Brivido perioperatorio Efficacia del nefopam nella ... · Nel post-operatorio, si può invece...

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BRIVIDO PERIOPERATORIO Efficacia del nefopam nella prevenzione PROFESSIONAL EDITION mininvasiva Chirurgia IPERIDROSI PALMARE E ASCELLARE Terapia endoscopica mininvasiva RFA PER NODULI TIROIDEI BENIGNI VALUTAZIONE PRE E POST INTERVENTO del globo faringeo nella chirurgia della tiroide

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Brivido perioperatorio Efficacia del nefopam nella prevenzione

Professionaledition

mininvasivaChirurgia

IperIdrosI palmare e ascellareTerapia endoscopica mininvasiva

rFa per nodulI tIroIdeI benIgnI

ValutazIone

pre e post InterVento

del globo faringeo nella chirurgia

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INSIDE

08 Iperidrosi palmare e ascellare Terapia endoscopica mininvasiva

12 Prevenzione del brivido perioperatorio Prove di efficacia del nefopam

16 Globo faringeo e chirurgia della tiroide Valutazione pre e post intervento

20 Noduli tiroidei benigni Ablazione percutanea con radiofrequenza

EVIDENCE BASED MEDICINE

26 Procedure chirurgiche aperte per le ernie incisionali

26 Chirurgia decompressiva per trattare il danno neurale nella lebbra

27 Colicistemia per sospetta discinesia della colecisti

27 Linfodenectomia per la gestione dei tumori endometriali

Sommario Professional editionCHirUrGia MiNiNvaSiva

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Direttore Responsabile francesco Maria avitto

Direttore Editoriale Vincenzo Coluccia

Direttore Scientifico lucia limiti

E D I T O R I A L S TA F FMedical Editor Patrizia Maria Gatti, sara raselli, leonardo scalia,Magazine Editor Marco landucciWeb Editor Marzia Caposio

A R TArt Director francesco MoriniImpaginazione niccolò iacovelliWeb Developer roberto Zanetti, Paolo Cambiaghi, Paolo Gobbi

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Chirurghi vascolari 4.164

Neurochirurghi 1.113

Anestesisti 13.016

Ortopedici 7.275

Ginecologi 10.990

Farmacisti ospedalieri 2.275

mininvasivaChirurgia

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IperIdrosI palmare ed ascellare

Terapia endoscopica mininvasiva

A cura di edoardo raposio Direttore, S.S.D. Chirurgia della Cute e degli Annessi,

Mini-invasiva, Rigenerativa e Plastica, Azienda

Ospedaliero-Universitaria di Parma;

Clinica di Chirurgia Plastica, Dipartimento di Scienze

Chirurgiche, Università degli Studi di Parma

Fig.1 Strumenti per la tecnica endoscopica mininvasiva dell’iperidrosi

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L’iperidrosi è una pato-logia caratterizzata da un’eccessiva sudora-zione, non legata alla stagionalità, alla tem-peratura ambientale o

all’esercizio fisico. Le ghiandole sudoripare sono eccessivamente stimolate da impulsi nervosi che partono dal sistema simpatico e questo porta ad una sovrapproduzione di sudore, che si riflette, per i pazienti affetti (circa il 3% della popolazione), in notevoli problematiche nell’ambito delle relazioni sociali e rapporti interpersonali, tali da influire in maniera significativa sulla loro qualità di vita. La sudorazione eccessiva si concentra in particolar modo a livello delle ascelle e del palmo delle mani; in alcuni casi si ha coinvolgimento anche del volto e della pianta dei piedi. L’iperidrosi si distingue in una forma

primaria, dovuta ad eccessiva stimolazione del sistema simpatico, e in una secondaria, conseguente ad alcune patologie come feocromocitoma, morbo di Hodgkin, tubercolosi e diabete. L’iperidrosi primaria insorge in genere con la pubertà, proseguendo poi per tutta la vita, con una certa percentuale di familiari-tà nei pazienti affetti. La terapia definitiva dell’iperidrosi pri-maria dell’arto superiore è effettuata per via toracoscopica video-assistita, essendo i gangli D2-D3-D4 del simpatico toracico deputati all’innervazione delle ghiandole sudoripare a livello ascellare e palmare. La simpaticotomia toracica è rimasta d’impiego sporadico fino all’introduzione della tecnica video-endoscopica nel 1980. In passato, l’approccio video-toracosco-pico richiedeva l’insufflazione di anidride carbonica e l’utilizzo di più accessi per lato

(da tre a sei), cause di complicanze nel postoperatorio (bradicardia da shifting me-diastinico, enfisema sottocutaneo, lesioni ai fasci vascolo-nervosi costali). Nel presente articolo è descritta la nostra esperienza con una tecnica personale mini-invasiva, basata su un solo accesso per lato e senza l’utilizzo di CO2.

