri genitori affrontano prima del decreto di adozione

COSA DICE LA LEGGE

I principali articoli di legge che regolamentano il percorso affrontato dalla coppia per divenire genitori adottivi

1

I parte

Fase di informazione – sensibilizzazione

Le Equipe adozioni delle ULSS del territorio organizzano colloqui informativi e la prima parte dei corsi di gruppo di informazione e sensibilizzazione indispensabili all’adozione sia nazionale che internazionale, della durata minima di 12 ore.

Protocollo regionale operativo per le adozioni nazionali ed internazionali (2008) attuazione dell’art.39 bis comma 1 lett.c) L.

184/83 con modifiche L. 476/98

1

II parte

Fase di informazione – sensibilizzazione

Gli Enti amministrativi autorizzati all’adozione internazionale organizzano colloqui informativi e la seconda parte dei corsi di gruppo di informazione e sensibilizzazione, aperti alle coppie interessate all’adozione internazionale, della durata minima di 12 ore.

Protocollo regionale operativo per le adozioni nazionali ed internazionali (2008) attuazione dell’art.39 bis comma 1 lett.c) L.

184/83 con modifiche L. 476/98

2

Domanda di disponibilità all’adozione

Le coppie presentano la domanda di disponibilità all’adozione nazionale e/o internazionale al TM.

Protocollo regionale operativo per le adozioni nazionali ed internazionali (2008), attuazione dell’art.39 bis comma 1 lett.c) L.

184/83 con modifiche L. 476/98

3

Studio di coppia

Il TM entro 15 giorni dal recepimento della domanda, incarica l’Equipe adozione del territorio di acquisire “elementi sulla situazione personale, familiare e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro ambiente sociale, sulle motivazioni che le determinano, sulla loro attitudine a farsi carico dell’adozione, sulla loro capacità di rispondere in modo adeguato alle esigenze di più minori o di uno solo, sulle eventuali caratteristiche particolari dei minori che essi sarebbero in grado di accogliere, nonché acquisizione di ogni altro elemento utile per la valutazione da parte del TM della loro idoneità all’adozione.”

L’Equipe adozioni ha 4 mesi di tempo per eseguire lo studio di coppia e redigere la relazione psicosociale.

Art. 29 bis, L. 184/83 con modifiche L.149/2001

4

Colloquio con il giudice onorario del TM

La coppia ha un colloquio con il giudice onorario per fornire al tribunale ulteriori elementi a completamento della relazione.

Protocollo regionale operativo per le adozioni nazionali ed internazionali (2008), attuazione dell’art.39 bis comma 1 lett.c) Legge

184/83 con modifiche Legge 476/98

41

5

Adozione nazionale

Inserimento della coppia nella banca dati del TM

Non è prevista l’emissione di alcun decreto, la coppia rimane in attesa di una proposta di abbinamento direttamente dal TM, la domanda viene inserita in una banca dati di nominativi di coppie aspiranti all’adozione. Spetterà al collegio del TM decidere se la coppia ha i requisiti corrispondenti alle esigenze di quel minore per realizzare il miglior abbinamento possibile per quel minore; solo in quel momento la coppia verrà contattata e le verranno date tutte le informazioni utili sulla situazione. Di conseguenza si può verificare la possibilità che la coppia non venga mai chiamata.

Art. 22 comma 5 L. 184/83

5

Adozione internazionale

Emissione decreto di idoneità

Il TM decide sull’idoneità o la non idoneità dei coniugi ad adottare ed emette il relativo decreto. La coppia entro un anno dovrà incaricare un Ente autorizzato, liberamente scelto, ad accompagnarla nel percorso adottivo internazionale.

Art. 30 e 31 L. 184/83

IL TEMPO DELL’ATTESA

A seguito dell’inserimento delle coppie nella lista del tribunale dei minori, nell’adozione nazionale, e del conferimento dell’incarico all’Ente , nell’adozione internazionale, per le coppie si apre il periodo dell’attesa. Questo tempo è difficilmente prevedibile con esattezza ed è soggetto a numerose variabili che intervengono a prolungarlo: nell’adozione nazionale ad esempio il numero di domande presentate è superiore a quello dei bambini dichiarati adottabili; nell’adozione internazionale ad esempio le diverse normative degli stati esteri rispetto alle nazionali, i mutamenti politici o i mutamenti socio-economici del paese d’origine. L’attesa è per le coppie un periodo difficile perché le speranze e i desideri di genitorialità sono accompagnate da ansie e timori dovuti all’incertezza che caratterizza questa fase. Proprio per questo le Equipe adozioni, gli Enti autorizzati e le Associazioni di Famiglie Adottive organizzano incontri e percorsi di gruppo per sostenere gli aspiranti genitori adottivi in questa fase, che spesso dura anche anni. Protocollo regionale operativo per le adozioni nazionali ed internazionali (2008), attuazione dell’art.39 bis

comma 1 lett.c) L. 184/83 con modifiche L. 476/98

L’ACCOMPAGNAMENTO POST – ADOTTIVO

Dal momento di ingresso in famiglia del bambino inizia l’anno di affidamento pre – adottivo, nel corso del quale le Equipe Adozioni e/o gli Enti Autorizzati vigilano, accompagnano e sostengono il nuovo nucleo familiare e la sua integrazione familiare e sociale. Nel territorio regionale le Equipe adozioni, gli Enti autorizzati hanno avviato tre modalità di accompagnamento della famiglia adottiva ► Gruppi di sostegno ► Interventi di consulenza/sostegno individuali ► Interventi di integrazione nell’ambiente scolastico rivolti all’inserimento di singoli minori, ma anche alla totalità dell’ambiente scolastico, quali ad esempio percorsi di sensibilizzazione/formazione per docenti Protocollo regionale operativo per le adozioni nazionali ed internazionali (2008), attuazione dell’art.39 bis

comma 1 lett.c) L. 184/83 con modifiche L. 476/98:

42

Attraverso la disamina di queste leggi ci è sembrato importante porre all’attenzione il percorso che le coppie

devono fare per arrivare all’adozione: dalla scelta adottiva all’arrivo del bambino e segnalare le leggi

principali che sono divenute pietre miliari nell’ambito del procedimento adottivo, nell’operare quotidiano dei

servizi. Il cambiamento culturale e di attenzione si è spostato ormai completamente sul bisogno/diritto del

bambino di avere una famiglia adeguata ed una adeguata comunità di accoglienza, piuttosto che sul

bisogno/desiderio degli adulti di avere un figlio, a tutti i costi, attraverso l’adozione.

La preparazione delle coppie attraverso i corsi di formazione all’interno dei servizi e gli Enti preposti, il lungo

tempo dell’attesa, l’attività all’interno delle associazioni, hanno portato le coppie ad una maggiore sensibilità e

preparazione. Dopo l’arrivo del bambino questi genitori adottivi sono genitori molto preparati e capaci che

chiedono alla scuola di conoscere e condividere e spesso, giustamente di concordare, sia l’inserimento che i

passi che il loro bambino farà all’interno del mondo scuola. Così andranno decisi insieme i tempi e i modi per

parlare della sua storia a scuola, l’opportunità o meno di una mediazione linguistica, il bisogno aggiuntivo o

meno di sostegno e quant’altro.

La legislazione che regola oggi l’adozione nazionale ed internazionale segna la complessità del percorso

adottivo e la sua connotazione strettamente sociale, legata anche ai percorsi di cooperazione e solidarietà

internazionale. Nel tempo sono cambiati i paradigmi e le tipologie dell’adozione e il bambino che arriva oggi

sia dall’adozione nazionale che internazionale è un bambino sempre più grande, con un bagaglio di sofferenza

e di dolore sempre più forte ed intenso.

I programmi di cooperazione e di aiuti internazionali permettono sempre più che i bambini in difficoltà

possano comunque essere aiutati e rimanere nel loro paese d’origine e che ad arrivare siano bambini ancor più

segnati che non hanno alcuna possibilità di rimanere nel loro paese. L’ingresso di questi bambini nella scuola

richiede quindi maggior attenzione e una preparazione più specifica e per questo anche i nostri stereotipi e

l’approccio verso le diverse culture va ripensato e rimaneggiato.

43

ALLEGATO N°6

PROTOCOLLO D’INTESA tra

la REGIONE VENETO L'UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO LE AZIENDE UU.LL.SS.SS DELLA REGIONE VENETO

IL PUBBLICO TUTORE DEI MINORI DEL VENETO GLI ENTI AUTORIZZATI

L’INSERIMENTO E L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEL MINOR E ADOTTATO

PREMESSO che • Per ogni bambino, ed ancor di più per quello adottato, la scuola rappresenta il luogo elettivo dove egli misura sé stesso, le sue conoscenze ed abilità, ma è soprattutto lo spazio dove costruisce la propria identità attraverso un costante confronto con i coetanei e con gli adulti; • Il bambino adottato ha bisogno di essere integrato in un contesto di vita che è diverso da quello precedente, ha necessità di trovare attorno a sé persone disponibili ad accettarlo con la sua storia e con le sue origini;

• I docenti, desiderosi di affrontare con sensibilità ed efficacia le situazioni più complesse come quella adottiva, chiedono informazioni chiare e strumenti adeguati per fronteggiare i problemi relazionali, comportamentali e le difficoltà di apprendimento, sì da poter disporre di linee-guida affinché il bambino adottato possa positivamente essere integrato nel contesto scolastico; • La Regione Veneto promuove un raccordo sinergico fra tutti gli attori che operano in questo settore: Famiglia, Ufficio Scolastico Regionale, Equipe adozioni delle ULSS, Enti autorizzati per l’adozione internazionale al fine di favorire interventi unitari ed omogenei in tutto il territorio regionale; VISTO il Protocollo Operativo per l'Adozione nazionale ed internazionale 2012-2014,in attuazione dell'art. 39 bis comma 1 lett. c) Legge 184/83 con modifiche Legge 476/98 sul percorso relativo alle Equipe adozioni,Consultori familiari e agli Enti autorizzati in collegamento con il Tribunale per i Minorenni; LE PARTI CONVENGONO E STIPULANO QUANTO SEGUE 1. Al momento dell’iscrizione a scuola del bambino adottato (adozione nazionale ed internazionale), l’Equipe adozioni, o l’Ente autorizzato che accompagna la coppia nel post-adozione, informa la famiglia circa l’opportunità di comunicare la situazione di adozione del bambino al Dirigente della scuola in cui verrà inserito. 2. La scuola si impegna a promuovere un incontro tra famiglia e docenti per la presentazione del bambino al fine di concordare le strategie educative più idonee, prevedendo, se necessario, anche la presenza di un operatore dell’Equipe adozioni o dell’Ente autorizzato. 3. Scuola e famiglia, tenendo conto che l’inserimento a scuola del bambino può avvenire con gradualità, potranno stabilire i tempi ed i modi più adeguati per iniziare la frequenza scolastica, sia sulla base del livello di maturazione psicologica, sociale e relazionale del minore, sia valutando gli elementi desumibili dalla relazione di accompagnamento del minore e con l’eventuale supporto degli operatori che seguono il bambino nel periodo di post-adozione.

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4. Il Dirigente Scolastico, sulla base delle osservazioni degli operatori che seguono il bambino nel percorso di post-adozione, e avvalendosi del parere degli Organi Collegiali e dei docenti competenti, d'intesa con la famiglia, potrà valutare l'opportunità di iscrivere l'alunno alla classe immediatamente precedente a quella corrispondente alla sua età anagrafica. 5. Il Dirigente Scolastico, nell’ambito delle azioni di sostegno e di formazione promosse a livello regionale, favorirà la partecipazione dei docenti a corsi specifici, promossi e svolti in collaborazione con gli Enti coinvolti. 6. L’Ufficio Scolastico Regionale si impegna ad individuare un proprio referente regionale per agevolare la scuola ed i servizi nella progettazione e nel coordinamento congiunto in tutte le attività promosse a favore dei bambini adottati. 7. Al Tavolo di lavoro regionale di coordinamento, di cui all'art. 1.5 del Protocollo Operativo per l'adozione nazionale ed internazionale 2012-2014, in riferimento alle progettazioni e alle azioni specifiche inerenti i contesti scolastici, parteciperà il referente regionale dell'USR. 8. La Regione Veneto promuoverà incontri di monitoraggio e di verifica del presente Protocollo d’intesa tra i Soggetti firmatari, in modo da testarne la validità, l’efficacia e l’efficienza,nonché per apportare eventuali e/o necessari miglioramenti. 9. Il presente Protocollo ha durata triennale dalla data della sottoscrizione. In assenza di formale richiesta di revisione da parte di uno dei Soggetti firmatari si intende tacitamente rinnovato per i successivi tre anni.

ALLEGATO C del Dgr n. 2497 del 29 dicembre 2011

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ALLEGATO N°7

SCHEDE SULLE SCUOLE NEL MONDO

LA SCUOLA IN AFRICA

Punti di attenzione: aspetti critici comuni ai diversi Paesi Africani

Nonostante i progressi compiuti, il sistema dell’istruzione primaria continua a essere caratterizzato da:

� limitato accesso alla scuola

� gravi disparità regionali

� discriminazioni di genere

� impatto dell’HIV/AIDS

� fenomeni quali le siccità periodiche

� conseguenze delle guerre

� inadeguata formazione degli insegnanti e insufficienza di insegnanti.

