Breve Storia Del Caucaso

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BREVE STORIA DEL CAUCASO

Piccola nota sulle definizioni storico-geografiche:

Caucasia: insieme dei territori compresi tra il Mar Nero e il Mar Caspio.

Definizioni che riflettono un punto di vista russocentico:

Ciscaucasia : Caucaso settentrionale

Transcaucasia: Caucaso meridionale / Subcaucasia

Profilo geografico

Confini naturali, rappresentati da due catene montuose, racchiudono la regione caucasica:

1. Grande Caucaso, a nord. Catena costituita da una serie di dorsali parallele. La cima più alta è il monte El’brus.

Segna il confine geografico tra Europa e Asia. La via più adoperata per attraversare la catena è stata per milleni il Dar’jal (dal persiano Dar-e Alan). L’attraversamento è stato reso agevole solo agli inizi del XIX secolo grazie alla costruzione della Strada Militare Georgiana voluta dai Russi.

2. Piccolo Caucaso, a sud. Il monte Ararat è la vetta più alta.

Tra le due catene montuose si estende un territorio attraversato da grandi fiumi e per conformazione adatto all’insediamento umano. La regione occidentale, affacciata sul Mar Nero è la più fertile.

Popoli e lingue

La complessità etnolinguistica di questa regione è già attestata da Erodoto, Strabone e dai geografi arabi così come la varietà di usi e costumi. Tutto questo è legato alla particolarità geografica della regione che ha favorito l’isolamento delle varie comunità.

Le lingue parlate in Caucasia sono suddivise in tre grandi famiglie:

1. Caucasica → secondo i linguisti questi popoli possono essere considerati indigeni e farebbero parte dello stesso sostrato preindeuropeo dei Baschi.

Un’ulteriore suddivisione classifica queste lingue in meridionali, nordoccidentali (Circassi, Adighi) e nordorientali ( Ceceni e Ingusci)

2. Indoeuropea

3. Uralo-altaica

A nordovest:

Lingua caucasica occidentale e nordorientale, turco (presso i Karaĉai), lingu iranica (Osseti).

Caucaso meridionale:

Georgiani, che parlano lingue del gruppo caucasico; Armeni (lingua indeuropea); Azeri, turcofoni. Sono presenti anche altre comunità di lingua iranica (Curdi).

Con la dissoluzione dell’URSS è diminuita la presenza russa.

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Religioni

Il Caucaso settentrionale è prevalentemente sunnita, esclusi Russi e Osseti che abbracciano il credo della Chiesa ortodossa.

Nel Caucaso meridionale prevale il Cristianesimo. La religione è un fondamentale fattore identitario, specialmente in Armenia (chiesa Apostolica). Gli Azeri sono musulmani, prevalentemente sciiti.

IL CAUCASO NELL’ANTICHITÀ – CAP 2

Territori a Nord

Secondo le fonti assire e greche una delle prime popolazioni che abitò queste terre furono i Cimmeri. Tra l’VIII e il VII sec questi penetrarono in Subcaucasia e in Anatolia.

Successivamente arrivarono gli Sciti, i Sarmati e infine gli Alani (nomadi di lingua persiana) nel I sec. a.CLa continua penetrazione non ha permesso agli abitanti indigeni di insediarsi stabilmente nelle regioni pedemontane e di espandersi verso le terre più fertili.Meoti → tra VII sec a. C e III sec d. C questo insieme di popolazioni affini si stabilì nei territori compresi tra il Mar d’Azov e le pendici del Caucaso settentrionale. Oltre che essere dediti all’agricoltura, possedevano una forte élite militarizzata, spesso occupata in opere di conquista.

Subcaucasia

La regione risentì notevolmente della vicinanza delle civiltà del Vicino Oriente antico. Aveva rapporti stabili sia con la Mesopotamia, che con l’Anatolia. HURRITI Tra III e II secolo occuperanno la regione compresa tra la Mesopotamia superiore e la riva occidentale dell’Eufrate. La loro origine è incerta, ma secondo alcune ipotesi avanzate dai linguisti proverebbero dal Caucaso nordorientale. INDEOUROPERI – HITTITI dalla metà del III secolo.

Difficoltà nel comprendere i fenomeni etnoculturali a causa della mancanza di fonti scritte. Le prime testimonianze sono le tavolette hittite (qui compare le denominazione Hayasa riferita ad un territorio. Potrebbe essere ricondotto al nome Haik con cui gli Armeni definivano loro stessi).Le prime attestazioni relativamente attendibili sono quelle degli Assiri, che si insediarono a sudovest dopo il crollo del regno hittita (1190 a.C). tra le popolazioni conosciute spicca il nome dei Daini che resistettero a lungo agli Assiri prima di divenire loro vassalli. Contemporanei a loro (XII sec a.C) furono alcune popolazioni proto georgiane che crearono una confederazione tribale, la Kolkha (Colchide dei Greci).La regione si sviluppò grazie all’estrazione e al commercio del ferro.

Regno urartreo → dal X sec confederazioni tribali probabilmente di popolazioni hurrite si unirono in questo regno che occupava i territori della successiva Armenia. Riuscirono più volte a contrastare gli Assiri e superarono i violenti attacchi dei Cimmeri. Non furono però in grado di resistere all’avanzata degli Sciti e dei Medi. Probabilmente fu circa in questo periodo che giunsero nella regione gli Armeni indeuropei i quali lentamente cominciarono a fondersi con le popolazioni locali.

Le popolazioni della regione sub caucasica si sono trovate per molti secoli sotto l ‘influenza di due potenti mondi: da una parte quello greco, dall’altra quello iranico. Soprattutto quest’ultimo ha esercitato un influsso notevole nella regione, eccetto per la Colchide, regione più esposta all’influsso greco soprattutto grazie alla fondazione di colonie greche. (nota: mito greco del Vello d’oro secondo cui Giasone a gli Argonauti raggiunsero la Colchide e parallelo tra Prometeo e Amirani, della mitologia caucasica)

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I Medi (VII sec) e i Persiani furono i primi a stabilire il controllo sulla Subcaucasia in un momento fondamentale per i popoli della regione. Risale a questo periodo la prima attestazione della presenza armena, mentre altre popolazioni dell’Anatolia settentrionale diedero vita al popolo georgiano. Per quanto riguarda gli Albani, essi vengono citati per la prima volta negli scritti di Arriano per aver preso parte alla battaglia di Gaugamela. La sconfitta inflitta a Dario da Alessandro permise la diffusione della cultura greca nella Subcaucasia. Le due culture divennero un elemento presente nella regione; della cultura iranica si imitarono abiti e usi della nobiltà e si appresero le tecniche militari mentre si coniavano monete con iscrizioni greche e si costruivano palazzi ed altri edifici di stile ellenico.

Importante fu l’apertura della Subcaucasia al commercio e la conseguente circolazione monetaria. Le rotte commerciali con l’India passavano attraverso la piana dell’Ararat e i porti sulla costa del Mar Nero. Sorsero quindi città e centri importanti lungo questa via come Artassata e Phasis.Presumibilmente, alla morte di Alessandro, i sovrani armeni e georgiani divennero vassalli della dinastia seleucide, ma sfruttarono l’avanzata romana a spese dei Seleucidi per divenire indipendenti. Anche gli Albani, nel I sec, riuscirono a sganciarsi dall’influsso macedone e in seguito a un processo lento di unificazione costituirono il loro regno.

Il Caucaso meridionale, dal I sec a.C, suscitò l’interesse dei Romani i quali non sottomisero mai la regione ma diedero vita a intensi rapporti con il regno d’Armenia. In questo periodo l’Armenia, unificata dalla dinastia artasside nel II sec a.C, conobbe un forte sviluppo politico e, sotto il regno di Tigrane il Grande, la massima espansione territoriale. Grazie all’indebolimento del regno partico Tigrane riuscì ad espandere i propri territori ma fu poi costretto a cedere quelli conquistati a occidente a Roma.L’impero partico (nato intorno al 247 a.C ) si rivelò un grande nemico per i Romani. Lo scontro tra le due potenze coinvolse anche la Subcaucasia i cui regni si ritrovarono per lungo tempo succubi di una o dell’altra potenza. Questi regni intrecciavano continuamente alleanze con uno o l’altro: Iberi (Georgiani) e Armeni erano filo romani mentre gli Albani erano di norma alleati dei Parti. La presenza romana nella regione caucasica aveva come scopo principale quello di smorzare l’influenza dei Parti, soprattutto in Armenia, e non tanto di conquistare nuove regioni. Inoltre Roma puntava a evitare le invasioni dei nomadi provenienti dalle steppe a nord o a indirizzarle verso il regno nemico. Per questo motivo l’alleanza con gli Iberi, che controllavano il principale valico caucasico, era fondamentale.

63 d.C → pace di Rhandea, in seguito al declino della dinastia artasside, fece giungere ad un compromesso Romani e Parti: presenza di un re appartenente ad un ramo cadetto della dinastia arsacide, ma trasformazione della regione in protettorato romano. Successivamente diminuì l’influenza romana mentre aumentò quella iranica quando anche l’Albania el’ Iberia si trovarono ad essere governate da un membro della dinastia arsacide. L’influenza iranica è stata particolarmente forte soprattutto in Armenia al punto che per molti anni l’armeno è stata considerato una lingua iranica. In quest’epoca si definì nella Subcaucasia una precisa struttura sociale, sul modello di quella iranica dove le città avevano un ruolo limitato. Lo stesso sovrano preferiva risiedere nelle riserve di caccia o negli accampamenti. Questa società aveva una struttura clanico-tribale e i regni caucasici erano uniti in una sorta di federazioni di principi dinastici, presiedute da un sovrano. L’influsso iranico sulla regione si avvertì anche sulla religione dove andò a integrarsi con antichi culti locali. Questa influenza fu avvertita in particolar modo in Armenia e Albania, molto meno in Georgia.

