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BRESCIAIMPRESA E LAVORO, ECONOMIA E POLITICA, PROTAGONISTI, PIACERI, LIFESTYLE, EVENTI, MOSTRE, TENDENZE N°34 SETTEMBRE 2017 _ € 4.90
SelectionPAOLOBORGHETTI «UN OBIETTIVONON È ALTROCHE UN SOGNOCON UNA SCADENZA»
INCHIESTA UBI BANCALETTERA APERTAAL PROF. BAZOLI
CONTRO SEVERINO:TERRORISMO 4.0O TERRORE FAI DA TE?
PERVERSOPARADOSSO:
CRESCITA SENZAOCCUPAZIONE
GRANDI FAMIGLIE BS E BG:CAPITALISMO FAMILIARE
O FAMILISMO AMORALE?
BRESCIASETTEMBRINA:PROGRAMMIPROGETTI E PERCORSI
G.F. FERRARI:SUPERNOVA ADDIO
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l e t t e r a a p e r t a a l p r o f e s s o r b a z o l i
L’INCHIESTA UBI BANCA
QUESTIONE PENALE O DEONTOLOGICA?
Grande borghese come Bruno Visentini, civil servant come Guido Rossi, banchiere autorevole come Enrico Cuccia, cattolico liberaldemocratico come Carlo Maria Martini, aggregatore di banche come nessuno prima di lui, il presidente emerito di Banca Intesa, secondo i pm di Bergamo patron della regìa che governava dall’esterno Ubi Banca con
“patti occulti” frutto di metodi “padronali e familistici”, potrebbe fare del processo a Ubi un’occasione per rendere più trasparente il sistema creditizio italiano togliendo il velo
di opacità che grava su di esso. Il processo di Bergamo infatti – sempre che il prossimo 10 novembre il Gup decida il rinvio a giudizio dei 35 indagati – può diventare un momento della benemerita battaglia per risanare la “foresta pietrificata”, come diceva Giuliano
Amato, del sistema bancario italiano. In tale senso Bazoli ha di fronte a sé una sfida: non solo per difendere se stesso e la propria onorabilità ma anche “scoprire” il sistema. Solo così potrà essere quello che ha sempre detto di essere: un banchiere non DI sistema ma PER il sistema. Una cosa in ogni caso è evidente: rifugiarsi nella “gigantesca montatura mediatica” o “mostruosa macchinazione giudiziaria” è un atteggiamento elusivo, anche
ammesso che possano esservi elementi che lo motivano.
Egregio professore,
per un banchiere come Lei, il più grande federatore di banche
della storia italiana (sette aggregazioni, di cui due locali e cin-
que nazionali), autorevole e apprezzato protagonista per oltre
trent’anni del gotha finanziario e in tale veste salvatore e ri-
costruttore della finanza cattolica dopo il baratro dell’Ambro-
siano di Calvi e dello Ior di Marcinkus, amico e consulente di
Giorgio Napolitano e in tale ruolo ascoltato fautore del gover-
no Monti per la cui formazione “cedette” l’alter Ego Corrado
Passera, alleato italiano del potentato bancario francese Créd-
it Agricole tramite l’amico Roman Zaleski, celebrato per non
dire “consacrato” presidente emerito di Banca Intesa da una
ponderosa e documentata biografia di Carlo Bellavite Pellegri-
ni (“Una storia italiana”, prefato dall’amico Jean Paul Fitoussi)
quale caso esemplare di success story…
Ebbene, per una persona così l’essere messa sotto inchiesta
da due incogniti pm di Bergamo come primo indagato di una
lunga lista relativa all’intero vertice di Ubi Banca deve essere,
comprensibilmente, un vulnus duro da incassare. Sarebbe an-
cora sopportabile se non fosse visto quale indebito (illecito?)
abuso giudiziario. Ma c’è qualcosa di peculiare che rende tale
vicenda un “unicum” nel panorama bancario italiano, pur ric-
co di casi che negli ultimi anni hanno fatto notizia.
