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BRUNELLA GERMINI

STATUEN DES STRENGEN STILS IN ROM

Verwendung und Wertung eines griechischen Stils im römischen Kontext

<<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER

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BRUNELLA GERMINI

Statuen des Strengen Stils in Rom Verwendung und Wertung eines griechischen Stils im romischen Kontext

© Copyright 2008 by <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER Via Cassiodoro, 19 - Roma

http://www.lerma.it

Pro getto grafico: <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER

Tutti i diritti riservati. E vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza ii permesso scritto deIl'editore.

Germini, Brunella Statuen des Strengen Stils in Rom : Verwendung und Wertung eines griechischen Stils im rdmischen Kontext I Brunella Germini. - Roma : <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER, 2008. - 228 p., 54 c. di tav. : ifi. 29 cm. - (Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Supplementi ; 16)

Nell'occhietto: Pubblicato a cura del Comune di Roma, Assessorato alle politiche culturali, Sovraintendenza ai Beni culturali.

ISBN 978-88-8265-442-9 CDD 21. 733.509376 1. Scultura - Roma antica - Sec. 6. a. C.-1. 2. Scultura romana - Sec. 6. a. C-i.

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INHALTSVERZEICHNIS

PREMESSA S. 7

RIASSUNTO >> 9

ABKURZUNGSVERZEICHNIS >> 15

1. EINLEITUNG >> 17 1.1. Zum Begriff "Strenger Stil" >> 17 1.2. Zeil und Methode der Arbeit >> 19

2. ANTIKE SCHRIFTQUELLEN >> 21

3. EINZELUNTERSUCHUNGEN >> 27 3.1. Aus DEN OFFENTLICHEN BEREICHEN >> 27

3.1.1. Die Tyrannenmorder auf dem Kapitol (Kat. Nr. 31) >> 27 3.2.1. Die Dioskurengruppe vom Lacus Iuturnae (Kat. Nr. 31-32) >> 43 3.3.1. Eine Apollonstatue vom Lacus Iuturnae (Kat. Nr. 33) >> 54 3.4.1. Die Statue des Zeus aus der Piazza Campitelli (Kat. Nr. 28) >> 62 3.5.1. Die Theseusgruppe aus der Via del Parione (Kat. Nr. 41-42) >> 68

3.6. Aus DEN PRIVATEN BEREICHEN >> 80 3.7.1. Die Horti Tauriani auf dem Esquilin >> 80 3.8.1. Die myronische Kuh (Kat. Nr. 2) >> 83 3.9.1. Eine Penelopestatue aus Horti Tauriani (Kat. Nr. 3) >> 92 3.10.1. Der "Wagenlenker" des Esquilin (Kat. Nr. 1) >> 105 3.11.1. Die Statue eines Kriegers vom dem Esquilin (Kat. Nr. 18) >> 116 3.12.1. Die sallustianischen Gärten (Kat. Nr. 4-15) >> 124

3.13. DIE H0RTI LUCULLIAIVI >> 147 3.13.1. Die Gruppe der Athena und des Marsyas (Kat. Nr. 16; 20) >> 147

4. KATALOG >> 161

5. TYPEN >> 211 5.1. Männliche Gestalten >> 211 5.2. Weibliche Gestalten >> 212

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6. SCHLUSSFOLGERUNGEN

215

7. ABBILDUNGSNACHWEIS

221

8. TAFELVERZEICHNIS

225

TAFELN >> 229

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PREMESSA

.libertà va cercando ch 'è si cara come sa chi per lei vita rifluta

Dante, Purgatorio I, 71-72

Ii lavoro che qui si presenta è ii risultato della tesi di dottorato da me discussa nel luglio 2001 alla Ludwig-Maximilian-Universitat di Monaco di Baviera. Per questo si è preferito man-tenere la lingua nella quale è stata originariamente scritta, in segno di riconoscenza a! paese che ha ospitato le mie ricerche. Al manoscritto originale sono state apportate poche modifiche, men-tre si sono tenute in considerazione le novità bibliografiche comparse fino alla fine del 2004.

Del tema della libertà e del suo uso ed abuso a fini ideologici o propagandistici - un tema diremmo drammaticamente attuale - ho cominciato ad occuparmi durante gli anni della scuola di specializzazione, seguita e stimolata in questo da Monika Verzar Bass. Ii tema ha dunque conti-nuato a "perseguitarmi" divenendo oggetto della mia tesi di dottorato.

A questo proposito desidero anzitutto ringraziare Uta Kron per la fiducia fin dall'inizio accor-datami e per avere assunto la tutela scientifica del lavoro; ringrazio inoltre Luca Giuliani, che è stato un severo ed accurato coreferente.

Sono profondamente grata a Luisa Musso ed Eugenio La Rocca, la cui generosità intellet-tuale ed umana mi ha accompagnato in questi anni.

I miei amici e commilitoni Karl Menghini, Vasco de Souza, Matthias Verghin e Mirko Von-derstein - ora dispersi in luoghi e paesi diversi - hanno letto e discusso con me a vane riprese i van capitoli del lavoro. In questo senso i miei risultati sono anche un p0' loro.

Ringrazio Rolf KrUlle per aver riletto con acribia da germanista il testo ed avermi spiegato a piü riprese l'esatto uso del punto e virgola in tedesco. Annegret Krulle ha salvato piü volte con la sua perizia tednica le sorti del lavoro e sopportato con molta pazienza le mie nevrosi da con-segna. Spero non si rassegni proprio adesso.

Sono grata al personale cli tutti i musei e gli archivi fotografici nei quali ho lavorato: un gra-zie particolare va ad H. Glöckner - autrice di piü fotografie - al personale della fototeca del DAI di Roma cosI come al personale ed alle ispettrici della Centrale Montemartini di Roma, per me uno dei musei piü belli del mondo.

Mia madre - che non sapeva nulla di archeologia - ha finanziato molti dei miei anni di studio e mi è stata vicina nei molti momenti di dubbio.

A lei ed a! suo coraggio di vita sono dedicate con amore queste pagine.

BRUNELLA GERMINI

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RIASSUNTO

Ii tema di questa dissertazione è la ripresa e l'utilizzo delle statue di stile severo a Roma. Si voleva rispondere alla domanda su come fossero state recepite ed interpretate le sculture di stile severo a Roma dalla prima eta repubblicana alla fine del I sec. d.C. Questo stile infatti - dalla critica d'arte convenzionalmente definito "severo" per la scomparsa del sorriso che aveva carat-terizzato il volto dei kouroi arcaici - si sviluppa nell'età delle guerre persiane e sembra accom-pagnare ii percorso intrapreso dalle poleis greche alla ricerca della democrazia, percorso che si esprime già nd mondo antico come una netta opposizione al potere di un tiranno. La domanda centrale del lavoro e dunque questa: le riflessioni politiche e i valori sociali che hanno portato la società greca di V sec. a.C. alla creazione dello stile severo, sono simili a quelli che hanno spin-to i romani di eta repubblicana e primo imperiale a riutilizzarlo? 0 si collegava questo stile per i committenti romani a tutt'altri valori? Per rispondere a questa domanda sono stati presi in esa-me non solo i pochi originali greci di stile severo rinvenuti a Roma (principalmente gli esemplari provenienti dagli horti sallustiani) ma anche copie, varianti e nuove "creazioni" ispirate allo sti-le severo. Sono state tuttavia prese in considerazione solo le sculture con provenienze sicure o ricostruibili attraverso i dati d'archivio, questo per garantire quanto piü possibile la ricostruzione degli originari contesti topografici. La ricerca ha condotto ad alcuni interessanti risultati: come prima cosa si è potuto dimostrare che opere greche di stile severo - collegate ill Grecia ai valo-ri delle nascenti poleis a struttura democratica - furono riprese dai romani a partire dall'età repub-blicana riutilizzando l'immaginario dei valori a proprio 1150 e consumo.