CAUCASO DEL NORD

Parziale integrazione degli elementi nomadi di origine iranica con le popolazioni sedentarie indigene, come per esempio i Meoti i quali accorparono aspetti culturali e militari sarmati e anche delle tribù centrali e orientali del Caucaso.

Alcune tribù nomadi furono sconfitte da nuovi clan e quindi costrette alla sedentarizzazione nelle regioni montane e pedemontane. Questo processo ha interessato soprattutto la regione centrale, dove in seguito si sono insediate popolazioni iranofone i cui discendenti sono i moderni Osseti.

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Di estrema importanza fu anche l’influsso esercitato dalla presenza greca. La colonizzazione fu avviata nel corso del VI sec a.C e le colonie greche furono concentrate soprattutto nel Bosforo Cimmerio, sul mar Nero. Dal 480 tali colonie si unirono in un regno, che esercitò un’incredibile influenza su molte delle popolazioni del Caucaso settentrionale. A giovarne furono soprattutto i Sindi che riuscirono a creare un’entità politica sufficientemente forte nel V sec.

La storia delle popolazioni del Caucaso settentrionale è perlopiù oscura. Bisognerà aspettare l’inizio dell’era cristiana perché inizino a comparire descrizioni abbastanza dettagliate in autori quali Strabone e Plinio il Vecchio. In epoca romana le popolazioni del Caucaso settentrionale intervenirono nelle guerre tra Parti e Romani facendosi così coinvolgere nelle dinamiche politiche del Vicino Oriente.

IL MEDIOEVO CAUCASICO – CAP 3Nel 224 in Persia la dinastia Arsacide viene detronizzata dai Sasanidi; questa nuova situazione scatena successivamente una forte reazione dei popoli della subcaucasia contro il dominio iranico. I Sasanidi, considerandosi i continuatori della dinastia achemenide, consideravano parte integrante del loro regno i territori sub caucasici e per il loro controllo furono costantemente in lotta con Roma (pace di Nibisi solo alla fine del III secolo).

Conversione al Cristianesimo Sotto il doppio influsso di greci e siriaci la regione, dall’inizio del IV secolo, si convertì al Cristianesimo. I primi a farlo furono gli Armeni, probabilmente nel 314 anche se la tradizione anticipa la conversione al 301. Nota:Tale scelta può essere considerata a posteriori come:

1. la volontà di contrapporsi ad un “Oriente” prima iranico, poi arabo e musulmano;

2. la reazione alla crescente autorità culturale e politica dei Sasanidi, i quali elevarono lo zoroastrismo a propria religione di stato, rendendola tendente all’esclusivismo e all’espansionismo.

I Sasanidi lessero l’avvicinamento al Cristianesimo in chiave politica e la questione religiosa divenne un elemento fondamentale della rivalità tra Impero romano (poi bizantino) e quello sasanide.

Il caso dell’Armenia Tra il 384 e il 389 l’Armenia fu divisa tra l’Impero romano, che abolì il potere regale, e quello sasanide. La parte persiana se inizialmente era riuscita a mantenere sul trono il re arsacide, successivamente divenne una provincia dell’impero sasanide, di norma amministrata da un governatore di origine armena. L’invenzione di un alfabeto nazionale agli inizi del V secolo contribuì alla fioritura culturale. Inoltre l’autonomia culturale e religiosa si dimostrò fondamentale dopo la soppressione del regno, quando i Sasanidi imposero la religione mazdeista. Questo provocò una serie di ribellioni che contribuirono alla formazione di una identità nazionale strettamente collegata al cristianesimo. Nonostante questo l’influsso iranico restò forte per secoli.

Il caso della Georgia Un’evoluzione simile a quella armena interessò anche la Georgia che subì la divisione tra i due grandi imperi. Il regno di Iberia, alla fine del IV secolo, cominciò ad avvertire l’influsso prepotente dei Sasanidi ma si ribellò alleandosi con Armeni e Bizantini. È importante sottolineare che in questo periodo non esistevano ancore le differenze teologiche che nei secoli successivi mutarono i rapporti tra questi paesi.I Sasanidi riuscirono a sopprimere il regno di Iberia nel 580 grazie anche al consenso della nobiltà locale. Venne però ristabilita dai Bizantini, che scacciarono i Persiani grazie all’aiuto dei Khazari.

Il caso dell’AlbaniaEra organizzata religiosamente intorno al proprio Kathoghikos e, dal V secolo, si dotò di un proprio alfabeto. Tuttavia non è certa l’esistenza di una propria letteratura autonoma.

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Se dal punto di vista religioso e culturale l’Albania subiva l’influsso armeno, dal punto di vista politico entrò nell’orbita iranica per il controllo strategico sulla fascia costiera del Caspio. Nel V secolo l’Albania si unì all’Armenia nella lotta contro i Sasanidi in seguito all’imposizione del mazdeismo. Successivamente il regno si piegò completamente all’autorità iranica e fu imposta una casata di origine iranica a governare la regione.

Il rapporto con Costantinopoli e la questione teologicaLe controversie religiose dell’epoca cominciarono a influire notevolmente nel discorso politico, allontanando i popoli cristiani della Subcaucasia da Costantinopoli.La chiesa armena, seguita da quella albana, rigettò le posizioni cristologiche del Concilio di Calcedonia e professò il “monofismo”nominale. La chiesa georgiana invece rimase legata a quella di Costantinopoli.

Nonostante le controversie teologiche, la religione divenne l’elemento in cui si riconoscevano i tre popoli della Subcaucasia, uniti contro il comune nemico. (Parallelo con l’Europa medievale: potere regale debole, nobiltà numerosa e stratificata, limitato sviluppo delle città, identità nella fede cristiana, grande creatività culturale, religiosa e artistica).

Il caso del Caucaso settentrionaleLa regione vide la penetrazione di popolazioni di lingua uralo-altaica che permise solo una parziale diffusione del cristianesimo. I primi giunti in questi territori furono, nel 370, gli Unni. Nel V secolo gli Alani crearono una formazione politica relativamente stabile in cui convivevano con popolazioni indigene.Anche il Caucaso settentrionale divenne oggetto di disputa per l’impero bizantino e quello sasanide tanto che la parte occidentale subì la sovranità bizantina mentre nella parte orientale i Sasanidi, tra VI e VII secolo, insediarono coloni iranici e costruirono la fortezza di Derbent per frenare le incursioni dei nomadi del Nord. Inoltre il quadro è notevolmente mutato in seguito all’arrivo delle popolazioni turche, che intervennero nelle lotte contro persiani e bizantini. Tra queste popolazioni spiccano soprattutto i Khazari, che crearono un potente khanato nella regione compresa tra il Caucaso settentrionale e il Mar Caspio a metà del VII secolo. I khazari divennero molto potenti e grazie alle fonti armene e georgiane sappiamo che compirono numerose incursioni in subcaucasia. L’importanza di questa popolazione sta anche nel fatto che per secoli riuscirono a tamponare l’espansione araba e musulmana verso nord.

Dal punto di vista religioso i popoli del Caucaso settentrionale rimasero legati ai culti politeisti.

La conquista arabaLa contesa tra Bizantini e Persian terminò nella seconda metà del VII secolo con la conquista araba. La Subcaucasia venne conquistata e la provincia venne denominata Arminiya. Resistettero i Khazari al nord le cui frange più nobili della popolazione si convertirono all’ebraismo, rispondendo quindi alla volontà di essere indipendenti sia rispetto il Califfato che all’impero bizantino cristiano.

NOTA: Il Caucaso rappresenta il limite settentrionale dell’espansione araba oltre cui non avanzarono. Mentre Armeni e Georgiani riuscirono a conservare la propria unità religiosa, gli Albani subirono un processo di islamizzazione. La causa maggiore di questo processo è stata individuata nell’assenza di una forte identità etnica e culturale.

In ArmeniaIntorno al 660 venne completata la sottomissione dell’Armenia, che può essere spiegata sia con la forza militare degli arabi, sia con l’avversione per la prepotenza politica e religiosa dei Bizantini i quali volevano imporre la formulazione cristologica di Calcedonia alla chiesa armena. La dominazione araba contribuì a rendere più unita l’Armenia e favorì anche la ripresa economica e culturale (es sviluppo architettonico).

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La situazione mutò nel corso dell’VIII secolo quando il popolo armeno, a cui si unirono Georgiani e Albani, cominciarono a muovere attacchi di ribellione contro gli arabi, che avevano reso più rigido il sistema fiscale e il controllo religioso. La repressione portò alla decimazione della nobiltà armena, al cui interno il ruolo dominante venne assunto dalla famiglia dei Bagratidi. Di questa famiglia faceva parte Ashot I, il quale divenne re d’Armenia nell’884 con il riconoscimento degli Arabi e dei Bizantini.

In GeorgiaMentre la città di Tiblisi divenne la sede di un emirato arabo, le zone montagnose riuscirono a mantenersi in una certa misura autonome. Anche i Georgiani si ribellarono al potere arabo subendo, soprattutto nel corso dell’VIII secolo, dure sconfitte. Tuttavia nalla Kartli un ramo della famiglia dei Bagrationi riuscì a rafforzare il proprio potere anche grazie all’appoggio del califfo concesso per limitare la crescente autonomia dell’emirato.

La conquista araba causò l’indebolimento dell’elemento cristiano nella regione e favorì la formazione di una ricca rete urbana che incrementò la partecipazione di questi regni nel commercio tra Europa e Asia.

