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Direttore Responsabile: Angelo Scorza www.ship2shore.it www.ship2shore.it BROKER Anno VIII, N.2 - Genova, 10 Gennaio 2011 GLI ARTICOLI PIU’ LETTI DELLA SETTIMANA SCORSA Cagnoni ‘reduce’ dal Vietnam da vincitore Nasce una nuova compagnia di navigazione in Adriatico Eni affossa la figura dell’agente marittimo TOP THREE Il gruppo brokeristico svizzero Ifchor, fondato e guidato dal genovese Riccardo Ravano, ha deciso di chiudere dopo 13 anni il proprio desk dedicato al segmento FFA, che proprio negli uffici genovesi aveva il suo fulcro. La decisione ha coinciso con il ritiro dalle Ifchor lascia gli FFA Lo shipbroker svizzero-genovese fondato da Ravano chiude il desk dedicato ai freight forward agreements scene brokeristiche di Giorgio Martini, che del desk FFA di Ifchor era stato il fautore ed il responsabile, capace di portare la società di Losanna a detenere, all’apice, circa il 20% del mercato degli FFA nel settore dry (S2S n.19/2006). Contestualmente anche Nanni Risso, collega di Martini, ha lasciato Ifchor, mentre il terzo componente del team dedicato al comparto dei freight forward agreements, Andrea Molaschi, è rientrato nel physycal desk. Oltre alla perdita dei maggiori specialisti di settore, sulla scelta di abbandonare il segmento FFA da parte di Ifchor, che vi aveva introdotto molti dei suoi clienti armatoriali (fra cui le famiglie D’Amico e segmenti capesize e panamax, mentre rispetto al 1997 i margini si sarebbero ridotti addirittura del 300%. Non a caso negli ultimi due anni altri broker importanti quali il tedesco Ernst Russ, il norvegese Imarex ed il francese Traditional Finance Services hanno ridimensionato o chiuso i propri desk di settore. Negli uffici genovesi di Ifchor resta comunque attiva la divisione tanker nata la scorsa primavera (S2S n.25/2010). A.M. Bottiglieri) e che operava anche per conto di produttori ed operatori diversi attivi in ambito di rinfuse secche, ha pesato anche la riduzione di volumi e margini registratasi negli ultimi anni. Secondo quanto riportato da Freight Investor Services – uno dei maggiori broker di settore, destinato a coprire, insieme agli altri big Clarksons, Simpson, Spence & Young e GFI Group, il vuoto lasciato da Ifchor – il mercato degli FFA dry avrebbe fatto segnare quest’anno una riduzione dei volumi del 11,5% rispetto al 2009, con particolare calo nei Giorgio Martini

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Direttore Responsabile: Angelo Scorza www.ship2shore.itwww.ship2shore.itTERMINAL OPERATORBROKER

Anno VIII, N.2 - Genova, 10 Gennaio 2011

GLI ARTICOLI PIU’ LETTI DELLA SETTIMANA SCORSA

Cagnoni ‘reduce’ dalVietnam da vincitore

Nasce una nuova compagniadi navigazione in Adriatico

Eni affossa la figuradell’agente marittimo

TOP THREE

Il gruppo brokeristico svizzero Ifchor, fondato e guidato dal genovese Riccardo Ravano, ha deciso di chiudere dopo 13 anni il proprio desk dedicato al segmento FFA, che proprio negli uffici genovesi aveva il suo fulcro.La decisione ha coinciso con il ritiro dalle

Ifchor lascia gli FFALo shipbroker svizzero-genovese fondato da Ravano chiude il desk dedicato ai freight forward agreements

scene brokeristiche di Giorgio Martini, che del desk FFA di Ifchor era stato il fautore ed il responsabile, capace di portare la società di Losanna a detenere, all’apice, circa il 20% del mercato degli FFA nel settore dry (S2S n.19/2006). Contestualmente anche Nanni Risso, collega di Martini, ha

lasciato Ifchor, mentre il terzo componente del team dedicato al comparto dei freight forward agreements, Andrea Molaschi, è rientrato nel physycal desk. Oltre alla perdita dei maggiori specialisti di settore, sulla scelta di abbandonare il segmento FFA da parte di Ifchor, che vi aveva introdotto molti dei suoi clienti armatoriali (fra cui le famiglie D’Amico e

segmenti capesize e panamax, mentre rispetto al 1997 i margini si sarebbero ridotti addirittura del 300%. Non a caso negli ultimi due anni altri broker importanti quali il tedesco Ernst Russ, il norvegese Imarex ed il francese Traditional Finance Services hanno ridimensionato o chiuso i propri desk di settore.Negli uffici genovesi di Ifchor resta comunque attiva la divisione tanker nata la scorsa primavera (S2S n.25/2010).

A.M.

Bottiglieri) e che operava anche per conto di produttori ed operatori diversi attivi in ambito di rinfuse secche, ha pesato anche la riduzione di volumi e margini registratasi negli ultimi anni. Secondo quanto riportato da Freight Investor Services – uno dei maggiori broker di settore, destinato a coprire, insieme agli altri big Clarksons, Simpson, Spence & Young e GFI Group, il vuoto lasciato da Ifchor – il mercato degli FFA dry avrebbe fatto segnare quest’anno una riduzione dei volumi del 11,5% rispetto al 2009, con particolare calo nei Giorgio Martini

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 20112

Una missione, riuscita, alla vigilia di Natale, di Augusto Cosulich in Turchia ha messo il sigillo finale su un accordo che vede il noto agente marittimo genovese dare vita ad una collaborazione gestionale e commerciale con il celebre collega turco, Lucien Arkas.La firma apposta ad Izmir – quartier generale del poliedrico gruppo imprenditoriale di shipping, porti, logistica e trasporti turco – dai due titolari delle rispettive aziende ha cristallizzato una lettera d’intenti fra il Gruppo Arkas e la Fratelli Cosulich Spa, in forza ufficialmente a partire dal 15 gennaio. “L’accordo non prevede (ma solo per il momento, ndr) scambi azionari tra Arkas Italia e Fratelli Cosulich Spa” recita il comunicato congiunto che verrà diramato nelle prossime ore.Di fatto Cosulich affianca Arkas nella

Un turco… genoveseCosulich rileva la gestione delle agenzie in Italia di Arkas, che

prepara lo sviluppo di nuovi servizi di linea nei nostri porti

AGENTI MARITTIMI

gestione della società che era stata creata alcuni anni fa a Genova (S2S n. 10/2008). Contestualmente all’entrata in vigore dell’accordo, è stato nominato un nuovo Consiglio di Amministrazione, a sostituire quello attuale, in cui Bernard Arcas – figlio di Lucien - ha la carica di Presidente ed Augusto Cosulich quella di Amministratore Delegato.L’inedita partnership sull’asse Genova-Smirne mira allo sviluppo commerciale delle attività armatoriali di Arkas nel nostro Paese ed è propedeutica all’incremento dei servizi di linea dai porti italiani per nuove destinazioni nel Mediterraneo da parte della flotta turca. “Confidiamo che la collaborazione tra i due gruppi porti ad un’espansione delle attività nel campo dello shipping negli anni a venire” è il commento sintetico di Lucien Arkas, dal 1964 al timone – oggi

con i figli Bernard e Diane - del gruppo fondato nel 1902 da Gabriel Jean Baptiste Arcas, che il poliglotta imprenditore (parla un italiano semplicemente perfetto) di lontana origine franco-ellenica ha enormemente sviluppato nel corso degli anni trasformandolo in un autentico impero della logistica a 360°, con attività diversificate che vanno dall’armamento all’agenzia marittima, dalle spedizioni, dai terminal portuali a quelli inland, dai trasporti stradali a quelli ferroviari. Il Gruppo Arkas conta 5.500 dipendenti in Turchia e 700 nelle filiali e joint-ventures in porti del Mediterraneo e del Mar Nero, e possiede una flotta – in costante espansione e rinnovamento - di 32 navi (29 portacontenitori e 3 bettoline per il bunkeraggio) a coprire, con il proprio network di servizi di linea, praticamente tutti i porti di Mare Nostrum e Black Sea. Uno degli atout fondamentali di Arkas Lines è di offrire servizi feeder ai maggiori global carrier ed al contempo imbarcare carichi locali offrendo servizi ottimali ai propri clienti. Nel 2009 Arkas Line ha effettuato 270 viaggi per 1.830 toccate con una flotta di navi dotata di una capacità complessiva di 51.000 TEUs.Con sede nella centralissima Piazza dell’Annunziata, Arkas Italia Srl ha iniziato ad operare a Genova nel marzo del 2008, gestendo le operazioni di agenzia per il vettore marittimo captive EMES (tra i primi 50 carrier mondiali), con personale – circa 15 addetti - diretto da Alessandro Sidi, che ha lavorato come manager presso Arkas per oltre 25 anni. Quello italiano è stato il nono ufficio costituito all’estero da Arkas a partire dal 1999, con la fondazione di Arkas Hellas nella città greca del Pireo, anno in cui è stata avviata l’espansione internazionale del business del gruppo turco, che vanta società proprie anche in Algeria (Arkas Algerie SPA e Aterco Arkas Conteneur Terminal Spa), in Ucraina (Arkas Ucraina Diane, Lucien e Bernard Arcas

Augusto Cosulich

Ltd., Arlogic Ltd., Ucraina Transport Overseas Ltd, Sealane Ucraina), e Spagna (Arkas Spagna SA), Egitto (Egitto Arkas SAE) e Russia (Arkas Russia). Nel gennaio del 2008 Arkas aveva fondato, sempre a Genova, EMES International Srl, con lo scopo di fornire servizi feeder per EMES. Oltre alle società straniere Arkas ha altri 19 uffici esteri in Romania, Bulgaria e Georgia.La Fratelli Cosulich è una società a storica conduzione famigliare fondata nel 1857 dal Cap. Antonio F. Cosulich, attualmente gestita dai pronipoti Antonio,

Andrea, Augusto e Matteo Cosulich.Il gruppo genovese comprende varie società, controllate o partecipate, che svolgono attività assai diversificate: dall’agenzia marittima per servizi di linea agli yacht e navi da crociera, dall’agenzia di viaggi al bunkeraggio (è armatore di 4 bettoline operative a Hong Kong e Singapore, S2S n. 26/2006), dalla gestione di navi alla casa di spedizioni, dai servizi di trasporto all’NVOCC, dal trading all’informatica.

Angelo Scorza

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 20113

Foto di gruppo di fronte alla F.D. Indomitable

dal nostro inviato

Ravenna - Se la data dell’8 gennaio 2011 verrà ricordata dalla città di Ravenna per la visita del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il cantiere Rosetti Marino avrà un altro motivo altrettanto importante per ricordare questo giorno visto che è stato consegnata il nuovo platform supply vessel F. D. Indomitable alla società armatoriale Fratelli D’Amato. Presso il cantiere navale “San Vitale” dello scalo ravennate, la società navalmeccanica romagnola ha presentato a una qualificata platea di invitati la quinta di otto unità PSV progettate da Rolls-Royce che, come le quattro navi gemelle che l’hanno

Un altro platform supply vessel per l’Indomitable Luigi D’AmatoConsegnata la quinta di otto unità in costruzione presso il cantiere Rosetti Marino di Ravenna

CANTIERI

preceduta (F.D. Invincible, F.D. Incredible, F.D. Reliable e F.D. Irresistibile), ha una larghezza massima di 16 metri e una

portata lorda di oltre 3.000 tonnellate. La F. D. Indomitable, la prima della seconda serie di quattro, si differenzia dalle unità precedenti per una significativa variazione della lunghezza fuori tutto che è di 75,1 metri (superiore di circa tre metri rispetto alle navi già consegnate) e per una maggior superficie utile per il trasporto di beni sul ponte di coperta conseguita grazie al minor volume delle sovrastrutture. La propulsione della F.D. Indomitable (che verrà affidata in management tecnico e commerciale all’inglese Gulf Offshore) viene assicurata grazie a due motori principali General Electric della potenza massima complessiva di oltre 5.580 kW (corrispondenti a circa 7.600 cavalli vapore) che consentono alla

nave una velocità massima di oltre 14,5 nodi e un’autonomia di navigazione di oltre 3.500 miglia. “Le platform supply vessel (PSV) come la F.D. Indomitable sono navi progettate per dare assistenza, carico e scarico di attrezzature e materiali in piena sicurezza alle piattaforme petrolifere marine situate nei mari più difficili, come il Mar Baltico

L’aggettivo inglese indomitable (indomabile) che ha dato il nome al supply vessel appena consegnato da Rosetti Marino, si addice perfettamente allo stato d’animo attuale dell’armatore di origini torresi Luigi D’Amato che si dice pronto a spendere la grande liquidità incassata nel biennio passato. “Soltanto negli ultimi 12 mesi ho venduto 11 navi e con il ricavato (attualmente investito in prudenti titoli di Stato) sono pronto a cogliere le opportunità che il mercato delle nuove costruzioni saprà offrire nel breve periodo” svela il presidente della D’Amato di Navigazione a margine della cerimonia di consegna della F. D. Indomitable. “Credo molto nella nicchia dell’off-shore dove continueremo a investire in futuro con nuove costruzione per le quali terremo in grande considerazione le competenze e la professionalità di Rosetti Marino ma non rallentiamo la crescita della flotta neanche nel dry e nel liquid bulk. In queste settimane prendiamo in consegna dai

cantieri giapponesi Imabari la prima di una serie di bulk carrier da 210.000 dwt con la formula già sperimentata con successo del noleggio a lungo termine con opzione d’acquisto”. Oltre al potenziamento della flotta di supply vessels che nel 2012 verrà completata con queste prime otto unità, Luigi D’Amato ha dunque ufficialmente avviato il programma di rinnovamento delle navi portarinfuse annunciato l’anno scorso (S2S n. 17/2010) fondato sulla progressiva cessione delle Handymax e delle Panamax in favore di unità di size maggiore come MR2 e Kamsarmax. “Nel segmento delle cisterne e del carico secco intendo puntare su navi di grandi portata come dimostrano le due VLCC da 320.000 dwt in costruzione presso STX e l’arrivo della prima bulk carrier giapponese da 210.000 dwt”.Il percorso di crescita della Fratelli D’Amato viene reso possibile anche dal supporto del mondo finanziario che “non

fa mancare il proprio appoggio quando in ballo ci sono progetti industriali seri e lungimiranti” precisa l’amministratore delegato della compagnia, Massimiliano Discepola, che tiene a ringraziare tutte le banche che singolarmente hanno finanziato i platform supply vessel costruiti a Ravenna. “Nel caso specifico della F. D. Indomitable il nostro ringraziamento va a Unicredit ma la stessa fiducia ci è stata data in passato anche da altri primari istituti di credito come il Banco di Napoli (gruppo Intesa Sanpaolo), Meliorbanca, Monte Paschi Siena, Commerzbank ed Efibanca”. Il costo di ogni nave varia tra i 18 e i 24 milioni di euro per cui il programma d’investimenti complessivo nel business off-shore avviato nel 2006 dalla Fratelli D’Amato sfiora i 200 milioni di euro e sarà completato con l’arrivo nel 2011 della F.D. Honorable e nel 2012 della F.D. Incomparable e della F.D. Remarkable.

Nicola Capuzzo

“Sono pronto a piazzare nuove commesse”

e il Mare del Nord, anche in condizioni meteo-marine particolarmente avverse” ha spiegato il direttore del cantiere, Cesario Mondelli, nel corso della cerimonia di consegna. “A conferma dell’elevato livello tecnologico e costruttivo raggiunto per queste costruzioni, l’ultima unità che andrà a far parte della flotta di Fratelli D’Amato ha ottenuto dalla britannica Royal Navy l’ambito riconoscimento di nave ‘Gold Standard’ per operazioni di assistenza e salvataggio”. Madrina della nave è stata Anna Maria Tarantola, vice direttore generale della Banca d’Italia, che ha battezzato la nave di fonte ai vertici della Fratelli D’Amato rappresentati dal Cavaliere del Lavoro Luigi D’Amato e del cantiere nella persona del presidente Gianfranco Magnani.

N.C.

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 20114

La nave Pacific è ormeggiata ai Cantieri San Giorgio del Porto da oltre due anni

Il prossimo 2 febbraio potrebbe arrivare per la nave da crociera Pacific l’ora della verità. O, meglio, della vendita. Il Tribunale di Genova ha infatti delegato le procedure per la cessione dell’imbarcazione alla concittadina società di brokeraggio Ferrando & Massone, fissando la scadenza di inizio febbraio e stabilendo la soglia minima della base d’asta in circa 3,4 milioni di euro. Un valore a prima vista piuttosto elevato se si considera che la nave risulta abbandonata in disarmo presso i cantieri San Giorgio del Porto di Genova dall’autunno del 2008 e che, nel frattempo, sono scadute anche le certificazioni Solas che autorizzano il trasporto dei passeggeri in mare. Insomma la platea dei compratori non può che essere formata da diversi demolitori turchi e del Medio Oriente interessati ai rottami di ferro e a quello che si può recuperare degli interni. Il peso del ferro ricavabile dallo scrap ammonta a circa 12.500 tonnellate, ma il fatto che la nave venga consegnata in Italia (precisamente a Genova dove si trova fisicamente) allontana l’interesse di eventuali compratori ad esempio indiani. Quest’ultimi, seppur molto interessati alle navi passeggeri perché possono rivendere al proprio mercato domestico gli interni delle cabine, sono penalizzati dal fatto che per arrivare a destinazione le nave dovrebbe sostenere gli elevati costi necessari ad attraversare il canale di Suez (ancora più elevati nel caso la nave dovesse essere rimorchiata); e inoltre il rischio di attacchi di piraterie richiederebbe una copertura assicurativa elevata e sproporzionata rispetto al valore della nave stessa. I più avvantaggiati sembrano, dunque, i demolitori turchi. La somma di denaro che verrà incassata dalla vendita del Pacific servirà a

Fissata l’asta della Love Boat sotto sequestroLe offerte dovranno pervenire ai broker di Ferrando & Massone entro il 2 febbraio prossimo

BROKER RIMORCHIO

soddisfare (in parte) una lunga lista di creditori che vantano debiti per almeno 10 milioni di euro (S2S n.45/2009). Tra questi spiccano la società greca JGP Hellas Ltd (creditrice di somme vicine ai 110.000 euro maturate nei mesi precedenti rispetto a quando la nave arrivò a Genova per effettuare riparazioni), la Gennaro Officina Navale Genova (creditore per 260.000 euro), Wärtsilä Italia Spa (che contesta alla Templeton International un

debito da 600.000 euro) e il cantiere San Giorgio del Porto (creditore per diversi milioni di euro). A questi si aggiungono Union Naval Marseille, Union Naval Barcelona, JGP Hellas (rappresentate legalmente da Giorgio Berlingieri), International Paint (avvocati Paterna e Dani) e Genirmi (avvocati Rocchi e Ferraris).

