Gli anni giovanili di Franz Brentano e la Dissertazione del 1862 sui Molteplici significati...

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Giornale di Metafisica - Nuova Serie - XXXIII (2011), pp. 413-436. Jacopo-Niccolò Bonato GLI ANNI GIOVANILI DI FRANZ BRENTANO E LA DISSERTAZIONE DEL 1862 SUI MOLTEPLICI SIGNIFICATI DELL’ESSERE SECONDO ARISTOTELE I. INTRODUZIONE Nel complesso panorama di studi dedicati a Franz Brentano si as- siste da qualche tempo ad un rinnovato interesse per il periodo gio- vanile e l’iniziale aristotelismo del filosofo di Marienberg 1 . I motivi di queste scelte possono essere i più disparati. Qui basti soltanto no- tare che lo stato lacunoso dell’opera omnia, moltissimi sono infatti 1 Mi riferisco per esempio ai recentissimi volumi di P. Tomasi, Una nuova lettura dell’Aristotele di Franz Brentano alla luce di alcuni inediti , Uni Service, Trento 2009, e di M. Mangiagalli, Franz Brentano interprete di Aristotele, Aracne, Roma 2009. Ad ogni modo l’aristotelismo del giovane Brentano è un problema già toccato dalla critica con esiti discordanti. Studiosi come Volpi o Besoli tendono per esempio a minimizzare tale aspetto, mentre altri studiosi come la Albertazzi e lo stesso Tomasi, oppure studiosi stra- nieri del calibro di Münch, tendono invece a sottolineare questo aspetto con fermezza. Cfr. F. Volpi, “War Franz Brentano ein Aristotelischer?”, in K. Feilchenfeldt e L. Zagari (Hrsg.), Die Brentano: eine europäische Familie, Niemeyer, Tubingen 1992, pp. 129- 145; l’introduzione di Stefano Besoli a F. Brentano, La psicologia di Aristotele: con par- ticolare riguardo alla sua dottrina del nous poietikos , Quodlibet, Macerata 2008; L. Alber- tazzi, Brentano, Editori Laterza, Roma-Bari 1999; L. Albertazzi, “The Psychophysics of the Soul. Aristotle and Brentano”, in D. Thouard (éd.), Aristote au XIX e siècle, Septen- trion, Lille 2004, pp. 249-275; D. Münch, Intention und Zeichnen. Untersuchungen zu Franz Brentano und zu Edmund Husserls Frühwerk , Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1993; D. Münch, “Neues zum frühen Brentano”, Grazer Philosophische Studien 67 (2004), pp. 209-225.

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Giornale di Metafisica - Nuova Serie - XXXIII (2011), pp. 413-436.

Jacopo-Niccolò Bonato

GLI ANNI GIOVANILI DI FRANZ BRENTANO ELA DISSERTAZIONE DEL 1862 SUI MOLTEPLICI

SIGNIFICATI DELL’ESSERE SECONDO ARISTOTELE

I. INTRODUZIONE

Nel complesso panorama di studi dedicati a Franz Brentano si as-siste da qualche tempo ad un rinnovato interesse per il periodo gio-vanile e l’iniziale aristotelismo del filosofo di Marienberg1. I motividi queste scelte possono essere i più disparati. Qui basti soltanto no-tare che lo stato lacunoso dell’opera omnia, moltissimi sono infatti

1 Mi riferisco per esempio ai recentissimi volumi di P. Tomasi, Una nuova letturadell’Aristotele di Franz Brentano alla luce di alcuni inediti, Uni Service, Trento 2009, e diM. Mangiagalli, Franz Brentano interprete di Aristotele, Aracne, Roma 2009. Ad ognimodo l’aristotelismo del giovane Brentano è un problema già toccato dalla critica conesiti discordanti. Studiosi come Volpi o Besoli tendono per esempio a minimizzare taleaspetto, mentre altri studiosi come la Albertazzi e lo stesso Tomasi, oppure studiosi stra-nieri del calibro di Münch, tendono invece a sottolineare questo aspetto con fermezza.Cfr. F. Volpi, “War Franz Brentano ein Aristotelischer?”, in K. Feilchenfeldt e L. Zagari(Hrsg.), Die Brentano: eine europäische Familie, Niemeyer, Tubingen 1992, pp. 129-145; l’introduzione di Stefano Besoli a F. Brentano, La psicologia di Aristotele: con par-ticolare riguardo alla sua dottrina del nous poietikos, Quodlibet, Macerata 2008; L. Alber-tazzi, Brentano, Editori Laterza, Roma-Bari 1999; L. Albertazzi, “The Psychophysics ofthe Soul. Aristotle and Brentano”, in D. Thouard (éd.), Aristote au XIXe siècle, Septen-trion, Lille 2004, pp. 249-275; D. Münch, Intention und Zeichnen. Untersuchungen zuFranz Brentano und zu Edmund Husserls Frühwerk, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1993; D.Münch, “Neues zum frühen Brentano”, Grazer Philosophische Studien 67 (2004), pp.209-225.

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gli inediti ancora da pubblicare, e le varie critiche mosse da più partiai criteri adottati dai discepoli per la pubblicazione delle restantiopere, hanno forse indotto gli studiosi a focalizzare la loro attenzionesui primi lavori pubblicati personalmente in gioventù da Brentano,dedicati interamente ad Aristotele. Questi lavori sono infatti fonticerte e dirette dalle quali è possibile ricavare il pensiero giovanile diBrentano e le sue fonti allo scopo di comprenderne i fondamenti edil successivo sviluppo storico. In tal senso è anche comprensibile iltentativo di periodizzazione del pensiero di Brentano intentato da al-cuni studiosi2.

Nel presente articolo si cercherà quindi di proporre una riletturadel periodo giovanile e dell’aristotelismo di Brentano. Da una partesi prenderanno in considerazione gli insegnanti, gli autori principalie le loro dottrine incontrati dal giovane Franz durante gli studi uni-versitari, a sottolineare i reali interessi maturati da Brentano durantegli anni di studi. Dall’altra si porteranno all’attenzione del lettore al-cuni ritrovamenti fatti presso il Centro per la documentazione della fi-losofia austriaca (FDÖP) di Graz. Qui è possibile consultare le copiedigitali e cartacee dei suoi inediti, nonché la Brentanoshandbiblio-thek, dove si trovano i libri posseduti in vita da Brentano. È tra que-sti libri, ricchi tra l’altro di appunti, sottolineature e bigliettini, chesi trovano importanti elementi che gettano nuova luce sulle realifonti del pensiero di Brentano. Infine, alla luce dei risultati ottenuti,si proporrà una breve analisi della dissertazione di laurea del 1862:Sui molteplici significati dell’essere secondo Aristotele3.

II. LA GIOVENTÙ DI BRENTANO E GLI ANNI UNIVERSITARI

Nella Brentanoshandbibliothek si trova per esempio Lo specchiodella natura4, un’opera eclettica ed originale di Heinrich Schubert.

2 A. Chrudzimski, Intentionalitätstheorie beim frühen Brentano, Kluwer, Dordrecht2001.

3 F. Brentano, Von der Mannigfachen Bedeutung des Seienden nach Aristoteles, Olms,Hildesheim 1960 (trad. it. a cura di G. Reale, Sui molteplici significati dell’essere secondoAristotele, Vita e Pensiero, Milano 1995). Abbreviazione MBS.