I tassi d’iscrizione e di frequenza tra maschi e femmine sono fortemente squilibrati tra loro (in tutti i paesi il

tasso di iscrizione e frequenza femminile è inferiore, soprattutto a partire dalla scuola superiore).

Molti sono i motivi che determinano l’abbandono scolastico e che impediscono l’accesso alla scuola:

- rilevanti carenze strutturali (infrastrutture scolastiche e materiali pedagogici insufficienti e degradati;

inadeguata formazione degli insegnanti e insufficienza di insegnanti…)

- distanza tra casa e scuola

- fattori culturali

- matrimoni precoci.

L’ambiente familiare e la comunità non si dimostrano infatti sempre sensibili rispetto all’importanza

dell’istruzione e non ne incentivano la frequenza. Le bambine poi sono impegnate nei lavori domestici e

talvolta il matrimonio precoce le allontana dalla scuola.

La scuola pubblica è notevolmente in crisi a causa:

• del sovraffollamento delle classi (in taluni casi si superano i 50 alunni per classe)

• della scarsa preparazione degli insegnanti

• della mancanza di materiali didattici

In queste condizioni chi ha maggiori possibilità economiche preferisce rivolgersi al settore privato.

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Un aspetto da sottolineare è il problema del rapporto tra lingua ufficiale e lingue regionali: in Etiopia sono

presenti numerose etnie e lingue d’uso. Le lingue principali sono: l’amarico, il tigrino e l’oromo. I bambini

generalmente parlano la loro lingua madre che non sempre viene insegnata nella scuola, nonostante sia

previsto nella nuova riforma della scuola. L’amarico è la lingua ufficiale ed è insegnata a tutti i livelli di

istruzione, così come la lingua inglese, che viene parlata negli istituti pubblici, nelle scuole e dall’esercito.

In Burkina Faso la lingua ufficiale per il sistema scolastico è il francese, così come è di impostazione francese

la strutturazione dei cicli scolastici e la loro definizione. Nella scuola primaria il 56% del monte ore è

dedicato alla sola acquisizione della lingua francese a detrimento di tutti gli altri bisogni formativi.

Esistono tuttavia anche scuole bilingui (francese-lingue nazionali) in via di sperimentazione in 10 delle 13

regioni del Paese. Il sistema bilingue dovrebbe ricreare il legame sociale tra scuola e popolazione.

La lingua officiale della Repubblica del Benin è il francese. Questa rappresenta di conseguenza anche la

lingua d’insegnamento a tutti i livelli scolastici (escluso il primo anno della scuola pre-scolare, in cui

vengono utilizzate le lingue locali).

In genere, in Mali la lingua utilizzata a scuola è il francese, anche se dagli anni ’90 il ministero

dell’educazione sta spingendo per un maggiore utilizzo delle lingue nazionali anche a scuola (introducendo il

francese dalla terza elementare in poi). Il problema è che in Mali le lingue nazionali sono tante e, benché

molto parlate, pochi sanno scriverle. Inoltre nella vita quotidiana (amministrazione, lavoro, etc.) la lingua in

cui vengono scritti tutti i documenti è il francese. Cominciare a impararlo troppo tardi crea diverse difficoltà

ai ragazzi. Il dibattito è aperto e a seconda delle scuole viene privilegiato un sistema pedagogico piuttosto che

un altro.

Il medesimo problema lo riscontriamo anche in Congo, dove la lingua ufficiale è il francese ma i bambini

parlano prevalentemente il Lingala o altre lingue regionali.

Di seguito vengono riportate le caratteristiche dei sistemi scolastici caratteristici dei principali Paesi in cui

sia adotta nel continente africano.

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BENIN

Il sistema scolastico del Benin è organizzato come segue: scuola preprimaria, rivolta ai bambini dai 3 ai 5

anni; scuola primaria, dai 6 i 12 anni; scuola secondaria, (generale, tecnica e professionale) rivolta ai ragazzi

dai 13 ai 19 anni. Segue poi l’iscrizione all’Università Nazionale del Benin.

L’educazione pre-scolare è di massimo 2 anni. Il bambino è ammesso all’età di tre anni e può restarvi fino al

compimento dei cinque. I bambini vengono seguiti da animatori ed educatori.

I tassi di frequenza dell’insegnamento pre-scolare sono piuttosto bassi, tanto che alla fine degli anni Novanta

la percentuale dei bambini che entravano nella scuola primaria ed avevano già frequentato la scuola pre-

scolare era meno del 7%. Le attività presenti sono: vita pratica, educazione alla salute, educazione ritmica/di

movimento, linguaggio, canto, osservazione, educazione sensoriale, pre-matematica, pre-lettura, favole,

filastrocche con i numeri, attività manuali, attività libere, riposo, merenda, bagno e toeletta, lavaggio delle

mani.

L’età prevista per l’insegnamento primario va dai 6 ai 12 anni, eccezionalmente può arrivare ai 14 nel caso lo

studente sia di sesso femminile. È obbligatoria, ma non esiste nessuna reale disposizione normativa che

garantisca l’effettività di questo principio. Le materie di insegnamento secondo i programmi scolastici sono:

francese, calcolo, educazione scientifica e tecnologia, educazione sociale, educazione artistica, canto,

disegno, lavori manuali, laboratorio, racconto, educazione fisica e sportiva, cerimonia dei colori,

programmazione delle attività, ricreazione.

L’obiettivo dell’educazione in Benin è di formare persone sane, equilibrate, istruite, tecnicamente competenti

e dotate di spirito d’iniziativa, affinché possano contribuire efficacemente allo sviluppo del paese nel

consolidamento della democrazia. Negli ultimi anni il Governo ha intrapreso una serie di iniziative per

incoraggiare la scolarizzazione delle bambine e per alleggerire il carico economico dei figli sui genitori,

affinché possano andare a scuola anziché lavorare.

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BURKINA FASO

Il sistema scolastico del Burkina Faso è organizzato come segue: scuola preprimaria, rivolta ai bambini dai 3

ai 6 anni; scuola primaria, gratuita e obbligatoria per maschi e femmine tra i 6 i 12 anni; scuola secondaria,

dai 12 ai 19 anni, divisa in generale e tecnico professionale; l’insegnamento superiore è strutturato in facoltà

universitarie, «grandes écoles» e istituti di formazione di breve durata.

Frequentata da appena l’1% dei bambini in età tra i 3 e i 6 anni, la scuola materna ha come obiettivi lo

sviluppo delle facoltà sensoriali e l’avviamento all’insegnamento primario. Viene inoltre promossa anche per

consentire l’inserimento delle donne nelle attività produttive riducendone l’impegno all’interno della

famiglia. È organizzata secondo un ciclo unico di tre anni, scandito da tre classi: piccoli, medi e grandi.

L’approccio pedagogico è basato sul metodo attivo, con la partecipazione e il coinvolgimento dei bambini in

attività differenti sia personali che di osservazione, riflessione e sperimentazione. Sono 4 e aree fondamentali

per il progetto pedagogico: igiene, psicomotricità, area cognitiva, area socioaffettiva. L’insegnamento

prescolare non è obbligatorio e si impartisce nei «jardins d’enfants» (scuola materna), che si trovano solo in

qualche centro urbano e presso Istituti privati. Le scuole materne sono pertanto in genere frequentate solo

dalle élite, in particolare nelle città.

La scuola primaria è gratuita e obbligatoria per maschi e femmine tra i 6 e i 12 anni. ll curriculum è

organizzato intorno a 7 aree: conoscenze strumentali; ambiente; occupazioni quotidiane; salute, igiene e

alimentazione; educazione sociale e di genere; educazione civica, valori nazionali e diritti umani; attività

fisiche. Le condizioni di apprendimento sono precarie: classi talvolta con più di 100 alunni inducono ad una

didattica autoritaria per la difficoltà di tenere la disciplina in gruppi di queste dimensioni.

Il sistema educativo si propone di trasmettere ai giovani burkinesi sia i valori nazionali che quelli universali

di solidarietà, giustizia, tolleranza e pace. Ogni studente è considerato un’importante occasione di sviluppo

per il Paese, che a tal proposito si sta impegnando nella ricerca di strumenti adeguati allo sviluppo della

creatività e dello spirito d’iniziativa dei suoi giovani.

Le classi della scuola primaria sono caratterizzate da una didattica autoritaria dove non sono escluse le

punizioni fisiche a suon di bacchetta e i “castighi”.

A scuola i bambini devono collaborare alla pulizia e alla decorazione della classe, ma spesso le lezioni si

svolgono all’aperto per la mancanza delle infrastrutture di base. Mancano le mense e talvolta i bambini non

mangiano per l’intera giornata. Non si deve in generale dimenticare che in questi Paesi ci troviamo di fronte a

una concezione differente dell’infanzia: dopo i primi anni di età i bambini sono considerati “piccoli adulti” in

grado di provvedere a se stessi, quando non anche al resto della famiglia.

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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

Il sistema educativo nella Repubblica Democratica del Congo si suddivide in quattro livelli:

1. "Ecole Maternelle" (Scuola Materna): insegnamento prescolare, non obbligatorio.

2."Ecole Primaire" (Scuola Primaria): è obbligatoria, dura 6 anni e accoglie i bambini dai 6 ai 12 anni di età.

3. "Ecole Secondaire" (Scuola Secondaria): si divide in Educazione secondaria Inferiore (4 anni -

obbligatoria) ed Educazione secondaria superiore.

4. "Université et Instituts Supérieurs" (Università ed Istituti Superiori).

L'école maternelle, della durata di tre anni (3-6 anni), è un ciclo non obbligatorio. Essa mira a sviluppare nel

bambino le capacità intellettuali e le attitudini motorie, attraverso il gioco, la manipolazione, gli esercizi di

osservazione, l’apprendimento dell’alfabeto, piccoli esercizi di vocabolario e di logopedia, così come

imparare a contare, disegnare, colorare, etc.

Inoltre, nel corso dei tre anni, il bambino apprende alcune importanti norme sociali, quali l'ordine e il rispetto

delle regole. Fin dai primi anni infatti i bambini vengono educati ad essere ordinati, altruisti, ad aiutarsi l'un

l'altro. I più piccoli imparano a prendersi cura di sé stessi e delle loro cose; ai più grandi si insegna a servire la

collettività, per esempio tenendo a bada la classe.

E' la scuola che contribuisce a dare ai bambini una certa autonomia ed indipendenza, oltre che responsabilità.

Rispetto ai modelli occidentali infatti, in cui i bambini fino ai dieci anni sono considerati dei "piccoli" da

proteggere, in Congo, ma in genere in tutta l'Africa, ai bambini in età precoce vengono affidate mansioni

concrete da svolgere. Inoltre essi vengono lasciati spesso soli a casa, svolgono piccoli lavoretti, mangiano da

soli e soprattutto percorrono il tragitto che va alla scuola (talvolta di chilometri) da soli e a piedi.

Generalmente i bambini sono seguiti da puericultrici e insegnanti di scuola elementare.

Il periodo di école primaire (dai 6 ai 12 anni) fornisce un'educazione di base a tutti i bambini congolesi,

costituendo il percorso obbligatorio e gratuito. Durante l'intero ciclo di scuola primaria, si cerca di offrire ai

bambini le competenze, le conoscenze e i valori fondamentali per poter dar loro la possibilità di continuare

negli studi. Generalmente più del 50% dei bambini che terminano la scuola primaria si iscrivono poi alla

secondaria. In questi sei anni il bambino impara a leggere, scrivere, fare di conto ed acquisisce nozioni

elementari di carattere scientifico, di educazione civica e morale, nonché di educazione fisica ed estetica;

deve inoltre avere un’idea della geografia e i rudimenti della storia nazionale.

Gli insegnamenti dei primi anni vengono impartiti nella lingua locale, in particolare in Lingala o Swahili, a

seconda delle province, per poter dare il diritto allo studio ad ogni bambino del paese. Al fine di non

privilegiare la lingua di un'etnia rispetto ad un'altra, queste vengono quindi integrate con il francese, che a

partire dal quarto anno viene a sostituire le lingue locali. Le discipline principalmente affrontate sono:

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francese, matematica, educazione civica e morale, materie estetiche, materie intellettuali, attività libere,

attività produttive, educazione fisica e sportiva.

La scuola congolese attua una disciplina molto rigida. I metodi di insegnamento, sebbene varino a seconda

del livello, sono per la maggior parte di tipo partecipativo, orientati allo sviluppo individuale del bambino.

Nelle classi della scuola primaria si cerca di dare più enfasi all'apprendimento mediante il gioco o le attività

ludiche, utilizzando i materiali didattici disponibili per illustrare gli esempi.

Il rapporto tra insegnanti ed allievi vige sulla regola del rispetto: l'insegnante gode di una grande stima in

quanto egli è visto come figura sociale allo stesso livello del proprio genitore. Egli, in più, è depositario della

saggezza e della conoscenza.

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REPUBBLICA FEDERALE DEMOCRATICA D’ETIOPIA

In seguito alla riforma iniziata nel 1994, il nuovo sistema prevede 8 anni di scuola primaria gratuita divisi in

due cicli di 4 anni ciascuno. ll ciclo della scuola primaria è diviso in due livelli:

- istruzione di base (primo ciclo, classi 1a - 4a)

� generale (secondo ciclo, classi 5a - 8a).