E questo il caso del gruppo dci tirannicidi rinvenuto in Campidoglio non lontano dal tem-pio di Fides (cap. 3.1.1). Ii gruppo, come noto il primo monumento politico della democrazia ateniese, eretto in onore di Armodio ed Aristogitone, che nel 510 a.C. avevano attentato alla vita dci figli del tiranno Pisistrato, fu portato a Roma intorno all'81 a.C. ed esposto sul Campido-glio probabilmente in onore di Silla, che dopo la presa di Atene nell'86 a.C. era stato festeg-giato dalla propaganda filo-romana come ii nuovo liberatore di Atene dalla tirannide di Aristio-ne. In realtà le fonti ci informano sul fatto che l'assedio e la presa della città - che come si ricorderà tenne un atteggiamento anti-romano per l'intera durata delle guerre mitridatiche fu poco meno di un massacro. Ciononostante Silla ottenne in Atene onori simili ai tirannicidi ed a conferma di questa assimilazione la tradizione numismatica mostra tetradracme ateniesi coniate durante l'occupazione sillana con rappresentazione dci tirannicidi sul verso, mentre la fonti let-terarie fanno di Silla il nuovo liberatore dalla tirannide. Silla viene inoltre festeggiato dalle fon-ti romane come difensore e restauratore della Res Publica contro i tentativi insurrezionali di Mario. Come scrive Velleio Patercolo "a porta Collina Silla e la Repubblica si trovarono in gran-de pericolo". Il 510 a.C., anno dell'attentato contro i tirannicidi, corrisponde anche alla data di nascita della Repubblica Romana ed all'inaugurazione del tempio di Giove Capitolino, fatto restaurare da Silla.

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Ii gruppo dei tirannicidi quindi, originariamente simbolo della democrazia ateniese, viene let-to a Roma anche in allusione alla difesa della Res Publica, che aveva trovato in Silla uno dei suoi nuovi fondatori. Un altro caso interessante di rilettura a scopi politici ha mostrato lo studio del gruppo frammentario dei Dioscuri (cap. 3.2.1), rinvenuto nd 1900 durante gli scavi di Giacomo Boni al Lacus luturnae, non lontano dal tempio dci Dioscuri. Si tratta di un gruppo assai fram-mentario formato dalle due divinità poste simmetricamente secondo l'arcaico schema del kouros con una lancia in mano ed a lato i due cavalli. Le sdulture non sono perô di eta arcaica, bensl mostrano una compresenza di caratteristiche "severe" ed arcaiche inserendosi cosI nel novero del-le cosiddette opere eclettiche. La datazione del gruppo data su base stilistica al II sec. a.C. corn-sponde abbastanza bene alle fasi costruttive del lacus Iuturnae, dove il gruppo era esposto. Ii vici-no tempio dei Djoscuri sarebbe stato dedicato secondo le fonti dal dittatore Aulus Postumius Albinus nel 499 a.C. in occasione della vittoria romana contro la lega Latina a! lago Regillo, battaglia cui prese parte l'ultimo dei re di Roma Tarquinio ii Superbo cacciato nel 509 aC. La vittoria dei roma-ni sarebbe infatti stata resa possibile, secondo la narrazione di Dionigi d'Alicamasso, dall'inter-vento di due cavalieri divini, apparsi a dar man forte alla cavallenia romana. La sera stessa della vittoria due giovani in abbigliamento militare sarebbero stati visti abbeverare i cavalli alla fonte vicino a! tempio di Vta. I giovani avrebbero comunicato l'esito vittorioso della battaglia per poi scomparire misteriosamente. Sul luogo dell'epifania misteniosa sarebbe quindi stato eretto poco dopo il 496. a.C. ii tempio dci Dioscuri, in onore dei quali ogni anno aveva luogo a Roma la tran-svectio equitum, cerimonia alla quale prendevano paste giovani cavalieri vestiti come se tornasse-ro dal campo di battaglia. La domanda circa la possibile committenza del gruppo dei Dioscuri del Lacus Iuturnae viene chiarita dalla tradizione letteraria, secondo la quale i gemelli divini, patroni della cavalleria e dei naviganti sarebbero apparsi a fianco della cavalleria romana anche durante la battaglia di Pidna del 168 a.C. Questa battaglia, vinta dal console Lucio Emilio Paolo contro il re macedone Perseo, si nivelô decisiva per la costruzione dell'imperialismo romano in quanto aprl a Roma le porte della Grecia. Un passo di Minucio Felice testimonia che in occasione di questa vittonia furono erette due Statue dei Dioscuri in lacu, corrispondenti con ogni probabilità alle sta-tue rinvenute nel Lacus Iuturnae. Lucio Emilio Paolo viene caratterizzato dalle fonti come una del-le personalità piü filoelleniche della storia romana. Ottimo conoscitore della lingua greca organizzô dopo la vittonia dei giochi ad Amphipolis durante i quali si rivolse in greco alle popolazioni par-lando della riconquista della libertà: grazie all'intervento dci romani i Greci avrebbero riconqui-stato la libertà perduta durante la monarchia. Anche Plutarco confronta la battaglia di Pidna con-tro i Macedoni con quella di Platea contro i Persiani, durante la quale sarebbero apparsi i gemelli divini a fianco dei Greci. E quindi chiaro che la tradizione romana accosta la battaglia di Platea nella sua simbologia di liberazione dalla tirannide alla battaglia di Pidna che segna la fine delle monarchie greche e tende a presentare i nuovi conquistatori come portatoni di libertà.

Ii diritto dei romani ad intervenire in Grecia si baserebbe infatti sul loro ruolo di "liberato-ni" della Grecia dalla tirannide della monarchia. Ii gruppo dci Dioscuri del Lacus Iuturnae fu quindi commissionato - come aveva già giustamente riconosciuto M. Steinby - poco dopo la bat-taglia di Pidna. Dietro la scelta dello stile eclettico si cela evidentemente la volontà di emulare formalmente un'opera di V sec. a.C. e di riecheggiare l'epoca delle guerre persiane e della bat-taglia del lago Regillo, l'ultima delle battaglie collegate alla fine della monarchia dci Tarquini ed all'inizio della repubblica romana.

Una ripresa dello stile severo a fini propagandistici si risdontra anche in alcuni monumenti eretti poco dopo la battaglia di Azio: basti pensare alla base di Nikopolis con rappresentazione

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di Amazzonomachia in cui è evidente che l'intenzione del committente - Ottaviano - è quella di identificarsi con la figura del liberatore dal nuovo pericolo orientale, in questo caso proveniente dall'Egitto legato ad Antonio.

