Bottoni 2. Bozza Transilvania Rossa

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SAGGI E MONOGRAFIE DEL DIPARTIMENTO DI DISCIPLINE STORICHE DELL UNIVERSITÀ DI BOLOGNA / Direzione: Francesca Bocchi, Luciano Casali (coordinatore), Alberto De Bernardi, Maria Malatesta, Mauro Pesce, Mariuccia Salvati

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Transilvania

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  • SAGGI E MONOGRAFIE DEL DIPARTIMENTO

    DI DISCIPLINE STORICHE DELLUNIVERSIT DI BOLOGNA /

    Direzione: Francesca Bocchi, Luciano Casali (coordinatore),Alberto De Bernardi, Maria Malatesta, Mauro Pesce, Mariuccia Salvati

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    Carocci editore

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  • Stefano Bottoni

    Transilvania rossaIl comunismo romeno

    e la questione nazionale (-)

    Carocci editore

  • a edizione, settembre copyright by Carocci editore S.p.A., Roma

    Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari

    Finito di stampare nel settembre dalla Litografia Varo (Pisa)

    ISBN ----

    Riproduzione vietata ai sensi di legge(art. della legge aprile , n. )

    Senza regolare autorizzazione, vietato riprodurre questo volume

    anche parzialmente e con qualsiasi mezzo,compresa la fotocopia, anche per uso interno

    o didattico.

  • Indice

    Abbreviazioni e sigle

    Introduzione

    . La Transilvania come problema europeo (-)

    .. Una terra contesa .. Lalternativa sovietica .. Stalin e la Transilvania

    . Integrazione senza autonomia (-)

    .. La questione delle minoranze nellEuropa del .. La politica nazionale del PCR (-) .. Integrazione e interessi particolari: lUnione popolare

    ungherese .. Ebrei e tedeschi: esodo, restratificazione, discriminazione .. La correzione del .. Fattori sociali ed etnici nella repressione politica

    . Autonomia e terrore (-)

    .. La creazione della Regione Autonoma Ungherese .. Una fioritura di etnicit .. Purghe e ricambio di lite in Transilvania .. Unautonomia formale

    . Politiche nazionali differenziate (-)

    .. Il dopo-Stalin: continuit e rottura

  • .. Tentativi di istituzionalizzare lautonomia .. Fuori della RAU: la nazionalizzazione del regime .. Centro-periferia: dalla subordinazione alla dialettica

    . Un ecosistema stalinista: ideologia e identit nella Re-gione Autonoma Ungherese

    .. Apprendisti del potere .. Vincoli politici e spinte identitarie .. I molteplici ruoli della cultura .. Una questione irrisolta: larretratezza economica

    . Limpatto della rivoluzione ungherese (-)

    .. Una liberalizzazione controllata .. Il fattore Budapest .. Il compromesso di Miron Constantinescu .. Gli echi della rivoluzione ungherese .. Verso una lettura etnica della crisi .. Meglio attaccare il nemico quando politicamente iso-

    lato

    . Da Ruritani a Megalomani: la nascita di un comu-nismo romeno (-)

    .. Rappresaglia politica, nazionale, sociale: un bilancio .. La questione cattolica .. Lesodo della comunit ebraica .. La soppressione dellautonomia ungherese

    Epilogo. Lo Stato-nazione come teleologia politica e progetto sociale

    Indice dei nomi

    TRANSILVANIA ROSSA

  • Abbreviazioni e sigle

    ACNSAS Arhiva Consiliului national pentru studierea Arhivelor Securitatii, Bu-cure"ti/Archivio della Commissione nazionale per lo studio degli Ar-chivi della Securitate, Bucarest

    AFCER Arhiva Federatii comunitatiilor evreie"ti din Romnia, Bucure"ti/Archi-vio della Federazione delle comunit ebraiche di Romania, Bucarest

    Agit-prop Sezione agitazione e propagandaANDJM Arhivele nationale directia judeteana Mure", Trgu-Mure"/Sezione

    provinciale Mure" degli Archivi nazionali, romeni, Trgu-Mure"ANIC Arhivele nationale istorice centrale, Bucure"ti/Archivi nazionali stori-

    ci centrali romeni, BucarestVH llamvdelmi Hatsg/Autorit per la Difesa dello StatoAVP RF Archiv Vne&nei Politiki Rossiiskoi Federacii/Archivio di Politica este-

    ra della Federazione RussaCASBI Casa de administrarea "i supravegherea a bunurilor inamice/Fondo

    per lamministrazione e il controllo dei beni nemiciCC Comitetul central/Comitato centraleCDE Comitetul Democrat Evreiese/Comitato democratico ebraicoCentrocoop (Uniunea nationala a cooperativelor de consum/Centrocoop (Unione

    nazionale delle cooperative di consumo, dal ad oggi)CFR Caile Ferate Romne (Ferrovie dello Stato romane)COMECON Council for Mutual Economic Assistance/Consiglio per la mutua assi-

    stenza economicaCPADCR Comisia prezidentiala pentru Analiza Dictaturii Comuniste din Rom-

    nia/Commissione presidenziale per lanalisi della dittatura comunistain Romania

    CR PMR Comitetul regional PMR/Comitato regionale del Partito operaio romenoDIE Directia de informatii externe/Direzione controspionaggioEMISZ Erdlyi magyar ifjsgi szvetsg/Federazione giovanile ungherese

    transilvanaFND Frontul National-Democrat/Fronte nazionale-democraticoGosplan Gosudarstvennaja planovaja komissija/Commissione statale per la pia-

    nificazioneIMF Institutul de medicina "i farmacie/Istituto medico-farmaceuticoIncoop Institut national al cooperatiei/Istituto nazionale per la cooperazione,

    -

  • KGB Komitet gosudarstvennoi bezopasnosti/Comitato per la sicurezza del-lo Stato

    Komintern Kommunisticeskij internacional/Internazionale comunistaMADOSZ Magyar Dolgozk Szvetsge/Unione dei lavoratori ungheresiMAI Ministerul Afacerilor interne/Ministero dellInternoMDP Magyar Dolgozk Prtja/Partito dei lavoratori ungheresiMOL Magyar Orszgos Levltr, Budapest/Archivio nazionale ungherese,

    BudapestMSZMP Magyar Szocialista Munksprt/Partito socialista ungherese dei lavo-

    ratoriNA National Archives, LondonNEP Novaja ekonomiceskaja politika/Nuova politica economicaNKVD Narodnyj komissariat vnutrennyh del/Commissariato del popolo per

    gli Affari internio.d.g. ordine del giornoOHA Oral History Archive, BudapestONAC Oficiul national al colonizarii/Ufficio nazionale di colonizzazioneONT Oficiul national de turism/Ente nazionale del turismoONU Organizzazione delle Nazioni UnitePCdR Partidul comunist din Romnia/Partito comunista di RomaniaPCI Partito comunista italianoPCR Partidul comunist romn/Partito comunista romenoPCUS Partito comunista dellUnione SovieticaPCUS(b) Partito comunista dellUnione Sovietica (bolscevico)PMR Partidul muncitoresc romn/Partito operaio romenoPNT Partidul national taranesc/Partito nazionale contadinoPolitburo Politiceskoe bjuro/Ufficio politicoPSDR Partidul social-democrat din Romnia/Partito socialdemocratico di

    RomaniaRAU Regione Autonoma UnghereseRMSZ Romniai Magyar Sz/Voce ungherese della RomaniaRPR Republica Populara Romna/Repubblica popolare romenaSRI Serviciul romn de informatii/Servizio romeno di informazioniUFDR Uniunea femeilor democrate din Romnia/Unione femminile demo-

    cratica di RomaniaUPM Uniunea populara maghiara/Unione popolare unghereseUTM Uniunea tineretului muncitoresc/Unione della giovent operaiaVZ Vrs Zszl/Voce ungherese della Romania

    TRANSILVANIA ROSSA

  • Introduzione

    Questo volume ricostruisce la storia di una regione multietnica dellEuropacentro-orientale, la Transilvania (Ardeal/Erdly/Siebenbrgen ), nel periodocompreso dal al , anno dellelezione di Nicolae Ceau'escu a segreta-rio del partito comunista romeno. La scelta di una tale configurazione spazio-temporale trova una prima spiegazione nel fatto che allo storico che indaghiil passato recente della Romania riservato il privilegio, sempre pi raro nel-lEuropa centrale e sud-orientale in cui lo Stato-nazione si affermato (o riaf-fermato) prepotentemente dopo il crollo dei regimi comunisti, di poter veri-ficare sul campo, come una sorta di osservatore-partecipante, lattendibilitdel materiale documentario del quale si avvalso negli archivi. Con i suoi. km e quasi milioni di abitanti, la Transilvania rappresenta una mi-niera inesauribile di stimoli e sollecitazioni intellettuali per coloro che si inte-ressano alla storia del conflitto nazionale, alle tecniche statali di gestione e ma-nipolazione dello stesso, o alle pratiche quotidiane di segregazione (ovvero didelimitazione del confine etnico) e di convivenza attuate, in modo consape-vole o apparentemente spontaneo, dagli appartenenti ai gruppi nazionali/lin-guistici/religiosi che compongono da secoli lo spazio storico transilvano. Ilpresente volume mira proprio ad analizzare come un processo plurisecolare,come quello della costruzione degli Stati-nazione e delle identit esclusive adessi legate, abbia interagito con la sovrastruttura ideologica bolscevica e congli apparati di potere di stampo sovietico impiantati nellEuropa centro-orien-tale dopo la seconda guerra mondiale.

    Dal Medioevo in poi la Transilvania stata patria non condivisa di tregrandi gruppi nazionali (i romeni, gli ungheresi inclusi i cosiddetti secleri

    . Rispettivamente in lingua romena, ungherese e tedesca. Per Transilvania intendiamo quilinsieme dei territori ceduti dallimpero austro-ungarico alla Romania alla fine della primaguerra mondiale, con leccezione della Bucovina. Nel corso del volume utilizzeremo, qualoranon specificato, la toponomastica romena in uso dal .

    . La popolazione denominata seclera risiede tuttora compattamente nelle province diMure', Harghita e Covasna, e discende da trib guerriere, dallorigine etnica incerta, insedia-tesi in Transilvania fra il XII e il XIII secolo con il compito di difendere i confini orientali del re-gno dUngheria, posti lungo i Carpazi. I secleri entrarono a far parte delle tre nationes privile-giate della Transilvania, assieme agli ungheresi e ai sassoni, con latto dellUnio Trium Natio-

  • e i tedeschi, sassoni e &vabi ), e si ulteriormente arricchita nei secoli di pre-senze ebraiche, armene, ucraine, serbe, ceche e slovacche (senza dimentica-re la comunit rom, che da presenza numericamente trascurabile alliniziodel Novecento si trasformata nel terzo gruppo etnoculturale pi numero-so della regione, stimato oggi in quasi milione di persone ). A partire dal, la Transilvania si progressivamente compattata in una realt bina-zionale, con la completa sparizione negli anni Ottanta di due fra le comu-nit urbane pi influenti, quella tedesca e quella ebraica. Per i romeni e gliungheresi, rimasti negli ultimi decenni i soli titolari di unarea ormai svuo-tata della propria multiculturalit, il significato detenuto dalla Transilvanianellautorappresentazione e nei costrutti storico-nazionali si mantenuto in-tatto anche dopo la seconda guerra mondiale quando, sia in Ungheria sia inRomania, andarono al potere formazioni politiche di ispirazione internazio-nalista. Attraverso un processo di nazionalizzazione dellidentit perso-nale del quale si tratter ampiamente in seguito, nei decenni del comunismoil confine etnico tra le maggiori comunit si approfondito sino a informa-re ogni manifestazione della sfera pubblica nella quale esse interagiscano(dallaggiudicazione di un appalto pubblico allintitolazione di una piazza) .Di conseguenza, identit nazionali ormai cristallizzatesi e assai poco ricetti-ve nei confronti dellalterit continuano a fronteggiarsi quotidianamentecon i loro rispettivi cortei di riti e simboli.