Nicola Capuzzo

È ormai pronta la consegna alla S.E.R.S. (Società Esercizio Rimorchi e Salvataggi) di Ravenna del rimorchiatore Francesco Paolo, nuova unità varata lo scorso luglio ed appena completata al cantiere UNV Union Naval Valencia del Gruppo Boluda.“Le prove ufficiali avverranno la prossima settimana e subito dopo ci dovrebbe essere la consegna” conferma l’armatore partenopeo – ma di stanza in Romagna - Luca Vitiello, proprietario del Gruppo Gesmar, che oltre alla S.E.R.S. comprende altre società di rimorchio, titolati di servizi portuali in concessione: Corima (Ancona e rada di Falconara), STERS (Termoli), C.M. Sagitario (Maracaibo e Puerto La Cruz, Poseidon (Crotone, Cirò Marina e Corigliano Calabro) e le partecipate Tripmare e Labromare, attive nei porti di Trieste e Livorno.Il Francesco Paolo è la prima di due costruzioni ordinate a UNV, per un valore complessivo di 14 milioni di Euro, la seconda costruzione è attesa per aprile di quest’anno; in totale il Gruppo Gesmar ha fatto costruire a Valencia cinque mezzi.“La prima newbuilding verrà impiegata nel porto di Ravenna e libererà il rimorchiatore escort Luca, che è stato noleggiato in Scandinavia – prosegue Vitiello - anche la seconda costruzione, la Eugenia, varata a fine novembre, andrà all’estero, probabilmente in Centro America”.

Prove in mare per VitielloIl cantiere Boluda di Valencia ha pronto in consegna

alla SERS di Ravenna il rimorchiatore Francesco Paolo

I due rimorchiatori sono del tipo Tractor, con propulsione Voith Schneider e potenza di 6500 BHP, possono raggiungere una velocità di 12,5 nodi, hanno una capacità di tiro a punto fisso di 62 tonnellate, ed hanno le seguenti dimensioni: 29,50 m lunghezza x 11,00 m larghezza x 4,40 m pescaggio, gross tonnage: 369 GT, portata: 300 dwt.

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 20115

Si chiama Caletta – come una precedente bettolina già in flotta per conto dello stesso armatore di Livorno – l’ultima nata in casa D’Alesio, che la controllata Dalmare S.p.A, ha appena preso in consegna in Corea del Sud. Alla cerimonia di hand over hanno partecipato Gaetano D’Alesio,

D’Alesio chiude il cerchio delle newbuildingsCon la consegna dell’ultima tanker in Corea, il gruppo armatoriale di Livorno completa il processo

di rinnovamento della flotta, che ora vanta 10 navi nuove con età media tra 3 e 4 anni

Chartering Manager, e la moglie Chiara, madrina al varo. Con la tanker da 52.000 dwt, la società toscana ha così portato a compimento il processo di grande rinnovamento della flotta avviato cinque anni fa (S2S n. 3/2006), che ha visto l’entrata in funzione di 6 navi adibite a trasporto

TANKER

di prodotti petrolchimici (comprese tra 15.500 e 52.000 dwt) e di 4 unità per il servizio di bunkeraggio (2.400 dwt), tali da permettere alla flotta D’Alesio di vantare un’età media pari a 4.2 anni (per il trasporto di prodotti petrolchimici) e 3 anni (per il bunkeraggio). “Siamo stati il primo operatore italiano

ad avere tutta le unità navali del bunkeraggio a doppio scafo” esulta Nello D’Alesio, Vice Presidente Esecutivo. “L’intera nostra flotta, oltre a rispettare gli elevatissimi standard delle major petrolifere e chimiche, è dotata di notazione addizionale RINA Green Star Design3 attestante che, a livello di progettazione, costruzione e gestione operativa, le navi soddisfano determinati requisiti che assicurano il massimo rispetto dell’ambiente”.L’affermazione conferma implicitamente l’ipotesi a suo tempo avanzata (S2S n. 34/2010) che l’armatore toscano rinuncerà ad operare nel settore del dry bulk, cedendo verosimilmente anche la seconda e la terza delle 3 rinfusiere rimaste nel portafoglio ordini come switch parziale di un precedente contratto per 4 tanker commissionate

allo stesso cantiere sudcoreano.La nave ultimata ai cantieri Hyundai Mipo di Ulsan, idonea al trasporto di prodotti petroliferi e chimici, è dotata di strumentazione tecnologica avanzata per la salvaguardia della vita umana in mare e per la massima tutela dell’ambiente ed anticipa l’entrata in vigore dei relativi regolamenti. La Caletta entrerà da subito in operatività sul mercato spot con un equipaggio misto italiano e indiano composto da 22 membri con un viaggio inaugurale trasportando olio di palma a Rotterdam.La D’Alesio Group svolge il trasporto marittimo di prodotti petrolchimici (5,5 milioni di tonnellate nel 2010) e il servizio di bunkering a Livorno, La Spezia, Piombino e Carrara (550.000 tonnellate).

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 2011

Dallo scorso mese di ottobre ERS Railways cura per conto di Florlogistica il trasporto su ferro tra il Nord Europa (Rotterdam) e l’Italia (Melzo) di innovative casse mobili reefer da 45 piedi al cui interno vengono ospitati carichi floreali. Florlogistica BV è, infatti, una società di spedizioni e servizi logistici specializzata nel trasporto di fiori recisi e di piante per tutta l’Italia, con partenze giornaliere da tutti i mercati olandesi e da tutte le ditte a essi affiliate. Il trasporto viene eseguito

con mezzi a temperatura controllata e i servizi risultano di alta qualità grazie all’ottima preparazione nel settore della logistica e all’efficienza dei servizi door-to-door. Florlogistica BV nasce cinque anni fa da una stretta collaborazione fra vettori italiani e un’agenzia italiana con anni di conoscenza dei mercati olandesi, dei coltivatori e del trasporto. Oltre ai trasporti specializzati la società è in grado di curare anche le pratiche doganali e i servizi di logistica del freddo.

ERS a braccetto con Florlogistica sulcollegamento tra Rotterdam e Melzo

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Le relazioni commerciali fra l’area geografica del Limburg, situata intorno ai confini fra Olanda, Belgio e Germania, e il Nord-Ovest d’Italia si stanno sviluppando in modo positivo.Dopo la decisione presa alcuni mesi fa da parte di Shuttlewise di dedicare una sezione del proprio treno containers shuttle Mortara-Rotterdam al terminal di Venlo, capoluogo del Limburg (S2S n.33 e 43/2010), anche ERS Railways ha predisposto un collegamento diretto da Venlo al proprio terminal di appoggio in

Nuovo treno intermodale Venlo-Melzo di ERS RailwaysLa controllata del gruppo AP Moller – Maersk si appresta ad aprire una nuova sede in Italia

INTERMODALE

Italia, lo scalo Sogemar a Melzo.Il nuovo servizio partirà dal 10 gennaio. Potranno essere trasportati containers e casse mobili con una altezza massima di 3,14 metri. Il servizio prevede 5 coppie di treni a settimana, con un tempo di transito A-C.Lo shuttle Venlo-Melzo è un’espansione degli esistenti servizi ERS fra Rotterdam e Melzo. In totale l’Olanda verrà collegata da ERS a Melzo e al milanese con 14 coppie di treni a settimana. Anche in questo caso Sogemar potrà curare eventuali rilanci verso gli scali interni in Italia serviti dalla propria rete di treni containers.Dalla scorsa estate l’impresa ferroviaria controllata dal Gruppo danese AP Moller Maersk ha ulteriormente implementato i propri servizi sull’asse Nord – Sud portando a quattro round trip il servizio intermodale che collega Rotterdam con Padova. E proprio sui collegamenti con il nostro paese ERS impiega alcuni dei cinque locomotori elettrici Siemens ES64F4 presi in consegna nel 2009, quando è stata avviata la nuova green policy dell’azienda. Questi mezzi andranno progressivamente a rimpiazzare gli esemplari diesel utilizzati

finora dall’impresa ferroviaria danese che si appresta a investire altre risorse in Italia. È infatti in previsione a breve termine l’apertura di una nuova sede di ERS Railways nel nostro paese, che andrà ad aggiungersi all’headquarter olandese

a Rotterdam e alle altre sedi distaccate in Repubblica ceca (Melnik), in Ungheria (Budapest), in Polonia (Varsavia) e in Svezia (Goteborg).

F.Q. e N.C.

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Piacenza - Ci sono voluti oltre un secolo e mezzo - il Gruppo Scerni fu fondato nel 1840 – e quasi sei generazioni imprenditoriali prima che una delle più blasonate famiglie genovesi dello shipping, senza rinnegare il core business storico, intuisse che la ‘via delle merci’ non passa più soltanto dall’attività sui mari ed in banchina, ma che occorre allargare gli orizzonti del business verso l’entroterra, quella landa piatta oltre gli Appennini verso cui la merce, una volta scaricata dalla nave e caricata sui camion (molto più spesso che non sui treni, purtroppo…), viene istradata, stoccata, manipolata ed infine distribuita nell’ultimo anello della catena logistica.E oggi, compiuti i primi 170 anni senza alcun clamore - in piena sintonia con l’understatement molto british che

Scerni fa di necessità virtù (logistica)Acquisito un nuovo grande cliente, continua a gonfie vele la diversificazione dal core business marittimo, con il presidio di Piacenza quale hub di smistamento delle merci

LOGISTICA

alligna presso tutti grandi cognomi dell’imprenditoria sotto la Lanterna – i due leader del gruppo, il 67 enne Enrico Scerni (popolarmente conosciuto come Gianni), uno dei vertici riconosciuti dell’intellighenzia cittadina non solo a livello privatistico, ed il primogenito (unico maschio di quattro figli nata dal matrimonio con la fascinosa Savina Savini) Paolo, 35 anni, lavoratore instancabile, idee molto chiare e grinta da vendere, alzano il velo sul nuovo motore aziendale. Infatti, pur mantenendo l’attività di agenzia marittima e le attività ad essa ancillari (spedizioni, trasporti merci in container ecc.), gli Scerni hanno da tempo metabolizzato il fatto che il futuro non poteva che essere ad almeno 100 km lontano dalla costa. E tra le varie opzioni, la scelta – dopo una parentesi di assaggio in Lombardia – è ricaduta in quel

di Piacenza (anche se il business è mobile, dunque nulla può dirsi mai definitivo…)Come siano arrivati a far risultare la logistica il filone di attività in questo momento più dinamico ed appassionante, sebbene non ancora il più ricco nel portafoglio di un gruppo che conta svariate società e diversificazioni anche in ambiti non strettamente imprenditoriali (al di là degli immobili, non si dimentichi che Scerni Sr. è stato, a fine anni novanta, proprietario del Genoa Cricket & Football Club, mentre la moglie dirige l’attività, sempre di proprietà, del teatro Politeama Genovese), lo svelano i due principali artefici di una scelta forse arrivata da più in alto, ma che, in un affiatato tandem, pedalando sempre nella medesima direzione, Paolo Scerni e Sandro Barabino, rispettivamente Presidente

ed Amministratore Delegato di Scerni Logistics, hanno saputo brillantemente avviare e sviluppare lungo ormai quasi un decennio, seppure in sordina e con la massima discrezione, come tipico, fino al ‘botto’ della vigilia di fine 2010: l’acquisizione di un nuovo grande cliente di contract logistics nel settore dei white goods.

Ribaltamento strategico del business

Oggi il Gruppo Scerni fa capo alla holding di famiglia Finservice, che controlla al 100% una ventina di società, impegnate quali agenzia marittima, società di trasporto cielo/mare/terra, logistica integrata, attività finanziarie, immobiliari ed armatoriali. Dato saliente, malgrado la dimensione cospicua il gruppo rimane a stretta conduzione famigliare, con i membri della famiglia assisi saldamente ai vertici per assicurare un consiglio di amministrazione forte e coeso.“Il fatturato del cosiddetto ramo servizi (tutto ciò che non è armamento, partecipazioni finanziarie, immobiliare o attività terminalistiche) è di circa 100 milioni di Euro. Il primo anno di attività

logistica nel 2003, durato 8 mesi, si chiuse a 1,4 miliardi di lire di fatturato (ed una perdita di 400milioni); il 2010 vede ricavi per 35,5 milioni di euro” spiega Scerni Jr. tanto per far comprendere – invero sono numeri che si commentano da soli - il notevole salto dimensionale, più che di qualità, visto che il rispetto di quest’ultima è da sempre un paradigma intrinseco alla filosofia aziendale. “Il Gruppo Scerni offre servizi ai propri clienti dal 1840; non avremmo potuto operare così a lungo senza che un legame strettissimo leghi la nostra famiglia al valore del servizio, percepito dai clienti come affidabile nel tempo e solido nella sostanza”.L’esordio in questo ambito avviene nel 2003 come APL Logistics, di cui Scerni era ed è tuttora agente generale. Alle attività non core-business marittimo fanno capo, nel settore del trasporto e della logistica, appunto la Scerni Logistics, con quartier generale a Genova ed uffici commerciali a Milano e Piacenza, che nasce formalmente il 1° gennaio 2008 dalla confluenza e fusione delle preesistenti Lunimar, società di trasporti internazionali via mare, terra e cielo fondata nel 1989 a La Spezia,

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Paolo Scerni e Sandro Barabino

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successivamente acquisita da Scerni; e Incres, nel dopoguerra compagnia armatoriale, dagli anni sessanta agenzia marittima ed oggi dedita allo stoccaggio, cross docking ed attività spedizionieristica. A latere agiscono la S.I.L.T. (Sistemi Integrati di Logistica e Trasporti) Srl, nata nel 1994 come compagnia di autotrasporto, oggi con 4 uffici a Genova, La Spezia, Milano, Voltri – “nel 2011 apriremo a Livorno per onorare un contratto di trasporto di soli container FCL su navi

Hapag Lloyd “ – la quale aveva rilevato la C-Truck dalla CP Ships guidata da Guido Raso (ex-Contship Italia). “La flotta è composta da oltre 50 motrici e 80 chassis di proprietà, ed assicura circa 200 partenze al giorno, grazie a contratti in esclusiva con un ristretto numero di padroncini che da dieci anni sono parte della ‘famiglia’ SILT”. Come anzidetto, Scerni non è arrivato all’inland per caso, ma ‘fiutando’ l’evoluzione dello scenario al contorno. “La nostra è stata una scelta obbligata, da agenti di linea quali eravamo, con un business in calo non per ‘colpa nostra’ ma per l’evoluzione dei rapporti tra principal e rappresentante sul territorio, dal 2003

ci siamo resi conto che non c’erano alternative, se non si voleva scomparire dal business occorreva cambiare ruolo” conferma il giovane imprenditore, citando le compagnie di linea ‘perdute’ in un paio di anni: “Sealand (cliente dal 1969), per la quale era stata creata l’apposita società SCA, assorbita da Maersk; Hapag Lloyd (con entrambe tuttavia la SILT, società di trasporti terrestri full container del gruppo, ha oggi un ruolo di leader quale fornitore nel settore specifico – chiosa Scerni) ha aperto

ufficio proprio a Genova; la sudcoreana Cho Yang è fallita. Rimanevano APL, Rickmers, Maruba, CCNI, Camafrica, Portline e F.A.O., mantenute tuttora, ma insufficienti a contenere le legittime ambizioni dell’operatore. “Così ci siamo avvicinati alla merce, iniziando a fare un mestiere che prima conoscevamo solo in quanto meri utilizzatori del servizio. Abbiamo quindi attivato gli investimenti per dotarci delle competenze e delle strutture necessarie; oggi, con le dimostrazioni di fiducia che ci elargisce costantemente il mercato, possiamo dire che quella sfida, inizialmente ‘temibile’, è stata vinta. Quando è partita la società Scerni Logistics, il capitale era di soli

98.000 euro, oggi con la crescita che si è avuta, è di 1 milione di euro, generati dal lavoro e dai profitti” precisa Scerni, che però già alza l’asticella a 1,5 milioni “necessari a finanziare investimenti resisi necessari a fronte di nuove importanti commesse acquisite negli ultimi 18 mesi”. Il ribaltamento strategico compiuto in pratica chiude il cerchio. L’autentica rivoluzione culturale attuata ha fatto sì che la logistica, nata per completare il portafoglio di offerta, si sia assunta l’onere di agire da volano per un ulteriore sviluppo, trasformandosi da asset tattico a vero pilastro strategico.“Il mercato della logistica è molto più ampio ed accessibile di quello delle spedizioni, dunque offre molte più opportunità, naturalmente insieme ad una maggiore concorrenzialità. Noi siamo pronti ad ‘infilarci’ in ogni possibile spazio di crescita per ampliare la base clientelare in un filone assai più dinamico, oggigiorno, rispetto a quello armatoriale, quasi statico. Senza peccare di presunzione, posso dire che cerchiamo di fare in modo che tutte le nostre attività portino un piccolo profitto; di certo non ci piace lavorare e perdere!” puntualizza il giovane Scerni, spiegando ancora di preferire “lavorare con le proprie gambe; tutto lo sviluppo aziendale nella logistica e trasporti è fatto in regime di autofinanziamento, tranne che ovviamente per la parte armatoriale, dove le entità delle somme esigono il ricorso al credito bancario”. Dai Romani ai…Genovesi

“Piacenza è stata scelta in quanto crocevia ideale della logistica in Italia, come peraltro già avevano intuito gli antichi Romani…” esordisce Barabino, che lavora nel gruppo genovese da una trentina d’anni, avendo iniziato come contabile e percorrendo tutti gli scalini della gerarchia aziendale, fino ad essere oggi pienamente proiettato sulla logistica. “Tra le varie opportunità abbiamo scelto quella offerta dal Polo Logistico Le Mose sviluppato da Generali Properties –

preferito, per la sua maggiore modernità, rispetto a quella concorrente di Prologis, ndr – acquisendo stabili in affitto”.Questo è il più grande insediamento logistico italiano, ubicato in una posizione privilegiata grazie alla rete di collegamenti

che fanno del nodo emiliano una location baricentrica per il mercato italiano, con edifici caratterizzati dai più alti standard tecnici richiesti dagli operatori

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internazionali. Per la cronaca, altri illustri inquilini sono Unieuro, DHL Supply Chain Solution e Italiarredo. I magazzini di Scerni Logistics constano di quattro moduli da 12.500 mq l’uno (60mila metri quadri coperti, con 72 baie di carico/scarico, 34mila posti pallet scaffalati e 8mila a terra) e sono stati presi in affitto nel maggio 2008: “Non comperiamo mai – prosegue Barabino - siamo venuti qui a metà 2008 trasferendo solo le scaffalature che avevamo a Lacchiarella Sud (Centro Logistico Milano) e che peraltro ci sono costate circa 1,5 milioni di euro; in più abbiamo investito 300.000 euro in un nuovo sistema informativo. Inoltre abbiamo magazzini a Bologna Interporto, Ciampino (Roma) e Gastelgandolfo (Mantova) per altri 30mila mq”. Nota di cronaca che merita attenzione per essere sintomatica di un certo modus operandi, è che, mentre i magazzini splendono nella loro sofisticata sobrietà – tutto è a norma di legge e mantenuto a regola d’arte - gli uffici direzionali del

quartier generale piacentino si presentano, a distanza di due anni e mezzo, ancora disadorni, quasi spartani, a dimostrazione che ‘fare’, per Scerni, conta assai più di ‘apparire’.