� seguono 2 anni di scuola secondaria generale, seguiti da altri 2 anni di scuola secondaria superiore

(classi preparatorie al percorso universitario).

L’iscrizione alla prima classe è previsto al compimento dei 7 anni di età, ma l’effettiva età di ingresso a

scuola è in realtà variabile, essendo possibile accedere all’istruzione di base fino ai 16 anni.

L’educazione pre-scolare non è obbligatoria. Solitamente il programma vede coinvolti i bambini dai 4 ai 7

anni. La maggior parte del tempo in classe viene riservato alle attività ludiche, sia nel primo che nel secondo

anno. Vengono impartite ai bambini alcune lezioni sulla lingua, la matematica e altre discipline artistiche

quali la musica, attività artistiche e manufatti. Ampio spazio viene riservato anche all’attività fisica. Molto

spesso le strutture sono gestite da ONG, le quali provvedono alla formazione degli insegnanti e al

reperimento dei materiali didattici.

Nella scuola primaria ogni ora di lezione ha una durata di 45 minuti, in tutte le classi del 1° e del 2° ciclo. I

primi quattro anni (1° ciclo, 7-11 anni) sono finalizzati all’apprendimento delle nozioni di base: leggere,

scrivere e fare di conto. Nel 2° ciclo (11-15 anni) si preparano gli studenti, attraverso un’istruzione generale,

agli studi successivi, tecnici o professionali (classi 5a-6a); le successive classi del ciclo (7a-8a) preparano alla

secondaria inferiore, la cui finalità è di orientare gli studenti alla scuola secondaria superiore.

Nel 1° ciclo della scuola l’amarico è la lingua veicolare, mentre nelle classi successive viene utilizzato

l’inglese. Durante il primo ciclo le materie principali sono: lingua ( lingue madri, inglese, amarico);

matematica; scienze naturali (scienze, fisica, chimica, biologia); scienze sociali; educazione estetica (musica,

arte, educazione fisica). Molto spazio viene riservato alle scienze ambientali, che verranno poi abbandonate

nel corso del secondo ciclo, lasciando posto alle scienze naturali: chimica, biologia e fisica. I libri di testo,

elaborati e forniti dal Ministero, vengono distribuiti uno ogni cinque studenti. La scuola primaria si propone

di offrire una cultura generale che prepari gli studenti all’istruzione secondaria inferiore e superiore, generale

o professionale. Per quanto attiene l’insegnamento delle lingue, viene spesso utilizzato il metodo della

simulazione di situazioni di vita reale, attraverso il coinvolgimento dell’intera classe. Questo tipo di

approccio, oltre a facilitare l’apprendimento della materia, riesce a stimolare la comunicazione e la

socializzazione tra i ragazzi. La disciplina ed il rispetto rivolto agli insegnanti sono di primaria importanza e

vengono applicati anche con metodi autoritari e punizioni corporali all’occorrenza.

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MALI

Il sistema scolastico del Mali è basato su due cicli di base, almeno in teoria obbligatori:

• Scuola primaria (Einsegnement Fondamental Premier Cicle), della durata di 6 anni;

• Scuola secondaria inferiore, (Einsegnement Fondamental Second Cicle), della durata di 3 anni.

Successivamente gli allievi possono orientarsi verso l'insegnamento secondario generale (lycée) o verso la

formazione tecnica e professionale. L’università è presente solo nella capitale Bamako.

Ci sono poi delle strutture dove avviene un insegnamento non scolastico:

1. Clos d'enfants: strutture alternative, meno costose degli asili, per i bambini da 3 a 6 anni, tenute da

animatori volontari o remunerati vigilano. A partire dal 1997, i clos d'enfants si sono via via sviluppati nel

paese. Oggi se ne contano 120 che accolgono 3000 bambini. Sostenuti dall' Unesco, UNICEF e FiCemèa

(Federazione internazionale dei centri d'addestramento ai metodi d'istruzione attiva), i clos d'enfants sono

stati integrati nel 2001 nel programma di sviluppo della prima infanzia del Ministero dell'Istruzione

Nazionale.

2. Mederse e scuole coraniche: le scuole coraniche sono strutture private che dispensano in arabo

un'istruzione religiosa esclusivamente dedicata all'islam. I bambini vi imparano a memoria i versetti del

Corano e dedicano una parte più o meno importante del loro tempo alla questua. Si ritiene che la questua sia

stata istituita a Mopti per permettere alla famiglie svantaggiate di iscrivere i loro bambini nella sua scuola.

Ogni giorno l'allievo ha un piccolo tempo, da 10 a 15 minuti, per andare a cercare i suoi prodotti alimentari.

Oggi il sistema è stato deviato e spesso gli allievi passano la maggior parte del giorno a medicare per il loro

padrone anziché studiare. Le mederse sono scuole private che offrono un insegnamento religioso accanto

all'apprendistato della lingua francese, della lettura, della scrittura e del calcolo.

Ci sono poi i Centri d'istruzione allo sviluppo (CED): sono stati creati in Mali all'inizio degli anni 1990.

Accolgono i bambini da 9 a 15 anni non scolarizzati per fare loro seguire un ciclo di studio di quattro anni

con una formazione generale e formazione professionale in collegamento con le necessità locali. La scuola

pubblica non è gratuita, conta su poche strutture, pochi insegnanti e una quasi totale mancanza di strumenti

didattici; le famiglie pagano una tassa statale di iscrizione annuale e una tassa imposta direttamente dalla

scuola. A carico delle famiglie è anche l’acquisto dei libri e del materiale didattico.

Nelle città si sono diffuse moltissime scuole “private” riconosciute dal Ministero dell’educazione e parificate

a quelle pubbliche: sono scuole aperte da cooperative di insegnanti che si auto-sostengono con le rette che

fanno pagare ai genitori degli allievi. Si tratta di scuole con 300-400 allievi al massimo che riescono a

garantire spesso una maggiore qualità dell’istruzione grazie a numeri più bassi di studenti (40 per classe

invece che 70-100) e a una migliore organizzazione.

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LA SCUOLA IN ASIA

Punti di attenzione: aspetti comuni ai diversi paesi

Numerosi sono i motivi dell'abbandono scolastico nei Paesi asiatici in Via di Sviluppo. Fra i problemi più

gravi di questo continente vi è senz'altro il numero molto alto di bambini lavoratori. Sono in molti a

lavorare, sia in casa che altrove, e con il loro stipendio contribuiscono al sostentamento della famiglia. I

bambini rappresentano un’ importante fonte di reddito per le famiglie, e spesso, anche l'unica. Svolgono

lavori molto pesanti, per molte ore al giorno, ed è impossibile contemporaneamente frequentare la scuola.

Inoltre, andare a scuola è molto costoso. In molti paesi asiatici l'istruzione non è gratuita e spesso le rette

scolastiche sono più alte del reddito familiare. Altri costi diretti sono i libri, la divisa che tutti devono

indossare, le borse e tutto il materiale scolastico. Per i bambini, lavorare significa dare sostentamento

all'intera famiglia, mentre, andare a scuola, comporta solo ulteriori spese che in pochi possono affrontare.

Spesso le scuole sono molto distanti dai luoghi di abitazione, le strade da percorrere dissestate. In alcune

regioni anche gli insegnanti sono pochi. Le classi sono costituite in media da 50/60 alunni. Oltretutto gli

insegnanti non si recano regolarmente alle lezioni, in quanto i salari sono di solito molto bassi e le

condizioni di lavoro molto difficili. Questo, tra l'altro, riduce notevolmente la quantità di ore di lezione

settimanale. In molti paesi le lezioni vengono svolte nella lingua dell'ex potenza coloniale che occupava il

paese, e, se questa non è parlata a casa, i problemi di apprendimento si accumulano. Per di più i contenuti

dell'insegnamento sono piuttosto tradizionali e senza uno specifico sbocco lavorativo.

E' stato calcolato che il 60% dei bambini analfabeti è di sesso femminile. Questo dipende da diverse

cause: innanzitutto per il ruolo importante che le bambine svolgono sia nei lavori domestici, sia nell'

accudire i fratelli più piccoli, spesso numerosi. Le tradizioni di molti paesi asiatici tendono poi a dar

maggiore importanza all' istruzione dei figli maschi piuttosto che a quella delle figlie. In Pakistan per

esempio, una figlia è considerata un bene prezioso per lavorare in casa e nei campi. A tre anni iniziano a

occuparsi dei fratelli più piccoli, delle persone anziane o disabili, dei lavori domestici e degli animali da

cortile. A cinque anni le bambine sono considerate pronte per seguire le donne oltre le mura domestiche,

raccogliere acqua e legna, lavorare nei campi e occuparsi degli animali da pascolo. La mancanza di classi

separate e di insegnanti donne induce molti genitori a non mandare le proprie figlie a scuola.

Problema non secondario è quello dei bambini non iscritti all'anagrafe, comune a molti Paesi in Via di

Sviluppo. Questo comporta che i bambini non esistono ufficialmente, quindi non possono accedere ai

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servizi pubblici fondamentali, e tra questi la scuola. In India il 50% dei bambini non risulta registrato. Le

classi sono numerose (anche oltre i 40 alunni) questo comporta un insegnamento di tipo ripetitivo, con

ampio spazio alle attività nella classe che punti all’acquisizione di competenze di base e allo sviluppo di

abilità pratiche.

I percorsi scolastici sono molto selettivi e le regole educative rigide. Grande importanza assumono il

rispetto dei “valori”: il valore della comunità prima dell’individuo, il rispetto per gli anziani, l’ordine,

l’obbedienza, il valore del lavoro, la disponibilità a sacrificare se stessi e propri desideri per la famiglia.

E’ importante considerare che i bambini si portano idiomi e sistemi di scrittura spesso molto differenti al

nostro e lo sforzo congiunto di dover apprendere/approfondire la lingua orale e di imparare nello stesso

tempo a scrivere e a leggere l’italiano può richiedere ai bambini un tempo e uno sforzo maggiore di

apprendimento.

Di seguito vengono riportate le caratteristiche dei sistemi scolastici caratteristici dei principali Paesi in cui

sia adotta nel continente asiatico.

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KAZAKISTAN

Il sistema scolastico kazako prevede l’obbligo di frequenza dai 7 ai 15 anni. L’istruzione è impartita in tre

cicli: il primo di 4 anni, il secondo di 5 anni, seguono due anni non obbligatori di orientamento e

specializzazione che indirizzano ai successivi studi superiori. Molto alto è il tasso di alfabetizzazione

totale: secondo i dati del 2005 esso era pari al 99,5% in aumento rispetto al censimento del 1999.

Maggiore preoccupazione della politica rimane comunque lo stato generale dell’insegnamento pubblico a

causa della mancanza di fondi e l’evasione scolastica e la mancanza di insegnanti. Di contro tra il 1996 e il

2004 si è verificato un aumento «esplosivo» degli istituti privati.

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INDIA

Dopo le riforme degli anni Ottanta, il sistema scolastico è gestito quasi interamente dai governi dei singoli

Stati. L’istruzione obbligatoria è gratuita. Circa il 10% delle scuole primarie sono private e sono gestite da

istituti religiosi, mentre le scuole pubbliche sono statali. L’attività scolastica prevede per gli alunni con

difficoltà di apprendimento dei curricula personalizzati. Nella scuola dell’obbligo la valutazione è di tipo

selettivo. È articolata in tre momenti distribuiti durante ogni anno scolastico e prevede prove scritte e orali.

Il sistema educativo pubblico indiano mostra evidenti carenze dal punto di vista qualitativo e quantitativo.

L’offerta scolastica è insufficiente rispetto al numero elevato di bambini e bambine in età di obbligo

scolastico e la qualità dell’insegnamento si rivela inefficace e inadeguata in rapporto agli standard

educativi odierni. La maggioranza dei ragazzi e delle ragazze che terminano l’obbligo scolastico

raggiunge appena il livello basilare di competenze nell’abilità di letto scrittura. Il fenomeno più marcato

rimane l’abbandono scolastico che va dal 40% fino al 75% nell’intero Paese. L’approccio metodologico è

improntato a un insegnamento di tipo frontale. Raramente gli alunni lavorano in gruppo. Le discipline

sono insegnate secondo attività sia orali che scritte in cui è preponderante l’apprendimento mnemonico.

La particolarità del contesto indiano ha dato vita a soluzioni educative che tengono conto delle specificità

culturali locali e del contesto socioeconomico. Si sono sviluppate metodologie pedagogiche mirate al

recupero dei “bambini di strada” e dei “baby lavoratori”. L’altra componente è il coinvolgimento attivo

dei bambini attraverso metodi d’insegnamento pratico-sperimentale in modo da impadronirsi

gradualmente e senza fatica di un numero maggiore di concetti. Il libro di testo è sostituito da “azioni” di

lavoro, di gioco e di sperimentazione. L’India è un Paese fortemente plurilingue negli usi orali e scritti.

Così un bambino adottato che proviene dall’India porta con sé tracce di idiomi diversi e di sistemi di

scrittura differenti: per esempio, se proviene dalla zona di Calcutta nella regione del Bengala, avrà

imparato a parlare in bengali, ma potrà essere entrato in contatto con l’hindi, a scuola e fuori dalla scuola.

Una situazione quindi in cui si mescolano tracce di parole, scritture e suoni differenti. Lo sforzo congiunto

di dover apprendere/approfondire la lingua orale e di imparare, nello stesso tempo, a scrivere e a leggere

in questa stessa lingua può richiedere ai bambini un tempo maggiore di apprendimento della lingua e

scrittura italiana.