4 H. von Gotthilf Schubert, Spiegel der Natur, Enke Ernst, Erlangen 1845.

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Così come è scritto in terza di copertina il giovanissimo Brentano,ancora undicenne Schüler der IIten Classe der lat. Schule ad Aschaffen-burg, riceve il testo in regalo il 31 agosto 1849. Questa potrebbe es-sere quindi una delle primissime fonti del suo pensiero. Si passeràora ad una rapida analisi del testo.

Schubert prende per esempio in considerazione la maggior partedelle acquisizioni della cultura e della scienza, della fisica, della bio-logia e della chimica moderne, compresi il problema del galvanismoe dell’attività muscolare, problemi che giocano un forte ruolo nellaformazione della moderna teoria dell’energia del senso. Sono questigli argomenti che hanno suscitato l’interesse di molti studiosi pro-prio in relazione alla psicologia di Brentano ed alle sue pretese scien-tifiche, empiristiche e sperimentali. L’impianto e lo spirito dell’operadi Schubert rimangono però profondamente umanistici e religiosi elo stesso problema dell’anima, in verità qui profondamente trattato,è da intendersi in questi termini. L’anima è infatti il luogo dello spi-rito, delle rivelazioni, dei sentimenti, della salda credenza in Dio, ir-riducibile alle analisi fisiciste delle stimolazioni nervose. L’anima èinoltre il luogo dei concetti, delle idee, delle forme, degli universali.Lo studio serio dell’anima e l’istanza di una sua rivalutazione dalpunto di vista scientifico si posano su queste basi. L’impegno psico-logico nasce prima di tutto da un impegno spirituale, religioso, uma-nistico ed infine metafisico, che presumibilmente Brentano inizia amaturare fin dalla gioventù, forse nel confronto con questo testo, eche in verità conserverà per tutta la vita.

Queste considerazioni vanno poi contestualizzate nel retroterrafamiliare, caratterizzato da almeno due importanti figure, la madreed il filologo Joseph Merkel, che collaborano nel formare il giovaneFranz sulla base di saldi principi religiosi, ma anche nella passioneper gli studi, la filologia, le lingue, la cultura classica e quella moder-na di ispirazione romantica. Da tenere poi in considerazione l’in-fluenza che possono avere avuto sul giovane Franz lo zio, ClemensBrentano, famoso poeta romantico amico di Goethe, e lo stesso pa-dre, Christian, in verità scomparso prematuramente, autore di variscritti religiosi. Questa è in fondo l’immagine del giovane Brentanoche ne risulta, a cavallo tra romanticismo, classicismo e spiritualità.

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Solo su queste basi e come conseguenza della sua educazione, dellesue influenze e delle attitudini maturate fin dalla gioventù, è com-prensibile la scelta di Brentano di dedicarsi primariamente alla cul-tura classica, nello specifico ad Aristotele, ed in seguito alla psicolo-gia.

Non pare ora fuori luogo, a chiarire il quadro di riferimento checaratterizza gli interessi del giovane Brentano, qualche cenno aggiun-tivo ai suoi studi universitari. Durante i primi anni di università, aMünchen, dal 1856 al 1858, di cui non rimane in verità molta trac-cia, Brentano sembra frequentare prima di tutto le posizioni ideali-ste, tramite l’influenza di Peter Ernst von Lasaulx, allievo schellin-ghiano che insegna qui in questo periodo, nonostante le aspre criti-che che anni più tardi Brentano volgerà a Schelling e all’idealismo5.Inoltre, tramite Joseph Hergenröther ed altri valenti teologi attivi aWürzburg, dove Brentano studia nel semestre estivo del 1858, egliintraprende studi di patristica e teologia medioevale entrando per laprima volta in contatto con quella frangia del cattolicesimo tedescoche, nel bene e nel male, giocò un qualche ruolo nella sua vita e so-prattutto agli occhi dei suoi avversari, che lo accusarono spesso edingiustamente di ultramontanismo.

Successivamente Brentano si trasferisce a Berlino, dove tra il1858 ed il 1859 frequenta per un semestre le lezioni di AdolfTrendelenburg, con il quale affronta molti autori moderni che pos-sono più o meno avere influenzato il suo pensiero, tra i quali Spi-noza, Leibniz, Kant, Fichte, Schelling, Hegel, Herbart. Inoltre,Trendelenburg è impegnato in questo periodo nella stesura di ungrande lavoro di commento alla psicologia aristotelica, che risulte-rebbe quindi l’argomento principale delle lezioni frequentate daBrentano6.

C’è da aggiungere infine che le ricerche filosofiche di Trendelen-burg riguardano maggiormente la metafisica e l’aspetto linguistico,

5 F. Brentano, “Über Schellings Philosophie” (1866 und 1869), in Id., Über die Zu-kunft der Philosophie, Meiner, Hamburg 1968, pp. 101-133.

6 Cfr. M. Antonelli, Alle radici del movimento fenomenologico. Psicologia e metafisicanel giovane Franz Brentano, Pitagora, Bologna 1996, che cita ampi stralci delle lezioni dipsicologia di Trendelenburg. Cfr. anche E. Fugali, Anima e movimento. Teoria della co-noscenza e psicologia in Trendelenburg, Franco Angeli, Milano 2002.

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piuttosto che la psicologia moderna. In un testo importante come leLogische Untersuchungen7, come in altri lavori di Trendelenburg cheBrentano legge e che si trovano nella sua Handbibliothek, i riferi-menti agli psicologi sperimentali sono pressoché assenti. Con questosi evidenzia come l’accesso alla psicologia scientifica da parte diBrentano non avviene durante gli studi universitari, né tanto menocon Trendelenburg, quanto piuttosto successivamente ed autonoma-mente.

Come ultima tappa dei suoi studi universitari Brentano si stabi-lisce per due semestri, tra il 1859 ed il 1860, a Münster, allo scopodi seguire le lezioni del filosofo neoscolastico Franz Jacob Clemens,con il quale affronta più la filosofia medioevale, la scolastica e la teo-logia, che la filosofia moderna. Presumibilmente il motivo che spin-ge Brentano a Münster è quello di sottrarsi alle sterili dispute filoso-fiche moderne, che aveva affrontato per esempio con Trendelen-burg, fiero avversario dell’idealismo dogmatico. È ipotizzabile cheBrentano desiderasse concentrarsi sulla filosofia medioevale, soprat-tutto quella tomista di derivazione aristotelica, che non aveva fino adallora ancora approfondito.

Molto importante è poi l’articolo su Hermann Fichte che Cle-mens pubblica anonimo sulla rivista Katholik (giornale di Mainz) nel18618, che Brentano molto probabilmente legge, essendo molto le-gato al maestro, con il quale sta scrivendo la dissertazione di laurea,e trovandosi inoltre in questo periodo proprio a Mainz, in contattocon il circolo di pensatori e teologi legati alla rivista Katholik.

Il tema centrale dell’articolo è quello della Seelenfrage, il problemadell’anima, qui declinato in un particolare paragone tra la psicologiaantropologica di Hermann Fichte e la psicologia scolastica, in parti-colare quella di Tommaso. Questo articolo sembra di conseguenza ilprimo vero e proprio testo dedicato esclusivamente alla psicologiache Brentano affronta nel suo percorso di studi ed Hermann Fichte

7 A. Trendelenburg, Logische Untersuchungen, Hirzel, Leipzig 1862 (rist. anast.Olms, Hildesheim 1964).

8 F.J. Clemens, “Hermann Fichte’s Anthropologie und die Psychologie der Scho-lastik”, Der Katholik, Zeitschrift für katholische Wissenschaft und kirchliches Leben 41/II(1861), pp. 420-433.