Apogeo e declino della “Caucasia cristiana”ArmeniaCon epoca bagratide si definisce il periodo successivo alla liberazione del mondo arabo in Armenia e in Georgia. In Armenia questo periodo, dal punto di vista politico, fu caratterizzato da una sostanziale fragilità causata soprattutto dalla nobiltà che contrastava il re, considerato un primus inter pares. Inoltre era pericolosa la presenza araba, che aveva costituito una serie di emirati, e l’impero bizantino che considerava l’Armenia un territorio da recuperare. La fragilità crebbe quando i Bagratidi decisero di frammentare il paese in piccoli regni affidati a rami cadetti della famiglia. Questi regni ebbero vita breve perché una grande parte di essi venne conquistata da Bisanzio. L’avanzata bizantina venne però fermata dai Selgiuchidi che li sconfissero nel 1071 nella battaglia d Manzicerta.

Tuttavia l’Armenia bagratide conobbe dal punto di vista economico, culturale e artistico un periodo favorevole. L’economia fu favorita dall’accrescimento delle città, molte delle quali divennero centri importanti per il commerci internazionale tra Europa e Asia. Dal punto di vista culturale e artistico questofu un grande periodo di splendore soprattutto perl’architettura, l’arte sacra, la letteratura e la miniatura. Tale periodo è considerato il culmine della cultura armena a causa della successiva crisi politica che non sostenne un ulteriore sviluppo.

AlbaniaTra il X e XI secolo l’Albania subì l’arresto della definizione politica, culturale ed etnico (che non si era mai potuto realizzare completamente), a causa dell’affermarsi di nuovi principati musulmani, tra cui si ricorda quello degli Shaddadidi di Ganja, nella parte orientale della Subcaucasia. Dall’XI secolo il patriarcato albano venne armenizzato.

GeorgiaInizialmente vassalli dei Bizantini e degli Arabi, i Bagratidi riuscirono a riunificare il regno georgiano-orientale di Kartli con quello georgiano-occidentale di Abkhazia nel 1008. Il paese prese la denominazione di Sakartvelo, vale a dire “paese dei Kartveli”. La Georgia riunita riuscì a resistere alle pressioni dei Bizantini prima e dei Selgiuchidi poi. La ragione del successo si può spiegare con l’accortezza dei sovrani che seppero limitare il potere delle casate principesche evitando così l’indebolimento che aveva causato la fragilità dell’Armenia.

I SelgiuchidiQuesti turchi islamizzati cominciarono a penetrare nel Caucaso intorno al 1020, contribuendo a soffocare i piccoli regni armeni e sconfiggendo nella battaglia di Manzicerta i Bizantini. Conseguenze derivanti dalla penetrazione selgiuchide:

enormi danni all’agricoltura della regione con gravi conseguenze sull’economia,

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islamizzazione della parte orientale della Subcaucasia in seguito al loro insediamento;

turchizzazione linguistica nell’area da loro occupata;

accentuarsi del processo di emigrazione degli Armeni, i quali avevano perso l’indipendenza politica e avevano subito l’insediamento delle popolazioni nomadi. Gli emigranti si insediarono nell’Alta Mesopotamia e in Cilicia. La maggior parte dei territori armeni divenne possedimento georgiano.L’Armenia venne conquistata dai Mongoli dopo il 1220: prospettive di rinascita politica vennero subito messe a tacere. Una nuova invasione, guidata a più riprese da Tamerlano (la prima nel 1386), e le successive dei altre popolazioni turche quali i Kara Koyunlu e gli Ak Koyunlu, piegarono definitivamente l’Armenia. Questi ultimi infatti annientarono la nobiltà della subcaucasia e la popolazione sottomessa ai signori musulmani visse in condizione di sudditi discriminati e soggiogati.

I territori dell’odierno Azerbaigian, tra XI e XIII secolo acquistarono notevole importanza nello scenario politico e culturale islamico.

A differenza dell’Armenia, la Georgia continuò a rafforzarsi e divenne il caposaldo della Caucasia cristiana. Il popolo georgiano, sotto il regno di David il Ricostruttore, riuscì a soffocare la presenza selgiuchide e a impadronirsi di territori strappati all’Armenia e all’Albania. Nel 1122 venne riconquistata Tiblisi e resa la capitale del nuovo vasto regno. L’epoca d’oro della Georgia terminò con l’arrivo dei Mongoli, i quali la devastarono e sottomisero. Il loro arrivo indebolì il paese perché favorirono le forze separatiste interne al paese e, dopo essersi convertiti all’Islam, iniziarono a perseguitare i cristiani. In seguito alle invasioni di Tamerlano il regno di Georgia tornò a dividersi in piccoli staterelli guidati dagli esponenti della famiglia bagratide.

Il Caucaso settentrionale nei secoli X-XVA partire dal X secolo in khanato khazaro cominciò a indebolirsi notevolmente, ma fu nel 965 che Svjatoslav, sovrano del primo stato russo, pose fine al loro regno. Di questo fatto ne approfittarono in particolar modo gli Alani, i quali costituirono una compagine statale prevalentemente cristiana che acquistò notevole rilevanza politica tra X e XI secolo. In questo stesso periodo nacque il principato di Tmutarakan’ nel Caucaso nordoccidentale che acquistò un ruolo rilevante per due ragioni:

1. fungeva da collegamento con la Russia e Bisanzio;

2. contribuì alla diffusione del cristianesimo nella regione. A metà dell’XI secolo la tribù turca dei Kipchaki pose fine al loro regno. Il consolidamento politico e culturale del Caucaso settentrionale venne interrotto violentemente dalla conquista e devastazione mongola. Essi fecero la loro comparsa in questa regione nel 1223 e nonostante la lunga resistenza dei popoli caucasici, i Mongoli riuscirono a sottrarre le regioni più fertili spingendoli sulle montagne. Gli Alani persero l’antica potenza, ma una piccola parte che riuscì a sopravvivere si rifugiò nelle valli più interne del Caucaso centrosettentrionale. Da questi discendono gli attuali Osseti. Una parte dei territori liberati dagli Alani venne occupata dai Circassi, diventati noti in seguito con il nome Cabardini.

La pax mongolica ebbe alcune ricadute notevoli soprattutto a causa dell’insediamento di colone genovesi sulle coste orientali del Mar Nero. I genovesi commerciavano soprattutto in schiavi, venduti nel Vicino Europa e nel Mediterraneo. Molti di questi erano di origine caucasica e soprattutto circassa.La presenza genovese cominciò a diminuire quando cominciò a crescere l’influnza ottomana all’interno del Mar Nero.

NELLA MORSA DEGLI IMPERI – CAP 4Tra Ottomani e PersianiNel XVI secolo il Caucaso (sia Subcaucasia che Caucaso settentrionale), fu l’oggetto conteso tra due grandi imperi musulmani: quello turco ottomano e quello persiano safavide. La Mesopotamia e il Caucaso divennero il luogo di scontro tra le due potenze e frequenti furono i passaggi di mano dei piccoli territori conquistati. 1555 → trattato di pace di Amasia:

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Impero ottomano: Georgia occidentale e gran parte dell’ArmeniaImpero safavide: parte orientale della Subcaucasia.In seguito alla riapertura degli scontri venne firmata una seconda pace nel 1590, nettamente favorevole agli Ottomani che guadagnarono quasi tutta la regione.

Shah Abbas il Grande, qualche anno più tardi, riuscì a conquistare i territori perduti e successivamente ordinò una grande deportazione di Armeni e Georgiani i quali costituirono la fiorente comunità di Nuova Giulfa alle porte di Esfahan. La guerra tra le due potenze continuò fino al 1639, data in cui venne stipulata una nuova trattativa di pace, simile nelle condizioni a quella di Amasia del 1555. I continui scontri tra Safavidi e Ottomani piegarono l’Armenia in cui crebbe però l’insediamento di etnie musulmane, specialmente nomadi. Resistettero due distretti montuosi, Siunikh e Artsakh, la cui popolazione era prevalentemente. Nell’Armenia orientale controllata dai Persiani resistette anche il Kathoghikos.A differenzaa dell’Armenia la Georgia subì danni minori, grazie soprattutto alla posizione più riparata. Tuttavia subì le incursioni dei montanari provenienti dal Caucaso settentrionale e in questi secoli si accentuò il processo di frantumazione in piccoli regni. I Georgiani tentarono a più riprese di organizzare la resistenza, senza mai riuscirci. Così come avevano fatto gli Armeni, cercarono di ottenere l’aiuto dell’Europa cristiana contro i musulmani. I tentativi armeni e georgiani non ebbero mai esiti positivi sia perché ormai era sbiadita l’idea di crociata, sia perché l’intervento europeo nel Caucaso risultava difficile e costoso. Nel corso del XVII secolo la Georgia attraversò uno dei periodi più bui della sua storia: invasioni musulmane, instabilità nobiliare e l’insicurezza politica determinarono una crisi demografica ed economica.

La parte orientale della Subcaucasia, nonostante fosse ormai islamizzata e turcofona, ruotò nel corso di tutto il conflitto nell’orbita persiana e dopo una prima resistenza, si convertì alla corrente sciita. La regione era suddivisa in gruppi differenziati su base etnica ( Turchi, Curdi, Turcomanni, Armeni..) e socioeconomica (vita urbana ≠ vita nomade).

Nel Caucaso settentrionale la popolazione più numerosa era quella dei Circassi. Tra questi, si rafforzarono in questo periodo i Cabardini nella parte più orientale della regione. Una parte di questi era cristiana, una minoranza islamica e una terza era rimasta fedele alla religione tradizionale. La loro struttura sociale era caratterizzata una nobiltà numerosa e stratificata, nonché da un sistema di fortezze difensive. In seguito al tentativo di unificare la regione nordoccidentale, nella seconda metà del XVI secolo si crearono due distinte formazioni, la Grande e la Piccola Cabarda.

Gli Osseti mantennero una struttura “feudale” simile a quella cabardina e credenze religiose ricche di elementi cristiani. In questo periodo continuarono la parziale migrazione in Georgia.