«Come – questo il Suo immaginabile ragionamento – io Nanni
Bazoli, persona che ha sempre cercato di svolgere il proprio
dovere facendo pazientemente e silenziosamente il pendolare
per 35 anni tra Brescia e Milano, messo alla gogna mediatica in
seguito ad un’inchiesta tanto arbitraria quanto discrezionale,
tanto opinabile nei contenuti penali quanto labile negli aspetti
probatori, devo andare a processo per rispondere ad accuse
infamanti e gratuite nei confronti miei, dei miei familiari e
collaboratori?». Lesa maestà? Accuse talmente infondate da
non meritare la benché minima risposta? Atteggiamento cer-
tamente comprensibile quando si ritiene di essere innocenti o
ingiustamente accusati. Ma non era questa l’arroganza rinfac-
ciata a Berlusconi quando reagiva ai “soprusi” della magistra-
tura? Non era questa la stupita, scandalizzata reazione con cui
Craxi, dall’alto del suo potere e del suo scranno parlamentare,
UNA SFIDA PER IL SISTEMA BANCARIO
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l e t t e r a a p e r t a a l p r o f e s s o r b a z o l i
accoglieva con un sorriso di incredula sufficienza le contesta-
zioni del pool Mani Pulite? E ancora, non è questa la benevola
ancorchè irritata rassegnazione con cui Giorgio Napolitano,
all’indomani dell’interrogatorio “subìto” al Quirinale dai pm
siciliani in ordine alle indagini sulla presunta “trattativa Sta-
to-mafia”, confidò all’amico che “il problema più grave oggi in
Italia è la magistratura inquirente”?
“Indignato”: così Lei si è dichiarato nell’unica volta che ha pre-
so pubblicamente la parola sulla vicenda per attaccare il suo
accusatore (Giorgio Jannone, imprenditore bergamasco pre-
sidente della Associazione Azionisti Ubi Banca, definito “una
persona frustrata nelle sue mire di potere sulla banca”) e per
criticare gli stessi pm bergamaschi con velate minacce tipo
“verificheremo i metodi seguiti in questa inchiesta dai magi-
strati inquirenti”. Una forma minatoria che nemmeno il vitupe-
rato Berlusconi, nonostante la sue scomposte invettive contro
i magistrati “mentalmente disturbati”, si era mai permesso. Ma
se Lei, oltre che indignato, è pure rassegnato al processo, per-
ché non è mai entrato nel merito delle accuse ma ha preferito
rivendicare a propria difesa i meriti – peraltro evidenti – acqui-
siti nel lungo percorso di liberalizzazione e concentrazione del
sistema bancario italiano? Vero è che nel merito potrà entrare
solo il processo di Bergamo – sempre che il Gup il 10 novem-
bre prossimo autorizzi il rinvio a giudizio per Lei e altri 34 in-
dagati oggetto di una certosina inchiesta di 70mila pagine du-
rata quattro anni – ma è altrettanto vero che, pur senza violare
la riservatezza della procedura, esiste comunque il modo per
reagire pubblicamente e doverosamente ad accuse giudicate
infondate o peggio infamanti. In particolare quando si tratta
di alcune oggettive enormità come la richiesta, da parte della
Guardia di Finanza di Bergamo, di arresto immediato per Lei e
la figlia Francesca per “indole delinquenziale particolarmente
accentuata”, come dire delinquenti abituali. Se non lo si fa si
autorizza il dubbio che vi sia qualcosa da nascondere o che si
abbia una sorta di coda di paglia. Indignarsi è giusto, in parti-
colare quando si è convinti della propria innocenza e si ritiene
di essere vittime di un’ingiustizia o peggio un accanimento per-
secutorio, rassegnarsi mai. La difesa processuale va demanda-
ta alle aule giudiziarie, ma la difesa mediatica va fatta, quando
si rende inevitabile come nel caso di cui si parla, sugli organi
di informazione. Anche se reagendo si corre l’alea di rinfoco-
lare la polemica dando fiato al “sadismo della cronaca”, quel
pensiero indecente che prende la mente di corrivi cronisti (e
talvolta di alcuni magistrati). Certo che rispondere prima del
giudizio, se questo non dovesse tenersi, potrebbe essere fatica
sprecata, ma poiché il processo mediatico è da tempo in atto
sui giornali occorre rispondere altrettanto mediaticamente. In
particolare di fronte ad alcune enormità: quale innocente o ri-
tenutosi tale, infatti, non reagirebbe all’accusa di “delinquente
abituale”? In particolare una persona di riconosciuto prestigio
e conclamata autorevolezza come Lei?