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il primo autore moderno di psicologia realmente preso in considera-zione, autore in verità fortemente slegato dalla nascente psicologiasperimentale. Risulta peculiare come la psicologia di HermannFichte venga affrontata nel paragone con quella medioevale, in unaparticolare commistione tra antico e moderno che in qualche modocaratterizza lo stesso pensiero di Brentano, che come è noto introdu-ce nel 1874 il concetto di inesistenza intenzionale proprio in riferi-mento alla scolastica.

In conclusione, durante tutto il percorso di studi giovanili, neilibri letti e studiati, tramite l’influenza dei maestri e professori uni-versitari, Brentano affronta ripetutamente, e sotto diversi punti divista, soprattutto la metafisica classica e moderna, in relazione ad im-portanti concetti filosofici quali il movimento, la conoscenza, l’ani-ma, Dio. Sullo sfondo rimane costantemente presente Aristotele, dicui Brentano si professa profondo ammiratore e studioso. È lecitosupporre che Brentano consideri quello di Aristotele un sapere anti-co eppure integrale ed attuale, ancora da riscoprire ed in grado dibattersi con gli eccessi, le contraddizioni e le diatribe che da sempreanimano i filosofi e le loro filosofie. Brentano considera infatti la sto-ria della filosofia una catena ininterrotta di fasi di splendore e di suc-cessive fasi di decadenza9.

III. LA DISSERTAZIONE DEL 1862: GLI AUTORI CITATI

Come coronamento dei suoi studi ed interessi universitari Bren-tano si laurea nel 1862 con una dissertazione dal titolo Sui molteplicisignificati dell’essere secondo Aristotele, nella quale analizza la dottrinadell’essere e la metafisica in Aristotele, proponendone una originaleinterpretazione, soprattutto per ciò che riguarda la dottrina delle ca-tegorie, nello specifico la relazione tra la sostanza (la categoria dell’es-sere) e le altre categorie (che sono dette essere). SuccessivamenteBrentano si dedicherà alla psicologia ed alla teologia aristoteliche,

9 Brentano legge tutta la storia della filosofia in base a questa sua teoria delle quattrofasi. Cfr. F. Brentano, Geschichte der mittelalterlichen Philosophie, Meiner, Hamburg1980.

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pubblicando nel 1867 La psicologia di Aristotele10. Questi sono in-contestabilmente i primi passi che Brentano muove nell’ambito dellafilosofia, passi dedicati interamente ad Aristotele e che rappresentanonello sviluppo del pensiero di Brentano i fondamenti teorici daiquali egli parte per l’elaborazione del suo stesso pensiero.

È innanzitutto sufficiente sfogliare brevemente il testo in questio-ne per notare alcuni interessanti autori e saggi ivi citati, fonti certealle quali Brentano accede fin dalla gioventù e perciò di estremo in-teresse. Si cercherà ora di fornire un rapido resoconto di questi auto-ri e dei più importanti temi da essi toccati.

Nella dissertazione si trovano per esempio citati i Saggi sulla me-tafisica di Aristotele11 di Felix Ravaisson, nei quali l’autore critica ladottrina di Aristotele e quella antica in genere, ancora ferma alla ri-duzione della molteplicità del mondo alla sterile unità dell’essere inquanto essere, in una confusione o generalizzazione indistinta12 ditutto con tutto, che non rende conto delle irriducibili differenze del-l’essere13. L’opinione di Ravaisson ricorda la considerazione che Her-bart aveva della difficile coesistenza tra molteplicità ed unità. Her-bart denuncia infatti come contraddittoria la sussistenza di una sin-gola cosa con molteplici proprietà, considerazione che facilmenteBrentano affronta durante i suoi studi universitari con Trendelen-burg e che in seguito critica aspramente nelle sue lezioni di Storiadella filosofia moderna14. Ravaisson spiega poi come cose diversepossano essere oggetto di una sola scienza15 se si relazionano tutte aduna medesima cosa, nella costituzione di una comunità di direzione

10 F. Brentano, Die Psychologie des Aristoteles, Wissenschaftliche Buchgesellschaft,Darmstadt 1967.

11 F. Ravaisson, Essai sur la métaphysique d’Aristote, Tomo I, Paris 1837. Sull’aristo-telismo di Ravaisson si veda P. Aubenque, “Ravaisson interprète d’Aristote”, in Aristoteau XIXe siècle, cit., pp. 155-170, e J.-I. Linden, “Fin, finitude et désir infini. Quelquesremarques sur l’aristotélisme de Ravaisson”, ivi, pp. 171-189. Si veda infine A. Contini,“Ravaisson lecteur d’Aristote: esthétique et connaissance du vivant”, ivi, pp. 191-207.

12 F. Ravaisson, op. cit., terza parte, libro III, cap. II, p. 391.13 Ivi, p. 392.14 F. Brentano, Geschichte der Philosophie der Neuzeit, Meiner, Hamburg 1987, pp.

74-75.15 Nell’inedito A 14 / 1, come in altri inediti ed in altri luoghi della sua opera pub-

blicata, Brentano afferma che la scienza dell’essere in quanto essere è unica e che è la piùalta tra le scienze, traendo questa concezione da Metafisica, L 10.

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verso lo stesso centro nel quale convergerebbero16.Queste affermazioni risultano importanti dal momento che anti-

cipano l’interpretazione che Brentano propone dei rapporti analogicitra la sostanza e le altre categorie, tra l’essere e la molteplicità dellecose intese come referentesi al medesimo termine, interpretazioneche influenza decisamente la stessa successiva teoria dell’intenziona-lità di Brentano in quanto rapporto di riferimento del molteplice aquel medesimo termine che è la coscienza. In verità alcuni studiosiconsiderano questa interpretazione analogica dei rapporti tra sostan-za e categorie di stampo neo-platonico, dal momento che Brentanostesso nella sua dissertazione cita Plotino. Plotino afferma infatti chein Aristotele manca un genere che accomuni Dio e le cose, quandoinvece sarebbe possibile intendere tale comunanza analogicamenteoppure omonimamente17.

È necessario però notare che Brentano arriva a Plotino tramiteTrendelenburg, il quale, nel suo lavoro sulla storia della dottrinadelle categorie, afferma che Plotino rimprovera ad Aristotele di averfornito una tavola delle categorie incompleta, dato che lo Stagiritaavrebbe preso in considerazione soltanto i generi riguardanti l’ambi-to del sensibile, tralasciando quelli riguardanti l’ambito del sovrasen-sibile. Per Plotino, secondo Trendelenburg, lo stesso concetto diousia non potrebbe valere sia per il sensibile che per l’intelligibile. Illuogo citato da Trendelenburg, ovvero Enneadi, VI, 1, 1, è esatta-mente lo stesso citato da Brentano18. Si dimostra così come il riferi-mento a Plotino da parte di Brentano sia indiretto e mediato dal-l’opera e dal pensiero di Trendelenburg.