Nel Daghestan, subito dopo l’invasione mongola, si formarono strutture politiche abbastanza evolute sviluppate intorno ai capi tribali, noti come Shamkal. Si ricorda lo shamkalato dei Cumucchi, di origine turca, perché era lo stato più organizzato della Caucasia settentrionale in cui grande importanza aveva l’islam. Elemento comune delle popolazioni del Caucaso settentrionale era la consuetudine, adat, che conferiva grande importanza all’ospitalità, al valore militare, all’onore individuale e familiare. L’economia era basata sull’agricoltura e l’allevamento.

Nonostante gli sforzi dei Persiani ( in particolar modo di shah Ismail che riuscì a occupare Derbent), la regione rimase sempre sotto l’influsso degli Ottomani ed è per questo che nel Caucaso settentrionale si è diffuso l’islam nella variante sunnita.

L’espansione della Russia

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La Russia entrò in contatto con il Caucaso dopo aver conquistato il khanato di Kazan e di Astrachan, risolvendo quindi la contesa con i Tatari. Per la Russia il controllo di questa regione risultava fondamentale per potersi inserire nel commercio con l’Oriente, in particolar modo con la Persia. Per poter penetrare all’interno del paese, i Russi scelsero una politica di cooptazione delle élite locali. Tale politica non potò ai risultati sperati perchè le famiglie cooptate invece di diventare i mediatori tra le due parti, cessarono di avere rapporti con i propri connazionali. Inoltre differenti erano le mentalità politica, legate alla diversa struttura politico-ideologica dello stato russo rispetto le tribù caucasiche. La penetrazione russa fu fermata dall’Impero ottomano e dai Tatari di Crimea che rivendicarono la sovranità sulla Cabarda e soffocarono la presenza filorussa.Si andarono rafforzando i rapporti con la Georgia ortodossa, che già in passato aveva chiesto aiuto alla Russia per contrastare la minaccia musulmana. Tra la fine del XVII secolo e agli inizi del secolo successivo, i Georgiani, e in seguito anche gli Armeni, mandarono proprie missini per chiedere la protezione russa. Soprattutto gli Armeni ottennero importanti privilegi commerciali e divennero un canale di penetrazione per la Russia. L’elemento religioso risultò uno strumento fondamentale in quanto fondato sul desiderio dei popoli caucasici di sbarazzarsi della minaccia musulmana. I sovrani russi, tra cui si ricorda Pietro il Grande, adoperarono questo strumento per tentare di espandersi verso Oriente, in modo tale da permettere al paese di ampliare il proprio commercio.

1722 → i Russi sfruttano il periodo di crisi dell’impero safavide e riescono a sottrargli alcuni territori. Tuttavia l’operazione infastidì l’impero ottomano e i Russi, per evitare lo scontro, cedettero l’area trans caucasica occidentale (abbandonando Armeni e Georgiani) in cambio del riconoscimento dei territori conquistati. Negli anni seguenti i territori caspici vennero abbandonati.

LA CONQUISTA ZARISTA – CAP 5La prima fase della conquista zaristaIn seguito al ritiro dell’esercito russo dai territori della subcaucasia, i Russi fortificarono laloro presenza nel Caucaso settentrionale, costruendo una linea di fortezze dal Mar Nero al litorale del Caspio. Vennero creati nuovi insediamenti di Cosacchi e fu intrapresa un’opera di predicazione missionaria che riuscì a riportare al cristianesimo gli Osseti. La maggior parte della popolazione venne islamizzata per opera delle scuole sufi, in particolar modo dai Nakhshbandi. La fede islamica divenne un importante elemento di coesione per i montanari caucasici, uniti contro i Russi invasori. L’islamizzazione rendeva “legittimava” ancora di più le pratiche di razzie che venivano chiamate ghazawat ( dall’arabo = razzie) e non jihad. 1774 → trattato di Kücük Kainarci tra Ottomani e Russi. I primi sono costretti a rinunciare al khanato di Crimea, alla Cabardia, e altri territori.

La conquista del Caucaso settentrionale si rivela molto ardua e lunga per i Russi. Gli scontri sono spiegabili attraverso alcuni fattori, per esempio la presenza dei Russi costituiva sia una minaccia che una fonte di bottino per i montanari.

UŠURMA: condottiero di origine cecena che guido la prima grande sollevazione dei montanari, uniti nonostante le divisioni tribali contro la Russia. L’iniziale successo fu possibile anche grazie all’aiuto dell’Impero ottomano. Nel 1791 viene catturato e muore tre anni dopo in Russia.

Co Caterina II la Russia tornò ad interessarsi alla Transcaucasia (denominazione data dai Russi), e quindi al caso georgianoe armeno. 1783 → il re georgiano Eracle II firma il trattato di Georgievsk, con cui riconobbe il suo paese come protettorato russo. NOTA: i popoli cristiani sono rimasti delusi vedendo le proprie aspirazioni infrante: i loro interessi non coincidevano con quelli della Russia. Il disimpegno russo fu causato soprattutto dalla rivolta dei montanari nel Caucaso settentrionale, che costrinse a ritirare le truppe dalla Transcaucasia. In Georgia, prima abbandonata dai Russi e in seguito devastata dai Persiani, il prestigio scemò notevolmente. Negli anni seguenti la Russia intervenne nuovamente, ma alla morte di Caterina II il suo successore richiamò l’esercito.

L’annessione della Transcaucasia

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La GeorgiaIl successore di Eracle II, Giorgio XII, temendo una nuova invasione persiana chiese ai Russi di esercitare piena autorità sul paese mantenendo però egli e i suoi successori sul trono. Tuttavia nel 1800 l’imperatore Paolo I procedette all’annessione della Georgia. Morto Giorgio XII si proclamò reggente suo figlio David mentre un suo fratello, Aleksandre Batonishvili, entrò al servizio della Persia. L’annessione della Georgia orientale venne proclama solo nel 1801 dal successore di Paolo I, Alessandro I.La penetrazione russa in Transcaucasia durò circa trent’anni e particolarmente confusi furono gli anni compresi tra il 1804 e il 1813, nei quali la Russia portò avanti una politica aggressiva. Inoltre le autorità russe peggiorarono la situazione dimostrandosi inadatti a comprendere la realtà locale.

La netta supremazia militare permise ai Russi di vincere contro Impero ottomano, Persiani e popolazioni locali nonostante una parte dell’esercito fosse occupato in Europa e nella stessa Russia dopo l’invasione napoleonica. Nel 1830 la Transcaucasia era ormai in mano russa in seguito alle ripetute sconfitte di persiani e Ottomani, costretti dai trattati di pace a cedere parti consistenti dei territori da loro controllati.

I Georgiani non accettarono positivamente il dominio russo soprattutto quando nel 1811 il patriarca venne destituito e sostituito da un esarca russo posto a capo della Chiesa georgiana che perse quindi la sua antica autocefalia. I primi decenni del dominio russo furono caratterizzati da violente repressioni del popolo insorto.

Diverso fu il caso dell’Armenia, che accettò con maggior favore l’inserimento nella compagine russa. Inoltre l’élite armena si inserì rapidamente nel contesto russo acquisendo un ruolo importante.

La sottomissione dei montanari del Caucaso settentrionale I montanari del Caucaso settentrionale rappresentarono per i Russi l’ostacolo maggiore al pieno controllo;anche se formalmente la regione risultava all’interno dell’impero, la resistenza delle popolazioni caucasiche mise a dura prova l’esercito russo. Motivi di contrasto importanti furono:

1. riduzione dei pascoli invernali delle popolazioni locali a causa degli insediamenti cosacchi sui fiumi Terek e Kuban;

2. costruzione di nuove fortezze → forte minaccia

La grande “guerra caucasica” iniziò nel 1818 quando Cabardini e Ceceni si ribellarono, seguiti poi da altre popolazioni. Le popolazioni del Caucaso settentrionale, spesso rivali tra loro, erano accomunate da uno speciale diritto consuetudinario, l’adat, fondato sulla vendetta di sangue, l’ospitalità, il rispetto per gli anziani, etc. un altro elemento unificante per queste tribù fu la fede nell’Islam soprattutto nel Caucaso centrale e orientale. La “guerra caucasica” riprese nel 1829 ma il più famoso condottiero dei montanari, l’imam Šamil’, assunse il ruolo di comandante nel 1834. Questi proveniva da una popolazione numerosa del Daghestan, gli Avari, e tentò di creare uno stato di montanari caucasici proponendo la struttura pan tribale delle confraternite islamiche. Le etnie del Daghestan e i Ceceni lo appoggiarono, mentre maggiore resistenza fecero le regioni occidentali del Caucaso ,specialmente i Cabardini. I Russi tentarono di piegare i montanari distruggendo i villaggi, incendiando campi e boschi, ma la resistenza venne piegata solo dopo la fine della guerra di Crimea dal nuovo governatore del Caucaso, Barjatinskij. Il periodo più duro per i Russi fu durante la guerra di Crimea, a nel 1859 i Russi catturarono l’imam Šamil’, il quale venne ricevuto a corte con tutti gli onori e confinato in una cittadina di provincia. Terminò la resistenza della parte nordorientale del Caucaso, ma continuò quella della parte nordoccidentale, le terre dei Circassi. Per sottometterli la Russia intraprese una politica molto dura e fece insediare nella regione i Cosacchi. A questo evento seguì l’emigrazione di massa dei Circassi nei territori dell’Impero ottomano che avvenne in terribili condizioni tanto che una grandissima parte delle centinaia di migliaia di persone che partirono trovò la morte durante il viaggio.

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La “guerra caucasica” può considerarsi conclusa nel 1864, quando la regione era interessata da piccoli fenomeni di guerriglia. Cambiò notevolmente il quadro demografico della regione; specialmente nel Caucaso nordoccidentale fu possibile l’insediamento dei Russi.