Un altro interessante risultato della ricerca è stato ii poter constatare, che ii modo in cui yen-ne recepito lo stile severo cambia a partire dall'età tardo-augustea. Rappresentazioni mitiche - prima destinate ad una attualizzazione in chiave politica - vengono adesso riprese modificando-ne il significato per renderlo conforme alle nuove esigenze sociali. E ii caso della vacca di Miro-ne (Cap. 3.8.1) che diventa in eta augustea uno dei simboli della pax romana ed in questo sen-so fu esposta nelle immediate vicinanze del Templum Pacis. Un altro interessante esempio è fornito dalle numerose copie e varianti rinvenute a Roma della statua della cosiddetta "Penelope triste" (Cap. 3.9.1) che mostrano la regina seduta con la testa appoggiata sul braccio in posizione medi-tabonda, espressione dell'eterna attesa del ritorno di un congiunto. Del perduto originale si sa solo che doveva essere di stile severo, probabilmente creato poco dopo le guerre persiane quando, come sottolineano i caratteri femminili ravvisabili nelle tragedie greche, si ha bisogno non solo della bella Elena o di Clitemnestra che uccide ii marito di ritorno dalla guerra, ma anche di figu-re piü tranquillizzanti come Penelope, che nell'attesa fedele dello sposo non tradisce il patto matri-moniale garanzia di stabilità sociale. La figura di Penelope sembra essere creata apposta per for-nire un modello di riferimento per le donne nei periodi di crisi, inevitabili dopo lunghe guerre. Sul piano iconografico il motivo di Penelope non sembra riscontrare molto intereSSe dopo il V sec. a.C.; una ripresa significativa si ha invece in eta tardo-repubblicana, quando ii motivo si tro-va diffuso sulle lastre campana, destinate a decorare l'interno di yule o dimore particolarmente suntuose, su tre pitture pompeiane di terzo stile e su una tabula iliaca. Da un punto di vista let-terario la figura di Penelope compare improvvisamente nelle Elegie di Properzio, nelle Odi di Orazio ed è la prima a rivolgersi allo sposo lontano nelle Heroides di Ovidio. Colpisce il fatto che sia la documentazione iconografica che quella letteraria attestino una decisiva ripresa della figura in eta augustea. Infatti la ripresa della figura di Penelope si spiega con il nuovo clima di restaurazione dei costumi propagato da Augusto, che tende a restringere gli spazi di libertà otte-nuti dalle donne in eta repubblicana, quando la mancanza degli uomini - assenti per le lunghe guerre - aveva innescato nella Società romana un processo di emancipazione ante-litteram ben ricostruibile attraverso le fonti. Segni evidenti di questo processo di emancipazione erano la pre-senza di un consistente numero di donne in possesso di propri mezzi finanziari (a Roma le don-ne potevano ereditare) e conseguentemente una preoccupante disaffezione delle medesime nei con-fronti dell'istituzione matrimoniale. A tutto ciè cerca di porre fine Augusto con l'emanazione della Lex Julia de adulteriis che impose ai cittadini romani il matrimonio e rese perseguibili penal-mente le adultere. Penelope è dunque ii modello ideale proposto dal linguaggio della propagan-da ufficiale per rendere appetibile il ritrovato ruolo della sposa "casta et univira".

Un posto a paste meritano i capitoli 3.5.1 e 3.11.1 dedicati prevalentemente a problemi di ricostruzione e ricontestualizzazione di gruppi statuari.

Il capitolo 3.11.1 prende in esame una statua maschile in nudità atletica proyeniente dal-l'Esquilino e finora conosciuta come generico "torso di guerriero". In realtà un'accurata lettura del torso mostra che in base al movimento compiuto si tratta di un eroe che combatte con una clava, probabilmente Teseo, che usa abitualmente la clava sia nel combattimento contro il Mino-tauro che in quello contro i centauri. Ii confronto con la metopa 27 del Partenone illustra il

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movimento preciso eseguito dalla figura: si tratta di un eroe che sta per sferrare un mortale col-p0 di clava ad un avversario la cui forza è tale da provocare la violenta torSione del corpo del-l'avversario. Si tratta di un movimento simultaneo di trazione e rotazione molto raro per la scul-tura di V sec. aC. e paragonabile per la complessità del movimento eseguito alla Atena del gruppo di Atena e Marsia di Mirone. Anche il confronto con la tradizione numismatica porta sulle tracce di questo grande scultore operante alla fine dello stile severo: lo mostrano i con-fronti con la numismatica ateniese di eta adrianea che tramandano - secondo tre diverse varian-ii iconografiche - ii perduto gruppo di Teseo in lotta contro ii Minotauro, uno dei gruppi piü famosi dell'antichità, originariamente esposto insieme ad un altro celeberrimo gruppo di Miro-ne - quello di Atena e Marsia - sull'Acropoli di Atene. In particolare il confronto con il tipo iconografico "A" mostra che siamo di fronte allo stesso modello: il cosiddetto guerriero della Montemartini è una copia di alto livello della prima eta imperiale del Teseo in lotta contro ii Minotauro di Mirone, opera di cui mancava finora una precisa iconografia. Del problema della ricostruzione del gruppo di Mirone si è occupato anche L. Mariani, in seguito alla scoperta avve-nuta nel 1897 di due sculture rinvenute in via di Parione, nelle vicinanze di Piazza Navona (cap. 3.5.1). Ii gruppo scultoreo - oggi esposto a Palazzo Massimo - è formato da un torso atletico acefalo e da 11110 splendido torso di Minotauro entrambi copie di eta flavia rifacentesi ad origi-nali di stile severo. Mariani, che fu il primo a dare notizia del gruppo, ne propose la ricostru-zione come gruppo di Teseo in lotta contro il Minotauro, copia del perduto originale di Miro-ne. In realtà la ricostruzione proposta da Mariani - con ii giovane Teseo che attacca alle spalle il Minotauro, non trova confronti a livello iconografico. Confronti con ii csd. "corridore di Tübin-gen" e con altre opere di V sec. a.C. mostrano che l'iconografia da cercare per ricostruire ii movimento del giovane atleta appartiene a! mondo degli agoni atletici ed in modo particolare a quello dei lottatori di pancrazio, una disciplina olimpica simile alla moderna lotta libera la cui posizione iniziale si configura come una presa ai polsi o al braccio dell'avversario con entram-be le braccia in avanti, la posizione del torso giovanile di via del Parione. I giochi greci - corn-prendenti dunque sia le competizioni musicali che quelle atletiche - furono introdotti a Roma come si evince da Svetonio (Nero, 12, 3) dall'irnperatore Nerone che per l'occasione fece costrui-re in Campo Marzio un complesso costituito da Terme e da un ginnasio greco. Le strutture di questo ginnasio si trovavano sotto il piü tardo Stadium Domitiani la cui forma è ricalcata dal-l'andarnento dell'attuale Piazza Navona. I giochi, in occasione dei quali gli atleti in ossequio all'uso greco gareggiavano nudi, venivano aperti dall'imperatore vestito da agonoteta e corn-prendevano una parte musicale che si svolgeva in un Odeion. Mentre non si hanno testirnonianze deli' Odeion ci è pervenuta una rappresentazione nurnismatica su un Aureus deli 'eta di Settimio Severo che riproduce lo Stadium Domitiani. Si riconosce infatti un edificio ellittico senza obe-lisco. Al centro è rappresentato un agone di tipo greco comprendente gare di corsa, lotta e pugi-lato, mentre alia premiazione del vincitore è riservata la parte centrale della moneta. Si tratta quindi della rappresentazione di uno stadio, unico edificio in cui sono pensabili competizioni atletiche di tipo greco. La moneta mostra che lo stadio era articolato su piü piani con arcate, sotto le quali sono visibiii rappresentazioni di scuiture, che evidentemente appartenevano aila decorazione dell'edificio. E quindi pensabile che le sculture rinvenute in via di Parione faces-sero parte delia cornice decorativa dello stadium domitiani. Per quel che riguarda il gruppo di Teseo in lotta contro ii Minotauro è da ricordare il fatto che Teseo in quanto fondatore delle discipline ginniche e quindi modeilo degli efebi ateniesi è spesso onorato con statue ed erme nei ginnasi greci.