Plotino afferma in verità l’impossibilità di trattare sinonimica-mente generi che accomunino sia il sensibile che l’intelligibile, ne-gando la possibilità di un genere unitario tra sensibile ed intelligibile,contro gli Stoici. Per Plotino, così come per Platone, l’essere non èuno19. L’essere è in verità uno e molti, cioè un’unità nella varietà.

16 F. Ravaisson, op. cit., pp. 352-353. E a questo proposito Ravaisson cita Aristotele,Metafisica, B ed Alessandro di Afrodisia.

17 Cfr. MBS, cap. V, § 11, pp. 143-144, trad. it. cit., p. 136.18 A. Trendelenburg, Geschichte der Kategorienlehre, Bd. II. Die Kategorienlehre in der

Geschichte der Philosophie, pp. 232-243.19 Plotino, Enneadi, VI, 2, 1.

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Questa unità tra il sensibile di quaggiù e l’intelligibile di lassù Plotinola scorge dal punto di vista analogico affermando: “perché dunquenon procediamo per analogia? Se anche la divisione non si fa allostesso modo, potremmo dire che la materia di quaggiù corrispondeall’essenza di lassù, e che la forma di quaggiù, che è in un certomodo vita e perfezione della materia, corrisponde al movimento dilassù […]?”20. Questo uso molto vago e semplice del concetto dianalogia, nel senso di una qualche corrispondenza e proporzionalitàtra livelli diversi, uso che si attesta ancor prima in Platone, che nelVI libro della Repubblica afferma che il Sole è in relazione al mondosensibile come il Bene a quello intelligibile21, è ben diverso dal con-cetto di analogia in riferimento ad un unico termine preente inBrentano.

Vi è un’altra questione importante che allontanerebbe Plotino daBrentano. Nelle sue più tarde lezioni di storia della filosofia greca22

Brentano accusa Plotino di avere confuso ciò che esiste nel pensiero,cioè ciò che viene pensato, con ciò esiste effettivamente. La colpa diPlotino sarebbe stata quella di confondere la verità nel senso dellacorrettezza del pensiero/pensare (der Richtigkeit des Denkens) e la ve-rità nel senso della realtà effettiva (Wirklichkeit). Per Brentano invecela correttezza del pensare deve trovarsi nell’intelligenza, nel pensierostesso (im Verstanden), mentre la realtà effettiva dell’oggetto pensatonon si trova nel pensiero. Sembra quindi che l’inesistenza dell’ogget-to sia introdotta da Brentano contro gli eccessi e le confusioni delpensiero di Plotino.

Anche in Porfirio, sempre citato da Brentano nella dissertazione,si trova una dottrina dell’analogia che tra l’altro influenzerà notevol-

20 Ivi, VI, 3, 2.21 Cfr. E. Mariani, Analogia entis vs analogia prae-entis. Le origini aristoteliche del

concetto di intuizione nella fenomenologia husserliana. http://biblioteca-husserliana.com/wp-content/uploads/2008/03/mariani.pdf. L’autore afferma che, non comparendo espli-citamente alcun concetto di analogia nell’opera aristotelica, la possibile fonte dell’inter-pretazione analogia di Brentano derivi piuttosto dai vari commentari e commentatori edabbia come paradigma l’analogia in Platone. In realtà come si vedrà il concetto di ana-logia compare esplicitamente in Aristotele e proprio in relazione al problema delle cate-gorie.

22 F. Brentano, Geschichte der griechischen Philosophie, Meiner, Hamburg 1988, pp.348-349.

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mente i pensatori medievali. Porfirio afferma per esempio che “infat-ti si dice genere un insieme di realtà che si trovano in relazione conun unico termine e quindi tra loro: in questo senso si parla in generedi Eraclidi, perché discendono tutti da uno solo, cioè da Eracle, edell’insieme di costoro che hanno una vicendevole relazione, deri-vante dalla parentela con il primo”23. Da notare che l’esempio degliEraclidi è mutuato letteralmente da Plotino. Nonostante questo ilriferimento ad un unico termine non è da Brentano inteso comeuna discendenza, né tanto meno come una emanazione o processio-ne a partire da un Primo, ma rappresenta una direzionalità e dina-mica ontologica, nonché logica e linguistica, che spiega il motivo peril quale tutte le categorie sono dette essere e dispiegano modalità diessere. L’ambito preso in considerazione da Brentano è quello predi-cativo ed è in questo ambito che si gioca la dottrina dell’analogia.Dal punto di vista linguistico si potrebbe quasi affermare assieme aWittgenstein che tutte le categorie mantengono con il termine essereuna parentela di famiglia.

Si tenga poi in conto che Aristotele stesso afferma esplicitamenteche le categorie si dicono essere come il termine medico, “i cui di-versi significati implicano tutti riferimento a una medesima ed unicacosa, ma non significano una medesima e unica cosa, e, cionondi-meno, non sono puri omonimi”24. Aristotele ammette pienamenteche “tutte le cose hanno reciproci legami e formano un’unità peranalogia. Infatti, in ciascuna delle categorie dell’essere c’è l’analo-go”25. Tale unità per analogia è di conseguenza un’unità per riferi-mento ad un unico termine, dimostrando che Brentano rimane fe-dele ad Aristotele nella sua interpretazione analogica.

Un altro tema toccato da Porfirio è quello del metodo diairetico.Celebre è a questo proposito l’albero di Porfirio, tramite il quale unconcetto viene suddiviso in una serie discendente che va dal più ge-nerale, il genere sommo, sopra al quale non vi è più nulla, al piùspecifico, la specie infima, sotto la quale non vi è più nulla26. Inutile

23 Porfirio, Isagoge, 1, 18-24.24 Aristotele, Metafisica, Z 4, 1030 b 1-2.25 Cfr. Aristotele, Metafisica, N 6, 1093 b 17-19.26 Porfirio, Isagoge, 4, 17-31.

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dire che il grafico di suddivisione della tavola delle categorie a partiredall’originale divisione tra essere in sé (sostanza) ed essere in altro(accidenti) proposto ed elaborato da Brentano nella dissertazionericorda molto da vicino un albero di Porfirio. Nonostante questo èaltrettanto chiaro che il grafico di Brentano non rappresenta mini-mamente una discesa di qualche tipo a partire da un genere sommoverso una specie infima, né una possibile emanazione o processionedelle altre categorie dalla prima categoria, quella di sostanza, questaintesa come un Uno-tutto trascendente, né tanto meno divisionidell’Uno. Le categorie non risultano tra l’altro nemmeno subordina-te l’una all’altra, quanto piuttosto tutte sullo stesso piano. La sostan-za mantiene certamente un primato su tutte le altre, in quanto cate-goria fondamentale dell’essere e dell’individuo, coerentemente conAristotele, ma tutte le altre categorie mantengono pariteticamente lostesso rapporto di analogia di riferimento ad essa.

Ad ogni modo, se il problema di fondo fosse soltanto l’uso di unmetodo diairetico, la vera fonte dovrebbe essere vista in Platone ed ilsuo Sofista, che sono tra l’altro citati da Brentano nella dissertazione.È poi vero che Aristotele fu un aspro critico del metodo dialettico eche in tal senso Brentano starebbe interpretando Aristotele tramiteprincipi estranei al suo pensiero27. Ma è altrettanto vero che in Ari-stotele si ritrova una nozione di divisione, intesa come atto mentalecon cui si distinguono le varie parti o aspetti, o anche i costitutiviontologici di una determinata realtà28. In particolare si ricordi Meta-fisica E 4, laddove Aristotele descrive l’essere vero e l’essere falsocome connessione o divisione (diairesis) di nozioni o concetti daparte dell’intelletto. Questo è tra l’altro uno degli argomenti fonda-mentali sul quale Brentano si cimenta nella sua dissertazione, cioè ilfunzionamento dell’attività di giudizio nella sua capacità di connet-tere o dividere. Si dimostra quindi che la nozione di diairesis non èassunta contro Aristotele, ma in continuità con il suo pensiero.

