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Bonaldi Paolo Bonaldi e la geometria ( edizione 2010 e 2011 ) PROBABILITA' E CASO - EDIZIONI KANGOUROU ITALIA 2011( www.kangourou.it ). Il libro è una collezione di articoli che offre una panoramica sull'utilizzo della teoria della probabilità, e del caso, negli ambiti più disparati delle attività umane. Uno di questi articoli tratta del ruolo del caso nell'espressione artistica, pittorica in particolare. Viene citato Paolo Bonaldi. FRATTALI - EDIZIONI KANGOUROU ITALIA 2010 ( www.kangourou.it ). Il libro è una collezione di articoli che offre una panoramica della geometria frattale nei suoi multiformi aspetti. Uno di questi articoli tratta il tema della misura frattale dell'Arte. Un'opera di Bonaldi, sottoposta a specifico software, mostra un carattere frattale. Priscilla ( 2005 ) I libri scorrono organicamente nel loro svolgersi in apparati biomorfi, ove strane linfe conducono i flussi. Nel loro srotolarsi ci aprono il muoversi contorto di forze sentite. Un breve e confuso annotare di conoscenze a margine accompagna questa visione sfuggente, un po' amara, di un sapere profondo ma scettico, sempre. Dal "libro di corpo", oggi alla biblioteca di Alessandria d'Egitto, agli altri che compongono questa biblioteca liquida e fluida, il sapere si nega e si propone ermetico, contradditorio, come un sistema di fughe inarrestabili per molte direzioni. Da questo groviglio nasce Priscilla, una struttura ferma e nervosa, che ha la stessa ambiguità dei libri, ma con un diverso vigore e con maggiore ironia. Una struttura coraggiosa e nuda, viaggiatrice di sistemi, dove si mostra nella sua integralità ma è pronta a scomparire. Ci sfida quella sua apparenza carnale ma la tempra affilata è sempre pronta a graffiare, lasciandoci il segno. Solo appoggiata sui suoi tentacoli urticanti Priscilla si muove in tutte le direzioni, nè alto nè basso, nè prima nè poi, nè ora nè mai: ci sfida con la sua identità integrale, ci provoca col suo tempo sospeso, e come la sfinge ci attende per

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Bonaldi Paolo

Bonaldi e la geometria ( edizione 2010 e 2011 )

PROBABILITA' E CASO - EDIZIONI KANGOUROU ITALIA 2011( www.kangourou.it ). Il libro è una collezione di articoli che offre una panoramica sull'utilizzo della teoria della probabilità, e del caso,negli ambiti più disparati delle attività umane. Uno di questi articoli tratta del ruolo del caso nell'espressione artistica, pittorica in particolare.Viene citato Paolo Bonaldi.

FRATTALI - EDIZIONI KANGOUROU ITALIA 2010 ( www.kangourou.it ). Il libro è una collezione di articoli che offre una panoramica della geometria frattale nei suoi multiformi aspetti. Uno di questi articoli tratta il tema della misura frattale dell'Arte.Un'opera di Bonaldi, sottoposta a specifico software, mostra un carattere frattale.

Priscilla ( 2005 )

I libri scorrono organicamente nel loro svolgersi in apparati biomorfi, ove strane linfe conducono iflussi. Nel loro srotolarsi ci aprono il muoversi contorto di forze sentite. Un breve e confusoannotare di conoscenze a margine accompagna questa visione sfuggente, un po' amara, di un sapereprofondo ma scettico, sempre. Dal "libro di corpo", oggi alla biblioteca di Alessandria d'Egitto, aglialtri che compongono questa biblioteca liquida e fluida, il sapere si nega e si propone ermetico,contradditorio, come un sistema di fughe inarrestabili per molte direzioni. Da questo groviglionasce Priscilla, una struttura ferma e nervosa, che ha la stessa ambiguità dei libri, ma con un diversovigore e con maggiore ironia. Una struttura coraggiosa e nuda, viaggiatrice di sistemi, dove simostra nella sua integralità ma è pronta a scomparire. Ci sfida quella sua apparenza carnale ma latempra affilata è sempre pronta a graffiare, lasciandoci il segno. Solo appoggiata sui suoi tentacoliurticanti Priscilla si muove in tutte le direzioni, nè alto nè basso, nè prima nè poi, nè ora nè mai: cisfida con la sua identità integrale, ci provoca col suo tempo sospeso, e come la sfinge ci attende per