Crescita costante obbligata Panasonic è stato il primo cliente storico, quello che ancora assicura il bread & butter quotidiano. “Nel 2003, insieme ad APL Logistic, abbiamo vinto una gara valida per l’Italia ed altri paesi” ricordano i manager genovesi. “Attuali clienti, oltre a Panasonic ed a Conforama (recente acquisizione del 2009, che ha indotto ad occupare il terzo e quarto modulo del sito di Generali Properties), sono Marks & Spencer, Mokarabia, Dolci Preziosi, Coin, Humax, ecc.” Ad agosto scorso, infine (ma l’ufficializzazione è solo del mese scorso), il grande colpo: l’aggiudicazione della gara – che ha visto schierati nella short list otto primati operatori, tra cui alcuni di caratura

segue da pag.8internazionale quali DHL, Ceva, Geodis e le italiane Arcese e Bertoni - indetta da Whirlpool, fabbrica di elettrodomestici che aveva comprato la storica Ignis, la quale ha richiesto la gestione integrale del magazzino presso il punto di produzione di Ternate (Varese), uno stabilimento da 3mila operai e 37mila mq. “Tra i loro clienti c’è Ilkea, che qui nel piacentino dispone di ben due depositi. Un contratto biennale che vale 1,7 milioni di euro, per il quale abbiamo attivato 50 addetti e 40 carrelli elevatori a Varese” conferma Barabino. Certamente non tutto è così agevole, e la via del business non sempre spianata. Nell’autotrasporto la concorrenza è sfrenata e le tariffe molto basse. “È un passaggio culturale diverso; il cliente non si perde se non ti impigrisci. L’agente ha

un rischio più limitato; mentre il logistico ha le mani più legate, dunque deve rimboccarsi le maniche. Ma personalmente non sono preparato alla precarietà – i contratti arrivano al massimo ai 2 anni di durata predefinita - ecco perché abbiamo cercato di stabilizzare il business! Anche se con Conforama abbiamo siglato un 4 + 1, i contratti si rescindono con una certa facilità. Quasi tutto si acquisisce con la leva del pricing; noi invece puntiamo sulla qualità del servizio. Un ulteriore nostro paradigma è massimizzare la sicurezza sul lavoro e non è solo uno slogan ad uso della stampa… La copertura assicurativa è garantita da broker esperti quali Assiteca, Cambiaso & Risso, PCA tramite le Generali. Insomma, siamo molto coperti, abbiamo una sorta di Kasko”.

Se il cliente terziarizza, Scerni a sua volta subappalta. “Il nostro scopo è quello di coprire per intero la filiera, ovvero offrire al cliente il servizio completo, dal nolo marittimo all’handling, dal trasporto allo stoccaggio ed alla distribuzione finale”. Punto di forza della società è proprio la possibilità di agire, a livello di Gruppo, su tutte le fasi della supply chain: dalla ricezione delle merci in porto alla consegna in tutta Italia e, volendo, Europa. “Ci mancano le attività storiche, quelle da cui proveniamo; abbiamo ribaltato il nostro modello di business, ma ancora non riusciamo a offrire noli” quasi si rammarica Barabino in chiusura.

Angelo Scorza

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La sede del Gruppo Tositti a Venezia

Carminati e Corrias all’ultimo Dinnergenovese 2009

Hanno decisamente suscitato molta attenzione le dichiarazioni dell’agente marittimo Roberto Corrias, titolare dell’agenzia Meloni di Cagliari e presidente del consorzio Agorà (S2S n.1/2011), scatenando reazioni nei colleghi sia da parte dei consoci che della controparte, concordi nel non condividere buona parte delle affermazioni rilasciate alla nostra redazione dopo la perdita del contratto ENI. Pubblichiamo, a tale proposito, due richieste di precisazione e rettifica delle parti interessate.

Egregio Direttore, Le scrivo in relazione all’articolo, a firma Nicola Capuzzo, dal titolo “Eni affossa la figura dell’agente marittimo”, che contiene affermazioni contrarie a verità e lesive della reputazione ed immagine della società Inchcape Shipping Services (ISS), che è mia intenzione rettificare.1 - Inchcape Shipping Services è una società avente sede e direzione a Londra da dove opera da oltre 150 anni ed è leader mondiale nei servizi allo shipping, in primis quelli agenziali. Specificamente ISS fornisce inoltre il servizio di hub agent (o ‘agente unico’) su scala worldwide. Il management della società è internazionale, ma con una forte connotazione europea. Amministratore delegato è Claus Hyldager di cittadinanza danese, mentre per quanto riguarda l’Italia la direzione è affidata al sottoscritto. Essendo una società che opera con successo ed ottimi risultati, ISS, logicamente, ha suscitato e suscita l’interesse di investitori istituzionali, da ultimo quello del fondo Isthimar di Dubai (che, peraltro, non ha assunto alcun ruolo gestionale).2 - ISS svolge il servizio di hub agent per i più importanti operatori marittimi del mondo, annoverando tra i propri

Gli agenti marittimi prendono le distanze da Corrias (Agorà)Tositti: “Affermazioni non vere e lesive della reputazione di ISS Inchcape”

AGENTI MARITTIMI

clienti le società ExxonMobil, Maersk, Petroplus,Stolt, OSG, AET,BP, Tokyo Marine Europe and many others. Dal 2007 ISS si onora di essere hub agent anche per l’Eni, avendo vinto la relativa gara per l’attività estera. Da quest’anno ISS seguirà anche la parte italiana a seguito dei risultati del positivo esito della gara indetta nel giugno 2010. ISS gestisce complessivamente circa 70.000 scali all’anno ed è in grado di svolgere un servizio di tale importanza ed ampiezza, soddisfacendo le esigenze della migliore clientela mondiale, grazie ad importanti investimenti fatti in relazione alle risorse umane, a specifici software

(costantemente aggiornati e migliorati) e ad un network di agenzie dirette e di sub-agenti in tutti i porti del mondo, Italia, ovviamente, compresa.Vista l’importanza che riveste la portualità italiana, ISS ha dal 2005 costituito una propria succursale in joint-venture con il gruppo Tositti, la ISS-Tositti, acquisendo in tale contesto l’esperienza, le competenze e le risorse del partner italiano ed aprendo successivamente agenzie dirette nei principali scali nella penisola. In tal modo ISS ha saputo radicarsi in maniera vincente anche in Italia, con professionalità e competenze di altissimo livello. 3 - La gara indetta da Eni per la selezione

dell’hub agent (o ‘agente unico’) attribuiva rilevanza sia agli aspetti tecnico/operativi sia alla componente economica; siamo convinti che la gara sia stata aggiudicata ad ISS soprattutto in ragione degli aspetti tecnico/operativi, e dell’indubbia leadership di ISS a livello mondiale nell’attività di hub agent. Per contro, senza nulla togliere alle competenze locali delle singole agenzie consorziate in Agorà, la società consortile a responsabilità limitata Agorà non aveva alcuna esperienza quale hub agent.La società Agorà risulta infatti senza dipendenti e con un fatturato (anno 2008 , l’ultimo depositato) di soli 35.000 Euro (il che significa, appunto, che la società non è operativa).4 - Desidero qui evidenziare che al fine di salvaguardare le indubbie competenze locali degli agenti ex Agorà - e di evitare conseguenze occupazionali negative - ISS ha mantenuto nei singoli porti i medesimi agenti raccomandatari già utilizzati da Eni, tranne che nei porti ove ISS ha agenzie proprie. In relazione all’incarico affidato da Eni a ISS tali agenti operano dunque quali sub-agenti di ISS, inserendosi così nel suo network mondiale e godendo del supporto che ISS fornirà loro. Per il resto tali agenti manterranno inalterata la loro attività e clientela.5 - La grande maggioranza delle agenzie già consorziate in Agorà ci ha fatto avere il suo più vivo disappunto per le dichiarazioni rese a codesto giornale dal Sig. Corrias e ci ha comunicato di dissociarsi dalle medesime. In conclusione, nulla di

quanto dichiarato dal Sig. Corrias - e da Voi riportato e commentato con enfasi eccessiva - corrisponde a verità. Il ruolo e la professionalità degli agenti raccomandatari italiani rimangono immutati ed anzi sono certo che il loro inserimento nel network ISS, in relazione al contratto Eni, porterà loro nuove conoscenze e competenze.L’affidamento a ISS dell’incarico di hub agent di Eni migliorerà dunque e non affosserà il ruolo degli agenti raccomandatari italiani.

Stefano Tositti

Anche Carminati si dissociadal collega cagliaritano

Egregio Direttore,ho letto l’articolo/intervista a Roberto Corrias pubblicata sul Suo giornale in riferimento alla gara ENI per il contratto di Agenzia Marittima Worldwide per precisare quanto segue.L’intervista era a titolo strettamente personale e non a nome del consorzio Agorà.Il titolo “ENI affossa la figura dell’Agente Marittimo” è assolutamente infondato.L’azienda da me amministrata (Transoceania Armec srl) è Agente Raccomandatario del Gruppo ENI nel Porto di Genova dal 1964, con piena soddisfazione da ambo le parti.La Società multinazionale ISS-Tositti, che ha acquisito il contratto ENI, ha confermato quali Agenti nei singoli porti nazionali 12 (uno dei quali la mia azienda) dei 16 componenti del Consorzio Agorà, a comprova dell’affidabilità e serietà del mandato affidatole.Le tariffe riconosciute sono quelle previste per legge.Le considerazioni da me fatte – pur a titolo personale – interpretano sicuramente il pensiero di tutti i miei colleghi.

Tito Carminati

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 201111

Sono due le compagnie armatoriali ad aver presentato la propria candidatura alla gara indetta dall’Autorità Portuale di Piombino per l’assegnazione degli slot relativi a quattro ulteriori coppie di corse fra il porto toscano e l’Isola d’Elba.Si tratta di Corsica Ferries, che ritenta laddove non era riuscita – non senza strascichi polemici, culminati in un vano ricorso al TAR – circa un anno fa (S2S n.3 e 8/2010) e Blu Navy, la controllata del gruppo genovese Finsea, che esordì l’anno scorso nel cabotaggio toscano aggiudicandosi tre slots quotidiani proprio fra Piombino e Portoferraio, operati con il traghetto Primrose (S2S n.13, 15 e 23/2010). Salvo imprevisti la procedura di assegnazione dovrebbe concludersi entro metà febbraio.La partecipazione delle due compagnie alla gara – da cui sono stati esclusi i soggetti detentori di più del 20% degli slots in essere – sembra un’ulteriore dimostrazione della profittabilità di una linea su cui, oltre a Blu Navy, operano già anche Moby e Toremar. Ed a sostegno di ciò è significativo quanto sta accadendo intorno alla gara per la privatizzazione di Toremar. Come è noto (S2S n.43/2010), la Regione Toscana avrebbe dovuto, entro Natale, inviare le lettere di invito all’offerta agli 11 soggetti

Testa a testa tra Blu Navy e Corsica FerriesIn ballo alcuni slots fra l’Elba e Piombino, mentre

la compagnia del gruppo Finsea ricorre al TAR per partecipare alla privatizzazione di Toremar

FERRY

che hanno manifestato interesse, ma la procedura ha subito una battuta d’arresto proprio per l’intervento di Blu Navy. Secondo quanto riportato da diverse testate locali, infatti, la compagnia genovese alcune settimane fa, contraddicendo il

disinteresse ostentato fino a qualche mese prima, avrebbe chiesto alla Regione Toscana di essere ammessa alla procedura di privatizzazione, ottenendone tuttavia un rifiuto, motivato, pare, proprio dalla mancata partecipazione alla prima parte del bando e dalla carenza di alcuni requisiti. Blu Navy non ha perso tempo, ricorrendo al TAR, ma per il momento ha incassato il rifiuto alla richiesta di sospensiva dei provvedimenti della Regione, in attesa che il Tribunale Amministrativo si pronunci nel merito durante questa settimana. La Regione tuttavia ha preferito attendere prima di inviare le lettere, che, si auspica, potranno partire non appena il TAR dirimerà il contenzioso con Blu Navy.

A.M.

È andata in porto in breve tempo la cessione di uno dei mezzi di sollevamento in surplus alla Compagnia Unica Paride Batini (CULMV) di Genova: “Abbiamo deciso di mettere in vendita due gru mobili

attualmente non utilizzabili (per un vincolo normativo, ndr)” aveva detto il Console Antonio Benvenuti non più tardi di un paio di mesi fa (S2S n. 43/2010).L’acquirente è il Gruppo Campostano di Savona, che ha comprato una gru già ubicata presso il terminal Fo.Re.S.T. del porto di Genova. Si tratta di una Gottwald - HMK 280 della capacità di 100 tonnellate in attività al terminal di Ponte Somalia al

La Compagnia Unica Paride Batini di Genova fa cassa in attesa di tempi miglioriIl Console Benvenuti cede al terminal Forest di Campostano una delle due gru mobili della Gottwald il cui ricavato peraltro non ripiana il buco di bilancio aperto dalla crisi dei traffici

TERMINAL OPERATOR

bacino di Sampierdarena, che Campostano opera attraverso la controllata Fo.Re.S.T Spa. “CULMV doveva dismettere il mezzo per adempiere ad un preciso obbligo normativo e noi dovevamo mantenere la migliore efficienza del quadro di dotazione del terminal: essendoci orientati verso l’accoglienza di navi più piccole, quindi prive di mezzi di bordo, abbiamo l’assoluta necessità di poter contare su una gru sempre a disposizione” spiega il presidente del gruppo savonese, Ettore Campostano. “Con questa acquisizione possiamo incrementare l’efficienza del servizio, ora senza soluzioni di continuità grazie alla presenza continua della gru in banchina; naturalmente, svilupperemo anche l’attività di noleggio agli altri terminalisti, che fin da subito hanno manifestato il loro interesse in questo senso”.La notizia arriva a poche settimane da un’analoga acquisizione, da parte di Campostano, di una nuova gru per Savona (S2S n. 34/2010).Per la CULMV, la cessione è l’occasione per fare un po’ di cassa – il prezzo di vendita è di poco superiore a 800mila euro – in un periodo di ‘vacche magre’, come sottolineato dallo stesso Benvenuti di recente, commentando l’anno di lavoro appena terminato. “Il recupero di un 15-16% delle giornate di lavoro è ancora troppo distante dai dati del 2008 e quindi ci mette in una situazione di difficoltà. La ripresa del porto di Genova non corrisponde alla ripresa del nostro lavoro e questo genera ovviamente un problema di bilancio e di stabilità. Noi misuriamo i traffici in giornate di avviamento, che poi sono quelle che fanno il fatturato e, quindi, gli stipendi dei soci. Malgrado il recupero

dei traffici, c’è stato un maggior utilizzo dei dipendenti dei terminal e questo ha penalizzato il lavoro della Compagnia. Temiamo ci saranno problemi seri anche per il 2011. Per il futuro non abbiamo timori; le prospettive ci sono, le nostre professionalità e flessibilità saranno indispensabili per il porto del futuro. Il problema è passare indenni attraverso un presente difficile”.