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CINA

I primi sei anni di educazione scolastica sono gratuiti, seguiti da ulteriori sei anni di scuola secondaria (tre

di scuole medie e tre di scuola superiore). La scuola primaria prevede la frequenza dell'asilo che, pur non

essendo obbligatoria, è in particolare in uso nelle grandi città, dove in genere entrambi i genitori sono

occupati in un'attività lavorativa. Esistono scuole specifiche per disabili o per bambini non udenti e non

vedenti. In totale esistono circa 200 milioni di scolari in Cina, circa il 6% della popolazione. Il terzo

livello, quello universitario, è stato gratuito fino al 1985, mentre oggi si basa su un sistema di borse di

studio altamente competitivo. Il sistema è oggi considerato piramidale: man mano che si arriva ad

un'educazione di livello superiore diminuisce il numero di studenti. L'organizzazione è inoltre oggi

altamente decentrata, allo scopo di migliorare e semplificare l'intero sistema (in particolare nelle regioni

autonome o quelle a speciale municipalità). Insieme al gioco e alle attività sportive, negli asili statali si

comincia presto a studiare: infatti, già a partire dai tre anni si ricevono insegnamenti di lingua cinese, di

arte (con un'attenzione particolare al disegno), di musica e di educazione morale. Gli esami in Cina

cominciano presto. Si deve fare un esame per entrare alla scuola primaria, in particolare per coloro che

vogliono entrare in una cosiddetta 'scuola chiave' (scuola selezionata). In generale, ogni passaggio di anno

è contraddistinto da un esame finale a fine giugno. Inoltre gli studenti devono affrontare anche una

verifica alla fine di ogni quadrimestre. Nella scuola primaria gli esami riguardano le materie principali:

lingua cinese (ovvero cinese mandarino), matematica (calcolo e geometria) ed educazione morale (precetti

di etica confuciana, comportamento sociale, igiene, solidarietà, patriottismo ecc.) mentre su canto,

disegno, scienze naturali ed educazione fisica, si effettuano solamente verifiche sui livelli raggiunti.

58

CAMBOGIA

Finalità della scuola materna è lo sviluppo delle capacità di base, dei valori emotivi, sociali e

morali legati all’età dei bambini. Per introdurre le attività di precalcolo, prescrittura e prelettura

viene adottata una metodologia ludica. Sono incluse le attività motorie, quelle artistiche e

musicali e quelle logiche. L’educazione nella scuola primaria mira a sviluppare la personalità del

bambino aiutandolo ad affinare le sue capacità cognitive ed emotive. Obiettivo degli educatori è

soprattutto quello di rendere tali capacità “trasferibili” e utilizzabili per risolvere problemi

immediati e partecipare in modo attivo alla vita della comunità.

E’ fondamentale conoscere la storia di questo paese per comprendere anche l’evoluzione della

politica scolastica: nel 1917 passò una Legge sull’Istruzione del governo coloniale francese, che

introdusse un sistema di educazione primaria e secondaria, simile a quello francese. L’istruzione

rimaneva comunque elitaria. Nel 1975 però, non appena i Khmer Rouge assunsero il potere,

abolirono l’educazione, distruggendo tutto il materiale di studio, i libri di testo e le case editrici.

Le scuole e le università furono chiuse ed i loro edifici usati ad altri scopi. Durante questo

periodo, un gran numero di insegnanti qualificati, ricercatori e tecnici abbandonarono il Paese o

morirono. Nel 1979, quando il nuovo governo cambogiano salì al potere, dovette così ristrutturare

completamente l’intero sistema educativo. Gli asili e le scuole elementari e medie furono i primi

a riapparire, seguiti poi da un sistema d’educazione per gli adulti e dalla restaurazione di college

e università.

La costituzione attuale sancisce l’accesso gratuito all’istruzione per nove anni, così da garantire il

diritto universale ad un’educazione di base. Il sistema educativo continua però ad essere afflitto

da molte difficoltà, inclusa la scarsità di personale qualificato e la mancanza di materiale di

studio. La frequenza scolastica rimane infine abbastanza limitata nelle aree rurali, dove ai

bambini viene richiesto di rimanere a casa per aiutare la propria famiglia nei campi. I livelli

d’istruzione si attestano intorno al 76% per gli uomini e 46% per le donne (secondo stime del

1998) e vi è ancora una scarsa partecipazione ai livelli più alti di educazione. In più in Cambogia,

pur essendo dato un alto valore allo studio, questo non viene focalizzato su obbiettivi e

professioni specifici, ma rimane allo stadio di mera memorizzazione e copiatura di testi.

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FILIPPINE

La scuola dell'obbligo dura sei anni e si divide in due livelli: quattro anni di elementare e due anni di

media. Al compimento di questo ciclo viene conseguito un certificato di istruzione di base, necessario per

accedere alla scuola superiore. In molte scuole private, la durata della scuola di base è di sette anni. L’età

di inizio dell'obbligo è fissata a 7 anni, ma è diffuso l'accesso a 6, soprattutto nelle private. Fino al 1863,

tutta l'istruzione rimase nelle mani del clero e costituì un potente strumento di penetrazione religiosa e

culturale. Con un decreto nazionale, vennero in quell'anno istituite le prime scuole pubbliche e furono

sancite la gratuità e l' obbligatorietà della scuola elementare. Con l'occupazione americana, venne

introdotto nel Paese un sistema scolastico modellato sull'organizzazione: programmi e metodologie di

insegnamento erano di matrice statunitense; tale impronta è ancora fortemente visibile nella scuola

filippina.

Il sistema scolastico filippino è attualmente relativamente ampio ed efficiente, considerate le condizioni

socio-economiche del Paese. Scuola pubblica e privata è gratuita, dalle elementari fino alla fine della

scuola secondaria. Gli studenti possono prendere in prestito i testi direttamente dalla scuola, ma sono

chiamati a contribuire ad alcune spese di gestione. La politica di accesso limitato alle scuole secondarie

pubbliche, in vigore fino al 1988, le facilitazioni concesse dallo Stato e una certa deregolamentazione

hanno incoraggiato la creazione di un grande numero di scuole private. Notevole è il ruolo tuttora

esercitato dalle scuole private cattoliche. Il programma scolastico è stabilito dallo Stato. Le lingue

d'istruzione sono l'inglese e il tagalog (lingua nazionale parlata da una percentuale bassa della

popolazione: nel Paese si parlano 80 lingue). I testi scolastici vengono stampati e distribuiti gratuitamente

dallo Stato, ma è comunque largamente insufficiente ai bisogni della scuola e la scarsità di materiale

didattico è uno degli ostacoli principali all'applicazione dei nuovi programmi. Le valutazioni sono

quadrimestrali: si tratta di una scheda individuale che può contenere, oltre alla valutazione numerica,

alcune note generali sui progressi del bambino. Al compimento del sesto anno, viene consegnato un

certificato di licenza.

60

VIETNAM

Il sistema educativo è organizzato come segue: nido e scuola materna tra i 3 e i 6 anni., scuola primaria dai

6 agli 11 anni, obbligatoria. Al termine della scuola elementare gli studenti devono superare un esame

nazionale. C’è poi la scuola secondaria inferiore, dagli 11 ai 15 anni, al termine della quale si deve passare

un esame di diploma intermedio (IGE). Si passa poi alla scuola secondaria superiore, dai 15 ai 18 anni,

con diploma finale. Dai 18 anni si può accedere all’università: l’accesso è vincolato al superamento di un

esame di ammissione (UEE). Ci può essere la strada della formazione professionale: vi si può accedere

dopo la scuola primaria e consiste di corsi a breve e lungo termine (fino a 3 anni).

Dopo il 1975 tutte le scuole pubbliche e private del Vietnam del Sud sono state integrate in un sistema

scolastico unificato di stampo socialista. Le grandi riforme attuate negli anni ’80-’90 hanno avuto come

obiettivo principale il miglioramento della formazione, rendendo obbligatori e gratuiti i primi 9 anni di

istruzione. Il tasso di scolarizzazione è molto alto, ma restano da potenziare l’istruzione delle minoranze

etniche, la scolarizzazione nelle aree più arretrate, la formazione e il reclutamento del personale

insegnante, le infrastrutture e le forniture di materiali didattici. Molte scuole sono costrette a operare su 3

turni quotidiani, soprattutto le primarie.

La relazione tra insegnanti e bambini è di tipo materno e l’impostazione delle attività segue il modello

familiare. L’approccio didattico è piuttosto tradizionale e centrato sull’insegnante piuttosto che

sull’apprendente. In classe gli alunni sono disciplinati e in generale abbastanza studiosi; il gruppo classe è

molto unito e spesso rimane lo stesso fino alla scuola secondaria: questo rende gli alunni vietnamiti molto

timidi quando vengono introdotti in gruppi e situazioni nuove. Gli alunni sono valutati costantemente sulla

base dei lavori in classe e di prove scritte e orali. Alla fine di ogni trimestre devono superare un test.

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SRI LANKA

Nello Sri Lanka non vi è la suddivisione in scuola elementare, media e superiore, ma i diversi istituti si

differenziano sulla base del numero di classi.

1. Madhya Maha Vidyalaya: scuole che comprendono le elementari e le medie inferiori per bambini e

ragazzi dai 5 ai 16 anni;

2. Maha Vidyalaya: scuole che comprendono le elementari, le medie e le superiori, per bambini e ragazzi

dai 5 ai 18 anni;

3. Vidyalaya: scuole elementari, per bambini dai 5 ai 10 anni.

Il sistema scolastico dello Sri Lanka è all’avanguardia rispetto al contesto asiatico: è qui che si rileva

infatti, già a partire dagli anni Sessanta, il più alto tasso di scolarizzazione elementare, pari al 90%. I

programmi scolastici sono fissati a livello nazionale, vengono forniti gratuitamente i libri. E’ garantita

l’istruzione nella lingua madre del bambino, cingalese o tamil. La concezione dei programmi è innovativa

e lascia ampio spazio alle attività interattive svolte in classe. Le scuole pubbliche sono gratuite, dalle

elementari all’università. Uno degli obiettivi basilari del settore educativo è provvedere all’accesso di tutti

i bambini e ragazzi all’educazione primaria e secondaria. Una minoranza degli studenti frequenta le scuole

private, molto diffuse all’epoca dell’occupazione inglese e ora limitate ad alcuni istituti annessi ai templi

buddisti o collegati a congregazioni religiose di impronta cattolica. Un’eccezione è rappresentata dalle

scuole materne, poiché sono tutte private. Non sono previsti esami per il passaggio da una classe all’altra,

ma essi sono previsti solo alla fine dell’undicesima classe, per il conseguimento della licenza della scuola

dell’obbligo; la valutazione ottenuta determina l’accesso agli studi superiori.

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LA SCUOLA IN EST EUROPA

Punti di attenzione: aspetti critici comuni ai diversi paesi

I gradi d’istruzione sono quattro, suddivisi in sottordini variabili da 4 a 7 livelli (materna, primaria,

secondaria inferiore, secondaria tecnica, superiore, università). La scuola dell’obbligo copre l’arco fra i 6 e

15 anni. Le materie d’insegnamento prevalenti nel primo grado di scolarizzazione (materna) sono inerenti

alle attività ludico e artistico-espressive, mentre nel successivo livello (scuola primaria e secondaria

inferiore) vengono fornite conoscenze e abilità di base: lettura, scrittura, aritmetica ecc. Grande valore

viene data all’attività sportiva e musicale-artistica.

La disciplina è piuttosto severa e l’insegnante è una persona autorevole, distaccata ed esigente. Si accede

ai livelli scolastici superiori solo con il superamento di esami severi. E’ importante sapere che i percorsi di

scolarizzazione sono discontinui; i bambini di famiglie povere, nonostante il beneficio dato dallo stato di

avere libri gratuiti, presenteranno spesso percorsi di scolarizzazione discontinui e quindi possono

presentare lacune nelle abilità di base.

Rispetto alla lingua, si possono avere più o meno consolidate situazioni di bilinguismo (es: ucraino/russo)

come pure nella scrittura, tutto ciò può facilitare apprendimento della lingua italiana.

Nella macro area europea in generale si assiste alle conseguenze dell'economia di libero mercato non

accompagnate da aumento del reddito interno, né da un aumento delle possibilità di lavoro. Per ogni città

industriale invasa dallo smog vi sono decine di villaggi con staccionate in legno e carretti carichi trainati

da cavalli, dove il tempo sembra essersi fermato. Per le strade si può notare il grosso divario sociale

esistente tra le poche persone ricchissime e la stragrande maggioranza della popolazione, che cerca di

sopravvivere con lo stipendio che percepisce, assolutamente non adeguato al reale costo della vita. In

Russia, come in Ucraina, la grossa piaga della popolazione è l’abuso di alcool (vodka), che è la causa

maggiore di disgregazione familiare e quindi di abbandono dei minori. Diversa è la situazione in Bulgaria

dove è la povertà è la causa prevalente per l’abbandono dei bambini.