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proporci i suoi enigmi mortali, ma senza essere mortali.

Patrizia Serra (2005)

La densità delle cose ( 2005 )

Alla densità delle cose (perchè solo le cose "dense" hanno diritto all'esistenza)Quello di Bonaldi mi pare un percorso che, pur in tempi diversi, sia assolutamente opposto a quellodell'arte concettuale, o di un particolare filone di questa espressione. Alla metà degli anni settantal'implosione, l'interiorizzazione dei concettuali tende alla smaterializzazione, alla perdita totale delcorpo fisico delle opere. In un impeto di "purezza" il pensiero implode, con una progressivasparizione/smaterializzazione di segni, forme e perchè no, contenuti. Livio Marzot e il bicchiered'acqua alla galleria Annunciata. Per chi l'abbia vissuto con un minimo di coerenza, è un punto dinon ritorno. Viceversa e, non dimentichiamolo, in anni assai diversi, per Bonaldi il processo diinteriorizzazione si fa, di giorno in giorno, sempre più fisico: è una descrizione/narrazione delsistema linfatico, del flusso sanguigno, del "girovagare" di cellule e neuroni: la nostra paludeinterna. Anche le scritte, gli interventi "poetici" a parole, li vedo, in contrasto con il sistema venosodel sangue, rosso, come lo sviluppo di un sistema arterioso, blu, differente ma complementare alprimo. Non ho interesse a leggere, a comprendere queste parole, ma solo a intuire i loro percorsi, illoro fluire; insisto, esse sono "segni", complementari allo scorrere degli inchiostri "biologici".Come quando ci si trova difronte a uno spartito musicale: magari non sai leggerlo, ma sai che èmusica! Solo il nome giusto dà a tutte le creature e a tutte le cose la loro realtà (girerei così questoproverbio arabo: tutto quello che tu non puoi o non sai nominare, non esiste!) In nomine patri etfilii.... Piuttosto che... "Ei si nomò..." di manzoniana memoria. A questo punto Bonaldi sente lanecessità di estrapolare un elemento più solido, di forma sì cangiante, instabile e adunca, ma che sistacchi dal fluire incessante, dall'informe del suo lavoro, che "esca". E lo identifica, lo chiama, glidà un nome tutto suo, Priscilla, lo stacca dall'indistinto, lo fa esistere. È un passaggio importante,dall'interno, dalla vorticosa profondità del nostro fiume cellulare all'esterno, alla mutevolezza diun'immagine, sempre diversa ma sempre altrettanto uguale. È Priscilla, e qui torna l'idea di dare ilnome per sancire l'esistenza. È l'esterno del corpo, è una sintesi graffiante? Sono le linee ditensione di un viso, rispecchiamento di un groviglio interiore? Dovremmo parlare dirappresentazione e di non-rappresentazione, di corpo e di corpo negato, di fuga all'interno in una"astrazione biologica" per paura dell'esterno, del riconoscibile, del ritratto? Ma, nello stesso tempo,la paura nasce dall'immaginazione: è una condanna, è il prezzo dell'immaginazione (altroproverbio, non mio). Fino a non molto tempo fa', Bonaldi ha parlato molto più dell'interno chedell'esterno, ha parlato del fiume, non delle sorgenti o della foce. l'esterno è irrappresentabile, è diesclusivo dominio divino, oppure Priscilla è un inizio, un punto di "fuga" fuori, è il faticosopassaggio verso l'esterno, gli altri, il ritratto e l'autoritratto?