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 201112

Si chiude il contenzioso legale che ha visto di fronte Carnival Corporation e Rolls Royce per i problemi causati dal cattivo funzionamento del sistema Mermaid installato a bordo della Queen Mary 2, l’ammiraglia di Cunard Line. Il produttore britannico è stato condannato a un maxi risarcimento danni da 24 milioni di dollari (16 milioni per frode più altri 8 per il mancato rispetto delle garanzie sul prodotto) nei confronti del colosso americano delle crociere. I problemi risalgono praticamente all’inizio dell’installazione del sistema di propulsione azimutale integrato indicato come POD, che consiste in un motore elettrico di grande potenza montato sotto lo scafo a poppa della nave sul cui asse è direttamente fissata l’elica. Questo tipo di

Rolls Royce soccombe in giudizio contro CarnivalNel contenzioso per i PODs mal funzionanti, la District Court di Miami ha sancito le colpe del

fornitore, condannato ad un maxi risarcimento. Decisiva la perizia di Massimo Canepa (AIPAM)

propulsione presenta molti vantaggi dal punto di vista della manovrabilità e della maggiore disponibilità di spazio interno, due caratteristiche particolarmente apprezzabili per le grandi navi da crociera. “Si tratta di un sistema di propulsione in uso da oltre vent’anni, ma che solo negli ultimi dieci è stato sviluppato in applicazioni di grande potenza, dell’ordine di 20 megawatt” spiega Massimo Canepa, titolare dello Studio Navale Canepa, ingaggiato (insieme con i colleghi ingegneri Andrea e Giulio Gennaro) dallo studio legale americano Fowler Rodriguez Valdes-Fauli in qualità di esperti per sostenere dal punto di vista tecnico l’inidoneità del propulsore costruito da Rolls-Royce a garantire le prestazioni per cui era

FORNITORI

stato fornito a causa di un progetto mal concepito. “Proprio nelle applicazioni di grande potenza il modello costruito da Rolls-Royce ha manifestato continue avarie ai cuscinetti reggispinta del complesso motore elettrico-elica, costringendo le navi a soste non programmate per la loro sostituzione, con l’inevitabile interruzione e cancellazione di crociere e conseguenti perdite economiche e d’immagine”. Proprio per queste ragioni Carnival (e, prima di lei, Royal Caribbean a cui si è aggiunta da pochi giorni anche Crystal Cruises) ha trascinato in giudizio Rolls Royce di fronte alla District Court di Miami.“In simbiosi con Andrea e Giulio Gennaro (vere e proprie autorità nella progettazione e studi sulla propulsione) nell’arco di nove mesi è stata preparata la causa con i legali americani, che si è conclusa lo scorso dicembre con una ‘cross examination’ di fronte al Tribunale Distrettuale di Miami, nel corso della quale abbiamo saputo dimostrare in maniera convincente la validità delle argomentazioni su cui Carnival fondava la propria accusa” spiega Massimo Canepa, che è anche socio di AIPAM (Associazione Ingegneri Periti di Avarie Marittime). “Il punto cruciale delle argomentazioni svolte è stata la dimostrazione che la disposizione dei cuscinetti reggispinta e radiali del sistema lo rende iperstatico, un’insidia nella progettazione di qualsiasi elemento meccanico o strutturale da evitare, perché introduce sollecitazioni imprevedibili che falsano i risultati dei calcoli di progetto. In altri termini, la posizione relativa dei cuscinetti reggispinta che sopportano la spinta propulsiva dell’elica è stata erroneamente configurata da parte

della società produttrice, invalidando il modello di calcolo impiegato per il dimensionamento dei cuscinetti”. Ecco il motivo per cui il sovraccarico a cui i

Si chiude con un utile netto da 2 miliardi di dollari il bilancio 2010 del Gruppo Carnival. Un risultato in aumento dell’11% anno su anno, a conferma della piena stabilità del comparto nonostante il prolungamento della crisi economica internazionale. In crescita anche il fatturato che, con 14,6 miliardi di dollari,

fa segnare un incremento pari a 7 punti percentuali. Il trend inoltre sembra destinato a non arrestarsi: malgrado un lieve rallentamento nelle prenotazioni, si è alzato il livello medio delle tariffe e il Gruppo stima per il 2011 un’ulteriore crescita del fatturato di circa 4 punti percentuali.

Un 2010 in utile per Carnival

cuscinetti vengono sottoposti in esercizio ne provoca il prematuro danneggiamento.

Nicola Capuzzo

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 201113

In un’intervista rilasciata ad una testata statunitense, Andrew Abbott, CEO di ACL (Atlantic Container Line), controllata americana del Gruppo Grimaldi, ha annunciato l’intenzione della compagnia di procedere ad un completo rinnovamento della propria flotta, costituita oggi da 5 unità con-ro multipurpose costruite fra il 1984 e il 1985 ed allungate nel 1987.Un portavoce del Gruppo armatoriale partenopeo ha confermato la notizia, spiegando che ACL sta procedendo alla progettazione delle nuove unità e che nessuna di quelle attualmente già in costruzione per il Gruppo sarà destinata alla compagnia statunitense. Una volta terminata la fase di studio, si prevede nei primi mesi dell’anno, ACL procederà dunque a cercare il cantiere presso cui piazzare la commessa.

In arrivo una nuova flotta per ACLLa controllata americana di Grimaldi è pronta a piazzare un ordine con cui sostituire

le sue cinque unità, mentre Minoan si riprende la sua quota in Hellenic Seaways

Secondo quanto spiegato da Abbott le nuove navi saranno dotate di una capacità leggermente maggiore rispetto a quelle oggi in servizio (2.900 TEUs, 3.300 metri lineare di garage), ma saranno dimensionalmente molto simili, se non uguali, in considerazione delle limitazioni imposte da alcune delle tratte operate da ACL, come ad esempio le chiuse di Liverpool ed Anversa o il canale di Chesapeake e Delaware, attraversato per raggiungere Baltimora (la compagnia opera una serie di servizi fra Nord Europa ed east coast degli Stati Uniti). Le cinque navi componenti la flotta odierna saranno rottamate o cedute ad enti governativi, ma sicuramente non reimmesse sul mercato.Nei giorni scorsi anche un’altra controllata del Gruppo Grimaldi è assurta agli onori delle cronache. La compagnia greca

CONTAINER

Minoan Lines ha infatti reso noto di aver proceduto, a causa del mancato pagamento da parte di Anek Lines di una rata con scadenza il 30 novembre scorso, al recesso (in ossequio ad una clausola rescissoria prevista dall’accordo) dal contratto di vendita (per 125 milioni di euro) della propria partecipazione del 33,35% nel capitale di Hellenic Seaways (S2S n.43/2009 e 15/2010), e di aver quindi provveduto al recupero della propria quota azionaria.Sul fronte interno, infine, si registra la sospensione fino ad aprile, “per questioni organizzative interne”, del servizio passeggeri di Grimaldi Lines sulla linea Civitavecchia – Catania – Malta, che nei prossimi mesi sarà riservato alle merci.

Andrea Moizo

La mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra ...!Recentemente abbiamo assistito alla tragicommedia, tutta italiana, dell’autostrada bloccata per la neve. Un articolo del Corriere ci ha raccontato l’altra capacità tutta italiana: quella dello scaricabarile. Una cosa però mi ha colpito. Facciamo un passo indietro: se io utilizzo un servizio per cui pago, credo di avere qualche diritto. Dal momento che utilizzo il servizio autostradale dovrei pensare di trovare le autostrade pulite e sgombre. Se per qualche motivo di forza maggiore, come nel caso di pesanti nevicate, le autostrade non possono essere pulite e sgombre, le autostrade non dovrebbero vendere un servizio che non possono garantire. Loro affermano di aver avvisato che la strada era impraticabile e che se, nonostante l’avviso ci si sia avventurati comunque, non si può prendersela con loro. D’altronde, chi decide di avventurarsi perché ho le gomme da neve e sa che l’autostrada viene battuta dagli spartineve, fa qualcosa di ragionevole. Se invece poi si trovano camion di traverso, non mi si può accusare l’automobilista di avere qualche colpa.La colpa allora è di chi è entrato in autostrada senza averne i mezzi idonei ed, ovviamente, dei camion, che hanno fatto il danno maggiore. Ci sarebbe, quindi, da aspettarsi una diatriba accesa tra autostrade (che non hanno informato a dovere né hanno “spazzanevato” velocemente) e camionisti (che non hanno tenuto conto degli avvisi della autostrade, sempre che ci siano stati).Invece tra i due nessun lancio di reciproche accuse. Il presidente di Conftrasporto, pur di difendere i suoi, accusa i camionisti stranieri che arrivano in Italia pensando di venire nel paese del sole, sebbene chi arriva dalla Germania o dall’Austria o dalla Romania sia più avvezzo a viaggiare con la neve. Bene, immaginiamo che colui che è posto al vertice della società autostrade sia lo stesso che sta al vertice dell’associazione dei camionisti. In questo caso, difficilmente potrebbe prendere posizione a favore di uno dei due contendenti, visto che, se uno accusasse, l’altro, che si dovrebbe difendere, sarebbe sempre lui stesso. Non ci sarà un qualche conflitto di interessi? Sì, in Italia non c’è solo “quel” conflitto di interessi, ma ce ne sono ben altri, che vengono a galla quando la goccia fa traboccare il vaso!SPEDAPI MILANO Luca Castigliego (Presidente) - Paolo Federici (vice Presidente)

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Stefano Mercati, Bob Litchev ed Elvio Simonetti

Roveleto di Cadeo (Piacenza) – Dopo un lungo periodo di crisi, culminato nella supervisione del tribunale di Piacenza, CVS Ferrari - non più Spa ma ora Srl – rinasce dalle proprie ceneri, quasi fosse l’Araba Fenice, e inizia il 2011 battezzando la nuova partnership, siglata la scorsa estate (S2S n. 27/2010), con Manitex International. A parlare dei nuovi progetti di sviluppo e dei piani di investimento della ditta, fondata dai fratelli Ferrari circa

La rinata CVS Ferrari Srl ora assume,produce e vende (quasi) come ai bei tempi

Il nuovo management americano ed italiano si presentano al mercato conun piano di sviluppo ambizioso, sempre tenendo i piedi ben saldi a terra

HANDLING

quarantanni fa, che prima dell’intervento degli americani sembrava non avere alcuno scampo, è il nuovo management.A chi fa visita alla storica sede situata lungo la via Emilia, in apparenza sembra non essere cambiato quasi niente; tanto che tra i personaggi che bazzicano lo stabilimento di Roveleto di Cadeo si può incontrare anche il cofondatore Giuseppe Ferrari, il quale ha messo a disposizione del nuovo piano industriale il proprio

bagaglio conoscitivo e le sue relazione commerciali a favore dei nuovi gestori di questa importante realtà industriale italiana, che attualmente impiega 38 dipendenti (con la previsione di arrivare a 60 l’anno prossimo) ed ha generato un fatturato nel 2010 (con i soli ultimi cinque mesi di operatività) di 6,5 milioni di Euro (al ritmo di 1,3-1,5 milioni al mese), con un margine operativo del 7% al di sopra quindi del punto di break even e con interessanti previsioni di crescita per il 2011, con un fatturato previsto ad oltre 24 milioni Euro per quest’anno. Previsioni ufficiali oltre questo orizzonte temporale prudentemente non ne vengono fatte anche se, sbirciando informalmente fra le carte, si intravede il target finale del business plan triennale 2010-12 con oltre 120 unità consegnate ed un fatturato che dovrebbe schizzare ad oltre 40 milioni di euro. Manitex, società di diritto americano registrata a Chicago (Illinois) e quotata al Nasdaq di New York, ha già però ‘sangue italiano’ nelle vene; infatti fra le recenti acquisizioni c’è la canadese Liftking, specializzata in macchine da sollevamento ad uso militare, fondata e sviluppata in Ontario (Canada) negli anni settanta dal modenese Luigi Aldrovandi, oggi arzillo 89enne che l’aveva ceduta nel 2006 agli americani.Il controller in Italia del nuovo investimento CVS del colosso è un personaggio dalla faccia rassicurante, un tipo molto affabile ed alla mano: Bob Litchev, 56enne manager di origine bulgara (ha preso una laurea in Ingegneria

Meccanica nel 1980 all’Università di Sofia), ma dal 1990 operativo negli USA (ed entrato nel 2002 nel gruppo Manitex), dallo scorso luglio passa in media un paio di settimane al mese in Italia a seguire l’evoluzione del business di CVS Ferrari Srl: “Ma senza curare la gestione ordinaria, che è tutta lasciata ai manager italiani. Questo è sicuramente un progetto molto importante per noi, partito dal nulla e che come tale richiede massima applicazione” spiega, ammettendo che Manitex si è accostata all’impresa piacentina per tre diversi motivi: “Abbiamo intravvisto nelle attività portuali una valida diversificazione per un gruppo come il nostro che non fa questa attività negli Stati Uniti. In secondo luogo, CVS Ferrari è vista come una buona opportunità per una crescita del business, tanto che in realtà non abbiamo considerato altre aziende da acquistare, volevamo proprio questa quando abbiamo deciso per la diversificazione nell’handling portuale. Infine, questa è considerata un’esperienza stimolante da un punto di vista geografico

in un nuovo mercato nel mondo”.Litchev chiarisce che non si possono attendere subito miracoli, ma ragionevolmente dei buoni esiti, questo sì, specie lasciando fare il proprio corso alla programmazione imbastita. “È difficile ora predire il momento esatto in cui certi risultati saranno raggiunti, ma di sicuro siamo fiduciosi di riuscire a riportare il prodotto e la sua reputazione nel mercato al posto che compete. CVS Ferrari ha sempre fatto un prodotto di alta qualità, quindi non c’è alcun problema in tal senso. L’unico ostacolo si poneva con il servizio di post-vendita, in questo campo la vecchia società effettivamente subiva un deficit e aveva una scarsa capacità di fornire il prodotto nel tempo richiesto. A questo proposito, abbiamo avuto un incontro con i rivenditori negli Stati Uniti nel mese di novembre, al fine di selezionare – per distribuire il nostro prodotto – solo quelli che hanno svolto bene il loro compito, per cui siamo

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in procinto di firmare accordi in tal senso. Considerando che siamo una azienda di medie dimensioni, abbiamo bisogno di massimizzare la nostra penetrazione nel mercato, dal momento che di certo non può essere venduto direttamente il 100% dei nostri prodotti. Ma fondamentalmente lasceremo che sia il mercato a decidere se vuole interloquire con concessionari. Solo una volta che il nome sarà tornato a brillare, faremo ulteriori considerazioni”.Sotto il profilo della politica di marketing e branding, il marchio CVS Ferrari verrà mantenuto. Per quanto riguarda le politiche del prezzo, il manager americano sostiene che il

prodotto “è competitivo anche su questo versante; tuttavia, per una società di medie dimensioni, per avere successo a fronte di concorrenti molto grandi presenti su questo mercato, c’è bisogno di avere un controllo completo su tutti i costi di produzione, e di conseguenza. abbiamo bisogno di ripristinare il pieno monitoraggio sia del costo della manodopera che di quello dei materiali. Perciò stiamo selezionando accuratamente le persone da impiegare, anche se questo non è un problema reale, poiché la maggior parte di loro sono l’esperto e motivato staff proveniente dalla ex-Spa. In effetti sentiamo di avere una sorta di obbligo morale verso

il territorio sociale, dal momento che nessuno dei lavoratori era da biasimare per le vicissitudini sofferte dall’impresa nel recente passato”.A tale proposito, l’impressione fatta dalle maestranze piacentine agli americani è sicuramente ottima. “Gli italiani sono grandi lavoratori e in piena sintonia con le nostre idee, le due culture si sposano perfettamente, anche se naturalmente ci sono alcune differenze inevitabili. Alla fine CVS Ferrari può essere considerato una sorta di laboratorio per noi: qui in Italia siamo in grado di testare alcuni progetti e idee e, in caso di successo, poi importarli negli USA”.Sulla possibilità effettiva e sulle tempistiche per ‘trasformare’ l’attuale contratto di affitto in acquisizione definitiva, il nuovo management dà qualche indicazione: “Il contratto d’affitto d’azienda contiene un’opzione d’acquisto già esercitata con fidejussione bancaria a garanzia del pagamento del prezzo attualmente depositata nelle mani del Tribunale; saranno gli organi della procedura a decidere entro febbraio dell’anno prossimo, ragionevolmente riteniamo che tutto possa andare per il meglio con l’accoglimento della nostra proposta” spiega Stefano Mercati, 40enne manager nominato Direttore Generale che vanta una lunga esperienza nel settore del container handling per aver collaborato per 13 anni con importanti attori di questo mercato (come Fantuzzi Reggiane, ndr) prima del recente approdo in quel di Cadeo. Ma la situazione sembra comunque pregna di fiducia e promesse. “Come gruppo, Manitex non ha mai accusato una perdita in tutti questi anni! Negli Stati Uniti stiamo facendo un sacco di soldi, cosa che desideriamo ripetere naturalmente anche in quest’impresa italiana. Il segreto è essere molto attenti ai costi. Il 2011 sarà un anno molto importante per CVS Ferrari ed il suo successo futuro, ci aspettiamo significativi volumi di vendita dalle nostre

aree consolidate di clientela, al momento non vogliamo entrare in alcun nuovo mercato”.Se il buon giorno si vede dal mattino, le premesse per fare bene ci sono tutte, considerati gli ordini acquisiti – ed in parte già espletati – dalla nuova CVS Ferrari Srl in questo ultimo scorcio di 2010.“Tra le commesse ricevute di recente, vi sono le seguenti macchine: 7 reach stackers e 1 front loader per LSCT La Spezia Container Terminal (Contship Italia), 2 reach stackers in Corea del Sud, 3 reach stackers per il Ministero della Difesa in Algeria che ha aperto un centro intermodale ad Algeri, 1 reach stacker per

il nuovo porto di Foshan nel Guandong in Cina, 1 heavy forklift per Tricastin, l’impianto di energia nucleare nel sud della Francia, e 16 trattori heavy duty per Thyssen in Brasile e 2 heavy trucks per il mercato tedesco” precisa Elvio Simonetti, l’International Business Developer della Manitex ed acting as Sales & Marketing Director della CVS Ferrari, per il quale Cadeo rappresenta un ritorno di fiamma, dopo l’esperienza (lunga 12 anni) negli anni Novanta presso la CVS Ferrari Spa della fase più espansiva di questa azienda, sino al 2003.

Angelo ScorzaSabina Terzoni

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La scorsa estate a Venezia è nata una nuova associazione di categoria dei piloti che si pone in antitesi rispetto a Fedepiloti. Unione Piloti, questo il nome della nuova realtà guidata dal presidente Saul Mazzucco, vanta già 26 iscritti totali, che rappresentano circa l’11% dell’intera categoria professionale nel nostro paese.

Oltre al presidente è stato eletto come vice Luca Kosmac, mentre consiglieri sono stati nominati Roberta Coppa, David Manganiello, Omar Oggiano, Marco Rigo e Giuseppe Vicchio, mentre il tesoriere è Salvatore Papandrea e il segretario Ciro Romano. “La sofferta decisione di voler intraprendere un percorso autonomo, che si differenziasse da quello sostenuto dal sindacato unico, ha origine profonde ed é scaturita da lunghi dibattiti, confronti e valutazioni” spiega il capitano Saul Mazzucco. “La frattura e la conseguente

Esce allo scoperto la neonata Unione PilotiLa nuova associazione di categoria rappresenta già l’11% dell’intero settore in Italia

separazione si sono concretizzate durante l’assemblea nazionale ordinaria della Fedepiloti. In termini pratici l’Unione Piloti ha raccolto il disagio di molti colleghi che da troppo tempo sentivano la Fedepiloti lontana dai problemi della base, lamentavano la mancanza di un confronto franco e non condividevano alcune

decisioni. Questo alla lunga ha creato una barriera diventata insormontabile.Se l’Unione Piloti al momento ‘si limita’ a rappresentare circa un decimo della categoria a livello nazionale, può però farsi vanto di avere dalla sua parte il 100% delle quote rosa visto che alla rappresentate del porto di Venezia si è aggiunta più recentemente anche la collega di Augusta e Siracusa. “Geograficamente la nostra associazione è uniformemente rappresentata in tutto lo stivale con 22 iscritti dal Corpo Piloti di Venezia e 2

PILOTI

rappresentanti ciascuno nel Corpo piloti di Livorno e nel Corpo piloti di Augusta e Siracusa” prosegue il presidente dell’associazione, precisando che “dopo un brevissimo periodo di assestamento, Unione Piloti si è subito impegnata su tutti i fronti non facendo mancare i propri pareri riguardo agli argomenti caldi di interesse per i propri rappresentati: dal trasferimento dei piloti ai progetti di estensione di Corporazioni e altro”.La neonata associazione ha avuto inoltre parte attiva nelle recenti trattative per il rinnovo tariffario che si sono tenute a Roma dov’era stato convocato un tavolo tecnico presso il Ministero dei Trasporti. “La trattativa tariffaria si è conclusa il 17 Dicembre 2010 con reciproca soddisfazione per le parti – sottolinea il Cap. Mazzucco preannunciando un anno ricco di impegni – vale a dire la preannunciata revisione da parte del Ministero dei meccanismi per la determinazione della tariffa di pilotaggio, che comporterà l’analisi di tutti i parametri fondamentali per la determinazione del compenso e quindi dei costi del servizio”. Ma quali erano le posizioni sui cui il pensiero di Unione Piloti divergeva maggiormente rispetto a Fedepiloti? “Unione Piloti, cosciente delle sfide che l’attendono nei prossimi anni, si prefigge lo scopo di valorizzare e tutelare il prestigio di un lavoro che trova le sue fondamenta in un’arte, accogliendo le richieste che pretendono una migliore soluzione dei problemi locali e di un conflitto generazionale, riscontrato e sentito da molti giovani colleghi” conclude il presidente.