    TRANSILVANIA ROSSA

    num (), che significativamente escludeva i romeni di religione ortodossa. Dal XV al XIX se-colo le sette sedes seclere cambiarono pi volte giurisdizione e appartennero fino al alla Co-rona ungherese, successivamente per quasi un secolo e mezzo al principato transilvano alleatodellimpero ottomano, infine allimpero asburgico e alla monarchia dualista (-). Le se-des seclere godettero sino al di unautonomia amministrativa soppressa dallo Stato un-gherese e mai pi riconosciuta, sino al , dalle autorit romene.

    . I sassoni, di religione originariamente cattolica ma passati al luteranesimo nel XVI seco-lo, vennero insediati in Transilvania nel XII secolo. I cantoni da essi abitati godettero di ampiaautonomia politica e culturale sino al . Gli &vabi, cattolici e di lingua tedesca, vennero in-sediati in Transilvania nel XVIII secolo da varie regioni dellimpero asburgico su iniziativa del-limperatrice Maria Teresa.

    . La ricostruzione delle vicende storiche della comunit rom dopo il si trova ancorain una fase embrionale, come testimonia il rapporto finale della CPADCR presentato a Bucarestil dicembre (http://www.presidency.ro/static/ordine/RAPORT_FINAL_CADCR.pdf,pp. - accesso effettuato il febbraio ).

    . Sulla nozione di confine etnico, J. W. Cole, E. R. Wolf, La frontiera nascosta. Ecologia eetnicit fra Trentino e Sudtirolo (), Carocci, Roma .

    . Per una recente analisi di taglio socioantropologico sul rapporto fra competizione sim-bolica e convivenza quotidiana a Cluj-Napoca nel periodo post- cfr. R. Brubaker et al., Na-tionalist Politics and Everyday Ethnicity in a Transylvanian Town, Princeton University Press,Princeton .

    . Sul ruolo della Transilvania nel discorso culturale e nella mitologia romena cfr. L. Boia,Istorie 'i mit n con'tiinta romneasca, Humanitas, Bucure'ti ; A. Mungiu, Transilvania su-biectiva, Humanitas, Bucure'ti ; sullimmagine della Transilvania nella cultura unghere-se cfr. L. Krti, The Remote Borderland: Transylvania in the Hungarian Imagination, StateUniversity of New York Press, Albany ; G. Csepeli, Nemzet ltal homlyosan, Szzadvg,Budapest .

  • Il caso transilvano parte del panorama storico caratteristico dellEuro-pa orientale: una periferia imperiale dalla tardiva e insufficiente urbanizza-zione e modernizzazione socioeconomica, nella quale per secoli la piramideetnonazionale tende a coincidere con quella sociale; convivenza di comunitin via di nazionalizzazione internamente fratturate sul piano confessionale(ortodossia/uniatismo fra i romeni, cattolicesimo/calvinismo/unitarianismofra gli ungheresi, cattolicesimo/luteranesimo fra i tedeschi, ortodossia/neolo-gia nella comunit ebraica). A differenza di altri casi Galizia, Slesia, Sudeti,Bosnia, Kosovo, Istria la nazionalizzazione della Transilvania e il perma-nente conflitto etnico, espresso in forme di competizione economica, politica,culturale, non hanno dato luogo a soluzioni radicali, definitive dello stesso.Neppure nei momenti pi aspri dello scontro sullegemonia (-, -,-) le lite locali si sono fatte portatrici di progetti di pulizia etnica da per-seguire mediante massacri ed eccidi su larga scala, espulsioni di massa o attidi terrorismo indiscriminato. Il conflitto etnico resta un problema irrisoltoche viene istituzionalmente mediato da partiti politici e gruppi dinteresse for-mati su base nazionale e si canalizza in forme perlopi pacifiche anche graziealla caratteristica assenza, nella storia della Transilvania moderna, della ghet-tizzazione urbana delle varie comunit. Qui non si sono formati quartieri oaree di insediamento formalmente separate per le diverse comunit (e non esi-stono neppure oggi, in centri romeno-ungheresi come Cluj-Napoca, Oradea,Satu Mare o Trgu-Mure'). Cos, soprattutto nel periodo comunista, la com-petizione etnica stata spesso acuita proprio dallintensit dei rapporti inte-retnici dettati dalle esigenze quotidiane della convivenza, una coesistenza omeglio un vivere-accanto non sempre desiderato ma generalmente accettato.

    Linteresse per loriginale storia della Transilvania ha generato negli ulti-mi decenni una produzione accademica che annovera numerosi contributi, so-prattutto di taglio politologico e antropologico, dedicati al periodo comunistae in particolare al regime guidato da Nicolae Ceau'escu . Molto stato scrit-

    INTRODUZIONE

    . A. Graziosi, Guerra e rivoluzione in Europa, -, Il Mulino, Bologna . La so-vrapposizione fra piramidi sociale ed etnica come chiave della comprensione delle fonti dei con-flitti interetnici in Transilvania viene proposta da Katherine Verdery riprendendo la nozioneneomarxista di Michael Hechter sullineguaglianza come sistema proposta nel celebre InternalColonialism: The Celtic Fringe in British National Development, -, University of Califor-nia Press, Berkeley (K. Verdery, Internal Colonialism in Austria-Hungary, in Ethnic andRacial Studies, , , pp. -).

    . Sulle strategie delle lite transilvane nella prima met del Novecento, F. Bocholier, S.Bottoni, lites et ethnicit en Transylvanie, dun aprs-guerre lautre, in N. Bauquet, F. Bo-cholier (ds.), Le communisme et les lites en Europe centrale, PUF, Paris , pp. -. Re-lativamente alla Romania, cfr. F. Guida, De Sighet Pite'ti: le calvaire des lites roumaines dansla Roumanie de Gheorghiu-Dej, ivi, pp. -; C. Vasile, Une rpression diffrencie: uniates etorthodoxes en Roumanie stalinienne, ivi, pp. -.

    . Una bibliografia orientativa delle opere di profilo storico, sociologico e politologicopubblicate dal al sulla questione transilvana, curata da Constantin Iordachi e Nn-dor Brdi, in B. Trencsnyi et al. (eds.), Nation-Building and Contested Identities: Romanianand Hungarian Case Studies, Regio-Polirom, Budapest-Ia'i , pp. -.

  • to e pensato sulla specificit del conflitto nazionale nellEuropa centro-orien-tale rispetto a quella occidentale (a partire dalla celebre distinzione di HansKohn fra nazionalismi di stampo civico, tipici dellEuropa occidentale, edetnici, diffusi nelle zone degli ex imperi asburgico, russo e ottomano), sullecontraddizioni fra la teoria nazionale marxista-leninista e le sue applicazioniin Unione Sovietica e successivamente nel blocco socialista, sulla genesi cul-turale del comunismo nazionale nella Romania di Nicolae Ceau'escu.

    Integrando le nozioni e griglie interpretative disponibili con una massadi informazioni riservate sinora inaccessibili, questo volume analizza le radi-ci storiche, le motivazioni ideologiche e culturali sulle quali si bas negli an-ni Settanta e Ottanta il progetto nazionale di Ceau'escu. Il caso transilvasnoviene dunque contestualizzato nel pi ampio orizzonte concettuale relativoallinterazione fra palingenesi sociale e progetto nazionale nella storia euro-pea del Novecento. Pur senza assolutizzare le differenze nello sviluppo sto-rico delle due Europe, studiosi di formazione culturale assai diversa qua-li Jen Sz(cs, Istvn Bib, Ernest Gellner e John Armstrong, e prima di lo-ro, Lewis Namier individuano una mancata sincronia (o meglio una sincro-nia interrotta): nella parte occidentale del continente europeo il processo diformazione degli Stati culturalmente unitari affonda le sue radici nel tardoMedioevo o nellet moderna, mentre in vaste aree situate al di l del fiumeElba e del mare Adriatico la creazione di Stati nazionali governati da lite au-toctone ha preso avvio soltanto nel corso dellOttocento, per conoscere la fa-se di massima intensit e violenza nel secolo appena trascorso. Il progetto diStato-nazione si attuato in un processo che era frutto tanto dellanelito ri-sorgimentale ottocentesco quanto dei meccanismi di autorappresentazionee individuazione del nemico innescati dagli apparati statali e dalle lite cul-turali nella seconda met dellOttocento ma divenuti fenomeno di massasolo nel Novecento.

    Lanalisi della quotidianit del regime comunista in Transilvania, dellerapide e traumatiche trasformazioni sociali e culturali imposte dal progettoideologico comunista pu divenire una cartina di tornasole per compren-dere ragioni e modi nei quali ampie zone dellEuropa centro-orientale sonostate ridotte, proprio in quei decenni, da aree multietniche e (talora incon-sapevolmente) multiculturali in Stati tendenzialmente omogenei.

    Le tensioni etniche che punteggiarono la storia dei regimi comunisti so-no interpretate in questo volume non come il risultato di una deriva na-zionalista, di unerrata ricezione della dottrina marxista-leninista, ma comela conseguenza inevitabile, dotata di una propria logica e coerenza interna,di una compatibilit di natura non teoretica ma programmatica fra bolsce-vismo (o suoi spezzoni ideologici) e progetto nazionale . La storia dei regi-

    TRANSILVANIA ROSSA

    . Per una discussione generale R. R. King, Minorities under Communism: Nationalitiesas a Source of Tension among Balkan Communist States, Harvard University Press, Cambridge(MA) ; W. Connor, The National Question in Marxist-Leninist Theory and Strategy, Prince-

  • mi comunisti costituiti in Stati multinazionali fu ovunque percorsa da un le-game fra sentimenti di appartenenza politica (lealt allimpero sovietico,lotta di classe contro i kulak nelle campagne e contro gli elementi bor-ghesi nelle citt) e pratiche di ingegneria etnosociale. Il risultato di talecompenetrazione fu la trasformazione dellavventura ideologica del comu-nismo in un sistema integrato di misure burocratiche e discorsi politico-cul-turali volti ad attuare un progetto assai pi antico: quello di creare uno Sta-to-nazione omogeneo, nel nostro caso uno Stato dei romeni e per i romeni(pi esattamente: degli individui di etnia romena), uno Stato al servizio del-le esigenze economiche e sociali di unlite in progressivo allargamento pro-veniente per la quasi totalit dai ranghi della maggioranza etnica . Tale pro-cesso giunse a compimento negli anni di Nicolae Ceau'escu (-) ma lesue basi erano state poste dal predecessore Gheorghe Gheorghiu-Dej (-). La creazione di uno Stato etnocratico, ottenuta senza il ricorso a eccidio spostamenti di popolazione, fu possibile soltanto attraverso lo sfrutta-mento massiccio della strumentazione coercitiva a disposizione dei regimitotalitari di tipo sovietico in tutta lEuropa orientale dal al .

    Questo volume si basa, oltre che sulla bibliografia specialistica, suunampia rassegna di fonti documentarie inedite, in primo luogo sui mate-riali sinora inesplorati provenienti dagli apparati del regime comunista ro-meno: i ministeri dellInterno e della Giustizia (negli archivi del Consiliulnational pentru studierea Arhivelor Securitatii), il Comitato centrale del par-tito comunista (Archivi nazionali romeni, fondo Comitato centrale del Par-tito comunista romeno, Cancelleria, sezioni organizzazione, agitazione epropaganda, economia, affari esteri), il comitato regionale del partito co-munista (verbali della segreteria e dellUfficio politico, rapporti e note del-le sezioni e dei comitati distrettuali) di una zona-chiave della Transilvaniamultietnica, la Regione Autonoma Ungherese creata nel e smantellatanel . Diversi materiali archivistici finora secretati sono stati inoltre con-sultati negli Archivi nazionali romeni nel quadro del lavoro svolto nellesta-te-autunno in qualit di consulente della CPADCR.