Ripetiamo: indignarsi è giusto, rassegnarsi mai. A prescindere
dall’esito della richiesta di rinvio a giudizio, tacere può suona-
re come una mezza ammissione di colpa. A maggiore ragione
quando l’eco mediatica ha raggiunto ampiezza e diffusione tali
da non poter essere ignorate. Anche se a tale proposito c’è
una riflessione pertinente da fare. Si tratta dell’ambiguità della
stampa, o meglio del differente atteggiamento tenuto dalle di-
verse componenti dell’informazione. A differenza di altri casi
meno clamorosi e all’apparenza meno gravi, c’è nei confronti
dell’inchiesta Ubi Banca una sorta di “conventio ad tacendum”
da parte della grande stampa nazionale. Reticenza o peggio
silenzio che stridono al cospetto della stampa “minore” - in-
tendiamo minore per audience e dimensioni - altrimenti detta
“scandalistica” che invece ha dato alla vicenda il rilievo rite-
nuto opportuno. Vero è che ciò rientra nella discrezionalità
di ciascun giornale, ma perchè una tale evidente differenza di
trattamento? Per il fatto che l’inchiesta, seppur ampiamente
documentata e circostanziata, è ritenuta quantomeno infon-
data e animata da uno zelo (accanimento?) inquisitorio degno
di miglior causa? Per la ragione che si tratta, come nel Suo
caso, di indagati eccellenti la cui probità è fuori discussione e
non mette conto di parlarne col rischio di essere smentiti dagli
esiti del processo? Per una dietrologia usa a immaginare com-
plotti di poteri occulti contro i poteri forti della finanza? Per
la “opinabilità” penale (patti occulti, ostacolo alla vigilanza,
illecita influenza sugli organi societari, omissione sistematica
degli obblighi previsti dall’antiriciclaggio, reato quest’ultimo
su cui sta indagando la Procura di Brescia) e la labilità proba-
toria dei reati contestati? Per il motivo, riassumibile sotto la
generica formula di “gestione padronale e familistica”, che si
tratta di una questione più morale o deontologica che penale
(anche se, detto per inciso, per un cattolico come Lei il pecca-
to morale dovrebbe essere più grave del reato penale)?
Per ora vale l’augurio a Lei e a Ubi Banca di uscire bene dal
processo e ancor meglio dal relativo giudizio. Ma vale anche
un altro auspicio: accettare il processo, se verrà celebrato,
come una delle prove che il destino può riservare a chiunque,
anche ai più immacolati e insospettabili. Ma se questa deve
essere la Sua ultima sfida, che sia. Una sfida non solo per se
stesso ma per il sistema.
Alessandro Cheula
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PAOLOBORGHETTI
AFFERMA CHE: «UN OBIETTIVONON È ALTRO CHE UN SOGNO
CON UNA SCADENZA»E IL SUO SOGNO
ERA FAREL’IMPRENDITORE.
S T O R I E D I C O P E R T I N A
NEL 2008 DECIDE DI AVVENTURARSINEL MONDO DELL’INTERMEDIAZIONE ASSICURATIVA
E FINANZIARIA. UNA SFIDA NON DA POCO,CHE L’HA PORTATO AD APRIRE L’AZIENDA OGGI CHIAMATA
INSURANCE BROKER SRL SPECIALIZZATA NEL RISK MANAGEMENTE NEL TRADE CREDIT CHE CONTA UN PORTAFOGLIO CLIENTI
DI OLTRE CINQUE MILIONI DI EURO E LA GESTIONE DEL RISCHIODI OLTRE TRECENTOCINQUANTA AZIENDE
PARI AD UN MILIARDO E DUECENTO MILIONIDI FATTURATO ASSICURATO.
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S T O R I E D I C O P E R T I N A
1. Paolo mi spiega in sintesi cosa fa INSURANCE
Broker SRL?
INSURANCE Broker SRL è una società di servizi che gestisce i
rischi delle aziende produttive che hanno fatturati sopra i cin-
que milioni di euro. La priorità di INSURANCE Broker SRL
sono i rischi correlati ad una bassa probabilità di accadimento,
tra questi posso citare i rischi catastrofali (vedi terremoti ed
incendi) ed i rischi legati all’insolvenza di pagamento: ormai le
aziende produttive che in Italia funzionano sono quelle proiet-
tate sull’export e facendo export non è possibile non avere un
Broker che tiene costantemente sotto controllo la situazione
finanziaria e lo stato di salute dei propri clienti.