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Un'ulteriore interessante risultato del lavoro è legato allo studio della copia di prima eta impe-riale del gruppo mironiano di Atena e Marsia proveniente dagli horti Luculliani sul Pincio (Cap. 3.13.1). A questo proposito si è potuto dimostrare che accanto al celebre gruppo di V sec. a.C. era verosilmente esposto il gruppo ellenistico del Marsia appeso e dello scita accovacciato che si appresta ad eseguire la punizione. Questo indica che nei giardini di Lucullo si poteva ammirare l'intera saga, secondo quanto confermato dalle ricerche iconografiche che mostrano come a par-tire dall'età augustea si sviluppi l'interesse non solo per l'antefatto (la sconfitta del satiro nd-l' agone musicale) ma anche per la fine della saga (10 scuoiamento di Marsia). Questo indica inol-tre che ii procedimento eclettico consisteva non solo nel creare opere con caratteristiche prese da diverse matrici stilistiche ma anche nd raccontare stone che si servono di opere stilisticamente dissimili, come nel caso del gruppo mironiano di Atena e Marsia associato al gruppo ellenistico del cd. "arrotino". Questo significa - come ha già indicato T. Hölscher - che l'accostamento eclet-tico non disturba l'osservatore romano per cui lo stile è subordinato alla sua capacità di trasmet-tere un meSsaggio, funzione volentieri svolta dalla narratio continua.

L'aite romana, appunto, un"arte al plurale".

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ABKURZUNGSVERZEICHNIS

Zusätzlich zu den AbkUrzungen nach den Richtlinien des Deutschen Archaologischen Instituts (Archaologi-scher Anzeiger 1992) gelten hier die folgenden:

AMELUNG 1912 = W.ArvIELUNG, Führer durch die Offentlichen Sammlungen klassischer AltertUmer in Rom (1912).

BENNDORF-SCHONE 1867 = 0. BENNDORF-R. ScHONE, Die antiken Bildwerke des Lateranensischen Museums (1867).

BOHME 1995 = CH. BOGME, Princeps und Polis. Untersuchungen zur Herrschaftsform des Augustus Uber bedeu-tende Orte in Griechenland (1995).

BUMKE 2004 = H. BUMKE, Statuarische Gruppen in derfrühen griechischen Kunst 32 Ergh. JdI (2004).

CARANDINI-CAPPELLI (Hrsg.) 2000 = A. CARANDINI-R. CAPPELLI, Roma (2000).

C0ARELU 1969 = F. COARELLI, Le Tyrannoctone du Capitole et la morte de Tiberius Gracchus, MEFRA 8], 1969, 137-160.

COARELU 1983 = F. COARELLI, Roma (1983).

CoRso 1994 = A. CORsO, La vacca di Mirone, NumAntCl 23 1994, 49-81.

CRE = Coins of the Roman Empire in the British Museum (1965-).

DATjriop-BoL 1983 = G. DALm0P-P.C. BOL, Athena des Myron (1983).

EA = P. ARNDT-W. AMELUNG, Photographische Einzelaufnahmen antiker Skulpturen (1893).

EAA = Enciclopedia dell'Arte Antica, Classica ed Orientale, I-Vu + 2 Suppi. (1958-1997).

FERRARY 1988 = J.L. FERRARY, Philellénisme et Impérialisme (Aspect Idéologiques de la con quête romain du monde hellénistique) (1988).

FUCHS 1999 = M. FUCHS, In hoc etiam genere Graeciae nihil cedamus (1999).

GASPARRI 1995 = C. GASPARRI, L'ofjlcina dei caichi di Baia. Sulla produzione copistica di eta romana in area flegrea, RM 102, 1995, 173-187.

GAUER 1990 = W. GAUER, Penelope, Hellas und der Perserkonig, JdI 105, 1990, 31-65.

GEPPERT 1996 = S. GEPPERT, Castor und Pollux (1996).

GRIMAL. 1984 = P. GRIMAL, Les jardins romains (1984).

HARRI 1989 = L. HARRI, Statuaria, in: EM. STEINBY (Hrsg.), Lacus Iuturnae (1989) 177-189.

HAUBER 1991 = CH. HAUBER, Horti Romani (1991).

HELBIG (1963) = W.H. HELBIG, Führer durch die offentlichen Sammlungen klassischer Altertümer in Rom, 1(1963); 11(1966); III (1969); IV (1972).

KARDOS 2002 = M.J. K1iwos, Lexique de Topographie romaine (2002).

KASCHMTZ 1936 = G. VON KASCHNITZ-WEINBERG, Le Sculture del Magazzino del Museo Vaticano (1936-37).

KASTER 1974 = G. KASTER, Entwicklung und Bedeutung des Pincio-HUgels in Rom (Diss. TU MOnchen) (1974).

KIENAST 1982 = W. KIENAST, Augustus. Princeps und Monarch (1982).

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KNIOGE 1965 = U. KNIGGE, Bewegte Figuren der Grossplastik im Strengen Stil (1965).

LANCIANI 1906 = R. LANcIANI, Le antichità del territorio laurentino nella Reale Tenuta di Castelporziano, MonAnt 16 (1906).

LANDWEHR 1985 = CH. L wrn-IR, Die antiken Gipsabgüsse aus Baiae (1985).

LA ROCCA 1985 = E. LA ROCCA, Amazzonomachia. Le sculture frontonali del tempio di Apollo Sosiano.

LA ROCCA 1987 = E. LA ROCCA, L'Auriga dell'Esquilino (1987).

