Bollettino San Giacomo 12/2010

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Bollettino della Parrocchia di San Giaocmo Brescia - Dicembre 2010

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SOMMARIO

Cari Parrocchiani pag. 3Calendario celebrazioni Natale pag. 4La Chiesa: un corpo edificato... pag. 5Fraternità: dalla Chiesa... pag. 12Che tutti siano una cosa sola pag. 14 40° Chiesa Parrocchiale pag. 16

Libertà religiosa, via per la Pace pag. 27Gruppo Missionario pag. 28Consiglio Pastorale Parrocchiale pag. 29Anagrafe Parrocchiale pag. 30Internetsiti pag. 31Gruppo Sportivo pag. 31

ORARIO DELLE S.MESSE dalla domenica 10 Ottobre

FESTIVO Ore 9,00 al monastero

ore 10,00 – 11,15 e 18,30 in parrocchia

FERIALE dal lunedì al venerdì: ore 8,30

Sabato: ore 8,30 e 18,30 in parrocchia

In copertina: Luce dalla Chiesa Parrocchiale sotto la neve

TUTTI SIANO UNA COSA SOLALa Chiesa se aderisce a Cristo rivela al mondo l’amore di Dio

Vermix

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Cari Parrocchiani di San GiacomoArriva il Natale e chiede a noi di essere attenti al mistero di Dio che si in-carna e si fa uomo; e questo ci è chiesto dentro un ritmo di vita, quel-lo del nostro tempo, segnato fortemente da un senso di disorientamento. Ma siamo forse fuori dal mondo, e per di più senza rendercene conto, a parlare di luce, di cammino di gioia, guidati da una stella, in un contesto sociale e culturale come è il nostro segnato da un marcato senso di disorientamento?

La sensazione è che nonostante tutto il nostro parlare ci comprendiamo sempre meno, ci frazioniamo e ci andiamo disperdendo in mille particolarismi; la vita dell’uomo, oggi, nelle nostre società è davvero difficile, tesa e complessa. Eppure ci sta venendo incontro, ancora una volta, il Natale, preceduto, per la nostra comunità di San Giacomo dalla celebrazione dei 40 anni di costruzione della chiesa parrocchiale e 20 anni della sua consacrazione; celebriamo cioè, nonostante tutto, un punto di riferimento nella storia dell’umanità e un punto di riferimento collocato tra le nostre case. E’ significativo pensare in questi giorni la nascita di Cristo e la “nascita” di questa chiesa, con un richiamo forte alla nascita della “Chiesa” il giorno di Pentecoste sotto l’azione dello Spirito Santo.Di Gesù si legge nella scrittura che non è soltanto colmo di Spirito Santo, ma è stato generato in tutto e per tutto per opera sua. E della chiesa

che sta per nascere Gesù dice “avrete forza dallo Spirito santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”. A noi, che tante volte lamentiamo l’incertezza del tempo presente, la difficoltà ad orientare le nostre scelte. Il Natale, vissuto oggi dentro questa chiesa, ci porta a considerare la presenza di Gesù Cristo vivo e forte: la presenza del Cristo risorto che ci fa dono del suo Spirito, una forza che opera anzitutto dentro ciascuno di noi e nella comunità cristiana.Trovo in questo senso particolarmente significativo che proprio in questo nuovo anno riceveranno il Sacramento della Confermazione non uno ma tre gruppi

di ragazzi della nostra parrocchia; verrà fatto loro dono dello Spirito Santo.Allora in questo Natale la presenza del Bambino del presepio, dentro questa chiesa, ci ricorda che non è giusto lamentare, in questo tempo, la mancanza di una stella che guida il nostro cammino,