    Nella convinzione che le informative di polizia, gli stenogrammi di riu-nioni operative, le registrazioni relative a conversazioni intercettate o i verba-li di interrogatorio non siano per sempre in grado di restituire al lettore lacomplessit di un microcosmo sottoposto in tempo di pace a sconvolgimen-

    INTRODUZIONE

    ton University Press, Princeton ; A. W. Kemp, Nationalism and Communism in Eastern Eu-rope and the Soviet Union: A Basic Contradiction?, Macmillan, London ; M. Cattaruzza (acura di), La nazione in rosso. Socialismo, comunismo e questione nazionale, -, Rubbet-tino, Soveria Mannelli .

    . Intuizioni e spunti di grande interesse sul nesso rivoluzione sociale-rivoluzione nazio-nale, ispirati alla sociologia weberiana e allapproccio neocolonialista, nello studio seminaledi K. Jowitt, Revolutionary Breakthroughs and National Development: The Case of Romania,-, University of California Press, Berkeley .

  • ti sociali e crimini di classe e/o etnici, si cercato di integrare tali fonti conaltre tracce documentarie non meno importanti: i rapporti della diplomaziasovietica, ungherese e britannica da Bucarest e Cluj, la preziosa documenta-zione dellarchivio della Federazione delle comunit ebraiche romene di Bu-carest, la sezione manoscritti della biblioteca del Teleki Lszl Alaptvny diBudapest, larchivio della Erdlyi Mzeum-Egyeslet, centro culturale tran-silvano con sede a Cluj-Napoca. Elementi utili per la ricostruzione delle di-namiche economiche e sociali sono inoltre giunte dallanalisi delle fonti cen-suarie (, -, , , ), mentre per sovrapporre alla grandestoria politica la dimensione quotidiana degli eventi narrati stato effet-tuato lo spoglio sistematico o selettivo di una dozzina di quotidiani e perio-dici editi in Romania dal alla prima met degli anni Sessanta.

    La documentazione archivistica stata infine sottoposta al filtro dellamemoria individuale e collettiva, attraverso le quasi cinquanta intervisteconsultate allarchivio di storia orale dellIstituto per storia della rivoluzio-ne del di Budapest, quelle conservate al Jakabffy Elemr Alaptvny diCluj-Napoca, e non in ultima istanza grazie alle numerose conversazioni dicarattere informale sostenute in anni di ricerca con testimoni o protagonistidelle vicende transilvane degli ultimi decenni.

    Ringraziamenti

    Mi sento profondamente debitore nei confronti di tutti coloro che mi hanno aiuta-to e sostenuto nel corso di questa ricerca, in primo luogo Francesco Benvenuti eNndor Brdi, che mi hanno introdotto rispettivamente alla storia dei sistemi di ti-po sovietico e allo studio del conflitto etnico in Transilvania. Senza il loro costantesostegno e incoraggiamento questo volume non avrebbe visto la luce.

    Rivolgo inoltre un sentito ringraziamento a Dennis Deletant, Guido Franzinet-ti, Andrea Graziosi, Fernando Orlandi e Carla Tonini, che hanno letto e commenta-to il dattiloscritto o sue singole parti. Il generoso sostegno del dipartimento di Di-scipline storiche dellUniversit di Bologna, e in particolare di Mariuccia Salvati eAlberto De Bernardi, mi ha garantito in questi anni la serenit necessaria per porta-re a compimento un lavoro di ricerca lungo e complesso.

    Un grazie per nulla formale, inoltre, a tutti gli archivisti, bibliotecari, colleghi eamici romeni e ungheresi, per avermi accolto con calore e disponibilit e per aver age-volato le ricerche compiute negli ultimi cinque anni soprattutto a Bucarest, Cluj-Na-poca e Trgu-Mure'. Le conversazioni svolte intorno ai temi della nostra ricerca mihanno arricchito professionalmente e umanamente; sono certo che, al di l dei debitirivelati nelle note a pi di pagina, molte delle osservazioni, consigli e critiche si sianotravasate in un lavoro delle cui lacune e debolezze resto peraltro lunico responsabile.

    Desidero infine ringraziare di cuore i miei genitori, che mi hanno incoraggiatoad approfondire una passione per la storia coltivata sin da bambino, e mia moglieRka, per la pazienza e il rispetto con i quali fronteggia quotidianamente i disagi chequesta strana professione comporta. A loro dedico questo libro.

    Bologna-Budapest, luglio

    TRANSILVANIA ROSSA

  • La Transilvania come problema europeo(-)

    .Una terra contesa

    Dalla Piccola Romania () alla Grande Romania () lidea dello Statonazionale, che comprendesse allinterno delle sue frontiere tutti i romeni, do-min i progetti e i sentimenti della nazione . Con queste parole un noto sto-rico romeno fissa il coacervo di spinte emotive che accompagn lintegrazio-ne della Transilvania (oltre che della Bessarabia, della Dobrugia e della Bu-covina) con gli ex principati di Moldavia e Valacchia il Regat sancito nel dal Trattato di Versailles. Conformemente allapologo gellneriano relati-vo alla contesa fra immaginari Ruritani e Megalomani, nella Grande Ro-mania (Romnia Mare) i confini statali giungevano per la prima volta a coin-cidere con quelli etnici della nazione romena. Il nuovo Stato era per un or-ganismo estremamente frammentato dal punto di vista sociale ed etnico. Alcensimento del quasi un terzo della popolazione apparteneva a una qual-che minoranza etnolinguistica. Le nuove frontiere univano regioni legate alpercorso storico di tre imperi asburgico , zarista e ottomano , dai qualiereditavano stadi profondamente differenti di sviluppo materiale e civile .

    La Transilvania ex ungherese simpose da subito come il nocciolo delproblema della costruzione di uno Stato unitario in Romania. Dopo la pri-ma guerra mondiale, seppur in assenza di trasferimenti forzati di popola-zione, circa . degli , milioni di ungheresi, che costituivano nel

    . F. Constantiniu, PCR, Patra'canu 'i Transilvania, -, Enciclopedica, Bucure'ti, p. .

    . La Transilvania appartenne fino al alla Transleitania, ovvero alla met ungheresedella monarchia dualista, mentre la Bucovina alla Cisleitania.

    . Unintroduzione al postimpero in K. Barkey, M. von Hagen (eds.), After Empire: Mul-tiethnic Societies and Nation-Building, Westview Press, Boulder (CO) . Sulle strategie di in-tegrazione culturale della Transilvania dei governi liberali romeni degli anni Venti, cfr. I. Live-zeanu, Cultural Politics in Greater Romania: Regionalism, Nation-Building and Ethnic Struggle,-, Cornell University Press, Ithaca (NY) . Sulla Romania contemporanea cfr. A. Bia-gini, Storia della Romania contemporanea, Bompiani, Milano ; F. Guida, Romania, Unico-pli, Milano .

  • il per cento della popolazione transilvana, lasciarono i territori ceduti al-la Romania optando per la cittadinanza ungherese . Essi erano in gran par-te funzionari e impiegati statali, appartenenti alla classe media urbana, op-pure proprietari terrieri colpiti dagli espropri decretati dalla riforma agrariadel , con la quale il governo di Bucarest, sopprimendo i latifondi preva-lentemente detenuti dalla piccola e media nobilt ungherese, intendeva fa-vorire la nascita di una nuova lite rurale composta di piccoli e medi pro-prietari romeni. Pur indebolendo il tessuto sociale della comunit minorita-ria, la loro partenza non determin la scomparsa di quella particolare seg-mentazione etnica e sociale della piramide transilvana che agli occhi dei co-struttori dello Stato romeno permaneva come unintollerabile anomalia. Idati del censimento del confermano le dimensioni di un fenomeno se-dimentatosi nel corso dellet moderna sulla societ transilvana, in cui la po-polazione urbana restava assai ridotta (appena il , per cento, circa mi-lione di persone) e composta per quasi due terzi da non-romeni.

    TABELLA .Composizione etnica della popolazione urbana in Transilvania (, %)

    Popolazione urbana Popolazione totale Differenziale

    Romeni , , ,Ungheresi , , + ,Tedeschi , , + ,Ebrei , , + ,Altri , , ,

    Fonte: censimento generale della popolazione del dicembre (dati relativi alla nazionalit), rie-laborato da R. K. Nyrdy, Erdly npesedstrtnete, Kzponti Statisztikai Hivatal Levltra, Buda-pest , pp. -.

    La maggioranza romena restava fortemente sottorappresentata allinternodelle professioni liberali e fra gli occupati dei settori pi moderni delleco-nomia come quelli industriale e minerario. Nella sfera pubblica, nei luoghidella sociabilit borghese e operaia come i caff e il kaszin o i circoli sin-dacali e sportivi, ma anche nella peraltro vivace stampa quotidiana e perio-dica, le lingue che dalla met dellOttocento costituivano lo strumento pri-vilegiato della comunicazione sociale, lungherese e il tedesco, manteneva-no intatto il proprio prestigio sociale nonostante la politica linguistica re-strittiva imposta dalle autorit centrali.

    Sin dai primi anni Venti, llite politica comprese che soltanto attraversouna strategia che fondesse la promozione economica e sociale con quella ci-vile e culturale dei romeni la Transilvania si sarebbe trasformata in parte in-

    TRANSILVANIA ROSSA

    . Cfr. R. Brubaker, I nazionalismi nellEuropa contemporanea (), Editori Riuniti, Ro-ma , pp. -.

  • tegrante dello Stato. Un tale progetto nazionale stato definito volontari-stico, in quanto frutto di una spinta intellettuale alla quale non si associavalefficiente cooperazione dellapparato statale . Il volontarismo fu un ele-mento di forza in quanto mobilitava, per la prima volta, grandi risorse intel-lettuali con il fine dichiarato di conquistare la supremazia culturale e socialesulle altre componenti etnonazionali, un obiettivo perseguito con una deci-sione paragonata al Kulturkampf anticattolico di Bismarck. Bench incon-trasse un favore pressoch universale nella classe politica (alla posizione ete-rodossa della sinistra accenneremo nel paragrafo successivo), tale program-ma scontava la frammentazione del quadro politico-istituzionale chiamato arealizzarlo. In primo luogo permanevano aspri conflitti regionali allinternodella classe politica romena. Il Partito nazionale contadino (PNT) guidato daIuliu Maniu, che possedeva un forte seguito fra gli agrari e la piccola bor-ghesia transilvana, perseguiva una prudente strategia di decentralizzazionenel rispetto delle peculiarit storiche della Transilvania, che vantava un lun-go passato di ordinata amministrazione asburgica . Negli anni di governo(-) il PNT cerc di rappresentare gli interessi transilvani e condusse unapolitica di minoranza pi moderata rispetto ai liberali. Nel uno dei suoiesperti redasse e pubblic un progetto di federalizzazione dello Stato cheveniva parzialmente incontro alle aspirazioni autonomistiche espresse dasettori non maggioritari ma significativi della popolazione sassone e seclera;tuttavia la crisi economica mondiale e le tensioni diplomatiche con lUn-gheria e la Romania, che non nascondevano le proprie mire su Transilvaniae Dobrugia, determinarono il fallimento del tentativo regionalista . Neglianni della crisi economica mondiale, a queste linee di frattura si sovrappo-se la sfida generazionale rappresentata dalla nascita di un forte partito fa-scista di matrice autoctona, il movimento legionario. Grazie al suo modelloalveolare di penetrazione politica, il fascismo romeno inser centinaia dimigliaia di contadini nella vita politica . Il suo successo fu la dimostrazio-ne pi drammatica che il tradizionale pensiero nazionale delllite conser-vatrice e poi liberale si era rivelato incapace di mettere in cantiere uno Sta-to-nazione moderno.