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1. EINLEITUNG

1.1. Zum Begriff "Strenger Stil"

Unter dem Begriff des Strengen Stils kenn-zeichnet die moderne archaologische Forschung die Formensprache, die sich in Griechenland zwischen spater Archaik und Hoch-Kiassik durchgesetzt hat 1 . Der Begriff "Strenger Stil", der in der archaologischen Literatur sowohi das aligemeine Epitheton "frühklassisch" als auch die alte Bezeichnung "trbergangsstil" ersetzt hat, ist zum ersten Mal von Kramer im Jahre 1837 fur die frUlirotfigurige Vanma1erei ver-wendet worden2 . Nach Wincke]mann, der das adjektiv "streng" nur zur Bezeichnung der Skuipturen benutzte 3 , die vor Phidias geschaf-fen wurden, hat Buschor mit seinem 1924 er-schienenen Weik Uber die Olympia-Skuipturen den Durchbruch in der Veiwendung des Be-griffes "streng" für die Plastik bewirkt 4 . Erst mit der im Jahre 1937 erschienenen Monogra-phie von Poulsen, hat sich dieser Begriff für die Bezeichnung der Plastik durchgesetzt, die in den Jahren 480-450 v. Chr. geschaffen wurde5. Nach dem Erseheinen des Werkes von Poulsen ist der Begriff von dem Rest der Forscher ohne

weiteres und beinahe unkritisch ubernommen worden. So erklart B.S. Ridgway, in ihrer 1970 veröffentlichten Monographie The Severe Style in Greek Sculpture die Anwendung des Adjek-tives swere für die Plastik dieser Epoche als "translation of the German streng" 6 . L. Viad Borrelli, die den Aufsatz uber den Strengen Stil für die Enciclopedia dell'Arte Antica verfasst hat, deutet die moderne Benennung "streng" eher als freie Ubersetzung des lateinischen du-rus, rigidus, austerus, Ausdrücke, die bei römi-schen Autoren der späten Republilc und der Kai-serzeit zur Beschreibung der Kunst dieser Zeit oft vorkommen7 . In einem am Ende des Jabres 1988 erschienenen Aufsatz über den "Strengen Stil" bezieht Jung die von der Forschung all-gemein akzeptierte Benennung "streng" auf die Tendenz der Skuiptur dieser Zeit. Dem spätar-chaischen dekorativen Detailreichtum wird die Beschrankung auf wenige groBe Formen entge-gengesteilt, eine Tendenz, die sich in ihrer ausdrucksmaBigen Wirkung mit Vokabein wie "schlicht", "schwer" "ernst" und "streng" urn-schreiben lässt 8 . Mit anderen Worten: Es ist kiar, dass die modeme Bezeichnung "Strenger

Grundlegend zur Definition des Begriffes des stren gen Stils: EAA VII (1966) 228-229 s.v. Severn, Stile (L. Viad Borrelli); RIDGWAY 1970, 3 ft.; H. JUNG, Zum Stren-gen Stil, in Bathron. Beitrage zur Architektur und ver-wandten Kdnsten 1988, 253 ff.

2 G. KRAMER, Uber den Slyl und die Herkunfi der bemahiten griechischen Thongefq/Je (1837) 101. Kramer benutzte den Begriff "Strenger Stil" für die gesamte rotfi-gurige Vasenmalerei, die der hochklassischen Phase vor-ausgeht.

H. MEYER-J. SCHULZE (Hrsg.), Winckelmanns Wer-ke, Bd. 5, 1812, 547 ff. Anm. 907.

E. BUSCHOR, Die Skulpturen des Zeustempels zu Olympia (1924).

V.H. POULSEN, Der Strenge 5th, ActaArch 8, 1937, 2 ff.

6 RIDGWAY 1970, 3. VLAD BORRELLI a. 0. 229.

8 H. JUNG, Zum Strengen Stil, in: Bathron. Beitrage zur Architektur und verwandten Kdnsten (1988) 253.

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Stil" von dem klassizistischen Urteil abhangig ist, nach dem die vorphidiasische Kunst nur em Weg war, urn die Volikommenheit der griechi-schen Kunst klassischer Zeit zu erreichen.

Unter dem Gesichtspunkt des Stils erfol-gen ill den ersten dreiBig Jahren des 5. Jh. v. Chr. - vorwiegend nach dem Ende der persi-schen Kriege - wichtige Veiänderungen, die bei den menschlichen Gestalten sowohi den Ausdruck der Gesichter als auch die Wieder-gabe der Gewänder beeinflussen 9 . Das sog. "archaische Lächeln" verschwindet. Vor allem die männlichen Figuren, derer Korpermusku-latur eine genauere Kenntnis der Anatomie verrät, zeigen in ihren ungezwungenen B ewe-gungen und in der Differenzierung der Arm-haltung eine erste Herausarbeitung des Kon-traposts. Neu ist die Darstellung von Muskein, Skelett und Haut, die miteinander im Wider-spiel stehen, und zusammen em Ganzes bil-den. Die Kuroi tragen statt der langen, auf-wendigen Frisur archaischer Zeit kurzes oder aufgenommenes Haar. Für die mannlichen Fi-guren des Strengen Stils ist das in einem oder zwei Zopfen aufgenommene und urn den Kopf gelegte Haar kennzeichnend, eine Frisur, die Plutarch zum ersten Mal mit dem jungen The-seus in Veibindung bringt 10 . Was die Frauen angeht, wird der ionische Chiton von dem schweren dorischen Peplos abgelost, der lan-ger ist und die Korperformen kaum durch-scheinen lässt. Die Anderungen betreffen nicht nur den Stil, auch auf der ikonographischen

Ebene lassen sich wichtige Neuerungen fest-stellen: so vermitteln sowohl die Darstellun-gen des Brygos- und des Berliner Malers, als auch attische Weihreliefs das Bild von beson-nenen Göttern und Menschen, die Traurigkeit und Nachdenklichkeit ausdrucken".

Die bestehende enge Veibindung zwischen den stilistischen und inhaltlichen Anderungen in der Kunst und den historischen Ereignissen, die die ersten dreiJ3ig Jahre des 5. Jh. gepragt haben, ist von der modernen archaologischen Forschung hervorgehoben worden' 2 . In diesen Jahren entwickelt sich der Konflikt zwischen dem persischen Reich und den griechischen p0-

leis, die zum ersten Ma! gemeinsam unter der FUhrung von Athen und Sparta kämpften. Die griechische Geschichtsschreibung deutete die-sen Konflikt und den griechischen Sieg als Aus-einandersetzung zwischen zwei verschiedenen Staatsformen, wobei das persische System mit der Alleinherrschaft (Tyrannis), das griechische mit der Demokratie identifiziert wurde. So wur-den die griechischen Siege von Marathon und Salamis als Sieg der Freiheit und der Demo-kratie gedeutet und Uberliefert.

In dieser Zeit hat sich langsam das Gefuhl einer gemeinsamen griechischen Identität ge-bildet und sich der Begriff der Demokratie ver-breitet, als Moglichkeit aller Burger, an der Regierung der Polis teilzunehmen' 3 . Ihren höchsten Ausdruck fand diese Entwicklung im perikleischen Athen. Die neue Mentalität spie-gelt sich in den Tragodien des Aischylos und Sophokles wieder, mit neuen ethischen Fragen,

Zusammenfassend zu den stilistischen Veränderun-gen LIPPOLD 1950, 94 ff. (mit weiteren Literatur), der als zeitliche Rahmen des Strengen Stils die Jahre 490-450 gibt.