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CALENDARIO DELLE CELEBRAZIONI PER IL NATALE

DICEMBREMartedì 7 Dicembre: Veglia di preghiera e canti (con il coro degli adulti) in preparazione alla festa dell’Imma-colata ore 20,30 in chiesa parrocchialeMercoledì 8 Dicembre: festa dell’ImmacolataSabato 11 Dicembre: Concerto Gospel con il coro “The Golden Guis” ore 21,00 in chiesa parrocchiale Domenica 12 Dicembre: 40° di edificazione e 20° di consacrazione della chiesa parrocchialeore 10,30 S.Messa presieduta dal Vescovo Bruno ForestiPranzo per la comunità parr. in oratorioDomenica 19 Dicembre:Natale dello sportivo S.Messa ore 11,15Giovedì 23 Dicembre: Cantiamo il Natale tra le case nel quartiere con il coro Arcobaleno ore 20,30 partendo dalla scalettaVenerdì 24 Dicembre: dalle 15,00 alle 19,00 S.Confessioni in chiesa parrocchiale è sospesa la S.Messa delle ore 18,30ORE 24,00 S.MESSA NELLA NOTTE DI NATALESabato 25 Dicembre: NATALE DEL SIGNORE. S.Messe ore 10,00 – 11,15 – 18,30Domenica 26 Dicembre:Festa della S.Famiglia. S.Messe ore 10,00 – 11,15 – 18,30Venerdì 31 Dicembre: S.Messa di ringraziamento e canto del “Te Deum” – ore 18,30Sabato 1 Gennaio: Festa della Madre di DioGiornata della pace S.Messe ore 10,30 – 18,30Venerdì 6 Gennaio: Epifania del Signore. S.Messe ore 10,00 – 11,15 – 18,30

perchè lo Spirito continua ad operare per la vita e dentro la nostra vita. E ci ricorda che i segni dello Spirito non sono grandi segni di potenza e di successo ma segni di una presenza che opera nella povertà,nella semplicità e nell’umiltà di Cristo. Un invito allora: attendere nella preghiera il Natale del Signore dentro le nostre case

e nella nostra comunità parrocchiale. Ascoltare ciò che lo Spirito insegna e dice dentro di noi facendo nostra l’invocazione dell’Apocalisse:“Lo Spirito e la Sposa dicono: ‘Vieni!’. E chi ascolta ripeta: ‘Vieni!’. (Ap 22,17)

Don Fulvio

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EDUCARSI ALLA COMUNITA’Primo incontro di Catechesi offerto agli adulti della nostra parrocchia.Mi è stata chiesta una sintesi dell’incontro. E’ difficile, si incappa in un duplice rischio, quello di snaturare la lezione del Prof Mari e quello di non offrire ai lettori una traccia completa e strutturata.Un invito: chi può ascolti la registrazione di questo primo incontro sul sito parrocchiale. Chi non è informatizzato legga ciò ho cercato di rendere più vicino possibile al parlato. Se mai il prof incapperà in questa sintesi mi perdoni i tagli, la forma, le riduzioni.

Tre i punti toccati dal percorso del Prof. Mari:

L’origine del desiderio di costruire la •comunità.La ricerca delle motivazioni di questo •desiderio Come educarci a vivere la dimensione •comunitaria

Un breve scritto di un monaco dei primi secoli introduce la serata.“….immaginiamo un cerchio che sia il mondo e al centro del mondo Dio… Le linee che vanno al centro sono la vita degli uomini… Più ci avviciniamo al centro che è Cristo più ci avviciniamo tra di noi, ma vale anche il contrario, più ci avviciniamo tra noi più ci avviciniamo a Cristo…..”Da questo antico scritto ne ricaviamo un’immagine: la speranza che, o per il richiamo che esercita su di noi la vicinanza a Cristo o per il richiamo che esercita su di noi il rapporto con gli altri, ci avviciniamo tra di noi, ma anche alla verità che è Cristo.

LA CHIESA:UN CORPO EDIFICATO DALLO SPIRITO

“Tutti siano una cosa sola” è il titolo della lettera pastorale del nostro Vescovo per l’anno 2010 – 2011; Un invito a riflettere e ripensare il nostro posto nella chiesa.Proponiamo, di seguito, la sintesi di tre relazioni che all’inizio di novembre si sono tenute presso il monastero, come momento di catechesi e formazione per le nostre parrocchie.Tanto più significativo diventa questo tema per la nostra comunità parrocchiale che cele-bra quest’anno il 40° della costruzione della chiesa parrocchiale e il 20° di consacrazio-ne.