    . LA TRANSILVANIA COME PROBLEMA EUROPEO

    . F. Bocholier, Az erdlyi elit a regionlis identitstudat s a nemzeti rzelmek ersdsekztt, in Pro Minoritate, II, , pp. -.

    . Cfr. Livezeanu, Cultural Politics, cit., p. . . Sullincapacit dello Stato romeno di realizzare il programma di integrare politicamen-

    te, su linee nazionali, la popolazione contadina da sempre ai margini della comunit civile, cfr.K. Jowitt, Revolutionary Breakthroughs and National Development: The Case of Romania, -, University of California Press, Berkeley , pp. -.

    . N. Brdi, Kisebbsgben s tbbsgben: Iuliu Maniu kisebbsgpolitikai nzpontjai, inLimes, , , pp. -.

    . Id., Az erdlyi krds mint kzigazgatsi problma, in Magyar Kisebbsg, , , pp.-.

    . A. Roger, Fascistes, communistes et paysans. Sociologie des mobilisations identitairesroumaines, -, ditions de lUniversit de Bruxelles, Bruxelles , p. .

  • Mentre infatti llite politica tentava di attuare la conquista delle cittcon mezzi amministrativi, essa continuava a trascurare, nonostante la rifor-ma agraria del , la condizione del ceto contadino. Il movimento legio-nario e il successivo partito della Guardia di Ferro, che lo inquadr dopo il, rispecchiavano la crisi didentit di una societ scarsamente integratanei propri sottosistemi, in cui il progetto di modernizzazione dallalto,imitativo del modello francese, veniva imposto in maniera autoritaria sedi-mentandosi su una realt dai tratti arcaici . Profondamente influenzato dalmisticismo proprio della spiritualit ortodossa e ostile alle correnti filosofi-che occidentali e moderniste, il movimento legionario si identificava in unavisione organicistica, totalitaria della societ romena, cui veniva propostoun programma di rigenerazione nazionale su basi socialisteggianti e aper-tamente razziali che incontr il sincero entusiasmo di molti giovani intellet-tuali . Caratteristica di questo movimento politico, che ottenne successo trale giovani generazioni della nuova classe media romena urbana pi che tra icontadini, confinati in una condizione di perdurante inferiorit civile, fu li-deologizzazione di unidentit nazionale legata al mondo rurale e ai suoi va-lori ancestrali. Negli anni Venti e Trenta la definizione dei valori ritenuti pro-pri della cultura autoctona giunse a coincidere con un luogo, il villaggio, econ un etnotipo, il contadino romeno di religione ortodossa. La purezzanazionale delle campagne strideva con il mondo urbano, cinico, anazionale,estraneo alla spiritualit romena. Lantitesi citt-campagna era gi presentedalla fine dellOttocento, nellinvettiva polemica di Titu Maiorescu controle forme senza sostanza della modernizzazione romena, o nellinconcilia-bile antinomia fra Kultur e Zivilization fatta propria dal filosofo ConstantinRadulescu-Motru per denunciare il carattere alieno della cultura e del ra-zionalismo occidentali .

    Nellestate un evento traumatico sebbene non del tutto imprevistointerruppe la nazionalizzazione della Transilvania. In applicazione delleclausole segrete del patto Ribbentrop-Molotov, nel giugno lUnione So-vietica incorpor le province della Bessarabia (lattuale Repubblica moldo-va) e la parte settentrionale della Bucovina. Il agosto , con il II Arbi-

    TRANSILVANIA ROSSA

    . Cfr. I. Pszka, A romn hivatselit. Identits- s legitimitsvlsg, Osiris, Budapest ,p. .

    . Per una storia generale dei movimenti di estrema destra in Romania, A. Heinen, DieLegion Erzengel Michael in Rumnien, Oldenbourg, Mnchen ; F. Veiga, Istoria Garziide Fier, -. Mistica ultranationalismului (), Humanitas, Bucure'ti ; L. Volovici,Nationalist Ideology and Antisemitism: The Case of Romanian Intellectuals in the s, Perga-mon, Oxford .

    . Sul ruolo degli intellettuali nellelaborazione della dottrina della Guardia di Ferro cfr.M. Petreu, An Infamous Past: E. M. Cioran and the Rise of Fascism in Romania, Ivan R. Dee,Chicago ; A. Laignel-Lavastine, Cioran, Eliade, Ionesco. Loubli du fascisme, PUF, Paris; E. Costantini, Nae Ionescu, Mircea Eliade, Emil Cioran. Antiliberalismo nazionalista allaperiferia dEuropa, Morlacchi, Perugia .

  • trato di Vienna, la parte settentrionale della Transilvania acquisita dalla Ro-mania con il Trattato di Versailles (circa . km su .) venne cedu-ta allUngheria: circa . romeni su , milioni (e contemporaneamente. sui circa . ungheresi rimasti nella parte meridionale della re-gione), soprattutto i residenti nei centri urbani, abbandonarono precipitosa-mente la parte sbagliata della regione . Dopo lo smembramento dellaGrande Romania, il tema centrale del pensiero nazionale e degli sforzi di-plomatici divent la restituzione e la successiva pulizia di quel territorio .

    Nellautunno le zone rurali della Transilvania settentrionale, liberatedallArmata Rossa e dallesercito romeno in seguito al cambio di fronte dellaRomania del agosto, furono oggetto dellunico tentativo di pulizia etnica: lacampagna punitiva di un reggimento semiregolare autodenominatosi IuliuManiu. In un drammatico colloquio con Andrej J. Vy&inskij, il vicecommis-sario per gli Affari esteri sovietico giunto a fine ottobre a Bucarest per con-trollare e gestire la transizione romena, Maniu si dissoci fermamente dalleGuardie e neg ogni corresponsabilit anche morale nelle loro azioni di rap-presaglia. Lo stesso fece il primo ministro, generale Sanatescu, senza per con-vincere Vy&inskij e il maresciallo Malinovskij, comandante delle truppe di oc-cupazione sovietiche in Transilvania . Con ogni probabilit Maniu non diedealcuna indicazione operativa ai reparti in partenza per la Transilvania ma il cli-ma di resa dei conti nei confronti dellUngheria maturato a Bucarest dopo il era tale da far ritenere che, pur senza alcun ordine diretto, le rappresagliefossero nellaria e il governo centrale le avrebbe, entro certi limiti, tollerate.

    La breve campagna di terrore si distinse non tanto per il numero, limi-tato, di vittime civili ungheresi (un centinaio in circa due settimane), quan-to per leffetto delegittimante che le azioni delle Guardie Maniu, compostein gran parte di giovani legionari, ebbero sulla linea politica del Partito na-zionale contadino e in generale dei partiti storici romeni nei confronti del-le minoranze. Nel corso del , prima che il Consiglio dei ministri degliEsteri fissasse al maggio il ritorno della Transilvania settentrionale al-

    . LA TRANSILVANIA COME PROBLEMA EUROPEO

    . Sui rapporti romeno-ungheresi nelle prime fasi della seconda guerra mondiale cfr. B.L. Balogh, A magyar-romn kapcsolatok --ben s a msodik bcsi dnts, Pro Print, Csk-szereda . Sulloperato della commissione militare mista italo-tedesca in Transilvania (atti-va dal al ) cfr. la documentazione conservata nellArchivio dellUfficio storico dello Sta-to maggiore dellesercito (fondo G, raccoglitori , ).

    . Nel piano preparato nellottobre dal direttore dellUfficio centrale di statistica Sa-bin Manuila si prevedevano lespulsione di milione di ungheresi e linsediamento dai territo-ri transcarpatici di . romeni nella Transilvania settentrionale spopolatasi in seguito allafuga degli ungheresi (Z. Szsz, Tvutak keresse: tteleptsi tervek a magyar-romn konfliktusfeloldsra tjn, in Histria, , , pp. -).

    . Cfr. M. Z. Nagy, G. Vincze (a cura di), Autonmistk s centralistk. szak-Erdly a ktromn bevonuls kztt (. szeptember-. mrcius), EME-Pro Print, Cluj-Napoca-Csksze-reda , p. .

    . Cfr. A. J. Rieber, The Crack in the Plaster: Crisis in Romania and the Origins of the ColdWar, in The Journal of Modern History, , , pp. -.

  • la Romania, la Commissione per i problemi della pace del governo romenoe diversi esponenti del PNT di Maniu elaborarono, indipendentemente lunadagli altri, progetti di scambio di popolazione (legati alla cessione di por-zioni della Transilvania allUngheria) o addirittura di espulsione collettivasullesempio della Cecoslovacchia . Le tradizionali lite romene rimaseroancorate allobiettivo del controllo egemonico sulle minoranze naziona-li; alle popolazioni allogene non sembravano avere nullaltro da offrire senon la prosecuzione del discorso e delle pratiche interbellici: limitazione deidiritti civili e politici, utilizzo di forme di tassazione differenziata su basi et-niche, azioni di colonizzazione .

    La crisi dellidentit nazionale inclusiva forgiatasi durante let liberaleraggiunse per anche lUngheria post-Trianon e la comunit magiarofonadella Transilvania, manifestandosi in modo clamoroso nel rapporto fra lamaggioranza cristiana e la minoranza ebraica. Questultima costituiva il noc-ciolo della borghesia urbana e dopo il aveva rifiutato di rinnegare lapropria matrice culturale ungherese. In tal modo essa si era posta in con-flitto con la Federazione degli ebrei di Romania, dominata dalla comunitdi Bucarest, partecipe del progetto romeno di costruzione nazionale secon-do il quale non esistevano ebrei ungheresi in Transilvania ma solamente cit-tadini romeni di nazionalit ebraica . Grazie allemancipazione civile ga-rantita dalla monarchia dualista, gli ebrei transilvani avevano assunto uni-dentit socioculturale ungherese; dopo lannessione alla Romania divenne-ro una doppia minoranza , invisa ai nazionalisti romeni ma anche a set-tori consistenti dellopinione pubblica ungherese transilvana. Lidentitgrande-ungherese dellepoca della monarchia dualista, che fondeva lealtpolitica, integrazione linguistica e progresso sociale perse, nellUngheriaguidata dal reggente Mikls Horthy, il proprio carattere integrativo per tra-sformarsi nel risultato di un modello etnocentrico di identificazione collet-tiva, che tendeva a escludere gli ebrei dallideale nazione cristiana .

    TRANSILVANIA ROSSA

    . Cfr. V. F. Dobrinescu, I. Patroiu, Documente franceze despre Transilvania, -,Vremea, Bucure'ti , pp. -. Sui progetti elaborati dal ministero degli Esteri romeno per laConferenza di pace di Parigi relativamente allo scambio di popolazione nelle zone miste comestrumento di soluzione della questione transilvana cfr. B. L. Balogh, . Olti, A romn-magyarlakossgcsere krdse - kztt, in Kisebbsgkutats, , , pp. -; . Olti, ARomn Bke-elokszto Bizottsg tevkenysge (-), in Szzadok, , , pp. -.

    . Per unintroduzione alla gestione dei conflitti interetnici cfr. J. McGarry, B. OLeary(eds.), The Politics of Ethnic Conflict Regulation: Case Studies of Protracted Ethnic Conflicts,Routledge, London .

    . Sulle azioni di ingegneria sociale attuate in Romania durante la seconda guerra mon-diale cfr. D. 3andru, Mi'cari de populatie n Romnia, -, Enciclopedica, Bucure'ti .

