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Briciole

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  • Briciole

  • BULLO MACIGNOMaria Luisa Sgobba

    illustrazioni di Chiara Gobbo

    © 2014 ProgeditPrima edizione dicembre 2014

    Prima ristampa marzo 2015Seconda ristampa ottobre 2015

    Progedit – Progetti editoriali srl Via De Cesare 15 – 70122 Bari

    Tel. 0805230627Fax 0805237648

    www.progedit.come-mail: [email protected]

    www.facebook.com/ProgeditEditore

    ISBN 978-88-6194-232-5

    Proprietà letterariaProgedit – Progetti editoriali srl, Bari

    Finito di stampare nell’ottobre 2015presso Arti Grafiche Favia srl, Modugno (Bari)

    per conto dellaProgedit – Progetti editoriali srl

  • BULLO MACIGNOMaria Luisa Sgobba

    illustrazioni di Chiara Gobbo

    Progedit

  • INTRODUZIONE di don Claudio Burgio

    Da sempre la filastrocca fa parte della cultura di tutti i popoli. È la prima forma poetica che abbiamo imparato da piccoli e che non abbiamo più dimenticato.Con il suo linguaggio immaginario e fantastico, con il suo ritmo rapido e cadenzato e con le sue agili rime e assonanze, la filastrocca diverte, facilita la scoperta, gioca con i suoni. E parla. Arriva a tutti, piccoli e grandi.È proprio con la curiosità del bambino e con l’interesse pensieroso dell’adulto che mi sono addentrato nella lettura di Bullo Macigno. È la storia della sofferta solitudine di un «bullo» e del suo stesso prorompente desiderio di comunicare. È stato come ritrovare di colpo, attraverso il suono delle parole e la magia narrativa, il volto di tanti ragazzi incontrati in questi anni nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano.Sono bulli, come «quel colosso venuto su prepotente a più non posso», ma anche fragili, nella loro nascosta solitudine e disperazione. Per entrare in dia-logo con loro, occorre «trovare le parole»; ma non c’è vera comunicazione senza comunione. «Compagnia, armonia, coraggio»: tutte parole importanti perché nasca un rapporto educativo. Nulla è, però, efficace senza il «sorriso», senza quell’atto di accoglienza e comunione che precede ogni discorso.Ringrazio Maria Luisa Sgobba per il dono di questa sua filastrocca, dedicata ai bambini ma, certamente, destinata agli adulti e a tutti quelli che non si sottraggono all’impegno e alla gioia dell’educare.

  • Bullo Macigno, q

    uando venne al

    mondo,

    dalla cima del vu

    lcano più profo

    ndo

    schizzò tra le braccia

    di Mamma Cisterna

    che lo aspettava in u

    na caverna.

    Niente di strano che dall’alto

    caschi,

    suo padre non è forse Monte

    dei Maschi?

  • Cisterna, che lo mostrò all’universo,millesettecento alberi del bosco

    aveva spogliato senza indugioper fargli un comodo rifugio:volle una culla di foglie di castagni

    dove Bullo facesse i più bei sogni.

  • I bimbi del villaggio restarono stupitidavanti a quei rami rinsecchiti,

    nessuno spiegò loro il perchéla ragione la capirono da sé.Salir sugli alberi, certo il miglior gioco,smisero di farlo e non per poco.

  • Le loro mamme vedevano impegnatea far per Bullo coperte ricamatecon gomitoli di lana grossa e tondalavorati in otto mesi a notte fonda.

    Una matassa occupò una stanza intera,saltarci su era il trastullo della sera.

  • “Questo bambino distruggerà ogni cosa”disse allora delle mamme la più ansiosa.Torto non aveva pensando al giganteche si avvicinava col passo pesante:“Schiaccerà i nostri figli con paffute gambettedue metri di passo sulle nostre casette”.

  • Bullo non prometteva nulla di buono,

    anche la sua voce non aveva un bel suono.

    Mamma Cisterna e il suo Monte papà

    lo lasciavano strillare senza alcuna pietà.

    Il loro motto era: “Impara a comandare!”

    L’enorme bambino non si faceva pregare.

  • Batteva i piedi senza alcun rispetto,

    nel villaggio tremava ogni tetto.

    Furono i bimbi allora a battezzarlo

    “Bullo Macigno”, che nome bizzarro!

    Ma calzava a pennello a quel colosso

    venuto su prepotente a più non posso.