Nicola Capuzzo

Saul Mazzucco al lavoro insieme al collega Marco Rigo

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Dopo il difficile biennio trascorso, il messaggio di inizio anno destinato ai dipendenti redatto da Kenichi Kuroya, presidente e CEO del gruppo armatoriale nipponico K Line, sembra tradire un certo ottimismo per il futuro della compagnia armatoriale.Il boss nipponico sottolinea come a partire dall’autunno 2009 le economie sviluppate abbiano in generale conosciuto una modesta ripresa, guidate dalla forte crescita delle nazioni BRIC e dei paesi emergenti. In parallelo, nel secondo trimestre dell’anno fiscale 2010 i dati finanziari di K Line hanno cominciato a migliorare sostanzialmente, con ricavi operativi cresciuti del 29,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e il risultato ordinario passato dallo storico –49,9 miliardi di yen al +42,8 miliardi di yen. Le perdite maggiori del 2009 erano imputabili al settore container, che, complice una certa ripresa dei noli, nel 2010 ha fatto registrare sostanziali miglioramenti, tanto che le 12 navi della flotta disarmate nel corso del 2009 sono tornate in servizio entro il maggio dell’anno scorso.

Previsioni e propositi di K LineIl presidente e CEO del gruppo nipponico fa il punto sulle attività della sua compagnia

e per i prossimi mesi detta una strategia basata su rigore e diversificazione

Rilevanti le proiezioni finanziarie per l’annata appena chiusasi: i ricavi operativi dovrebbero toccare i 985 miliardi di yen, il risultato ordinario i 55 miliardi di yen e quello netto i 32 miliardi. Tuttavia il fatto che buona parte del suddetto risultato ordinario (oltre 40 miliardi di yen) sia concentrata nella prima metà dell’anno deve, secondo Kuroya, esser tenuto in

CONTAINER

seria considerazione.Infatti, ricorda il manager giapponese, occorre ricordare le misure drastiche prese nel corso dell’anno per rimettere in sesto il business del trasporto dei container, dal taglio dei charter eccessivamente costosi alla creazione delle divisioni Business Restructuring Task Force e Organization Reformation Task Force, dedicate all’affinamento della posizione finanziaria del gruppo.La previsione di Kuroya per i mesi a venire è comunque positiva, con una ripresa moderata ma costante dei traffici marittimi. Le linee guida per K Line prevedono per il settore container un’ulteriore crescita strutturale accompagnata ad un miglioramento della competitività; nel dry bulk il gruppo cercherà di rafforzare le proprie relazioni con i clienti giapponesi e di seguire da vicino la domanda crescente dei BRIC e degli altri paesi emergenti, allo scopo di allargare, grazie anche ai presidi di Londra e Singapore, il proprio range di business; diversificazione, ma produttiva, anche per quanto riguarda il comparto car carrier, che dovrà ampliarsi dall’export delle auto nipponiche ad altre tipologie merceologiche tipiche del settore ro-ro; discorso simile per il trasporto energetico: i segmenti tanker e LNG avranno difficoltà anche nei prossimi mesi, ragion per cui K Line cercherà di ampliare il proprio impegno in attività parallele quali quelle delle flotte di supporto offshore o di trivellazione di altura; per quanto riguarda heavy lift e logistica il numero uno di K Line si ripromette di proseguire nel positivo percorso di crescita intrapreso negli ultimi mesi.

A.M.

Kenichi Kuroya

Il liner giapponese NYK Line ha attivato alla fine dell’anno (la prima partenza è avvenuta il 28 dicembre scorso) due nuovi servizi feeder che, attraverso l’hub di Taranto, collegheranno l’estremo oriente ai porti dell’Adriatico.Le linee non saranno attivate con proprie navi, ma attraverso uno slot agreement con Evergreen.NYK infatti, che già dispone di spazi nel servizio CES (China-Europe Shuttle), che scala Kaohsiung, Qingdao, Ningbo, Shanghai, Taipei, Hong Kong, Yantian, Colombo, Taranto, Rotterdam, Amburgo, Thamesport,

Taranto, Colombo, Kaohsiung, si è accordata con la compagnia taiwanese per riservarsi degli slots anche sui nuovi servizi appena avviati da quest’ultima ad integrazione proprio del CES (S2S n.1/2011), ADL 1, operato con due unità da 1.200 TEUs, che scala Trieste, Ravenna, Ancona, Taranto, Alessandria, Beirut, Limassol, Taranto, Trieste, e ADL2, navi di eguale capacità che ruoteranno fra Koper, Venezia, Rijeka, Taranto, Ashdod, Mersin, Taranto, Koper. Ad uso dei suoi clienti NYK ha ribattezzato i nuovi servizi ADS1 e ADS2.

Anche NYK sale in Adriatico

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“Trenitalia è sempre più dipendente dai soldi che riceve dallo Stato nonostante esistano teoricamente regole che impongono la concorrenza”.Si conclude così lo studio intitolato “Merci, la concorrenza è sul binario morto” elaborato da Paolo Bracalini (giornalista) e Roberto Mellinin (esperto del settore ferroviario) per l’Istituto Bruno Leoni in collaborazione con FerCargo, l’Associazione che rappresenta le imprese ferroviarie private di trasporto merci operanti in Italia. In questo documento viene dimostrato, dati alla mano, che senza contributi pubblici Trenitalia Cargo non sarebbe mai potuta sopravvivere alla concorrenza dei nuovi operatori privati che operano in un mercato dove l’operatore dominante riceve sussidi pubblici per poter offrire servizi concorrenziali. “Dal 2005 al 2009 (gli ultimi cinque anni di bilancio disponibili) la compagnia pubblica ha ricevuto direttamente dallo Stato 587 milioni di euro in contributi. Queste centinaia di milioni di euro che sono dati ogni anno a Trenitalia non vengono assegnati tramite gare e quindi non si può sapere se davvero rispondano alle esigenze di servizio universale o meno” sostengono gli autori del paper. “Va inoltre sottolineato il rischio dei contributi incrociati all’interno della stessa società Ferrovie dello Stato: ogni anno FS riceve oltre 4 miliardi di euro dallo Stato e dagli enti pubblici territoriali, mentre Trenitalia e RFI teoricamente sono separate (visto il decreto 138 del 2000), ma effettivamente tale separazione è avvenuta solo sulla carta”. Nel quinquennio considerato i contributi sono stati sempre superiori a 90 milioni di euro, una cifra pari a quasi il 20% dei ricavi da traffico dell’azienda. Il picco si è registrato nel biennio 2007-2008, il primo dell’era Mauro Moretti, nel quale i sussidi hanno raggiunto i 140 milioni di euro

La concorrenza ferroviaria è sul binario mortoUno studio dell’Istituto Bruno Leoni mette a nudo le inefficienze di Trenitalia

annuali, mentre nel 2009 sembrerebbe esserci stato un ridimensionamento dei sussidi da parte dello Stato. In realtà bisogna considerare la grande crisi del settore cargo in tutta Europa (a causa della crisi congiunturale dell’economia) fatta registrare nel 2009. Il settore ha visto una diminuzione della domanda del 22,7% a livello europeo, mentre Trenitalia Cargo ha registrato una contrazione delle tonnellate chilometro pari al 30,5%. Guardando quindi l’andamento dei contributi in funzione dei ricavi di traffico nel settore merci di Trenitalia si vede che nel 2006 erano pari al 12,8%, per poi superare il 18% sia nel 2007 sia nel 2008 e infine decrescere al 17% del 2009. “Difficile –

FERROVIE

secondo lo studio - parlare di concorrenza e di liberalizzazione quando l’incumbent ha quasi il 20% per cento dei propri ricavi che derivano dallo Stato”.Il mercato del trasporto merci in Italia vede all’opera sostanzialmente due “attori”. Uno è Trenitalia Cargo, divisione della società che fa capo a FS, quasi-monopolista del trasporto ferroviario, che appartiene al medesimo gruppo cui fa capo Rfi, la Spa che gestisce l’infrastruttura ferroviaria utilizzata anche dai concorrenti di Trenitalia. L’altro è rappresentato dai competitor privati associati in FerCargo. L’associazione è composta da undici imprese ferroviarie: Captrain Italia, Compagnia Ferroviaria Italiana, Crossrail,

GTS Rail, Inrail, Interporto Servizi Cargo, Linea, Nordcargo, Rail Traction Company, SBB Cargo Italia e VC Italia. Tra molte difficoltà la quota di trasporto merci su rotaia operata da privati è oggi del 21% e sta crescendo ulteriormente. Secondo alcune statistiche pubblicate da

Il Sole 24 Ore, nei primi mesi del 2010 i privati hanno prodotto quasi 4,5 milioni di treni/km contro i 23 di Trenitalia Cargo. “I privati lamentano condizioni di accesso vessatorie, cavilli burocratici e amministrativi messi apposta per bloccare la concorrenza” prosegue lo studio. “Da FerCargo lamentano che le imprese private non possono far viaggiare i treni con un solo macchinista, pur avendo dotato i convogli del Sistema Controllo Marcia Treni che è una garanzia di sicurezza. Inoltre in Italia il personale di macchina non può essere noleggiato da apposite società come avviene nel resto d’Europa, ma anzi la patente di ogni macchinista deve essere in capo all’impresa ferroviaria, costringendo in caso di assunzioni a rifare da capo il documento. I costi delle manovre, infine, cambiano da scalo a scalo senza apparenti motivazioni”.

Gli operatori privati, però, hanno appena potuto tirare un grosso sospiro di sollievo perché l’URSF (Ufficio Regolamentazione Servizi Ferroviari del Ministero dei Trasporti) ha accolto i loro rilievi, bocciando il Piano Informativo di Rete, cioè la bozza che ridefiniva gli accordi per l’uso della rete ferroviaria. Quel piano conteneva della norme che, se approvate, avrebbero piegato gli operatori. Fra queste l’obbligo di mantenere quasi in ogni scalo una ‘locomotiva soccorso’ per i casi di guasto, un raddoppio delle coperture assicurative e l’introduzione del concetto di ‘scalo congestionato’, in base al quale Trenitalia, a propria discrezione, avrebbe potuto rifiutare le tracce orarie (cioè gli slot per l’uso degli scali) agli altri operatori. Ma già incombe una minaccia più grave rispetto alla quale le imprese ferroviarie hanno presentato ricorso al Consiglio di

“Un ferroviere FS,rispetto ad un normale ‘autoferrotranviere’ guadagna 200 euro in più al mese. In cambio di più lavoro? No, ma sicuramente di più turni di riposo”. Bracalini e Mellinin hanno confrontato le piattaforme sindacali del contratto nazionale di lavoro degli autoferrotranvieri (utilizzato da molte imprese ferroviarie private) con quello usato da FS (che si chiama AF, Attività Ferroviarie). L’orario di lavoro del contratto AF è molto più rigido, in particolare quello notturno presenta riposi molto lunghi che comportano un utilizzo maggiore del personale (pari a tre volte circa). Poi la questione del riposo giornaliero, che in AF è molto articolato e comporta ulteriore utilizzo di personale per coprire i turni. I ferrotranvieri sono figure professionali caratterizzate dalla polifunzionalità, mentre in AF le stesse posizioni sono molto rigide e addette a specifiche mansioni, cosa anomala rispetto al resto d’Europa dove la polifunzionalità dei macchinisti è una regola. “Il salario – è scritto in questo

Stato. Si tratta del decreto emanato nel luglio dell’anno scorso in base al quale 160 dei 240 scali merci dell’intera rete potranno passare da RFI a Trenitalia (S2S n.43/2009). Cosa farà di quegli scali Trenitalia? In teoria quel che le pare. Potrebbe venderli (fanno gola a molte multinazionali della Grande Distribuzione Organizzata) oppure semplicemente chiuderli.

studio - è una voce molto particolare e molto italiana, perché non è ben chiaro quale fondamento retributivo abbia il fatto che, oltre al minimo tabellare e alla paga base come tutti i CCNL vigenti, i ferrovieri della FS abbiano quei circa 200 euro al mese in più, senza un riscontro produttivo”. In sintesi il contratto delle AF comporta il 30% dei costi in più rispetto ad altri contratti, ma con un’inefficienza maggiore. Questo è ancora più problematico se considerato da un’ottica specifica, quella che riguarda il trasporto merci in Italia.

Un sospiro di sollievo e una minaccia

Conviene essere ferrovieri FS

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 201119

Bisogna dare atto al Sottosegretario ai Trasporti Mino Giachino di essere un lavoratore instancabile e uomo di parola. Così, dopo avere benevolmente ‘tirato le orecchie’ al Direttore di Ship2Shore, accusandolo di qualche cattiveria di troppo nei due ultimi editoriali che lo riguardavano (S2Sn. 1/2011 e n.

L’Epifania di Giachino…Il Sottosegretario ai Trasporti replica alle critiche della nostra

Testata con una missiva datata 6 gennaio nella quale vengono esplicitate valenze e prerogative del suo famoso Piano

POLITICA DEI TRASPORTI

La stesura definitiva delle linee politiche per il Piano Nazionale della Logistica, resa pubblica il 23 dicembre - ‘sotto vacanza’ - con una scelta di tempo molto ‘italiana’, reca qualche sorpresina non proprio gradevole per il settore ferrovia. Mentre nella bozza di novembre erano presenti alcuni passaggi evidentemente critici nei confronti delle politiche del Gruppo FS, nella versione definitiva queste ‘accuse’ sono state eliminate ovvero molto edulcorate e generalizzate. Anche se qualche modifica può essere letta come un maggior coinvolgimento degli operatori privati nel processo decisionale, nel complesso pare essere un passo indietro riguardo ad una presa di posizione più netta da parte del mondo politico. Infatti nella bozza la questione della separazione societaria di RFI dal Gruppo FS veniva riconosciuta come ovvia. Ma nella stesura finale questa fondamentale questione è stata subordinata alla “attesa delle decisioni comunitarie relative”. Si rinnova la sensazione che questo atto necessario verrà intrapreso solo a fronte di un obbligo esterno; la linea di apertura che era riuscita a passare nella bozza del Piano, grazie al contributo di studiosi esterni come il prof. Andrea Boitani, è stata nuovamente bloccata dalla visione ‘FS-centrica’, che pesa sulla politica italiana nonostante tutto…

Fulvio Quattroccolo

Un appuntosulle ferrovie

45/2010), ha fatto seguito alla telefonata di martedì scorso raccogliendo in pieno la nostra richiesta di non limitare ad una chiacchierata via cavo con un semplice giornalista le proprie spiegazioni sulla validità e sulle prerogative del Piano Nazionale della Logistica da lui stesso finalizzato poco prima di Natale, bensì

La stesura delle linee politiche del Piano Nazionale della Logistica, approvato dalla Consulta Nazionale dell’autotrasporto e della logistica, tiene conto del contributo della stessa Consulta e di tutti coloro che sono intervenuti nei 55 incontri-audizioni svoltisi in tutto il territorio nazionale compresi i parlamentari intervenuti nel corso delle audizioni alla Camera e al Senato. Come noto il Piano e le sue azioni sono state inserite dal Governo nel Programma Nazionale di Riforma approvato dal Consiglio dei ministri e inviato all’ Unione Europea.La Logistica per molti dei Paesi che negli ultimi anni sono cresciuti maggiormente è un importante fattore di competitività e driver di sviluppo. Per l’Italia l’inefficienza (o tassa) logistica dovuta alle carenze infrastrutturali (congestione del traffico attorno ai porti e alle grandi aree urbane) e ai ritardi nell’organizzazione dei trasporti

è stata calcolata da Banca d’Italia in 40 miliardi di euro l’anno. L’inefficienza logistica, oltre a rendere meno competitiva la nostra economia, ha

contribuito a rallentare la nostra crescita. Il Piano che si basa anche sui lavori del documento approvato dal Cipe nel 2006, e colpevolmente messo nel cassetto dal Governo precedente, attraverso 51 azioni operative emerse dall’ampio confronto con il mondo della logistica italiana, lavora su due binari paralleli:-aumentare del 10% annuo

l’efficienza logistica del Paese a partire dal 2011; -aumentare i volumi di traffico intercettati dai nostri porti e aeroporti. Il primo step è quello di recuperare i 2 milioni di contenitori diretti nel nostro Paese ma che, per le nostre inefficienze, passano attraverso i porti del Nord Europa.