2. Si dice che Lei sia partito da zero…
In realtà questa è un’inesattezza e ci tengo a sottolinearla: sono
partito da sotto zero con un fido bancario di diecimila euro!!
Iniziai le prime esperienze nel mondo finanziario presso un
grosso istituto bancario assicurativo facendo il porta-a-porta,
suonando i campanelli delle aziende nelle zone industriali. Ri-
cordo ancora la scritta sui campanelli: «i signori rappresentan-
ti si ricevono solo al lunedì…» avevo ventidue, ventitré anni e
promuovevo prodotti finanziari e previdenziali. Il porta-a-por-
ta ti segna, ma è un’esperienza fondamentale per chi vuole
avere successo nel mondo del lavoro. Lì iniziai i primi contatti
con il mondo imprenditoriale e me ne innamorai: capii che da
grande volevo fare l’imprenditore!
3. E poi creò INSURANCE Broker SRL?
Poi, dopo tanta gavetta, capii che per emergere in un settore
chiuso e ristretto come quello finanziario dovevo differenziar-
mi dal resto del mercato puntando su innovazione e alta spe-
cializzazione. Mi interessai da subito allo studio delle medie e
grandi aziende e nei rami di attività cardine delle nostre aree
produttive (vedi acciaierie, fonderie e pressofusioni) d’altron-
de non scopro certo io che Brescia è il cuore pulsante europeo
della produzione e della lavorazione dell’Alluminio. Per quanto
riguarda l’innovazione iniziai ad abbandonare il mercato as-
sicurativo generalista (sempre più improntato alla vendita di
prodotti assicurativi standard e preconfezionati) ed a guardare
con interesse al mercato anglosassone. Credo che Londra ab-
bia segnato la svolta nel percorso di INSURANCE Broker SRL.
Oggi andiamo in azienda, monitoriamo i rischi attraverso ispe-
zioni tecniche e costruiamo attraverso gli underwriter londi-
nesi il paracadute personalizzato che può salvare le aziende
da qualsiasi caduta economica causata da un evento dannoso.
4. Quindi Lei sta dimostrando che non é impossibile
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per un ragazzo giovane
fare impresa in Italia?
In questi anni ho affrontato molte
difficoltà tra le quali la diffidenza
degli imprenditori nell’affidarsi ad
un giovane con idee innovative.
Spesso la giovane età è vista come
ostacolo e non come un valore
aggiunto e questo và a discapito
della meritocrazia. Ho cercato di
fronteggiare questo limite attra-
verso la coerenza: se sei coerente
sei efficace! La coerenza è potente
come il raggio di un laser: ci vuole
sovrapposizione perfetta tra l’es-
sere e il fare.
Sono sicuro che per emergere
nel nostro Paese servano ca-
pacità tecniche e relazionali,
predisposizione al sacrificio e
soprattutto avere sempre fame,
questa ti permette di avere sempre quel fuoco dentro per rag-
giungere obiettivi sempre entusiasmanti e ambiziosi.
5. Qual é la dote che l’ha aiutato maggiormente?
Su tutte l’auotoconsapevolezza. Autoconsapevolezza significa
in primo luogo sapersi osservare da fuori, conoscere i propri
punti di forza e le proprie aree migliorabili e su queste ultime
lavorare con perseveranza.
Se INSURANCE Broker SRL cresce ogni anno del 30 % del fat-
turato è perché ogni persona che fa parte dell’organizzazione
mira all’eccellenza. La ricchezza ed il successo di ogni azienda
è data dalle risorse umane, perciò ho sempre sposato il princi-
pio organizzativo della piramide orizzontale in cui non esisto-
no gradi ma solo persone, unite dal forte ed ardente desiderio
di raggiungere l’obiettivo comune, gestite da un leader che le
sappia ogni giorno motivare.
6. Ci sono persone che l’hanno aiutata in questo percorso?
Sicuramente devo ringraziare i miei genitori; mio padre, per-
ché mi ha insegnato che tutto quello che si vuole ottenere lo si
ottiene solo con il sacrificio e con la dedizione al lavoro. Con il
suo esempio ho capito che le difficoltà che si presentano non
vanno amplificate ma affrontate nell’immediato; solo così si
diventa uomini di successo.
Mia madre, perché mi ha tra-
smesso quei valori guida che
oggi mi permettono di non per-
dere mai la rotta.