Le guerre russo-turche e la Questione armenaContinuò il conflitto tra Russi e impero ottomano che vide soprattutto la vittoria dei primi sui secondi con la conseguente occupazione di una vasta parte dell’Anatolia. Tuttavia questi territori, in cui si erano insediati soprattutto Armeni, furono abbandonati in seguito al trattato di Parigi. L’espansionismo russo in Anatolia coincideva con gli interessi degli Armeni, la cui situazione stava peggiorando notevolmente anche a causa dei nuovi insediamenti di musulmani di origine balcanica o caucasica.

1878→ Congresso di Berlino il cui articolo 61 internazionalizzò quella che comincia ad essere chiamata la “Questione armena”. Inoltre si impose i Russi la ritirata dai territori occupati. Molti Armeni d’Anatolia seguirono i Russi nella loro ritirata e si insediarono in diverse regioni della Transcaucasia.

LA DOMINAZIONE RUSSA – CAP 6 Una colonia russa? La valutazione dell’impatto della conquista russa sulla regione transcaucasica sottolinea i numerosi aspetti positivi soprattutto per quanto riguarda il piano della sicurezza, lo sviluppo economico e quello culturale dopo secoli di forzato inserimento nel contesto islamico. Differente è il caso dei montanari musulmani del Caucaso settentrionale.Già intorno alla metà del XIX secolo tra la nobiltà armena e georgiana si costituì una intelligencija moderna e influenzata dalla cultura europea e russa. La conquista russa venne accolta in maniera prevalentemente positiva anche dagli Osseti (prevalentemente cristiani). Il ruolo di questi ultimi fu particolarmente rilevante nell’esercito e nella burocrazia zarista.

Anche per la Russia la conquista del Caucaso fu un evento di grande rilevanza in quanto si poneva come avanguardia del mondo europeo in contrasto con l’Asia considerata arretrata e quindi da civilizzare. L’occupazione del Caucaso, avvenuta in piena epoca romantica, diede ai Russi un piccoli e suggestivo Oriente domestico (numerosi riferimenti anche in autori quali Puskin, Tolstoj, Lermontov).Al tempo stesso la Russia sperava che il suo dominio sulla regione fosse economicamente produttivo e soprattutto nella prima fase il governo zarista assunse un atteggiamento tendenzialmente coloniale. La regione veniva considerata un buono sbocco per la nascente industria russa e fonte di materie prime.

L’amministrazione del Caucaso I primi decenni di dominazione russa furono caratterizzati da una cattiva amministrazione e gestione politica legata principalmente alla complessa realtà locale e all’incapacità dei funzionari di coglierne le particolarità. Nei primi decenni due furono le tendenze principali:

1. centralista, che cercava di imporre nel minor tempo possibile le leggi dell’Impero russo;

2. regionalista, che preferiva mantenere almeno parzialmente le leggi locali. Quest’ultima tendenza venne portata avanti da numerosi governatori del Caucaso, tra cui si ricorda Aleksej Ermolov in Georgia. Tuttavia il “regionalismo” di Ermolov non riguardò i musulmani, le cui guide vennero fatte sostituire e i khanati furono trasformati in provincie. Questo suscitò il malcontento tra i musulmani ma solo i montanari del Caucaso settentrionale si opposero violentemente.

Una svolta importante si ebbe in seguito alla ripresa dei conflitti con l’impero ottomano e persiano, l’ascesa dello zar Nicola I la ribellione dei montanari e la rivolta decabrista del 1825. Con il nuovo governatore Ivan Paskeviç si impose la tendenza centralista e un risultato rilevante fu l’insediamento di colonie tratte dalle diverse regioni della Russia e costituite in particolare da comunità di settari.In seguito a una cospirazione organizzata dai nomi migliori dell’aristocrazia georgiana nel 1832, il successore di Paskeviç decise di attenuare la politica centralista ma un nuovo ribaltamento della situazione fu causato dall’amministrazione del governatore successivo.

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Un sostanziale miglioramento della situazione si ebbe grazie a Michail Voroncov a cui Nicola I affidò il compito di sedare le rivolte guidate da Šamil e consolidare la conquista. Ricevette anche il titolo di namestnik, traducibile con viceré. Voroncov fu uno dei più abili funzionari dell’impero e grazie al suo operato riuscì a legare al trono russo le élite locali e restituì diritti e privilegi alle popolazioni musulmane. Il suo operato si rivelò positivo soprattutto in Transcaucasia, dove riuscì ad attenuare il carattere coloniale della politica precedente e favorì la rinascita culturale ed economica.Tra le sue riforme si ricorda soprattutto la divisione in quattro regioni della Transcaucasia: Kutaisi, Tblisi, Shemakhi e Derbent. Operata nel 1846, aveva lo scopo di creare una stabile unità amministrativa per evitare il predominio numerico delle varie nazionalità nei singoli distretti.

Diverso fu il caso del Caucaso settentrionale che rimase perlopiù una regione isolata fino alla Prima guerra mondiale. Le popolazioni locali vennero poco integrate nella vita locale anche a causa della quasi totale assenza di insediamenti russi tra le montagne del Caucaso settentrionale.

L’impero e le nazionalità caucasicheIn seguito alla morte di Alessandro II, cambiò notevolmente la politica russa nei confronti della gestione della regione transcaucasica. Il suo successore, Alessandro III, diede inizio a una politica non solo autoritaria, ma anche russificatrice per sedare le sempre più crescente minaccia rivoluzionaria. Dal 1862 al 1882 la regione fu governata dal viceré Michail, fratello di Alessandro II ma in seguito al cambiamento apportato da Alessandro III il vicereame tornò ad essere un governatorato generale. È probabile che questa nuova politica zarista fosse stata incentivata anche dall’accresciuta sensazione che all’interno dell’impero russo i Russi non costituivano più la maggioranza della popolazione.

La relativa libertà di cui aveva potuto godere la regione soprattutto da Voroncov in poi diminuì notevolmente. La politica autoritaria e russificatrice si abbatté in particolar modo su Armeni e Georgiani, con particolare attenzione per la sfera culturale per cui aveva tanto operato l’intelligencija moderna. Negli anni novanta in Georgia si formò un movimento politico di tipo socialista, il “terzo gruppo”, che assunse un chiaro orientamento rivoluzionario.

In Azerbaigian, intorno alla metà del XIX secolo, cominciò a formarsi un’intelligencija moderna, portatrice di istanze di rinnovamento culturale e politico. Queste correnti incontrarono il favore delle autorità russe nonostante fossero influenzate dal radicalismo russo in quanto si voleva limitare l’influenza islamica e diffondere la lingua russa. Questa nuova politica russa riuscì a risvegliare nella popolazione turca dell’Azerbaigian una coscienza etnica che accelerò lo sviluppo di un nazionalismo antirusso.

Sviluppo economico e conflitti socialiDal punto di vista economico la regione conobbe un notevole sviluppo a partire dalla seconda metà del XIX secolo quando, in seguito alla liberazione dei contadini nel 1861, molti coloni russi e ucraini si insediarono alle falde del Caucaso settentrionale. L’agricoltura conobbe un notevole incremento e la regione divenne una delle principali produttrici di cereali dell’Impero. Nei territori montuosi si praticava l’allevamento del bestiame. In Transcaucasia la rivoluzione agraria non apportò molti benefici ai contadini riscattati, i quali poterono riscattare solo poche terre mentre la maggior parte rimase nelle mani dei vecchi proprietari. Inoltre si perse l’uso comune dei pascoli e cessò la ridistribuzione delle terre su base comunitaria.

L’introduzione dell’economia capitalista nel Caucaso inizio dopo il 1860 circa. La costruzione di una fitta rete stradale e ferroviaria favorì l’afflusso di capitali russi e stranieri e aprì nuovi mercati ai prodotti agricoli e minerali locali. Importante per lo sviluppo economico della regione fu l’industria estrattiva di Baku, sul Mar Caspio. Nello sviluppo economico ed industriale della Transcaucasia ebbero un ruolo fondamentale gli Armeni, ma il loro predominio economico e politico iniziò a suscitare il risentimento di Georgiani e Azeri e fu alla base del successivo deterioramento dei rapporti.

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La rivoluzione del 1905In Transcaucasia lo sviluppo industriale determinò la nascita di una numerosa classe operaia, concentrata soprattutto nelle città di Baku, Tblisi e Batumi e costituita da operai di varia origine etnica (Russi, Georgiani, Armeni, Turchi, Persiani, etc).

Già dalla fine del XIX secolo la classe operaia cominciò a dar vita alle prime agitazioni contro le condizioni durissime in cui era costretta a lavorare. Tale attività di protesta raggiunsero il culmine nei primi anni del Novecento:

1902, a Bitumi → sciopero organizzato in cui compare anche la figura di Stalin

1902, provincia georgiana di Guria → inizia una rivolta contadina che nel 1905 assunse una vera dimensione rivoluzionaria.

1903 → sciopero generale che paralizzò i maggiori centri industriali (Baku, Tblisi e Batumi)

1905, a Guria → i contadini, influenzati dai Menscevichi, crearono una repubblica dotata di una propria amministrazione, scuole e tribunali.

Le agitazioni operaie erano state spesso guidate e politicizzate dai comitati locali del Partito socialdemocratico russo. Alle attività di protesta della classe operaia si aggiunse anche la spinta nazionalista che aggravò notevolmente i rapporti con l’impero russo. Nel 1903 l’impero decise di confiscare le proprietà della Chiesa armena e tale azione causò una forte reazione del popolo armeno che si pose, per la prima volta dalla conquista zarista, in aperto contrasto con l’Impero grazie all’azione dei suoi partiti nazionali.