La maggior parte dei bambini dichiarati adottabili appartengono o a minoranze etniche come tartari,

cosacca, askalia e altre che presentano caratteristiche somatiche tipiche degli orientali e di carnagione

olivastra quindi non tutti i bambini sono di origine slava. In Bulgaria e in Albania sono i bambini

appartenenti al gruppo rom (gruppo di maggioranza della popolazione) ad essere adottati. Tutti i bambini

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adottabili si trovano in istituti di Stato che li accolgono suddivisi per fasce di età: da zero a quattro anni, da

quattro a sette anni e infine da sette a diciassette anni e mezzo.

I bambini possono presentare i classici sintomi di abbandono con ritardi psicomotori reversibili, una

costituzione fisica più piccola della norma, dovuta al fatto che usufruiscono di un’ alimentazione

essenziale. I bambini possono risultare sotto peso e più piccoli della media, a causa della malnutrizione.

Spesso sono presenti problemi psicomotori, che si manifestano con ritardi nell’apprendimento del

linguaggio e con atteggiamenti di auto appagamento. Tali disturbi generalmente tendono, se trattati nel

modo adeguato, ad attenuarsi.

Di seguito vengono riportate le caratteristiche dei sistemi scolastici caratteristici dei principali Paesi in cui

sia adotta nel continente europeo.

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FEDERAZIONE RUSSA

Il sistema scolastico prevede 5 anni di scuola primaria gratuita, viene da una valutazione finale con prove

scritte, 6 anni di scuola secondaria inferiore, l’obbligo di frequenza è per i primi due anni. Ci sono esami

d’attestato il 4° e 6° anno, 2 anni di scuola secondaria superiore (classi preparatorie al percorso

universitario). L’iscrizione alla prima classe è prevista al compimento dei 7 anni di età. L’attuale sistema

scolastico segue ancora le modalità e didattiche di epoca sovietica, anche se è stata introdotta una prima

riforma alla degli anni ottanta.

L’anno scolastico inizia il 1 settembre e finisce il 30 giugno su 5 giorni settimanali. L’anno è diviso in 4

quarti dove, alla fine di ognuno, è prevista una pausa. Le vacanze estive durano 3 mesi, le vacanze

natalizie 2 settimane (il Natale ortodosso si festeggia il 7 gennaio).

La maggioranza delle scuole in Federazione Russa sono pubbliche, ma vi sono anche scuole private molto

costose così come l’università.

La lingua di scolarità è il russo. Lo studio delle lingue straniere inizia dalla 5 classe della scuola primaria

con l’inglese ed il tedesco, più raramente il francese e spagnolo. Studiano la traslitterazione del cirillico in

neo latino, questo facilita l’apprendimento delle lingue straniere.

I bambini con necessità di sostegno vivono in istituto e frequentano scuole speciali.

L’orario di frequenza nella scuola materna è dalle 8.30 alle 18.00, mentre nella scuola primaria si

frequenta solo al mattino con l’assegnazione di molto compiti per casa. Nella scuola primaria c’è un unico

insegnate per tutte le materie eccetto che per educazione fisica e musica. Il numero di alunni per classe va

dai 25 ai 35 studenti.

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BULGARIA

Il sistema educativo nello stato della Bulgaria si suddivide in educazione di base ed educazione secondaria

ed organizzato in: Asilo Nido dagli 0 ai 3 anni, non obbligatorio; Scuola Materna, non obbligatoria

(l’ultimo anno è preparatorio alla scuola primaria); Scuola Primaria, che è obbligatoria, dura 8 anni: dopo

il 4° ed 8° anno vengono rilasciati dei diplomi. C’è poi la Scuola Secondaria, con 3 indirizzi di studio:

generale, tecnico-professionale ed internazionale. Per la frequenza è previsto un esame di ammissione. Per

accede all’Università ci sono esami di ammissione scritti ed orali.

Nella scuola primaria (obbligatoria), le famiglie vengono tassate se i figli non frequentano o se terminano

gli studi nei tempi non previsti dalla normativa. L’anno scolastico dura da settembre a giugno. La scuola

dell’obbligo può essere statale, municipale o privata. La lingua di scolarità è il bulgaro, le lingua straniere

insegnate sono inglese, francese, spagnolo, italiano.

Le minoranze presenti nel territorio sono rom, turchi, macedoni ed armeni. I rom sono la minoranza più

numerosa che frequentano generalmente scuole pubbliche, ma faticosamente finiscono gli studi (60%).

Gli insegnanti di ogni ordine di studi hanno una formazione universitaria ed una specializzazione

professionale. I bambini che necessitano di sostegno frequentano scuole speciali.

Nella scuola primaria gli approcci didattici si integrano a strategie didattiche che aiutano ad apprendere in

un’atmosfera di integrazione e cooperazione tra insegnante ed alunno e tra gli alunni stessi.

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ROMANIA

Il sistema scolastico della Romania è organizzato come segue: Scuola Materna, il cui ultimo anno è

obbligatorio come preparatorio alla scuola primaria; Scuola Primaria, dalla 1 alla 4 classe, obbligatoria;

Scuola Secondaria inferiore (ginnasio), dalla 5° all’8 classe, obbligatoria; Scuola Secondaria superiore,

dalla 9° all’11° classe, non obbligatoria divisa in licei classico e scientifico e scuole professionale con

apprendistato e tirocinio professionale. L’accesso avviene con test d’ingresso. Università dai 4 ai 6 anni o

Scuola di Specializzazione post liceale di 3 anni.

La scuola rumena ha un durata di 173 giorni divisa un 3 trimestri su 5 giorni di frequenza settimanale.

L’anno scolastico inizia il 15 settembre e finisce il 15 giugno con tre periodi di vacanza invernale,

primaverile ed estivo. Molti bambini iniziano a frequentare la scuola materna a 5-6 anni, soprattutto nelle

zone rurali dove la famiglia svolge una buona azione di sostegno. I ceti sociali più svantaggiati, tra i quali

i rom, tendono a ritardare l’entrata a scuola.

La lingua di scolarità è il rumeno. In alcune aree della Romania popolate da minoranze ungheresi o

tedesche viene parlata la lingua madre anche nell’apprendimento delle materie scolastiche. Le lingue

straniere vengono insegnate dalla scuola primaria e sono l’inglese, il francese ed il tedesco. I docenti

scolastici sono in prevalenza donne con formazione universitaria e obbligo di formazione permanente che

prevede anche momenti di scambio tra insegnanti di differenti aree regionali.

Esistono scuole speciali per alunni con disabilità medio-gravi interamente sostenute dallo Stato con

possibilità di frequenza diurna o convitto.

Nella scuola primaria è presente un unico insegnante per classe in gruppi classi di 18 alunni circa. Per

alcune discipline quali religione, lingua straniera, educazione fisica e musica è presente uno specifico

insegnante. Agli alunni vengono generalmente dati molti compiti pomeridiani che li impegna anche per 2-

3 ore al giorno. Non vengono previsti lavori di gruppo, ma piuttosto le riuscite individuali.

In generale i bambini adottati dalla Romania imparano l’italiano in tempi rapidi grazie alla somiglianza tra

i due sistemi linguistici. Il buon inserimento scolastico può, però, non essere esperienza dei bambini

rumeni di etnia rom: il loro percorso scolastico può essere frammentato e discontinuo ed essi aver

imparato a parlare nella lingua romani, che è l’idioma della comunità di appartenenza.

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UCRAINA

Il sistema scolastico dell’Ucraina è organizzato come segue: Asilo nido dagli 0 ai 3 anni. Lo stato

incentiva finanziariamente le madri che si prendono cura dei figli dagli 0 ai 3 anni; Scuola materna dai 3 ai

6 anni; Scuola primaria, dai 6/7 i 10 anni. È obbligatoria e gratuita; Scuola secondaria inferiore, dai 10 ai

15 anni. È obbligatoria e gratuita; Scuola secondaria superiore, dai 15 ai 20 anni; Università dai 19 anni.

Durata 4 anni eccetto per medicina (6 anni).

Alla fine di ogni ciclo scolastico gli alunni devono sostenere un esame. La maggioranza dei ragazzi

conclude la formazione di base a 15 anni e si avvia al lavoro. L’anno scolastico inizia il 1 settembre e

finisce il 25 maggio con periodo di vacanza dall’1 all’8 novembre, dal 25 dicembre al 10 gennaio e dal 21

al 28 marzo.

La lingua di scolarità è l’ucraino e come lingue straniere vengono studiate il russo e l’inglese. Lo studio

delle lingue straniere parte dalla quinta classe della scuola primaria. I bambini ucraini sono generalmente

bilingui ucraino/russo e pratici alla traslitterazione. L’esposizione precoce alle diverse lingue e differenti

alfabeti fanno dei bambini ucraini degli apprendenti veloci dell’italiano seconda lingua.

I bambini con disabilità mentali vivono in scuole o ospedali lontano dalle famiglie. La loro istruzione è

scarsa, per la disabilità più grave addirittura assente. Le famiglie che desiderano tenersi il figlio disabile a

casa debbono provvedere al mantenimento e all’istruzione in maniera totale in quanto il sostegno

economico è minimo.

La relazione educativa fra insegnanti e alunni è solitamente di tipo autoritario, le valutazioni sono espresse

sia tramite giudizi e votazioni sia tramite sanzioni disciplinari. L’approccio didattico prevalente è di tipo

direttivo informativo, ma si fa ricorso frequentemente anche al lavoro di gruppo.

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ALBANIA

Il sistema scolastico dell’Albania è organizzato come segue: Asilo nido per bambini 0-3 anni; Scuola

Materna, non obbligatoria, l’ultimo anno è preparatorio alla scuola elementare; Scuola elementare, dalla 1

alla 5 classe, obbligatoria; Scuola media, dalla 6 all’8 classe, obbligatoria; Scuola superiore, con scelta tra

licei e scuole tecnico-professionali; Università, tutte le facoltà sono a numero chiuso.

In Albania asilo nido e la scuola materna si trovano in un’unica struttura, così come la scuola elementare

con la scuola media, di solito divise per paini a seconda del grado scolastico.

Gli insegnanti adottano un approccio didattico direttivo-informativo, sono molto rigidi sul profitto e per la

promozione finale è necessario che lo studente sia sufficiente in tutte le materie.

Alla scuola elementare vi è un unico insegnante per classe eccetto per alcune materie come musica ed

educazione motoria. La lingua di scolarità è l’albanese. A partire dalla scuola elementare si studiano le

lingue straniere inglese ed italiano.

L’anno scolastico inizia a metà settembre sino alla prima settimana di giugno. Le sospensioni delle lezioni

durante l’anno avvengono per le festività natalizie (cattoliche), per il Bajram (Natale musulmano), per le

festività pasquali sia cattoliche che ortodosse.

Alla scuola media le lezioni sono di 50 minuti più 10 minuti di pausa ogni ora. A metà mattina gli alunni

si fermano per la merenda 20 minuti. Gli studenti sono impegnati con molti compiti a casa.

I bambini con disabilità medio-gravi frequentano scuole speciali, quelli con lievi problemi non vengono

riconosciuti come tali ed inseriti nelle classi di norma.

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LA SCUOLA IN SUD AMERICA

Punti di attenzione: aspetti critici comuni ai diversi paesi

A partire dal 2004 si è verificato un enorme aumento della crescita del PIL, tuttavia permane ancora un forte

divario economico tra ricchi e poveri nella maggior parte delle nazioni del Sudamerica, considerato superiore

rispetto alla media dei paesi degli altri continenti. La maggior parte della ricchezza è concentrata nelle mani

di una minoranza della popolazione, mentre milioni di individui sperimentano livelli di privazione che

raggiunge, in casi estremi, la povertà assoluta.

Per quanto riguarda l’istruzione pre-primaria, la scolarizzazione nella regione ha raggiunto valori molto alti:

complessivamente, il 61%. Si tratta di un valore decisamente superiore a quello dei paesi in sviluppo (34) e

pari a quello dei paesi più sviluppati (60). Presentano valori nettamente al di sotto della media alcuni stati

centroamericani: Guatemala, Honduras, il Paraguay in Sudamerica e la Repubblica Dominicana nei Caraibi.

Il tasso di transizione dalla primaria alla secondaria è alto (94%), nettamente superiore al valore per i paesi in

via di sviluppo (88); stanno sotto il 90% Brasile, Repubblica Dominicana.

L’educazione pre-primaria comincia in genere tra i 3 e i 4 anni di età, non è obbligatoria (salvo il Messico) e

talvolta ha luogo nella sede della scuola primaria. L’ultimo anno prescolare è obbligatorio in Argentina, Cile,

Colombia, Costa Rica, Cuba, Messico, Perù, Repubblica Dominicana e Uruguay.

Per quanto riguarda l’inizio della scuola, si segnala che nella gran parte della regione l’età di inizio è 6 anni e

il sistema primario e secondario complessivamente ha la durata di 12 anni. In questa regione fa molta

differenza il vivere in zone urbane da quelle rurali: alla metà del secolo scorso tra le due aree dei paesi c’era

una differenza di alfabetismo di circa 40 punti.

In America Latina per quanto riguarda l’istruzione primaria esiste un sistema scolastico gratuito e abbastanza

“funzionante”. La quasi maggioranza dei minori ha passato almeno qualche settimana a scuola. Quasi tutti i

bambini iniziano a frequentare la scuola ma spesso la abbandonano prima di concludere il ciclo primario,

soprattutto i minori a rischio come i bambini delle favelas o quelli che appartengono a minoranze

etniche/linguistiche. Tra quelli che invece riescono a concluderlo, c’è un tasso alto di analfabetismo.