Parallelamente mi sento di ringra-
ziare Massimo Cabassi e l’archi-
tetto Giorgio Galbiati, entrambi
pilastri fondamentali nella strut-
tura di INSURANCE Broker srl.
Entrambi nel 2011 abbandonaro-
no dei lavori sicuri per seguire la
follia di un ragazzo di venticinque
anni che voleva fare l’imprendi-
tore. Sarò sempre grato a loro
in quanto hanno vissuto con me
ogni singolo sacrificio fatto per la
creazione di INSURANCE Broker
srl. Spero mi seguiranno anche in
altre follie che ho in mente…
7. Quali sono i prossimi
obiettivi di INSURANCE Broker?
Nell’immediato sto lavorando da un anno ad un progetto su
Londra che vedrà potenziare la presenza di INSURANCE
Broker srl nella city inglese.
Parallelamente vorremmo aumentare uno dei nostri corebusi-
ness: i “programmi internazionali” in quanto sempre più spesso
con la globalizzazione vediamo i nostri imprenditori lombardi
spostare le sedi produttive all’estero. Di certo non possiamo
stare a guardare ma cavalcare il cambiamento e vederlo come
opportunità. Anche oltre i confini nazionali c’è molto da fare in
tema di risk management.
8. E le passioni di Paolo Borghetti oltre il lavoro?
La mia più grande passione al di fuori del lavoro è il calcio.
Provengo dal mondo del calcio in quanto ho passato tutta la
mia adolescenza ad inseguire il sogno di fare il calciatore. Feci
due anni nei professionisti, ma non avevo ancora il carattere
per gestire certe pressioni. Ho ancora un conto in sospeso con
il mondo del calcio e certamente mi sono ripromesso che ci
rientrerò un giorno dalla porta principale magari in vesti ma-
nageriali e sicuramente con un carattere diverso da allora.
Nell'immagine, Paolo Borghetti
BROKER INSURANCE Sede: Via Crocifissa Di Rosa, 15 Brescia 25128 - Tel. 030.33.99.568 - Fax 030.30.79.85
Web Site www.brokerinsurance.eu - E-Mail [email protected]
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g r a n d i a z i e n d e
ECCELLENZE MADE IN BRESCIA
ALIMENTARE.
GRANA PADANO DOP: IL SALE NEL FORMAGGIO
FA BENE ALLA SALUTE
RICERCA DELLA PENN STATE UNIVERSITY RIVELACHE SODIO NEI FORMAGGI PUÒ CONTRIBUIRE
A PROTEGGERE L’ORGANISMO, COMBINATO A PROTEINEE NUTRIENTI COME QUELLI CONTENUTI NEL GRANA PADANO DOP
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www.granapadano.it
Il sodio nei formaggi ha una funzione protettiva dell’organismo
quando interagisce con proteine e nutrienti, elementi di cui il
Grana Padano Dop è particolarmente ricco. A stabilirlo una
ricerca condotta dalla Penn State University, il celebre ateneo
americano all’avanguardia negli studi sull’alimentazione.
Lo studio ha messo a confronto il formaggio con pane salato e
simil-formaggi a base di soia e ha valutato gli effetti misurando
con il sistema laser doppler le funzioni vascolari delle persone
che si sono prestate alla ricerca.
“Le più recenti raccomandazioni dei dietologi suggerisco-
no di limitare l’assunzione di sodio – ha detto spiegando
i risultati la Prof.ssa Lacy Alexander – ma i nostri dati
indicano che se l’assunzione è legata a derivati del latte, ad
esempio formaggi, può avere effetto protettivo”.
“Dopo gli studi che hanno rivelato l’importanza del Grana
Padano Dop in una dieta che aiuti il controllo della pressio-
ne arteriosa – ha commentato Stefano Berni, Direttore
Generale del Consorzio Tutela Grana Padano – questa
nuova ricerca conferma quanto la bioattività delle proteine
ad alto valore biologico, dei minerali e delle vitamine in-
dispensabili al metabolismo umano e delle sostanze che si
formano naturalmente durante la stagionatura, contribui-
scano a tutti gli effetti a fare del Grana Padano Dop un
alimento funzionale che promuove il benessere”.