Da dove viene questa domanda di comunità? Essenzialmente dal fatto che l’essere umano è una persona, è un “individuo in relazione” che continuamente scopre di avere bisogno di un altro. Noi che siamo così propensi ad affermare la nostra individualità cerchiamo il rapporto con gli altri.C’è una parola antica che il nostro Papa richiama e che dice qualcosa di importante su questo: è la parola LOGOS che in greco ha due significati pensiero e parola. Il pensiero ci rende unitari, ci permette di ordinare le molte esperienze, le molte situazioni, le molte idee di cui siamo dotati. E’ il pensiero che ci aiuta a raccoglierci in unità. La parola è la disposizione a comunicare della persona, è ciò che ci permette di raccoglierci in comunità con gli altri. Il fatto che l’essere umano sia individuo in relazione, cioè persona, è perché ha in sé il LOGOS, ha in sé questa traccia del divino. La Trinità esprime questo grande mistero di unità nella diversità ed è questo che noi

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tende ad uscire, a tracimare, a sfuggire da ogni parte. La condizione di fluidità nella quale ci troviamo è una condizione di incertezza ed è una condizione che soprattutto rende fragili i legami. C’è un equivoco che è stato insinuato in questa fragilità e fluidità dei legami ed è che essere liberi significhi non avere legami. In questo modo, dato che la libertà è quello che ci attira più di ogni altra cosa, nel momento in cui riconosciamo che essere liberi è non avere più legami, abbiamo risolto il problema, perché quella che prima era percepita la fatica di vivere il legame, a questo punto diventa una cosa non solo inutile, ma controproducente. Essere liberi in ultima analisi vuol dire fare quello che vogliamo e quindi troncare i legami. Se è vero che strutturalmente l’essere umano cerca una relazione, la condizione di chi si trova senza legami è una condizione disumana che semplicemente rende infelici. La nostra società che ha visto allentarsi i legami e ha sempre fatto guardare alle persone come se fossero capaci di autosufficienza ha portato alla solitudine. Nella nostra società, come nelle società cosi dette avanzate, stanno crescendo i disagi di carattere psicologico.

La depressione non è correlata alla pesantezza della vita. Si va incontro alla depressione perché di fronte ai problemi ci sentiamo soli, ma soli nel senso di isolati. Isolamento è professare l’autosufficienza, ma dato che l’essere umano ha in sé una profonda e inestirpabile domanda di relazione, nessuno di noi può vivere nell’illusione dell’autosufficienza.Alcuni segnali che ci

sperimentiamo quando ci raccogliamo nel pensiero attraverso le diverse esperienze che ci connotano e ci raccogliamo attraverso la più vasta capacità comunicativa che è la parola insieme agli altri.Il paradosso è che questa unità non esprime uniformità, ma è una unità di tipo sinfonico, come accade nelle sinfonie o nei cori. Nel canto le individualità, con il proprio contributo singolare, esprimono un’armonia. La Trinità esprime esattamente questo, l’unità tra le divine persone e noi che siamo creati ad immagine e somiglianza della Trinità esprimiamo questa domanda a cui cerchiamo di corrispondere dentro la trama delle relazioni quotidiane. La domanda di comunità nasce dentro di noi, dall’intimo della persona ed è importante che ce ne ricordiamo perché saremo così motivati ad affrontare la fatica della dimensione comunitaria.E’ la fatica della comunità nella nostra società “liquida”.Perché liquida : perché arrivati a sera, sono state talmente tante le cose fatte, talmente numerose le persone incontrate, che, stanchi, non riusciamo a ricostruire tutto ciò che è accaduto. Ecco l’idea del liquido. Il liquido è qualcosa che preso in mano

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dovrebbero far riflettere.Noi tutti facciamo i conti con il declino della pratica matrimoniale. In questi anni sta diventando sempre più frequente il costume della convivenza. Ragionando in termini puramente naturali , mentre la convivenza esprime un vincolo privato, il matrimonio esprime un vincolo pubblico, viene celebrato di fronte a testimoni. Nel momento in cui cresce la fatica del legame, tutto si ritrae nella dimensione privata e quindi sembra che la convivenza basti.Si fa fatica ad arrivare al matrimonio eppure constatiamo una sempre presente domanda matrimoniale. Anche coloro che hanno alle spalle un matrimonio fallito molto spesso si muovono in vista di un ulteriore legame.L’elemento che affascina in un matrimonio è l’avverbio SEMPRE perché rimanda all’eternità e dato che noi siamo creati ad immagine e somiglianza di un Dio che è eterno, evidentemente ogni riferimento che intercetta questo ci scuote. La Chiesa difendendo matrimonio e consacrazione religiosa non fa altro che esprimere la sua vocazione profetica. Questa profezia diventa anche domanda che ci sia anche qualcuno che accetta la sfida di dire come la pensa portando le ragioni di quello che sostiene e aspirando a far conoscere anche ad altri il significato di quello che a lui preme.La prospettiva di guardare oltre e motivarsi è la prospettiva educativa.Educare significa riuscire a far cogliere delle ragioni per fare qualcosa.Come può essere concepita oggi un’educazione alla comunità ?