    . Cfr. R. L. Braham, A nprts politikja. A Holocaust Magyarorszgon (), voll.,Belvrosi, Budapest , vol. II, pp. -.

    . Cfr. E. Gll, A felelssg j hatrai, Napvilg, Budapest , pp. -.. K. Barkey, Negotiated Paths to Nationhood: A Comparison of Hungary and Romania in

    the Early th Century, in East European Politics and Society, , , pp. -.

  • Quando, nel , lUngheria recuper la parte settentrionale della Transil-vania, gli oltre . ebrei che vi risiedevano, bench di madrelingua e cul-tura ungherese, vennero emarginati e discriminati con lestensione alle nuo-ve province delle leggi e disposizioni antiebraiche emanate in Ungheria sindal . Nel - una gran parte di essi venne avviata allo sterminio o aibattaglioni di lavoro obbligatorio sul fronte orientale con la fattiva collabo-razione delle autorit civili e anche di settori, seppure minoritari, della po-polazione ungherese . LOlocausto origin inevitabilmente una ferita tra gliungheresi di Transilvania e gli ebrei magiarofoni sopravvissuti ferita par-zialmente ricompostasi soltanto negli anni del regime di Ceau'escu, che di-scriminava politicamente tutte le comunit non-romene.

    Di fronte al dramma della sconfitta militare e al traumatico ingresso nel-la sfera dinfluenza sovietica, lunico strumento capace di evitare lesplosio-ne dei conflitti etnici apparve, nella Romania postbellica, la coesistenza elintegrazione proclamata dalla dottrina marxista-leninista e incarnata dal-lesperienza sovietica.

    .Lalternativa sovietica

    La Russia sovietica fu il primo Stato moderno a porre esplicitamente il prin-cipio nazionale alla base della propria struttura federale : nel il suo im-menso territorio venne suddiviso in Repubbliche, regioni, distretti e perfi-no kolchoz autonomi, dei quali era rispettivamente reso titolare un gruppoetnonazionale, dotato di ampie prerogative culturali sulla zona del suo tra-dizionale insediamento. La struttura definita da Terry Martin affirmativeaction empire (un termine traducibile come impero basato sul principiodellazione affermativa, ovvero della promozione dei gruppi non domi-nanti) venne applicata, nel quadro di un progetto coerente, a tutti i cittadi-ni non-russi. Le nazionalit vennero divise in occidentali (ucraini, arme-ni, georgiani, ebrei, tedeschi) e orientali transuraliche, ritenute cultural-mente arretrate e bisognose di uno specifico programma di nazionalizza-zione . Sul piano politico, laffirmative action empire mir a evitare al-le popolazioni non-russe la sgradita percezione dellimpero, e contribu inmaniera determinante alla loro integrazione nel nuovo Stato. Lantinomia, omeglio lintreccio tra federalismo istituzionale e centralizzazione burocrati-

    . LA TRANSILVANIA COME PROBLEMA EUROPEO

    . Secondo la sezione romena del World Jewish Congress, nel in Transilvania delNord vivevano . ebrei: cfr. H. Kuller, Evreii n Romania anilor -. Evenimente, do-cumente, comentarii, Hasefer, Bucure'ti , p. .

    . R. Pipes, The Formation of the Soviet Union: Communism and Nationalism, -,Harvard University Press, Cambridge (MA) ; cfr. V. Zaslavsky, Dopo lUnione Sovietica. Laperestroika e il problema delle nazionalit, Il Mulino, Bologna , p. .

    . T. Martin, The Affirmative Action Empire: Nations and Nationalism in the SovietUnion, -, Cornell University Press, Ithaca (NY) , p. .

  • ca, costitu un tratto tipico dellesperienza sovietica. La cosiddetta koreni-zacija (impiantare radici nazionali) implicava un programma di creazionedi lite politiche e culturali non-russe in grado di dirigere la politica localenel quadro di unidentit sociale e civile sovietica.

    Negli anni Venti, quando vennero dichiarate ufficiali ben lingue sulterritorio dellUnione, lo Stato bolscevico attu con risolutezza (e a costodi creare un duraturo risentimento nella maggioranza russa) una politica direclutamento preferenziale delle nazionalit a tutti i livelli dellapparato digoverno, dai comitati locali di partito fino alla polizia e ai sindacati . Pa-rallelamente, si assistette al cosciente utilizzo da parte del potere sovieticodei tradizionali simboli delletnicit (dalla lingua al folklore, dallalta lette-ratura alla gastronomia) al fine di radicare il socialismo nelle diverserealt nazionali.

    Il gruppo dirigente raccolto intorno a Lenin e Stalin part da tre pre-messe. La prima riconosceva lesistenza della questione nazionale anche inuno Stato socialista, malgrado lortodossia marxista-leninista vedesse nel na-zionalismo un abbaglio della borghesia inteso a distogliere le masse lavora-trici dalla lotta di classe. La seconda presupponeva linevitabilit della co-struzione di entit politiche nazionali quale stadio di sviluppo delle societ.Infine la terza premessa, che Terry Martin definisce di ispirazione colonia-le, partiva dal riconoscimento delle aspirazioni nazionali dei popoli oppres-si dalle grandi potenze e costituiva la base della condanna di Lenin del na-zionalismo grande-russo . Il carattere potenzialmente universale della pre-messa anticoloniale leninista avrebbe consentito negli anni Cinquanta e Ses-santa al regime comunista romeno di manipolarla quale strumento di legitti-mazione nei confronti del suo omologo ungherese, sempre pi insoddisfattoper il trattamento della minoranza magiara in Transilvania. La politica dellenazionalit bolscevica si differenziava tuttavia dal modello di gestione delconflitto etnico diffusosi dopo la prima guerra mondiale nellEuropa centro-orientale. Lo Stato, tradizionalmente espressione della volont e della sovra-nit della maggioranza etnica che lo compone, divent in Unione Sovieticaun communal apartment, ovvero un appartamento nel quale coabitavaun gran numero di nazionalit . Tale strategia poggiava su due pilastri: il so-strato popolare perenne rappresentato dallidentit etnica e il riconoscimen-to della titolarit del potere su un territorio corroborata dallesercizio del-lautonomia linguistica e culturale. La struttura istituzionale di tipo federalecontribu al processo di articolazione burocratica del potere mediante listi-tuzionalizzazione di forme di governo locale su base etnica. In tal modo nel-

    TRANSILVANIA ROSSA

    . Cfr. Y. Slezkine, The USSR as a Communal Apartment, or How a Socialist State Pro-moted Ethnic Particularism, in S. Fitzpatrick (ed.), Stalinism: New Directions, Routledge,London , p. .

    . Martin, The Affirmative Action Empire, cit., pp. -.. Slezkine, The USSR as a Communal Apartment, cit., p. .

  • la Costituzione materiale dellUnione era insita una contraddizione oggetti-va fra lintento di affermare unidentit sociale e civile superetnica, sovieti-ca, e listituzionalizzazione del principio etnico nel governo della periferia.

    La gestione della politica delle nazionalit conosceva uno snodo ulte-riore nella divisione dei compiti fra apparati e istituzioni soft e hard del re-gime. Le politiche dellidentit (cultura, istruzione, scienza) erano affidateal Comitato esecutivo dei soviet, ai soviet delle nazionalit e al commissa-riato per lIstruzione. Le funzioni di vigilanza e repressione erano assolte da-gli organi dirigenti centrali del partito (Politburo, Orgburo, dipartimentoquadri del Comitato centrale) e dalla polizia politica . Nel periodo -,mentre le strutture del secondo tipo attuavano feroci repressioni contro di-versi settori della popolazione sovietica, incluse le nazionalit ritenute ne-miche, quelle del primo tipo continuarono imperterrite nella promozionedelle differenti culture, nazionali nella forma, socialiste nel contenuto.

    La politica di korenizacija prosegu ma in forme meno vistose, per non en-trare in contraddizione con il nuovo orientamento di Stalin () di promo-zione della cultura, dellidentit e della storia russa, nellintento di trasforma-re tali elementi nella principale forza unificatrice dei popoli dellUnione So-vietica . Analizzando levoluzione della cultura ufficiale dagli anni Trenta al-la morte di Stalin, uno storico ha definito tale bolscevismo nazionale

    una peculiare forma di statalismo marxista-leninista che fondeva laspirazione allarealizzazione degli ideali comunisti con ambizioni di carattere pi genuinamente sta-tale che ricordavano piuttosto le tradizioni della grande potenza zarista .

    Martin afferma che lo stalinismo maturo degli anni Quaranta fu segnatoda una svolta profonda nella concezione stessa del termine nazione: se ne-gli anni Venti laffirmative action si era svolta allinsegna di una conce-zione modernista della nazione, dalla met degli anni Trenta il paradigmadominante divenne quello primordialista . Dobbiamo intendere, comeha ipotizzato uno studioso, che il potere sovietico adott dagli anni Trentapolitiche razziali pur senza giungere mai ad articolare il concetto di razza inuna teoria autosufficiente come il nazismo? Secondo questa tesi, nel pro-getto di costituzione di uno Stato socialista un ruolo centrale ebbero queiprovvedimenti di natura socioculturale o prettamente demografica che si in-

    . LA TRANSILVANIA COME PROBLEMA EUROPEO

    . Cfr. A. J. Motyl (ed.), Thinking Theoretically about Soviet Nationalities: History andComparison in the Study of the USSR, Columbia University Press, New York , p. .

    . La periodizzazione in Martin, The Affirmative Action Empire, cit., pp. -.. D. Brandenberger, National Bolshevism: Stalinist Mass Culture and the Formation of Mo-

    dern Russian National Identity, -, Harvard University Press, Cambridge (MA) , p. .. Martin, The Affirmative Action Empire, cit., p. .. La provocatoria tesi sulla progressiva razzializzazione del concetto sovietico di na-

    zione si deve a E. D. Weitz, Racial Politics without the Concept of Race: Reevaluating Soviet Eth-nic and National Purges, in Slavic Review, , Spring, pp. -.

  • seriscono nella pi generale politica di controllo e gestione della popolazio-ne tipica del regime sovietico. Eric D. Weitz sostiene quindi che, almeno frail e il e per alcune popolazioni, la politica sovietica si attest sullanozione che lontologia determina la politica, ovvero che se si era nati co-reani, tatari di Crimea, ceceni o, in ultima istanza, ebrei, era naturale pensa-re e agire in un determinato modo .

    Pur rigettando le conclusioni di Weitz, altri studiosi riconoscono la con-gruit dei punti da questi sollevati. Secondo Martin alla fine degli anni Tren-ta prese corpo, stimolata dallatmosfera di terrore collettivo, una peculiareforma di xenofobia ideologica pi che etnica, destinata a forgiare per de-cenni lidentit sociale dellHomo sovieticus . Peter Holquist sostiene chesocialismo e nazional-socialismo condivisero tendenze omogeneizzanti tipi-che di un progetto sociale rivoluzionario, ma operarono su assi differenti:mentre la sociologia marxista si basava sulla nozione di classe, il nazismospos la celebre definizione di Rudolf Hess della categoria di razza comebiologia applicata . Francine Hirsch nega che lUnione Sovietica abbiamai operato politiche razziali equiparabili a quelle naziste. Mentre infattiscopo ultimo della politica razzista di Hitler era la formazione di uno Statotedesco puro mediante leliminazione fisica del materiale genetico infetto,il fine di Stalin fu molto differente il raggiungimento di uno Stato comu-nista, in nome del quale non esit a eliminare certi gruppi mediante la de-portazione, utilizzata per estinguere i tratti culturali e la coscienza storicadella popolazione colpita . Il pensiero che guid ossessivamente Stalin nel-lultimo ventennio di potere assoluto fu la sicurezza dello Stato. Colpire lenazionalit non-russe in questottica non assumeva necessariamente un si-gnificato etnico: Stalin represse in maniera spietata qualunque forma dinazionalismo che potesse prefigurare rischi per la sicurezza interna ed ester-na dello Stato, in una forma estrema di statalismo xenofobo .