Marco Magrini (2005)

Pensiero inquieto ( 2004 )

Una voglia indomabile alla ricerca di luci e di colori. Un viaggio migrante verso l'oltre e l'altrove,che vaga nella galassia, attraversa nebulose e sfiora fasci di stelle. Sperdute nelle galassie misteriosedipinte da Paolo Bonaldi, vagano "fluorescenze" e le tracce delle "sirene". È notte nell'universo.Sembra una notte colma di dolcezza avvolta in musicali silenzi, ma dal cosmo oscuroun'avanguardia di "fluorescenze" avanza in gran velocità. Non ho bisogno di chiudere gli occhi perpoter immaginare, c'è tutto lì, sui rotoli blu - le opere recenti di Paolo Bonaldi. E il momento delblu, il colore che acquista un autoritario ruolo da protagonista, si muove e si propone allavalutazione di chi osserva con una perentorietà che deriva forse dalla consapevolezza dei risultati

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raggiunti dall'artista. Guardo i rotoli blu, eppure, nel fondo si inseguono le macchie di mille cromie:sono raggi delle stelle, della luna che si incrociano, che si scontrano con le "fluorescenze" peravviarsi alle esplosioni ormai vicine. Mondi lontani vanno in frantumi, non si può più tornareindietro. Con gli occhi faccio scivolare le immagini su e giù, cerco di seguire il movimento delle"fluorescenze" - ma l'operazione risulta molto difficile per la gran velocità. Io non mi arrendo,continuo con lo sguardo a corrergli dietro, perchè solo così si entra nel respiro dell'universo cheassorbe, gusta e rigetta. È notte nell'universo. Dentro di me sono già partita, sto precipitando nellospazio e nel tempo, la pelle sfiorata dalle "fluorescenze", mi sento i capelli in fiamme, sento pianetigirare sempre più veloci. Mi lasci affondare nel blu, rabbrividendo un poco. E adesso? Ma nonposso permettermi il lusso di riflettere. Ho appena il tempo di guardare da vicino, di godermi questastraordinaria sensazione di piacere. Intorno un silenzio più profondo di quanto abbia mai udito,perfino i pianeti e le "fluorescenze" bloccati nell'immobilità. È notte nell'universo. Buio, luce ecolore.

Beata (2004)

Flowers ( 2002 )

Storia naturale. Piante carnivore e fiori artiglianti. Infiorescenze anomale, che affondano petali ecorolle taglienti in uno spazio allusivo e totalizzante. Forme acute e acuminate, schiuse a poco apoco, come per gemmazione spontanea, da spore di ferro o di rame implose su se stesse quasi perun implicito atto di auto-protezione, necessario nella fase più delicata dello sviluppo biologico espaziale. Paolo Bonaldi ha attinto le forme del suo regno pseudo-vegetale da un erbario fantastico epieno d'ambiguità, elaborato in almeno tre anni di studi "naturalistici" (prima realizzava strutturemetalliche dalla forma più o meno sferica e dal forte, intrinseco dinamismo, in cui vanno, peraltro,senz'altro riconosciuti i precedenti diretti di queste realizzazioni ultime) che, fuor di metafora,consistono nella scoperta di un personale universo poetico e formale e quindi, inevitabilmente,nell'approfondimento sempre più tenace e coraggioso delle proprie ragioni interne. Per il giovaneartista lombardo, la progressiva messa a punto di queste originali forme plastiche e pittoriche haassunto l'andamento di un processo biologico, quasi si trattasse dell'evoluzione spontanea di unanuova classe di organismi certamente dotati di autonomia e quasi di una creatività propria; creativitàgenetica, naturale. Ed è così, infatti, che l'artista ne parla: il suo corpo, il suo sguardo, i suoi gesti, silasciano avvolgere, conquistare e persino ferire dai segni e dagli aculei di metallo che prendonolentamente consistenza fra le sue mani, quasi le mani e il corpo fossero semplicemente strumentipassivi, puramente agiti e manovrati dalla forza intrinseca di questi oggetti spaziali. In un giovaneprovvisto di un eccellente bagaglio di cultura e consapevolezza del proprio tempo e delle strade,anche le più contraddittorie e divergenti, della storia dell'arte, è raro ritrovare una coincidenza tantoimmediata ed efficace di pulsione ed esigenza formale. Per Paolo Bonaldi la natura del sentirecoincide con la natura tout court. La cultura con la coltura di organismi non soltanto, nonsemplicemente amichevoli o docili. Il processo creativo assomiglia all'evoluzione della specie. Maanche all'esuberanza della polluzione spontanea di semi e di corpi su un humus adeguato.Avanguardie e altre divagazioni. Con tutto questo, non ci troviamo affatto di fronte ad un fenomeno,o meglio una scelta, per così dire, ingenua. Nella spazialità sovraccarica e leggerissima che Bonaldipredilige, i ricordi e i collegamenti si affollano e si intrecciano l'uno con l'altro in una sintesi