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g r a n d i a z i e n d e
www.educazionenutrizionale.granapadano.it
Nella sezione Alimentazione si trovano ricette equilibrate che
indicano come cucinare i piatti, ma anche i contenuti nutrizio-
nali corrispondenti: macronutrienti, calorie, proteine, etc. Qui
sono anche consultabili i “Manuali per la Corretta Alimen-
tazione”, dedicati a bambini, donne, over 65, e sportivi.
Nella sezione “Stile di Vita” sono a disposizione consigli per
l’attività fisica, le Pillole della Salute ed altro ancora.
Utili e facili da usare sono le APP scaricabili per determinare
da soli la dieta più adeguata al proprio corpo. Nella sezione
APP e Diete del sito si scopre come creare la propria dieta,
come calcolare le calorie dei pasti, come suddividerle tra i 5
pasti quotidiani e via dicendo. Non si promettono diete mira-
colistiche, ma vengono indicati consigli utili per cambiare il
proprio stile di vita, rifacendosi ai cardini basilari della dieta
mediterranea, accompagnata dall’attività fisica.
Con la App “Calorie e Menù” è possibile conoscere in tempo
reale le calorie che ognuno dovrebbe assumere ogni giorno,
compilando in soli due minuti un form che calcola il proprio
Indice di massa corporeo, rapportandolo al proprio stile di
vita. Come risultato la App elabora per ognuno 285 pasti per-
sonalizzati, suddivisi in menu settimanali, 2 per ogni stagione
dell’anno.
La App “Dieta del Grana Padano” è stata studiata per aiu-
tare le persone sovrappeso a dimagrire: propone menu setti-
manali comprensivi di ricette leggere e gustose che coniugano
gli alimenti tradizionali della dieta mediterranea a quelle del
Grana Padano DOP, alimento “funzionale” in quanto natural-
mente ricco di molecole con proprietà benefiche e protettive.
La APP “Anti Age” suggerisce l’alimentazione migliore per
rallentare l’invecchiamento delle cellule.
Il nuovo sito di “Educazione Nutrizionale Grana Pada-
no” si rivolge anche a medici ed operatori sanitari, per fornire
loro un aggiornamento costante sul tema del rapporto alimen-
tazione e benessere e per l’educazione alimentare dei loro as-
sistiti.
Nel 2004 ENGP ha creato lo strumento innovativo Osserva-
torio Nutrizionale (OGP): un software che “fotografa” gli stili
alimentari della popolazione italiana con appositi questionari
somministrati dai Medici e Pediatri di libera scelta ai loro as-
sistiti, ai quali nel 2007 si sono aggiunti Dietisti e altri Medici
Specialisti. I dati raccolti, elaborati dal software, consentono
al medico d’integrare la diagnosi utile al percorso terapeutico
del paziente.
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D o p o B a r c e l l o n a
LA POLVERIZZAZIONE DEL TERRORISMOGLOBALIZZATO DA QUELLO ISLAMICO E IDEOLOGICO DI AL QAEDA A QUELLO ISLAMISTA E “TEOLOGICO” DELL’ISIS
S C R I V E A L E S S A N D R O C H E U L A
LA DISPERAZIONE NON CREA GLI ASSASSINI, CREA DEI DISPERATI CHE PENSANO A SOPRAVVIVERE. È L’IDEOLOGIA CHE HA SEMPRE
STORICAMENTE CREATO I TERRORISTI: LA NOVITÀ, NEL CASODEI TERRORISTI MUSULMANI, È CHE ALL’IDEOLOGIA ISLAMICA
SI SOMMA UNA TEOLOGIA ISLAMISTA.
I terroristi non sono disperati o deprivati ma quasi tutti socialmente, anche se non culturalmente, integrati: per ciò hanno tutto il tempo e i mezzi, a differenza degli immigrati disperati o deprivati, per radicalizzarsi ideologicamente o etremizzarsi
“teologicamente”. I disperati hanno altri bisogni, pensano a sopravvivere, non pensano a mettere le bombe o farsi saltare in aria. Ecco perché è sbagliato pensare che nella lotta contro il terrorismo sia sufficiente, benché necessaria, l’integrazione: ammessa
che questa avvenga sul piano sociale e civile, non è detto che lo diventi anche sul piano culturale e “morale”.