tecnIca chIrurgIcaLa tecnica, da noi introdotta nel 1998 (1), è basata sull’uso di un toracoscopio appositamente modificato, costituito da un trocar, camicia operativa, fonte di luce, videocamera e sonda per l’elettrocauterio (Fig.1). Il paziente viene sottoposto ad anestesia generale, utilizzando un tubo endotracheale a doppio lume e sistema-to, poi, in posizione semi-seduta. Viene praticata un’incisione per lato di circa 1

Fig.2 Accesso singolo lungo la linea ascellare anteriore

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cm al secondo o terzo spazio intercostale, sulla linea emiclaveare (nel maschio) o sull’ascellare anteriore (nella femmina) (Fig.2). Effettuata l’esclusione ventilatoria omolaterale, si procede con uno scollamen-to, lungo il margine superiore della costa, dei tessuti molli e muscoli sottostanti, fino ad arrivare a forare la pleura parietale. Si inseriscono quindi il trocar ed il toraco-scopio modificato, arrivando a visualizzare la catena del sistema simpatico toracico omolaterale. Si cauterizzano poi i gangli da D2 a D4 a seconda della problematica del paziente. D2 e D3 nei casi di iperi-drosi palmare, D4 per l’iperidrosi ascellare (Fig.3). Si procede quindi, nella medesima seduta operatoria, all’identica procedura nel lato contro-laterale. Terminata la proce-dura, si introducono due drenaggi toracici per trattare il pneumotorace iatrogeno: questi verranno poi rimossi nell’immediato post-operatorio, previa esecuzione di un Rx torace. Le dimissioni sono effettuate la mattina successiva all’intervento (one-day surgery). Si consigliano quindi al pazien-te due settimane di convalescenza ed il divieto di effettuare, per un mese, viaggi in aereo ed immersioni subacquee. I risultati sono immediati e duraturi, con subitanea scomparsa della sintomatologia in oggetto. Inoltre, nonostante l’eventuale trattamento dell’iperidrosi plantare non sia obiettivo dell’intervento (in quanto i gangli deputati sono situati a livello lombare e si embrica-

no con il plesso genitale), circa il 40% dei pazienti riporta una riduzione significa-tiva della sudorazione, quando presente in eccesso, anche in quest’area. Possibili complicanze dell’intervento sono (rare) la comparsa di pneumo- e/o emo-torace e, soprattutto, l’impossibilità ad eseguire completamente la sezione dei gangli inte-ressati per la presenza di ostacoli anatomici alla loro cauterizzazione (aderenze pleu-riche, vasi sovrastanti i gangli, ..), ostacoli che precludono il raggiungimento di un risultato terapeutico completo. Nel post-operatorio, si può invece riscon-trare, anche a distanza di tempo, un’i-peridrosi compensatoria di altri distretti corporei (addome, dorso, arti inferiori, torace), di solito di entità moderata.

rIsultatIAd oggi sono stati trattati 720 pazienti, dei quali il 93% con successo (2). Un’iperidrosi compensatoria si è sviluppata nel 24% dei pazienti trattati (nello 0,6%, di grado elevato), mentre abbiamo osservato una percentuale pari a 1,4% di ricorrenza della sintomatologia.

conclusIoneLa simpaticotomia dorsale selettiva per via toracoscopica video-assistita risulta essere un intervento di norma sicuro e di buona

efficacia. Il 49% dei pazienti da noi trattati riportava una storia familiare positiva di iperidrosi primaria, nei quali le zone mag-giormente colpite erano le palmo-ascellari. Dal punto di vista psicologico, l’iperidrosi primaria ha ripercussioni molto negative nella quotidianità del paziente e questo lo spinge a sottoporsi all’intervento. L’iperidrosi compensatoria è l’effetto col-laterale più riportato. L’eziologia di questa problematica è sconosciuta. Nonostante ciò, la maggior parte dei sog-getti si ritiene soddisfatta dell’intervento. Secondo la nostra esperienza, la tecnica a "singolo ingresso” consente di minimiz-zare il rischio di possibili lesioni ai fasci neurovascolari intercostali, favorendo una diminuzione del disagio post-operatorio e dell’invasività della procedura.

Bibliografia:1. Raposio E., Filippi F., Nordström R., Santi PL., Endoscopic transthoracic dorsal sympathectomy for the treatment of upper extremity hyperhidrosis: A new minimally invasive approach. Plast Reconstr Surg. 1998; 102(5): 1629-32,.

2. Raposio E, Caruana G. Video-assisted thoracic sympathicotomy for the treatment of palmar and axillary hyperhidrosis: A 17-year experience. Surg Laparosc Endosc Percutan Tech. 2015; 25(5):417-9.

Fig.3 Sezione endoscopica del II ganglio simpatico dorsale di sinistra.