In questo modo il Piano oltre a ridurre del 10% annuo il costo dell’inefficienza o tassa logistica (valore 4 miliardi), darà un contributo aggiuntivo alla crescita del Paese. Nel Piano, che verrà implementato dai Piani regionali, vi sono le indicazioni che consentono al nostro Paese di diventare il perno della Grande Area Logistica del Sud Europa. Le indicazioni territoriali vanno collegate con la forte sottolineatura del ruolo dei porti per acquisire nuovi volumi di traffico da smistare nei retroporti e negli interporti. Così come è importante il ruolo della intermodalità. Alla realizzazione del Piano dovranno partecipare tutte le istituzioni della logistica del nostro Paese, operatori pubblici e privati. Il recupero di efficienza logistica potrà arrivare solo dall’impegno di tutti noi. Dal punto di vista economico gli ultimi due anni sono stati i più difficili dal dopoguerra. Abbiamo retto alla crisi meglio di altri Paesi, ora dobbiamo lavorare per aumentare la crescita. La logistica può dare un contributo forte

Un Piano per la competitività e la crescita del paese

Bartolomeo Giachino

all’aumento di competitività del Paese. il Piano, nell’attesa che si realizzino le grandi infrastrutture di trasporto (Tav,Terzo Valico, Brennero, Napoli - Bari, eccetera), è lo strumento migliore per lavorare tutti insieme al salto di qualità della logistica italiana, alla sua crescita e alla crescita del Paese. Nell’incontro di martedì 11 gennaio (sala CISL di via Rieti 14, Roma) presenteremo il Piano e lo approfondiremo con interventi autorevoli del mondo della logistica e, attraverso un questionario, individueremo le priorità da affrontare nei prossimi mesi, oltre a chiedere la disponibilità a partecipare ai gruppi di lavoro che verranno costituiti per portare avanti le azioni. Tutti saranno coinvolti e tutti dovranno sentirsi coinvolti in questo lungo lavoro che deve puntare a migliorare l’efficienza logistica del Paese di 10 punti l’anno e a recuperare nuovi volumi di traffico che oggi perdiamo a favore dei porti e della logistica del Nord Europa.

Bartolomeo Giachino

di rendere pubbliche, a beneficio di tutti i Lettori, le osservazioni dell’autore principale di quel documento di 83 pagine.Detto subito che noi siamo più che lieti di poter instaurare con qualunque stakeholder – politico o imprenditore che sia – un feedback aperto e trasparente; e che, neanche a farlo apposta, Giachino ci abbia consegnato il testo (trovandoci, ahinoi, in Redazione…sigh!) nella giornata, ‘festiva’, del 6 gennaio, così involontariamente offrendoci la sponda per un altro titolo, in coerenza con quello precedente, dal sapore ‘natalizio’, di fatto trasformandosi virtualmente (ma lo diciamo con tutto il rispetto e con

quel pizzico di ironia che da sempre contraddistingue la nostra linea editoriale) da Santa Claus a Befana - giustappunto consegnando il ‘carbone’ alla stampa ‘cattiva’ - ecco qui sotto trascritta la missiva scritta a Ship2Shore dall’Onorevole piemontese, che sentitamente ringraziamo per la collaborazione. Lasciamo ai Lettori, come ovvio, la piena libertà di giudizio ed opinione, ed a coloro che interverranno all’incontro annunciato domani a Roma la possibilità di un confronto in presa diretta con il Sottosegretario sulla strategicità dell’attuale Piano della Logistica.

Angelo Scorza

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 2011

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Rijeka (Croazia) – Significativo schieramento di autorità, a partire dal capo del governo croato Jadranka Kosor, per il varo della seconda ‘nave della salvezza’ al cantiere croato 3. Maj. Un parterre di grande lustro, tanto più che nessun rappresentante del governo centrale aveva presenziato al varo della prima nave, la Pomer per Uljanik Plovidba (S2S n. 28/2010), nonostante fosse stato proprio Zagabria, a suo tempo, ad aver

Scende in acqua la ‘montagna’ VelebitRisolte le incertezze contrattuali per la nave di Uljanik Plovidba, varata in pompa magna per Tankerska Plovidba la seconda delle ‘navi della salvezza’ al cantiere croato 3. Maj

‘convinto’ Tankerska e Uljanik Plovidba a ordinare ciascuna due tanker presso il 3. Maj (S2S n. 4/2009). La ragione di fondo, sebbene ovviamente nessuna parte in causa l’avesse confermata, era che molti dettagli dello schema allora congegnato e tenuto ancora adesso gelosamente segreto, si prestavano a interpretazioni non univoche, in particolare per quanto riguardava i termini di pagamento.

CANTIERI

Di fatto, come avevamo rimarcato, già al momento del varo della Pomer, Dragutin Pavletić – amministratore delegato della polesana Uljanik Plovidba, nonché secondo maggior azionista con il 6,1% – aveva lasciato intendere che c’erano alcuni nodi ancora da dirimere. Il contratto di San Valentino (così detto perché formalizzato in tale data) era stato fortemente voluto dall’allora premier Ivo Sanader, ora in cella a Salisburgo con una richiesta di estradizione croata e un’inchiesta austriaca pendenti. Tra le clausole note per le 4 tanker gemelle vi è che le due committenti non avrebbero anticipato neanche un dollaro fino alla consegna delle navi e che il prezzo sarebbe stato quello di mercato in quel momento (ora sui 38,5 milioni di dollari).Secondo alcune fonti vicine al 3. Maj, a quel punto l’armatore avrebbe dovuto versare il 60% dell’importo di tasca sua, mentre per il resto lo Stato sarebbe corso in aiuto e lo stesso cantiere avrebbero accordato condizioni vantaggiose di pagamento rateale. Fonti vicine a Uljanik Plovidba, riferivano invece che l’amatore di Pola avrebbe offerto ‘benevolmente’ 23 milioni di dollari, mentre l’importo restante sarebbe stato pagato in un periodo tra 7 e i 10 anni, aggiungendo però che il contratto concederebbe al committente di ritirare la nave per un solo dollaro e pagare tutto l’ammontare in rate decennali.Sebbene da quanto sopra descritto le due posizioni non apparissero così distanti, le divergenze erano evidentemente molto più profonde: da una parte il 3. Maj non voleva costituire un precedente per le altre 3 navi, dall’altra Uljanik Plovidba

La ‘montagna’ galleggia…

minacciava di ricorrere all’arbitrato a Londra, eventualità quest’ultima non solo sommamente spiacevole sul piano dell’immagine, ma altresì costosissima (dai 500 ai 700 milioni di euro per parte, secondo le stime del cantiere). Lo stallo aveva comportato, oltre che l’ovvio rinvio della consegna della Pomer, anche quello sine die del varo della seconda nave, inizialmente previsto a ottobre.Alla fine, dopo aver nicchiato, il governo recepì che non poteva chiamarsi fuori – la stessa Kosor era vicepresidente del Consiglio al momento della stipula – e lo scorso dicembre convocò le parti raggiungendo, o magari imponendo, un accordo i cui contenuti non sono stati resi pubblici, ma che ha consentito sia il varo della Velebit che la posa della chiglia per la gemella Newbuilding 713, destinata a Uljanik Plovidba, sotto gli occhi non esattamente entusiasti di Pavletić. Molto più entusiasta è apparsa invece la

premier, nell’occasione anche madrina, che ha battezzato la nave Velebit, nome del massiccio montuoso che domina la Dalmazia, e significativamente ricordato il capitolo 8 per l’accesso alla UE (quello che include privatizzazioni e ristrutturazioni). Altrettanto soddisfatto il cap. Mustać il quale, ricordando come da molto tempo Tankerska non ordinasse navi in Croazia, si è augurato con toni calorosi che la ristabilita collaborazione con il cantiere possa proseguire anche dopo le due ‘navi della salvezza’ a lui destinate.La Velebit è un tanker IMO II a doppio scafo di 51.800 dwt per petrolio, derivati e prodotti chimici con loa 195,21 metri e pescaggio di 12,50, con doppia certificazione (Det Norske Veritas e Croatian Register of Shipping), la cui consegna è prevista per la primavera prossima.

Mauro A. Bogdanović

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 201121EVENTI

Sono rientrati con una ricca lista di contatti e di ‘promesse’ da pochi giorni i componenti della delegazione della comunità portuale ligure che ha visitato il porto di Nhava Sheva a Mumbai per consolidare i rapporti di collaborazione avviati nel 2009 dalla missione Governo – Regioni sui temi della portualità e della logistica. Nell’ambito della missione del dicembre 2009, il presidente dell’Autorità Portuale genovese Luigi Merlo, allora anche presidente dell’associazione dei porti liguri, incontrò il Ministro indiano dello shipping per avviare una partnership tra i porti indiani e i porti liguri. La delegazione, in rappresentanza di ICE, Regione Liguria, Liguria International, Spediporto e Ligurian Ports, ha presentato al CEMAT, la fiera internazionale della logistica di Mumbai, tutte le potenzialità della regione Liguria e in particolar modo del suo sistema portuale come porta naturale del mercato indiano. L’occasione è stata favorevole anche per incontrare le associazioni degli Spedizionieri indiani e l’associazione dei Custom Broker di Mumbai che conta più di 1.500 associati. È importante sottolineare che il numero di container in import dall’India al sistema dei porti liguri è raddoppiato nel giro di un anno e che i dati parziali di traffico 2010 evidenziano che il dato 2009 è già ampiamente superato e che gli scambi commerciali fra i due paesi raggiungeranno presto i 10 miliardi di dollari. Luca Elio Spallarossa (vicepresidente di Spediporto) e Giovanni Caprino (port promotion manager dell’Autorità

La comunità portuale ligure in visita ai colleghi indianiConclusa la missione economica partecipata anche da Spediporto e Ligurian Ports

SPEDIZIONIERI

Portuale di Genova e di Ligurian Ports) hanno vistato la sede della Bombay Custom House Agents’ Association (BCHAA) con l’intento di promuovere opportunità di business tra gli spedizionieri indiani e quelli italiani. La presentazione esposta da Spallarossa si è concentrata sulle potenzialità di una reciproca collaborazione fra gli operatori delle due nazioni, focalizzando l’attenzione sugli obiettivi comuni in tema di sviluppo della piattaforma EDI, training e ‘internazionalizzazione’ delle aziende e delle associazioni di categoria. Il vicepresidente di Spediporto ha auspicato per il futuro una creazione di rapporti ancora più stretti con la Bombay Custom House Agents’ Association, ricambiando l’invito a visitare la

Corrado Arturo Montanari

Luca Elio Spallarossa e Giovanni Caprino

Brividi di soddisfazione, questa volta – dopo quelli di tensione legata al sequestro, sotto Natale, della petroliera Valle di Cordoba (S2S n. 1/2011), poi conclusosi con un lieto fine – per. L’armatore marchigiano, notoriamente schivo e che non ama certo le luci della ribalta mediatica, non ha tuttavia potuto sottrarsi al benevolo abbraccio della propria cittadina – sindaco ed assessore alla cultura in testa – quando recentemente è stato eletto ‘Fanese dell’anno 2010’, con una prestigiosa motivazione: “per aver donato alla città di Fano, senza nulla pretendere in cambio, una struttura di altissimo livello come la Me-Mo Mediateca, tra le più belle e funzionali delle Marche, dimostrando di avere profondamente a cuore il futuro culturale delle nuove generazioni di fanesi”. Il presidente ed amministratore delegato (nonché, ovviamente, azionista) della società Navigazione Montanari Spa, nato a Fano nel 1941, dopo aver trascorso un periodo di formazione a Londra, è entrato nell’azienda di famiglia nel 1965. La società risale all’impresa familiare fondata dal Capitano Giovanni Montanari nel 1889, al quale succede, dopo la prima guerra mondiale, Arturo Montanari sotto la cui guida la società conquista una posizione di rilievo

Montanari profeta in patriaL’armatore-filantropo eletto cittadino Fanese dell’anno 2010

negli anni Venti e Trenta. Nel secondo dopoguerra le redini dell’azienda passano in mano a Gianetto Montanari, affiancato dai fratelli Attilio e Alberto. Nel decennio successivo la società si consolida con la presidenza di Attilio Montanari. La fase odierna è forse quella di maggiore espansione, anche a seguito dell’acquisizione nel 1997 della Navigazione Alta Italia S.p.A. di Genova, fondata nel 1906 e quotata in Borsa fin dal 1932. L’attuale società nasce infatti nel 1999 come Navigazione Alta Italia S.p.A., per cambiare quasi subito la propria denominazione a seguito del conferimento dell’attività della G. & A. Montanari & Co S.p.A., che rimane come holding finanziaria e principale azionista. La Navigazione Montanari svolge l’attività prevalente nel settore dei trasporti dei prodotti petroliferi e petrolchimici con una flotta di 30 navi moderne e 400 addetti, realizzando un fatturato di 120 milioni di euro.

comunità degli spedizionieri italiani e le aziende nostrane in cerca di opportunità di business.

N.C.

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 201122

Il brand marketing e la brand popolarity stanno diventando un elemento decisivo per le strategie di marketing di ogni azienda; il sito specializzato Meetingpointcruises.it ha compiuto un´analisi sulle tendenze di ricerca del comparto crocieristico italiano.Nelle posizioni di testa delle ricerche in Google per l´annata 2010 Costa Crociere si pone, con ampio margine, come la compagnia di crociere più ricercata e popolare d´Italia, seguita da MSC Crociere. L´annata da poco terminata si é caratterizzata per un’ottima partenza del settore crocieristico, con un numero sin da subito elevato di ricerche in Google, fino al picco dei primi di Agosto. Differentemente dal 2009, non si assiste a un crollo d’interesse da settembre, ma piuttosto a una decrescita lineare fino ad arrivare a livelli di ricerca davvero pessimi per novembre e dicembre.Nel corso dell’anno MSC Crociere é riuscita a guadagnare terreno rispetto alla rivale storica Costa Crociera anche se il distacco di popolarità rimane ancora rilevante attestandosi mediamente al 27% con la maggiore differenza (intorno ai quaranta punti percentuali) registrata però

Al termometro di Internet sale la febbre da crocieraAnalisi della popolarità delle compagnie in Italia sul web tramite Google

proprio nel periodo di picco massimo delle ricerche. Significativo appare tuttavia che il termine “MSC Crociere Magnifica” abbia segnato una crescita del 700% così come che da novembre si sia registrato un sempre crescente interesse per la futura nuova nave della compagnia “MSC Divina”. Per la stringa “Costa Deliziosa” la crescita è del 450%. Sul terzo gradino del podio si piazza nettamente ma, fortemente distanziata dalle due compagnie “italiane”, Royal Caribbean International mentre in quarta posizione si trova Norwegian Cruise Line (NCL), che occupava solo la settima posizione nel 2009, un aumento di popolarità frutto del posizionamento stabile di una nave, Norwegian Jade, nel Mediterraneo. Quinto e sesto posto per Carnival Cruise Line (stabile rispetto al 2009) e Princess Cruises (in calo dalla quarta posizione). Hurtigruten perde posizioni piazzandosi settima, ma registrando picchi di ricerca massimi (soprattutto inizio luglio e metà agosto) superiori alle tre compagnie precedenti. Seguono Louis Cruises, Cunard Line e Celebrity Cruises.

CROCIERE

A livello mondiale si assiste, per la prima volta, al sorpasso da parte di MSC di Costa in volume di ricerche effettuate dagli internauti.

MSC e Costa über alles

Le compagnie italiane registrano ottimi risultati anche in Germania, uno dei mercati cruciali per il comparto. Uno studio della rivista germanica FVW, infatti, non solo evidenzia che Costa é la quarta compagnia di Crociere più conosciuta nel paese teutonico, ma soprattutto designa la controllata di Costa, AIDA Cruises, come la più amata dai tedeschi. In seconda posizione si trovano Hapag Lloyd e TUI Cruises. MSC Crociere è invece quinta, mentre i colossi americani Royal Caribbean, Carnival Cruise Line e Norwegian Cruise Line si piazzano rispettivamente al nono, tredicesimo e diciassettesimo posto. Elemento in netto contrasto con il mercato italiano la presenza di compagnie di crociere fluviali come A-rosa e Viking River Cruises.

Fabio Plebani

Alcune navi da crociera nel porto di Nssau

Costa Victoria e MSC Lirica a Kiel

Con il 37% delle preferenze i Caraibi sono la meta più desiderata e più visitata dai crocieristi di tutto il mondo (nel 2006 tale preferenza era però al 46,7%) e il numero dei passeggeri che toccano le terre caraibiche aumenta ogni anno parallelamente all´aumento del numero dei crocieristi. Se nel 1999 erano 13,1 milioni i passeggeri in visita ai Caraibi, nel 2009 si é toccata la cifra record di 18,3 milioni, concentrati per lo più fra dicembre (dopo la stagione degli uragani) e aprile (prima del caldo tropicale).In Europa però, causa il lungo volo necessario per raggiungere le isole, tale meta rimane tra le meno richieste. Il 57% dei passeggeri europei sceglie come propria meta il Mediterraneo o le isole atlantiche più vicine, il 20% il Mar

Baltico o quello del Nord e la restante parte si dissemina per il mondo. La parte del leone viene ovviamente giocata dagli americani.Viene inoltre stimato che il 10% della crescita che si verificherà quest´anno sarà appannaggio di Carnival Cruise Line, che posizionerà nel primo quadrimestre addirittura il 50% della propria flotta sui Caraibi, per poi scendere progressivamente nel corso dell’anno.Buoni risultati anche per Royal Caribbean e la controllata Celebrity Cruises. Per quanto riguarda le europee, a fronte di un lieve aumento di capacità da parte di AIDA Cruise si registrerà un’ulteriore lieve diminuzione da parte di MSC, che sta puntando su altre destinazioni.

F.P.