A questo proposito, una parola a parte merita Adolf Heinrich

27 Cfr. G. della Volpe, La critica aristotelica della “diairesi” platonica (http://www.filosofia.org/aut/003/m49a1944.pdf).

28 Questa chiara delucidazione si trova nel piccolo glossario dei termini alla voceDivisione, in Porfirio, Isagoge, a cura di G. Girgenti, Bompiani, Milano 2004, p. 192.

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Ludwig von Strümpell (1812-1899), citato da Brentano per la suaGeschichte der theoretischen Philosophie der Griechen. Nella determi-nazione delle varie categorie Strümpell parte dalla divisione originaletra sostanza, che è in senso vero e proprio, e l’accidente, che è insenso inautentico, divisione rispettata dallo stesso Brentano. Tramitele altre categorie si esprime sempre un essere, ma in molteplici modi.Strümpell procede poi nella deduzione delle altre categorie seguen-do molto da vicino il testo aristotelico delle Categorie, quasi com-mentandolo, prendendo però in considerazione i vari modi del giu-dizio e dell’opposizione, per esempio contrapponendo antiphasis epros ti, steresis e exis (Mangel und Haben), quindi procedendo peropposizioni. Il tentativo di Strümpell non andrà oltre alla determi-nazione di queste prime coppie di opposti.

Anche in questo testo Brentano può quindi affrontare un qualchetipo di procedimento dialettico nella deduzione delle categorie. Siaggiunga infine che in senso lato il tema della dialettica e della sud-divisione tra determinazioni opposte Brentano poteva ritrovarlo nel-lo stesso Hegel, che ben conosceva, o addirittura negli antichi Pita-gorici e che in tal senso, la ricerca della fonte di un procedimentodialettico risulterebbe vuota ed inutile. Ad ogni modo la divisionetra essere in sé ed essere in altro rimane fondamentalmente aristote-lica, e, come si noterà successivamente, Brentano la ritrova anche inSpinoza. È questa la base incontestabile da cui Brentano parte.

L’ontologia proposta da Brentano nella dissertazione del 1862non sembra perciò di stampo neoplatonico, ma rappresenta a mioparere un’originale interpretazione del problema del categoriale,quindi della predicazione, che potrebbe essere parafrasata tramite ilpensiero di Nicolai Hartmann, il quale considerava le categorie ifondamenti strutturali di ogni tipo di fenomeno, sia della conoscen-za che dell’essere vero e proprio, nella descrizione di una stratifica-zione categoriale del mondo reale29.

Brentano cita poi nella dissertazione un particolare manuale di fi-losofia medievale redatto da un giornalista ed erudito francese, Jean-

29 N. Hartmann, Der Aufbau der realen Welt. Grundriss der allgemeinen Kategorien-lehre, De Gruyter, Berlin 1940.

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Barthélemy Hauréau, dal titolo De la philosophie scolastique30, testopresente e consultabile nella Brentanoshandbibliothek. Si cercherà oradi fornire una breve sintesi degli argomenti più importanti dell’operain questione.

Degni di nota sono soprattutto gli ultimi capitoli, in particolarequello su Duns Scoto, dove si spiega compiutamente la dinamica diintenzioni prime e seconde in forza di un ripiegamento intellettivo.Hauréau afferma che “l’intelletto si porta, tendendosi, intendendosé, verso gli oggetti”31. Questa è la nozione di intenzione prima chesi rivolge per esempio verso Socrate. Ma quando l’intelletto si ripiegariflettendosi su se stesso, arrivando a concepire dalla nozione di So-crate per esempio quella di animale, si ha a che fare con un atto po-steriore dell’intelletto, un’intenzione seconda32.

Se si compie un primo rapido confronto tra la semplice teoria diHauréau e la più matura teoria del riferimento intenzionale33 diBrentano, si può notare come Brentano da una parte mantenga illinguaggio qui trovato, continuando a parlare di intenzioni ed inten-zionalità, ponendo quindi sullo sfondo della sua proposta la teoriascolastica, abbandonando però dall’altra la distinzione tra intenzioniprime e seconde, che si trasforma invece in conoscenza in recto ed inobliquo34. Brentano non considera però questi due momenti cono-

30 J.-B. Hauréau, De la philosophie scolastique, Pagnerre Editeur, Paris 1850.31 Ivi, cap. XXV, p. 311: “L’intellect se portant, tendens, intendens se, vers le objet”.

La traduzione italiana è mia.32 Ibidem.33 F. Brentano, La psicologia dal punto di vista empirico 1, a cura di L. Albertazzi,

trad. it. di G. Gurisatti, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 154: “Ogni fenomeno psichico ècaratterizzato da ciò che gli scolastici medioevali chiamarono l’in/esistenza intenzionale(ovvero mentale) di un oggetto, e che noi, anche se con espressioni non del tutto privedi ambiguità, vorremmo definire il riferimento ad un contenuto, la direzione verso unobietto (che non va inteso come una realtà), ovvero l’oggettività immanente”.

34 Ibid., p. 222: “Il semplicissimo atto in cui udiamo, per esempio, ha il suono comeobietto primario, e se stesso, cioè il fenomeno psichico in cui il suono viene udito, comeobietto secondario”. Inoltre, ogni attività psichica si riferisce “a se stessa come obietto se-condario e non primario, ovvero en parergo [di riflesso] espressione usata da Aristotele”.F. Brentano, La psicologia dal punto di vista empirico 2, a cura di L. Albertazzi, trad. it.di R. Latanza Dappiano, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 121-122. Nel descrivere quindila conoscenza come composta di due momenti, uno primario in recto ed uno secondariodi riflesso o in obliquo, Brentano era convinto di riattualizzare una originale intuizionearistotelica. Di conseguenza non sembra erroneo sostenere che Brentano volesse correg-

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scitivi come uno posteriore all’altro, bensì come simultanei, nella co-stituzione di quel sinolo complesso che è l’atto conoscitivo, caratte-rizzato sia da un qualche tipo di oggettività e di riferimento ad essa,sia da un ripiegamento su di sé dell’atto stesso.

La concezione del riflettersi su di sé dell’intelletto la si trova ope-rare anche nel più tardo La psicologia di Aristotele, laddove Brentano,sulla scorta però di pensieri aristotelici, descrive l’anima o coscienza,in quanto auto-coscienza, e Dio stesso, in quanto pensiero di pensie-ro, come circoli auto-intenzionali. Cosa estremamente interessante èche nel manuale di Hauréau posseduto da Brentano, alla pagina inquestione, si trova come segnalibro un piccolo biglietto di invitoscritto a mano, segno forse di una sua tacita volontà di segnare que-sto importante passo.