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assolutamente personale. Balla, per esempio (soprattutto quello dei Vortici e delle Linee divelocità). "Bisogna rendere l'invisibile che si agita e che vive al di là degli spessori, ciò che abbiamoa destra, a sinistra e dietro di noi, e non il piccolo quadrato di vita artificialmente chiuso come fragli scenari di un teatro... abbiamo dichiarato che bisogna dare la sensazione dinamica, cioè il ritmoparticolare di ogni oggetto, la sua tendenza, il suo movimento, o per dir meglio la sua forzainterna... Ogni oggetto rivela, per mezzo delle sue linee, come si scomporrebbe secondo le tendenzedelle sue forze". Esigenze come queste, pubblicate nel catalogo della Prima Esposizione di PitturaFuturista (1913), non hanno perduto la loro attualità per Bonaldi, anche se la finestra prospettica delnaturalismo ottocentesco e di tutta la tradizione pittorica dal Rinascimento in poi, non è certo più untermine di confronto e di scontro oggi, a secolo ormai concluso, e sono ben altre le frontierepossibili verso cui si protende il fare creativo di un artista ambizioso. Lo spazio, per esempio, il suospazio, è già spazio liberato, conquistato, mobile, aereo, avvolgente. Bonaldi agisce secondoproiezioni di efflorescenze segniche e cromatiche improvvisamente distese ed allungate lungotensioni imperscrutabili, che si materializzano oltre il foglio, in una succesione, una continuità disuperfici leggerissime collegate insieme; oppure che si proiettano decisamente nella terzadimensione, talvolta con l'ausilio di supporti trasparenti ma carnosi di resine colorate e addensatecome liquidi organici. Ma si tratta ancora, anzi più che mai, di "forza interna" di "ritmo particolaredi ogni oggetto" che in questo caso, è ritmo di crescita organica, ritmo barocco, in altre parole,ritmo aggressivo che, giusto in virtù della propria aggressività, sfugge a qualsiasi sospetto didecorativismo e di leziosità. Informale, allora, ecco un altro riferimento indispensabile per parlare diquesto lavoro, informale di segno e di gesto, ma calibrato da un autocontrollo volto sempre agarantire la prevalenza della forma, di un oggetto grafico o plastico che non rappresenta soltanto lapulsione, il desiderio, l'angoscia, in una parola, lo stato interiore, ma soprattutto vive di se stesso,della propria elegante, pericolosa, metamorfica energia interna. Arte totale, spazio totale, ambiente;senza preoccuparsi di concepire l'opera come installazione, sfuggendo così quasi ad un diktat delnostro tempo e della nostra cultura, Bonaldi riesce a costruire con rotoli di carte una spazialitàavvolgente, in cui il fruitore si trova suo malgrado completamente immerso e perduto fra formepromettenti ed ostili, che lo coinvolgono nella propria liberissima fluttuazione, in un continuoaprirsi, reale o puramente evocato, al di là della superficie su cui sono tracciati i segni, gli strappi, letracce di questa materia. Un risultato che non si esita a definire straordinario, soprattutto se si pensaai mezzi tradizionalissimi con cui l'artista lo ottiene, refrattari a qualunque sussidio tecnologico, aivideo, alle proiezioni, alle strumentazioni digitali senza le quali, oggi, sembra diventato tuttoimpossibile, tutto obsoleto, tutto limitato. Toccare. Invece no. Bonaldi si avvale ancora dell'anticaarte della manipolazione, del contatto con i materiali; ama sperimantare, sulla propria pelle (organodimenticatissimo dalle nuove tecnologie) sempre nuove sensazioni, ha bisogno di toccare cosedifferenti, non esclude a priori nessun elemento, nessuna materia purchè riesca a metterle le maniaddosso, a scalfirla e a scalfirsene in una presa davvero diretta, senza riserve, senza cautele. È unpittore, è un disegnatore, finchè la pittura, il disegno, i colori gli consentono di far crescere la suaflora mutante in spazi sufficientemente rarefatti, sospesi, come una coltura nel vuoto, quel vuotoprimigenio da cui tutto ha origine. È scultore, anche, ogni qualvolta senta l'esigenza di costruirle perdavvero (e per una specie di insorgenza di "realismo" però non letterale, non didascalico, nonrappresentativo ma costruttivo) le sue efflorescenze affilate, gangli di forme organiche stretteintorno ad un nucleo di vuoto dinamico, contenitori di spazio attivo, in divenire; oppure protesedappertutto, oppure incastonate su radici di resina e di plexiglas. Forme che sembrano nascere dal