    La politica sovietica delle nazionalit si distinse anche per il ruolo cen-trale dello Stato nella distribuzione del potere e del capitale simbolico ad es-so associato non soltanto sul piano politico, come in ogni sistema centraliz-zato, ma anche su quello socioeconomico e culturale. Lespropriazione deibeni di produzione, la lotta alla propriet privata, la soppressione di qualun-que istituzione indipendente consentirono al governo sovietico di legare a si gruppi nazionali e di stimolare concorrenza e conflitto fra le diverse lite, lacui legittimazione dipendeva quasi esclusivamente dallo Stato stesso.

    TRANSILVANIA ROSSA

    . Weitz, Racial Politics, cit., p. .. Cfr. Martin, The Affirmative Action Empire, cit., p. .. Peter Holquist, cit. in Weitz, Racial Politics, cit., p. .. Cfr. F. Hirsch, Race without the Practice of Racial Politics, in Slavic Review, ,

    Spring, pp. -.. Cfr. Martin, The Affirmative Action Empire, cit., p. .

  • .Stalin e la Transilvania

    Situata ai margini dellimpero esterno che lUnione Sovietica aveva ini-ziato a costruire a partire dal -, la Transilvania gioc nel secondo do-poguerra un ruolo importante nella strategia di potenza condotta da Stalinnei confronti sia della Romania sia dellUngheria. Ancora nellestate laposizione sovietica non era per nulla definita. Nel giugno la commis-sione di pace guidata da Maksim M. Litvinov discusse un memorandum in-titolato Sulla Transilvania , in cui si perorava il ritorno della Transilvania al-la Romania o addirittura la creazione di uno Stato-cuscinetto transilvano fralUngheria e la Romania comprendente i territori attribuiti a questultimanel . Il luglio un personaggio di spicco del movimento comu-nista transilvano prepar una nota analoga sullopportunit di uno Statotransilvano indipendente .

    La svolta sovietica venne propiziata dal colpo di Stato monarchico attua-to a Bucarest il agosto , che determin la caduta del regime guidato dalmaresciallo Ion Antonescu e labbandono dellalleanza con la Germania nazi-sta. Il nuovo governo romeno, un gabinetto militare di salvezza nazionale,firm il settembre un armistizio il cui art. stabiliva che la Transilvania (ola maggior parte di essa) fosse restituita alla Romania. Nonostante tale do-cumento, peraltro pubblico, ponesse sostanzialmente fine alla contesa terri-toriale romeno-ungherese, nei due anni seguenti il governo sovietico manten-ne aperto uno spiraglio con il risultato di legare a s il governo di coalizioneungherese, che confidava di mantenere una parte della Transilvania setten-trionale attribuitagli nel , ma anche quello romeno costretto ad accettarei buoni uffici di Mosca al fine di riottenere in sede internazionale il controllodi tutta la regione, in cambio della rinuncia definitiva alla Bessarabia.

    . LA TRANSILVANIA COME PROBLEMA EUROPEO

    . T. V. Volokitina, T. M. Islamov, T. A. Pokivajlova (a cura di), Transilvanskij vopros.Vengero-rumynskij territorialnyj spor i SSSR, -, ROSSPEN, Moskva , pp. -. Il ma-teriale venne redatto in dieci copie e visionato da Stalin, Molotov, Manuilskij, Lozovskij, Lit-vinov e Majskij.

    . T. M. Islamov, Erdly a szovjet klpolitikban a msodik vilhbor alatt, in Mltunk,, -, pp. -.

    . Ebreo transilvano nato Ern Neulnder, Valter Roman entr giovanissimo nel movi-mento comunista clandestino, combatt in Spagna con le Brigate Internazionali, poi entr nel-lapparato moscovita del Komintern come responsabile dellemissione radiofonica in lingua ro-mena. Nel novembre , dopo alcuni anni di oscurit, torn alla ribalta nella gestione dellacrisi ungherese, e gioc un ruolo-chiave nella mediazione che condusse alla deportazione diImre Nagy in Romania. Un ritratto in V. Tismaneanu, Stalinism for All Seasons: A Political Hi-story of Romanian Communism, University of California Press, Berkeley , pp. -.

    . M. Flp, G. Vincze (a cura di), Revzi vagy autonmia? Iratok a magyar-romn kapc-solatok trtnetrl, -, Teleki Lszl Alaptvny, Budapest , p. .

    . Sulla strategia sovietica in Europa orientale cfr. F. Bettanin, Stalin e lEuropa. La for-mazione dellimpero esterno sovietico, -, Carocci, Roma , pp. - dedicate allaposizione sovietica rispetto alla questione transilvana; G. P. Mura&ko, A. F. Noskova, Stalin and

  • Durante le trattative di pace del -, lUngheria tent infatti di ot-tenere lappoggio delle grandi potenze (sia di quelle occidentali che dellU-nione Sovietica) alle proprie rivendicazioni, ma Stalin e Molotov, decisi or-mai a rafforzare la precaria legittimit del governo filocomunista guidato daPetru Groza, installatosi a Bucarest il marzo , furono inflessibili e re-spinsero in ogni forum internazionale qualsiasi richiesta di revisione territo-riale o di autonomia per la Transilvania. La diplomazia sovietica, guidata daMolotov e Vy&inskij, riusc a impedire alla Conferenza di Parigi del luglio-settembre non solo laggiustamento territoriale su base etnica propostodagli americani, ma anche una proposta del governo ungherese mirante a in-serire in ogni trattato di pace un codice per le minoranze, analogamente aitrattati del . La questione transilvana cess formalmente di costituireun problema internazionale con la firma del Trattato di pace di Parigi, il febbraio . Considerazioni di ordine geopolitico legate agli interessi so-vietici nellarea danubiano-carpatica furono dunque allorigine della deci-sione di Stalin di non autorizzare in Transilvania a differenza di altre areemultietniche alcuna pulizia etnica di massa nei confronti della naziona-lit sconfitta e minoritaria, quella ungherese, fatto che consent alla re-gione di conservare un carattere spiccatamente multinazionale. Lunica, pe-sante eccezione fu costituita dalla deportazione in Unione Sovietica nel gen-naio su basi etniche e politiche di oltre . &vabi, la popolazio-ne di lingua tedesca e religione cattolica del Banato e della Transilvanianord-occidentale (province di Bihor e Satu Mare).

    Il periodo intercorso fra levacuazione dellamministrazione ungheresedalla Transilvania settentrionale ( settembre ) e la proclamazione dellaRepubblica popolare romena ( dicembre ) fu tuttavia gravato da ten-sioni violente fra le diverse nazionalit, in particolare nellinverno -.Ovunque la condotta delle autorit militari sovietiche ebbe un peso rilevan-te nellesacerbare e in seguito placare la tensione, come avvenne nella zona amaggioranza romena (ma con cospicua popolazione ucraina e ungherese) delMaramure', dove le autorit sovietiche appoggiarono lannessione del terri-torio alla confinante Ucraina subcarpatica attraverso la formazione, il feb-braio , di un governo guidato dal locale movimento separatista ucraino.Un altro intervento diretto venne operato dallUnione Sovietica mediante lacreazione di una zona autonoma (ribattezzata in loco Repubblica nord-tran-silvana) e svincolata dal controllo del governo romeno, fra il novembre

    TRANSILVANIA ROSSA

    the National-Territorial Controversies in Eastern Europe, - (I-II), in Cold War History,, , pp. -; , pp. -.

    . M. Flp, Kisebbsgi kdex, in Klpolitika, , , pp. -. Il progetto di codiceper le minoranze nei Comuni a popolazione mista prevedeva un bilinguismo integrale, analo-go a quello in vigore nella Provincia autonoma di Bolzano.

    . Un confronto sulle direttive sovietiche in materia di politica nazionale in Romania eCecoslovacchia in S. Bottoni, Politiche nazionali e conflitto etnico: le minoranze ungheresi nel-lEuropa orientale, -, in Contemporanea, , , pp. -.

  • e il marzo , sulle undici province liberate dallArmata Rossa e dalleser-cito romeno nel settembre-ottobre . Essa non costitu mai un organounitario ma si compose di un conglomerato di apparati amministrativi (ospezzoni di essi) che governarono in quei mesi gli affari della regione conlappoggio dellArmata Rossa e dei rappresentanti sovietici a Bucarest. LaRepubblica nord-transilvana era tuttavia molto pi di una mera emana-zione del potere sovietico. Il suo principale organo dirigente, il Consiglioconsultivo centrale del FND della Transilvania settentrionale, costituito il dicembre e composto da quarantasei membri, rappresentava una par-te non insignificante degli orientamenti politici locali. Il Consiglio si dotnelle settimane successive di undici ministeri (denominati comitati tecni-ci), incaricati di gestire la transizione amministrativa e lapprovvigiona-mento della popolazione nel duro inverno -. Il Consiglio e i ministe-ri da esso coordinati esprimevano una nuova classe politica: vi erano rap-presentati il Partito comunista, quello socialdemocratico, le neocostituiteUnione popolare ungherese e Comunit democratica ebraica, il Fronte de-gli aratori (unorganizzazione rurale romena, erede del partito agrario di si-nistra creato negli anni Trenta dal futuro primo ministro Petru Groza). Do-dici seggi su quarantasei vennero riservati allUnione democratica romenadi ispirazione conservatrice, ma su indicazione del governo di Bucarest chenon intendeva offrire alcuna legittimazione a unentit politica considerataostile agli interessi romeni i suoi esponenti locali boicottarono le sedute.La Repubblica nord-transilvana assunse quindi un carattere ungheresenella composizione del governo (sei ministri ungheresi, quattro romeni, unoebreo), il cui presidente romeno Teofil Vescan, figlio di un celebre fisico co-munista sposato con unungherese, era ritenuto un traditore dalla propriacomunit. Le autorit centrali romene non riuscirono per circa quattro me-si a esercitare alcuna influenza sul potere locale, fatta eccezione per la fun-zione di missus dominicus assolta dallebreo ungherese Nicolae (Mikls)Goldberger, incaricato dalla segreteria del PCR di tenere i contatti con il co-mitato regionale nord-transilvano.

    La nomina del governo filocomunista guidato da Petru Groza, il mar-zo , chiuse la parentesi dellesperienza autonomista, ma lasci aperta laquestione centrale sulla quale si sarebbe giocato lo scontro interetnico neglianni a venire, quella della supremazia politica. A partire dal quella cheera stata una disputa diplomatica fra la Romania e lUngheria divenne unaquestione interna allo Stato romeno e allo stesso Partito comunista, un mo-vimento transetnico giunto al potere con un programma di integrazione del-le minoranze. Lesperienza della Repubblica nord-transilvana non solo nonlasci alcun patrimonio di memoria condivisa fra le diverse nazionalit, maaccrebbe la frustrazione dei romeni, i quali si trovarono ad affrontare un nuo-

    . LA TRANSILVANIA COME PROBLEMA EUROPEO

    . Cfr. Nagy, Vincze (a cura di), Autonmistk s centralistk, cit., pp. -.

  • vo periodo di incertezze. Per una parte della popolazione ungherese, chein quella fase si spost per convinzione o per opportunismo a sinistra, i me-si dellinterregno costituirono invece lo strumento di espressione di una dop-pia identificazione, sociale (ladesione alla sinistra in quanto progetto socialeegualitario) e nazionale (la preservazione di una forte identit ungherese).