La frase iniziale ci rimanda ad una prospettiva sempre adottata nella cultura cristiana: quella che la verità non viene dall’esterno, ma abita dentro la persona e quindi educare alla comunità è fare leva su un desiderio che è dentro di noi. Il problema è come risvegliare questo desiderio. Un modo è quello di far constatare come noi continuamente cerchiamo gli altri. Vale la pena quindi di superare qualche pregiudizio.Quello fondamentale da superare è che libertà significhi isolamento.Tutti gli slogan del 68 erano slogan di tipo comunitario. Dopo quaranta anni siamo una società iper indi-vidualista.Oggi infatti c’è la regressione di rinchiudersi in casa perché c’è la sfiducia totale di quello che può stare fuori. E’ mai possibile che la generazione che ha assistito a un evento come la caduta del muro di Berlino, avvenuto in pace, anziché trarre da questo speranza che si possa cambiare il mondo è arrivata a percepirsi come spettatrice della storia? Si tratta di ritrovare questa fiducia. Il nostro Vescovo nella lettera ci dà alcune indicazioni.

Giulio Dusina

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e, pertanto, della giustizia retributiva che ha condotto tutti noi a dimenticare la nozione biblica di giustizia salvifica, cui corrisponde l’atteggiamento di chi, come Dio, intende risollevare alla vita nel medesimo tempo colui che risulta vittima del male avendolo subito e colui che, a sua volta, ne risulta vittima avendolo commesso. Nulla è più lontano da un’autentica sensibilità religiosa di quanto non lo siano la passività dinnanzi al male o il disinteresse per il riconoscimento della verità: ma, nella prospettiva salvifica, l’alternativa al male resta legata a progettazioni di bene che siano riferibili a tutte le parti in esso coinvolte.

La diffusione del convincimento per cui anche dal punto di vista religioso si tratterebbe di ri-trasferire il male sul suo autore e l’aver reso Dio garante del fatto che tutto questo si realizzerà, determinano una contraddizione insanabile rispetto alla prospettiva originaria d e l l ’ a t t e g g i a m e n t o religioso, intesa a far valere come, dinnanzi allo scandalo del

LA COMUNITà CRISTIANA LUOGO DI EDUCAZIONE A RELAZIONI FRATERNE”

Spunti di riflessione da una relazione del dott. Luciano Eusebi

L’esistenza umana è caratterizzata dalla consapevolezza dell’incontro con le realtà negative, i telegiornali ci ricordano continuamente quali rischi corriamo nell’incontro con l’altro, sconosciuto e potenziale fonte di dolore, frustrazione e angoscia. Il male diventa protagonista nei nostri pensieri, nel nostro agire nei confronti di chiunque. Con il pensiero lo richiamiamo continuamente, anche se non ne siamo colpiti. Appare realistico dichiarare che il male esiste e il sentire religioso offre motivi per agire, nonostante tutto, secondo il bene. Dal punto di vista religioso, dunque, ha senso optare per il bene sebbene sussista lo scandalo del male: si tratta di non rendere a nessuno male per male (Rm 12,17), ma di vincere con il bene il male (Rm 12,21). Fatte queste premesse, rispetto al modus operandi proprio di chi imposti religiosamente la sua vita si è prodotto, tuttavia, un equivoco. Si sta facendo largo nella nostra società e, anche in noi cattolici, l’idea secondo cui il male che è stato fatto esigerebbe una risposta analoga a quel male nei confronti di chi lo abbia commesso, risposta giudicata necessaria affinchè il male perpetrato non risulti vincente. Dietro questo orientamento di pensiero riecheggia la seduzione di Adamo: ritenere che fare il male costituisca, in realtà, un bene per il suo autore. Da questo è derivato l’affermarsi della nozione di reciprocità rispetto al male