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suolo o dalla parete magari, come orchidee parassite, ma sembrano comunque nascere grazie ad unprocesso di generazione spontanea che nell'arte delle ultime generazioni trova davvero pochi,pochissimi paralleli. Interno /esterno. I segni di Paolo Bonaldi sono concepiti velocemente, comeatto unico, irripetibile. Non ammettono correzioni, ripensamenti. Eppure sono lenti, meditabondi equasi "orientali" nell'integrarsi allo spazio. A modo loro, contengono la suprema lezione deiConcetti spaziali di Lucio Fontana: vivono, cioè, di una sospensione in cui si perdono tutte ledistensioni troppo nitide, le separazioni troppo perentorie e dove l'interno si fa continuamenteesterno sia in senso spaziale che emozionale. L'interno, il vuoto, genera ed è generato fino al limiteprovvisorio che il segno offre, di volta in volta. Questo segno allora, questo segno refrattario alleclassificazioni, che sa essere grafico nello spazio e plastico sulla superficie, può essere letto anchecome modo della relazione fra l'interno e l'esterno, fra un mondo interiore sicuramente turbolento eduna messa in forma complessa ed esigente, meditata, sistematica; lontanissima, in altre parole, daquegli additivi chimici, tecnici e spirituali cui le neoavanguardie degli anni Cinquanta facevanosistematicamente ricorso per prevenire l'insorgere di una razionalità troppo prepotente e troppolimitativa. Per Bonaldi invece, e per la sua generazione cresciuta sotto il segno della disillusionerispetto a qualsiasi ideale romantico di soggettività, e di un'incalzante minaccia di de-soggettivizzazione, il semplice abbandono all'inconscio o a qualsivoglia automatismo non è più,certo, una soluzione praticabile. Anzi, ogni risorsa ormai, ogni capacità va messa e frutto perpermettere la formazione di qualcosa che possieda ancora il valore della soggettività e la forza delprogetto; qualcosa, in altre parole, che sia all'altezza di misurarsi con questa epoca di metamorfosida cui nessun ideale, nessun linguaggio e nessun organismo può considerarsi indenne. Ed è proprioin considerazione delle inquietudini prodotte dal contesto in cui viviamo, che acquista ancoramaggiore interesse la minacciosa innaturalità della natura naturans pazientemente articolata daPaolo Bonaldi: le sue forme aliene nell'impatto ma tradizionali nella tecnica, eleganti ed invasive,impregnate di memoria ma pienamente originali.