L’abbandono scolastico è legato in primis alle enormi distanze tra i villaggi dispersi per le montagne e le

scuole, la precarietà delle strade degne e dei mezzi di trasporto per gli scolari. Il secondo fattore è costituito

dalla lingua d’insegnamento, che a volte non corrisponde alla lingua parlata dalla popolazione residenti nelle

zone rurali. Questo comporta che tanti bambini semplicemente non comprendono la lingua dell’insegnante, si

70

allontanano dalla scuola e si verifichi un abbandono scolastico nel primo anno delle elementari superiore al

50%. Il terzo fattore è la povertà: i bambini sono costretti a lavorare.

Il metodo educativo privilegia un approccio direttivo-informativo che mira a stimolare l’autonomia e un

apprendimento molto attivo, basato sul fare. Grande importanza viene dato al lavoro di gruppo.

Quindi, in una scuola come la nostra dove vengono richieste prestazioni di tipo cognitivo, i bambini possono

avere iniziali difficoltà

Rispetto al linguaggio, hanno in genere minori difficoltà rispetto a bambini di altra lingua, a farsi capire, a

capire, leggere e scrivere in italiano.

Di seguito vengono riportate le caratteristiche dei sistemi scolastici caratteristici dei principali Paesi in cui sia

adotta nel continente sudamericano.

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BRASILE

Il sistema scolastico brasiliano prevede due livelli: educação de base o educazione di base (divisa in infantil,

fundamental e intermedia), l’educação superior o educazione superiore (scuole tecniche e università).

Il corso infantil (asilo nido e materna), di competenza municipale, si divide in due cicli e non è

obbligatorio. La scuola fundamental è obbligatoria a partire dai 7 anni d’età, ma è possibile

iscriversi anche a 6 anni, in base a criteri stabiliti dai singoli istituti. L’obbligo scolastico dura fino a

15 anni. Al termine del ciclo dell’obbligo viene rilasciato un certificato per accedere alla scuola

secondaria. L’alunno che non ha concluso la scuola dell’obbligo entro i 18 anni viene indirizzato

verso corsi di recupero, per poi affrontare un esame finale da privatista. Le lezioni si articolano su 5

giorni settimanali per 4 ore al giorno, con attività pomeridiane di tipo curricolare; ogni ora di lezione

dura 50 minuti ed è seguita da 10 minuti di pausa. Il calendario scolastico prende in considerazione

anche le differenze climatiche regionali, delle aree rurali e delle singole realtà locali, cercando di

adattarsi alle diverse esigenze. Le scuole sono in maggioranza pubbliche, mentre le scuole private,

sia di tipo religioso che laico, hanno costi abbastanza elevati.

La lingua nazionale è il portoghese, mentre a scuola vengono insegnate come lingue straniere l’inglese, lo

spagnolo e il francese.

Per i bambini appartenenti alle popolazioni indigene è stata varata una politica educativa che prevede

l’organizzazione di specifiche scuole. In accordo con il diritto alle differenze, sancito dalla Costituzione

federale del 1988, è prevista la possibilità di istituire la “Scuola indigena” in cui vengono promossi la cultura

locale, la lingua madre e il bilinguismo (i programmi vengono concordati con le varie comunità indigene).

L’educazione pre primaria non è obbligatoria ed è offerta da due tipi di istituti: Asili nido o creches, per i

bambini di età inferiore ai 3 anni; Scuola dell’infanzia o pré-escolas per i bambini di età compresa tra i 4-6

anni. La distribuzione sul territorio della scuola materna, così come della scuola primaria, non è omogenea e

ci sono delle differenze significative di frequenza fra aree rurali e aree cittadine e fra ceti sociali diversi.

L’iscrizione e la frequenza effettiva della scuola materna non è una consuetudine diffusa. Soltanto il 10% dei

bambini che vive nelle aree rurali frequenta la scuola materna, poiché la dispersione della popolazione e la

lontananza della scuola ne scoraggia la frequenza. Inoltre, a causa dello scarso numero di bambini in queste

zone è anche difficile organizzare un sistema di trasporto comune. La scuola primaria è obbligatoria per tutti i

minori di età compresa tra i 7 e i 15 anni. Dura 8 anni e si divide in due cicli da quatto anni ciascuno. In base

alle disposizioni interne ad ogni scuola, si possono accettare le iscrizioni anche a partire dai 6 anni d’età. Non

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esistono esami di fine anno al termine delle classi intermedie del ciclo, mentre è previsto un esame a

conclusione dell’8° anno, a conclusione del quale viene rilasciato il certificato di licenza della scuola

dell’obbligo. Coloro che al termine dell’istruzione obbligatoria (ensino fundamental) non vogliono

frequentare una scuola secondaria, possono scegliere di seguire i tirocini o corsi di formazione professionale

di base.

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COLOMBIA

Il sistema scolastico colombiano è strutturato come segue: Scuola materna (educación preescolar): dai 3 ai 6

anni. L’ultimo anno della scuola materna è obbligatorio; Scuola primaria (educación basica): dai 6 agli 11

anni (cinque anni); Scuola secondaria inferiore (educación media): dagli 11 ai 15 anni (quattro anni); Scuola

secondaria superiore (educación superior): dai 15 ai 17 anni (due anni); Scuola professionale: dai 15 ai 17

anni (due anni); Università: dai 17 anni in poi. La durata dipende dalle diverse facoltà; l’accesso è vincolato

al superamento di un esame.

A 15 anni termina l’obbligo scolastico. Al termine viene rilasciato un certificato (bachillerato básico) che

permette l’accesso alla scuola secondaria superiore o alla scuola professionale. La scuola dell’obbligo

prevede 40 ore di attività complessive settimanali, di cui tre quarti dedicate alla didattica e un quarto alle

attività ludiche, culturali e sportive. L’educazione di base in Colombia è pubblica, tuttavia esistono anche

scuole private che coprono circa il 40% del sistema scolastico. Gli istituti privati sono dislocati nelle grandi

città e hanno costi abbastanza elevati. Si registrano evidenti squilibri nella distribuzione delle scuole sul

territorio; le zone rurali ne sono spesso carenti. In queste zone vi sono quasi sempre le scuole primarie, ma

mancano le scuole materne e secondarie. La carenza di scuole secondarie dislocate sul territorio comporta di

frequente che alcuni alunni non possano continuare gli studi. Il fenomeno dell’abbandono scolastico e della

ripetenza è particolarmente presente tra le popolazioni indigene che superano in questo la media nazionale.

La lingua di scolarità è lo spagnolo. In Colombia vivono circa 600.000 indigeni che parlano idiomi locali

come il chibcha e le lingue amazzoniche. Le minoranze hanno diritto a un’istruzione bilingue; tuttavia questo

progetto educativo ha finora interessato solo l’8% delle popolazioni indigene. La lingua straniera è insegnata

a partire dalla scuola elementare; si insegnano inglese, tedesco, francese e spagnolo.

Il curriculum della scuola materna tiene conto dello sviluppo fisico e affettivo del bambino: i programmi sono

finalizzati all’integrazione sociale e allo sviluppo delle capacità sensoriali e cognitive. L’approccio didattico è

prevalentemente orientato verso attività ludiche, motorie e artistico-espressive. Il numero medio di bambini

per gruppo è di 20, seguiti da un insegnante e da un assistente. Per sopperire alla carenza di scuole materne

nelle zone rurali si è diffuso il sistema della “madre comunitaria”. Si tratta di un’educatrice informale che

mette a disposizione la propria abitazione per accogliere 15 bambini in orario 7-17. La “madre comunitaria”,

che si occupa dell’igiene dei bambini e del pasto, deve avere terminato l’obbligo scolastico e frequentare un

corso per educatrice; viene quindi retribuita dallo Stato che le fornisce anche il materiale ludico per l’attività

con i bambini.

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Gli orari e il calendario delle scuole primarie sono organizzati diversamente a seconda delle regioni in base al

clima delle differenti zone geografiche. Spesso le lezioni iniziano molto presto la mattina e terminano all’ora

di pranzo. Nella scuola pubblica delle zone urbane sono molto frequenti due turni. Le materie principali nella

scuola primaria sono: spagnolo, lingua straniera, matematica, scienze sociali, geografia, scienze naturali,

tecnologia e informatica, educazione artistica, educazione etica, educazione fisica, religione. Il sistema

educativo tradizionale è di tipo autoritario. Questo dipende anche dal numero elevato di alunni per classe: dai

30 ai 50. Nelle zone rurali sono presenti anche delle classi con una compresenza di più livelli curricolari.

L’apprendimento mnemonico è ancora molto frequente e il lavoro di gruppo degli alunni è occasionale.

75

PERU'

La durata dell’istruzione obbligatoria è di 9 anni. Il sistema scolastico peruviano è formato da quattro cicli:

Educazione pre-primaria o escuela infantil; Educazione primaria o escuela primaria; Educazione secondaria

inferiore (formata da un biennio obbligatorio ed unificato); Educazione secondaria superiore (della durata di

tre anni, presenta due indirizzi, quello scientifico-umanistico e quello tecnico).

Il Perù è un Paese multilingue e pluriculturale. La lingua principale dell’insegnamento è il castigliano, ma,

soprattutto nella scuola pubblica delle aree indigene, vengono utilizzati il Quechua e l’Aymarà (lingue

formalmente riconosciute e ufficiali rispettivamente dal 1872 e dal 1974)

La escuela infantil comprende: l’asilo nido (per i bambini al di sotto dei tre anni) e la scuola materna (per i

bambini dai tre ai sei anni). L’ultimo anno della scuola materna è obbligatorio. Promuove pratiche di

educazione con la partecipazione della famiglia e della comunità, contribuisce allo sviluppo integrale dei

bambini, tenendo conto della loro crescita sociale, affettiva e cognitiva, l'espressione orale ed artistica, la

psicomotricità ed il rispetto dei loro diritti. Lo Stato si assume l’impegno e la responsabilità di rispondere

alle loro necessità di salute e nutrizione attraverso un'azione intersettoriale. L'Istruzione Iniziale si articola

con l'Istruzione Primaria assicurando coerenza pedagogica e curricolare.

L’escuela primaria ha durata di sei anni (1°- 6° Grados), è obbligatoria, gratuita ed è organizzata per cicli. La

sua finalità è di educare integralmente i bambini e le bambine. Promuove la comunicazione in tutte le aree, la

gestione operativa della conoscenza, lo sviluppo personale, spirituale, fisico, affettivo, sociale, vocazionale ed

artistico, il pensiero logico, la creatività, l'acquisizione di abilità necessarie per lo spiegamento di potenzialità

dello studente, così come la comprensione di fatti vicini al loro ambiente naturale e sociale.

76

ALLEGATO N° 8

GRAFICI SUI MINORI ARRIVATI DAL 2001 AL 2011

77

TABELLA DEI CONTENUTI ANALISI DESCRITTIVA ....................................................................................................................................................................................................................... 77

ITALIA VS PAESE “MODA” ................................................................................................................................................................................................................. 79

PAESI D’ORIGINE .................................................................................................................................................................................................................................. 80

"QUANTI BAMBINI PROVENIENTI DA… SONO MASCHI E QUANTI FEMMINE?" ......................................................................................................................................................... 82

"QUAL'E' LA PERCENTUALE DI MASCHI/FEMMINE PROVENIENTI DA…?" .................................................................................................................................................................. 83

ANNO DI ARRIVO .................................................................................................................................................................................................................................. 84

"QUANTI B SONO ARRIVATI NEL…?" ......................................................................................................................................................................................................................... 84

"QUANTI BAMBINI ARRIVATI NEL… SONO MASCHI E QUANTI FEMMINE?" .............................................................................................................................................................. 85

"QUAL'E' LA % DI MASCHI/FEMMINE ATTIVATI NEL...?" ........................................................................................................................................................................................... 86

"DA DOVE PROVENGONO I BAMBINI ARRIVATI NEL…?” ........................................................................................................................................................................................... 87

ETA’ ........................................................................................................................................................................................................................................................... 91

QUANTI BAMBINI HANNO…ANNI? ........................................................................................................................................................................................................................... 91

"QUANTI BAMBINI DI ... ANNI SONO MASCHI E QUANTI FEMMINE?" ...................................................................................................................................................................... 92

"QUANTI ANNI HANNO, IN MEDIA, I BAMBINI ARRIVATI NEL…?” ............................................................................................................................................................................. 93

“DA DOVE PROVENGONO I BAMBINI PIU’ PICCOLI?” ................................................................................................................................................................................................ 94

COMPARAZIONE PROVINCIA DI VENEZIA(ULSS 12-13-14) VS EQUIPE ADOZIONI ....................................................................................................... 96

DISTRIBUZIONE ADOZIONI PER EQUIPE .................................................................................................................................................................................................................... 99

QUANTI ANNI HANNO MEDIAMENTE I BAMBINI CHE SONO STATI SEGUITI DALLE DIVERSE EQUIPE?..................................................................................................................... 100

ANALISI DESCRITTIVA

N=575

44%

56%

44%

Genere totale

78

m

f

ITALIA VS PAESE “MODA”

PAESE “MODA”: ETIOPIA (16,52%)

• ETA’ MEDIA

ITALIA ETIOPIA

M 2 3

F 4 4

• GENERE

GENERE ITALIA ETIOPIA

M 45,56% 52,63%

F 54,44% 47,37%

• ANNO DI ARRIVO

0

5

10

15

20

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008

Italia vs Moda

ANNO DI ARRIVO

2009 2010 2011

Italia vs Moda

ANNO DI ARRIVO

Etiopia

Italia

40,00%

42,00%

44,00%

46,00%

48,00%

50,00%

52,00%

54,00%

56,00%

Italia

Italia vs Moda

GENERE

79

moda

Italia vs Moda

GENERE

m

f

80

CUT-OFF N>10 85,39% DI ARRIVI

PAESI D’ORIGINE

• "QUANTI BAMBINI PROVENGONO DA…?"