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male, abbia senso agire solo operando il bene.L’immagine stessa del Dio-amore cede a quella, intrisa di prospettive terrene, del Dio sommo rimuneratore (Dio non paga solo di sabato…). In queste ottica (lontana) dove poniamo l’annuncio di salvezza in Cristo? Il contenuto è stato ridotto a una sorta di amnistia per i peccati guadagnata a nostro favore da Gesù attraverso il prezzo della croce e mediante la risurrezione: il ruolo di un Dio che premia e che condanna non ne risulta scalfito. Anche tra i cristiani oggi molti hanno la visione del Dio-giudice e ad esso ritengono coerente ispirare i propri comportamenti. All’agire negativo si addice una risposta corrispondente alla sua negatività (dente per dente) e se ciò costituisce il criterio dell’agire secondo giustizia (il perdono è visto come una rinuncia eccezionale alla medesima), allora per sapere come agire in modo giusto sarà sempre necessario muovere da un giudizio nei confronti dell’altro. Ma se il primo passo di qualsiasi relazione è dato da un giudizio – e in effetti avviene largamente nella nostra cultura – allora sarà fin troppo facile reperire sempre nell’altro qualcosa di negativo che giustifichi, fungendo da alibi, l’agire negativo nei suoi confronti.Date queste premesse, il contributo del pensiero religioso per “uscire dal vicolo cieco” va individuato nel chiarire senza equivoci che indirizzare le condotte individuali e sociali al modello retributivo NON può costituire a t t e g g i a m e n t o giustificabile secondo motivazioni religiose.

Il racconto biblico del peccato originale ha il coraggio di affermare che gli esseri umani non sono creati per la morte e che nell’armonia con Dio non c’è morte. La morte – quella vera, che non coincide con la morte fisica, ma con il fallimento dell’esistenza – si ha con il cedere alla seduzione secondo cui il proprio realizzarsi starebbe nell’affrancamento da Dio, attualizzato mediante il rifiuto di agire secondo la logica dell’amore, tipica di Dio: in altre parole, mangiare dell’albero, e chiamare”bene” ciò che in realtà è “male” ed esclude dalla vera vita. NON è la pena che rende male il male. Dio si rivela artefice di giustizia salvifica: attraverso la chiamata a un’opzione radicalmente alternativa nei confronti del male, sia rispetto al colpevole (perché non rimanga nella morte) che rispetto alla vittima (perché non resti esacerbata in un dolore senza speranza).La giustizia di Dio si realizza pienamente in quanto amore portato, dinnanzi al male, sino all’accettazione della croce. In tale ottica, non è la sofferenza patita da Gesù sulla croce da ricordare ma piuttosto la gratuità dell’amore testimoniato nei confronti del male attraverso il dono pieno

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di sé che, in Gesù, rivela l’essere stesso di Dio e si manifesta pienezza di vita.La nostra attenzione non è rivolta al sacrificio, né al male subito per il male (il che offrirebbe ottime ragioni morali per farci dispensatori di male rispetto a tutto il male prodotto nel mondo, nonostante l’invito neotestamentario già richiamato a non rendere “male per male”), ma alla forza dirompente di un dono fatto con e per amore. Non è una morte pagana ossia offerta in sacrificio. E’ Amore: ci ha insegnato cosa significa amare. Ci ha portato un esempio vivente di ciò che Dio è. La sofferenza non può essere vista come via idonea ad acquisire meriti o

cancellare peccati: una tale visione sarebbe paragonabile ai sacrifici antichi. Infatti Paolo definisce Gesù come propiziatorio (Rm 3,23) intendendo ben ricordarci gli effetti realmente conseguiti con la morte di Cristo, al contrario di quelli inutilmente ricercati dai sacrifici antichi.In che modo l’amore fino alla croce espresso da Dio nel Figlio risulta salvifico per l’uomo? Forse si può pensare a una risposta molto semplice: l’amore è salvifico proprio perché esiste, in quanto esite Dio, che è amore.

In occasione del 40° anniversario della Parrocchia San Giacomo

CONCERTO GOSPELCON IL CORO

The Golden GuysDIRETTO DA PAOLA MILZANI

“La preghiera è il contatto più intimo dell’uomo con Dio,il gospel è la sua forma più coinvolgente”

Sabato 11 dicembre alle h 21.00

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PER UNA COMUNITà CRISTIANA ATTENTAAI BISOGNI DELLE PERSONE

Da una riflessione di don Pierantonio Bodini.