Martina Corgnati (2002)

Vuoti che riempiono ( 1998 )

Se "S'agit pour le fluteur de 'fair parler' les trous" (Dubeffet), allo stesso modo per Bonaldi si trattapiù che altro dell'arte del vuoto, di far parlare l'eventualità, di sottolineare il sale dell'imprevisto.L'inaspettato diventa avventura della forma. "Tutto il possibile tende continuamente a manifestarsi"(Breton). Bonaldi sceglie adesso come unico alfabeto la linea di alluminio. Limitarsi è una rinunciache non costituisce un impoverimento: insiste in questo modo molto efficacemente sull'aspetto dellamutevolezza. Delle "sfere" colpisce la fluidità delle linee che costituiscono lo scheletro, ma anchel'unica consistenza delle forme. Per i loro slanci, a volte anche compressi, si dislocano al di là diogni possibile rigidità. Ricordano l'attorcigliarsi e il distendersi del serpente, animale che noncasualmente ricorre nei sogni di Bonaldi come pura incarnazione dell'imprevedibilità. Purmantenendo la sua simbologia profonda e complessa, il serpente qui ricorre soprattutto come muta,ciclico cambiamento di pelle; è perciò rinnovamento, trasformazione, vita, energia del mondo. Tuttoè energia; ogni forma, ogni spazio è instabile, impermanente. Il lavoro di Bonaldi è una messa inscena della precarietà, o meglio, una "emanazione" di essa. Egli riesce a far sì che lo spazio esprimala propria essenza inquieta, la propria vocazione al mutamento imprevisto, rendendo visibile l'"anatomia" dell'andamento del destino, per mezzo di un procedimento "in presa diretta". Non usafare studi e bozzetti o immaginarsi le sue opere "a priori". Nascono nella fattualità. Le linee delle"sfere" derivano da un gesto che, senza premeditazione alcuna, cerca attraverso il proprio