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Prevenzione del brivido perioperatorioProve di efficacia del nefopam

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Il brivido rappresenta uno stressante e frequente effetto collaterale durante il periodo intraoperatorio, e potrebbe inter-ferire con il monitoraggio. Esso non causa il decesso diretto del paziente, e difficilmente diviene

cronico, ma è associato all’incremento del consumo di ossigeno, che metterebbe in pericolo un paziente dalla funzionalità car-diaca compromessa. Il meccanismo alla base

del brivido perioperatorio non è del tutto chiaro: esso potrebbe rappresentare una risposta all’ipotermia, ma interviene anche in condizioni di normotermia, il che sug-gerisce l’implicazione di altri meccanismi; inoltre non è sempre possibile mantenere il paziente in normotermia. In alcuni pazienti selezionati, dunque, potrebbe risultare essenziale prevenire il brivido mediante interventi farmacologici. È stato dimostrato che un’ampia gamma di regimi risulta effi-

cace nella prevenzione e nel trattamento del brivido postanestetico, come alfa2-agonisti, tramadolo, meperidina o antagonisti dei recettori per la serotonina-3, ed al momento non esistono assoluti standard terapeutici, ma il nefopam potrebbe costituire l’agen-te più promettente in questo campo, per via della sua efficacia senza gravi effetti collaterali. Il nefopam è una benzoxazocina struttural-mente correlata ad orfenadrina e difeni-

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dramina, ed è diversa da antinfiammatori ed oppiacei. Il nefopam non è associato ad inibizione respiratoria, ma i meccanismi alla base della sua azione anti-brivido e termo-regolatoria non sono stati completamente dimostrati. In generale, inibisce il riassorbi-mento sinaptico di dopamina, norepinefrina e serotonina analogamente alle anfetamine, ed influenza la termoregolazione tramite gli alfa2-adrenocettori. Secondo una recente meta-analisi della letteratura, il nefopam è

associato alla riduzione del tasso di brivido non soltanto sotto anestesia generale, ma anche sotto anestesia nevrassiale. Rispetto alla clonidina, il nefopam risulta più efficace nella prevenzione del brivido postaneste-tico durante il periodo perioperatorio. Il tempo di estubazione sotto nefopam inoltre non risulta significativamente diverso da quello sotto placebo, e nessuno studio ne ha riportato effetti collaterali come la depres-sione respiratoria o eventi cardiovascolari. In base al raffronto indiretto effettuato con altre meta-analisi precedenti, il nefopam risulta anche più efficace rispetto agli altri interventi discussi per questi disturbi, no-nostante fra gli studi considerati sussistesse una significativa eterogeneità statistica ed i raffronti diretti erano frammentari. Secondo gli studi clinici precedenti, la clonidina risulta efficace nella prevenzione e nel trattamento del brivido postaneste-tico, ma risulta associata ad alcuni effetti collaterali, come ad esempio sedazione, ipotensione e bradicardia, che ne limitavano l’applicazione. Anche gli oppioidi come tramadolo o meperidina risultavano efficaci, ma erano associati al rischio di depressione respiratoria e a nausea e vomito postopera-tori. Il nefopam, invece, potrebbe possedere uno specifico effetto anti-brivido: esso causa una lieve riduzione nella temperatura cen-

trale diminuendo la soglia del brivido, senza influenzare la sudorazione e la vasocostri-zione, minimizzando pertanto la perdita di calore, a differenza degli altri farmaci che riducono sia il brivido che le soglie vascolari, portando ad una maggiore perdita di calore. Alcuni studi hanno riportato un elevato livello di dolore nel sito di iniezione del nefopam: questo fenomeno non è stato riportato da questa analisi, ma ciò può esse-re dovuto al fatto che la maggior parte delle somministrazioni è stata effettuata sotto anestesia generale. Gli autori riconoscono che gli studi consi-derati erano complessivamente di piccole dimensioni, il che potrebbe aver accentuato oltre misura gli effetti terapeutici osservati. Inoltre la frequenza del brivido periope-ratorio nella pratica clinica reale potrebbe non corrispondere a quella particolarmente elevata all’interno dei campioni considerati, un aspetto che potrebbe limitare l’applica-bilità delle conclusioni raggiunte. Secondo gli autori, i futuri studi in materia dovranno essere di dimensioni più ampie, ed inoltre i medici implicati nelle indagini dovrebbero rispettare rigidamente un design in cieco, onde limitare il rischio di errori.

Fonte: BMC Anesthesiol 2015; 15(87)

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Globo farinGeo e chirurgia della tiroideValutazione pre e post-postchirurgica

la deglutizione è un riflesso motorio complesso che ri-chiede il coordinamento tra il sistema nervoso, l'orofa-ringe e l'esofago. un certo numero di disturbi, sia beni-gni che maligni, sono in grado d’interferire con questo processo e tra questi il globo faringeo è un sintomo cor-relato comune.