Nella sua classica definizione di fenomeno psichico del 1874Brentano tratta non soltanto di intenzionalità, ma soprattutto diinesistenza. Anche il suddetto termine ricorre esplicitamente nel te-sto di Hauréau per ciò che riguarda la disputa sugli universali, inparticolare sull’universale in re, ed è addirittura sottolineato nel testoposseduto da Brentano. Per tutti questi motivi il concetto di inesi-stenza intenzionale, che Brentano porta all’attenzione degli psicologimoderni ben dodici anni più tardi in relazione a presunte fonti sco-lastiche, sembra avere come diretto referente questo semplice ma-nuale di filosofia scolastica piuttosto che improbabili e difficilmen-te reperibili autori minori medievali35.

Altro filosofo citato da Brentano nella dissertazione è Franz Biese,autore di due poderosi tomi sulla filosofia di Aristotele36. Un temaimportante che si può trovare qui, e che Brentano aveva già affron-tato in altri testi, è quello dello statuto degli universali. L’universale

gere la dottrina medievale delle intenzioni prime e seconde ritornando all’originariadottrina di Aristotele.

35 Cfr. H. Spiegelberg, “‘Intention’ and ‘Intentionality’ in the Scholastics, Brentanoand Husserl”, in L.L. Mc Allister (a c. di), The Philosophy of Brentano, Duckworth,London 1976, pp. 108-128. Cfr. K. Hedwig, “Der scholastische Kontext desIntentionalen bei Brentano”, Grazer philosophischen Studien 5 (1978), pp. 67-83.

36 F. Biese, Die Philosophie des Aristoteles in ihrem inneren Zusammenhänge, mitbesonderer Berücksichtigung des philosophischen Sprachgebrauchs, aus dessen Schriftenentwickelt, 2 Bde, Berlin 1835-1842 (rist. anast. Scientia Verlag, Aalen 1978).

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in quanto tale ha esistenza nello spirito, ma può acquistare realtà nelsuo rendersi particolare nel mondo fenomenico, in quanto principiodi determinazione formale37. La forma è infatti quell’attività struttu-rante di base responsabile di ciò che di identico e permanente si ri-scontra nel mondo fenomenico38. La dottrina della forma è poi lega-ta a quella dello scopo, che per Biese è da vedersi in funzione dell’at-tività produttrice/creatrice del nous39. Eppure lo scopo è in qualchemodo immanente al particolare nel suo realizzarsi nella singolacosa40. Da notare l’uso da parte di Biese della perifrasi “esistere nellospirito”, che ricorda molto da vicino il concetto di inesistenza.

Queste considerazioni sulla forma in quanto principio attivo,nonché sullo scopo, la sua realizzazione ed il suo essere causa,Brentano le aveva già affrontate durante i suoi studi da più punti divista, soprattutto con Trendelenburg e la sua teoria del movimentocostruttivo. Tutti questi elementi giocano quindi un importanteruolo nello sviluppo del pensiero di Brentano e del concetto di ine-sistenza intenzionale, dal momento che riguarderebbero l’esistenza diun oggetto nella mente, l’afferrare mentale e le sue dinamiche.

In conclusione Brentano affronta per la stesura della sua disserta-zione svariati manuali di storia della filosofia ed opere monografiche,sia di area tedesca che francese, nonché la letteratura antica, a ribadi-re come fin dalla gioventù egli non sia solamente legato alla tradizio-ne tedesca, quanto piuttosto alla cultura di respiro internazionale.Nota è infatti la propensione alle lingue ed alle culture straniere dellafamiglia Brentano, originaria dell’alta Lombardia, e dello stessoFranz, che oltre al francese ed alle lingue classiche dimostra di cono-scere sia l’inglese che l’italiano. Si passerà ora ad un rapido excursusdei principali temi presenti nella dissertazione del 1862, per una lorobreve esposizione ed analisi.

37 Ivi, p. 2.38 Ibidem.39 Ibidem.40 Ibidem.

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IV. LA DISSERTAZIONE DEL 1862: ANALISI DELL’OPERA

Una delle preoccupazioni principali di Brentano nella dissertazio-ne è quella di descrivere e chiarire i rapporti che intercorrono tra so-stanza ed accidenti. Nella suddivisione degli accidenti in relazione algrado di appartenenza Brentano utilizza quella che si potrebbe chia-mare una gradualità dell’essere. L’unico vero essere è quello dellasostanza41. Gli attributi esistono solamente in forza della sostanza,pur avendo con essa una relazione coessenziale. In tal senso si puòaffermare che essi hanno meno essere nei confronti della sostanza.Gli accidenti veri e propri sono legati alla sostanza in maniera ancorapiù debole rispetto agli attributi ed il loro essere dipende in tutto eper tutto dall’essere della sostanza. Si conclude allora che gli acciden-ti hanno ancora meno essere degli attributi. A conferma Brentanoscrive che l’accidente “è prossimo al non-essere ed è per così dire,solo di nome”42, desumendo l’affermazione dallo stesso Aristotele43.

Tutta la divisione prospettata rispetta quella che Spinoza enunciafin dalle prime battute della sua Ethica, divisione tra sostanza (in sée per sé), attributo (per sé), modo (né in sé, né per sé, bensì total-mente in altro)44. Lo stesso Brentano cita Spinoza come uno deipochi filosofi che abbiano rispettato la divisione tra “esse in se” ed“esse in alio”45, divisione in verità già presente in Aristotele. La ca-ratterizzazione di ciò che è in altro, di ciò che è estraneo, doveva ga-rantire a Brentano una solida base realistica per la quale la cosa ester-na veniva ad essere considerata nella sua realtà in altro, eppure in re-lazione alla coscienza in sé.

Gli accidenti sono poi considerati come inesistenti nella sostanza,laddove tale inesistenza vuole significare un qual certo riferirsi degliaccidenti alla sostanza, nel senso che da una parte essi dipendono

41 MBS, cap. V, § 15, p. 219; trad. it. cit., p. 194: “Allora è la sostanza che è esserein senso preminente”.

42 MBS, cap. II, p. 16; trad. it. cit., p. 24.43 Cfr. Aristotele, Metafisica, E 2, 1026 b 21: “L’accidente, in effetti, risulta essere

qualcosa di vicino al non-essere”.44 B. Spinoza, Ethica. Ordine geometrico demonstrata, pars prima, De Deo, assioma

I, in Spinoza Opera Posthuma, Quodlibet, Macerata 2008, p. 42.45 MBS, cap. V, § 13, p. 148; trad. it. cit., p. 140.

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onticamente dalla sostanza e dal suo essere, mentre dall’altra sonosovracostruiti ad essa, in quanto appoggiati sulla sostanza e sulla suarealtà ed in quanto sue sovradeterminazioni. Il concetto di inesisten-za si declina perciò in relazione a questi ulteriori significati. Come siè già avuto modo di notare, da questa iniziale divisione tra essere insé ed essere in altro, quindi dall’analisi dei rapporti tra sostanza ed ac-cidenti, Brentano condurrà la sua deduzione delle restanti categorie.L’intento di Brentano è quindi quello di mostrare che alla suddivi-sione ontica dell’ente corrisponde perfettamente la suddivisione ca-tegoriale dei modi della predicazione. Le categorie rappresentanoquindi la struttura o i diversi modi attraverso i quali l’ente si presenta,accade e si fa. Credo che questa sia la prospettiva più fruttuosa pre-sente nella giovanile dissertazione. L’altra prospettiva, quella che por-terà Brentano alla psicologia, può forse invece contenere numerosiproblemi, tutti quei problemi che gli valsero l’accusa di psicologismo.