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movimento una forma che dia al suo attore/autore una qualche soddisfazione; allora si ferma. PoiBonaldi applica il colore, per tentativi, "ascoltando" ciò che ha davanti. Un colore dalla forte qualitàorganica, ricco di modulazioni, con diverse zone rigonfie di grumi. Soprattutto i rossi (purpurei,sulfurei) sembrano sempre sangue rappreso. C'è un dolore acuto e nevralgico in queste opere quasisi trattasse di una continua messa a nudo dello spazio, proprio come l'uomo scorticato di Leonardo èuna messa a nudo del corpo. Il mettere in mostra il complesso sistema venoso e arterioso, fatto digangli e di deviazioni coincide qui con questa misurata, mai "eclatante", mai compiaciuta,orchestrazione di elementi simili ma diversi, elementi che costituiscono una "famiglia" di segni chesi organizza in forma di scrittura sconosciuta, insieme musicale e ideogrammatica. Queste sculture,sia le più recenti "sfere" sia gli "archi", sembrano elementi costitutivi di un alfabeto fatto di energiain trasformazione; segni che, per le loro forme - sarebbe meglio dire i loro comportamenti - esoprattutto per le loro pause, e anche attraverso quelle misteriose forze fatte di presenza e assenzache sono le loro ombre, creano andamenti, traiettorie, percorsi dinamici la cui caratteristicaprincipale sembra essere la provvisorietà, la disponibilità a mutare. Gli "archi", disposti sul muro inmodo simile ai caratteri di una sorta di scrittura cuneiforme, aguzzi e taglienti come seghetti,scandiscono la parete in modo più regolare e meno complesso rispetto alle "sfere", senza chiamarein causa la dimensione dello spazio ambientale. Gli "archi" sono gli incunaboli del lavoro diBonaldi e già portano in luce l'importanza dell'ombra, la pregnanza dell'aspetto più misterioso emutevole. Ogni "segno" ha il suo "rovescio" ectoplasmatico, paradossalmente chiaro, "auratico",dato dalla propria ombra, derivato dalla stampa fotografica dell' "oggetto" posto direttamente acontatto con la carta emulsionata, in pieno rispetto delle regole "rayane". Le "sfere", più degli"archi", al primo approccio potrebbero anche presentare un lato quasi lucido, per quel loro che dieffervescente e per il loro fattore cromatico; ma questo superficiale aspetto da "parata" si rivelaimmediatamente illusorio, contraddetto con sottile violenza da una neppure troppo segretairradiazione di crudeltà. Alcune "sfere" sono apparentemente quasi frivole, mentre altre decisamentepiù introverse e drammatiche. Taglienti, crude, scarne e scattanti le linee, aguzzi gli angoli, anzi,sarebbe meglio dire irte le punte. Andamenti imprevisti, liberi, anche se a tratti involuti, traiettorieche tendono ad avvilupparsi su se stesse per poi scattare improvvise trovando una qualche repentinavia di fuga. Una problematizzazione dello spazio. E non solo della parete su cui si staglia un dialogodi ombre portate e da cui nascono le linee, in genere a partire da un grumo di colore, come piante daun tubero, come parole da una macchia d'inchiostro schizzata dal pennino; ma perfino dell'ambienteintero, perchè quelle fughe proseguono idealmente oltre la consistenza materiale delle linee,sopravvivono come slancio, come vettore, potenzialità di movimento. Le "sfere" instaurano fra loro,come del resto anche gli "archi", un dialogo, un intreccio di relazioni, ma non sono in alcun modoleggibili come elementi di un'installazione; sono invece "figure" della stessa natura che si ripetevariando. Rappresentano in un certo modo la continuità d/nel mutamento. Della realtà Bonaldisembra recepire soprattutto l'aspetto del costante dolore della trasformazione, del presente comeluogo imprendibile, carico di spinte verso "altro" che ancora non è, continuo pericoloso eavvincente squilibrio dell'essere verso il non essere. Post Scriptum Bisogna avvicinarsi alle "sfere"che, prive di qualsiasi zavorra, sembrano "galleggiare" appena appoggiandosi ai muri; se si arrivaquasi a sfiorarle, se ne percepisce l'intimo respiro: come rami tesi di flessuose e sensibilissimepiante, come esili antenne d'insetto, si muovono e vibrano al nostro passaggio. Anche le pareti, imuri, lo spazio hanno un'anima.

Elisabetta Longari (1999)

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Blu – tecnica mista su lucido 110 X 150 anno 2004

Ester incazzate vetroresina e vernice colorata anno 2010

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Eclissi - carta da lucido spilli cartone 30 X30 anno 2015

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Dominio - carta da lucido spilli -80 X 70 X 35 anno 2014 - 2015

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Note biografiche

Paolo Bonaldi nasce nel 1967 a Serina, in provincia di Bergamo. Si diploma in pittura presso laNuova Accademia di Belle Arti di Milano. Vive e lavora a Lissone ed insegna all'Istituto d'Arte diMonza.