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IL gLoBo Faringeo è definito, in sostanza, come la sensazione di un nodo alla gola, ha origine incerta e costitui-sce circa il 4% di tutti i nuovi rinvii all’otorinolaringoiatra. In relazione alle manifestazioni del

globo faringeo sono state chiamate in causa anche le patologie che interessano la tiroide. Il gozzo è spesso associato con il globo faringeo in relazione ai sintomi, ma il mec-canismo esatto che sta alla base dei sintomi riferiti dai pazienti, è stato finora scarsa-mente compreso, in particolare in assenza di una significativa estensione retrosternale del gozzo stesso. In proposito Burns (J Laryngol Otol. 2007) ha evidenziato che un terzo dei pazienti con una massa tiroidea lamenta sintomi che possono essere ricondotti al globo farin-

geo. Inoltre alcuni studi hanno evidenziato che i pazienti post-tiroidectomia possono lamentare sintomi simili a quelli riferiti in presenza di un globo faringeo, anche se que-sti sintomi spesso si evidenziano lentamente nel periodo post-chirurgico. Secondo Maung (J Laryngol Otol. 2005) la chirurgia della tiroide non dovrebbe aggravare, ma piuttosto migliorare i sintomi preesistenti. Nello studio di Wassermann (Head Neck. 2008), invece questi sintomi risultano au-mentati dopo l'intervento chirurgico. Tutti questi studi, quindi, hanno valutato questa condizione, con risultati contraddittori, soprattutto perché, per raccogliere i dati, sono stati utilizzati strumenti di misura non standardizzati. Lo scopo dello studio che presentiamo era valutare la prevalenza e la gravità dei sintomi riferibili a un modello standardiz-

zato di globo faringeo in una popolazione di pazienti, tre mesi dopo la tiroidectomia, a seguito di una riduzione o di un aumento dei sintomi preesistenti o seguendo l'inizio di una nuova serie di sintomi. Un totale di 95 pazienti (65 donne, 30 uomini, con età media di 56.03 ± 12.45 anni) sono stati valutati per i sintomi correlabili a un modello di globo faringeo, prima e tre mesi dopo l'intervento chirurgico alla tiroide (72 pazienti: gozzo benigno, 23 pazienti: cancro papillare). Era disponibile la Glasgow-E-dinburgh Throat Scale (GETS - Deary IJ et al. J Psychosom Res. 1995) che è stata tradotta in italiano e utilizzata come strumento vali-dato per la misura della gravità dei sintomi rispetto a un modello di globo faringeo. La normalizzazione dei dati è stata utiliz-zata per classificare i pazienti in 4 gruppi di gravità: pazienti asintomatici, lievemente

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sintomatici, sintomatici (3a e 4a classe insieme), fortemente sintomatici. Una dimi-nuzione significativa del punteggio medio di GETS è stata osservata nella valutazione post-operatoria (13.02 ± 11.84 vs 8.00 ± 11.26; p <0.01), ma accanto a pazienti sintomatici, che sono migliorati, si è potuto osservare anche altri due gruppi importanti di pazienti: pazienti asintomatici che hanno sviluppato i sintomi e pazienti sintomatici rimasti tali. L’indagine è stata condotta presso il dipar-timento di Scienze Chirurgiche dell’univer-sità Sapienza di Roma, reclutando pazienti candidati a intervento chirurgico per qualsiasi malattia della tiroide dal gennaio 2013 all’aprile 2014. I criteri di esclusione erano: gozzo retrosternale, chirurgia del collo precedente, cancro extracapsulare, storia di reflusso gastro-esofageo e difficoltà a illustrare i sintomi con termini corretti. Quest'ultima condizione è stata impostata per l'uso di uno strumento di valutazione, della gravità dei sintomi del globo farin-

geo, basato su un questionario in cui viene utilizzata una terminologia piuttosto ricca (GETS tradotto in italiano e perfezionato). Una scarsa padronanza linguistica avrebbe, dunque, potuto ostacolare l'affidabilità della valutazione. Sono stati considerati solo i pazienti che hanno subito una tiroidec-tomia totale. Da una serie di 105 pazienti candidati, 10 hanno soddisfatto i criteri di esclusione; per questo nell’analisi finale sono stati considerati 95 pazienti (65 donne e 30 uomini), di età media 56,03 ± 12,45 anni. Tutti i pazienti sono stati sottoposti di routine a laringoscopia indiretta pre e post-operatoria per il controllo delle corde vocali e nessuno dei pazienti considerati ha avuto paralisi delle corde vocali. Questo studio ha confermato che una percentuale rilevante di pazienti con malattie della tiroide, se accuratamente indagati con uno strumento di valutazione standardizzato, lamenta sintomi riferibili a un modello di globo faringeo di gravità moderata o forte (57,8%). Un secondo gruppo ha dichiara-

