Bonsai & Suiseki magazine - Maggio 2009

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5 Bonsai&Suiseki magazine Anno I - n.5 Maggio 2009 Bonsai & Suiseki magazine

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Bonsai & Suiseki magazine - Maggio2009 - ----------- THE FIRST OPEN-MAGAZINE from the world of Bonsai and Suiseki. The magazine is an informative, scientific and technical instrument open to all. Free and online. http://bonsaiandsuisekimagazine.blogspot.com

Transcript of Bonsai & Suiseki magazine - Maggio 2009

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Bonsai & Suisekimagazine

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Bonsai & Suiseki magazine©

Maggio2009 5

IDEATO DALuca Bragazzi

Antonio RicchiariCarlo Scafuri

REDATTORECarlo Scafuri

REVISORE DI BOZZEDario RubertelliPietro Strada

IMPAGINAZIONESalvatore De Cicco

Carlo Scafuri

HANNO COLLABORATOSergio Bassi

Armando Dal ColCosimo De Bari

Patrizia Di GiulioGian Luigi EnnyGiovanni GenottiSergio Guerra

Luciana QueiroloDario RubertelliRoberto SmiderleGennaro Terlizzi

FOTO DI COPERTINAStefano Alpi

Fabrizio BeltrameGeppino Mauriello

Tutti gli scritti, le foto, i disegni e quant’altro mate-riale pubblicato su questo sito rimane di esclusiva proprietà dei rispettivi Autori che ne concedono in via provvisoria l’utilizzo esclusivo al Napoli Bonsai Club ONLUS a titolo gratuito e ne detengono il copy-right © in base alle Leggi internazionali sull’editoria. E’ vietata la duplicazione e qualsiasi tipo di utilizzo e la diffusione con qualsiasi mezzo (meccanico o elettronico). I trasgressori saranno perseguiti e puniti secondo gli articoli di legge previsti dal Codi-ce di procedura Penale che ne regolano la materia.

editoriale

Bonsai & Suiseki magazine: la prima rivista on-line

Dopo quattro numeri editi dal nostro gruppo redazionale, cui va il mio riconoscimento per professionalità e impegno, credo sia giunto il momento di fare un primo bilancio. Abbiamo migliorato graficamente la rivista e continueremo a farlo numero dopo numero. Il numero di lettori e di consensi va progressivamente aumentando. Sappiamo che vi sono due gruppi di lettori che ci seguono: quelli “ufficiali” che conosciamo e che ci sostengono e quelli “clandestini”, che ci sbirciano, ci spiano, che non ammetteranno neanche sotto tortura di seguirci, ma che lo fanno. E noi ne siamo felici e diciamo loro: continuate e farlo, anche se con aria … carbonara. Una rivista autoprodotta questa che crediamo e speriamo sia destinata ad essere d’elite, una icona preziosa per pochi. Questo maga-zine non vuole essere per molti, non ci interessa la quantità ma la quali-tà. Vogliamo mantenere alto il vessillo di indipendenza da qualsiasi loggia e dal potere economico che in questa società moderna regola ogni mec-canismo e che condiziona pure il pensiero. Vi sono riviste che editori convinti stampano anche in soli 100 o addirittura 50 esemplari. Questa rivista è una affermazione di libertà per me che la dirigo e per tutti gli amici che vi collaborano. Questa rivista ci veicola emozioni e spero che sia così per chi la colleziona. Questa è una rivista che definirei “fanzine”. Il termine “fanzine”, che in italiano pos-siamo tradurre come “rivista amatoriale”, deriva dalla contrazione delle parole inglesi fan (fanatico/appassionato) e magazine (rivista). Si fonde con la pratica del do it yourself (fallo da solo), grazie anche alla possibilità di stamparla in copie a colori al costo di pochi centesimi. La fanzine è un vero e proprio organo di stampa indipendente, in alternativa alla cosid-detta editoria mainstream.Alcune fanzine sono diventate importanti come la rivista Vice, la VBS.tv o quella italiana Nero magazine che si occupa d’arte o la rivista musicale Blow up, e tutto ciò nonostante in rete sia un fiorire costante di news-group, webzine e blog. Speriamo di vincere la scommessa fatta con noi stessi. Speriamo di farcela. Ce la faremo!

Antonio Ricchiari

DIRETTO DAAntonio Ricchiari

PROGETTAZIONE GRAFICASalvatore De Cicco

CORRETTORE DI BOZZEGiuseppe Monteleone

in

collaborazione con

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Sommario

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

Mostre ed eventi

pag. 01 “Il giardino Zen” - G. L. Ennypag. 03 “Metamorfosi” - S. Bassipag. 05 “Le terapie olistiche” - G. Terlizzi

Bonsai ‘cult’

In libreria

La mia esperienza

A lezione di Suiseki

A scuola di estetica

pag. 07 “BonsaiZone Exhibition ‘09” - C. De Baripag. 10 “III Congresso di Rivalta” - S. Guerrapag. 11 “Brindisi Bonsai” - P. Di Giulio

pag. 13 “Bonsai. Il Bosco: la natura in miniatura” - A. Ricchiaripag. 13 “La pienezza del nulla” - A. Ricchiari

pag. 14 “Le dimostrazioni” - G. Genottipag. 16 “L’etica ed il bonsai” - A. Ricchiari

pag. 18 “L’occasione del fare - II parte” - V. Cannizzopag. 20 “Rinvasiamo un ficus” - D. Rubertellipag. 22 ”Percorso evolutivo di un acero campestre” - A. Dal Col

pag. 24 “Arenarie” - L. Queirolo

Azaleacoll. Gakuajisai Kozan

L’essenza del mese

Note di coltivazione

Tecniche bonsai

Vita da club

Che insetto è?

pag. 35 “Azalea” - R. Smiderle

pag. 37 “I micro-elementi” - L. Bragazzi

pag. 38 “La potatura delle caducifoglie” - G. Genotti - A. Ricchiari

pag. 40 “BonsaiZone” - C. De Bari

pag. 41 “Patologia vegetale - V parte” - L. Bragazzi

pag. 32 “L’estetica dell’eretto formale” - A. Ricchiari

L’opinione di...

pag. 29 “Donato Danisi” - G. Monteleone

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I lettori per una rivista sono come i figli per una madre: tutti uguali... ma un figlio preferito c’è sempre. Uno dei nostri ‘figli preferiti’ è Felix G. Rivera, famoso suisekista di Albany (San Francisco) che ci ha riempito il cuore di gioia e d’orgoglio inviandoci questa lettera che vogliamo condividere con tutti voi.

Da quando ho visto il primo numero di “Bonsai & Suiseki Magazine” sul sito dell’A.I.A.S., fino all’attuale pubblicazione, sono rimasto stupefatto dalla qualità professionale della rivista. Due cose mi hanno immediatamente colpito: il layout della rivista e la qualità delle fotografie.E’ raro vedere un lavoro così bello in una rivista elettronica. Molti siti web dovrebbero imparare dal lavoro professionale del maga-zine. I fonts sono molto leggibili, e l’uso delle barre colorate che incorniciano i titoli degli articoli è un tocco da maestro. E’ semplice cercare i titoli essendo facilmente condotti dai colori nelle pagine. Bravi! Avendo un sito web ed essendo coinvolto nella pubblica-zione della nostra newsletter trimestrale, devo ammettere di avere rubato non poche idee da “Bonsai & Suiseki Magazine”.Essendo un fotografo sono rimasto impressionato dalla qualità delle fotografie pubblicate nella rivista; mi piacciono i vari formati e le disposizioni. Mi piacciono anche le varie didascalie, step by step, che dimostrano le varie tecniche bonsaistiche applicate sugli alberi. Sono anche stato contento di vedere un articolo sulla realizzazione di un bosco di faggi; il mio albero ed il mio stile preferito.Sfortunatamente non capisco bene l’italiano, così sono costretto ad usare un software di traduzione. Mi salvo non traducendo tutti gli articoli, e non traducendo ogni parola di ogni articolo a cui sono interessato. Ma ne vale la pena, perché gli articoli che ho letto sono convincenti e gradevoli, nonostante a volte la traduzione del software risulti bizzarra.Il contenuto è unico: dove altro posso leggere articoli sui bonsai, sul mio vecchio maestro John Naka, vedere fotografie di pietre, collezioni di pietre dei fiumi, e l’esposizione dei suiseki nei suiban e doban. L’articolo riccamente illustrato di Luciana è stato un piacere per i miei occhi ed è stato un vero piacere leggerlo. Sono sicuro che adesso stiate pensando che credo che la rivista sia perfetta. No, non è così, ma le mie preoccupazioni sono minori e più egoistiche. Mi piacerebbe vedere qualche piccola aggiunta. Sarebbe fantastico qualche articolo in più sui suiseki; e chiaramente più fotografie.Infine sono stato piacevolmente sorpreso nel vedere un articolo sullo Shiatsu! Leggerlo è stato divertente. Se è stato possibile inserire nella rivista un articolo sullo shiatsu allora mi piacerebbe vedere articoli su come fotografare i bonsai ed i suiseki e, per-ché no, articoli sulle spade dei samurai. Colleziono spade e ho appreso recentemente che in Italia esistono alcuni club di spade dei samurai. Temo che la mia lista dei desideri potrebbe essere molto lunga, quindi smetterò.Ottimo lavoro, molto creativo e piacevole da leggere. Continuate con questo buon lavoro.

Felix G. Rivera

Ever since I saw the first issue of “Bonsai & Suiseki Magazine” on the A.I.A.S. web site, to the present issue, I have been amazed at the continued professional quality of the magazine. Two things stood out immediately: the magazine’s layout and the liberal use of quality color photographs. It is rare to see so much beautiful work put into an electronic magazine. Many web sites I know could learn from the professional work of the magazine. The fonts are very readable, and the use of the colored bars framing the article’s titles is a masterful touch. It is a simple matter to look for their titles by simply being led to the colors on the pages. Bravo! As someone who has a web site and is involved in publishing our quarterly newsletter, I must admit I’ll steal a few ideas from “Bonsai & Suiseki Magazine”.As an active photographer, I have been impressed by the quality of the photographs placed in the magazine; I like their varying sizes and placements. I also like the detailed step-by-step photographs demonstrating various bonsai techniques in working with a tree. I also was happy to see an article on fagus forest plantings; my favorite tree and style.Unfortunately, I do not read Italian well, so I am relegated to using translation software. I save myself by not translating all the articles, and not translating every word of every article I am interested in. The work is worth it, as those articles I have read are cogent, convincing, and entertaining, even with the software’s bizarre translation occasionally. By the way, I use three translators and a hard copy dictionary to get the gist of the articles.The content is unique: where else can I read articles on bonsai, my old sensei John Naka, picture stones, collecting stones in rivers, and the placement of suiseki in suibans and dobans. Luciana’s richly illustrated article was a pleasure for my eyes, and to read. As we say, this is all “eye candy”.At this point I am sure you are thinking that I believe the magazine is perfect. No, I do not, but my concerns are minor and selfish ones. I would like to see a few additions. A few more articles on suiseki would be nice; and more photographs, of course.Finally, I was pleasantly surprised to see an article on Shiatsu! It was fun to read. If shiatsu articles make it into the magazine, then I would like to see articles on how to photograph bonsai and suiseki, and why not articles on samurai swords. I collect swords and I learned recently that there are some very active samurai sword clubs in Italy. I guess the wish list can get longer and longer, so I will stop. Good job, very creative and fun to read. Keep up the good work.

Felix G. Rivera

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Il giardino Zen- stile Karesansui

Articolo a cura di Gian Luigi Enny

Il giardino zen crea un senso di tranquillità, immobilità e calma;

la mente può espandersi e liberare l’ immaginazione

Le origini Il giardino “Karesansui”, detto anche giardino giapponese in stile “paesaggio secco” esiste da molti secoli. E’ nel sesto secolo d.c., con l’ avvento del Buddismo Zen che il “giardino” ha cominciato ad evolversi. Innanzitutto sono stati realizzati giardini di dimensioni maggiori per permetterne l’accesso all’interno, così da passeggiare e meditare senza rimanere all’esterno, sui bordi come nei primi Karesansui. I sacerdoti Zen hanno adottato poi il “Karesansui“ assegnando alla sua costruzione uno scopo differente: aiutare alla comprensione più profonda dello zen e dei suoi concetti. La meditazione zen non avviene più solo con l’ osservazione del giardino ma anche e soprattutto con la sua creazione stessa. I principi base che oggi ci vengono tramandati risalgono al tardo 1200 e sono quelli che hanno creato i giardini della contemplazione dei più recenti sacerdoti Zen. I giardini di pietra riflettono inoltre l’influenza della pittura di paesaggi dell’epoca Song. Quest’arte relativa alle pietre, e cosi sobria da rinunciare alla magia del multicolore, rispondeva alle esigenze di semplicità e severità che caratterizzavano i monaci zen. Ed è per questo che i disegnatori vi si ispirarono. Secondo un vecchio maestro, i giardini dei monasteri, sono quadri dipinti senza pennello. I giardini di pietra sono un espressione intrinseca del pensiero Zen e pertanto difficilmente accessibile alla maggior parte degli umani. Molto diverso dai nostri giardini tradizionali non hanno nulla che incanti, al contrario evocano povertà di vegetazione, senza averne tuttavia la sterilità, dal momento che i maestri animarono queste pietre per nutrire lo spirito di colui che è alla ricerca del proprio “io” In poche parole, i giardini Karesansui sono difficili da comprendere tanto quanto è arduo conoscere la mente umana.

1 Dal mondo del Bonsai & Suiseki

IL GIARDINO ZEN - Gian Luigi Enny

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La costruzione Quando costruite il vostro giardino zen , aggiungete sempre un elemento personale per contraddistinguerlo da altri e modificate l’orientamento della ghiaia è un’importante occasione per rilassarvi e meditare pensando alla tranquillità e alla pace interna. Il vostro giardino zen può essere creato ovunque, in piccoli spazi o in più ampie aree che aiutano a valorizzare la vostra casa. I due elementi principali sono le rocce per formare isole montuose e ghiaietto per creare le onde dell’acqua. La ghiaia utilizzata non e’ quella delle spiagge bensì granito o marmo schiacciato e di tonalità uniforme, bianco, bianco sporco, beige o grigio di circa 2/5 millimetri di diametro. Non utilizzate miscugli di grani multicolori . Il granito bianco sporco e uniforme crea la giusta atmosfera e illumina con il proprio riflesso anche le aree vicine del giardino di casa tradizionale, è in pratica il più usato per creare questi genere di giardini. Scegliete molto accuratamente le rocce da posizionare nel giardino queste non dovranno essere troppo piccole ma neanche troppo grandi, la proporzione e il giusto equilibrio rivestono un importanza fondamentale. Le isole sono il fulcro della meditazione e ciò che rappresentano riveste una particolare importanza per l’osservatore in meditazione.