La dinamica tra essere in sé ed essere in altro può infatti esserespostata a livello del tutto psicologico, nella costituzione di due polidifficilmente coniugabili: da una parte la coscienza/sostanza nellaquale tutto esiste in quanto conosciuto (inesistenza nella coscienza);dall’altra il mondo oltre la coscienza, verso il quale essa parrebbe di-retta (direzionalità della coscienza). I due momenti si completano avicenda nella descrizione dell’attività intenzionale come inesistenza/immanenza e direzionalità/riferimento46. Infatti, secondo le basi sco-lastiche dell’intenzionalità affrontate da Brentano, il momento del-l’intenzione prima rappresenta il momento in cui la coscienza si di-rige in recto verso l’oggetto conosciuto, mentre il momento intenzio-nale vero e proprio è quello in cui la coscienza si dirige verso se stes-sa, cogliendo se stessa (autocoscienza) e gli oggetti ad essa immanentiin obliquo, di riflesso.

Questo molteplice uso del concetto di sostanza, adoperato per de-scrivere la coscienza, il termine essenziale di ogni predicazione e l’in-dividuo reale, è in verità il nodo fondamentale da cui dipartano mol-ti dei problemi che toccheranno il pensiero di Brentano. Si cercherà

46 Si veda a proposito la disputa che Marras e Spiegelberg intraprendono proprio sultema di immanenza e direzionalità nei loro articoli apparsi in L.L. McAllister (a cura di),The Philosophy of Brentano, cit., pp. 128-139 e 108-128.

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ora di dare un rapido sguardo ai molteplici significati di sostanza.Brentano nel 1862 considera la sostanza del tutto aristotelica-

mente come il correlato ontico fondativo delle accidentalità, comesostanza vivente sinolo di materia e forma, oppure come sostanzaindividuale. Il concetto di sostanza, così come quello di essere, puòperò essere aperto ad altri significati ancora, a seconda che essa siaulteriormente intesa come l’ultimo soggetto di predicazione, comeessenza, come forma in senso strutturale e relazionale, come attività,o infine con una certa sfumatura fenomenologica. Tutte queste pro-spettive portano Brentano, nel corso della sua vita, a sviluppare piùpunti di vista, che gli interpreti hanno spesso considerato contraddit-tori. Si pensi per esempio alla problematica delle parti e del tutto,problematica che il Brentano maturo tratta nella Kategorienlehre47 eche interessa la stessa considerazione dei rapporti tra sostanza edaccidenti. Per Brentano da una parte la sostanza è parte del tutto ac-cidentale, per esempio se essa è intesa come l’ultimo soggetto, cioèl’ultima parte sotto la quale non ve ne sono altre e attorno alla qualesi costruisce tutto il resto della realtà accidentale, mentre dall’altra iltutto accidentale è parte di essa, se la sostanza è intesa come l’essenzadi un ente che racchiude tutte le determinazioni di quell’ente. In re-lazione al significato di sostanza utilizzato si potranno sostenere sial’una che l’altra ipotesi.

Risulta di conseguenza difficile capire a quale significato di so-stanza Brentano rinunci più tardi nella sua psicologia empirica, pun-to dolente che alcuni studiosi sottolineano. Molto più semplicemen-te, ciò che Brentano voleva evitare era la riduzione della coscienza adun mero supporto di illusioni, un teatrino interno, così come ai suoiocchi l’avevano ridotta prima Kant, poi Herbart e la sua scuola,nonché le correnti fenomeniste moderne. La rinuncia alla considera-zione della coscienza come sostanza sembra poi sostenuta del tuttoad hoc, per venire incontro all’aspra critica al concetto di sostanzaintentata anni prima da Locke ed accolta dalle nuove correnti psico-logiche. In verità, per quanto Brentano affermi di voler rinunciare atale concetto, la descrizione dei rapporti tra la coscienza e le sue atti-

47 F. Brentano, Kategorienlehre, Meiner, Hamburg 1985.

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vità è esplicitamente connessa al modello sostanza ed accidenti, nelsenso che la coscienza si comporterebbe nei confronti delle sue atti-vità ed intenzioni così come la sostanza si comporta nei confrontidegli accidenti, dimostrando come entrambi i concetti continuino alavorare tacitamente nella psicologia matura di Brentano.

Brentano analizza poi nella dissertazione i concetti di energheia edynamis, profondamente greci ed aristotelici, in relazione a quelli diforma e fine. Questo forte interesse che Brentano dimostra fin dal1862, filtrato da vari testi sia francesi e tedeschi in cui il termine gre-co energheia veniva tradotto quasi letteralmente con énergie in fran-cese48 o Energie in tedesco49 risulterebbe un chiaro precedente teori-co sul quale si innesterebbe la più tarda teoria del riferimento inten-zionale. Le intenzioni infatti non sono altro che atti, cioè energie co-noscitive della coscienza. Il tema dell’energia è poi importante in re-lazione al contesto scientifico ottocentesco con il quale Brentano siconfronta, in relazione quindi alla nascente psicologia sperimentaleche vedeva la cosa conosciuta in termini di energia specifica del senso.

È necessario però notare che a livello teoretico la dottrina del-l’energia del senso è già implicita, come Brentano sapeva perfetta-mente, nel De anima di Aristotele, dove figura come identità energe-tica tra senso e sensibile. Questa concezione attiva ed energetica degliatti psichici, oltre che passare per la tradizione e traduzione rilevata,ha in conclusione come fondamento lo stesso Aristotele e la sua psi-cologia, laddove la psiche è intesa come connubio di atti, attività,energie e potenze rivolte ai propri oggetti.

Si aggiunga poi che nella dissertazione Brentano prende esplicita-mente in considerazione la problematica dell’atto conoscitivo, attra-

48 J.-B. Hauréau, op. cit., cap. XXI, p. 179. In molti altri punti Hauréau tratta espli-citamente di énergies e a p. 205 della copia di Brentano il termine è addirittura sottoli-neato.

49 Cfr. A. Trendelenburg, Logische Untersuchungen, Leipzig, Verlag von S. Hirzel,1862 (rist. G. Olms, Hildesheim 1964), tomo I, cap. V, p. 152, dove tratta di una“unvollendete Energie”. Brentano segna a lato tutta la pagina nella sua copia. Si vedapoi anche Lasaulx che analizza il vocabolo greco energheia, considerata come Thätigkeite connessa al termine costituente ergon, inteso come Werk o Arbeit. Cfr. P.E. vonLasaulx, Neuer Versuch einer Alten auf die Wahrheit der Thatsachen gegründeten Philo-sophie der Geschichte, Der J.G. Cotta’schen Buchhandlung, München 1856, cap. VI, p.148. Questa spiegazione si ritrova tale e quale nella dissertazione di Brentano.

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verso una serie di sorprendenti affermazioni riguardanti il rapportotra conosciuto e conoscente50. Brentano arriva a sostenere per esem-pio che tutti i movimenti conoscitivi sono ambiguamente relati adoggetti che risultano essere altri rispetto gli stessi momenti conosci-tivi. Ma gli oggetti come termini della relazione conoscitiva ad essidiretti vengono considerati privi di reale evidenza, in favore del sog-getto stesso come unico termine reale ed evidente. In tal caso si de-scrive la conoscenza come una relazione sghemba, priva di un termi-ne, a favore dell’intenzionalità soggettiva. Brentano eviterà in segui-to, in continuità con questa teoria giovanile, di considerare l’inten-zionalità come una relazione vera e propria. Non è perciò necessarioche quella relazione che è la conoscenza abbia un secondo termine alpari di qualsiasi altra relazione, se essa è una relazione riflessiva cheha come unico termine il soggetto conoscente stesso51.