In Transcaucasia le attività rivoluzionarie ebbero il loro culmine a Baku nel 1904, mentre l’anno successivo quando in Russia scoppiò la rivoluzione, la Transcauasia si trovava i un momento di tregua soprattutto a causa di un conflitto scoppiato tra Armeni e Turchi dell’Azerbaigian. Nel 1905 scoppiò la guerra “armeno-tatara”, causata dal sempre maggior contrasto economico tra le due popolazioni. I Turchi dell’Azerbaigian avevano cominciato a conoscere una modernizzazione politica, economica e culturale soltanto alla fine del XIX secolo e si erano posti in sfortunata competizione economica con gli Armeni. Questo conflitto indebolì notevolmente il movimento rivoluzionario nella Transcaucasia e a partire dalla seconda metà del 1905 il movimento rivoluzionario perse il carattere di insurrezione armata a favore di una politica di cooperazione con il governo e gli industriali.

Il governo russo, per riconquistare la fedeltà della regione in rivolta, decise di ripristinare la carica di viceré e la affidò ad un discendente di Michail Voroncov, il quale seppe gestire la situazione appoggiando gli elementi potenzialmente filogovernativi e contrastando quelli rivoluzionari. La sua politica, unita al decreto di Nicola II con cui si prometteva l’instaurazione di un regime costituzionale e parlamentare influenzò la situazione politica e facilitò il viceré che poté appoggiarsi alle élite delle tre maggiori popolazioni (borghesia armena, nobiltà georgiana e ceto superiore degli Azeri). Queste ultime avanzarono delle richieste specifiche all’Impero:

1. Georgiani → introduzione degli zemstvo, creazione di un’università a Tblisi, emancipazione della loro chiesa, l’uso del georgiano nei tribunali e nelle scuole, concessione delle libertà politiche fondamentali e di misure a favore di operai e contadini. L’Impero respinse le richieste di carattere politico sociale e religioso.

2. Azeri → abolizione delle misure discriminatorie contro di loro in quanto musulmani.

3. Armeni → revoca delle leggi restrittive ai danni delle scuole e della Chiesa.Furono gli unici a vedere soddisfatte le proprie richieste: restituzione delle proprietà della Chiesa, riapertura delle scuole controllate dalla Chiesa.

Nel 1905 a Baku si affermò un movimento operaio di tipo europeo che ottenne importanti risultati. Inoltre, sempre nello stesso anno, venne creato a Baku un Soviet a somiglianza di quello di Pietroburgo. L’autocoscienza delle tre nazionalità trans caucasiche si venne notevolmente rafforzando e ognuna di esse si organizzò attorno a un partito dominante. Tuttavia l’Impero russo condusse una politica di repressione che mise fine alle attività rivoluzionare della regione.

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I popoli del Caucaso settentrionale avvertirono meno gli eventi rivoluzionari proprio a causa della limitata industrializzazione dell’area.

Intermezzo Alla formazione del primo parlamento russo, la Duma, parteciparono anche le popolazioni caucasiche, ma la percentuale dei loro rappresentanti rimase sempre molto bassa. L’Impero russo riprese il conflitto con l’Impero ottomano e prezioso fu il sostegno degli Armeni. Il governo russo decise allora di abolire le misure repressive e, nel 1912, riaprì la pratica della Questione armena. La conseguenza fu un compromesso che prevedeva nei territori anatolici abitati dagli Armeni la creazione di due province poste sotto la direzione di ispettori europei.

I Georgiani rimasero profondamente insoddisfatti dal trattamento del governo russo riservato loro. Questa insoddisfazione si manifestò nel forte sostegno politico al Partito socialdemocratico menscevico.

Gli Azeri vissero in questi anni un momento di crescita economica e culturale con la formazione di un’intelligencija moderna che seppe ben coniugare il progresso con la tradizione islamica.

TRA GUERRA E RIVOLUZIONE – CAP 7La prima guerra mondiale e il genocidio degli Armeni La Russia, scoppiata la Prima guerra mondiale, si ritrovò nuovamente a combattere contro l’Impero ottomano. Le popolazioni della Transcaucasia reagirono in modo differente alla guerra:

1. Tutti i partiti armeni, eccetto quello socialdemocratico, risultarono favorevoli alla guerra;

2. I Georgiani erano poco favorevoli siccome non avevano nulla da guadagnare dalla guerra;

3. Gli Azeri, in seguito ai tentativi russi di migliorare i rapporti con loro (soprattutto per motivi economici: importanza di Baku come centro di estrazione del petrolio), si mantennero fedeli al governo e il partito principale, il Musavat, sostenne lo sforzo bellico.

4. Montanari del Caucaso settentrionale rimasero sostanzialmente fedeli.

1914-1915 → primo attacco da parte degli Ottomani e loro sconfitta.1915 → contrattacco dei Russi e occupazione di buona parte dei territori anatolici. Aprile 1915 → genocidio degli Armeni condotto dall’Impero ottomano in modo tale da poter occupare i territori e lì assicurare il dominio turco anche in prospettiva dell’unificazione con i Turchi dell’Azerbaigian.

La rivoluzione e il Caucaso del NordDurante la rivoluzione del 1917 la partecipazione del Caucaso fu assai limitata. Tuttavia si avvertirono gli effetti nella sfera sociale poiché la maggior parte delle popolazioni locali sfruttò l’occasione per tentare di sottrarsi alla dominazione russa.Nel Caucaso settentrionale i popoli fondarono nel 1917 il Congresso dei montanari che sancì la nascita dell’Alleanza dei montanari uniti del Caucaso settentrionale e del Daghestan. Nello stesso anno venne proclamata la Repubblica dell’Unione dei montanari e in seguito alla rivoluzione di Ottobre, rifiutato il potere comunista, tentarono di dar vita ad un’entità statale che potesse superare la frammentazione etnica tradizionale. Uno dei protagonisti di questo tentativo fu Nazmuddin Gocinskij, il quale si proclamò imam del Caucaso settentrionale. Il regime comunista non poteva ammettere l’esistenza di una repubblica musulmana indipendente e dopo aver occupato la regione crearono la Repubblica socialista sovietica autonoma dei montanari. Il conflitto tra russi comunisti e i montanari fu inevitabile. Terminò nel 1921 con la cattura di Gocinskij.

Georgia, Armenia, Azerbaigian: un’effimera indipendenzaDopo la caduta della monarchia, l’influenza politica sulla Transcaucasia diminuì notevolmente nonostante la creazione del Comitato speciale della Transcaucasia che riuniva Russi ed esponenti della popolazione con una limitata presenza

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dei musulmani. Tuttavia il potere reale era gestito da dei consigli di soldati e lavoratori, in particolar modo da quelli di Baku (in cui collaboravano menscevichi, bolscevichi, social rivoluzionari, aderenti del Dashnaktsuthiun armeno e Musavat azero), e di Tblisi (vicino ai menscevichi).

Aprile 1917 → congresso dei popoli musulmani del Caucaso a Baku in cui venne richiesta la nascita di una nuova Russia su base democratica e federale. La città di Baku rappresentava un’eccezione nel paese musulmano:qui i bolscevichi erano in maggioranza e il Soviet era costituito da soldati e operai russi e dalla parte più radicale della comunità armena. Nel 1918 iniziarono gli scontri con gli Azeri che furono sconfitti più volte.NB la vita politica della regione si snodava sia su base partitica sia secondo linee etnico - religiose.

Georgiani, Armeni e Azeri tentarono di trovare un accordo per riempire il vuoto di potere causato dal collasso del potere zarista creando nel 1917 un Commissariato trans caucasico. Un anno dopo venne costituita una legislatura, il sejm (Dieta), di cui facevano parte i rappresentanti dell’Assemblea costituente eletti nella Transcaucasia.La situazione si aggravò notevolmente in seguito al trattato di Brest-Litovsk con cui la Russia cedette all’Impero ottomano i territori conquistati dopo la guerra russo-turca del 1878 (Kars, Ardhan, Batumi). Nel 1918 il sejm votò l’indipendenza della Transcaucasia, non accettata in particolare da menscevichi, cadetti e social rivoluzionari. La Repubblica di Transcaucasia resistette un solo mese, ma alla fine del 1918 le tre repubbliche di Georgia, Armenia e Azerbaigian si dichiararono indipendenti. Baku divenne la capitale della repubblica di Azerbaigian dopo la sconfitta del Soviet e la conquista della città da parte degli Azeri, sostenuti dagli Ottomani.

La Georgia, una volta tornata indipendente, fu inizialmente una sorta di protettorato tedesco. La Germania riuscì ad ottenere il riconoscimento dell’indipendenza georgiana dall’Impero ottomano. L’Armenia era delle tre repubbliche la più precaria. Il paese era nel caos e colpito dal tifo e dal colera. Inoltre il paese fu costretto a fronteggiare i Turchi, guidati da Mustafa Kemal. Nel 1920 l’Armenia fu invasa dall’esercito ottomano e costretta a firmare la pace di Aleksandropol’ con cui persei territori del Kars e di Ardahan.Erevan divenne la capitale, politicamente dominata dal partito Dsnaktsuthiun. L’Azerbaigian fino al 1918 ebbe come capitale Ganja, mentre Baku si trovava in mano ai bolscevichi. Successivamente, visse un periodo di occupazione britannica fino all’agosto del 1919 e in seguito un periodo di indipendenza completa fino all’ingresso dell’Armata Rossa nel 1920. Ebbe il sostegno dell’Impero ottomano, che inviò truppe e lo aiutò a organizzare un proprio esercito. Anche gli Inglesi volevano controllare il paese in quanto ricco di petrolio e in posizione strategica e vi mandarono un proprio contingente militare. Un impegno notevole fu dedicato alla creazione di un’identità culturale nazionale, alla creazione di un’università a Baku e alla formazione di un esercito. L’occupazione inglese terminò nel 1919 e lasciò il paese praticamente indifeso.