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

IL GIARDINO ZEN - Gian Luigi Enny 2

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Metamorfosi

Articolo a cura di Sergio Bassi

Non conosco le abitudini degli altri suisekisti, ma io quando trovo una pietra che abbia “movimento” la raccolgo, la porto a casa e con calma la osservo.Difficilmente non riesco a trovare qualche somiglianza. Il mio amico Andrea ne ha trovata una che di movimento ne ha molto. Devo dire che si tratta di una pietra molto chiara, le foto su sfondo nero accentuano questo colore “non gradito”, ma anche al naturale chiara è e chiara rimane. Proviene da un sito vicino a casa mia ricco di questo materiale ma non solo. La cosa veramente interessante da far vedere, sono le molteplici chiavi di lettura che ci possono essere su questa pietra e sicuramente non sono tutte. Potrei anche farne a meno perché tutti lo sanno, ma, ricordo, che il miglior metodo per “vedere” una pietra è senza dubbio quello di tenerla in mano e posizionarla via via in modi diversi, le foto non renderanno mai il senso della prospettiva e della profondità e sarà molto più difficile cogliere quei dettagli che elevano una pietra da semplice sasso a suiseki. So benissimo che uno dei divertimenti maggiori di noi amatori è scoprire quello che una pietra riesce a “dire”. In questo caso sciuperò questo divertimento dicendo io quello che ci vedo, addirittura aiutandomi con delle immagini prese da internet, ma ognuno può giocare a suo piacimento.

Fig. 1 - La prima somiglianza è con un Suricato detto anche sentinella del deserto.Ha una vista acuta e seduto sulla coda mantiene l’equilibrio quando deve stazionare a lungo durante il suo «turno di guardia».

Fig. 2 - La seconda foto (che è il retro della prima) potrebbe sempre rappresentare un suricato, ma anche un coniglio, si intravedono bocca, naso ed un occhio.

3 Dal mondo del Bonsai & Suiseki

METAMORFOSI - Sergio Bassi

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Fig. 3 - Posizionando la pietra in modo orizzon-tale la somiglianza con una balena è straordi-naria.

Fig. 4 - Vediamola dal lato opposto

Fig. 5 - Cambio di posizione appare un uccello, forse un germano in volo.

Fig. 6 - Capovolgendo la pietra il pesce prende movimento, sembra di vederlo nuotare.

Fig. 7 - Capovolgendo la pietra e mettendola inclinata verso sinistra, nella parte alta possiamo vedere due teste: una di un’aquila che ci osserva con attenzione ed una di un cane.

Fino ad ora mi sono divertito io a cercare le analogie, le ultime due foto che vi presento so-no di “libera in-terprtazione”.

P.S. Qualcuno potrebbe pensare che ho fatto un po’ il furbo, individuando le somiglianze più facili. ma: 1 è vero, questa volta il gioco lo conduco io; voi cosa avreste fatto?2 non è detto, i suisekisti avranno mille difetti, ma l’immaginazione non manca

Sergio Bassi

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

METAMORFOSI - Sergio Bassi 4

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Le terapie olistiche

Articolo a cura di Gennaro Terlizzi

Lo studio delle terapie olistiche è oggetto di vasto interesse, considerando che oggi la medicina alternativa richiama l’attenzione di un grosso pubblico. L’obiettivo che si pone l’uomo, in condizioni di salute precaria è quello del completo recupero della propria armonia sia dal punto di vista somatico sia psichico. L’OMS definisce così lo stato di salute “La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo l’assenza di malattia o di debolezza”. Per ripristinare questo delicato equilibrio naturale è necessario anche (e non solo) rivolgersi alla Natura in tutti i suoi aspetti terapeutici. La medicina naturale non è un sistema teorico ma è basata sulla pratica e sull’esperienza di molti secoli. Tra le varie tecniche di terapie naturali, credo siano a noi note, lo Shiatsu, il Tuina (massaggio cinese antico), l’Ayurvedica, il massaggio Californiano, il massaggio Hawaiano, l’Iridologia, la Cristalloterapia, l’Aromaterapia, la Riflessologia e tante altre.Lo scopo di questi nostri incontri sarà, fondamentalmente, quello di far conoscere queste tecniche terapeutiche nel loro insieme, la loro origine, le proprietà curative ed infine cercare dei parallelismi con la medicina ufficiale ovvero la medicina allopatica.In questo nostro primo incontro ci avvicineremo alla Medicina Tradizionale Cinese, punto fondamentale per molte tecniche terapeutiche poc’anzi citate. D’ora in poi per facilità di lettura indicherò la medicina tradizionale cinese con l’abbreviazione MTC. La MTC è la base, la struttura portante di tutte le tecniche terapeutiche orientali, quali l’agopuntura, il tuina, lo shiatsu, e tante altre, a prescindere del luogo dove le stesse hanno avuto origine. Questa prima parte sarà dedicata all’analisi di alcuni concetti teorici e fondamentali della MTC. Concetti complessi, con fondamenti filosofici che cercherò di trasporre su di un piano essenziale ma non superficiale. Si parlerà di yin e yang, del dao, del soffio energetico e dei meridiani. La MTC non considera l’uomo esclusivamente come un’unità corporea a se stante, bensì un corpo con un’attività energetica in continua interazione con l’energia cosmica che lo circonda. Pertanto tutte le patologie, ad eccezione quelle traumatiche, sono considerate un’alterazione dell’equilibrio energetico, ed in particolar modo di alcuni elementi, che sono parte integrante delle continue trasformazioni che sospingono la vita. Alla base del pensiero filosofico orientale e della MTC esistono tre concetti fondamentali: Yin e Yang, Dao e Qi. L’origine di questi termini si perde nel passato, ed il loro aspetto filosofico, quasi come per incanto si plasma, si fonde, si trasforma in ciò che è pratico, quotidiano, cioè la vita.

Yin e Yang - sono la legge del cielo e della terra, la radice del principio della vita e della morte. La vita si manifesta nella dualità ed ogni essere vivente è nella dualità. Sono i due aspetti essenziali dell’unità, la dicotomia dell’uno, l’espressione di due elementi che partecipano alla realizzazione di un’entità completa. Il concetto di yin e yang è ben espresso dal simbolo del Tai Ji.

Yang Yin

Nella pratica di un bonsaista l’espressione Yin e Yang la poniamo in essere quando effettuiamo su di una pianta uno shari. In tal caso poniamo in evidenza il contrasto tra la vita e la morte, l’esistenza dell’uno in continuità con l’altro, creiamo armonia con

5 Dal mondo del Bonsai & Suiseki

LE TERAPIE OLISTICHE - Gennaro Terlizzi

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due elementi opposti ed estremi tra loro. La parte viva della pianta rappresenta lo yang, la parte morta lo yin. Nel simbolo del Tai Ji è viva l’idea di una marea che sale e retrocede come se volesse fondere il bianco e il nero, il concetto di unione nella contrapposizione. Al centro della zona nera è posto un puntino bianco, e viceversa, e ciò sta a evidenziare che in ognuno dei due elementi c’è il seme dell’altro. Proprio come nel solstizio d’inverno, dove, sotto la neve è già vivo il seme del rigoglio dell’estate. Il cerchio che racchiude tutta l’immagine ci trasmette l’idea di un’intima fusione dei due aspetti che costituiscono la totalità della vita. E’ importante osservare come culture, religioni, popoli di varie origini, in tempi diversi hanno espresso, in modo differente, attraverso scritti il concetto di yin e yang. Nel Vangelo si dice “Ti battezzo con l’acqua e con il fuoco” ed ancora nel Nei Jing So Wen “ Acqua e fuoco sono i simboli di yin e yang”. Tutti i fenomeni della vita possono essere visti come composti da un elemento yin ed un elemento yang. Nel corso della vita ogni individuo sperimenta gioia e dolore, desiderio ed appagamento, azione e riposo, amore ed odio, e nell’ambito di queste coppie ogni elemento non può esistere senza l’altro. Nessuno potrà mai dire di aver sperimentato solo gioia o dolore oppure solo odio senza mai aver amato. Questi rappresentano un criterio di raggruppamento delle realtà in due categorie ed ognuno di loro ha determinati attributi. E’ importante comprendere questi concetti, seppur filosofici, perché per la MTC ogni patologia ha come origine un disequilibrio di yin e yang. - Yin rappresenta la ricettività, lo stato d’inerzia e di potenzialità energetica. E’ l’aspetto oscuro, profondo ed è simboleggiato dall’acqua, per la sua caratteristica di scendere verso il basso, condensarsi e di adattarsi ad ogni forma.- Yang è l’attività, l’espressione della potenzialità energetica, l’azione, l’aspetto luminoso e superficiale. E’ simboleggiato dal fuoco per la sua natura di movimento incessante verso l’alto. Sulla base di tale dicotomia tutti i fenomeni dell’universo possono essere divisi in un aspetto yin ed uno yang, dando vita ad un numero infinito di opposti complementari, a due grandi rubriche, in ognuna delle quali ogni termine trova l’opposto nell’altra. Questa schematizzazione deve servirci per analizzare ed interpretare la vita, non è la vita che deve forzatamente rientrare in questi schemi. E’ importante comprendere che yin e yang non sono due diversi fenomeni bensì due momenti diversi di un unico fenomeno. Nel tiro con l’arco abbiamo una fase di caricamento che è yin ed una fase yang in cui la freccia è scoccata e si esprime tutto il potenziale energetico; due momenti di un unico fenomeno. L’uomo e la donna sono i due elementi, i due fattori generali per generare la vita. Gli insiemi di yin e yang sono in continua e costante interazione e trasformazione regolate da quattro rapporti fondamentali: opposizione, complementarità, relatività e reciproca trasformazione. Alla prossima per continuare il nostro viaggio nella medicina tradizionale cinese.

Dal mondo del Bonsai & Suiseki

LE TERAPIE OLISTICHE - Gennaro Terlizzi 6

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Sarà a Nole, Faz. Di Grange (TO)

presso la Fujisato Company che

si svolgerà l’ormai consueto

Congresso Nazionale degliIstruttori IBS,

giunto alla XIV edizione e con una

nuova formula.

Il Congresso IBS apre le porte a tutti,

professionisti e hobbisti del Bonsai e

del Suiseki per assegnare i

riconoscimenti previsti.

Vi invito a partecipare a questo evento i cui contenuti si basano

su aspetti didattici di particolare interesse.

Saranno previste conferenze, demo, la borsa di studio IBS oltre all’assegnazione di

numerosissimi premi di prestigio.

L’esposizione prevederà settanta spazi espositivi, uno di questi potrà essere il tuo!

Il mio invito è rivolto a tutti per rendere questo evento una festa

del Bonsai, del Suiseki e della didattica.

Sandro Segneri

Presidente IBS

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Si è svolta nel migliore dei modi la tre giorni molfettese dedicata ai bonsai. Grande riscontro di pubblico che ha espresso il suo gradimento anche attraverso i commenti che affiancavano le firme di presenza. Il premio della giuria (composta da Vito Di Venere, Pippo Gargiuolo e Luca Bragazzi) miglior bonsai Exhibition ‘09 è andato al leccio di Giorgio Palmisano del Club “Valle d’Itria” di Locorotondo (Fig. 1). Premiato dalla giuria anche la miglior composizione di compagnia (Kusamono) assegnata a Davor Franchini del club “Bonsaizone” Giovinazzo (Fig. 2), mentre il bonsai più votato dai visitatori è risultato uno splendido esemplare di Acero palmatum deshojo (Fig. 3) di Vito Di Venere (istruttore IBS), con ben 390 preferenze.

Il pubblico ha apprezzato l’eleganza e le delicate sfumature di colore di questo splendido esemplare, di cui la figura 4 mostra un particolare. Pezzo forte, fuori concorso, il Ginepro vincitore (Fig. 5, 6, 7) della menzione di merito “Iwasaki Award” all’ambito concorso internazionale IBS - BCI 2008 di San Vincent , dell’ istruttore IBS Luca Bragazzi.

Fig. 1 - Leccio di Giorgio Palmisano Fig. 2 - Kusamono di Davor Franchini Fig. 3, 4 - Acero deshojo di Vito Di Venere

Fig. 5 - Ginepro taiwanese di Luca Bragazzi

Fig. 6, 7 - Particolari della legna secca

BonsaiZone Exhibition ‘09Articolo a cura di Cosimo De Bari

7 Mostre ed eventi

BONSAIZONE EXHIBITION ‘09 - Cosimo De Bari

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La competizione, a carattere regionale, ha visto la partecipazione di numerosi club, fra cui il consolidato “Bonsai Club Valle D’Itria” di Locorotondo (BA) e gli emergenti “Bonsaizen Italia” di Cassano delle Murge (BA) e “Radici di Puglia” di Erchie (BR). In seguito alcune delle piante in mostra:

Fra le piante di compagnia anche una simpatica Mamillaria - altezza 10 cm. - in vaso Raku (della ceramista M. Di Lecce, Fig. 14). L’allestimento, nella splendida cornice del Chiostro della Fabbrica di San Domenico a Molfetta, ha offerto suggestivi angoli scenografici, come i Suiseki di Vito di Venere e un Giardino giapponese con lanterna pregiata e fontana.

Molto seguite e apprezzate dal pubblico, (molti esperti venuti da tutta la Puglia) la dimostrazione di prima impostazione di Tasso da vivaio, eseguita da Davide Capurso e le dimostrazioni, eseguite in contemporanea, di Bosco montano di Camaeciparis Obtusa Nana (Falso Cipresso) da vivaio eseguito da Leo Samarelli. Il clima durante tutta la manifestazione è stato professionale ma allegro e disteso.

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

Fig. 11

Fig. 12 Fig. 13 Fig. 14

Fig. 15

Fig. 16

Fig. 17 - Leo Samarelli durante la realizzazi-one di un bosco di Camaeciparis

Fig. 18

Fig. 19

Fig. 20 - Bosco su lastra di Olmi campestre

Fig. 21 Fig. 22 - Giammaria De Ceglia e Tommaso Stallone durante la realizzazione del bosco.

8Mostre ed eventi

BONSAIZONE EXHIBITION ‘09 - Cosimo De Bari

Page 16: Bonsai & Suiseki magazine - Maggio 2009

Per completare le suggestioni orientali, lo staff Bonsaizone ha sapientemente coniugato alle antiche tecniche legate agli elementi naturali, performance artistiche e dimostrazioni, a partire dalla recitazione di Haiku recitati dall’attore Francesco Tammacco e “commentati” dalle magiche note di chitarra e flauto traverso dei maestri Antonino Maddonni e Vincenzo Mastropirro.

In mostra bellissimi pezzi di ceramica Raku d’autore applicata al vaso bonsai realizzati dalla ceramista Marilena Di Lecce.

Molto apprezzate dal pubblico e dalla critica le fotografie tematiche di grande livello tecnico e artistico, di Alberto D’Andrea, fotografo professionista di grande talento.