Quali rimedi? L’integrazione non basta poiché, come ampiamente domostrato in tutti gli episodi di terrore a cominciare dalle Torri Gemelle di New York, i terroristi islamici sono quasi tutti integrati. Lavoratori o studenti o disoccupati assistiti che, quando si
radicalizzano ideologicamente o si estremizzano “teologicamente”, non hanno nemmeno bisogno di entrare in clandestinità (cosa di cui invece necessitavano i brigatisti italiani del secolo scorso). Ci pensano infatti le rispettive comunità islamiche a creare intorno a loro la cortina di omertà che, pur non degenerando in aperta complicità o collusione, resta comunque una forma di colpevole connivenza. Né più né meno come accade per la
criminalità mafiosa siciliana, campana, calabrese o pugliese i cui adepti o affiliati possono vivere decenni nella più assoluta omertà delle rispettive comunità.
Gli slamici che vivono in Europa sono quasi 50 milioni, circa l’8% della popolazione europea. L’integrazione è un rimedio necessario ma non sufficiente poiché i terroristi,
compreso il capo della cellula di Barcellona “studente modello che amava le automobili”, sono socialmente integrati con un lavoro e uno stato civile da normali cittadini. Integrare
va bene ma non basta a battere il terrorismo: finché l’integrazione non diventa anche culturale, oltre che sociale, e finché le comunità islamiche, pur non essendo complici o colluse, forniranno l’omertà connivente, i terroristi musulmani potranno continuare a
radicaliizarsi ideologicamente ed estremizzarsi teologicamente.
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D o p o B a r c e l l o n a
IL TERRORISMOTRA CRONACA
E STORIA DA QUELLO IDEOLOGICO BRIGATISTA
A QUELLO “TEOLOGICO” ISLAMISTA
S C R I V E A L E S S A N D R O C H E U L A
IL TERRORE GLOBALE NELLA SOCIETÀ DI MASSA
Ripetiamo: le ingiustizie sociali creano al massimo dei dispe-
rati e dei disadattati, degli incazzati e degli esasperati, dei ri-
voltosi e dei ribelli, ma è l’ideologia POLITICA brigatista o la
teologia religiosa fondamentalista che creano gli assassini.
Dal nichilismo russo alle Br italiane, il terrorismo anti-sistema
non è un prodotto del capitalismo ma un cascame dell’ideo-
logia. Ecco perché i Nar o le Br come le abbiamo conosciute
trenta e quaranta anni fa non torneranno. Per la ragione che è
scomparsa l’ideologia che ne costituiva l’humus, la linfa vitale
e il brodo di coltura. Il che non significa abbassare la guardia
ma distinguerne le tipologie e discernerne le genesi per me-
glio prevenirlo e combatterlo. Sia quello ideologico del secolo
scorso con la sua «lucida» ancorché macabra e criminale fol-
lia, sia il ribellismo individuale, grottesco, anarcoide e «pate-
tico», se non fosse anch’esso criminoso benché non sangiina-
rio, dei giorni nostri. Due modelli. Il primo dei quali incarnato
dall’archetipo dei «cattivi maestri» degli anni ’70, il Toni Negri
di «Potere Operaio», teorico non solo della «lotta» ma anche
della «violenza» di classe. Lotta fino alle estreme conseguen-
ze, ben oltre la composizione del fisiologico conflitto di inte-
ressi che costituisce il motore dello sviluppo in una società
democratica, dove la dialettica degli interessi conflittuali del
mercato (il conflitto cioè la prassi del liberismo economico)
deve comporsi nella dialogica sui valori consensuali nello Sta-
to (il consenso ossia l’etica del liberalismo politico) attraverso
la dinamica degli ideali concorsuali nella società (il concorso
ovvero l’epica del solidarismo sociale). Più chiaramente: se il
liberismo economico è una prassi degli interessi, il liberalismo
politico è un’etica dei valori e il solidarismo sociale un’epica
degli ideali.
Il secondo, il ribellismo, rappresentato – ricordate? – dalla gio-
vane laureata precaria che lanciò un candelotto lacrimogeno
contro Bonanni, segretario generale della Cisl. Infine gli ultimi
rigurgiti dei vari gruppi anarchici, più o meno ideologicamente
fanatici o fondamentalisti, con le loro minacce verbali spesso
seguite da agguati violenti seppure non letali.
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D o p o B a r c e l l o n a
CONTRO SEVERINO:TERRORISMO 4.0
O TERRORE“FAI DA TE”?