La riconquista sovieticaL’ Unione Sovietica fu fortemente facilitata nel riassorbimento delle tre repubbliche dalla fragilità dei loro stati e dalle reciproche ostilità. Tale manovra era sostenuta dai vertici comunisti in prospettiva dell’esportazione della rivoluzione in Turchia e Iran.La prima delle repubbliche ad essere riassorbita fu l’Azerbaigian, la cui resistenza fu molto limitata (il grosso dell’esercito era occupato a fronteggiare gli Armeni). La sovietizzazione del paese incominciò con l’arresto dei principali capi della resistenza e dei Musavatisti di Ganja. Alla fine del 1920 perse l’indipendenza l’Armenia, ma l’arrivo dei sovietici fu visto positivamente dalla maggioranza della popolazione, stremata dalle continue guerre. Tuttavia la nuova dirigenza sovietica divenne presto invisa.Diverso fu il caso della Georgia, la più stabile delle tre repubbliche, che era riuscita a farsi riconoscere dall’Intesa. Tuttavia questi non intervennero quando il paese venne invaso dall’Armata Rossa.

IL PERIODO SOVIETICO – CAP 8 A partire dal 1921 l’intero Caucaso faceva parte dell’Unione Sovietica. Dopo l’instaurazione del potere il governo russo procedette all’estirpazione degli oppositori politici. La sua politica aggressiva contò pochissimi aderenti locali e avvenne per mezzo di una conquista militare. Questo nuovo regime venne combattuto strenuamente dai montanari

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del Caucaso settentrionale, soprattutto in Cecenia e nel Daghestan. Nella Transcaucasia il regime sovietico procedette con la liquidazione dell’élite locale non comunista e davanti alla crescente tendenza nazionalista decise di unire la Georgia, l’Armenia e l’Azerbaigian.

La politica delle nazionalità Un aspetto innovativo del regime sovietico fu la politica delle nazionalità volta ad assicurare pari diritti politici e culturali a tutte le etnie non russe. Con questa nuova politica il regima sperava di sedare una volta per tutte gli antagonismi nazionali. Con tale politica venne affermato il diritto all’autodeterminazione, basato sull’uguaglianza dei popoli all’interno dell’unione federale. A causa dell’insufficienza di quadri russi comunisti, il regime sovietico fu costretto a ricorrere a delle minoranze nazionali, in particolar modo gli Ebrei, e agli esponenti di popolazioni caucasiche. Soprattutto Armeni e Georgiani furono ampiamente rappresentati all’interno del partito e dello stato.Punto centrale della politica delle nazionalità fu il collegamento tra territorio e nazione tanto che il governo sovietico diede un riconoscimento culturale e amministrativo collegato al territorio a moltissime etnie. Altra caratteristica fu il “radicamento”, operazione che mirava ad accrescere la percentuale di rappresentanti delle etnie locali all’interno degli apparati partitici e di governo. Questa politica serviva anche da propaganda verso l’esterno, dove si sperava di esportare la rivoluzione. Tuttavia lo spazio di manovra di queste entità autonome era fortemente limitato dalle direttive di Mosca. 1921→ creazione della Repubblica autonoma del Daghestan e la Repubblica della Montagna (soppressa nel 1924). La strutturazione del Caucaso settentrionale è stata valutata diversamente. Secondo alcuni sarebbe la coerente realizzazione della politica delle nazionalità, secondo altri rispecchia la volontà del regime sovietico di frammentare le popolazioni perlopiù musulmane e ostili. Questa seconda tesi è supportata dal fatto che le popolazioni circasse sono state divise in tre diverse regioni, quelle turche in due. NB la creazione di un’entità autonoma ha rafforzato una coscienza etnica micro-nazionale che è riuscita ad integrare la fede islamica con l’appartenenza clanica. Successivamente il regime modificò ancora la struttura amministrativa del Caucaso settentrionale.

Differente fu il caso della parte meridionale del Caucaso in cui predominavano tre popolazioni dall’identità nazionale marcata. Nel marzo 1922il regime decise di unire Georgia, Armenia e Azerbaigian nella Repubblica federale socialista sovietica della Transcaucasia. Questa Repubblica divenne il massimo strumento di controllo e di governo della regione. Anche nella Transcaucasia la politica delle nazionalità venne applicata in modo disomogeneo.

Economia e cultura negli anni venti L’inserimento nel sistema sovietico fu relativamente poco traumatico nella prima fase e coincise con l’avvento della NEP, la politica economica relativamente tollerante nei confronti della proprietà e dell’iniziativa privata introdotta da Lenin. La collettivizzazione delle terre venne imposta solo alcuni anni dopo. L’interesse maggiore del regime era quello di incrementare la produzione industriale anche per dar vita a una più numerosa classe operaia, principale supporto sociale del potere comunista. La situazione mutò drasticamente solo alla fine degli anni venti. Nel Caucaso del nord il regime combatté duramente le confraternite religiose islamiche, causando la rivolta della popolazione e quindi ostacolando lo sviluppo economico. L’attenzione del regime era comunque concentrata sull’Azerbaigian e procedette alla nazionalizzazione delle sue miniere e industrie e, soprattutto sui suoi pozzi petroliferi. Inoltre l’Azerbaigian era considerato la porta verso cui avvicinarsi all’Oriente. Non a caso a Baku, nel 1920, si tenne il primo congresso dei Popoli d’Oriente, fiacco tentativo di esportare la rivoluzione verso l’Asia. Anche qui vennero duramente colpite le strutture religiose islamiche, ma questo non suscitò una reazione simile a quella dei musulmani del Daghestan e della Cecenia. Al tempo stesso il paese visse un momento di rinascita culturale e l’azeri divenne un autonomo strumento culturale. Il suo alfabeto utilizzo i caratteri latini, sostituiti poi con quelli cirillici. La sovietizzazione incontrò molti problemi in Georgia dove i menscevichi e la maggior parte dell’intelligencija non avevano accettato il regime sovietico. L’insoddisfazione dei Georgiani si rivelò nel 1924 in una rivolta che venne duramente repressa. Tuttavia negli anni seguenti il paese visse un periodo di stabilizzazione politica e di sviluppo economico. Il regime concentrò molte energie nello sviluppo culturale del paese, ma incontrò la resistenza

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dell’intelligencija non comunista. Passi avanti si ebbero nel campo della scolarizzazione di massa e nella creazione di istituti culturali “nazionali”. In Armenia il regime sovietico si concentrò soprattutto sull’eliminazione degli elementi ottomani e sulla riarmenizzazione etnica del territorio. In pochissimi anni l’Armenia divenne una delle regioni più istruite e industrializzate di tutta l’URSS.NB: la sovietizzazione della regione venne portata avanti soprattutto da elementi provenienti dalla diaspora e quindi poco legati alle particolarità regionali. I contadini furono coloro che avvertirono maggiori disagi e quindi iniziarono un processo di inurbamento soprattutto nella capitale Erevan.

Il terrore La situazione mutò all’inizio del 1928 quando venne varato il Primo piano quinquennale i cui obiettivi erano la collettivizzazione delle terre e l’industrializzazione forzata dell’intero paese. L’intensa propaganda portata avanti dal regime non portò ai risultati sperati e il governo dovette affrontare la rivolta dei contadini. La repressione caratterizzò il biennio 1929-1930. Dopo una parziale tregua ripresero nel 1931 la collettivizzazione e la repressione.

Nel Caucaso settentrionale, alla decisione di intraprendere una collettivizzazione totale seguì la rivolta dei montanari che furono duramente repressi. Rimase fino alla Seconda guerra mondiale in uno stato di guerriglia, aggravata dalle dure carestie provocate deliberatamente dalle criminali politiche sovietiche di collettivizzazione. Anche l’ Armenia, la Georgia e l’ Azerbaigian vissero tragici periodi di crisi causati dalla violenta opera di dekulakizzazione con esecuzioni e deportazioni che a loro volta provocarono una grave moria del bestiame, la riduzione delle aree coltivate e una grave carestia. Nel corso del Secondo piano quinquennale i contadini furono costretti a entrare nelle imprese agricole statali per mezzo di un’insostenibile tassazione che colpiva chiunque non volesse aderire. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale la collettivizzazione riguardava il 90 % dei contadini. Gli anni Trenta videro un incredibile sviluppo industriale che interessò di più la Transcaucasia. L’inasprimento della politica sovietica riguardò anche la sfera culturale e si scagliò contro tutti gli artisti accusati di nazionalismo. La repressione colpì anche le istituzioni religiose.

Una nuova ondata di violenza interessò il Caucaso in seguito allo scioglimento della Federazione trans caucasica (1936) e la rinascita delle tre repubbliche, da subito coinvolte in una feroce repressione che riguardò in primo luogo le élite politiche e culturali. Le purghe del biennio 1937-38 riuscirono a eliminare la vecchia guarda comunista e a sostituirla con funzionari fedeli a Stalin.

La Seconda guerra mondiale e la deportazione dei popoliDurante la Seconda guerra mondiale la Germania di rivelò particolarmente interessata a impadronirsi dei pozzi di petrolio presenti in Azerbaigian. Tuttavia la penetrazione tedesca interessò solo la parte nordoccidentale del Caucaso, che venne occupata dalle forze tedesche nella seconda metà del 1942. Il Caucaso, in questo periodo, rappresentò per l’URSS il maggior centro produttivo non solo per la presenza dei pozzi petroliferi, ma anche per l’importante crescita produttiva nell’agricoltura e nell’industria.I Tedeschi vennero spesso sostenuti dalle stesse popolazioni caucasiche (specialmente quelle del C. settentrionale), le quali volevano sbarazzarsi del controllo di un regime odiato e sentito come criminale. Quando l’Armata rossa riuscì a riconquistare il territorio perduto, ebbe inizio una reazione durissima nei confronti delle popolazioni caucasiche. Circa un milione di persone fu deportato in Siberia e Asia Centrale. Successivamente lo stesso trattamento riguardò Ceceni, Ingusci, Balcari e altre popolazioni nelle cui regioni venne abolita la repubblica con la conseguente perdita dell’autonomia. La deportazione non interessò le etnie del Daghestan e gli Osseti. Fra le popolazioni trans caucasiche si colpirono solo le minoranze musulmane, considerati delle possibili spie della Turchia.