Emozionante le esibizioni artistiche e tecniche di arti marziali del Maestro Luigi Silvestri e tutta la sua scuola. Sono state stimate complessivamente circa 2500 presenze di visitatori, molti arrivati da gran parte della Puglia. GRAZIE A TUTTI i soci che hanno collaborato e, un grazie particolare, a tutti i visitatori che hanno caratterizzato la manifestazione. Si ringrazia inoltre la partecipazione dell’IPS “Mons. Bello” di Molfetta per i lavori esposti a cura di una classe IV della sezione Grafico Pubblicitario

Cosimo De Bari

Fig. 24 - Foto di Alberto D’Andrea

Fig. 25 - Esibizione di arti marziali Fig. 26 -Luigi Silvestri durante l’esibizione

Fig.27 - Altro momento dell’esibizione

Fig. 28 - Foto di Alberto D’Andrea

Fig. 23 - Il bellissimo paesaggio (Penjing) di Olmi Cinesi, su base in marmo lavorato per l’occasione, realizzato dall’esperto bonsaista Pippo Gargiuolo

9 Mostre ed eventi

BONSAIZONE EXHIBITION ‘09 - Cosimo De Bari

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Come consuetudine, da qualche anno il Bonsai Club Rivalta organizza un congresso bonsai dal titolo:”Un bonsai oltre i confini”. Svoltosi dal 17 al 19 aprile e giunto oramai alla terza edizione, ha offerto una tre giorni interessante con mostra, workshop e dimostrazioni sia di bonsai che di ikebana. Ospiti di questa III edizione il Maestro Minoru AKIYAMA per il bonsai e la Maestra Michiko IWAKURA per l’ikebana. La tre giorni inizia venerdì con un workshop, le piante da lavorare, tutte conifere yamadori eccetto uno shoin di itoigawa, vengono studiate attentamente

dal maestro che suggerisce per ognuna un paio di impostazioni illustrandole ai proprietari, lasciando che siano loro a scegliere quella più gradita (Fig. 1). Avendo avuto modo di parlare con il Maestro ho potuto notare, oltre alla classica capacità nell’interpretare la pianta, una tendenza a non stressarla più del dovuto (Fig. 2); soprattutto quando, durante uno step, avvengono delle grosse pieghe, il M° Akiyama consiglia di lasciare riposare la pianta almeno sei mesi (Fig. 6, 7, 8). Nel frattempo, mentre nei locali del vecchio monastero adibiti alla mostra alcuni soci stavano preparando i tokonoma, iniziavano ad arrivare le piante per l’allestimento finale, pronti per l’apertura al pubblico di sabato.Le piante, prevalentemente conifere, tutte di proprietà dei soci del club, sono molto curate. Nonostante appartengano, nella maggior parte dei casi, ad amatori, il livello raggiunto è molto buono ed alcune piante in particolare hanno rapito la mia attenzione come un acero palmato a coppa (Fig. 11), un glicine fiorito in stile litterati (Fig. 5) ed un’erica molto delicata (Fig. 4). Buona l’affluenza di visitatori nonostante il tempo sia stato poco magnanimo con gli organizzatori. Che dire… per me sono stati dei giorni bellissimi, ho rivisto vecchi compagni di avventura, bellissimi ricordi di serate passate a potare, rinvasare, filare con Roberto PEANO, istruttore Aban, sotto gli occhi critici del parroco che metteva a disposizione il locale. Era il 1993, ed assieme ad alcuni amici nasceva il Bonsai Club Rivalta.

Sergio Guerra

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9

Fig.3 Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6

Fig. 10 Fig. 11

III Congresso di RivaltaUn bonsai oltre i confini

Articolo a cura di Sergio Guerra

10Mostre ed eventi

III CONGRESSO DI RIVALTA - Sergio Guerra

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Vivo in una città bellissima ma molto maltrattata dall’incuria di chi ci è nato e da chi l’amministra. Brindisi è diventato così il fanalino di coda di tutte le altre città, ma io non sono minimamente d’accordo. Mi occupo di bonsai da circa vent’anni e per poter vedere qualcosa di specifico nel settore, mi sono sempre dovuta spostare

al nord. La mia rabbia cresceva e con essa l’esigenza di voler rimediare a qualcosa, ma non sapevo quale. Poi l’illuminazione: Arco, Salerno, le manifestazioni....perché non iniziare da li, ma francamente ero sola e non sapevo come fare. Poi non so come, il mio amico David Masi esordisce con la fatidica frase “quanto mi piacerebbe fare una mostra”; e io colgo al volo l’occasione. Approfittando del fatto che mi occupo di PR ricorro a tutti i miei contatti e, detto fatto, ottengo dal comune un palazzo del ‘500 su cui è stata costruita una cupola in vetro, per organizzare la mia tanto sospirata mostra similArco. David si pone all’opera col suo staff e io mi occupo della burocrazia, della stampa, della divulgazione e di tutto ciò che una organizzazione di quattro giornate di mostra rendono necessarie.

Ci vengono incontro molti bonsaisti che non credevo esistessero, e, dulcis in fundo, Luca Bragazzi con tutto il suo club BonsaiZone. Felicità alle stelle (grazie ancora ragazzi) e dopo lunghi preparativi finalmente parte la mostra giorno 19 marzo. Sapete la cosa che mi ha stupita maggiormente qual è stata? L’affluenza massiccia di scolaresche. Alunni e insegnanti che prendevano nota, fotografavano ed infine mi hanno invitato successivamente a prendere visione dei loro lavori scolastici... davvero notevole.

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

Brindisi BonsaiArticolo a cura di Patrizia Di Giulio

11 Mostre ed eventi

BRINDISI BONSAI - Patrizia di Giulio

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Luca porta alcuni suoi esemplari magnifici, Leo Samarelli un suo capolavoro e perfino il presidente del club Cosimo De Bari ci porta un suo esemplare davvero bello. Chi se lo aspettava!!!!!! Come chi si aspettava un’affluenza di persone così massiccia, un assalto al mercatino per l’acquisto di molti bellissimi esemplari di David e una massiccia affluenza alle dimostrazioni tenute da Fulgenzio De Maglie che ha lavorato un pino d’aleppo e da me poi che ho lavorato un olivo abbastanza grosso spiegando agli astanti un po’ di storia su come si ottiene un bonsai. La cosa che mi ha compiaciuta è stato l’affetto dimostrato da tutti quelli che hanno saputo dello sforzo fatto per allestire una mostra dal nulla e su due piedi ma cosi ben strutturata. Ringrazio per questo innanzitutto il mio maestro e amico Armando Dal Col che non ha mai dubitato delle mie capacità e che mi è sempre vicino col cuore, Luca Bragazzi, splendido ragazzo e disponibilissimo, Enrico Savini che mi ha spronato per tutti i 4 giorni della mostra con ripetuti sms, i ragazzi del club di Molfetta Bonsai Zone, il mio amico fraterno David Masi e le sue piante meravigliose, e tutti quelli che hanno fornito i loro bonsai per la mostra, piante davvero di alto valore anche monetario. Cosa dire ancora, non credevo davvero di poter fare ciò che è stato fatto in così breve tempo, solo Leo Samarelli verso la fine della serata mi dice “Patty, ma ti rendi conto di cosa hai messo in piedi? Complimenti davvero!”. Vi assicuro che quell’affermazione mi ha fatto aprire gli occhi ed ho tremato di paura... vero, ci ero riuscita!

Patrizia Di Giulio

Fig. 6 Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9

12Mostre ed eventi

BRINDISI BONSAI - Patrizia di Giulio

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Titolo: Bonsai. Il Bosco: la natura in miniaturaAutore: Giovanni GenottiEditore: De Vecchi EditorePagine: Vol. 1: 270; Vol. 2: 442ISBN: 88-412-0124-XPrezzo:

Titolo: La pienezza del nulla. Sull’essenza del Buddismo ZenAutore: Hoseki Schinichi HisamatsuEditore: Il melangoloPagine: 58ISBN: ...Prezzo: € 6,19

Concetto abbastanza difficile per gli Occidentali, il “Nulla” è il nulla caratteristico del mondo del lontano Oriente. Questo nulla è ciò che differenzia in modo essenziale la cultura dell’Asia orientale da quella dell’Occidente. E’ il cuore del buddhismo e il nucleo essenziale dello Zen. Nel Buddhismo il concetto di nulla viene spesso usato per defnire la natura del Buddha, della verità assoluta o del Nirvana. Lettura indispensabile per ogni bonsaista perché possa avvicinarsi e cercare di capire il concetto del “Nulla” così come è inteso nell’Oriente Estremo. …che questo nulla sia vuoto senza essere vuoto…

Un libro che insegna raccontando le esperienze “sul campo” dell’autore. Un libro che ha richiesto molti anni di lavoro e l’esperienza e la passione di tutta una vita. Genotti è l’unico in Italia ad avere raggiunto una eccellente specializzazione nella creazione di boschetti, creazione che richiede un forte senso estetico ed una straordinaria percezione visiva. I boschetti di Giovanni richiamano la realtà in una maniera talmente perfetta che l’osservatore si sente rapito dal fascino che emana una composizione di questo Maestro. Esperienze maturate nel corso di una carriera che è sicuramente la più lunga e proficua fra tutti i bonsaisti italiani. Lunga non soltanto in termini anagrafici, ma intensa e ricca come non mai. Credo che tutti i giovani che si avvicinano al bonsai, le “nuove leve”, debbano prendere ad esempio il cammino che Giovanni ha percorso dall’inizio della sua carriera, così come feci io, quando iniziai e quando i nomi dei professionisti in Italia si contavano in una sola mano. Diceva un docente all’Università che bisogna sapere “succhiare” il sapere, consapevoli sempre della propria modestia e del ruolo di discenti … questo professore non aveva mai sentito parlare di bonsai, eppure i principi sono simili. Ho il sospetto che oggi qualcuno tenda a sorpassare questa conoscenza attraverso il patrimonio acquisito durante lunghi anni di militanza e che è qualcosa di insostituibile,

ritenendo spesso le pubblicazioni come non indispensabili e saltando piè pari alcuni passaggi che sono fondamentali nella carriera di bonsaisti e che richiedono anni: il tutto pronto e subito non può essere e non sarà mai retaggio del bonsai!

In libreriaBONSAI. Il Bosco: la natura in miniatura - Antonio RicchiariLA PIENEZZA DEL NULLA - Antonio Ricchiari13

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Nelle dimostrazioni si dimenticano volutamente alcune tec-niche, evidenziandone solo alcune, le più appariscenti, raggruppandole in un solo momento, facendo erroneamente credere che siano le sole ed uniche volte alla realizzazione di un bonsai. Dimostrare significa indubbiamente GIUSTIFICARE in modo razionale e far vedere i passaggi di lavoro per giun-gere al risultato voluto. Le dimostrazioni nel campo bonsaistico sono legate a tecniche che si susseguono in modi e tempi precisi su di un progetto. Tec-niche che si possono realizzare soltanto negli anni. Le dimostrazioni concluse in poche ore che si svolgono nei diversi convegni sono sempre parziali, sono una metodica incompleta e negativa ai fini didattici perché negli interventi non si rispetta la reattività della pianta; si informa male lo spettatore e sono una vera ecatombe di piante, quasi sempre esemplari raccolti in natura di notevole bellezza. A mio avviso sono soltanto un mezzo per reclamizzare o presentare al pubblico un certo personaggio che sfrutta in una sola direzione l’arte bonsai (per il proprio interesse) non conoscendo spesso le necessità ed i tipi di piante. Le piante in questione, impostate nelle dimostrazioni ‘strana-mente’ non si rivedono più. Realizzate con apparenti ottimi risultati, hanno una vita effimera. Soltanto se gli interventi sono selezionati, molto parziali e su di un materiale di partenza già preparato, il bonsai creato in queste rap-presentazioni vive. Occorre educare il materiale di partenza sia nell’apparato radicale che nella parte aerea con interventi indirizzati nel tempo per non comprometterne la vitalità. Nelle dimostrazioni si trascura sempre l’apparato radicale, elemento di struttura indispensabile alla sopravvivenza del bonsai in vaso. Questa preparazione è una tecnica che richiede esperienza e cono-scenza della pianta su cui si opera per poter intervenire correttamente nel giusto momento. Mi è capitato di dover giudicare dei giovani bonsaisti emer-genti che non conoscevano le modalità degli interventi di potatura sulla parte radicale ed aerea e non avevano la minima idea delle reazioni dell’albero alle diverse potature in fasi dormienti e/o vegetative. La conoscenza della pianta è spesso un tabù per i giovani bonsaisti. Ho notato come molti di loro, ‘gio-vani maestri’, non distinguevano un olmo da un carpino, un carpino o un on-tano da un faggio, e per loro la sola tecnica era quella di ferrare conifere ed indirizzare i rami. L’apparato radicale del bonsai deve essere diverso da quello di una comune pianta cresciuta nel terreno, dev’essere poverissimo o addi-rittura privo di radici ancoranti e quindi ricco di capillari, nonché dev’essere preparato prima o dopo della parte aerea a seconda dell’età (giovane o vec-chia) nella struttura suddivisa o no propria della pianta. Gli interventi in tal senso, nelle dimostrazioni, non sono neppure accennati. Forse perché non eclatanti o non considerate per non denunciarne l’ignoranza, eppure sono indispensabili, fondamentali per il materiale di partenza raccolto in natura. Si agisce sull’apparato radicale prima che sulla parte aerea tenendo le piante in vaso, mentre si lavora in campo contemporaneamente alla preparazione del-la struttura portante per le piante da seme, talea o margotta. La preparazione dell’apparato radicale per le piante raccolte in natura è molto difficile e com-porta interventi sul fittone e sulle radici dominanti e/o lunghe. Tali passaggi anche distribuiti nel tempo sono legati a una contemporanea e grossolana po-tatura delle fronde per le caducifoglie, mentre per le conifere la potatura ae-rea non coincide con quella radicale. La preparazione della parte radicale nelle conifere yamadori è indispensabile e difficile. Dopo ogni singolo intervento

Le dimostrazioniTesto di Giovanni Genotti

14Bonsai ‘cult’

LE DIMOSTRAZIONI - Giovanni Genotti

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si devono attendere le reazioni positive della pianta che a seconda dell’età può essere di una stagione vegetativa per le caducifoglie o anche più anni per vecchie conifere. Volendo, le dimostrazioni si dovrebbero perciò divi-dere “grossolanamente” in 2 momenti. Nel primo si opera sull’apparato radicale e nel secondo sulla parte aerea. Per il primo sarebbe preferi-bile scegliere una caducifoglia lavorando nel periodo di stasi (o anche in quello vegetativo), applicando poi da parte tecniche successive per far vi-vere la pianta o deciderne incautamente la sua morte. Si procede lavando l’apparato radicale, tagliando il fittone e asportando via via le radici più grosse, ferrandole, ripiegandole o garrottandole, sistemarle in modo tale per poi poterle posizionare in vaso bonsai, quasi sempre ridotto e basso. Nelle caducifoglie è possibile associare contemporaneamente il lavoro di-mostrativo di preparazione dell’apparato radicale e quello di potatura della parte aerea. Tale lavoro dimostrativo si può fare in qualsiasi momento se non si rispetta la vita della pianta, in un solo passaggio, ma, se la si vuole rivedere è indispensabile procedere in tempi di dormienza o precedenti al risveglio, anche diversi e distanziati. E’ indispensabile quando il materiale di partenza non proviene da seme, margotta o talea. In questi casi, gli interventi radicali si susseguono via via nei rinvasi o trapianti in campo. La lavorazione della parte aerea delle caducifoglie è lunga e consiste nella ferratura di germogli ancora acerbi fatti crescere appositamente in po-sizioni volute per potatura e dicontinue potature alternate sull’albero in fase di stasi vegetativa. Tali interventi non soltanto richiedono una signifi-cativa esperienza ma anche la conoscenza dell’essenza, conoscenza che quasi tutti i giovani bonsaisti ignorano e che non possono essere raggrup-pate in poche ore per ottenere un bonsai quasi finito nell’aspetto fotogra-fico, perciò non fanno ‘scene’ in merito. Nelle dimostrazioni sulla parte aerea si usano soltanto conifere i cui rami possono essere torti e portati in posizioni volute. Il lavoro è molto appariscente, raggruppando gli inter-venti si può ottenere un risultato eccellente. L’apparire è d’obbligo ma la vita delle piante è sempre molto compromessa dalle torsioni dei rami non rispondenti alla direzione dei vasi linfatici o dalle rotture che non sono al momento visibili. Tali inconvenienti, nel migliorarne il lavoro, alterano la struttura del bonsai impostato e generalmente portano alla sua morte.