to sintomi lievi (21,1%) e solo il 20% dei pazienti erano completamente asintomatici o hanno semplicemente segnalato lievi sin-tomi inerenti alla zona di localizzazione del globo. Questi dati indicano che la chirurgia migliora la condizione dei pazienti con sintomi moderati o intensi riferibili a un modello standardizzato di globo faringeo, ma può trasformare i pazienti asintomatici in lievemente sintomatici. La fisiopatologia, quindi, dei sintomi riferibili a un modello di globo faringeo, potrebbe essere diversa: in alcuni casi legata alla malattia della tiroide, in altri a un effetto della chirurgia stessa.In conclusione, il significativo decremento della media del punteggio GETS po-stoperatorio, osservato in questo studio, è dovuto principalmente al miglioramento dei pazienti fortemente sintomatici. Sono necessari ulteriori studi per approfondire il meccanismo fisiopatologico che sottende gli altri sintomi riscontrati.

Fonte: BMC Surg. 2015;15(53)

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nodulI tIroIdeI benIgnI AblAzIone percutAneA con rAdIofrequenzA

Studio sulla qualità della vita dei pazienti

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nel 2010, l'American Association of clinical en-docrinology, l'Associazione Medici endocrinologi, e l'Associazione europea thyroid hanno pubbli-cato le linee guida per la diagnosi e la gestione terapeutica dei noduli tiroidei (Gharib H et al.J endocrinol Invest. 2010).

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Le linee guida hanno suggerito l’im-piego degli ultrasuoni (ecografia in tempo reale) durante le sedute di ablazione percutanea laser (PLA) per il trat-

tamento di noduli tiroidei (TN) solidi che causano sintomi diversi o problemi estetici in pazienti che rifiutano la chirurgia o che sono esposti a rischio chirurgico. Per quanto riguarda gli interventi che utilizza-no la radiofrequenza (RF) e, in particolare, l’ablazione percutanea con radiofrequenza (RFA), - al momento della pubblicazione delle linee guida non erano disponibili

studi prospettici randomizzati e, per questo motivo, la RFA non è stato raccomandata nella gestione ordinaria di TN benigni. Successivamente vi sono stati ampliamenti e progressi, pubblicati in letteratura, sui trattamenti per i TN solidi sintomatici sia con PLA che RFA. In proposito, una revisione sistematica del database Co-chrane, pubblicata nel giugno 2014, che ha considerato i trattamenti medici e la chirurgia mininvasiva, ha concluso che sia la RFA che la PLA sono efficaci nel ridurre il volume di TN e nel migliorare i sintomi relativi alla pressione localizzata, provocata dai TN, e i sintomi estetici che si possono verificare in questi interventi. (Bandei-

ra-Echtler E et al. Cochrane Database Syst Rev. 2014). Tuttavia, ad oggi, nessuno studio ha valutato l'impatto delle tecniche chirurgiche mininvasive, nell’ambito della chirurgia sulla salute, connessi alla qualità di vita dei pazienti con questionari HRQL già validati. (Health-Related Quality Of Life Questionnaires - Ware JE et al. J Healthc Qual. 1999).

Il presente studio è stato disegnato come indagine retrospettiva ed è stato approvato dall’ Ethical Committee of the Clinical Cancer Research Institute, presso l’IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. Obiettivo del lavoro era quello