Esposizioni personali

1999 "Ci sono vuoti che riempiono", a cura di Elisabetta Longari, Milano, GalleriaSpaziotemporaneo.2002 Flowers, a cura di Martina Corgnati, Milano, Galleria Spaziotemporaneo.2005 Priscilla in biblioteca, a cura di Patrizia Serra, Milano, Galleria Spaziotemporaneo. 2012 L'incendio, a cura di Patrizia Serra , Milano, Galleria Spaziotemporaneo

Esposizioni collettive

1988 Milano, Centro S. Fedele, "Primo Laboratorio per Giovani Artisti".Milano, Comune di Milano, "Giovani Artisti in Centro"Venezia, Fondazione Bevilacqua la Masa, "Pittori&Pittori"

1989 Milano, Comune di Milano, "Giovani Artisti in Centro".Milano, Palazzo della Triennale, "Il gioco delle Arti"

1990 Lomazzo, Sala delle esposizioni.

1991 Milano, Sala del Chiostro S. Maria alla Fontana.

1995 Serina, Bergamo, Sala delle Esposizioni, "Spazio Misurato".

1996 Trevi, Perugia, Galleria Civica, "1° Premio Trevi Flash Art Museum" Milano, SocietàPermanente, Premio San Carlo Borromeo.

1999 Fondazione Atlantic Center for the arts di New Smyrna Beach in Florida, stage di scultura conGiò Pomodoro.

2000 Milano, Società Umanitaria, "Meraviglie della ragione e stupore dell'arte", mostra a tema acura di Rachele Ferrario.

2001 Viterbo, Postarte, Installazioni, a cura di Giovanna Scappucci e Rossana Stoppani.Milano, Miart, Anteprima

2002 Milano, Miart, Anteprima.Monza, Premio Nazionale di Pittura Città di Monza.

2003 Alessandria d'Egitto, 1ª Biennale Internazionale del Libro d'Artista, Biblioteca Alessandrina,padiglione Italia.Milano, "Biblioteca subacquea", Galleria Spaziotemporaneo.

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2005 Milano, Miart, Anteprima.Premio internazionale di scultura della regione Piemonte.Realizzazione di tre sculture per l'Università Statale di Torino, facoltà di psicologia.Maccagno, Museo Parisi Valle, "Generazione Anni '60", a cura di Claudio Rizzi.

2006 Milano, Spazio Guicciardini, "Generazione Anni '60", a cura di Claudio Rizzi.

2007 Maccagno, Museo Parisi Valle, "Acquisizioni 2007".Maccagno, Museo Parisi Valle, "Metafore della memoria", a cura di Claudio Rizzi.Milano, Spazio Guicciardini, "Metafore della memoria", a cura di Claudio Rizzi.

2008 Memoria e materia, Galleria Spaziotemporaneo, MiArt, Milano.2008 Memoria e materia, Galleria Spaziotemporaneo, MiArt, Milano.

2010 Monza, Inaugurazione dell'Ambone del Duomo.

2011 Milano, Mostra "L'Incendio", a cura di Patrizia Serra, Galleria Spaziotemporaneo, Milano.

2012 Pavia, " I simboli del sacro " a cura di Anna Comino, Spazio per le Arti.

2012 Colle Val d'Elsa, Siena, " L' esercito marciava ", Galleria Artesenzalimite.

2013 Monza, " Versi in fuga " a cura di Anna Comino, Urban Center.

Opere in spazi pubblici

Flowers (disegni), Castel d'Aro.

Il libro di corpo 1, Alessandria d'Egitto.

Il libro di corpo 2, Serina.

Dal 2003 realizza la scultura-premio per "Mente e Cervello", presso l'Università Statale diTorino. Maccagno, Museo Parisi Valle.

Nel 2010 riceve la commessa per la realizzazione dell' AMBONE DI MONZA, che vieneinaugurato il 19 dicembre 2010 .

Nel 2015 progetta e realizza, a titolo gratuito, il monumento celebrativo a Palma il Vecchio che viene inaugurato il 31 luglio 2015 e installato a Serina, paese natale di entrambi gli artisti.

ContattiBonaldi Paolo Studio: Via Donatello 1220052 MONZA (MB)[email protected]@gmail.comTel. +393393076818