ES.: “Il 16,52% dei bambini adottati tra il 2ES.: “Il 16,52% dei bambini adottati tra il 2ES.: “Il 16,52% dei bambini adottati tra il 2ES.: “Il 16,52% dei bambini adottati tra il 2001 e il 2011 proviene dall’Etiopia”001 e il 2011 proviene dall’Etiopia”001 e il 2011 proviene dall’Etiopia”001 e il 2011 proviene dall’Etiopia”

PAESE N %

Etiopia 95 16,52%

Italia 90 15,65%

Fed. russa - Russia 87 15,13%

Colombia 42 7,30%

Ucraina 37 6,43%

Brasile 36 6,26%

India 28 4,87%

Perù 21 3,65%

Vietnam 21 3,65%

Bulgaria 19 3,30%

Cambogia 15 2,61%

Nepal 9 1,57%

Cile 8 1,39%

Polonia 8 1,39%

Armenia 7 1,22%

Slovacchia 6 1,04%

Haiti 5 0,87%

Ungheria 5 0,87%

Bolivia 4 0,70%

Cina 4 0,70%

Mali 4 0,70%

Sri Lanka 4 0,70%

Congo 2 0,35%

Ecuador 2 0,35%

Guinea Bissau 2 0,35%

Lituania 2 0,35%

Messico 2 0,35%

Bielorussia 2 0,35%

Moldavia 2 0,35%

Burchinabe 1 0,17%

Burkina Faso 1 0,17%

Ghana 1 0,17%

Iran 1 0,17%

Lettonia 1 0,17%

Senegal 1 0,17%

16,52%15,65%

0,00%

2,00%

4,00%

6,00%

8,00%

10,00%

12,00%

14,00%

16,00%

18,00%

DISTRIBUZIONE

81

• CONSIDERANDO SOLO I PAESI CON N>10 (85,39% DI ARRIVI):

"QUANTI BAMBINI PROVENIENTI DA… SONO MASCHI E QUANTI FEMMINE?"

ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di femmine”femmine”femmine”femmine”

genere top 10% M F

Etiopia 53% 47%

Italia 46% 54%

Fed. russa -

Russia

66% 34%

Colombia 64% 36%

Ucraina 76% 24%

Brasile 67% 33%

India 54% 46%

Perù 52% 48%

Vietnam 43% 57%

Bulgaria 37% 63%

Cambogia 73% 27%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

Genere

CONSIDERANDO SOLO I PAESI CON N>10 (85,39% DI ARRIVI):

SONO MASCHI E QUANTI FEMMINE?"

ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

82

Genere

Maschi

Femmine

ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di ES.: “ll campione dei bambini provenienti dall’Etiopia è composto dal 53% di maschi e dal 47% di

0,0%

5,0%

10,0%

15,0%

20,0%

25,0%

CONSIDERANDO SOLO I PAESI CON N>10 (85,39% DI ARRIVI):

"QUAL'E' LA PERCENTUALE DI MAS CHI/FEMMINE PROVENIENTI DA…?"

ES.: “Il 15% dei maschi adottati dal 2001 al 2011 proviene dall’Etiopia”ES.: “Il 15% dei maschi adottati dal 2001 al 2011 proviene dall’Etiopia”ES.: “Il 15% dei maschi adottati dal 2001 al 2011 proviene dall’Etiopia”ES.: “Il 15% dei maschi adottati dal 2001 al 2011 proviene dall’Etiopia”

M F

Etiopia 15% 18%

Italia 13% 19%

Fed. russa - Russia 18% 12%

Colombia 8% 6%

Ucraina 9% 4%

Brasile 7% 5%

India 5% 5%

Perù 3% 4%

Vietnam 3% 5%

Bulgaria 2% 5%

Cambogia 3% 2%

83% 82%

15,5%

12,7%

17,6%

8,4% 8,7%7,4%

4,6%3,4%

17,9%

19,4%

11,9%

6,0%

3,6%4,8% 5,2%

4,0%

0,0%

5,0%

10,0%

15,0%

20,0%

25,0%

Genere totale

CONSIDERANDO SOLO I PAESI CON N>10 (85,39% DI ARRIVI):

CHI/FEMMINE PROVENIENTI DA…?"

ES.: “Il 15% dei maschi adottati dal 2001 al 2011 proviene dall’Etiopia”ES.: “Il 15% dei maschi adottati dal 2001 al 2011 proviene dall’Etiopia”ES.: “Il 15% dei maschi adottati dal 2001 al 2011 proviene dall’Etiopia”ES.: “Il 15% dei maschi adottati dal 2001 al 2011 proviene dall’Etiopia”

83

3,4%2,8%

2,2%3,4%4,0%

4,8% 4,8%

1,6%

M

F

ANNO DI ARRIVO

"QUANTI B SONO ARRIVATI NEL…?"

ANNO %

2001 5%

2002 7%

2003 6%

2004 10%

2005 8%

2006 11%

2007 10%

2008 13%

2009 10%

2010 10%

2011 10%

100%

"QUANTI B SONO ARRIVATI NEL…?"

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Numero (%) bambini per anno di arrivo

84

2007 2008 2009 2010 2011

Numero (%) bambini per anno di arrivo

"QUANTI BAMBINI ARRIVATI NE L… SONO MASCHI E QUANTI FEMMINE?"

ANNO M F

2001 67% 33% 100%

2002 63% 37% 100%

2003 54% 46% 100%

2004 55% 45% 100%

2005 53% 47% 100%

2006 58% 42% 100%

2007 50% 50% 100%

2008 61% 39% 100%

2009 47% 53% 100%

2010 59% 41% 100%

2011 55% 45% 100%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

L… SONO MASCHI E QUANTI FEMMINE?"

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Genere x anno di arrivo

852010 2011

M

F

"QUAL'E' LA % DI MASCHI/FEMMINE ARRIVATI NEL...?"

ES.: “Il 6% dei maschi è stato adottato nel 2001”ES.: “Il 6% dei maschi è stato adottato nel 2001”ES.: “Il 6% dei maschi è stato adottato nel 2001”ES.: “Il 6% dei maschi è stato adottato nel 2001”

ANNO M F

2001 6% 4%

2002 7% 6%

2003 6% 7%

2004 10% 10%

2005 7% 8%

2006 11% 11%

2007 9% 12%

2008 14% 12%

2009 8% 12%

2010 10% 9%

2011 10% 11%

100% 100%

"QUAL'E' LA % DI MASCHI/FEMMINE ARRIVATI NEL...?"

ES.: “Il 6% dei maschi è stato adottato nel 2001”ES.: “Il 6% dei maschi è stato adottato nel 2001”ES.: “Il 6% dei maschi è stato adottato nel 2001”ES.: “Il 6% dei maschi è stato adottato nel 2001”

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Distribuzione

86

2008 2009 2010 2011

Distribuzione

M

F

"DA DOVE PROVENGONO I BAMBINI ARRIVATI NEL…?”

ES.: “Il 4% dei bambini adottati nel 2001 proviene dal Brasile”ES.: “Il 4% dei bambini adottati nel 2001 proviene dal Brasile”ES.: “Il 4% dei bambini adottati nel 2001 proviene dal Brasile”ES.: “Il 4% dei bambini adottati nel 2001 proviene dal Brasile”

4%

7%

4%

19%

4% 4%

26%

0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

35%

2001

"DA DOVE PROVENGONO I BAMBINI ARRIVATI NEL…?”

ES.: “Il 4% dei bambini adottati nel 2001 proviene dal Brasile”ES.: “Il 4% dei bambini adottati nel 2001 proviene dal Brasile”ES.: “Il 4% dei bambini adottati nel 2001 proviene dal Brasile”ES.: “Il 4% dei bambini adottati nel 2001 proviene dal Brasile”

26%

4%

30%

11%

3%

11%

3% 3% 3%

5%

0%

5%

10%

15%

20%

25%

2002

87

5% 5%

18%

8%

24%

8%

3%

11%

22%

5% 5% 5%

3%

11%

0%

5%

10%

15%

20%

25%

2003

2%

7%4%

2%

18%

29%

2%

7%

16%

0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

35%

2005

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

2004

14%

3%

16%

3%

2%

5%6%

5%

13%

23%

13%

0%

5%

10%

15%

20%

25%

2006

16%

2% 2% 2%

7%

88

2004

13%

9%

3% 3%

9%

3%2%

5%

2006

0%

5%

10%

15%

20%

25%

2007

0%

5%

10%

15%

20%

25%

2009

0%

5%

10%

15%

20%

25%

Arm

en

ia

Bo

livia

Bra

sile

Bu

lga

ria

Bu

rch

ina

be

Ca

mb

og

ia

Cil

e

Co

lom

bia

Eti

op

ia

2008

0%

5%

10%

15%

20%

25%

2010

89

Fe

d.

russ

a

Ind

ia

Ira

n

Ita

lia

Ma

li

Ne

pa

l

Pe

Slo

va

cch

ia

Sri

La

nk

a

Vie

tna

m

2008

2010

0%

5%

10%

15%

20%

25%

2011

90

ETA’

QUANTI BAMBINI HANNO…ANNI?

ETA' %

<12 mesi 10,6%

1 15,3%

2 12,0%

3 12,7%

4 11,0%

5 8,7%

6 7,7%

7 8,0%

8 5,4%

9 3,5%

10 1,9%

11 1,2%

12 1,4%

13 0,3%

14 0,2%

15 0,0%

16 0,0%

17 0,2%

18 0,0%

15,3%

0,0%

2,0%

4,0%

6,0%

8,0%

10,0%

12,0%

14,0%

16,0%

18,0%

<12

mesi

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Distribuzione

91

11 12 13 14 15 16 17 18

Distribuzione

"QUANTI BAMBINI DI ... ANNI SONO MASCHI E QUANTI FE MMINE?"

ES.:”Il 41% dei bamES.:”Il 41% dei bamES.:”Il 41% dei bamES.:”Il 41% dei bambini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% sono femmine”sono femmine”sono femmine”sono femmine”

ETA' M F

<12 mesi 41% 59% 100%

1 60% 40% 100%

2 59% 41% 100%

3 58% 42% 100%

4 56% 44% 100%

5 60% 40% 100%

6 48% 52% 100%

7 70% 30% 100%

8 55% 45% 100%

9 45% 55% 100%

10 55% 45% 100%

11 57% 43% 100%

12 63% 38% 100%

13 100% 0% 100%

14 0% 100% 100%

17 100% 0% 100%

"QUANTI BAMBINI DI ... ANNI SONO MASCHI E QUANTI FE MMINE?"

bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

100%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

120%

<12

mesi

1 2 3 4 5 6 7 8 9

Genere x età

92

bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59% bini adottati tra il 2001 e il 2011, di meno di 12 mesi, sono maschi, mentre il 59%

9 10 11 12 13 14 17

Genere x età

M

F

"QUANTI ANNI HANNO, IN MEDIA, I BAMBINI ARRIVATI NE L…?”

ETA’ MEDIA

2001 2,5

2002 3,0

2003 3,8

2004 4,1

2005 3,8

2006 4,2

2007 4,2

2008 4,1

2009 4,1

2010 4,4

2011 4,6

2,5

3,0

3,8

4,1

3,8

4,2 4,2

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

ETA' MEDIA

"QUANTI ANNI HANNO, IN MEDIA, I BAMBINI ARRIVATI NE L…?”

93

4,14,1

4,44,6

2008 2009 2010 2011

94

“DA DOVE PROVENGONO I BAMBINI PIU’ PICCOLI?”

<12

mesi

1

Armenia 6,56% 3,41%

Bolivia 3,28% 0,00%

Brasile 0,00% 2,27%

Bulgaria 0,00% 1,14%

Cambogia 3,28% 2,27%

Cina 0,00% 1,14%

Colombia 0,00% 11,36%

Etiopia 13,11% 15,91%

Fed. russa 3,28% 13,64%

Guinea Bissau 0,00% 1,14%

India 0,00% 1,14%

Italia 52,46% 19,32%

Mali 0,00% 2,27%

Moldavia 0,00% 1,14%

Nepal 0,00% 1,14%

Perù 1,64% 6,82%

Polonia 0,00% 1,14%

Sri Lanka 6,56% 0,00%

Ucraina 0,00% 6,82%

Vietnam 9,84% 7,95%

100% 100%

• “QUANTI ANNI HANNO MEDIAMENTE I BAMBINI PROVENIENTI DA…?”