Il secondo dopoguerra

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Negli anni successivi alla fine del secondo conflitto mondiale i territori del C. settentrionale apparivano semispopolati e le autorità sovietiche insediarono al loro posto numerosi Slavi per ricostruire le industrie e le infrastrutture distrutte e per modificare ulteriormente la composizione etnica. I paesi della Transcaucasia invece furono ricompensati con rilevanti concessioni:

1. Armenia → creazione nel 1943 dell’Accademia delle Scienze; 1945 elezione del nuovo khatholighos

2. Georgia → nel 1943 la Chiesa riottenne l’autocefalia. Tuttavia i primi anni del dopoguerra furono avvertiti come durissimi in tutta la Transcaucasia a causa della penuria dei beni di consumo, all’insufficienza di alloggi, alla crisi della produzione industriale, etc. fu possibile ritornare alla situazione d’anteguerra solo dopo il 1950. In Armenia un’ulteriore elemento di crisi fu la presenza di circa 100.000 Armeni della diaspora, richiamati dal regime nella Repubblica armena. Il loro inserimento risultò difficilissimo e una parte consistente fu deportata in Siberia. La situazione migliorò in seguito alla morte di Stalin (1953) e alla rimozione dei suoi fedeli luogotenenti Beria e Baghirov. Oltre ad una discreta rinascita economica, si assistette ad un certo allentamento della repressione antinazionale e antireligiosa. Anche le popolazioni del C. settentrionale poterono godere di un certo miglioramento soprattutto dopo il XX convegno del PCSU del 1956 in cui Chruscev riabilitò le popolazioni “illegalmente represse”. L’inserimento di color che erano sopravvissuti alle deportazioni fu difficilissimo, ma l’insorgere dei risentimenti venne evitato dal ferreo controllo sovietico. Inoltre vennero anche ristabilite la Repubblica autonoma di Cecenia-Inguscetia e le regioni autonome di Balcari, Karacai e Calmucchi.

Nei decenni successivi il Caucaso visse un periodo di relativa tranquillità e rinascita economica e culturale. Il dato essenziale della sua economia era sicuramente l’interdipendenza con l’Unione sovietica:importazione di cereali, materie prime, energia ed esportazione di petrolio e prodotti tipici dei climi meridionali. La situazione economica cominciò a deteriorarsi a partire dagli anni settanta a causa dell’incremento demografico e della diminuzione degli investimenti del centro. Soprattutto il primo fenomeno innescò l’emigrazione verso altre regioni sovietiche.

Il risveglio dei nazionalismi e la fine dell’URSSNei decenni poststaliniani si assistette alla crescente affermazione del sentimento nazionale. Questo avvenne in primo luogo tra i popoli che godevano di una con solidità identità storica e culturale. Armeni

1965→ manifestazione per celebrare il 50° anniversario del genocidio;

Nascita del Partito nazionale unificato, movimento politico di opposizione. Venne represso molto presto.Georgia Formazione di un “nazionalismo eterodosso”, che si impegnò per riconfermare il georgiano come lingua di stato, cosa che avvenne.

Le tendenze nazionaliste riuscirono a trovare uno sbocco significativo sia verso l’interno che verso l’esterno solo con la perestrojca, inaugurata da Gorbacev nel 1985. La Georgia ottenne l’indipendenza nel 1991 con enorme difficoltà e in seguito alle dure repressioni dei manifestanti. Ancora più gravi per l’URSS furono le rivendicazione armene. 1988 → rivendicazione degli abitanti armeni dell’Alto Karabakh (regione autonoma), di esseri uniti alla Repubblica armena. Queste rivendicazioni assunsero un carattere di massa grazie alla mancata risposta da parte delle autorità e dell’assenza di una vera repressione. Baku respinse la richiesta della regione e nel 1988 iniziò un pogrom antiarmeno nella città di Sumgait. Successivamente gli Armeni abbandonarono la regione mentre dall’Armenia si spostò la popolazione azera. Negli anni successiva l’Armenia condusse un’opera di desovietizzazione dell’intero paese e nel 1990 venne letto presidente del parlamento armeno Ter Petrosian, il leder del “Comitato Karabakh”. In Azerbaigian la perestrojca non trovò una risposta politica immediata, ma si vennero creando piano piano delle associazioni private con lo scopo iniziale di sostenere i rifugiati dell’Alto Karabakh o provenienti dall’Armenia. Nel 1988

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si costituì il Fronte popolare dell’Azerbagian che aveva come scopi principali la democratizzazione della società, la fine della totale dipendenza politica ed economica da Mosca e un miglior sfruttamento delle risorse del paese. IL CAUCASO POST-SOVIETICO - CAP 9 La “partita del Caucaso”Dopo il crollo del sistema sovietico il Caucaso si è venuto a trovare in una situazione di grande incertezza, dovuta soprattutto ai contrastanti interessi esterni ed interni. Contrariamente a quanto si può pensare, l’influenza esercitata da Mosca non è scemata in seguito alla caduta del controllo sovietico nel Caucaso. Inoltre il Caucaso settentrionale fa ancora parte della Russia e l’abbandono di una di queste regioni potrebbe scatenare la secessione di altri soggetti federali. Il ruolo della Turchia e dell’Iran è stato molto limitato e ha portato entrambi ad adottare una politica prudente. Un altro fattore particolarmente importante è stata la penetrazione statunitense, volta a ridurre la dipendenza petrolifera dalla regione del Golfo e a ridurre, o addirittura eliminare, il ruolo tradizionale della Russia nel controllo delle fonti energetiche. In questi decenni post-sovietici il Caucaso si è ritrovato al centro della contrapposizione tra un asse verticale, rappresentato da Russia e Armenia, ed uno orizzontale, che collega Azerbaigian, Georgia e Turchia agli Stati Uniti.

Il Caucaso settentrionale e la tragedia cecenaLe popolazioni del Caucaso settentrionale, a differenza di quelle della Transcaucasia, sono rimaste inserite all’interno della Federazione russa con lo status di repubbliche o regioni autonome. L’equilibrio di questa area era minato dai conflitti latenti di carattere religioso ed etnico, aggravati dalla deportazione di una larga parte dei suoi abitanti e dalla successiva integrazione di coloro che erano riusciti a sopravvivere.

1. Il primo conflitto interesso il distretto di Prigorodnyj, formalmente parte dell’Ossetia, ma prevalentemente abitato da Ingusci. Gli scontri si intensificarono nel 1990-91 ed esplosero nel 1992. L’intervento della Russia le fornì il pretesto di riprendere il controllo militare sul territorio. Il loro atteggiamento si rivelò completamente favorevole agli Osseti, prevalentemente cristiani-ortodossi.

2. Differente è il caso delle repubbliche autonome di Karačaj-Circassia e Cabarda-Balcaria in cui insorsero contrasti tra le popolazioni caucasiche e turche, entrambe di religione musulmana. La situazione venne aggravata anche dalla presenza dei Cosacchi, adoperati dalla Russia come strumento di pressione sulle popolazioni.

3. Il problema maggiore per la Russia nel C. settentrionale è rappresentato dalla Cecenia, che trovò un leader particolarmente carismatico nella persona di Džochar Dudaev, ex generale sovietico che riuscì a prendere il potere e a indire un referendum nel quale venne sancita l’indipendenza della Cecenia-Inguscetia. Le altre repubbliche e regioni autonome non ascoltarono l’appello di dudaev a seguire il loro esempio e nel 1992 l’Inguscetia si separò dalla Cecenia e aderì al nuovo trattato federale russo. Anche il Daghestan non sostenne mai la Cecenia, ma rimase fedele alla Russia. Qui, inoltre, è rimasta ben salda un’élite di origine sovietica non ostile alla Russia. Dopo aver stabilito un blocco economico, la Russia decise di attaccare la Cecenia nel 1994, ma la guerra si rivelò un fallimento. Infatti, nonostante fossero riusciti ad occupare la parte pianeggiante del paese, la resistenza si concentrò sulle montagne e produsse numerose azioni terroristiche. Nel 1996 venne firmato un accordo tra Lebed’, il plenipotenziario russo, e Maschadov, principale capo della resistenza dopo l’uccisione di Dudaev. Secondo questo accordo la decisione sullo status della Cecenia sarebbe stato stabilito cinque anni dopo. Le trattative furono molto complicate e la situazione precipitò nel 1999 quando la Russia venne colpita da una serie di clamorosi attentati terroristici attribuiti ai terroristi ceceni senza però presentare prove convincenti. La Russia intervenne una seconda volta sotto l’impulso di Putin. La città venne invasa, i guerriglieri spostatisi nel Daghestan vennero espulsi e fu occupata la zona pianeggiante. In seguito una parte consistente della popolazione, stremata dalla situazione insostenibile, accettò il ritorno della sovranità russa. Sulle montagne invece rimasero i guerriglieri irriducibili, rinforzati da volontari islamici di diversa origine. La politica di Mosca rimase sempre quella di eliminare i “terroristi” mediante una durissima

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repressione, resa “legale” con l’inserimento della resistenza cecena nella categoria “terrorismo internazionale” e con l’avvicinamento della Russia agli Stati Uniti in seguito all’11 settembre.Negli ultimi anni Mosca è riuscita a “cecenizzare” il conflitto, riuscendo a eliminare tutti i leader della resistenza. Ora la resistenza militare non è più appoggiata dalla maggioranza della popolazione e il movimento separatista si è indebolito molto, tuttavia la regione è ancora molto instabile.

GeorgiaIn seguito alla proclamazione dell’indipendenza (1918), il potere venne preso Zviad Gamsakhurdia, sostenitore di un nazionalismo radicale e intollerante nei confronti delle altre etnie presenti nel paese. Queste ostilità spinsero Osseti e Abkhazi a rendersi de facto indipendenti, ma solo dopo una serie di episodi violenti concentrati nel biennio 1992-93.