Giovanni Genotti

Bonsai ‘cult’

LE DIMOSTRAZIONI - Giovanni Genotti15

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L’etica è quella branca della filosofia che permette di distinguere i comportamenti umani in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comporta-menti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. La parola “etica” si riferisce all’intento razionale di fondare la morale intesa come disciplina. Può essere anche soggettiva, quando si occupa del soggetto che agisce, indipendentemente da azioni od inten-zioni, ed oggettiva, quando l’azione è relazionata ai valori comuni ed alle istituzioni. Questo preambolo chiarisce al lettore un concetto che purtroppo nel mondo del bonsai viene qualche volta trascurato o addirittura calpestato. L’etica che interessa il bonsai occupa tutto il settore ma nel particolare coinvolge: 1. l’associazionismo e comunque i gruppi aggregati 2. le manifestazioni regolamentate dai giudizi 3. l’etica ed il mercato commercialeIl bonsai ed il suiseki sono delle discipline talmente impegnative e complesse che nella loro accezione è temerario o quanto meno inadeguato relegarli al termine di hobby, o perlomeno sono un hobby per colui che le pratica una tantum, con impegno e studio relativo e con un coinvolgimento occasionale. Per la stragrande maggioranza di chi li vive come noi a livello professionale invece sono una cosa abbastanza seria e coinvolgente. Queste osservazioni scaturiscono da una serie di comportamenti ed azioni che non sono definibili, con tutta la buona volontà, corretti e che assumono una forma più grave perché fatti nell’ambito di associazioni nazionali che sono molto ben regolamentate. Rego-lamenti che gli iscritti hanno peraltro liberamente accettato di rispettare al momento della loro adesione. Sono azioni di singoli elementi che vanno dal tentativo di prevaricazione, ad una pesante ingerenza in fase di giudizi per sfociare in penosi tentativi che hanno il cattivo odore di ricatti della peggiore specie. Questi comportamenti che per fortuna sono isolati e ben individuati mi riportano alla mente fantasmi di tipo mafioso-camorristico. Non mi scan-dalizza il fatto che in un contesto associativo il “materiale umano” non sia eterogeneo, guai se i comportamenti fossero allineati ed uniformati! Esistono in alcuni episodi veri e propri exploit che si esprimono con deliri di onnipotenza. Sono costretto per dovere professionale a mantenermi sul generico omettendo nomi e fatti specifici che peraltro sono abbastanza noti agli “addetti ai lavori”. Ma basta segnalare la tipologia dei fatti perché siano resi pubblici. L’etica di cui si parla è da prendere nella sua accezione più immediata e corrente, vale a dire come ciò che ha a che fare con il dovere e, più determinatamente, con le norme. Non vi è etica senza norme, ma le norme si radicano in qualcosa di più originario e profondo, procedono da ciò che in senso lato usiamo chiamare “visioni del mondo”. Essa si determina come quell’orizzonte in trascendibile della comprensione, che solo rende possibili intenzioni ed azioni. In forza di questo principio le azioni possono essere definite “buone” o “cattive”. Alcuni comportamenti sono fili di una medesima trama, colori di uno stesso di-segno. L’appartenere contemporaneamente a comitati direttivi di due differenti organi non suscita nessun giudizio negativo fino a quando non si origina un conflitto di interessi che fa pendere uno dei componenti in maniera spropositata tutto da un lato palesandosi detto comportamento con proposte assurde. In Italia l’associazionismo nel bonsai è stato sempre fonte di discussioni, polemiche e spesso trincee. Siamo il popolo italico (per alcuni italiota!) con una particolare attrazione per le poltrone, per l’ebbrezza che il potere può dare (in tutti i campi), per la prevalenza di interessi privati che alla fine danneggiano organismi sani come l’UBI e l’IBS ai quali collaborano con enorme spirito di sacrificio e di corpo persone degne di stima e di fiducia. E’ vero che per un monaco non si è mai perso un convento… ma questo “monaco” va messo all’angolo e posto in condizioni di non nuocere. I tentativi di spadroneg-giare o di bivaccare a proprio uso e consumo in territori comuni, che costituiscono proprietà privata dei singoli, vanno bloccati e censurati con fermezza per evitare il loro ripetersi. Sono sicuro che i presidenti IBS e UBI nelle persone dell’amico Segneri e di Stem-berger (che non ho la fortuna di conoscere personalmente ma che sono sicuro, malgrado la

L’etica ed il bonsaiTesto di Antonio Ricchiari

16Bonsai ‘cult’

L’ETICA ED IL BONSAI - Antonio Ricchiari

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sua giovane età, abbia titoli e obiettività per la carica che ricopre) siano attenti e vigili e che con spirito di responsabilità intervengano, ove occorra, a tutela di tutto il bonsai italiano che essi rappresentano a vari livelli. Colgo l’occasione e lo spunto per richiamare un argomento che esula dall’etica e che vorrei che il lettore ne facesse una lettura a parte: esso riguarda i giudici, la loro competenza e la loro preparazione. Io credo, ma non sto scoprendo “l’acqua calda” che questi, come avviene per gli arbitri nelle partite di calcio, dovrebbero essere rigorosamente selezionati in base a severi criteri di preparazione, inquadrati e riconosciuti a livello nazionale senza alcuna distinzione, altrimenti i valori di merito dei giudizio lasceranno sempre campo libero a critiche e polemiche. Un bonsai è sì una cosa naturale che, come tutti gli oggetti naturali, sottostà a certe leggi fisiche, ma è anche ben altro. Può essere guardato non solo con gli occhi del botanico, o con quelli dell’artista. Il bonsai rivela un senso che non può essere riportato semplicemente al suo essere un oggetto naturale al pari di qualsiasi altro: è qualcosa che suscita un sentimento di contemplazione per la sua bellezza, è un organismo vivente, le cui parti sono in un rapporto organico tra di loro e col bonsai nella sua interezza, è quel bonsai specifico, che presenta af-finità e differenze rispetto ad altri bonsai. “Ma la capacità di giudizio, che nell’ordine delle nostre capacità conoscitive costituisce un termine medio fra l’intelletto e la ragione, ha anch’essa suoi princìpi a priori? E questi sono costitutivi oppure regolativi (e dunque non dimostrano alcun do-minio proprio)? Ed essa da forse la regola al sentimento del piacere e del dispiacere, come termine medio fra la capacità conoscitiva e la facoltà appetitiva (così come l’intelletto prescrive leggi a priori alla prima e la ragione, invece, alla seconda)?” (Immanuel Kant) Il giudice deve possedere i fondamenti di un’esperienza di tipo pecu-liare e dal valore esemplare: quella estetica (e trattando così del bello, del sublime e dell’arte) e indagando forme e livelli di una teleologia della natura e dell’estetica. Quello che ci aspettiamo da un giudizio è un certo elemento personale: ci aspettiamo che il giudice abbia una visione unica e personale del bonsai che esamina e valuta al di là di in-gerenze e influenze del momento. E’ questa aspettativa che, precludendo all’uomo comune ogni altra considerazione, porta ad una incomprensione totale di taluni giudizi che talvolta ci hanno lasciati perplessi.L’etica ed il mercato Concludendo il discorso sull’etica, quando si parla di “etica di professionale e di mer-cato” si intende il non distorcere a proprio favore e per i propri interessi dei principi che rego-lano il lavoro ed il mercato… insomma un corretto atteggiamento professionale! Conosco bene i danni e le conseguenze a cui porta un mercato falsato. Nella fattispecie mi riferisco a libere e private iniziative di taluni elementi (non ad aziende o commercianti che hanno sem-pre agito nel rispetto del codice deontologico del settore) che approfittando di situazioni con-tingenti tendono a falsare il mercato del bonsai gonfiandone il reale valore, alterando quelle che dovrebbero essere le effettive quotazioni delle piante, quasi si fosse scoperto un Eldorado che permetta facili guadagni. Questo stato di cose, perdurando, danneggerà (ed in poco tempo) tutto il bonsai. Si sono verificati episodi di piante vendute ben al di sopra del loro reale valore approfittando anche dell’ingenuità o delle scarse cognizioni dell’acquirente e non è vero che questi fatti non ci riguardano (anzi) perché col tempo il danno investirà il buon nome del bonsai. E cominciano a montare lamentele, proteste e delusioni. Per una precisa legge di marketing, ad una fase di esaltazione del prodotto, la conseguenza potrebbe essere una caduta dello stesso. E questo danneggerebbe certamente tutti gli operatori del settore. Vorrei contribuire ad abbattere un certo muro di indifferenza o peggio di silenzio. L’alzata di spalle, il minimizzare o il silenzio sono altrettante complicità. Da professionista faccio informazione perché è il mio dovere; spero che il mio grido di allarme sia apprezzato dalla parte migliore del bonsai che fortunatamente è la quasi totalità. Se poi non avrò nessun riscontro, vuol dire che ancora una volta avrò colpito nel segno!

Antonio Ricchiari

Bonsai ‘cult’

L’ETICA ED IL BONSAI - Antonio Ricchiari17

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Presentare la lavorazione di alcune piante può essere utile a chiarire e proseguire un ragionamento già introdotto nel precedente articolo, pubblicato nel numero 4 di questa rivista. In questo senso è opportuno mettere in evidenza l’importanza del lavoro svolto prima che del prodotto finito, e di quanto percorrere e ripercorrere con coscienza la strada del fare è utile per acquisire padronanza della materia. Gli interventi effettuati sulle piante hanno il compito di ricordare quale sia il complesso e ampio metodo di lavoro* per raggiungere un risultato formalmente corretto nella formazione del bonsai. Nelle immagini che seguono è chiaramente visibile un approccio metodologico alla realizzazione del bonsai legato ad un pro-gramma di lavoro sviluppato per punti. La prima fase è legata alla scelta della pianta da lavorare, nel caso speci-fico, questa è avvenuta con il preciso scopo di porre attenzione a degli esemplari, scelti per la facile reperibilità piuttosto che per quegli aspetti riconducibili al carat-tere di un bonsai. Le piante di cui si parla sono degli esemplari di Ginepro Pfitzeriana acquistati in vivaio. Da questa base di partenza si sviluppano e si affinano i successivi punti del-la lavorazione; la conoscenza delle “forme” dell’esemplare, che avviene attraverso l’osservazione e il ridisegno della pianta, strumento utile a rivelare sfumature non subito chiare allo sguardo. Il disegno diviene elemento sul quale si strutturano le idee di progetto, ogni pianta offre la possibilità di spaziare e muoversi attraver-so più soluzioni finalizzate a condurre visivamente ad uno stato di completezza dell’esemplare da lavorare.

La mia esperienzaLe occasioni del fare

II parte di Valerio Cannizzo

* Il percorso metodologico illustrato è frutto degli argomenti trattati durante gli anni di corso seguiti presso la ANDOLFOBonsaiStudio School a Messina ed i continui incontri di formazione avuti con l’Istruttore IBS Antonio Ricchiari a Palermo.

La mia esperienza

L’OCCASIONE DEL FARE - Valerio Cannizzo 18

Fig. 1 -Ginepro pfitzeriana “A”

Fig. 2 -Ginepro pfitzeriana “B”

Fig. 3 -Ginepro pfitzeriana “C”

Fig. 4 -Ginepro “A”.

Fig. 5 -Ginepro “A”

Fig. 6 -Studio e progettazione

Fig. 7

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Attraverso il progetto si entra nel merito delle scelte di tipo formale: fron-te, inclinazione, movimento e disposizione della ramificazione, elementi carat-terizzanti del bonsai, dove lo strumento del disegno diviene elemento di prefigu-razione delle scelte che compongono il progetto della pianta. Superata la verifica degli elementi che abbiamo a disposizione, necessari alla fattibilità del progetto, il passo successivo diviene l’atto pratico ovvero la realizzazione, l’intervento diretto sull’esemplare, ora la potatura svolge il compito, attraverso l’eliminazione di ciò che non riteniamo opportuno, di mettere in chiaro tutto quello che la vegetazione ha mantenuto in ombra. A questo punto abbiamo a disposizione tutti gli elementi necessari per concretizzare ciò che prima era una possibile soluzione, la struttura della pianta si è chiarita, il fronte è deciso, sono stati scelti i rami che ci sono utili al disegno finale. Il filo di rame diventa utile per mettere tutti gli elementi della com-posizione al loro posto, così come stabilito e verificato nelle fasi precedenti. Il progetto di questi piccoli ginepri ha una matrice comune ovvero il compito di mettere in chiaro gli elementi che consentono la lettura corretta di un bonsai. In tutti gli esemplari lavorati sono di immediata individuazione le parti che compongono la pianta: una direzione, sottolineata da un primo ramo e confermata dall’apice, a questi si contrappone sempre un volume di chioma che stabilisce equilibrio e continuità, sullo sfondo la ramificazione ha il compito di fare percepire lapianta nella sua profondità ovvero secondo i tre assi, tutti questi sono elementi di un “corretto” bonsai che anche se interpre-tati in modo diverso svolgono un ruolo fondante all’interno della composizione. La lavorazione dei piccoli ginepri, presentate in modo rapido in questo scrit-to, diviene occasione per dimostrare, senza alcuna pretesa di stupire, che anche un materiale di partenza “povero” diviene fonte di ricchezza illimitata se analizzata dal punto di vista pratico della realizzazione. Ogni pianta durante il corso di queste veloci lavorazioni ha offerto degli spunti legati alla scelte compositive, formali e pratiche che hanno avuto un valore di gran lunga superiore a quelle che erano le aspettative prima di ripercorrere una strada che spesso viene abbandonata troppo velocemente.

Valerio Cannizzo

La mia esperienza

L’OCCASIONE DEL FARE - Valerio Cannizzo19

Fig. 8 -Risultato finale Ginepro “A”

Fig. 9 -Progetto Ginepro “B”

Fig. 10

Fig. 10 -Risultato finale Ginepro “B”

Fig. 11 -Progetto Ginepro “C”

Fig. 12 Fig. 13 Fig. 14

Fig. 15 -Risultato finale Ginepro “C”

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Quest’anno, tra febbraio e marzo, ho rinvasato una quindicina di piante. Ho pensato quindi di sfruttare l’esperienza acquisita per illustrare i momenti sa-lienti del rinvaso di una delle essenze più comuni e conosciute: il Ficus Retusa. Esistono diverse centinaia di varietà di ficus, tra tropicali e subtropicali...il F. retusa assomiglia molto al più famoso Ficus benjamina. Ha foglie persistenti, allungate e di colore verde brillante. Anche se non resiste alle basse temperature è una specie molto adatta ai neofiti, anche per la sua particolare resistenza agli at-tacchi patogeni. Inoltre emette radici aeree ed è particolarmente vigorosa.La mia pianta aveva però evidentemente dei problemi...il verde carico di molte foglie lasciava gradatamente il posto ad un giallo chiazzato che non prometteva niente di buono (Fig. 1). Essendo il valore affettivo della pianta decisamente su-periore al valore commerciale decisi di rivolgermi al fitopatologo per eccellenza...Luca Bragazzi! Alla prima occhiata la diagnosi era bella e fatta. Principio di marciume radicale. Da qui la decisione di provvedere non appena possibile (in primavera, al di fuori di questo periodo è scarsissima la percentuale di riuscita) al rinvaso. Estratta dal vaso senza alcuna difficoltà il pane si mostra tristemente compatto (Fig. 2). Vi-ene dapprima potata la parte apicale che mostra un vigore eccessivo rispetto ad altre zone (Fig. 3). Iniziamo a districare la matassa di radici che ormai avevano fatto moltissimi giri concentrici in prossimità dei bordi del vaso... le radici mostravano evidentemente i segni del marciume preannunciatomi da Luca...colorito scuro e marcescente. Viene effettuata la potatura delle radici che ne porta la lunghezza ad un terzo di quella originale ed il tutto viene lavato con acqua corrente (Fig. 4).