10 PLUT., Thes., 5. S.N.A. YAtoums, II fenomeno della stile severo,

in: La stile severo in Sicilia (1990) 29 ff. 12 Dazu YALOURIS, a. 0. 29 ff.; J.J. POLLITT, La nas-

cita dell'arte classica greca in un universo platonico, in: E. LA ROCCA (Hrsg.), L'esperimento della perfezione. Arte e società nell'Atene di Pericle (1988) 43 f.; N. BONACA-

SA, Introduzione, in: Lo stile severo in Sicilia (1990) 3 ff.; A. BORBEIN, Klassische Kunst, in: Die Griechische Kiassik. Idee oder Wirklichkeit (Katalog der Ausstellung Berlin) 2002, 9-25.

13 Die Verbindung zwischen dem Sieg gegen die Per-ser und der Entstehung der griechischen Demokratie ist von CH. MEIER, Athen (1993) 247 ff. und DER5., Burger-Identitat und Demokratie, in: U. RAULFF (Hrsg.), Kannten die Griechen die Demokratie? (1988) 47 ff. exemplarisch dargesteilt worden.

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die die Menschen an die Götter und an die Gesellschaft stellen'4.

Mein Anhiegen war bei dieser Arbeit, die Frage zu beantworten, wie der strenge Stil, bzw. Skuipturen Strengen Stils in Rom rezipiert und gedeutet worden sind. Die schriftlichen Quellen geben uns darüber kaum Auskunfte. In der In-

stitutio Oratoria nennt Quintilian einige KUnst-ler dieser Zeit. In seiner Auflistung wird die Kunst von Kalamis als weicher (molliora) emp-funden als die von Hegesias, härter aber als die von Myron (duriora)' 5 . Tm wesentlichen wie-derholt Quintilian das Urteil, das zum ersten Mal von Cicero im Brutus ausformuliert wur-de' 6 . Der strenge Stil wird als die Ubergangs-zeit zwischen der Hhrte der archaischen und der Voilkommenheit der klassischen Kunst be-schrieben, deren wichtigste Vertreter Phidias und Polykiet sind. Neben der wichtigen Aussa-ge der klassizistischen Schule der spaten Repu-blik und der Kaiserzeit wissen wir aus anderen schriftlichen und archaologischen Quellen, dass erbeutete Weike Strengen Stils seit dem 1. Jh. vor Chr. in römischen Tempein geweiht wur-den, und dass sowohi Originale als auch Kopi-en von berühmten Kunstwerken dieser Zeit in Rom aufgestellt wurden' 7 . Ebenso bezeugen ar-chaologische Befunde, wie die zahireichen Wer-ke aus den Horti Sallustiani und Tauriani, dass Werke Strengen Stils bereits in republikanischer Zeit rämische Gartenanlagen ausschmückten. In die Mitte des 2. Jh. v. Chr. lässt sich dann die erste Gruppe datieren, die der Dioskuren vom Lacus Iuturnae, bei der Merkmale Strengen

Stils zusammen mit archaischen ZUgen zur Anfertigung eines eklektischen Kunstwerkes verwendet wurden.

1.2. Ziel und Methode der Arbeit

Ziel dieser Arbeit ist zu klhren, wie Skuip-turen Strengen Stils in der römischen Gesell-schaft wiederverwendet und gedeutet worden sind. Zu dieser Fragestellung hat mich em 1969 von Filippo Coarelli verfasster Aufsatz ange-regt, in dem der Forscher sich zum ersten Mal mit der Wiederaufstellung der Tymnnenmorder in Rom auseinandersetzt und das Problem un-ter dem Gesichtspunkt der Römer behandelt'8. Zwei weitere Grunde haben mich zu dieser Pro-blemstellung bewegt: Erstens die Tatsache, dass die Rezeption des Strengen Stils bis heute als reines Problem der Kopienforschung betrachtet wurde. Die Kunstwerke sind nur danach erforscht und bewertet worden, inwiefern sie als Kopie, Umbildung oder Neuschopfung in Be-zug auf em griechisches Vorbild einzustufen sind. Zweitens die Veimutung, dass politische und gesellschaftliche Gründe der Wiederauf-nahme und Aufstellung von Statuen des Stren-gen Stils zugrundelagen. Daher habe ich alle Statuen Strengen Stils untersucht, die aus Rom und aus der näheren Umgebung stammen und die sich in den Zeitraum zwischen dem 2. Jh. v. Chr. und der antoninischen Zeit einordnen liefien. Tm 2. Jh. v. Chr. fangt die systematische Einfuhr griechischer Kunstwerke nach Rom als Folge cler Eroberung Griechenlands an und erst ab dieser Zeit sind Statuen Strengen Stils auf-

14 S. z. B. die Darstellung der niedergeschlagenen Per-ser in der gleichnamigen Tragodie des Aischylos. Die Ver-bindung zwischen der Tragodie und den gleichzeitigen po-litischen Ereignissen wird von CH. MAIER, Die politische

Kunst der griechischen Tragodie, 6 ff.; 178 ff. behandelt. 15 QUINT., inSt., 10, 7. 16 Cic., Brut., 18, 70: "Wer zum Beispiel von denen,

die ihre Aufmerksamkeit auch einmal Dingen von germ-gerem Gewicht zuwenden, sähe nicht, wie die Bildwerke

des Kanachos zu steif sind, als dass sie die lebendige Wirk-lichkeit wiedergeben könnten? Die des Kalamis sind zwar auch noch hart, aber doch schon wieder weicher als die des Kanachos. Die des Myrons reichen ebenfalls noch nicht nahe genug an die lebendige Wirklichkeit heran; dennoch wurde man nicht zogern, sie schdn zu nennen".

17 Grundlegend dazu bleibt die unübertroffene Arbeit von PAPE 1975, 3 ff.

II COARELLI 1969. 137-160.

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gestelit worden. Die untere Zeitgrenze lässt sich durch die Tatsache begrunden, dass das Mate-rial nach der hadrianischen Zeit zu selten wird, urn eine ausführliche Untersuchung zu erlau-ben. Objekt der Forschung sind sowohi die we-nigen Originale gewesen, die uns erhalten sind, als auch Kopien und eklektische Kunstwerke, die eindeutige Merkmale strengen Stils zeigen.

Die eklektischen Neuschopfungen des Ste-phanos und Pasiteles, in der 1999 erschiene-nen Dissertation von M. Fuchs erforscht, sind im Rahrnen dieser Arbeit nicht berucksichtigt worden'9.

Urn das Veiständnis und die Bewertung der Kunstwerke irn römischen Zusammenhang zu errnoglichen, habe ich rnich der wenigen litera-rischen Quellen bedient, die Angaben über Auf-stellungsorte von Kunstwerken in Rom liefem. Für diesen Teil der Arbeit ist vorwiegend auf die grundlegende Dissertation von Pape über die republikanische Zeit und auf die 1998 er-schienene Arbeit von A. Celani Bezug genom-men20.

Die groBte Schwierigkeit dieser Forschung bestand darin, dass der GroBteil der Funde kei-nen gesicherten Fundort hat. Da der Schwer-punkt der Arbeit darauf liegt, die Kriterien der Wiederverwendung der Statuen in der römi-

schen Gesellschaft zu behandein, habe ich mich bei der Untersuchung des Materials auf die Fun-de beschränkt, bei denen sich em Fundkontext rekonstruieren liefi. Sie sind sowohi im Text, als auch im Katalog, nach den topographischen Fundangaben eingeteilt worden. Die Kunstwer-ke, deren Fundort unbekannt ist, sind als Ver-gleichsmaterial berucksichtigt aber nicht weiter behandelt worden.