Crociere ai Caraibi: aumentano le compagnie americane, diminuiscono le europee

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 201123

Recentemente (S2S n.46/2010) la messa a punto delle proprie casse mobili usate nel trasporto di prodotti siderurgici, cui sono state adattate con particolari specifiche a seconda che si tratti di coils, tubi, lamiere, laminati mercantili, trafilati, metalli non ferrosi, è valsa addirittura un premio, assegnato nell’ambito del ‘Mercintreno 2010’ organizzato da Federmobilità, a TIPES.E del resto il nome stesso dell’azienda di Olgiate Molgora (Lecco) non è altro che

l’acronimo di Tecnologia, Innovazione, Precisione, Esperienza, Sicurezza, come spiega il responsabile commerciale Alessandro Lupieri.TIPES infatti ha fatto della specializzazione e della dotazione tecnica i principali atout della propria strategia di mercato, riuscendo, dalla fondazione nel 1975, a crescere e ad affermarsi a livello nazionale ed europeo. Caratteristiche che non sono venute meno neppure in un’annata difficile come il 2010: “L’anno dovrebbe chiudersi con circa 30.000 spedizioni per un totale di un milione di tonnellate movimentate” prosegue il titolare Angelo Panzeri. “E malgrado ciò significhi che il fatturato raggiungerà circa l’80% di quello degli anni precedenti e che i profitti saranno certamente in calo, non abbiamo rinunciato

L’intermodale in dura lega premiaL’altro grado di specializzazione tecnica nel trasporto intermodale

di prodotti siderurgici è per la lecchese TIPES garanzia di successo

ad ampliare tanto il parco veicolare – fra casse mobili, automezzi speciali, mezzi di sollevamento, carrelli elevatori e autogru si superano i 900 mezzi di proprietà, cui si aggiungeranno presto 20 semirimorchi intermodali di prossima consegna – che quello autisti. Senza dimenticare gli investimenti immobiliari in piazzali e nuovi uffici”.Evidente, da quel che si è detto finora, che la specialità della casa è il trasporto intermodale di prodotti siderurgici: “Anche

se stiamo aumentando sempre di più la differenziazione su altri mercati e prodotti il comparto rappresenta il 65% della nostra clientela, fra cui ci sono tutti i maggiori produttori di acciaio europei, tanto che nell’ambito dei trasporti nazionali e internazionali di acciaio da e per l’Italia possiamo definirci leader del mercato grazie alla varietà delle soluzioni che possiamo offrire: dal trasporto di grossi quantitativi su lunghe distanze alla logistica di piccole partite in ambito locale, dal traffico nazionale di corto e medio raggio al traffico europeo ed extraeuropeo stradale, anche con servizi dedicati (ad esempio doppi equipaggi), al traffico intermodale da e per tutta Europa. Infatti siamo attrezzati per servire via gomma tutto il continente. Per quel che riguarda il trasporto intermodale

INTERMODALE

ci appoggiamo sia a fornitori storici quali Hupac o Cemat che a operatori più piccoli e specializzati su alcune particolari tratte, affacciatisi di recente sul mercato grazie alla (ancora molto parziale) apertura del mercato a soggetti terzi”.Considerazione, quest’ultima sulla liberalizzazione del mercato ferroviario, che porta l’imprenditore ad esprimersi su altre criticità del settore: “Il problema maggiore è la disomogeneità tra le regolamentazioni, sia a livello nazionale tra strada e intermodale, sia in relazione agli altri paesi europei. Si pensi ad esempio agli aspetti assicurativi, alle norme sul peso ammesso a terra, alle specifiche di costruzione e omologazione dei mezzi di trasporto, ai costi spropositati dei servizi terminalistici, alle eccessive

pratiche burocratiche, alle infrastrutture insufficienti”.Difficoltà che tuttavia non minano l’ottimismo di TIPES, società posseduta per intero dalla famiglia Panzeri, che nella conduzione famigliare al fianco di uno staff qualificato vede il modo migliore per ottenere rapidità e flessibilità delle decisioni strategiche. “Il mercato, soprattutto quello dell’acciaio, sconta ancora un andamento molto altalenante, anche se la situazione è sicuramente migliorata rispetto agli ultimi mesi, pur dovendo tener conto del recente e deciso aumento di tutti i costi legati alla filiera del trasporto. L’obiettivo 2011 è comunque quello di portare a profitto i nuovi investimenti, sia in termini di volumi movimentati che di margini operativi” conclude Lupieri.

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 201124

Proseguono con successo le spedizioni dei reattori prodotti dalla Belleli Energy di Mantova e diretti in Kuwait. La società emiliana Fagioli, azienda leader in Italia nel trasporto e sollevamento di carichi eccezionali per peso e dimensioni, ha appena effettuato il trasporto, il sollevamento e il trasbordo del terzo di quattro carichi extra-large presso il porto di Chioggia. Il peso di ciascun reattore è di circa 950 tonnellate. Nello scalo portuale veneto, per questo sollevamento dei reattori dalla chiatta Ticino e successivo posizionamento su pontone marittimo, è stata assemblata una struttura di sollevamento a portale ad hoc. Questa struttura è composta da quattro torri di sollevamento (tower lift), martinetti e due travi usate per il sistema di sollevamento cosiddetto ad ascensore (elevator system), utilizzato brillantemente anche in Spagna per la movimentazione verticale di moduli pesanti fino a 4.800 tonnellate e a Palermo per una torre di trivellazione dal peso di 2.400 tonnellate (S2S n.11-2009). Ogni spedizione dei reattori realizzati

Buona anche la terza per FagioliPortato a termine con successo a Chioggia un nuovo imbarco di reattori Belleli

da Belleli si articola nel seguente modo: arrivo della chiatta fluviale Ticono con un reattore alla volta, presa in carico del pezzo da parte della gru a cavalletto, allontanamento della chiatta fluviale, posizionamento della chiatta oceanica

PROJECT CARGO

Mak e posizionamento finale dei reattori su quest’ultima. In pratica un vero e proprio ‘trasbordo sospeso’ di un carico da quasi 1.000 tonnellate. Ma se il 2011 per Fagioli si apre con prestazioni da record, non da meno è stato il 2010, che si è concluso con il varo presso le strutture Fincantieri di Muggiano (La Spezia) della nave Rossita che verrà impiegata per il trasporto di materiali radioattivi derivanti dallo smantellamento dei sommergibili nucleari russi. In questo lavoro l’azienda emiliana, grazie all’ausilio di 100 axel lines autopropulse, ha curato le operazioni di carico e trasporto orizzontale della nuova costruzione, che è stata caricata su un pontone galleggiante per poi essere varata in mare. La nave – del valore di circa 70 milioni di euro – verrà utilizzata dalla società russa Atomflot, che fa capo all’Ente per l’energia atomica della Federazione Russa “Rosatom”, per trasportare il combustibile irraggiato dai diversi siti

Trentasette metri di lunghezza e 88 tonnellate di peso: sono queste le dimensioni del convoglio ferroviario imbarcato nel porto di Napoli sulla nave ro-ro Jolly Bianco della compagnia di navigazione genovese Ignazio Messina. Si tratta della prima delle 22 carrozze ferroviarie realizzate de Ansaldo Breda e destinate alla metropolitana di Riyadh (Arabia Saudita). Costruito dalle Officine Ansaldo di Napoli, giunto in porto tramite un rimorchio speciale della ditta Nucera S.r.l., azienda specializzata nel

trasporto di mezzi ferroviari, il carico eccezionale movimentato presso il Terminal Soteco di Napoli è destinato al porto saudita di Jeddah, da dove proseguirà verso la capitale Riyadh. Il gruppo Ignazio Messina vanta un’esperienza consolidata nella spedizione di carichi eccezionali grazie alla sua ampia flotta di navi ro-ro e si conferma ancora una volta un partner di primo piano nell’ambito di spedizioni di impiantistica, cantieristica, mezzi speciali in genere oltre che di contenitori.

Convoglio di 37 metri dal terminal Soteco alla stiva della Jolly Bianco

del Nord-Ovest della Russia (Penisola di Kola e Mar Bianco) al porto di Murmansk e i rifiuti radioattivi condizionati al sito di stoccaggio interinale di Sayda Bay. Rossita, che sarà consegnata nella primavera del 2011, è frutto di un progetto all’avanguardia che conferma il know how di Fincantieri nella realizzazione di navi speciali ad alto contenuto tecnologico. Ne sono un concreto esempio la duplicazione degli impianti all’interno delle stive di carico in modo che

siano autonomi e separati dal resto dell’impiantistica, la presenza di due locali di propulsione separati tramite una paratia stagna longitudinale, l’adozione di un doppio scafo nella zona destinata al trasporto del carico. Inoltre, lo schermo di protezione delle stive ed il relativo sistema di monitoraggio di tutta l’area interessata al trasporto del carico sono stati progettati nel rispetto delle più stringenti normative in materia di sicurezza nucleare.

N.C.

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 2011

L’Ing. Vincenzo (per tutti Enzo) Farinetti, ex dirigente di Fincantieri, per lunghi anni responsabile del business navi veloci presso la conglomerata di stato, ha messo fondo alla propria memoria e competenza per redigere un interessante e preciso excursus storico sulle diverse esperienze di navi ad alta velocità commerciale. Un argomento che, pur essendo di storia recente, oggi sembra invece preistoria, vista la triste vicenda che affligge quattro delle imbarcazioni più rinomate dell’epoca quali i traghetti monoscafo Aries, Taurus, Capricorn e Scorpio, realizzati negli stabilimenti liguri di Fincatieri per conto di Tirrenia, attualmente inutilizzati e melanconicamente ‘sballottati’ da una

Breve storia dell’hi-speedA cura dell’esperto Farinetti, ex-manager di Fincantieri, un ampio excursus sulla velocità commerciale in mare

banchina all’altra nei porti italiani, in attesa di un improbabile compratore – invero le navi sembrano ancora in discreta efficienza – ma più verosimilmente, in un’era di caro-bunker penalizzante, destinate alla tragica demolizione…

L’alta velocità commerciale in mare (prima parte)

Parlare oggi di alta velocità commerciale in mare, 35 nodi e più di velocità di servizio, è un po’ come parlare di missioni Apollo per la Luna o di Concorde: la tecnologia propulsiva più avanzata ridotta ad ‘archeologia industriale’ dall’esorbitante costo dei combustibili, ma forse,

COME ERAVAMO

ammettiamolo, c’era, e c’è, ancora molto da fare sul piano dell’efficienza tout-court, e quindi può esserci ancora speranza per il futuro.Ma veniamo all’oggi, o meglio, all’altro ieri.Gli sforzi tesi al raggiungimento di velocità sempre maggiori non sono nuovi: basti pensare ai clipper del diciannovesimo secolo.All’inizio, la propulsione meccanica con mototrici a vapore alternative e ruote a pale permise soltanto di rendere le navi indipendenti dal vento, non di aumentare la velocità. Infatti, il primo record di attraversata atlantica con nave a propulsione meccanica fu quella del paddler in legno ‘Sirius’ che il 22 Aprile 1838 arrivò a New York da Cork in 18 giorni 14 ore e 22 minuti, alla media di 8,03 nodi. Il giorno dopo(!!!) il Great Western arrivò, sempre a New York, dopo una traversata alla media di 8,66 nodi. Sette anni dopo, nel 1845, comparve la ‘Great Britain’, prima nave di ferro e con propulsione a singola elica ad attraversare l’Atlantico, ma ad una media inferiore ai 10 nodi, che erano già stati superati due anni prima, sempre dal paddler ‘Great Western’, nel 1843, con 10,03. Per arrivare a 20 nodi di media furono necessari oltre 40 anni, infatti solo nel 1889 il ‘City of Paris’, realizzò 20,01.Un considerevole balzo in avanti si ebbe

poi con la combinazione turbina a vapore - elica e per un lungo periodo non accadde più nulla di veramente nuovo in termini di velocità.La storia delle più veloci traversate dell’Oceano Atlantico è estremamente significativa:

nel 1907 il ‘Mauritania’ compì il viaggio ad una velocità media di 26 nodi;lentamente la velocità aumentò e nel 1936 la ‘Queen Mary’ superò i 30 nodi di media,all’inizio degli anni Cinquanta la USS ‘United States’ batté il primato precedente con una velocità media di 35,5 nodi, meno di 10 nodi in più rispetto a quarant’anni prima, e la ‘United States’ era una sorta di nave militare;si dovettero poi attendere quasi altri quarant’anni per vedere, nel 1990, l’’Hoverspeed Great Britain’ conquistare l’Hales Trophy con una velocità media prossima ai 37 nodi, meno di due nodi in

più;improvvisamente due anni dopo, nel 1992, un vero passo avanti: Destriero effettuò la traversata ad una velocità media di oltre 53 nodi, oltre 16 nodi in più rispetto al record precedente, raggiungendo velocità di punta di 67 nodi, ma non le fu assegnato lo Hales Trophy.Quello che non era stato possibile in ottant’anni, divenne realtà in due.Quale evento rivoluzionario aveva provocato il “miracolo”?Si trattava di una nuova combinazione: turbine a gas e idrogetti, per non menzionare altri aspetti, pur concettualmente non innovativi, come forme di carena a V profonda e strutture in lega d’alluminio. Sebbene non fosse una vera nave commerciale, Destriero era comunque un perfetto banco di prova per le nuove tecnologie, alle quali si farà

cenno più avanti. Dopo ‘Hoverspeed Great Britain’, lo Hales Trophy passò di mano altre due volte, entrambe nel 1998 ad opera, anche in questi casi, di catamarani di Incat:il 9 giugno 1998 il ‘Catalonia’ di Buquebus registrò una velocità media eastbound di 38,9 nodi;il mese successivo, il 20 luglio 1998 il ‘Cat-Link V’ di Fjord Line compì la traversa alla media di 41,3 nodi.Le traversate vennero compiute senza passeggeri a bordo, durante i viaggi di

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segue a pag.26

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posizionamento in Europa. Le due navi erano molto simili, entrambe catamarani di 91 metri, ma con diverse propulsioni: nel primo caso Caterpillar, nel secondo caso Ruston.Ma vediamo di mettere un po’ d’ordine tra le varie terminologie di record e trofei per la traversata dell’Atlantico:Record di velocità di traversata atlantica: si riferisce alla velocità media di traversata non-stop eastbound o westbound di una nave;‘Nastro Azzurro’ (Blue Riband): è un riconoscimento ufficioso per la più veloce traversata atlantica da parte di un transatlantico passeggeri. Il termine fu preso a prestito dal mondo delle corse ippiche e fu ampiamente usato solo dopo il 1910. Secondo regole non scritte, il record è riferito ad una media di velocità, piuttosto che a un tempo di traversata, perché le navi percorrono rotte diverse. Tradizionalmente, però, può fregiarsi del ‘Blue Riband’ la nave che batte il record westbound, cioè contro le Corrente del Golfo ed i fronti di instabilità metereologica, anche se altri sostengono che debbano essere battute entrambe le medie, eastbound e westbound, nel corso dello stesso viaggio. Comunque il nostro ‘Rex’ conquistò il ‘Blue Riband’ nel 1933,

con la velocità media di 28,92 nodi nella traversata westbound da Gibilterra a New York (Ambose Lighthouse).‘Hales Trophy’: fu istituito nel 1935 dal politico ed armatore inglese Harold K. Hales, che donò l’impressionante trofeo realizzato dalla James Dixon & Sons di Sheffield, per mettere ordine nella materia. Le regole dell’Hales Trophy sono però diverse da quelle non scritte del ‘Blue Riband’. Lo Hales Trophy può essere assegnato a qualsiasi tipo di nave commerciale per il record di traversata in qualsiasi direzione.Questa è la ragione per la quale nel 1990 lo ‘Hoverspeed Great Britain’ ebbe lo Hales Trophy, ma non il Blue Riband, che è tuttora detenuto dallo ‘United States’, e il ‘Destriero’, che segnò l’indubbio record di traversata atlantica, non poté fregiarsi dell’Hales Trophy, perché i Trustees del Trophy non la ritennero ‘una nave commerciale’.Vediamo allora cosa è successo alle ‘navi commerciali’ veloci, come e perché sono nate e su quale fondamento normativo; ancor’oggi, infatti, ai fast ferries rimasti non si applica la normativa Solas ‘classica’. Negli anni Sessanta, il trasporto veloce di passeggeri fece la sua comparsa in foggia di aliscafi surface piercing

(fondamentalmente gli aliscafi di Rodriquez e i Kometa russi) e mezzi a cuscino d’aria (hovercraft), che adottavano idee concepite durante il secondo conflitto mondiale. Queste navi, che potrebbero essere definite “i traghetti veloci della prima generazione”, introdussero velocità superiori a 30 nodi (molto di più nel caso degli hovercraft), ma su rotte brevi e con una portata lorda di alcune decine di tonnellate, e come tali adatte al trasporto di soli passeggeri.Verso la fine degli anni Settanta, tramite la sua Risoluzione A.373 (X) “Code of Safety for Dynamically Supported Craft”, IMO stabilì una base normativa tale da consentire lo sviluppo pratico dell’idea del trasporto veloce per mare. La portata lorda possibile passò nel campo dei valori a tre cifre, fornendo ai traghetti veloci una reale dignità a livello industriale. Era infatti possibile trasportare fino a 450 passeggeri e l’imbarco di autoveicoli.Nel 1996 venne emanata una nuova normativa (lo HSC Code, poi emendato nel 2000) secondo la quale, a patto che siano osservati criteri di sicurezza alquanto severi, non c’è limite al numero di passeggeri e veicoli trasportabili.Si è già detto qualcosa del ‘Hoverspeed Great Britain’, ma che cos’era? Era, ed è, un catamarano wave-piercing in alluminio con quattro motori Diesel Ruston ed idrogetti Riva Calzoni, nato dalle fervide menti di Robert Clifford e Phil Hercus in quel dell’Australia, idea nella quale ha fermamente creduto James Sherwood di Sea Containers, che, nel 1990, ha così dato vita alla purtroppo breve epopea dei ‘fast ferries’. Questa nave di 74 metri poteva trasportare 450 passeggeri e una ottantina di automobili, con una velocità commerciale intorno ai 35 nodi.Mentre in Australia si proseguiva nello sviluppo dei catamarani, wave-piercing e non, infatti in quegli anni si affacciava

Un monoscafo in costruzione al cantiere Rodriquez

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sul mercato anche Austal, l’altro grande costruttore australiano, in Europa si credeva nel monoscafo, piuttosto che nel multiscafo. Nacquero così in Italia nel 1993-94 i fast ferries di Rodriquez ‘Guizzo’ e ‘Scatto’ per Tirrenia appartenenti alla famiglia

“Aquastrada”, con propulsione mista Diesel e turbina a gas; mentre nel 1996 entrava in servizio, con i colori di Stena Lines, il primo fast ferry Fincantieri, il ‘Pegasus One’, con propulsione Diesel, capace di trasportare 600 passeggeri e 140 automobili. Sia ‘Aquastrada’ che ‘Pegasus’ avevano scafo in acciaio e sovrastrutture in lega leggera, mentre altri costruttori europei

realizzavano navi completamente in lega leggera, come:Bazan, poi Izar ed ora Navantia, in Spagna. Bazan, oltre ad altri mezzi di dimensioni più modeste tipo ‘Mestral’ e ‘Serval’, costruì quello che è ancora oggi il più grande monoscafo in alluminio al mondo, lo ‘Alhambra’, di oltre 120 metri di lunghezza, con sei motori Diesel CaterpillarMjellem & Karsen in Norvegia, che costruì, prima di fallire, un unico esemplare, il ‘Jetliner’, che iniziò ad operare con i colori di P&O Ferries nel 1996Leroux et Lotz in Francia, ora parte di STX Europe, che costruì la famiglia NGV (Navire Grande Vitesse) per l’allora SNCM e Gotland Rederi in Svezia.Più o meno in parallelo si concretizzava il progetto HSS1500 di Stena: un catamarano semi-swath (SWATH: Small Waterplane Area Twin Hull) in lega leggera, per 1500 passeggeri e con 800 metri lineari di garage, propulsione “tutto gas” con due turbine a gas General Electric LM2500 e due LM1600 per un totale di circa 100.000 CV ed una velocità di esercizio di 40 nodi. Ne furono costruiti tre esemplari dall’allora Finnyards, con i nomi di Explorer, Voyager e Discovery, che entrarono in servizio a partire dal 1996 nel Mare d’Irlanda e nel Mare del Nord. Un paio d’anni dopo seguì il più piccolo HSS900 Carisma, con due turbine ABB, in servizio tra Svezia e Danimarca.Sempre nel ‘magico’ 1996 Fincantieri ricevette l’ordine da Sea Containers, che nel frattempo aveva rotto i rapporti con la Incat di Robert Clifford ed aveva rifiutato per grave difetto di velocità il primo grande catamarano di Austal, per quattro monoscafi in lega leggera di 100 metri di lunghezza e propulsione con 4 motori Diesel Ruston e 38 nodi di velocità di esercizio, con il brand-name di SuperSeaCat.Nello stesso periodo Fincantieri incassava anche l’ordine Tirrenia per i primi due fast

ferries MDV3000 tipo “Aries”, poi portati a quattro. Si tratta di monoscafi in acciaio di quasi 150 metri di lunghezza, per 1800 passeggeri e 460 automobili: i più capaci fast ferries mai costruiti. La propulsione è costituita da due turbine a gas LM2500 e quattro motori Diesel MTU, per una potenza totale installata di quasi 100.000 CV e 40 nodi di velocità di esercizio, dati questi praticamente uguali agli omologhi dello Stena HSS1500.