La mia esperienzaRinvasiamo un ficus

di Dario Rubertelli

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

La mia esperienza

RINVASIAMO UN FICUS - Dario Rubertelli 20

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Precedentemente il lavoro di preparazione è stato lungo ma rilassante...il vaso nuovo non necessita di pulizia...vengono preparate le piattine di rete per i fori di drenaggio che impediscono che il terriccio fuoriesca e che verranno assicurate al vaso con pezzi di filo rame tagliati a misura (Fig. 5). Vengono inseriti due fili di rame lunghi che renderanno solidale la pianta il vaso una volta posizionata.Il sub-strato utilizzato è una miscela di terricci che va preparata precedentemente. Ogni tipologia va setacciata più volte per dividere le varie granulometrie (a secondo della dimensione della pianta, della specie e della finalità del rinvaso si utilizzano granulometrie, cioè dimensioni, diverse). Optiamo per una miscela così costituita: Pomice al 60%, Akadama al 20%, Kiryu al 10% e per finire T.U. al 10%. Così strut-turato il substrato garantirà una ripresa ottimale della pianta, privilegiando il pas-saggio d’aria fondamentale per la salute compromessa delle radici stimolandone l’emissione di nuove e apportando comunque una quantità di sostanze nutritive e di microelementi (attraverso l’uso di Akadama e Kiryu) che coadiuvate da una cor-retta concimazione sono alla base della coltivazione moderna. Ormai la pianta è pronta per essere posizionata in vaso...non sono passati che pochissimi minuti da quando le radici sono state scoperte (le radici a contatto prolungato con l’aria si asciugano e seccano...quando le operazioni si prolungano nel tempo è fondamentale mantenerle bagnate). Sul fondo del vaso è stato pos-to precedentemente lo strato di drenaggio di granulometria maggiore rispetto a quella del substrato. Questa accortezza garantisce che i fori della retina posti sui fori di drenaggio non vengano occlusi (cosa che avverrebbe con una granulometria minore) e l’acqua in eccesso defluisca liberamente.Nel punto in cui verrà posto il centro del nebari è stata fatta una montagnella di substrato che servirà per accogliere la pianta evitando la creazione di sacche d’aria sotto al nebari stesso (Fig. 6). Si procede quindi ad assicurare la pianta al vaso strin-gendo i fili di rame uniti a due a due in diagonale (Fig. 7). Verificato l’assetto si com-incia riempire il vaso con il substrato (Fig. 8). Con un bastoncino di bambù (sono perfetti i bastoncini dei ristoranti orientali) infilato nel terriccio si fanno dei movi-menti circolari per far si che scenda e riempia tutti i buchi e compatti il tutto (Fig. 9). Si procede in questo modo finché non si riempie il vaso e tutto quello che c’è da coprire è coperto. Non resta che portare fuori la pianta e bagnarla copiosamente finché tutta la polvere (che si vede chiaramente nell’acqua che defluisce) non lascia il passo all’acqua perfettamente cristallina (Fig. 10). Il lavoro è finito ma il periodo di convalescenza che attende il ficus è lun-go e tutt’ altro che scevro da possibili complicanze. Poche ma fondamentali ac-cortezze possono costituire la differenza tra un rinvaso felicemente riuscito ed uno andato male. La pianta viene posta in serra fredda per 30 giorni, temperatura e umidità controllate, mancanza assoluta di vento e nebulizzazioni frequenti. Il gioco è fatto...il mio ficus risponde con solerzie mostrando un certo vigore. Ha un nuovo e capiente vaso che per i prossimi anni sarà la sua degna dimora.

Dario Rubertelli

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9 Fig. 10

La mia esperienza

RINVASIAMO UN FICUS - Dario Rubertelli21

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La mia esperienzaPercorso evolutivo di un acero campestre - III parte

di Armando Dal Col

Eccoci di nuovo qui, per la terza parte della lavorazione del nostro Acero camp-estre. Nei due articoli precedenti sono stati affrontati i temi della riduzione

delle dimensioni e la creazione della ramificazione, tramite opportuni innesti. In quest’ultimo step vedremo, nella primavera 2009, le operazioni di rinvaso e

il posi-zionamento della pianta in un vaso bonsai creato appositamente.Buona visione!

Armando Dal Col

La mia esperienza

ACERO CAMPESTRE - Armando Dal Col 22

Fig. 1

Marzo 2007, è giunto il tempo per un nuovo rinvaso. L’acero è stato ri-mosso dal vaso di coltivazione e ap-poggiato sul tavolo di lavoro; ora ha inizio la fase del rinvaso.

Fig. 2

Nel frattempo è stato preparato il vaso artigianale (costruito apposita-mente da me per l’acero).

Fig. 3

Buona parte del substrato è stato ri-mosso, ed è solo così che è possibile controllare quali radici si possono ta-gliare.

Fig. 4

Questa grossa radice in primo piano va rimos-sa, e così quelle troppo lunghe o danneggiate.

Fig. 5

Preparazione del vaso con l’aggiunta di pomice so-pra i fori di drenaggio.

Page 30: Bonsai & Suiseki magazine - Maggio 2009

Fig. 6

Sopra la pomice ho sparso una buo-na manciata di concime organico a lenta cessione

Fig. 7

Sopra il concime ho messo del ter-riccio umifero dove appoggeranno le radici della pianta, così quando si svilupperanno i nuovi capillari andranno “a pescare” gli elementi nutritivi senza subire danni.

Fig. 8

L’acero è stato posizionato e pronto per essere fissato nel vaso.

Fig. 9

Con l’aiuto di un bastoncino spingo il terriccio fra le radici affinché non ci siano delle sacche vuote.

Fig. 10

La parte frontale scelta; il rinvaso è stato completato ed è stata aggiunta della pomice di granulometria media nel substrato, per completare, con quella più sottile nella coper-tura.

Fig. 11

Maggio 2007. L’Acero campestre in piena vegetazione. Sono trascorsi due mesi dal trapianto con la ridu-zione delle radici, l’acero si è ripreso mol-to bene. Alla base del lato destro si è svilup-pato un germoglio, il ché mi ha fatto venire l’idea di sviluppare -con il tempo- un piccolis-simo alberello visto in lontananza.

Fig. 12

Il rametto dell’acero fatto uscire attraverso un foro praticato sul tronco ha emesso una bella fioritura. E’ curioso vedere un ramo vivo, e per giunta carico di fiori, “spuntare” in un’area del tronco completamente morta!

Fig. 13

Il ramo dell’acero fiorito ha pro-dotto i frutti. Ora dovrò tagliarne alcuni per non correre il rischio che il ramo muoia. Inizialmente, pensavo di tagliare il ramo fatto scendere dall’alto e inserito nel tronco per farlo passare dall’altra parte, e così pura gli altri rami

utilizzati come innesti per approssimazione. Ma poi mi son chiesto: perché non lasciarli invece, a testimonianza di come è stato costruito quest’Acero?

Fig. 14

Maggio 2007, l’Acero campestre nella sua splendida livrea pri-maverile. Il vaso artigianale che avevo costruito ben armonizza con il “carattere” della pianta, e l’insieme è piuttosto piacevole. Andando a ritroso per vedere l’immagine del 1993, difficilmente si poteva ipotizzare un risultato così ben armonioso.

...continua

La mia esperienza

ACERO CAMPESTRE - Armando Dal Col23

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ArenarieArticolo a cura di Luciana Queirolo

Spesso ci troviamo ad un bivio, nella identificazione delle nostre sedimentarie: Palombino oppure Arenaria? … la mente richiama classiche immagini di superfici lisce e setose e, per contro, sensazioni sgradevoli di granulosa ruvidità … allora, può sembrare un paradosso, confondersi. Come in tutte le cose di questo mondo, non c’è solo il “tutto bianco” ed il “tutto nero”: in strati di sedimentazione in cui, tra gli uni e gli altri, intercorrono migliaia di anni, esistono zone intermedie di “grigio”...

Stralciando alcuni passaggi da una mia vecchia relazione sulla geologia del ter-ritorio ligure, cerco di dare un poco di informazione.

“… Nel momento di maggior estensione dell’Oceano Ligure- Piemontese, una sedimentazione terrigena molto fine va costituendo strati argillosi, con interca-lati livelli di calcari. Di età probabilmente APTIANA- ALBIANA (Cretaceo inf. 110 milioni di anni), la formazione delle ARGILLE A PALOMBINI è costituita dunque da una alternanza di strati calcarei (di origine prevalentemente organica) e di strati di argilloscisti e marne argillose fogliettate.”

“L’alternanza CALCARE-ARGILLA, viene interpretata di origine di tipo TORBIDI-TICO. Le Argille a Palombini rappresenterebbero, dunque, delle torbiditi da fanghi calcarei pelagici, associate ad argilliti e siltiti che rappresentano porzioni distali di

torbide diluite, provenienti da uno o da ambedue dei margini continentali.” (riassumendo: strati di calcari dovuti prevalentemente allo sciogli-mento di materiali organici, intercalati a strati di argillliti e siltiti di origine terrigena).“Generalmente gli strati di calcare non contengono materiale detritico, se non allo stato estremamente fine; a volte si rinviene qualche strato che si presenta finemente arenaceo: si nota allora un GRADED-BEDDING e la presenza di impronte di base da corrente, di piccole dimensioni.”

Fig. 1

Fig. 2 - lievi impronte di base dovute più a componenti coloranti che ad occasionali apporti terrigeni

“Verso l’alto della formazione delle Argille a Palombino, compaiono, inglobati in strati argillosi anche di notevole dimensione, straterelli di ARENARIE SIL-TOSE a CEMENTO CALCAREO , di piccolo e medio spessore …”

In questa situazione “intermedia” si verificano spesso delle SOVRAPPOSI-ZIONI di STRATI di composizione diversa. Questo avviene qualora gli apporti di argilla lamellare tra uno strato ed un altro siano insignificanti o addirittura assenti. L’assemblaggio di più strati è comunque abbastanza facile da tro-vare anche in pietre di Palombino o di Arenaria.

Fig. 2, 3 - pietre di Palombino con impronte di base di corrente, di Domenico Sorrentino

A lezione di suiseki

ARENARIE - Luciana Queirolo 24

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Foto di strati sovrapposti e saldati fra loro:

Fig. 4, 5 - Palombino su palombino

Fig. 6, 7 - Due strati di Arenaria fine su palombino

Fig. 8 - Arenaria su Palombino (“Sopra le nubi, il tramonto”)

Fig. 9 - Arenaria su Palombino - particolare (“Sopra le nubi, il tramonto”)

Fig. 10 - Arenaria su Arenaria, di grana media

Fig. 11 - Arenaria su Arenaria, con grana di un diametro già rilevante

“Le arenarie, finemente zonate in bande chiare e scure, normalmente mostrano tipiche ‘ figure da corrente’, risultato dell’ opera di turbolenze di correnti marine su sedimentazioni che non avevano ancora raggiunto un completo consolidamento.”

Fig. 12

Fig. 13 Fig. 14 Fig. 15

“Alla fine del Cretaceo (65 milioni di anni fa) Europa ed Africa si riavvicinarono, comprimendo la crosta oceanica e causandone il sollevamento: le rocce formatesi sul fondo dell’oceano vennero portate in superficie, dando origine dapprima alla formazione della catena Alpina e successi-vamente a quella Appenninica. Nel corso di questo processo geologi-co, acque calde idrotermali messe in circolazione nelle fratture delle rocce ofiolitiche, portarono in soluzione solfuri ed altri componenti metallici che vennero ridepositati e concentrati là dove la frattura-zione era più intensa....”. “Le fasce colorate corrispondono ad apporti terrigeni diversi: diversi anche nella granulometria, diversi nella mag-giore o minore resistenza all’erosione.”

“Mano a mano che ci si alza verso strati di formazione più recente, aumenta la granulometria del materiale e lo spessore degli strati, sino ad avere ingenti masse di alcuni metri di spessore.” Fig. 16 - Più i granuli sono grossolani, maggiore è l’evidenza della stratificazione sedimentaria

A lezione di suiseki

ARENARIE - Luciana Queirolo25

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“Essendo le arenarie formazioni relativamente giovani, hanno avuto meno avventure tettoniche ed in rari casi hanno dovuto subire pressioni e calore che le hanno metamorfizzate. Non capita spesso di trovare cristallizzazioni di quarzite o quarzo, mentre sono tipiche le venature di bianca calcite, in risalto tra i caldi, scuri colori terrosi delle arenarie. Anche in ragione di questo, mi troverei a dissentire circa il dictat “pulito è bello” qualora fossero usate indiscriminatamente azioni drastiche atte a modificare, se non annullare le caratteristiche della struttura superficiale “sana” di un materiale” come l’arenaria, dove creare una patina è impresa ardua.” “E’ osservando esempi giapponesi di materiali similari che si impara a frenare la smania del ‘pulire a tutti i costi e con qualunque mezzo’ inculcata da errate informazioni iniziali.”

“Nel ’93 il maestro Ideo Suzuki, al suo primo viaggio in Italia, venne a casa mia. Vide le mie belle nere e lucide Furuya made in Italy e si compli-mentò gentilmente. Poi rimase a contemplare alcuni minuti una piccola arenaria, che giudicavo ancora da pulire, posata contro il vetro di una finestra. Suzuki, lui che usava pulire le pietre con un mazzetto di aghi spuntati, aveva mostrato grande entusiasmo nel manovrare il mio trapano con le spazzole di acciaio. Però, davanti a quella piccola arenaria, lui che parlava solo il giapponese, esclamò: < wabi! sabi !!> A distanza di anni, in barba a chi nega che una arenaria possa essere considerata un suiseki, conservo molte foto di importanti suiseki giap-ponesi di arenaria solcata da lattea calcite. Arenarie ben pulite: liberate del materiale di degrado; lavate da ogni impurità; ma conservando buona parte delle belle colorazioni tipiche delle arenarie, dovute alle ossidazione di apporti ferrosi, venute in superficie.”

Alcune foto di Suiseki dal Giappone:

Fig. 17 - Catena di monti con cascate. Appartiene ad un cliente di mr. Kobayashi. Fotografata alla Soguten, nel Green Club in Tokyo, nel 2004.

Fig. 18 - ONPIRA-ISHI: Suiseki storico giapponese, appartiene alla collezione privata di David J. Sampson

Fig. 19 - Ibighawa ishi nella casa di Kunio Kobajashi, fotografata da Chris Cochrane.

Fig. 22 - Ibighawa ishi nella casa di Kunio Kobajashi,

fotografata da C. Cochrane.

Fig. 20 - Pare che, nella moderna filosofia dell’osservazione delle pietre in Giappone,

non si disdegnino neppure arenarie con im-pasto di brammatura notevole quale questa

“Montagna porosa”, esposta al Green Club durante l’edizione 2004 della Soguten.