Diejenigen, bei denen nicht nur em Fundort, sondern auch em breiterer Kontext wiederher-zustellen war, sind als Einzeluntersuchungen aufgenomrnen und vertieft worden. Da die Art der Wiederverwendung der Kunstwerke sich auch nach dem Aufstellungsort richtet, sind die Statuen, die aus offentlichen Raumen stamm-ten, wie die Dioskuren vom Lacus Iuturnae oder die Tymnnenrnorder vorn Kapitol, von den anderen, die aus den Horti stamrnen, unter-schieden worden. Alle anderen Kunstwerke, bei denen man weder die Frage des Auftraggebers, noch die Frage eines Aufstellungsortes beant-worten konnte, werden ausführlich nach dern Auffindungsort im Katalog besprochen. SchlieB-lich habe ich rnich mit dern Problem der Typen auseinandergesetzt, urn die Frage zu beantwor-ten, weiche Typen in der römischen Rezeption bevorzugt wurden.

19 FUCHS 1999.

20 PAPE 1975, Anm. 17; A. CELANT, Opere d'arte greche nella Roma di Augusta (1998) 89 ff.

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2. ANTIKE SCHRIFTQUELLEN

2.1 Verzeichnis der Bauten in Rom, in denen sich Kunstwerke strengen Stils befunden haben

Apollo Palatinus, Aedes

Begonnen im Jahre 36 v. Chr., geweiht 28 v. Chr.

Im Jahre 363 n. Chr. abgebrannt.

1) Armenta Myronis

S. Kap. 3.8.1.

men22. Die Tiere waren wahrscheinlich auf hohen Pfeilern aufgestellt, wie man auch auf einer Seite der Basis von Sorrent erkennen kann23 . Die von H. Mattingly und M. Fuchs geauBerte Vermutung, dass sich unter den ar-menta die berühmte myronische Kuh befunden habe, ist nicht anzunehmen24 . Allerdings ist der Meinung von Zanker und Fuchs zuzustimmen, nach der die Stiere als Hinweis auf eine dau-ernde Opfergabe für den Gott Apollon, dessen Kuitbild im Tempel em Werk des Skopas war, zu deuten sind25.

Prop., 2, 31,7-8: atque aram circum steterant armenta Myronis, Capitolium quattuor artificis, vivida signa, boves21.

Nach Properz standen vier Stiere, armenta Myronis, urn den Altar vor dem Tempel des Apollon auf dem Palatin. Aus dem Text lässt sich nicht erschliessen, ob die Tiere tatshchlich em Werk des Myrons waren, da die antike Uberlieferung nur die beruhmte Kuh nennt, oder ob es sich urn römische Schopfungen han-delte, die auf Werke des Myrons Bezug nah-

2) Statue des Apollon des Kalamis

Pun., nat., 34, 39: Audaciae innumera sunt exempla. moles

quippe excogitatas videmus statuarum, quas colossaeas vocant, turribus pares. talis est in Capitolio Apollo, tralatus a M. Lucullo ex Apol-lonia Ponti urbe, XXX cubitorum, quingentis talentis factus26.

21 "Und den Altar umgaben vier Rinder, die Herde des Myron, die der Kunstler erschuf, gerade als lebte das Werk"

22 j • OVERBECK, Die antiken Schrftquellen zur Ge-

schichte der bildenden Kunste bei den Griechen (1971) Nr. 550-591; Eher fur eine Neuschopfung sprechen sich PAPE

1975, 147 und P. ZANKER, Der Apollontempel auf dem

Palatin, AnaiRom Suppi 10, 1983, 32 aus. 23 Darllber M. GUARDUCCI, Enea e Vesta, RM 78,

1971, 104 ff.; PAPE 1975, 147; A. CELANI, Opere d'arte

greche nella Roma di Augusto (1998) 100.

24 H. MATTINGLY, Coins of the Roman Empire in the British Museum, vol. 1-5 (1965) P1. 38; FUCHS, a.O., 47. Dagegen s. Kap. 3.8.4.

25 ZANKER a.O., 32; FUCHS 1999, 47. 26 "Für die Kuhnheit gibt es unzahlige Beispiele. Wir

sehen ja, dass man riesige Statuen erdacht hat, die man Kolosse nennt, Türmen gleichkomnsend. Von dieser Art ist der Apollo auf dem Kapitol, von M. Lucullus aus Apollo-nia, einer Stadt am Pontos, herbeigefuhrt, 30 Ellen hoch und (mit einem Aufwand) von 500 Talenten hergestellt" (nach G. Winkler).

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Strab., 7, 6,1 p. 319 E!vt A7t0XXO)vIa. . .dtouoç M2ioicov, to

mXsov tOt) KtU5J1aT0; thpEVOV ExO13OX EV vi-nIp 'ctv [otoD] epOv toi Ató2Xwvoç, d oO MdpKoç AeIKo2Xoç tO y ico2orOv pe ica dvdOivev dv t6i KwteroXIw toy to5 AmóX).w-vo;, Ka2dqnoç dp'yov27".

Pun., nat., 4, 92: "citra Histrum Apollonia-tarum una, LXXX p.a Bosporo Thracio, ex qua M. Lucullus Capitolinum Apollinem advexit28".

Die Quellen erwähnen die Statue eines ko-lossalen Apollon, die von M. Terentius Varro Lucullus aus Apollonia Pontica nach Rorn ge-bracht wurde. Wie es sich bei Strabon lesen las-st, war der Gott em Werk des Bildhauers Kala-mis29 . Diese Statue ist von Studniczka mit Silbermtinzen des 2. und des 1. Jh. v. Chr. in Vefoindung gebracht worden 30 . Die Münzen, die in Apollonia geprägt wurden, zeigen den nackten jugendlichen Gott von vome, stehend, mit rechtem Spiel- und linkem Standbein, der in der gesenkten linken Hand den Bogen halt und mit der angehobenen rechten em Lorbeer-bäumchen urnfasst. Der Kopf ist leicht zu sei-ner rechten Schulter gewendet, die lange Frisur ist in Haarrollen mit Schulterlocken geglie-dert3m . Das Standmotiv lässt sich urn die Half-te des 5. Jhs. v. Chr. datieren. Bei den ponthi-schen Münzen handelt es sich, wie Studniczka

beobachtet hat, urn freie Nachbildungen römi-scher Zeit, die wahrscheinlich auf den Bronze-koloss des Kalamis zurückzuführen sind. Da M. Lucullus dieses Werk nach Rom brachte, ist es anzunehrnen, dass es kopiert wurde. Eine der besten Kopien des Apollon von Kalarnis sei nach Studniczka, Lippold und Dorig der sog. Tiber-Apollon, dessen Typus mehrfach Uberlie-fert ist32 . Obwohl diese Zuschreibung noch urn-stritten ist, sind die Ubereinstirnmungen zwi-schen dern MUnztyp und der statuarisehen Uberlieferung offenbar, so dass zu vermuten ist, dass beide von demselben Vorbild abhangig sind33 . Der Apollon von Kalamis stand in dern wichtigsten Ternpel der Stadt Apollonia, irn Ternpel des Apollons, von dem die Stadt den Narnen trug. Sicher handelte es sich urn em hochgeschatztes Werk, eine Art Wahrzeichen der Stadt, wie die hohe Anzahl der Kopien rö-mischer Zeit verdeutlicht. Der etwa 13 rn hohe Schutzgott war von weitern zu sehen. In Erin-nerung an die Eroberung der Stadt, die für Mi-thridates Partei ergriffen hatte, lieB L. Licinius Lucullus die Statue als Kriegsbeute nach Rorn bringen und bei seinern im Jahre 71 v. Chr. ge-feierten Triumph auf dem Kapitol errichten34. Es ist durchaus rnoglich, dass Quintilian und Cicero bei der Beschreibung des Stils des Ka-lamis auf dieses Werk Bezug nehrnen, da es auf dem Kapitol zu sehen war35.