A completare il quadro prima aperto è possibile ora sostenere cheBrentano stia in verità rovesciando fin dal 1862 i termini della dot-trina delle intenzioni prime e seconde così come l’aveva affrontatasul testo di Hauréau. Non risulta infatti più evidente che vi sia un’in-tenzione prima rivolta alla cosa esterna ed una successiva intenzioneseconda, che sarebbe il riflettersi dell’anima su se stessa. In fin deiconti il soggetto si riferirà sempre a se stesso, in quanto unico ter-mine reale di quella relazione che è la conoscenza. Di conseguenza,il riflettersi, il flettersi, l’autointenzionalità è il prius, non l’intenzionerivolta alla cosa esterna. Questo genere di autointenzionalità è ri-badito anche nella più tarda psicologia empirica, diventandone illeitmotiv celato, laddove Brentano afferma per esempio che “è certoche né noi, né un qualunque altro essere che in modo evidente e im-mediato colga qualcosa come un fatto, può aver per obietto di cono-scenza qualcosa di diverso da se stesso”52. Sarà proprio per questogenere di affermazioni che Brentano verrà accusato di psicologismo.

50 MBS, cap. III, § 1, p. 28; tr. it. cit., p. 39.51 Di parere contrario è A. Radice, “Brentano”, in M. Ferraris (a c. di), Storia del-

l’ontologia, Bompiani, Milano 2008, p. 191.52 F. Brentano, La psicologia dal punto di vista empirico 3, a cura di L. Albertazzi,

trad. it. di R. Latanza Dappiano, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 30. Si sottolinea di sfug-gita che tale affermazione anticipa il concetto di Da-sein di Heidegger. Sui rapporti traHeidegger e Brentano si veda F. Volpi, Heidegger e Brentano, Cedam, Padova 1976.

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53 Questo tipo di accuse sono inizialmente intentate da Moritz Schlick e BertrandRussell ed avranno un’importante eco nel pensiero di Wittgenstein. Successivamenteverranno riprese ed esposte analiticamente da Gilbert Ryle, Alfred Jules Ayer e GustavBergmann.

V. CONCLUSIONI

Fin dalla dissertazione del 1862 Brentano frequenta ed utilizzaconcetti come quello di inesistenza, di intenzionalità, di riferimento,di energie ed attività in relazione alla filosofia di Aristotele ed ai suoiinterpreti moderni, nella fondazione di un’ontologia dei rapporti trasostanza ed accidenti, tra sostanza e le altre categorie, che, controKant, rappresenti le reali divisioni dell’essere, la reale strutturazionecategorica dell’ente. La categoria principale di spiegazione dei rap-porti tra in-sé e in-altro, oppure tra ciò che c’è e ciò che deve venirenel processo di movimento, risulta essere poi quella di riferimento,che Brentano enuclea in relazione all’analogia aristotelica. Come si ègià detto l’ambito da cui prende le mosse Brentano è quello predica-zionale: le categorie sono predicazioni rivolte a qualcosa.

Solo su queste basi sarà comprensibile la divisione tra psichico,ciò che auto-sussistente al pari di una sostanza si riferisce solo a sestesso, e fisico, ciò che totalmente dipendente al pari di un accidentesi riferisce ad altro, che Brentano espone nel 1874 e che diventa ilcaposaldo della sua psicologia. Non stupisce nemmeno l’istanza em-pirica che muove la psicologia brentaniana, dato che questa concer-nerebbe le attività o energie concrete della coscienza ed i fenomeniin essa presenti o inesistenti, tutti elementi passibili di analisi e de-scrizione psicologica. Di qui la necessità di un ritorno ad Aristoteleed al suo pensiero, per fornire alla filosofia ed alla psicologia moder-ne quelle basi teoriche che in verità ad esse mancano o che hannodimenticate.

Sono questi gli elementi che caratterizzeranno la nascita del pen-siero di Brentano e che diventeranno, forse, anche il suo punto piùdebole. Sarà infatti proprio contro il concetto di autoreferenza dellacoscienza, come contro la postulazione di energie ed atti reali dellapsiche, che si scaglieranno per esempio molti filosofi analitici53. Allostesso modo Husserl, nel primo volume delle Ricerche logiche accusò

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Brentano di psicologismo proprio per aver posto al fondo della suapsicologia empirica la reale attività di una coscienza vivente, misco-noscendo quindi il carattere oggettivo di concetti matematici e leggilogiche. Come si è notato, il motivo di questa mossa “psicologista” sitrova nell’applicazione da parte di Brentano dell’analitica dei rappor-ti tra sostanza ed accidenti a questioni psicologiche e conoscitive,allontanandosi dal retroterra eminentemente metafisico ed ontologi-co dal quale questi concetti ebbero invece origine.

A mio parere, questi, più che demeriti, rappresentano al contra-rio dei meriti che dovrebbero venire riconosciuti a Brentano. Il ten-tativo di Brentano è infatti quello di ridare dignità al concreto essereumano, all’individuo, nelle sue reali capacità ed attività conoscitive,rigettando tutte quelle tesi di ascendenza platonica che, come inFrege, si muovevano nella considerazione dell’esistenza di un mondooggettivo dei significati, delle leggi logiche, dei numeri, in una paro-le delle forme. In spirito perfettamente aristotelico, Brentano nonpoteva però considerare le forme come staccate da questo mondo,ma immanenti ad esso. Ed in relazione alla psicologia sviluppatadallo stesso Aristotele, cui Brentano dedicherà nel 1867 un lavorospecifico, non poteva che pensare che tali forme fossero colte dallenostre capacità intellettive, vivendo quindi di una esistenza del tuttomentale o psichica. In tal senso la mente risulterà cosciente delle for-me e degli oggetti verso cui essa si rivolge. Al centro di tutto vi èperciò l’anima, intesa come coscienza vivente, cioè un essere umano.Perciò, a mio modo di vedere, nonostante la sua presunta istanza discientificità, il pensiero di Brentano si configura invece come unpensiero umanistico e dell’umano, per quel che l’umano è. Si confi-gura perciò come una fenomenologia della coscienza umana, perquel che essa è e per come essa funziona. L’accusa che muovereidunque a Brentano non è quella di psicologismo, bensì di umanesi-mo. Accusa che non sembra poi così grave.

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Jacopo-Niccolò Bonato

THE YOUTH OF FRANZ BRENTANOAND THE DISSERTATION OF 1862

Abstract

In the present work I deal with the youth of Franz Brentano, his univer-sity teachers and most of the writers quoted by him in his dissertation Onthe Manifold Meanings of Being in Aristotle. Among them is Jean BarthelemyHauréau and his book De la philosophie scolastique, where we can find a niceexplanation of the theory of intentionality in the Middle Ages which seemsto be the real and first source of the intentional in/existence. However, at thevery base of the thought of Brentano lies Aristotle and his philosophy, towhom he dedicated passion and time all over his life. My aim is to showthat the modern psychology of Brentano is an original interpretation of theancient psychology of Aristotle, mediated throughout the Scholastic tradi-tion.

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