Fig. 21 - Ibighawa ishi nella casa di Kunio Kobajashi, fotografata da C. Cochrane.

In Liguria, una simile granulometria ho avuto occasione di trovarla negli strati arenacei su-periori, prima che compaiano i bancali di Breccia. Ne portai a casa un esemplare, reputando fosse poroso come una spugna, ma dubbiosa a causa del suo peso abbastanza elevato. Una volta immerso, a differenza dei blocchi degradati di arenaria medio-fine, potei notare una assorbenza praticamente nulla.

Fig. 23 - Arenarie a grana medio-fine

A lezione di suiseki

ARENARIE - Luciana Queirolo 26

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Fig. 24 - L’immersione delle pietre e l’immediata fuoriuscita dell’aria tratte-nuta nella struttura degradata.

Fig. 25 - l caratteristico colore rossastro, la facile assorbenza e ruvidità del materiale terroso

Fig. 26

Fig. 27

Fig. 28 - Arenaria a bramatura grossolana

Fig. 29, 30 - Il blocco non è permeabile ed è pesante. Questo mi fa dubitare che vi sia un degrado in atto e che ci sia la possibilità che ne esca qualche cosa. La matrice, invece, cede, anche se le spazzole vengono “divorate” dagli spigoli aguzzi della graniglia contenuta nell’impasto: sabbia dura, nera e pesante di silice e materiali ferrosi.

Fig. 31, 32 - Inaspettatamente, un crinale di resistenza duro come il ferro…

Fig. 33, 34, 35 - …più che una col-lina, si rivela un dorso guizzante!

Fig. 36 - L’ossidazione ed il degrado di inclusioni di minerali ferrosi (manganese, pirite, rame, etc... ), influiscono in maniera determinante sulla colorazione della pietra nella striscia che li contiene e risaltano con evidenza nella massa terrosa circostante: dal marrone rossastro più o meno scuro, al rosso sangue, al nero cangiante, a volte tendente ad un blu violetto.

Conosco una zona, ripetutamente presa in esame nel corso degli anni, in cui mi capita di trovare pietre ove l’apporto ferroso si manifesta non solo con variazioni di colore, ma con piccoli corpi di minerale inglobati nella massa.Lungo le linee orizzontali della sedimentazione che ha caratterizzato la formazio-ne del palombino, si trovano depositati, anche a più livelli, piccoli cubi di pirite;mentre, nelle arenarie (di formazione più recente di migliaia di anni) sono incas-tonate sferule metalliche.

A lezione di suiseki

ARENARIE - Luciana Queirolo27

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Fig. 37 - Ampia quantità di sferule di pirite(?), saldata tra due strati sovrapposti di Palombino ed Arenaria

Sto vagliando varie ed affascinanti ipotesi,che riguardano la fonte di questi apporti: origine di attività vulcanica? Materiali terrigeni venuti da chissà quali distanze? Impatto di asteroidi con la terra? Queste periodiche comparse, a cadenze così distanziate nel tempo (perché presenti in strati alternati sovrapposti), indica come il fenomeno di questa “pioggia” di minerale fosse comunque solito ripetersi.A questo mio interrogativo che durava ormai da anni, ho dato questa mattina una risposta, aiutata dalla comunicazione su internet che ha an-nullato le distanze e reso tutti reperibili.Niente di eclatante: ma mi piace pensare di poter condividere con voi le mie fantasticherie che hanno allietato, mentre passeggiavo sui monti, i miei spazi di evasione... ne parliamo sul prossimo numero di giugno...? Bene! Allora... alla prossima!

Luciana Queirolo

Quando una forma sfiora l’astrazione, la sintesi;Quando crea il “vuoto”, rispecchia l’immensità del Creato.

A lezione di suiseki

ARENARIE - Luciana Queirolo 28

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L’opinione di...Donato Danisi

Intervista a cura di Giuseppe Monteleone

Ben trovati! Questa sezione, inaugurata lo scorso numero, ha avuto un felicissimo inizio. L’intervista a Sandro Segneri vi è proprio piaciuta! Questo ci fa piacere e ci stimola a

continuare in questo senso. In questo numero vi presenteremo un giovane bonsaista, una persona sensibile che fa bonsai da oltre un ventennio, ma che non ha scordato i primi in-segnamenti dati dal nonno. Persona con mille interessi, ad ognuno ha dedicato la stessa passione che lo ha portato ad essere uno dei bonsaisti più in vista del panorama nazionale.La tentazione di raccontarvi di più è forte, ma in ogni caso non riuscirei ad essere così esau-stivo come lo sarà lui tra qualche rigo.Io vi auguro buona lettera, sperando che anche questa volta raccoglieremo il vostro con-senso.

Giuseppe Monteleone

Per iniziare raccontaci chi è Donato Danisi.

Un po’ come tutti i bonsaisti affetti da questo morbo, nonostante i molti impegni di lavoro e le attenzioni per la famiglia, appena possibile dedico il mio tempo libero alla mia grande passione: il Bonsai. In passato ho provato a cimentarmi in molti hobby: pittura, modellismo, arti marziali, subacquea, calcio, in tutte ho sempre dedicato molta passione, ottenendo ottimi risultati, con il bonsai invece ho provato emozioni più profonde, non riuscendo più a separarmene.

Il tuo approccio alla natura è avvenuto sotto l’occhio attento di tuo nonno Filippo, cosa è riuscito a trasmetterti?

I nonni hanno doti immense, riescono con grande pazienza e serenità a trasmettere tutta la loro esperienza, saggezza e creatività. Nei momenti trascorsi con lui ascoltando i suoi racconti mi hanno insegnato ad apprezzare anche piccole cose e a essere felice anche solo osservando un bocciolo risvegliarsi.

Un altro incontro importante è stato quello con Salvatore Liporace, ce lo racconti?

Salvatore è un grande artista, naturalmente come tale anche lui non smentisce genialità e sregolatezza. Non è sempre facile imparare da lui ma se lo segui con devozione ha dei momenti speciali in cui riesce a trasmettere e farti apprezzare le sfumature più profonde del Bonsai. Oltre alle sue grandi doti tecniche e creative, ritengo sia un trascinatore instancabile, pronto a coinvolgerti in ogni situazione.

Parlando di te, hai più volte ribadito l’importanza che ha avuto per te lavorare su materiali poveri. Credi che questo passaggio rappresenti una tappa obbligata per i soli neofiti, o anche un bonsaista esperto può trarne beneficio?

Oggi credo sia molto più difficile seguire lo stesso percorso, siamo molto più influenzati da yamadori o materiali di alta qualità. Purtroppo per questo ritengo che alcuni amatori si allontanano spaventati dai prezzi, iniziare con costi troppo elevati limita l’avvicinarsi di nuove leve. E’ certo che per me l’utilizzo di materiale povero sia stato un passaggio importante, non penso avrei avuto lo stesso bagaglio tecnico e creativo senza quelle esperienze.

Attualmente sei presidente del Club Bonsai Blu di Milano, i tuoi numerosi impegni ti permettono di seguire le attività di club?

Sono molti anni che frequento il Bonsai Blu, quando mi capita di avere impegni facciamo il possibile di rimandare l’incontro al venerdì successivo. Per me rimane un appuntamento importante, siamo un gruppo e non riusciamo a fare a meno gli uni degli altri.

L’opinione di...

DONATO DANISI - Giuseppe Monteleone29

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Di una tua intervista di qualche anno fa, nella quale parlavi del tuo famoso Taxus Cuspidata, mi ha colpito questa tua osservazione: “… il bonsaista, capace di sentire la bellezza nascosta in una pianta che altri vedrebbero solo come uno scompigliato cespuglio, decidere di toglierla dal giardino e di destinarla ad un fine più artistico, e solo dopo amorevoli cure ecco compiersi la miracolosa trasformazione”. Da questo mi sembra di capire che per te il rapporto uomo-pianta avviene prevalentemente sul piano emotivo, mi sbaglio? Penso sia importante eseguire lavorazioni provando emozioni e trepidare per riuscire a vedere il risultato finale, altrimenti l’esito dei nostri interventi darebbe solo un triangolo di vegetazione. Dico questo perché ho passato momenti in cui pensavo di aver realizzato un bonsai solo perché avevo formato delle masse vegetali dal disegno triangolare. E’ importante realizzare lavorazioni riuscendo a esaltare la forza e il carattere di ogni bonsai, mettendo a disposizione le tue doti.

Nel lavoro su una pianta ritieni sia più importante il feeling o la razionalità? Lavorando con intensità e rispettando le caratteristiche della pianta riesci ad esprimere tutta la creatività e, attraverso l’emozione sentire le virtù nascoste che ci mette a disposizione, in altri momenti lavori solo per riuscire ad ottenere un risultato apprezzabile.

Che soddisfazione ti da essere un istruttore? Oltre alla responsabilità che ti assumi intraprendendo questa via rimane tutto il piacere di riuscire a trasmettere questa magnifica passione. E’ una dote che mi appartiene, forse da sempre, in tutto quello che ho fatto e che faccio provo molto piacere condividere le mie esperienze, anche quando praticavo karate a 21 anni frequentando un corso specialistico avevo preso il patentino di istruttore di 1° grado, insegnando a bambini e adulti.

Da molte parti gli interventi di coltivazione vengono additati come inutili torture, cosa ti senti di rispondere ai detrattori di questa arte?

Siamo abituati a domande assurde e accuse senza senso, dettate dalla poca conoscenza, la risposta che a volte do è di osservare le nostre piante esposte e verificare se mostrano segni di sofferenza.

Molto spesso, in occasione di importanti manifestazioni, ti è stato assegnato il compito di effettuare le demo. Vista la sensibilità da te dimostrata nelle diverse lavorazioni, ritieni eticamente corretto che pur di portare a termine queste dimostrazioni si metta a repentaglio la saluta di una pianta? Ritengo sia passato quel momento, nella maggior parte dei casi oggi vedo materiali più predisposti, e poi l’esperienza insegna non incorrere in questi errori.

Guardando le tue collezioni, mi sembra di intravedere una preferenza per le conifere, è cosi? E perché? Sì è così, le conifere offrono la possibilità di plasmare e creare a nostro piacimento, anche se quando mi capita non rinuncio ad acquistare altre specie.

La tua preferenza va a stili più esasperati o più naturali? Spesso mi adeguo alla pianta ma appena intravedo la possibilità, preferisco realizzare un disegno più drammatico.

A proposito di saper rispettare i tempi della natura, credi anche tu che attualmente ci sia troppa fretta di raggiungere risultati a scapito della qualità delle lavorazioni?

Le mostre importanti, la voglia di emergere porta a forzare i tempi, l’esperienza insegna a sfruttare al meglio le stagioni e i momenti degli interventi sulle piante senza correre rischi, anzi addirittura riducendo i tempi di maturazione.

Com’è la realtà del movimento bonsai nella tua regione?

Direi molto buona, abbiamo ogni anno la media di 25 club aderenti al coordinamento Piemonte Lombardia Valle D’Aosta e dallo scorso anno anche il Canton Ticino dalla Svizzera. Gianpaolo Scoglio riesce con impegno e maestria a dare spazio a tutti tenendoci uniti.

Da una posizione di vantaggio quale può essere quella di un istruttore, quanto credi che la cultura giapponese sia penetrata nel bonsaismo italiano? Non dobbiamo dimenticare che dobbiamo moltissimo alla cultura Giapponese, tutto il nostro sapere deriva da quella scuola, comunque non posso fare a meno di notare che solo in alcuni gruppi si sia fossilizzata, mentre in altri ha preso il sopravvento il nostro spirito artistico e creativo, che è da sempre presente nella storia della cultura Italiana.

L’opinione di...

DONATO DANISI - Giuseppe Monteleone 30

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Tra i maestri giapponesi, chi è quello che ti emoziona maggiormente? Il maestro Masaiko Kimura mi ha da sempre affascinato con le sue opere maestose e impressionanti, ha inventato tecniche e metodi considerevoli, penso sia l’unico che ha portato il bonsai Giapponese fuori dagli schemi classici. Considerando che da moltissimi anni si cimenta in nuove creazioni.

Molto spesso i maestri giapponesi sono invitati a mostre, convegni, work shop, ritieni che la loro presenza sia indispensabile o ormai possiamo “camminare con le nostre gambe”?

E’ importante scegliere con attenzione e proporre personaggi che hanno ancora molto da trasmettere spaziando anche in altri settori come coltivazione e cultura.

Da quali piante è composta la tua collezione Credo di avere molte specie, non mi pongo limiti. E’ piacevole coltivare ogni genere.

Ritieni che in Europa esista qualche scuola che sia al pari della nostra? La nostra “superiorità” è in discussione?

Dobbiamo lavorare con intensità e con la maestria che ci distingue e lasciare che siano loro a doverlo riconoscere.

Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato e ti faccio l’ultima domanda….possiamo considerarti uno dei nostri lettori? Sono io che ringrazio voi per questa opportunità, grazie .

L’opinione di...

DONATO DANISI - Giuseppe Monteleone31

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L’estetica dell’eretto formale:un carattere molto rigido

Testo e disegni di Antonio Ricchiari

Fig. 1 - Esempio di acero in stile eretto

Lo Stile Eretto formale che i giapponesi chiamano chokkan, forse è talvolta ritenuto di facile realizzazione ma, al contrario, richie-de esperienza e notevole senso estetico perché risulta, al contrario, di notevole difficoltà. Per risultare armonioso bisogna conoscere molto

bene le proporzioni che questo stile pretende, più degli altri, laddove – caso unico – devono convivere due concetti che sono sicuramente in antitesi: simmetria ed asimmetria. Ma questa parte la analizzeremo più avanti. Il risultato che si deve ottenere dall’impostazione di questo stile è l’aspetto vigo-roso, un senso di stabilità e di perfetto equilibrio, “maestosità” accentuata dall’apparato radicale di superficie, in generale la sensazione di un albero nato e cresciuto in un habitat dalle condizioni atmosferiche equilibrate, in un sito dove l’assenza di intemperie, del vento in particolare, hanno contribuito allo sviluppo di un soggetto che possiede un ri-gore ed un equilibrio stilistico. Questo rigore, se vogliamo dare un’indicazione di sesso, porta le connotazione di una estetica maschile. Tutte le parti della pianta sono legati a questa forma di estetica e ne seguono i canoni. La ricerca della pianta naturalmente inizia dalla caratteristica principale dello stile: un tronco perfettamente eretto che possieda una notevole conicità. Oltre alle ca-ratteristiche del tronco, la posizione e la distribuzione dei rami è un’altra caratteristica da esaminare. Questo stile è da consigliare ai principianti per cimentarsi con le regole che esso impone: la maggior parte delle caratteristiche dell’Eretto formale porteranno gradualmente il bonsaista, quasi senza accorgersene, agli altri stili-base.Il tronco – La sensazione di dominanza e di forza che trasmette questo stile è dovuta in gran parte proprio al tronco perfettamente dritto e verticale. L’ampio nebari si deve estendere in radici di superficie che si affrancano nel terreno conferendo visivamente un senso di stabilità. Il peso dell’albero (parliamo di “peso visivo”) risulta perciò ben equili-brato scaricandosi equamente. E’ perciò necessario avere così un buon esemplare con un apparato radicale di superficie che si estende a raggiera. Spesso si riscontrano grosse radici in corrispondenza di rami robusti: questo fenomeno è spiegato dal fatto che la linfa tende a seguire un percorso verticale, quindi i rami principali dell’albero possono guidarvi nel posizionare e indirizzare le radici di superficie.L’apice – Si pone il problema della capitozza tura dell’apice all’altezza più proporzionata e alla creazione di un nuovo apice. Si può effettuare la capitozzatura intervenendo all’altezza di un ramo anteriore e posizionarlo con il filo sulla stessa linea del tronco, oppure lasciare un piccolo moncone e legare il ramo a questo in modo da ottenere una linea dritta dalla base all’apice. Il moncone verrà rimosso dopo che il ramo avrà assunto la nuova posizione. Con l’altro metodo si può creare un jin nella zona del tronco capitoz-

zato e questo diverrà il nuovo apice che esalterà pure la conicità.I rami – Esaminiamo la disposizione partendo dal basso. Dovranno essere posizionati: - Il primo ramo in basso deve essere il più lungo e va posizionato lateralmente a destra o a sinis-tra - Il secondo è più corto e più sottile del primo e deve trovarsi nella direzione opposta ad una dis-tanza di circa 1/3 tra il primo ramo e l’apice della pianta - Il terzo, più alto del secondo, è posto nella parte posteriore della pianta.I rami successivi che salgono verso l’apice partono dalla base in forma scalare, quindi risultano sempre più corti, più sottili e vicini e seguono una spirale virtuale. L’apice viene disposto legger-mente inclinato verso l’osservatore, accentuandone il senso prospettico.Se il ramo posteriore non è compreso fra quelli laterali, una alternativa valida può essere quella di avere il ramo posteriore collocato al di sopra dei due rami laterali. L’unico posizionamento da evitare è quello in cui il ramo posteriore risulta più basso, poiché questo appesantisce la prospet-tiva del bonsai e rischia di fare perdere il senso di profondità. Se i rami sono posizionati più in basso dell’altezza-regola che lo vuole ad 1/3, si avrà l’effetto di un albero più corto di quanto in realtà non lo sia. Se i rami iniziano ad una altezza maggiore, l’effetto invece sarà quello di un albero più alto e più slanciato.