Vincenzo Farinetti

(fine prima parte)

L’australiano (della Tasmania) Bob Clifford, ‘inventore’ di INCAT, posa di fronte al Blue Riband, conquistato nel 1990 da una delle

barche da lui progettate

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La diffusione dei pallet nel trasporto merci è in costante crescita e in Italia, come altrove in Europa, costituiscono ormai una presenza stabile sul mercato diversi operatori specializzati nell’offerta di questa tipologia di servizi.Tra questi Palletways Italia – network che raggruppa numerosi concessionari sparsi su tutto il territorio nazionale (‘figlio’ dell’inglese Palleways, che nel 1994 inventò questo modello di business) – è sicuramente

Palletways diventa milionariaIl presidente del network Roberto Rossi fa un bilancio del 2010 e traccia la

rotta per il futuro, che prevede nel 2011 di trasportare 1 milione di pallet

il principale, quantomeno per quote di mercato, che stanno continuando a crescere come spiega il presidente della società Roberto Rossi: “Il nostro anno fiscale va da giugno a giugno, nel periodo 2009/2010 abbiamo fatturato 24,2 milioni di euro, mentre per l’anno fiscale successivo (che si concluderà a giugno 2011) prevediamo di raggiungere i 28-29 milioni”. Dati positivi, che Rossi illustra in dettaglio: “Solo il 10% delle entrate di Palletways

LOGISTICA

deriva dalla movimentazione diretta dei pallet, svolta esclusivamente per i clienti di maggiori dimensioni che necessitano di un interlocutore strutturato; tutto il resto è invece frutto dei servizi che il network fornisce ai 78 trasportatori associati, tra cui assistenza amministrativa, coordinamento e passaggio dei pallet nelle nostre due strutture di Bologna (che serve tutta Italia) e Avellino (utilizzata per le spedizioni sud-sud)”.Quanti pallet avete movimentato durante il 2010?“Nonostante la crisi, Palletways ha registrato una netta crescita in termini di pallet movimentati: dai circa 650 mila del 2009 siamo passati a 800 mila nel 2010, segnando un incremento del 20% (dati globali del network sull’anno solare). Se è vero infatti che la recessione ha bloccato la crescita organica nei singoli vertical market dei nostri clienti, noi siamo riusciti ad accrescere la nostra quota di mercato ‘strappando’ traffici ad altre modalità di trasporto come il groupage ed il corriere espresso, che, specie sui grossi carichi, non riescono ad essere competitivi con le nostre tariffe”.Ora però la ripresa è iniziata. “Quasi tutti i settori si stanno risollevando, tranne quello dei materiali per l’edilizia, che ancora fatica. La GDO invece, vero core business di Palletways, è il comparto che meno ha sofferto e che presenta potenziali di sviluppo tra i migliori in assoluto”.Qual’è la quota di mercato detenuta da Palletways in Italia?“Non è facile delimitare in modo preciso il mercato potenziale del trasporto pallet e di conseguenza fare una valutazione del nostro peso. Si stima però che ogni notte vengano movimentati in Italia circa 50.000 pallet, contando anche tutti quelli trasportati

da operatori non specializzati; noi, facendo 4.000 pallet a notte, abbiamo quindi il circa 10% del mercato complessivo stimato. Se però ci limitiamo a contemplare soltanto i nostri concorrenti diretti, che in Italia sono One Express e Pall-Ex, la quota di mercato di Palletways supera tranquillamente il 50%”.Secondo le vostre previsioni, l’andamento del trasporto di merce in pallet durante il prossimo anno anticipa una crescita?“Sicuramente si. Il nostro obbiettivo, per il 2011, è superare il target del milione di pallet. Il mercato ci offrirà nuove occasioni e noi vogliamo coglierle puntando sulla qualità del servizio, da sempre la nostra caratteristica distintiva, e sull’innovazione. Abbiamo, per esempio, esteso la modalità di trasporto ‘garantito’ a nuove aree, che prima non erano coperte da questo servizio perché considerate ‘zone disagiate’ (e come tali sono ancora definite da molti operatori), e puntiamo a ridurre da 72 a 48 ore la tempistica per le spedizioni in Sicilia. Stiamo inoltre lavorando per rendere più efficienti le prese in triangolazione (quelle che coinvolgono tre diversi concessionari del network, ognuno dei quali agisce per la propria zona di competenza),

che costituiscono il 20% del traffico complessivo”. Qual’è il riscontro commerciale del trasporto di pallet nel resto d’Europa?“In Italia e Spagna la situazione è molto simile: il trasporto pallettizzato cresce e sono ormai piuttosto diffusi network di operatori specializzati. In Gran Bretagna sono avanti anni luce rispetto a noi: non va dimenticato che il nostro modello di business è nato proprio lì e che nel Regno Unito il piccolo commercio è marginale, mentre la grande distribuzione (principale cliente per il trasporto pallettizzato) è più diffusa e strutturata rispetto al resto del continente. In Germania la domanda di questi servizi è in crescita, ma esistono ancora pochi operatori dedicati, mentre in Benelux l’attività è maggiormente focalizzata sul crossoborder (andrebbe poi distinta la situazione del Belgio da quella dell’Olanda, dove la tradizione e l’importanza delle attività logistiche e di trasporto sono ben superiori). La Francia è un caso a parte: nonostante l’utilizzo dei pallet sia largamente diffuso, non riescono a svilupparsi operatori specializzati”.

Francesco Bottino

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Le gelate che hanno investito il Belpaese da Nord a Sud non sono bastate a raffreddare il clima tra GDO (Grande Distribuzione Organizzata) ed autotrasportatori che, in seguito ad un fatto denunciato da Massimo Bagnoli, Presidente FIAP Federazione Italiana Autotrasportatori Professionali, resta alquanto rovente.“Il 28 dicembre, alla Coop di Pievesestina (Cesena) – scrive una nota diramata dall’organizzazione - un autocarro, dopo aver regolarmente prenotato lo scarico, ha atteso dalle 16 alle 8 del giorno successivo senza, peraltro, aver portato a termine la sua missione perché alla fine gli è stato comunicato che il magazzino era saturo e non poteva ricevere altro materiale. Prima di rendersi conto che avevano il magazzino pieno hanno impiegato ben 16 ore facendo trascorrere all’autista una notte intera a bordo del veicolo, con il termometro che ha

FIAP accusa la GDO e Confetra se la prende con il monopolio delle PosteL’organizzazione degli autotrasportatori critica duramente il comportamento delle Coop romagnole, mentre il presidente federativo Forti è negativo sulle modalità di liberalizzazione del sistema postale

segnato i -5°”. A fare le spese di quella che il presidente di FIAP definisce “l’arroganza, la spocchia e l’incapacità professionale della GDO”, sono gli autotrasportatori, “categoria che troppo spesso, e a torto, viene bistrattata ed accusata di prepotenze per le prese di posizione che è costretta ad assumere”.Bagnoli riconosce allo Stato il merito di aver provato a “normare questi soprusi con la legge 127, che però ancora non trova grande spazio di applicazione perché all’autotrasportare tocca il non semplice onere della prova”.“La corda dei rapporti è tesa, ai limiti della rottura – conclude senza mezzi termini la nota – e se ancora una volta

AUTOTRASPORTO

gli interessi forti rappresentati da questa casta (la GDO) dovessero prevalere e si andasse sostanzialmente ad una non-applicazione delle norme di legge a tutela di chi lavora, una primavera con i fuochi d’artificio è il minimo che dobbiamo aspettarci”.Ma FIAP non è l’unica a scagliarsi contro un ‘Golia’.Confetra, in occasione dell’approvazione da parte del Governo di una bozza

Fausto Forti, Presidente di Confetra

di decreto legislativo atta a recepire nell’ordinamento italiano la direttiva comunitaria 6/2008, con cui Bruxelles stabilisce la completa liberalizzazione dei sistemi postali negli stati membri a partire dal primo gennaio 2011, ha infatti inviato al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed al Ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani una lettera dell’emblematico titolo “Il monopolio è duro a morire”.

Nel testo il Presidente Fausto Forti definisce “di assoluta retroguardia” alcune disposizioni contenute nel provvedimento varato dell’esecutivo: “Non solo tutto il settore dei corrieri espressi, per definizione non rientrante nel Servizio Postale Universale, potrà essere assoggettato ad un’illegittima tassazione fino al 10% dei ricavi, ma sarà tenuto al rispetto di una contrattazione collettiva di riferimento del tutto estranea, storicamente e sindacalmente, al mondo della logistica cui esso appartiene. Tale provvedimento appare quindi poco rispettoso dei principi di liberalizzazione voluti dall’Europa”.

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www.ship2shore.it Lunedì 10 Gennaio 201130

“La grande area metropolitana di Buenos Aires attira sempre molti investimenti, mentre si registra un’interessante fermento nel settore immobiliare rurale. Forse ciò è dovuto, non tanto come opportunità d’aquisto di campi a baso costo, infatti ormai nel ‘triangolo d’oro’ argentino, (le fertilissime zone tra Salto-Rojas e Pergamino), la terra vale lo stesso e forse anche di più che nell’Illinois o Iowa (U$S 20.000/Ettaro), quanto piuttosto per il boom delle coltivazioni della soia e l’aumento del valor della carne bovina” è la situazione del mercato argentino – considerato uno di quelli con opportunità d’investimento molto interessanti - illustrata dall’architetto Rita Rao di Buenos Aires, nominata corrispondente di World Capital S.r.l., agenzia di servizi nel settore Real Estate, che ora è dunque diventata, grazie a questa collaborazione, operativa anche in Sud America. “Si registra la stessa situazione in Uruguay dove oggi si coltivano 1.000.000 ettari di soia, quando solo all’inizio del terzo millennio erano 200.000. In

È vivace il mercato immobiliare sud americanoWorld Capital diventa operativa nell’altro emisfero tramite un ufficio di corrispondenza a Buenos Aires

Cile, la situazione è più complessa in quanto attualmente concentrato nella ristrutturazione delle zone devastate dal sisma di febbraio 2010, con grandi investimenti in trasporti, comunicazioni e infrastrutture che sicuramente incideranno positivamente anche sul mercato immobiliare in considerazione del fatto che questo Paese prevede una crescita nel 2011 del 6%, che ne faranno un importante polo di attrazione d’investimenti.”

LOGISTICA

“Grazie a questa collaborazione possiamo proporre ai nostri clienti esclusive opportunità – commenta Andrea Faini, titolare della società milanese - la grande esperienza sul mercato Sud Americano di Rita Rao, la sua propensione per una gestione globale del progetto, insieme alla grande attenzione per lo sviluppo sostenibile, ne hanno fatto il partner ideale per l’implementazione del nostro progetto di sviluppo all’estero, con particolare attenzione al continente sudamericano, contando sui presidi di Noregon in Patagonia, Mar De La Frontera in Uruguay e ovviamente Buenos Aires, senza scordare la possibilità di passare per il Brasile”.

Il Decreto legge 78/2010, all’articolo 27 ha previsto un nuovo adempimento per i soggetti che intendono effettuare acquisti intracomunitari di beni e cessioni intracomunitarie di beni. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 dicembre è stato approvato il modulo che deve essere inviato all’Agenzia (entro il 29/1/2011) da parte dei soggetti, già titolari di Partita IVA, che intendano effettuare le suddette operazioni. Gli unici soggetti che automaticamente

sono esentati dalla presentazione del suddetto modello sono coloro che nel corso del 2009 o del 2010 hanno presentato i modelli Intrastat. In caso di omessa presentazione del modello in esame i soggetti (dal 28 febbraio 2011) non potranno effettuare acquisti né cessioni di beni con soggetti UE. Nel caso decidano successivamente di voler effettuare tali operazioni dovranno presentare il modulo all’Agenzia delle entrate, ma dovranno attendere 30 giorni per la formazione del silenzio assenso.

Nuovi adempimenti per gli acquisti e le vendite intracomunitarieL’ANGOLO FISCALE

Se l’Agenzia ritiene che il soggetto sia “a rischio” dovrà esplicitamente comunicargli il diniego all’iscrizione nell’apposito registro dei soggetti abilitati ad effettuare acquisti/cessioni di beni intracomunitari (VIES). Non è stato previsto alcun limite minimo al di sotto del quale si sia esonerati dalla presentazione, quindi tutti i soggetti che intendano effettuare anche operazioni minime di acquisto/vendita di beni con soggetti UE devono adempiere a tale incombenza.

Spunto di aggiornamento alle aziende dallo Studio Ghiglione Commercialisti Associati Revisori Contabili di Genova

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Firenze – Sono riconoscibili dal caratteristico colore blu (oltre che dal logo aziendale) i pallet di legno o plastic di CHEP Commonwealth Handling Equipment Pooling, azienda (parte del Gruppo Brambles) leader mondiale nei servizi di pooling di pallet e contenitori di plastica, che annovera tra i suoi clienti le più importanti aziende del mondo. Una leadership che si vorrebbe riverberare anche in Italia, come spiegano Luca Rossi, Country General Manager e Martino Schivo, Value Chain Manager, di CHEP Italia.Quando e come è nata CHEP? Come si è evoluto negli anni il business?“CHEP nasce dopo la Seconda Guerra Mondiale in Australia, dove

Ma il pallet è sempre più blu…Soluzioni logistiche sostenibili per un mondo migliore proposte da CHEP, che rivela un‘anima ‘verde’

gli americani avevano lasciato presso le loro basi militari notevoli infrastrutture e un patrimonio di attrezzature per la movimentazione dei materiali, tra cui i pallet di legno. Inizialmente il governo locale continua a sostenere l’organizzazione per favorire l’economia nazionale, in seguito decide di privatizzare il settore. Nel 1958 con grande intuizione la società Brambles, esperta nella movimentazione dei materiali da circa 80 anni, acquisisce CHEP che in pochi anni diviene il più grande sistema di noleggio di pallet e contenitori nell’emisfero meridionale e la più grande flotta a noleggio di carrelli elevatori a forche dell’Australia. Il lancio in Italia avviene nel 1991, con

LOGISTICA

sede a Milano e una rete territoriale di centri servizi.Oggi CHEP segue più di 500.000 clienti in 45 paesi grazie ad oltre 7.500 dipendenti e 500 centri servizio; controlla oltre 300 milioni di pallet e contenitori (18 milioni in Italia), monitorando circa 3 milioni di movimenti di attrezzature al giorno, avvalendosi di tecnologia avanzata”.In cosa consiste il vostro valore aggiunto?“Oltre alla qualità del prodotto e alla riduzione dei costi, CHEP offre un alto servizio al cliente che gli consente di rimanere focalizzato sul proprio core business, demandando la fornitura, lo stoccaggio, la movimentazione e la manutenzione dei pallet. Con la nostra tecnologia riusciamo a ridurre i danni ai prodotti dei clienti e ad offrire soluzioni logistiche sostenibili per l’ambiente”.A che tipo di clientela vi rivolgete?“Serviamo supply chain del settore dei beni di consumo, delle bevande, dei prodotti agricoli e dell’automotive. Tra i nostri partners mondiali ci sono Kellog’s, Kraft, Nestlè, Ford e GM, SYSCO, Procter & Gamble. Ogni giorno movimentiamo i prodotti più importanti del mondo”.Un bilancio di CHEP Italia per l’anno 2010 e quali sono gli obiettivi a breve-medio termine? “Seguiamo il sistema fiscale anglosassone, da luglio a giugno. Per il primo semestre del 2010 possiamo affermare che il bilancio è positivo. Continuare a crescere e accrescere

Martino Schivo

Luca Rossi

ulteriormente la nostra quota di mercato in Italia almeno fino ai livelli riscontrabili in altri paesi Europei, penetrando il settore del Largo Consumo ma valutando possibili proposte di valore anche in settori come il tessile ed il farmaceutico in futuro, introdurre nuove attrezzature e nuovi servizi, accrescere ulteriormente

il livello di soddisfazione dei clienti in portafoglio, sviluppare nuove sinergie ed accordi di collaborazione con partners in area operazioni e logistica, sviluppare quantitativamente e qualitativamente la nostra organizzazione in Italia”. Siete un’azienda molto impegnata dal lato Green…“Siamo un’azienda giovane (età media 30/35 anni) dunque con grande sensibilità e responsabilità verso i temi ambientali, sia dal lato prodotto/servizio che nella riduzione delle emissioni e dei consumi quotidiani nei nostri uffici e centri distribuzione. CHEP si ispira alla filosofia dello sviluppo sostenibile, promuovendo l’acquisto di legno da foreste controllate, il riutilizzo dei pallet, il recupero delle attrezzature e il loro riciclo finale. Puntiamo all’efficienza e alla sostenibilità per ottimizzare la catena logistica”.

Federica Gelli