ETA' MEDIA

Armenia 0,4

Bielorussia 13,0

Bolivia 2,3

Brasile 6,6

Bulgaria 3,2

Burchinabe 6,0

Burkina Faso 2,0

Cambogia 4,5

Cile 6,9

Cina 3,0

Colombia 4,2

Congo 7,5

Ecuador 3,5

Etiopia 4,1

Fed. russa 3,9

Ghana 12,0

Guinea Bissau 3,0

Haiti 7,8

India 4,5

Iran 8,0

Italia 2,6

Lettonia 9,0

Lituania 9,0

Mali 2,3

Messico 6,0

Moldavia 3,5

Nepal 4,1

0,00%

5,00%

10,00%

15,00%

20,00%

25,00%

30,00%

35,00%

40,00%

45,00%

50,00%

55,00%

60,00%

Arm

en

ia

Bo

livia

Bra

sile

Bu

lga

ria

Ca

mb

og

ia

Cin

a

Co

lom

bia

Eti

op

ia

Fe

d.

russ

a

Gu

ine

a B

issa

u

Ind

ia

Ita

lia

Ma

li

Mo

lda

via

Distribuzione bambini più piccoli

“QUANTI ANNI HANNO MEDIAMENTE I BAMBINI PROVENIENTI DA…?”

95

Ne

pa

l

Pe

Po

lon

ia

Sri

La

nk

a

Ucr

ain

a

Vie

tna

m

Distribuzione bambini più piccoli

<12 mesi

1

Perù 3,8

Polonia 6,1

Senegal 2,0

Slovacchia 4,8

Sri Lanka 0,0

Ucraina 3,5

Ungheria 7,4

Vietnam 2,6

COMPARAZIONE PROVINCIA DI VENEZIA (ULSS 12

13,0

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

COMPARAZIONE PROVINCIA DI VENEZIA (ULSS 12-13-14) VS EQUIPE ADOZIONI

ETA' MEDIA PER PAESE

96

14) VS EQUIPE ADOZIONI

97

PROVINCIA DI VENEZIA (ULSS 12-13-14)

n= 575

ULSS 13

n= 306

4 La voce “provenienza” indica i paesi da cui proviene la maggior parte dei bambini presi in considerazione

VENETO 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

% 5% 7% 6% 10% 8% 11% 10% 13% 10% 10% 10%

M 6% 7% 6% 10% 7% 11% 9% 14% 8% 10% 10%

F 4% 6% 7% 10% 8% 11% 12% 12% 12% 9% 11%

ETA’ 2,5 3,0 3,8 4,1 3,8 4,2 4,2 4,1 4,1 4,4 4,6

PROVENIENZA4

Ucraina Ucraina Bulgaria Etiopia Fed. russa Fed. russa Italia Etiopia Italia Etiopia Etiopia

Fed. russa Fed. russa

MIRANO 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

% 7% 9% 5% 12% 9% 9% 10% 12% 9% 8% 8%

M 9% 9% 5% 12% 9% 8% 9% 14% 8% 9% 9%

F 3% 8% 5% 13% 9% 12% 12% 11% 12% 7% 8%

ETA’ 2,7 3,1 2,9 3,4 4,3 5,0 4,3 4,6 4,8 3,8 4,8

PROVENIENZA

Italia Italia Haiti Colombia Fed. Russa Etiopia Italia Etiopia Etiopia Etiopia Etiopia

Ucraina Fed. Russa Italia Italia

Colombia

98

ULSS 12 – DISTRETTO N.1 E N.2

n= 66

DIST N. 1 E 2 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

% 5% 5% 12% 11% 5% 14% 6% 12% 14% 8% 11%

M 0% 6% 11% 14% 3% 17% 6% 17% 14% 6% 6%

F 10% 3% 13% 6% 6% 10% 6% 6% 13% 10% 16%

ETA’ 2,3 1,7 5,3 5,9 4,7 4,2 4,0 5,3 3,7 3,6 6,0

PROVENIENZA

Bulgaria Ucraina Ucraina Brasile Cambogia Iran Slovacchia Cambogia Etiopia Armenia Italia

Fed. russa Bulgaria Fed. russa Cambogia

Ucraina Etiopia India Etiopia

Fed. russa

Perù

ULSS 12 – DISTRETTO N.3 E N.4

n= 165

DIST N. 3 E 4 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

% 1% 3% 5% 6% 7% 11% 12% 16% 10% 15% 15%

M 1% 4% 4% 5% 5% 11% 10% 18% 8% 15% 18%

F 1% 1% 5% 7% 8% 11% 14% 15% 14% 14% 11%

ETA’ 3,0 3,4 3,8 5,6 2,3 3,2 3,4 3,2 3,2 5,5 4,1

PROVENIENZA Bulgaria Brasile Italia Fed. russa Fed. russa Fed. russa Etiopia Etiopia Fed. russa Etiopia Fed. russa

Etiopia Italia

ULSS 14

n= 38

CHIOGGIA 2001 2002 2003

% 5% 8% 16%

M 5% 10% 19%

F 6% 6% 12%

ETA’ 1,0 3,0 4,0

PROVENIENZA Etiopia Ucraina Bulgaria

India

DISTRIBUZIONE ADOZIONI PER EQUIPE

Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe dell’ULSS13”dell’ULSS13”dell’ULSS13”dell’ULSS13”

%

ULSS 13 53%

ULSS 12- dist. n.1 e n.2 11%

ULSS 12- dist. n.3 e n.4 29%

ULSS 14 7%

53%

11%

29%

7%

% ADOZIONI SUL TOTALE

ULSS 13

ULSS 12

ULSS 12

ULSS 14

2003 2004 2005 2006 2007 2008

6% 3% 8% 21% 16% 5%

19% 0% 10% 33% 14% 0%

12% 6% 6% 6% 18% 12%

4,0 2,0 3,7 3,8 6,2 4,5

Bulgaria Fed. russa Brasile Fed. russa Polonia

Fed.

russa

Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe

99

% ADOZIONI SUL TOTALE

ULSS 13

ULSS 12- dist. n.1 e n.2

ULSS 12- dist. n.3 e n.4

ULSS 14

2008 2009 2010 2011

5% 5% 5% 8%

0% 5% 5% 0%

12% 6% 6% 18%

4,5 1,5 1,5 3,3

Fed. russa India Fed. russa

Italia Vietnam

Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe Es. “Il 53% delle adozioni portate a termine tra il 2001 e il 2011 è stato seguito dall’equipe

QUANTI ANNI HANNO MEDIAMENTE I BAMBINI CHE SONO STA TI SEGUITI DALLE DIVERSE EQUIPE? ETA' MEDIA

ULSS 13 4,04

ULSS 12- dist. n.1 e n.2 4,52

ULSS 12- dist. n.3 e n.4 3,79

ULSS 14 3,68

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

2,50

3,00

3,50

4,00

4,50

5,00

ULSS 13 ULSS 12- dist.

n.1 e n.2

ULSS 12- dist.

n.3 e n.4

ETA' MEDIA

QUANTI ANNI HANNO MEDIAMENTE I BAMBINI CHE SONO STA TI SEGUITI DALLE DIVERSE EQUIPE?

100

ULSS 14

ETA' MEDIA

QUANTI ANNI HANNO MEDIAMENTE I BAMBINI CHE SONO STA TI SEGUITI DALLE DIVERSE EQUIPE?

101

BIBLIOGRAFIA

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103

Bibliografia consigliata sulle adozioni Si è pensato di aggiungere alla pubblicazione tale bibliografia, suddivisa in tre sezioni:

1. testi per conoscere meglio la realtà adottiva, con all’interno anche alcuni testi che possono essere strumenti utili per gli insegnanti all’interno della classe;

2. le fiabe o i racconti da poter utilizzare con bambini e ragazzi sul tema dell’adozione (e non solo) a partire dai 5 anni di età;

3. romanzi che raccontano l’adozione, partendo da storie realmente vissute, letture per le insegnanti e i genitori.

Con l’augurio che possano essere strumenti utili per il lavoro con i ragazzi in classe, oltre che essere un’occasione per approfondire un tema complesso come l’adozione nei suoi aspetti burocratici, giuridici e psicologici.

1. Testi per approfondire il significato dell’adozione

AA.VV. (2001) Come è cambiata l'adozione internazionale. Il Foglio, 61: 1-37

AA. VV. (2003) Percorsi problematici dell'adozione internazionale", Indagine sul fenomeno della "restituzione" dei minori adottati da altri Paesi. Istituto degli Innocenti, studi e ricerche, collana della Commissione per le Adozioni Internazionali, disponibile online in formato PDF AA. VV. (2004) L'inserimento scolastico dei minori stranieri adottati. Indagine nazionale sul fenomeno. Istituto degli Innocenti, studi e ricerche, collana della Commissione per le Adozioni Internazionali, disponibile online in formato PDF

AA.VV. (2005) Bambini di Carta ... Bambini di Carne. Cifa Onlus

AA. VV. (2005) Viaggio nelle scuole. I sistemi scolastici nei Paesi di provenienza dei bambini adottati. Istituto degli Innocenti, studi e ricerche, collana della Commissione per le Adozioni Internazionali, disponibile online in formato PDF

AA.VV. (2006) Figli si diventa. Bambini e genitori nell'adozione internazionale. Leonardo International

AA. VV. (2007) L'Etiopia. Una realtà del continente africano. Istituto degli Innocenti, studi e ricerche, collana della Commissione per le Adozioni Internazionali, disponibile online in formato PDF AA.VV. (2012) Storie di figli adottivi: l'adozione vista dai protagonisti. UTET Alloero, L., Pavone, M.e Rosati, A. (2004) Siamo tutti figli adottivi. Nove unità didattiche per parlarne a scuola. Rosenberg & Sellier Blandino G., Granieri, B. (2002) Le risorse emotive nella scuola. Gestione e formazione nella scuola dell'autonomia. Raffaello Cortina Editore Bollea G. (2003) Le madri non sbagliano mai. Feltrinelli, collana universale economica saggi Boston M., Szur R. (2002) Il lavoro psicoterapeutico con bambini precocemente deprivati. Liguori Editore Bramanti D., Rosnati R. (2001) Il patto adottivo. L’adozione internazionale di fronte alla sfida dell’adolescenza. Franco Angeli

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Brun J. (2004) Angoscia, vai via! Sui nodi alla gola e sulle strette al cuore dei bambini. Ma.Gi. Camiolo M., Bassanesi M. (2009) Ci vediamo più tardi: viaggio senza pretese nell’adozione internazionale. Emi Editore Chicoine J.F., Germain P., Lemieux J. (2004) Genitori adottivi e figli nel mondo. Erickson Chistolini M. (2006) Scuola e adozione. Linee guida e strumenti per operatori, insegnanti, genitori. Franco Angeli Crook M. (2003) L’immagine allo specchio. Adolescenti e adozione. Ma. Gi., collana esperienza

D'Andrea A. , Gleijeses M.G. (2000) Fattori di rischio nell'adozione internazionale: la famiglia che restituisce. Terapia familiare, 64: 31-65

D’Andrea A. (2006) I tempi dell’attesa. Come vivono l’attesa dell’adozione il bambino, la coppia e gli operatori. Franco Angeli, collana self help Del Bo, Meazza M. (2001) I percorsi delle adozioni. Il Sole 24 Ore

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Miliotti A.G., Ghigliano C. (2003) Mamma di pancia, mamma di cuore. Un libro da leggere insieme. Scienza, collana viaggi straordinari Montanari D., Masini B. (1999) Bambini di tutti i colori. Fabbri Editor Netto M. (2006) Ti racconto l’adozione. De Agostini Pagano S. (2009) Un po’ di pazienza! GradoZero Robberecht T., Coossens P. (2008) Il castello di Matteo. Clavis Roncaglia S., Cerretti C. (2010) L’anno del girasole pallido. Lapis, collana i lapislazzuli Sepulveda L. (1996) Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare. Edizione Salani Spagnoli Fritze E. (2009) Il mondo è anche di Tobias. Lapis, collana i lapislazzuli Toffetti M. (2004) Josny viene dall'India. EMP Wilsdorf A. (2000) Fior di giuggiola. Babalibri

Zanotti C., Bruno I. (2007) Mihai. San Paolo Edizioni, collana favole per dirlo

Zanotti C, Ferrari A. (2009) Io fuori, io dentro. Lapis 3. Romanzi e racconti, tratti da storie vere, per insegnanti e genitori Cursio L. (2007) Ascoltami attentamente. Voci e parole per raccontare l’adozione. Mimesis Falcioni E. (2010) Berberè: storia di un’adozione. Armando, collana testimonianze Fallaci O. (1982) Di mamma non ce n'è una sola. Rizzoli Editore Hayden T.L. (2008) Figli di nessuno. Corbaccio, collana Hayden Menicucci M. (2002) Kalé Kalé. Storia di un'adozione. Editori Riuniti. Miliotti A. G. (2006) Quello che non so di me: storia di Dasha, adottata in Italia, alla ricerca delle sue radici. Fabbri Editori Mirò A. (2004) Figlia del Gange. Sperling & Kupfer Editori Morasco E. (2008) La memoria impossibile. Storia felice di un'adozione. TEA, collana esperienza Pozzi S., Pozzi C. ( 2003) Il ragazzo che guarda il vento. Ma.Gi. Rovegno C. (2004) Tutto il tempo che vuoi. Una mamma del cuore racconta il suo viaggio nell’adozione. Armando Sposito E. (2005) Un angelo venuto da Kathmandu. L’incontro con l’adozione. Armando Zattoni Gillini, M. (2000) Storia di Pasquito. Nascita di una madre. Queriniana Zecchi S. (2005) Amata per caso. Mondadori