Fig. 2 - Altro esempio d’impostazione (coll. dell’Autore)

A scuola di esteticaL’ESTETICA DELL’ERETTO FORMALE - Antonio Ricchiari 32

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I rami posteriori devono essere sempre più corti di quelli laterali perché così si rafforza l’effetto prospettico e quindi di profondità. Il ritmo fonda-mentale dell’Eretto formale dei tre rami – laterale e posteriore – viene ripetuto lungo il tronco in maniera da ricalcare il ritmo creato nel primo livello. Nella zona apicale si potrà impostare qualche rametto sul fronte perché la cima assuma forma conica. La vegetazione dei palchi deve iniziare ad una certa distanza dalla parte basale e la parte inferiore deve essere priva del fogliame. Visto di profilo, il ramo avrà una forma leg-germente curvata, se la curva è eccessiva si ha un contrasto con la linea dritta del tronco. Questo deve avere una certa inclinazione verso la base (in natura ciò è causato dal peso dei rami e della loro vegetazione e in certi casi dalla neve che grava su di essi). Il palco fogliare avrà il profilo di un triangolo scaleno. Visto dall’alto ha una forma ovale, a diamante, o triangolare con la base rivolta sempre verso il tronco.

Fig. 3 - Impostazione dei rami e loro terminologia italiana e giapponese (tratto da: Bonsai, Corso base di A. Ricchiari – M. Andolfo)

Fig. 4 - Corrette proporzioni (tratto da: Bonsai, Corso base di A. Ricchiari – M. Andolfo)

33 A scuola di esteticaL’ESTETICA DELL’ERETTO FORMALE - Antonio Ricchiari

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Per quanto riguarda la legna secca, e in questo caso ribadisco la tendenza ad una applicazione smisurata, esagerata, di queste tecniche, gli eventuali shari devono essere lavorati in modo tale da esaltare il carattere rigido del tronco che non subisce la predominanza e la devastazione degli effetti atmosferici. I jin vanno usati con maggiore larghezza e spregiudicatezza poiché il fenomeno dei rami spezzati, in Natura, è abbastanza frequente e riscontrabile pure in soggetti possenti come l’Eretto.

La scelta del vaso è anch’essa legata allo Stile ed in questo caso è sicuramente in primo piano quello di forma rettangolare in funzione della sua linearità che ben si accorpa al rigori stilistico dell’Eretto. Anche il piede ed il bordo del vaso vanno tenuti in considerazione.Dobbiamo sottolineare che alcune interpretazioni di questo Stile che negli anni passati potevano essere giudicate come trasgressioni, oggi non sono più viste come tali poiché conta la visione armonica ed equilibrata della pianta che si va a lavorare secondo le regole dello Stile. Tra l’altro, le varianti sono legate alla specie che si lavora che ha un diverso riscontro in Natura.

Fig. 5 - Esempi di triangolarità e di impostazione del primo ramo che bene si adattano anche allo Stile Eretto Formale

Fig. 6 - Lavorazione di legna secca Fig. 7 - Taxus bacata (proprietà Vivai Ghellere) Ottimo esemplare di Eretto formale

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Azalea satsuki - I parteFamiglia: EricaceaeGenere: RhododendronSpecie: Rhododendron lateritium

Questo mese presenteremo la prima parte della monografia su una delle più belle essenze dell’intero panorama bonsaistico: l’azalea satsuki. A differenza delle passate schede, quella che vi stiamo per pre-sentare non ha in se il carattere della “guida”, ma bensì mostarvi sem-plicemente il frutto della sola esperienza personale dell’autore, il neoistruttore della Scuola d’Arte Bonsai, Roberto ‘Banzai’ Smiderle.

La crisi economica non ha risparmiato neanche il Giappone, anzi, per il paese del sol levante è arrivata con un bel po’ di anticipo. Già durante il mio ultimo viaggio in Giappone, nel febbraio 2008, ebbi modo di vedere con i miei occhi che le aziende agricole produttrici di materiali bonsai e ‘prebonsai’, non godevano (economicamente parlando) di buona salute! Conobbi dei coltivatori di azalee, nella zona di Kanuma, che costretti dalla crisi del mercato del bonsai, in quel caso in particolare delle aza-lee, dovevano disotterrare ed in qualche modo “eliminare” i loro preziosi materiali in campo per fare posto a produzioni orticole più redditizie. Uno in particolare mi colpì al cuore quando, indicandomi alcuni filari di satsuki messe in campo ad ingrossare, mi disse: ”Se te le vieni a togliere,tutte, senza farmi perdere tempo, te le regalo!”. Peccato che in valigia non si possano portare tante piante…

La crisi del settore bonsai in Giappone, di riflesso, facilita il mercato occidentale dove i prezzi scendono sensibilmente, e gli importatori, che possono acquistare con più tranquillità bonsai/prebonsai e quant’altro. Questo fa si che sui nostri banchi d’appoggio, si vedano sempre più spesso grossi ceppi di azalea con dei possenti tronchi, ricchi di rami, che facilmente ed in breve tempo (se si applicano le giuste tecniche) diventeranno stupende satsuki bonsai. Vediamo le poche semplici, ma rigide regole, che servono ad ottenere in breve tempo stupendi esem-plari di azalea. E’ necessario rimuovere tutta la terra del campo,senza paura (Fig. 2, 3, 4)! Questa operazione si fa ad inizio primavera, oppure dopo la fioritura, a giugno. E’ importante in questo caso, non attendere che la pianta sfiorisca completamente, altrimenti, soprattutto nelle zone a clima meno caldo, si rischia di arrivare a luglio, e quindi troppo vicini al periodo di stasi vegetativa, con conseguente inutile stress per l’albero.

Azalea - Esemplare esposto al Festival dell’Azalea 2000 (Giappone)Coll. Gakuajisai Kozan - Altezza 55 cmFoto tratta dal Catalogo Festival dell’Azalea - anno 2000

Fig. 1 - Due ceppi freschi di container, importati direttamente dal Giappone

Fig. 2 - Non ne deve rimanere traccia del vecchio terriccio... Fig. 3 - ... d’altra parte lo insegnano anche gli amici professionisti giapponesi...

Fig. 4 - ... loro addirittura usano l’idropulitrice!!!

L’essenza del mese

AZALEA - Roberto Smiderle35

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Generalmente le satsuki da campo conservano nella base del ceppo granuli residui di kanuma. Ne rimane sempre un pochino dopo i vari passaggi tra vaso e campo; se ci sono, non serve affannarsi per toglierla tutta. L’importante è togliere tutta la terra nera/marrone che causerebbe inevitabilmente problemi di marciume radicale! Nel mese di marzo le satsuki cominciano a muoversi (Fig. 5). Se si lascia fiorire, è necessario sapere che ciò rallenterà la crescita del ramo. Quindi se puntiamo alla costru-zione dell’albero, meno ci occuperemo di godere delle fioriture, e più rapidamente formeremo l’albero; a questo punto, se siamo “d’accordo con le dita”, togliamo i fiori. E’ comunque necessario, se si intende comunque godere della fioritura, togliere i fiori, uno ad uno, una volta sfioriti, altrimenti il ramo regredirà fino a seccarsi! Per innaffiare correttamente è fondamentale usare acqua piovana, o comunque acqua senza calcare né carbonati! Se non è disponibile, la possiamo ottenere mettendo a decantare per un giorno almeno, una bacinella di acqua del rubinetto, con una spruzzata di limone, o di aceto di vino! Ne basta meno di un cucchiaio da minestra per un secchio di 5-7 litri. Le satsuki vanno piantate in kanuma pura, anche se alcuni amici bonsaisti, preferiscono miscelarla con torba acida, o torba bionda, per aumentare il tempo che trascorre tra un’innaffiatura e l’altra. L’uso di torba comunque, creerà dei problemi, durante i successivi rinvasi! Provare per credere!

Fig. 5 - I nuovi getti cominciano a fare capolino sotto alla gemma fiorifera

Fig. 6 - Ecco un valido esempio di come deve essere pulito il ceppo Fig. 7 - Il bonsai sta per essere messo nella sua nuova dimora

Generalmente non setaccio la kanuma, la polvere la elimino con un abbondante bagnatura, e per drenaggio, metto solo dei gra-nuli più grandi sul fondo del vaso. Alla fine bagno abbondantemente, finché l’acqua esce pulita dai fori del drenaggio del vaso (Fig. 8). La prima volta si può usare anche acqua del rubinetto, ma NON DEVE DIVENTARE UN ABITUDINE!!! Dopo almeno

un mese, e quando la stagione lo permette, si può cominciare con una timida concima-zione (preferibilmente fogliare), per poi passare gradatamente al concime solido, anche non necessaria-mente per bonsai, è fondamentale però che abbia una bassa titolazione, NPK inferiore a 8-10-10, per evitare di ingigantire le foglie ed in generale per evitare degli scompensi di vigoria. Non dimentichiamoci che un bonsai non deve mai crescere ecces-sivamente, altrimenti apparirà sempre poco maturo…

Eccovi un esempio di costruzione da ZERO di un’azalea satsuki

Fig. 8 - Una bella innaffiata ed il gioco è fatto

Le azalee sono piante divertenti, facili e che perdonano eventuali errori di coltivazione e formazione, di contro però richiedono molto lavoro di mantenimento, altrimenti perdono forma rapidamente. Le soddisfazioni sono grandi e le esagerate fioriture ci fanno fare sempre un figurone con chi le osserva. Continua...

Fig. 9 - 2005 - Un tronco nudo

Fig. 10 - Primavera 2007,l’azalea è pronta per la lavorazione

Fig. 12 - Il commento del M° Andoo (il mio Maestro), docente della Scuola d’Arte Bonsai

Fig. 11 - Primavera 2008, XIV corso Scuola d’Arte Bon-sai, impostazione finale

Fig. 13 - Primavera 2009, la definitiva consacrazione in vaso bonsai…

L’essenza del mese

AZALEA - Roberto Smiderle 36

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I Micro-elementidi Luca Bragazzi

Le nozioni che vengono trasmesse nel campo della concimazione sono sem- pre inerenti alla somministrazione dei tre Macro-Elementi (Azoto, Fosforo e Potassio): nella fattispecie, gli elementi della nutrizione si suddividono nella seguente maniera:Elementi principali: Azoto (N), Fosforo (P), Potassio (K)Elementi secondari: Zolfo (S), Calcio (Ca), Magnesio (Mg)Inoltre, ai fini di una più completa somministrazione, fondamentali sono i MICRO-ELEMENTI:Ferro (Fe), Manganese (Mn), Zinco (Zn), Boro (B), Molibdeno (Mo), Cobalto (Co), Rame (Cu).Dobbiamo considerare che una pianta sana contiene nella sostanza secca dei suoi tessuti l’1,5% di Azoto, 250 parti per milione di Ferro, 0,1 parti per milione di Molibdeno ecc. Con queste in-finitesime presenze è facile dimenticare e/o trascurare la somministrazione dei micro-elemen-ti, in quanto si tende a sottovalutarli, ma l’importante ruolo che essi rivestono nella fisiologia vegetale ci deve convincere a considerarli con maggior serietà, in particolare se ci riferiamo alle restrittive condizioni delle pratiche bonsaistiche.Spesso si tende a somministrare solamente quei nutrienti che sono responsabili di azioni di crescita visibili, spettacolari e tangibili, quali: AZOTO: responsabile dello sviluppo ed accrescimento di tutti gli organi vegetativi. FOSFORO e POTASSIO: responsabili della fioritura, della fruttificazione, dell’irrobustimento radicale e della lignificazione.L’importanza dei micro-elementi è spesso trascurata, perché la loro utilità è esplicata in proces-si fisiologici invisibili ad occhio nudo, ma di fondamentale importanza per lo svolgimento della vita quotidiana della pianta: basti pensare che il MANGANESE rientra nei processi di fotosin-tesi e di sintesi proteica, il FERRO nella fotosintesi, nella riduzione dei nitrati e nella fissazione dell’azoto, il BORO nella crescita, nella traslocazione degli zuccheri, il RAME nella fotosintesi, nella sintesi della lignina ecc. Trascurare la loro somministrazione significherebbe limitare pro-cessi vitali, che, se non espletati, porrebbero la pianta in forte disagio, fino a condizioni a volte letali. Nella loro applicazione, però, è necessario da parte nostra prendere in esame le condi-zioni pedo-climatiche, che influenzano la loro disponibilità nei confronti della pianta:pH – Substrati - Antagonismi/Sinergismi delle fasi di assorbimento – Clima.Le piante assorbono tali nutrienti in quantità ridottissime nell’arco di un anno e la loro som-ministrazione avviene in due distinti metodi: per via RADICALE, più lento e considerato a lungo termine (preventivo), e per via FOGLIARE, più veloce e considerato ad effetto immediato (cu-rativo). In entrambi i metodi, tali prodotti, per non incorrere in problemi di antagonismo, dila-vamento ecc., devono essere somministrati in una forma chimico-fisica detta “CHELATA”. La chelazione rende molto più facile l’assorbimento attivo del micro-elemento, che in questo caso viene a trovarsi protetto dalla molecola chelante che lo ingloba, risultando essere più solubile. Le applicazioni radicali vedranno l’utilizzo di prodotti con molecole del tipo EDDHSA o ED-DHA.Per somministrazioni fogliari (bonsaisticamente più idonee nella fase di formazione), gli agenti chelanti più diffusi sono EDTA, DTPA, ma la migliore è l’LSA, molto più idonea nei confronti dei tessuti fogliari.I periodi di maggior consumo di micro-elementi sono identificati nella primavera ed alla fine dell’estate/inizio autunno. Avere l’accortezza di inserire nel programma di concimazione an-nuale due/quattro applicazioni nei periodi menzionati, significa ottenere un aumento di pro-duzione, intesa come migliore sviluppo vegetativo. Sarebbe auspicabile una somministrazione indipendente con prodotti specifici a base di soli micro-elementi, ma, per non sbagliare, basta anche l’utilizzo di concimi solidi organici, già integrati con tali nutrienti.

