Bronislaw Malinowski
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Bronislaw Malinowski. Casagrande, Mora, Saresera
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Bronislaw Malinowski 1884 - 1942
Bronislaw Malinowski. Casagrande, Mora, Saresera
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Nei primi decenni del Novecento, l'attività etnografica (studi e osservazioni partecipate) era condotta principalmente da antropologi di formazione britannica. Alcuni di questi non erano di nazionalità inglese, tra costoro il più celebre fu Bronislaw Malinowski. Malinowski (1884 - 1942), d'origine polacca, ebbe una grande influenza sulle generazioni successive, tanto che il suo stile di fare etnografia divenne un modello.
Malinowski rappresentò per molti un'alternativa possibile al vissuto quotidiano: rappresentò l'uomo avventuroso che, sciolti i legami col
proprio gruppo, si lasciava dietro le spalle le convenzioni sociali, compiendo una vera e
propria fuga dalla civiltà.
Bronislaw Malinowski. Casagrande, Mora, Saresera
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Se Malinowski influenzò senza dubbio l'antropologia americana comportamentistico-empirista, dura resta, invece, l'opinione dell'inglese Evans-Pritchard, che gli riconosceva indubbie capacità sul campo ma
trovava che i suoi libri fossero "una caterva di chiacchiere e di banalità".Ciò nonostante è opinione oggi diffusa riconoscere a Malinowski un contributo decisivo alla definizione dei caratteri
dell'antropologia moderna. Il "funzionalismo", l'indirizzo antropologico di cui è l'esponente di maggior spicco, rappresenta un evidente salto di
qualità rispetto all'evoluzionismo britannico di tipo Frazeriano. Uno dei principi-guida dell'opera di Frazer era l'ordine di successione secondo il quale nel processo evolutivo dell'umanità facevano la loro comparsa dapprima la magia, poi la religione ed infine la scienza, quest'ultima
assente nella fase primitiva, posta sotto il segno del magico. La formazione del pensiero scientifico si situava per Frazer al culmine del processo evolutivo. Per Malinowski, invece, magia, religione e scienza
erano da sempre coesistenti, distinte ma unite da reti di relazioni reciproche. La conoscenza scientifica, inoltre, era la spina dorsale della
cultura, da sempre, ed era da estendere con pieno diritto anche all'uomo primitivo, di cui era guida determinante nel suo rapporto con
l'ambiente. Nonostante abbia più volte professato profonda ammirazione per Frazer, con le sue teorie Malinowski metteva in
discussione l'intero edificio evoluzionistico
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Per Malinowski la produzione di cultura trae impulso dall'esigenza di soddisfare i bisogni umani, a cominciare da quelli considerati primari
e comuni anche agli altri animali (il bisogno di nutrirsi, procreare, proteggersi). Lo specifico dell'uomo consiste nella sua peculiare
prerogativa di rispondere in maniera "indiretta" agli imperativi vitali. Ad esempio, il bisogno di nutrirsi non si risolve per l'uomo nel
semplice atto di consumare da solo i frutti che crescono spontaneamente nella foresta; al contrario, in tutte le fasi del
processo della nutrizione vigono precise regole umane. Inoltre gli alimenti sono ottenuti attraverso procedimenti praticati
collettivamente, in cui fondamentale è l'uso di un apparato prodotto artificialmente (armi, attrezzi agricoli, arnesi della tecnica) così come determinanti sono la cooperazione organizzata e i valori economici e
morali. La risposta "indiretta" è dunque un modo culturale di soddisfare le esigenze d'ordine naturale. Ma questo soddisfacimento
culturale dei bisogni fondamentali comporta per Malinowski l'insorgenza di nuovi bisogni di ordine culturale. Malinowski distingue
allora tra imperativi fondamentali, concernenti i bisogni biologici dell'uomo, e gli imperativi del sistema o "derivati", corrispondenti alle regole cui gli uomini devono sottostare per vedere adeguatamente soddisfatti i loro bisogni. Vi è poi una terza categoria di imperativi che Malinowski chiamò "integrativi", tra cui l'antropologo polacco
annovera la conoscenza, la magia e la religione.
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La religione ha una funzione positiva autonoma, quella di rispondere al bisogno umano di fronteggiare le situazioni di
crisi sparse lungo l'arco dell'esistenza individuale e collettiva. Tra le crisi la più inquietante è quella connessa
alla morte, l'evento che sconvolge calcoli e progetti umani. La religione interviene con varie modalità, che vanno
dall'affermazione della non realtà della morte all'elaborazione di teorie come quella dell'immortalità
dell'anima umana. In ogni caso la religione interviene sulle situazioni di crisi al fine di modificarle secondo paradigmi sociali sanciti dalla tradizione. La religione manipola gli accadimenti critici assumendoli, in modo da eliminare i
fattori di squilibrio e di disintegrazione, operando a favore della coesione sociale.
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Anche la magia ha una sua funzione. Malinowski rifiuta la teoria di Frazer secondo la quale la magia era una forma primitiva e distorta di conoscenza scientifica, una pseudo-scienza. Per Malinowski il ricorso al magico è funzionale a
far fronte a quei rischi che dipendono da fattori derivanti dal caso (e sono perciò imprevedibili) rispetto ai quali il peso
della scienza è irrilevante. Il sapere scientifico e la tradizione magica sono per Malinowski strumenti per
sottoporre a controllo umano la realtà esterna nella totalità dei suoi aspetti. Il senso ultimo della magia è quello di far sì
che l'uomo non desista dall'operare, offrendogli una via d'uscita là dove si profila il rischio dell'impasse.
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L'approccio etnografico di Malinowski, venato dal sospetto che le interpretazioni dell'antropologo
siano continuamente influenzate dalle interpretazioni degli informatori, è una teoria che,
come egli stesso ebbe a scrivere, "nata sul campo, conduce ancora nuovamente sul campo".
I suoi libri più famosi e importanti sono quelli in cui l'antropologo polacco ha organizzato e interpretato
i dati raccolti sul "terreno”.