S C R I V E A L E S S A N D R O C H E U L A
DOPO L’ATTENTATO ALLE RAMBLAS
Certo che il terrorismo sarà sconfitto. Come è certo che i jihadisti colpiscono invano poiché la democrazia vincerà avendo degli anticorpi più forti di qualsiasi dittatura e
qualunque minaccia. Ma non è certo che sarà sconfitto fatalmente dal “progresso tecnico scientifico” poiché anche i terroristi, sia islamici che islamisti (sia ideologici che religiosi
ossia “coranici”) si servono della tecnologia (le Torri Gemelle ne sono una conferma).Non sarà la tecnologia a sconfiggere automaticamente il terrorismo, sarà il progresso delle civiltà nel loro insieme di cui quello tecnico-scientifico è parte. In una cosa ha
ragione Severino: il fatto che tutti i sistemi esistenti, e quindi la stessa civiltà umana nel suo complesso, saranno sottoposti alla tecnologia e sottomessi al nuovo Dio del progresso
tecnico-scientifico. Questo nuovo Dio è la quinta Rivoluzione Industriale: l’intelligenza artificiale, vale a dire la tecnologia che riproduce se stessa senza intervento umano. Ossia la tecnologia capace non solo di fare ma pure di pensare (chi non ricorda Al, il computer
di “Odissea nello spazio”, del grandissimo Stanley Kubrik, che si ribella all’uomo e continua la sua corsa nel cosmo?).
È questo, secondo Severino, il nuovo Dio che bussa alla porta. Heidegger lo aveva previsto: è il nuovo nichilismo, “il più inquietante degli ospiti”.
DALLA “GEOMETRICA POTENZA” DI AL QAEDA (LE TORRI GEMELLE)
AL TERRORISMO “FATTO IN CASA” DELL’ISIS(BARCELLONA)
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I n c h i e s t a U b i B a n c a
CAPITALISMOFAMILIARE
O FAMILISMOAMORALE?
COME OCCUPARE 45 POLTRONE GRATIFICANDO FIGLI,
GENERI E PARENTIL’ORGANIGRAMMA “BIPARTISAN” DEL GRUPPO BANCARIO
BRESCIANO-BERGAMASCO DI CUI I FONDI, AZIONISTIDI MAGGIORANZA, STANNO GIÀ PENSANDO AL PROSSIMO PRESIDENTE DELLA GESTIONE CHE PRENDERÀ IL POSTO
DI LETIZIA MORATTI, APPREZZATA FIGURA DI TRANSIZIONE.
Il decreto di perquisizione recapitato a suo tempo agli indagati del caso
Ubi definisce la gestione “familistica” della banca: nel districarsi tra
decine di incarichi e prebende, non si può dar certo torto ai magistrati.
La banca pare spartita da decenni tra due dinastie ben identi-
ficabili territorialmente: quella bergamasca degli Zanetti (Gui-
do, Emilio, Matteo, Laura, quest’ultima con il marito bocco-
niano Mario Massari) e quella bresciana dei Bazoli (Giovanni,
Stefano, Francesca, quest’ultima specularmente con il marito,
deputato montiano, Gregorio Gitti).
Con una architettura decisionale (è questo il tema al vaglio
degli inquirenti) tutta da decifrare, gli incarichi, direttamente
o indirettamente legati al Gruppo UBI, destinati alle dinastie
Zanetti e Bazoli raggiungono la notevole cifra complessiva di
ben 45 poltrone sin qui occupate da nonni, padri, rampolli, ge-
neri e parenti. Il tutto al cospetto degli altri soci, già sufficien-
temente perplessi (per usare un eufemismo) dopo la sdegnata
reazione riguardo all’esistenza, paventata dalla magistratura,
di patti segreti di spartizione tra Bergamo e Brescia. Ma gli
accordi, non troppo velati in verità, sembrano aver reso queste
banche (im)popolari.
Come in tutti i sistemi “monarchici” non può poi mancare qual-
che titolo di alto lignaggio riservato ai parenti. Ed ecco quindi
valorizzata a dovere anche la famiglia Folonari, i cui legami
con Bazoli discendono da parte di madre (Beatrice Folonari
era infatti la mamma di Bazoli senior).
Ma vediamo il dettaglio degli incarichi di quelle che appaiono
ogni giorno di più come due monarchie dinastiche a succes-
sione ereditaria.
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