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di esplorare i cambiamenti nei punteggi ottenuti alla somministrazione del questio-nario HRQL, che si riferisce al benessere fisico, funzionale, psicosociale ed emotivo di un individuo. Il punteggio HRQL è, notoriamente, un risultato riferito dal paziente, di solito misurato con strumenti accuratamente progettati e validati, come i questionari. Queste valutazioni sono sempre più im-portanti al momento di valutare i benefici e i rischi di nuove terapie in fase di speri-mentazione negli studi clinici. In questo studio è stato osservato l'impatto degli interventi di ablazione percutanea a radiofrequenza (RFA) sulla salute, connessi alla qualità della vita (HRQL - Short-Form (SF) -12 Health Survey) in pazienti con noduli tiroidei benigni (TN) in un follow-up di 2 anni. Quaranta pazienti (35 donne e 5 uomini, età 54,9 ± 14,3 anni) con noduli freddi tiroidei solitari o con un nodulo dominante all'interno di un gozzo multi-nodulare normofunzionante (gamma del volume da 6,5 a 90,0 ml) sono stati sottoposti a interventi percutanei RFA sul tessuto nodulare tiroideo, condotti con assistenza ecografica in tempo reale. L’energia fornita era 37.154 ± 18.092 joule (M+SD), con una potenza di uscita di 37.4 ± 8.8 watt. Due anni dopo l’intervento RFA, il volume del nodulo è sceso da 30,0 ± 18,2 ml a 7,9 ± 9,8 ml (-80,1 ± 16,1% del volume iniziale; p <.0001). Le misure dei livelli sierici del TSH, della triiodotironina libera, e dei livelli di tiroxina libera sono rimasti stabili. Il punteggio dei sintomi (dolore, fastidi nella zona dell’intervento) misurato con una scala analogica visiva (VAS - 0- a 10) è sceso da 5,6 ± 3,1 a 1,9 ± 1,3 cm (P <0,0001). Il punteggio dei sinto-mi estetici (cicatrici, arrossamenti, infiam-mazione cutanea) (VAS 0-10 cm) è sceso da 5,7 ± 3,2 cm a 1,9 ± 1,5 cm (P <0,0001). Due pazienti sono diventati positivi agli anticorpi anti-tireoglobulina. Il punteggio HRQL (SF) -12 per la componente fisica (Physical Component Summary (PCS -12 è migliorato da 50,4 ± 8,9-54,5 ± 5.3, e per la componente (MCS -12) è migliorato da 36,0 ± 13,3-50,3 ± 6,3 (p <0,0001 per entrambe e modifiche del punteggio).Questo studio, secondo gli autori, con un follow-up di 2 anni, conferma che RFA nel trattamento dei TN solidi è efficace nel ridurre il volume nodulare e i sintomi, senza causare disfunzione tiroidea o com-

plicazioni pericolose per la vita. I risultati ottenuti indicano che il raggiungimento di questi obiettivi secondari è associato ad un miglioramento del HRQL, misurato sia come PCS e MCS (Short-Form (SF) -12). Questo è il primo studio che valuta le modificazioni HRQL dopo RFA per TN solidi sintomatici. I limiti di questo studio sono l’analisi retrospettiva e il design non controllato. In buona sostanza, lo studio dimostra che la chirurgia mininvasiva di ablazione percutanea con radiofrequenza (RFA) migliora HRQL in pazienti affetti da TN sintomatici. Inoltre, in accordo con altri studi, sia i sintomi di pressione auto-riferiti e gli eventuali sintomi estetici, sono migliorati dopo RFA. La riduzione del volume dei noduli tiroidei benigni era pari all’80% dopo 2 anni, rispetto al basale. Questi risultati, inoltre, supportano l’intento primario, poiché una vasta area di tessuto tiroideo nodulare è stata distrutta in una sola seduta. E ancora, l'efficacia della RFA non era influenzata dall'età, sesso, o dal volume iniziale del nodulo. È stata anche evidenziata una correlazione positiva tra volume del nodulo iniziale e l'energia totale somministrata. È evi-dente che i noduli più grandi richiedano più energia per ottenere una completa ablazione. Il fatto che nessuno dei fattori pre-terapia fosse predittivo dell’efficacia RFA ha dimostrato che la RFA ha avuto un successo indipendentemente da età, sesso, o volume del nodulo iniziale. Va

aggiunto che è stato utilizzato midazolam per indurre la sedazione cosciente (sedazio-ne moderata), al fine di alleviare i pazienti da ansia, disagio, dolore e movimenti involontari. Degni d’interesse sono stati i risultati dei punteggi ottenuti dai questio-nari HRQL che sono risultati normali nei pazienti con TN per quanto riguarda la componente fisica, ma più bassi, rispetto a quelli della popolazione sana italiana, per quanto riguarda la componente psicologica. Comunque, i risultati indicano che sia PCS che la MCS migliorano significativamente dopo RFA. Ciò è particolarmente vero per la MCS, svelando un disagio subclinico a causa della malattia nodulare della tiroide che migliora dopo RFA.In conclusione, secondo gli autori, dopo 2 anni di follow-up questo studio con-ferma che l'ablazione percutanea con radiofrequenza dei noduli tiroidei benigni è efficace nel controllo della pressione eser-citata dai noduli, nel controllo dei problemi estetici e nella riduzione del volume nodu-lare, senza comportare alcuna disfunzione tiroidea o complicazioni pericolose per la vita. Il raggiungimento di questi obiettivi secondari è stato associato ad un miglio-ramento dei punteggi HRQL. Quindi, l’ablazione percutanea con radiofrequenza può essere considerata una valida opzione per la gestione clinica dei noduli tiroidei benigni.

Fonte: Endocr Pract. 2015;21(8):887-896.

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A = ELEVATA abbiamo molta fiducia nel fatto che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale negli esiti con-siderati. le evidenze accumulate presentano deficit scarsi o nulli. e’ nostra opinione che i dati siano stabili, ossia che un nuovo studio non porterebbe ad un cambiamen-to nelle conclusioni.