Luca Bragazzi

Note di coltivazione

I MICRO-ELEMENTI - Luca Bragazzi 37

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La potaturadelle caducifoglie

Articolo a cura di Giovanni GenottiDisegni ed illustrazioni di Antonio Ricchiari

La prima impostazione di un bonsai è la potatura che ne definisce le linee principali. E’ una potatura necessaria ed indispensabile per eliminare tutto

il superfluo e spesso per poter indirizzare il flusso linfatico. In seguito, eliminate le eventuali ferrature, sempre molto ridotte e principalmente su rami ancora erbacei, i di-

versi interventi di potatura contribuiscono a creare l’armonia della pianta. Fondamentale è la corretta potatura radicale. Con essa si eliminano le lunghe grosse radici posizionanti, non necessarie nel vaso, e si favorisce l’aumento dei capillari, indispensabile per far vivere un albero in vaso (Fig. 1). La preparazione dell’apparato radicale si effettua in uno dei periodi di riposo dell’albero. Il primo periodo va dall’autunno inoltrato alla primavera. Il secondo è il breve periodo di riposo estivo che nei nostri climi del nord Italia (di regola) coincide con la fine di luglio e la prima quindicina d’Agosto. L’intervento consiste nel separare le radici dalla terra (sempre asciutta), anche operando con un getto d’acqua (se necessario) e con le tronchesine tagliare, lasciando una piccola porzione più vicina al colletto, le radici più grosse senza danneggiare le altre (Fig. 2, 3). Si disinfetta il taglio, obli-quo e verso il basso, con ossicloruro di rame per impedire la penetrazio-ne di agenti patogeni, e si ricopre di pasta cicatrizzante (operazione co-munque non indispensabile). Dal ta-glio si svilupperà uno “spazzolino” di capillari che aumenterà la possibilità di sfruttare il ridotto pane di terra del

vaso, e nello stesso tempo si ridurrà la portata di linfa delle ex grosse radici a quella parte dell’albero che da essa traeva la sostanza nutritiva. La distribuzione della linfa si equilibra e le crescite saran-no più omogenee riducendo quella dominanza della parte aerea, favorita dall’asportazione delle radici. Questo tipo di potatura radicale si esegue ogni due anni per le piante coltivate in campo.

Per queste, infatti, dallo “spazzolino” di radichette sviluppatesi dal ta-glio, alcune di esse tenderanno a ripristinare le grosse radici asportate. Nel vaso invece, per le diverse condizioni in cui si genera e si tro-va il ciuffo di radichette, rimarrà più equilibrato e l’intervento è legato alla natura dell’essenza. Un apparato radiale fitto di capillari è indispensabile per una buona salute e una lunga vita del bonsai, nel pane estremamente ridotto di terra (Fig. 4). La po-tatura delle radici non è mai una riduzione generica del pane radicale ma una selezione delle radici con l’eliminazione delle più grosse, salvaguardando sempre le più piccole, a volte mo-dellandone alcune con tutori di rame se l’apparato radicale è però composto da radichette. Modellatura che permette di posizionare l’albero in vaso senza impoverirlo troppo di vasi assorbenti. Tale operazione è però comune sulle conifere.

La potatura aerea delle latifoglie si esegue in due momenti distinti con reazioni molto dif-ferenti. La potatura nel periodo di riposo invernale o nella primissima primavera, prima del risveglio, serve ad aumentare la ramificazione, avvicinare la chioma al tronco ed aumentare la conicità dei rami.

Prima del risveglio i rami sono ricchi di sostanze nutritive che serviranno allo sviluppo delle gemme, generalmente formatesi nell’estate precedente, più numerose verso l’apice; sul tratto del ramo restante, dopo la sua potatura, se ne formeranno molte di più e più vicine al tronco. Il taglio, obliquo della potatura deve, possibilmente, essere rivolto verso l’alto. La potatura estiva su rami molto più piccoli e ancora acerbi (a volte) può essere distinta dalla cimatura o pizzicatura continua di quei getti che non rispettano le forme imposte o il taglio di quei rami di dominanza. In questi casi si sviluppano quasi sempre le sole gemme apicali del ramo rimasto ed è bene che queste si trovi nell’ascella della foglia, nella parte rivolta verso il basso per non avere con la direzione della nuova crescita con quella quella del ramo angoli retti poco armoniosi. Mentre con la potatura del ramo legnoso si aumenta la ramificazione con quella estiva o acerba si dirige la nuova crescita e si limita la dominanza apicale.

Fig. 1 - Sono illustrati alcuni casi particolari di apparato radicale e la loro potatura

Fig. 2 - Procedura per la potatura dell’apparato radicale di pianta in educazione

Fig. 3 - Corretta disposizione delle radici con eliminazione del fittone laddove è presente

Fig. 4 - Potatura delle radici per adattarle alla forma poco profonda del vaso per bonsai

38Tecniche bonsaiLA POTATURA DELLE CADUCIFOGLIE - Giovanni Genotti

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Fig. 5 - Potatura dei rami principali e angolazione del taglio

Fig. 6 - Potatura di indirizzamento dei rami

Fig. 7 - Modi di potare i rami

Fig. 8 - Modi di potare i rami

Fig. 9 - Corretta potatura per avere una buona cicatrizzazione

Fig. 8 - Nella potatura di formazione si inizia con l’elimina-zione dei rami che non servono alla struttura del bonsai

Tecniche bonsaiLA POTATURA DELLE CADUCIFOGLIE - Giovanni Genotti39

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Non si può parlare della storia del Club senza legarlo alla parola “amicizia”. Era il 14 Aprile 1999 quando un gruppo di persone si incontrano in quel di Bitetto (BA) nelle sale del Li-ceo Scientifico “Amaldi” ad ammirare esemplari bonsai nella manifestazione “Suggestioni d’Oriente”. Uno scambio di opinioni ed un’idea di fondo: mettere su un’associazione. Leo Samarelli e Luca Bragazzi muovono i primi passi e guidano inizialmente dei semplici incontri sul tema bonsai; parola d’ordine dell’associazione è lo spirito apolitico di gruppo nel pieno rispetto delle individualità. La Puglia, da sempre fucina di idee e talenti, fa incontrare diverse realtà: Pippo Gargiuolo, esperto bonsaista di professione e un suo gruppo di lavoro, Davide

Capurso, grande appassionato dotato di enorme talento, Bragazzi, ora stimato istruttore IBS, Samarelli con alle spalle diverse collaborazioni ed esperienze presso vivai baresi, ed insieme ad altri appassionati come Marco Petruzzelli, diventano il “cuore pulsante” della futura associazione Bonsaizone. La svolta avviene a Molfetta in occasione della mostra Bonsai d’Autore, il Club si chiamava ilBonsai.net ed offriva, con il suo classico gazebo, corsi base ed avanzati di tecnica e cultura bonsai. È il primo passo!! Nasce il gruppo storico dell’attuale club ed una splendida e dura-tura storia di amicizia e rispetto reciproco. I corsisti crescono a livello tecnico e di esperienza, facendosi promotori di un significativo evento: la “Mostra bonsai d’autore - 1° Trofeo Arcobaleno” , era il 17 Dicembre 1999 presso l’Aula Magna del Seminario Vescovile di Molfetta (BA). Questa data segna la svolta del club e nel contempo la rottura con legami precedenti: escono di scena alcuni esponenti del gruppo e nasce l’attuale Bonsai Zone. Il gruppo, amatoriale e senza scopo di lucro, si da un “regolamento etico”, ed avendo in se notevoli risorse umane e professionali, provvede autonomamente all’ideazione del logo, all’assegnazione di ruoli (il direttivo), ad una biblioteca tematica, ad una efficiente segreteria, ai contatti e soprattutto alla crescita individuale degli associati attraverso corsi, work-shop con istruttori IBS di grande livello, escursioni per passeggiate nella natura o per partecipazione a mostre in tutta Italia. È il momento in cui il club conta 46 iscritti e rappresenta “l’onda lunga” della mostra di Molfetta. Come avviene in tutti i club amatoriali e non a scopo di lucro, gli impegni di lavoro, di famiglia, problemi individuali e qualche (inevitabile) aspettativa delusa, ma soprattutto il venir meno di una sede stabile, decreta una discesa lenta e inesorabile del gruppo. Il 2008 rappresenta l’anno di riflessione e di quasi totale stasi. Il club non si scioglie ufficialmente ma le attività sono ridotte a pochi incontri fra i pochi membri del gruppo storico. Ma è anche l’occasione di VOLTARE PAGINA. Dal 2009 cambia il direttivo. Non per un disimpegno del presidente storico Luca Bragazzi ma per una rotazione di ruoli. Nuovo presidente è Cosimo De Bari (ideatore del nome e del logo del club), vice presidente Davor Franchini, e con ruoli direttivi Davide Capurso, Tommaso Stallone, Leo Samarelli, Giammaria De Ceglia e ,naturalmente, Luca Bragazzi (la nostra punta di diamante). Il gruppo comincia ad ottobre 2008 a lavorare sull’idea della mostra da tenersi ad Aprile 2009: la terza edizione di Bonsai Zone Exhibition. Il resto è cronaca recente. L’idea della mostra ha rappresentato un ritorno di interesse per molti “solitari er-ranti” e ha coagulato intorno a se nuovamente molti interessati ed appassionati. In pochi mesi il numero degli iscritti è cresciuto a ben 30 unità con nomi di prestigio come l’amico Pippo Gargiuolo ed altri ritrovati amici. La mostra è stata un grande evento di pubblico e, a detta di appas-sionati ed esperti, di grande livello tecnico. Per la gente comune è stata semplicemente “bella ed interessante”. A proposito, il Club Bonsai Zone è da sempre affiliato UBI.

Un saluto a tutti i bonsaisti d’Italia.

Cosimo De Bari

Eventi organizzati da BonsaiZone: Dicembre ‘99 - Mostra bonsai d’autore ‘1° Trofeo Arcobaleno’ - Molfetta (BA); Settembre 2000 - Mostra bonsai d’autore ‘2° Trofeo

Arcobaleno’ - Molfetta (BA); Giugno ‘01 - Mostra bonsai d’autore ‘3° Trofeo Arcobaleno’ - Molfetta (BA); Aprile ‘03 - Mostra bonsai d’autore ‘4° Trofeo Arcobaleno’ - Molfetta (BA); Giugno ‘04 - Mostra Bonsai ‘Dominanti o dominati’ - Molfetta (BA); Luglio ‘05 - Exhibition ‘05 - Giovinazzo (BA); Ottobre ‘06 - Exhibition ‘06 - Terlizzi (BA); Aprile ‘09 - Exhibition ‘09 - Molfetta (BA).

Partecipazione di rappresentanza del club: Aprile ‘99 - ‘Suggestioni D’Oriente’ - Bitetto (BA); Ottobre ‘06 - ‘VII So Saku Bonsai Award’ - Roma; Maggio ‘07 - ‘XIII Trofeo Arbores’ -

Cava de’ Tirreni (SA); Giugno ‘07 - V ed.”Bonsai Club Pollino” - Firmo (CZ); Ottobre ‘07 - ‘VIII So Saku Bonsai Award’ - Roma; Marzo ‘09 - Mostra Bonsai - Brindisi.

BonsaiZone

Vita da club

BONSAIZONE - Cosimo De Bari 40

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I RAGNI ROSSIPatologia vegetale - Parte V:

Dopo aver parlato di insetti che potrebbero colpire i nostri bonsai, ve-diamo in questo quinto numero del Magazine un altro gruppo di patogeni: gli Acari. Gli acari non sono insetti, ma appartengono alla classe degli Aracnidi, di questi ne sono presenti molte specie, sia di interesse vegetale che animale. Si presentano molto piccoli, di dimensioni intorno a 0,5 mm con il corpo di colore giallo-arancio, ma anche rosso che permette una facile individuazione qual’ora attacchino i nostri esemplari bonsai. Questi piccoli ragnetti, nella forma adulta posseggono quattro paia di zampe ed amano porsi sulle pagine inferiori delle foglie di latifoglie e lì svolgere la loro azione trofica di suzione (apparato boccale succhiatore). La loro presenza è sempre molto numerosa ed è identificabile dal-la produzione di piccolissime ragnatele visibili con leggere nebulizzazioni sulla chioma, che ne mettono in evidenza la struttura sericea. Sulle conifere si posi-zionano sui rametti più giovani, dove con altrettanta metodologia di nutrizione agiscono sugli aghi, decolorandoli e riducendone la capacità fotosintetica. Pro-prio questo aspetto, inerente la grande quantità di linfa asportata, se prolun-gata nel tempo, provoca numerosi danni dovuti a disidratazione dell’apparato foto-sintetizzante, che ne viene inibito anche nella principale funzione di foto-sintesi clorofilliana, in quanto, avendo un ritmo di suzione/svuotamento di circa 20 cellule al minuto e calcolando le centinaia di esemplari che agiscono con-temporaneamente sulla pianta, è facile immaginare il danno provocato, anche perché tali ragni trasferiscono sostanze tossiche all’interno della foglia che ne compromettono la funzionalità anche a livello fisiologico oltre che morfologi-co. Solitamente attacchi da ragni rossi si possono riscontrare tramite decolora-zione ed indebolimento generale dell’esemplare bonsai e per poterli osservare meglio si può utilizzare una lente di ingrandimento o porre un foglio bianco al di sotto dei palchi, che, se scossi, lasciano cadere i ragnetti che si distinguono sul bianco del foglio. I principali fattori ambientali che ne influenzano la densità di popolazione sono la temperatura e l’umidità; infatti alte t° unite a basse % di Ur, promuovono lo sviluppo in numerose progenie che attaccano le piante. In luoghi dove l’Ur è elevata (> al 60%) la prolificità è ridotta, infatti nebulizzare frequentemente le chiome nei periodi estivi è un ottimo metodo per scongiu-rare attacchi (con presenza di trattamenti anticrittogamici che scongiurano il proliferare di attacchi fungini dettati dall’alta umidità). I trattamenti chimici in questi casi, devono essere adottati solo se ne è riscontrata l’effettiva presenza ed i prodotti devono essere Acaricidi e non semplici insetticidi. Gli acaricidi de-vono essere “ovicidi” o “larvo-adulticidi” e siccome esistono nei due formulati, la loro miscelazione è consigliata per coprire tutti gli stadi evolutivi del pato-geno, che, in una stessa popolazione nello stesso momento presenta tutti e tre gli stadi. Come sempre, a livello fitopatologico, il mio consiglio è quello di PRE-VENIRE, adottando metodi di prevenzione di tipo agronomico identificati nelle cure giornaliere e di ridurre le disattenzioni provocate da scarsa osservazione e mancata applicazione delle cure indispensabili.

Luca Bragazzi

Che insetto è?

PATOLOGIA VEGETALE V parte - Luca Bragazzi41

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