    Latteggiamento delle truppe di occupazione sovietiche fu nel comples-so contraddittorio. La loro prima preoccupazione apparve subito quella dimantenere o ristabilire una parvenza di ordine pubblico e la popolazioneungherese si mostr assai pi disciplinata e disposta alla collaborazione ri-spetto a quella romena. Gli ungheresi erano maggioritari nei grandi centriurbani, pi facili da porre sotto controllo, mentre i romeni dominavano lecampagne (a eccezione delle province seclere), nelle quali la Repubblicanord-transilvana non era mai riuscita ad affermarsi. Diversi militari sovie-tici, inoltre, non nascondevano la propria simpatia per la parte ungherese.Il maggiore Zincik, comandante della stessa guarnigione di Cluj che a otto-bre aveva espulso i rappresentanti delluniversit romena, insisteva nel con-siderare la citt e il suo contado appartenenti allUngheria. Zincik vennepresto sostituito ma il carattere ungherese dellamministrazione provvisoriarest evidente sia negli aspetti pratici (corso legale della moneta ungherese,il peng; reinserimento di una parte, seppur minoritaria, dellapparato am-ministrativo ungherese) sia in quelli simbolici (segni toponomastici, intesta-zioni postali recanti lo stemma ungherese, cirocolari redatte esclusivamentein ungherese) . Nel -, per, lappoggio alle aspirazioni autonomisti-che della sinistra transilvana (ungherese) fu accompagnato da provvedi-menti di rappresaglia su base sociale e politica attuati dal NKVD nel quadrodi operazioni preordinate da Mosca, come la deportazione in Unione So-vietica da Cluj di un numero di ungheresi stimato in -., di origine ari-stocratica o medio-borghese, avvenuta fra il e il ottobre in occa-sione dellingresso delle truppe sovietiche nella citt oppure, pochi mesipi tardi, nel gennaio , la deportazione questa volta in base a criterietnopolitici (il tedesco collaborazionista) di circa . &vabi della re-gione di Satu Mare . Come in Unione Sovietica, anche in Transilvania le po-litiche nazionali dei vari apparati facenti capo allimpero di Stalin sembra-vano correre su un doppio binario.

    TRANSILVANIA ROSSA

    . Cfr. Constantiniu, PCR, Patra'canu 'i Transilvania, cit., p. . . Cfr. Nagy, Vincze (a cura di), Autonmistk s centralistk, cit., pp. -.. Cfr. M. Salagean, Administratia sovietica n Nordul Transilvaniei. Noiembrie -mar-

    tie , Centrul de Studii Transilvane, Cluj-Napoca , pp. -.. Cfr. Nagy, Vincze (a cura di), Autonmistk s centralistk, cit., p. . . R. Grf, M. Grigora', The Emigration of the Ethnic Germans of Romania under Com-

    munist Rule, in C. Lvai, V. Vese (eds.), Tolerance and Intolerance in Historical Perspective, Plus,Pisa , pp. -.

  • Integrazione senza autonomia(-)

    .La questione delle minoranze nellEuropa del

    La presenza di minoranze entro uno Stato indipendente implica un delicatoconflitto fra esercizio della sovranit nazionale e necessit di tutela giuridicadei gruppi non dominanti. La protezione di questi ultimi, garantita nel dai trattati siglati a Parigi, non si era dimostrata in grado di dirimere i prin-cipali conflitti tra Stati e minoranze nellEuropa centro-orientale . Gli Statisuccessori della monarchia asburgica consideravano il controllo del ri-spetto dei diritti delle minoranze esercitato dalla Societ delle Nazioni unin-tollerabile intromissione nei loro affari interni . I gruppi etnici minoritari (inparticolare ungheresi e tedeschi), dal canto loro, si rivelarono sensibili aglisforzi revisionisti delle proprie madrepatrie esterne e svolsero attivit po-litica tendente allautonomia o al ricongiungimento al proprio Stato.

    Dopo il colpo ricevuto nel a Monaco, politici di orientamento de-mocratico come lex presidente cecoslovacco Eduard Bene& individuarononella presenza di ampie minoranze non assimilate una delle cause scatenan-ti del conflitto mondiale e un fattore destabilizzante per tutta lEuropa .Largamente condiviso allinterno delle democrazie occidentali, tale giudiziodi condanna collettiva trov espressione nei progetti di pace sullUngheriaelaborati dagli Alleati nel -, che anticipavano lemersione di un nuo-vo modello giuridico basato sul rispetto dei diritti umani (accordati su baseindividuale), sancito nel con la Dichiarazione universale dei diritti del-

    . Per una lucida critica al sistema cfr. C. A. Macartney, National States and National Mi-norities (), Russell & Russell, New York , pp. -. Una valutazione equilibrata in M.Mazower, Le ombre dellEuropa (), Garzanti, Milano , pp. -.

    . Cfr. Mazower, Le ombre dellEuropa, cit., pp. -.. Per il concetto di madrepatria esterna cfr. R. Brubaker, I nazionalismi nellEuropa con-

    temporanea (), Editori Riuniti, Roma , pp. -.. Una ricostruzione ancora insuperata sulla posizione di Bene& e Stalin si deve a V. Mastny,

    The Benes-Stalin-Molotov Conversations in December : New Documents, in Jahrbucher frdie Geschichte Osteuropas, , , pp. -.

  • luomo . Le nuove classi dirigenti esteuropee, dai conservatori ai comunisti,non esitarono a cogliere in tale evento lo scioglimento dellequivoco trascina-tosi nel periodo interbellico: che la norma dei rapporti internazionali fosserappresentata esclusivamente dallo Stato-nazione. In seguito al tentativo,operato nel a Versailles, di esportare anche nellEuropa centro-orientaleil principio wilsoniano di autodeterminazione dei popoli, Stati come la Ro-mania, la Cecoslovacchia o la Polonia, entrati in possesso di territori appar-tenuti per secoli allimpero asburgico, si erano proclamati compagini nazio-nali ma costituivano lunione di regioni storicamente multietniche, diverseper lingua, identit culturale, religione e grado di sviluppo socioeconomico.Poich le potenze vincitrici non avevano avuto forza sufficiente per dare coe-rente applicazione ai principi di autodeterminazione affermati, laddove leminoranze non subirono scambi di popolazione o forme di pulizia etnica, ilrisultato di tale equivoco fu una rapida e traumatica nazionalizzazione.Questo processo di unificazione politico-istituzionale fu condotto, in nomedella modernizzazione e del progresso ma su basi etniche, proprio dalle fidu-ciose lite liberali degli Stati sorti sulle rovine della monarchia. Nelle politi-che nazionali prevalse un modello di esclusione concretizzatosi in pratichequali la discriminazione costituzionale o legislativa, il numerus clausus o nul-lus in settori-chiave come listruzione, il commercio, il pubblico impiego.

    Fra il e il il progetto di creazione di Stati nazionali trov ap-plicazione in larga parte dellEuropa orientale in seguito allo sterminio nazi-sta, che entro il ridusse di oltre due terzi le comunit ebraiche dellEuro-pa centro-orientale, e alla successiva espulsione delle comunit tedesche (inparticolare in Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria e Jugoslavia). La guerra-rivoluzione , in cui la violenza indiscriminata aveva assunto un grado inau-dito dintensit, determin le condizioni materiali e psicologiche perch le na-

    TRANSILVANIA ROSSA

    . La ricostruzione del dibattito in A. Cassese, I diritti umani nel mondo contemporaneo,Laterza, Roma-Bari , pp. -; W. Kymlicka, La cittadinanza multiculturale (), Il Mu-lino, Bologna , pp. -. Sui piani di pace americani cfr. I. Romsics (ed.), Wartime Ameri-can Plans for a New Hungary: Documents from the US, Department of State, -, SocialScience Monographs, Boulder (CO) ; sui progetti britannici A. D. Bn (ed.), Pax Britanni-ca: Wartime Foreign Office Documents Regarding Plans for a Postbellum East Central Europe,Social Science Monographs, Boulder (CO) .

    . La definizione di norma in Mazower, Le ombre dellEuropa, cit., p. . . I. Bib, Miseria dei piccoli stati dellEuropa orientale (), a cura di F. Argentieri, Il

    Mulino, Bologna , p. .. Karen Barkey illustra in modo plastico il passaggio alla fase etnica della costruzione

    nazionale (K. Barkey, Negotiated Paths to Nationhood: A Comparison of Hungary and Romaniain the Early th Century, in East European Politics and Society, , , pp. -).

    . Sui movimenti migratori nellEuropa postbellica causati da espulsioni, scambi di po-polazione e rientro di profughi cfr. J. B. Schechtman, Postwar Population Transfers in Europe,-, University of Pennsylvania Press, Philadelphia .

    . Cfr. leccellente ricognizione di A. Ferrara, Esodi, deportazioni e stermini: la guerra-ri-voluzione europea (-), in Contemporanea, , , pp. -; Id., Esodi, deportazio-ni e stermini: la guerra-rivoluzione europea (-), ivi, , pp. -.

  • zioni di questarea, attraverso la pulizia etnica, espulsioni e scambi di popola-zione, potessero costituire, da una mappa etnica tradizionalmente e desolata-mente frammentata, spazi etnonazionali omogenei e completare il processo dinazionalizzazione dei territori ex asburgici. La nazionalizzazione dellospazio politico rientrava inoltre nella stessa logica della guerra fredda: nessu-no dei due contendenti (neppure le democrazie occidentali) sembrarono nu-trire alcun interesse per il mantenimento del carattere plurietnico dellEuro-pa sovietizzata . I conflitti interetnici gi esasperati durante il periodo bel-lico, in particolare nei territori sottoposti a occupazione militare da parte del-le forze dellAsse trovarono una drastica risoluzione nel -, medianteoperazioni di rappresaglia etnica che colpirono ovunque la popolazione te-desca, gli italiani dellIstria e della Dalmazia e gli ungheresi della Vojvodina edella Slovacchia . Stante la diversit degli scenari nei quali ebbe luogo, ogniepisodio costitu la risultante di motivazioni e impulsi, correlati e anzi insepa-rabili fra loro, di natura politica, sociale o esplicitamente etnica.

    .La politica nazionale del PCR (-)

    Il caso transilvano rappresent in questo quadro uneccezione motivata dalcontesto geopolitico (lesigenza sovietica di tenere legati a s due alleati ri-luttanti quali lUngheria e la Romania), ma anche dalla peculiare natura, ac-centuatamente multietnica, del partito comunista romeno giunto al potereil marzo , data di formazione del governo guidato da Petru Groza. Na-to nel da una scissione del Partito socialdemocratico, il PCdR (dal PCR, dal PMR) fu il primo movimento politico realmente transnaziona-le della storia romena. Mentre infatti la socialdemocrazia si poggiava su or-ganizzazioni informalmente separate per linee nazionali, il partito comuni-

    . INTEGRAZIONE SENZA AUTONOMIA

    . M. Kramer, Introduction, in P. Ther, A. Siljak (eds.), Redrawing Nations: Ethnic Cleans-ing in East-Central Europe, -, Rowman & Littlefield, Lanham (MD) , pp. -.