B = MODERATAsiamo moderatamente certi che la stima dell’efficacia sia vicina alla re-ale efficacia per gli esiti considerati. le evidenze accumulate presentano alcuni deficit. e’ nostra opinione che i dati siano probabilmente stabili, ma permangono alcuni dubbi.

C = BASSAla certezza del fatto che la stima dell’efficacia sia vicina alla reale efficacia per gli esiti considerati è limitata. le evidenze accumulate presentano deficit numerosi o importanti (o entrambi). e’ nostra opinione che siano necessarie ulteriori evidenze prima di poter concludere che i dati siano stabili o che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale.

D = INSUFFICIENTEnon abbiamo evidenze, non siamo in grado di stimare l’efficacia, o non abbiamo fiducia nella stima dell’ef-ficiacia per quanto riguarda l’esito considerato. non sono disponibili evidenze, oppure le evidenze accu-mulate presentano deficit inaccetta-bili, precludendo il raggiungimento di una conclusione.

Solidità delle evidenze: gradi e definizioni

Evidence Based Medicine

EBM

Cosa sono?

L’EBM, in italiano “medicina basata sulle prove di efficacia”, ha come obiettivo quel-lo di assicurare che le decisioni cliniche siano informate dai risultati della ricerca, in particolare della ricerca clinica. Tra le sue funzioni chiave c’è quella di forni-re uno strumento di lettura rispetto ai dati della ricerca e di ricondurli al singolo paziente. Per accresce-re la credibilità delle deduzio-ni di un medico – rispetto, per esempio, all’utilità di un test o all’efficacia di una terapia o per una corretta prognosi – e per trasformare tali deduzioni in nozioni condivisibili dai colleghi e dall’intera comunità scientifica, diventa imprescindibile lo sforzo di standardizzare e validare le osservazio-ni maturate nel contesto della pratica medica. E per interpretare la letteratura scientifica esistente su eziologia, diagno-si, prognosi ed efficacia delle strategie terapeutiche è necessario comprendere e condividere le regole metodologiche di base. Non tutti gli studi clinici forniscono informazioni di uguale affidabilità, quin-di nella decisione clinica le prove di effi-

cacia avranno un peso maggiore a secon-da della robustezza della fonte che le ha prodotte. La visualizzazione più efficace di questa gerarchia è quella della pirami-de delle evidenze, che posiziona al pro-

prio vertice le prove sperimentali più af-fidabili e alla base quelle aneddotiche.

Sebbene esistano diverse varianti di piramide delle evidenze, la scala ge-rarchica di ciascuna pone al primo posto le informazioni desunte da revisioni sistematiche che inclu-dono studi clinici controllati di buona qualità; all’opposto, il pa-

rere degli esperti senza supporto di studi empirici occupano l’ultima

posizione. Nelle posizioni intermedie si trovano gli studi di popolazione e gli

studi osservazionali, nei quali la relazione tra l’intervento e l’effetto (o tra l’esposizio-ne a un fattore di rischio e l’effetto) non è causale e le inferenze di associazione sono spesso esposte a errori sistematici.

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E BM

Evidence summaries15.7.2008LIVELLO EVIDENZE = A

La riparazione aperta con retini delle ernie incisionali negli adul-ti è superiore rispetto a quella suturale in termini di recidive, ma inferiore se si tiene conto delle infezioni della ferita chirurgica.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 7 studi per un totale di 1.141 soggetti. La recidiva dell’ernia era più frequente (RR 1.85, 95% CI 1.33 - 2.56; 3 studi, n=445) e l’infezione della ferita chi-rurgica meno frequente (RR 0.09, 95% CI 0.01 - 0.70, 2 studi, n=198) nel gruppo trattato con sutura diretta rispetto a quello trattato con retini sovrapposti. Ogni sei riparazioni con retino, si previe-ne un caso di recidiva rispetto alla riparazione con sutura diretta, ma si osserva soltanto un’infezione ogni 10 riparazioni con reti-no. Le differenze nelle dimensioni delle ernie negli studi conside-rati sono una fonte di eterogeneità clinica. Da cinque degli studi nella presente revisione derivano evidenze insufficienti su quale tipo di retino o posizione del suddetto (superiore o inferiore) deb-bano essere impiegati nella riparazione aperta di ernie ventrali. Inoltre sono state riscontrate evidenze insufficienti anche per suggerire l’impiego della tecnica di separazione dei componenti.

Bibliografia: den Hartog D, Dur AH, Tuinebreijer WE, Kreis RW. Open surgical procedures for incisional hernias. Cochrane Data-base Syst Rev 2008 Jul 16;(3):CD006438 [Review content assessed as up-to-date: 12 October 2010].