27 STRAB., 7, 6,1: "Dann kommt Apollonia, eine Kolonie von Milet. Der grollte Teil von Apollonia 1st auf einer Insel gebaut worden. Dort befindet sich em Tempel des Apollon. Aus diesem Tempel hat Marcus Lucullus die kolossale (Statue) des Apollon genommen und auf dem Kapitol aufgestellt. Die Statue ist em Werk des Kalamis" (Ubersetzung der Verfasseiin).

28 PuN., 4, 92: "Diesseits des Hister liegt eine <<In-sel>> der Bewohner von Apollonia, 80 Meilen vom Thra-kischen Bosphoros entfernt, von der M. Lucullus den auf dem Kapitol aufgestellten Apollon hergebracht hat" (nach G. Winkler).

29 STRAO., 7, p. 319; OVERBECK aU., 95, 509-511. 30 F. STUDNICZKA, Kalamis (1907) 68 ff. Taf. 10

Abb. 1-4. 31 B. PICK, Thrakische Munzbilder, JdI 13, 1898, Taf.

10 Nr. 27-28. 32 STUDNICZKA a.O., 95 ff.; LIPPOLD 1950, 111 mit

Anm. 17; J. DORIG, Kalamisstudien, JdI 80, 1965, 230 ff. (mit Replikenliste bei der Anm. 401).

Einige Forscher sind der Meinung, dass dieses Werk zum Marathonischen Weihgeschenk des Phidias in Delphi gehort hat. Eine Zusammenfassung des Problems bietet DoRIG a.O. 231 ff. mit Literatur an.

Der Kleine Pauly 1 (1964) 447-448 s.v. Apollonia (Dxsoi).

QUINT., inSt., 12, 10,7; Cic., Brut., 18, 70.

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3) Statue des Zeus des Myron

Strab., 14, 1,14: (Im Heraion auf Samos) "rpIct Mi)ptuvoç sp'ya KoXoaKa ip14td-

vu üiti nüç cWU)g, a ipe icy Av'cthvwç, dtvéOlKe 15ü icdOcv 6 efacrôç Kcficxp eiç 'nv ai)riv Bthtv rd 6i1o, 'riv 'Ariiväv Krn 'toy 'HpaKXüct 'toy On Am niç 'cO Kwtn'tth2aov jse'nj-Ve'ylcn cx'tacricevwraç cx&t i vaicylcov36".

S. Kap. 3.4.1.

Wie aus dem Text hervorgeht, weihte Au-gustus auf dem Kapitol eine Zeusstatue des Myron, für die em Naiskos gebaut wurde. Das Werk stand ursprunglich in dem Heratempel in Samos und gehorte zu einer Gruppe, die Zeus mit Athena und Herakles darstelite. Die Grup-pe hatte Marc Anton geraubt und nach Rom gebracht. Augustus lieB dann die Statuen - mit Ausnahme des Zeus - zuruckgeben. Dank der übereinstimmenden Uberlieferung von Bronze-statuetten und der Wiederauffindung euler ko-lossalen Statue in der Nähe des Theatrum Mar-celli, die Berger und La Rocca dem Typus des Zeus des Myron zugeschrieben haben, lasst sich das Aussehen des ursprunglichen Bronze-werkes rekonstruieren37 . Der Gott war nackt dargesteilt, mit einem Mantel, der über die un-ke Schulter fiel und fast bis zum rechten Knie reichte. Das Gewicht ruhte auf dem rechten Bein, wahrend das unbelastete linke Bein leicht zur Seite gedreht war. Der Uberlieferung der Bronzestatuetten zufolge hielt der Gott in der

rechten Hand das BlitzbUndel, wbhrend die un-ke Hand das Szepter umfasste. Das gleiche Schema wiederholt sich auf einer Wandmalerei in der fruhaugusteischen Villa della Farnesi-na38 , sowie auf kaiserzeitlichen Münzen und auf einem Relief der zweiten Hhlfte des 2. Jh. n. Chr.39.

Fortuna Huiusce Diei, Aedes

4) Gruppe des Pythagoras von Samos

Plin., nat., 34, 60:

"Fuit et alias Pythagoras Samius, initio pic-tor, cuius signa ad aedem Fortunae Huiusce Diei septem nuda et senis unum laudata sunt. hic supra dicto facie quo que indiscreta similis fuisse traditur. 40"•

Der Tempel des Fortuna Huiusce Diei wird von der archaologischen Forschung mit dem Tempel B von Largo Argentina identifiziert. Das Gebäude gelobte Q . Lutatius Catulus vor der Schlacht bei Vercellae im Jabre 101 v.Chr. Coarelli bringt diese Notiz in Veibindung mit einer Stelle von Tatian41 , bei der der Verfasser eine Gruppe von Eteokies und Polyneikes als Werk des Pythagoras vor dem Tempel erwähnt. Nach Coarelli handele es sich dabei urn die Gruppe der Sieben gegen Theben mit Eteokies, während der alte Mann als Amphiaraos zu deu-ten sei. Schon fruher hatte Rumpf dagegen ar-

STRAB., 14, 1,14: "Anton raubte drei kolossale Wer-ke des Myron, die auf einer einzin Basis aufgestellt waren. Der Divus Augustus lieB zwei von denen zuruckgeben, die (Statue) der Athena und die des Herakies. Die (Statue) des Zeus lieB er auf dem Capiulium aufste11, nachdem er für sie einen Naiskos hatte bauen lassen ". (Ubersetzung der Vfasserin).

E. BERGER, Zum samischen Zeus des Myron in Rom, RM 77, 1969, 66 ff.; zuletzt E. LA ROCCA, Inda-

gini e Restauri nel Campo Marzio Meridionale: teatro di Marcello, portico d'Ottavia, circoflaminio, porto tiberino,

ArchLaz 12, 1, 1995, 103-119. BERGER a.O., 88. BERGER a.O., 87 Anm. 121; 88; HELBIG 11(1966)

575 Nr. 1806 (E. SIMoN). 40 "Es gab noch einen anderen Pythagoras, aus Sa-

mos, der anfangs Maler war, dessen (Werke), sieben nack-te Standbilder und das Bud eines aiten Mannes beim Tern-pel der Fortuna Huiusce Diei, gerUhmt werden. Er soil auch dem oben genannten (Pythagoras) im Aussehen tao-schend ähnlich gewesen sein..." (nach Konig).

41 TATIAN, c. Graec., 54.