    . Sulle politiche di rappresaglia in Europa orientale negli anni successivi alla secondaguerra mondiale cfr. I. Dek, J. T. Gross, T. Judt (eds.), The Politics of Retribution in Europe:World War II and Its Aftermath, Princeton University Press, Princeton ; T. Snyder, The Re-construction of Nations: Poland, Ukraine, Lithuania, Belarus, -, Yale University Press,New Haven . Sulle dinamiche, le conseguenze sociopolitiche e la memoria storica delle-sodo degli italiani dallIstria e dalla Dalmazia, R. Pupo, Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, lefoibe, lesilio, Rizzoli, Milano ; G. Crainz, Il dolore e lesilio. LIstria e le memorie divisedEuropa, Donzelli, Roma ; G. Nemec, Fuori dalle mura: cittadinanza italiana e mondo ru-rale slavo nellIstria interna tra guerra e dopoguerra, in M. Cattaruzza (a cura di), Nazionalismidi frontiera. Identit contrapposte sullAdriatico nord-orientale, -, Rubbettino, SoveriaMannelli , pp. -. Per un quadro generale sulle espulsioni dei tedeschi e degli italianidopo la seconda guerra mondiale, cfr. D. Brandes, B. Faulenbach, R. Pupo, M. Cattaruzza, A.Sema, in M. Cattaruzza, M. Dogo, R. Pupo (a cura di), Esodi. Trasferimenti forzati di popola-zione nel Novecento europeo, ESI, Napoli .

    . PCdR -, PMR -, PCR -.

  • sta scoraggiava (dopo la seconda guerra mondiale vietava espressamente) lacostituzione di cellule etniche o di sezioni distinte per linee nazionali nel-le imprese o nelle istituzioni pubbliche .

    Ciononostante, il PCdR sopravvissuto in clandestinit dal al erainnegabilmente un partito di minoranze, in quanto i gruppi etnici non-rome-ni fornirono al movimento, peraltro minuscolo, la maggioranza dei militantisino alla sua legalizzazione e allinizio del reclutamento massiccio, nel . Nel, al culmine della crisi economica mondiale, secondo i dati del Kominterngli iscritti al partito, costretto alla clandestinit sin dal , risultavano ..Di essi appena un quarto veniva classificato come di nazionalit romena, men-tre il restante per cento era composto in ordine decrescente da ungheresi(il per cento del totale), ebrei ( per cento), bulgari, ucraini, russi, tedeschi,serbi . Il motivo delladesione preponderante di non-romeni al partito co-munista tuttora oggetto di analisi e controversie storiografiche e la frequen-te semplificazione adottata presupponendo una dicotomia fra maggioranzaromena anticomunista e minoranze filocomuniste sarebbe un grave errore diprospettiva. Il numero dei militanti comunisti non-romeni era infatti statisti-camente trascurabile rispetto al totale della popolazione ebraica interbellica(. persone) o ungherese (circa , milioni). In entrambe le comuniterano ben altre correnti politiche (il movimento sionista fra gli ebrei, quellocristiano-sociale fra gli ungheresi) a godere di un sostegno di massa . Le ra-gioni per le quali lidea comunista e il movimento operaio restarono cos estra-nei alla maggioranza dei romeni non sono dunque riducibili alla pura eviden-za statistica (un partito di minoranze), ma trovano una radice profonda nellaparticolare evoluzione delle reti di sociabilit interne al movimento comuni-sta, che dopo il contribuirono alla formazione di intere filiere ebraichee/o ungheresi nei vari apparati della nomenklatura. Queste reti erano domi-nate fra le due guerre, anche da un punto di vista linguistico, dai non-romeni,e la stessa cultura di sinistra, con i suoi circuiti associativi e i suoi organi distampa, era espressa in gran parte da non-romeni . La pi influente organiz-zazione di massa che oper fino al come copertura legale del PCdR clan-destino fu, per esempio, la MADOSZ, fondata nel da una scissione dal Par-tito nazionale ungherese di orientamento conservatore.

    TRANSILVANIA ROSSA

    . T. Lnhrt, V. Trau, Minorities and Communism in Transylvania (-), in C. L-vai, V. Vese (eds.), Tolerance and Intolerance in Historical Perspective, Plus, Pisa , pp. -.

    . I. Chiper, Considerations on the Numerical Evolution and Ethnic Composition of the Ro-manian Communist Party, -, in Totalitarianism Archives, , -, pp. -.

    . R. Levy, Gloria 'i decaderea Anei Pauker (), Polirom, Ia'i , pp. -. Cfr. L.Rotman, Cuvnt nainte: Evreii din Romnia final de istorie, in A. Andreescu, L. Nastasa, A.Varga (a cura di), Minoritati etnoculturale, marturii documentare. Evreii din Romnia, -,Centrul de Resurse pentru Diversitatea Etnoculturala, Cluj-Napoca , pp. -.

    . I meccanismi di creazione delle filiere allinterno dellapparato nelle memorie delmatematico E. Balas, Will to Freedom: A Perilous Journey through Fascism and Communism,Syracuse University Press, Syracuse (NY) .

  • Come risultato di questa contingenza storica, il partito comunista e isuoi aderenti restarono, secondo Stelian Tanase, un raggruppamento estra-neo alla vita politica romena fino al . Lisolamento socioculturale delmovimento comunista derivava non soltanto dalla sua composizione etnica,ma anche dalla radicale condanna dello Stato nazionale unitario romeno,che i comunisti giudicavano unentit artificiale frutto non di una lotta di li-berazione nazionale, ma dei trattati di pace imperialisti di Versailles, Tria-non e Neuilly. Nei suoi congressi avventurosamente svolti allestero a Vien-na (), Kharkov () e Mosca () , la dirigenza del PCdR ribad chealle nazionalit spettava sul modello sovietico il diritto di autodetermina-zione e di secessione.

    Nonostante la svolta dettata nel dal VII Congresso del Komintern,che nel lanciare in tutta Europa la strategia dei fronti popolari proclamanche lintangibilit delle frontiere di Versailles, nella percezione collettivadella societ romena e nella propria autorappresentazione il PCdR rest unmovimento estremista che combatteva contro la realt presente nellattesadi una palingenesi rivoluzionaria proveniente inevitabilmente dallesterno,dallUnione Sovietica. La dimensione fondamentale della socializzazionepolitica dei comunisti romeni fino al fu la clandestinit, che si sovrap-poneva a una visione della societ come mondo ostile e alieno, da abbatte-re in toto e ricostruire su nuove basi. Esaminando gli esiti tragici e grotte-schi della vicenda storica della dittatura ceausesciana, stato osservato chela cultura politica del comunismo romeno conserv una peculiare continuitfra lepoca della clandestinit e quella del potere assoluto: sospettosit pa-ranoica, profondo complesso di inferiorit, senso di illegittimit, narcisismopolitico, settarismo, anti-intellettualismo .

    Il governo filocomunista romeno giunto al potere su ricatto sovietico il marzo tent di liberarsi della propria immagine antinazionale,rafforzata dalloccupazione militare e dalle continue pressioni esercitate daMosca, e impost una strategia di penetrazione politica fondata sulla ricer-ca del consenso tra le principali componenti etniche. Nel fu proprioAna Pauker, figlia di un rabbino ortodosso e a capo dallemigrazione ro-mena in Unione Sovietica negli anni -, a concludere insieme al mini-stro dellInterno Teohari Georgescu e contro il parere del segretarioGheorghiu-Dej un patto segreto di non aggressione con il comandante delmovimento legionario clandestino Nicolae Patra'cu . Accompagnata nel-lautunno da una vasta amnistia, lazione si inquadrava nel tentativo,

    . INTEGRAZIONE SENZA AUTONOMIA

    . S. Tanase, Elite 'i societate. Guvernarea Gheorghiu-Dej, -, Humanitas, Bucu-re'ti , p. .

    . V. Tismaneanu, Stalinism for All Seasons: A Political History of Romanian Communism,University of California Press, Berkeley , p. .

    . Cfr. Levy, Gloria, cit., p. . Lesistenza del patto venne rivelata da Pauker negli inter-rogatori cui venne sottoposta dopo il suo arresto, nel febbraio .

  • complessivamente riuscito, di rafforzare le file del partito nel periodo ditransizione al regime monopartitico. Il numero degli iscritti al PCR aumentda . nellaprile a quasi . nel mese di ottobre, per raggiun-gere gli oltre . nel luglio . Conservando il proprio carattere mul-tinazionale e lintento di integrare politicamente le minoranze, a partire dal il PCR facilit nelle zone mistilingue lingresso preferenziale dei rome-ni. I dirigenti comunisti di Bucarest, a capo di un paese sconfitto, si trova-vano tuttavia in una posizione assai diversa da quella dei loro omologhi ce-coslovacchi, polacchi o jugoslavi, i cui rappresentanti al governo sedevanoal tavolo della pace al fianco delle potenze alleate e ai quali il sostegno di Sta-lin alle pulizie etniche del - aveva permesso di accreditarsi di frontealla popolazione come artefici della cacciata degli alieni dal territorio na-zionale. Il PCR e le forze politiche ad esso legate, in primo luogo la socialde-mocrazia e il Fronte degli aratori, affermarono quindi una politica delle na-zionalit integrativa, ripudiando le pratiche discriminatorie del periodo in-terbellico, che avevano reso impossibile la creazione di una nuova identitdi cittadinanza stimolando, al contrario, un diffuso sentimento di ostilit al-lo Stato romeno soprattutto nella popolazione ungherese della Transilvania.Il nuovo governo non solo riconobbe come un dato di fatto il carattere mul-tinazionale del paese, e in primo luogo della Transilvania, dove i non-rome-ni costituivano al censimento del oltre il per cento della popolazio-ne, ma si impegn a perpetuare e promuovere la diversit etnoculturale. Ilpartito comunista propose alle minoranze, e in primo luogo agli ungheresi,un percorso di integrazione nel nuovo Stato basato sul riconoscimento diampi diritti culturali in cambio della lealt politico-istituzionale, a partiredalla rinuncia a qualunque revisione territoriale. Nel e nel il mini-stro della Giustizia Lucretiu Patra'canu, uno dei pochi esponenti del PCRche godesse di una qualche popolarit, sollev in due discorsi pubblici te-nuti a Cluj il problema della scarsa lealt della minoranza ungherese e la ne-cessit di promuovere gli interessi della popolazione romena nelle zone mi-ste della Transilvania. Il vertice del partito, su indicazione di Mosca, nonesit prima a emarginarlo, tacciandolo di fomentare il nazionalismo rome-no, poi ad arrestarlo nel e giustiziarlo sei anni pi tardi .

    Una politica delle nazionalit diametralmente opposta a quella in vigoresino al richiedeva figure pubbliche, istituzioni e realizzazioni che la legit-timassero presso lopinione pubblica. Petru Groza, formalmente primo mini-stro sino al ed effettivo capo del governo sino alla primavera , fu sot-to molti punti di vista la migliore scelta possibile da parte di Stalin. Groza eranato nel in un villaggio situato nei pressi della citt di Deva, nella Tran-silvania meridionale, da una famiglia benestante e tradizionalista della cam-

    TRANSILVANIA ROSSA

    . Le tappe di caduta in disgrazia, detenzione e condanna a morte di Patra'canu in L. Be-tea, Lucretiu Patra'canu. Moartea unu lider comunist, Humanitas, Bucure'ti .

  • pagna romena (il padre era un pope ortodosso), ma per volont della famigliastessa comp i suoi studi nel collegio calvinista di Ora'tie (allora Szszvros).Studente universitario a Budapest e Berlino negli ultimi anni della monarchia,ammiratore della cultura ungherese e al tempo stesso partigiano dellannes-sione della Transilvania alla Romania, avvocato e uomo daffari di notevolesuccesso, Groza incarnava lHomo transylvanicus che senza rinnegare la pro-pria identit di partenza si muove a proprio agio in differenti ambiti naziona-li e socioculturali. Egli rappresentava una comunit, quella dei gentiluomi-ni e dei magnati, la cui appartenenza veniva determinata non soltanto dai le-gami di sangue ma anche e soprattutto dal prestigio sociale e da una visionecondivisa del mondo tipica delle lite supernazionali asburgiche. E proprioGroza, spinto da una sensibilit sociale legata alla profonda conoscenza dellarealt contadina, promosse nel il Fronte degli aratori, il primo movimen-to politico che tentasse di rappresentare le istanze