Procedure chirurgiche aperte per le ernie incisionali

Evidence summaries16/4/2015; ultimo cambiamento 14/10/2010LIVELLO EVIDENZE = D

La chirurgia decompressiva come trattamento addizionale ri-spetto al prednisolone orale probabilmente potrebbe non esse-re di beneficio nel trattamento del danno neurale nella lebbra, ma le evidenze in merito sono insufficienti.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 2 studi per un totale di 88 soggetti. Entrambi hanno testato la decompressio-ne chirurgica in combinazione con corticosteroidi orali rispet-to ai soli corticosteroidi orali. Gli interventi e gli esiti erano troppo eterogenei per essere combinati in una meta-analisi. Dopo due anni di monitoraggio non sussistevano differenze significative nella funzionalità neurale fra i soggetti trattati con chirurgia e prednisolone e quelli trattati con solo pred-nisolone. Gli effetti collaterali della chirurgia decompressiva non sono stati adeguatamente descritti. Commento: La qualità delle evidenze risulta ridotta per via dei risultati imprecisi (pochi pazienti ed ampi intervalli di confidenza) ed incostanti (eterogeneità in interventi ed esiti) e della qualità degli studi (più del 20% dei pazienti persi al mo-nitoraggio).

Bibliografia: Van Veen NH, Schreuders TA, Theuvenet WJ et al. Decompressive surgery for treating nerve damage in le-prosy. Cochrane Database Syst Rev 2012;12():CD006983.

Chirurgia decompressiva per trattare il danno neurale nella lebbra

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Evidence summaries2/3/2009LIVELLO EVIDENZE = D

La colecistectomia nella discinesia della colecisti sembra miglio-rare i sintomi dolorosi, ma i dati derivanti da studi effettuati in modo adeguato sono insufficienti.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 1 studio con 21 soggetti con discinesia della colecisti (diagnosticata in base ad una frazione di eiezione inferiore al 40%, età media 30,3 anni, 91% di soggetti donne). La colecistectomia a cielo aperto è stata paragonata all’osservazione. Tutti gli 11 pazienti del gruppo trat-tato con colecistectomia hanno manifestato miglioramenti dei sintomi dolorosi a fronte di un solo paziente nel gruppo di con-trollo (P = 0,0001) dopo un monitoraggio medio di 33,6 mesi (RR per mancato miglioramento dei sintomi 0.05, 95% CI 0.00 - 0.74). Dieci pazienti sono stati curati dai sintomi nel gruppo trattato chirurgicamente a fronte di nessuno nel gruppo di controllo (P = 0.0001; RR per mancata cura dei sintomi 0.13, 95% CI 0.03 - 0.59). Non è stata riscontrata mortalità in nessuno dei due gruppi. La morbidità correlata alla procedura non è stata riportata.Commento: La qualità delle evidenze risulta ridotta per via del-la qualità dello studio (mancato design in cieco ed illustrazione selettiva degli esiti; la morbidità correlata alla procedura non è stata riportata), per via dei potenziali errori nell’illustrazione dei risultati, e per via dei risultati imprecisi (pochi pazienti).

Bibliografia: Gurusamy KS, Junnarkar S, Farouk M, Davidson BR. Cholecystectomy for suspected gallbladder dyskinesia. Co-chrane Database Syst Rev 2009 Jan 21;(1):CD007086.

Colecistectomia per sospetta discinesia della colecisti

Evidence summaries17.9.2008LIVELLO EVIDENZE = A

La linfadenectomia non sembra ridurre il rischio di mortalità o recidiva della malattia rispetto alla mancata linfadenecto-mia nelle donne con tumore endometriale al presunto stadio I.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 2 studi per un totale di 1.945 donne con carcinoma endometriale per lo più allo stadio I. Non sono state riscontrate differenze signi-ficative in 3-4 anni di monitoraggio fra le donne che hanno ricevuto linfadenectomia e quelle che non l’hanno ricevuta in termini di sopravvivenza complessiva e libera da recidive (HR complessivo rispettivamente 1.07, 95% CI 0.81 - 1.43 ed HR 1.23, 95% CI 0.96 - 1.58 2 studi, n=1851). Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative nel rischio di morbi-dità chirurgica diretta fra i due gruppi, ma il rischio di effetti collaterali era significativamente più elevato nelle donne che hanno ricevuto linfadenectomia (formazione di linfedema e linfocisti RR 8.39, 95% CI 4.06 - 17.33; n=1922). Nessuno dei due studi ha riportato la qualità della vita dei pazienti.Commento: La qualità delle evidenze risulta ridotta per via dei risultati indiretti (monitoraggio breve).

Bibliografia: May K, Bryant A, Dickinson HO, Kehoe S, Morri-son J. Lymphadenectomy for the management of endometrial cancer. Cochrane Database Syst Rev 2010 Jan 20;(1):CD007585.

Linfadenectomia per la gestione dei tumori endometriali

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