Le attività pastorali trovano nella Lettera del Vescovo”Tutti siano una cosa sola” un riferimento che permette di camminare uniti come Chiesa locale, assumendo sempre più quello stile di condivisione, prima testimonianza di comunione nella vita della comunità cristiana. Il Vescovo indica come il servire deve essere la regola per la vita delle comunità, Gesù stesso ce ne dà l’esempio, lavando i piedi agli apostoli nell’ultima cena.Nel mondo vi è la regola del potere, ma nella comunità cristiana si deve seguire la regola del servizio, dell’amore gli uni verso gli altri, la regola della carità.Papa Benedetto XVI nell’enciclica “Deus Caritas est”fa sintesi di quello che è più autentico della carità: “L’amore del pros-simo radicato in Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma è anche un compito per l’intera comunità ecclesiale”. Insieme si va verso la salvezza.I tre compiti della vita cristiana si esprimono con l’annuncio della Parola di Dio, con la celebrazione dei Sacramenti, con il servizio della carità, aspetti che non possono essere separati.Altra dimensione è il rapporto tra carità e giustizia: la Chiesa non deve impegnarsi nella battaglia politica per realizzare una società più giusta, ma non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia . La Chiesa è maestra di umanità: sa parlare al cuore delle persone, favorire il cammino di conversione e testimoniare la carità verso i fratelli.Specificità dell’azione caritativa della Chiesa , secondo il modello del buon Samaritano, è sopperire alle necessità immediate:dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, curare i malati, visitare i carcerati...Le organizzazioni caritative

della Chiesa devono far in modo che le persone al servizio della Caritas abbiano competenza professionale e formazione del cuore, affinché l’amore per il prossimo non sia una forzatura, ma una risposta ad una necessità, dettata dalla fede. La carità richiede gratuità, umiltà, coraggio...siamo strumenti nelle mani del Signore e a Lui dobbiamo chiedere aiuto in caso di difficoltà Nella preghiera si troverà la forza di testimoniare il precetto evangelico dell’amore, la capacità di ascoltare le varie povertà e di orientare i più deboli verso soluzioni possibili.L’amore,”caritas”, spinge le persone ad impegnarsi con generosità nel campo della giustizia e della pace, rafforzando la consapevolezza che insieme possiamo dare il nostro contributo nella società.

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FRATERNITA’ : DALLA CHIESA UNIVERSALE ALLA PICCOLA COMUNITA’ CLARIANA

In questo articolo condividiamo con voi uno degli aspetti caratterizzanti il nostro carisma francescano-clariano, cioè la fraternità.Per farlo non possiamo far altro che inserirci nel solco, già ben seminato, della fraternità evangelica, in cui l’amore per il prossimo riceve la sua impronta soltanto dal realismo dell’auto-espropriazione e annientamento di Dio nell’evento di Gesù Cristo, fino alla Croce.Divenire discepoli del Signore significa vivere in una forma simile alla Sua, «vivere non più per noi stessi, ma per Lui e per tutti coloro che Egli ama», come ci ricorda il Vescovo Luciano al n° 3 della Lettera Pastorale.Comprendiamo immediatamente che il cristiano non può vivere solo, anche se sono proprio l’interiorità e la capacità di vivere la solitudine ad abilitare l’uomo a portare il «peso» del fratello: sì, perché il fratello diviene tale, e non soltanto amico-nemico, solo nella logica pasquale, solo quando si riesce a vedere in lui il fratello per cui Cristo è morto e conosciamo bene il «peso» portato da Gesù per ognuno di noi!

E’ il radicamento nella Parola di Dio, prima come singoli e poi come comunità, a fare di noi «un unico corpo», in cui le barriere, che noi stessi costruiamo dentro di noi e fuori di noi dividendoci l’uno dall’altro, vengono abbattute, per lasciare lo spazio a quel «tutti siano una cosa sola», che si realizza solamente grazie allo Spirito del Risorto che agisce in modo efficace nella Chiesa grazie ai sacramenti.Proprio per tal motivo Chiara ripetutamente afferma che la grazia del vivere in fraternità non deriva da una decisione umana, ma è dono dello Spirito, che raduna insieme le sorelle nell’amore e le rende dono l’una per l’altra ed è quello che anche noi, clarisse cappuccine, ci impegniamo a vivere e ad essere, sia pur con le fatiche che ogni vita comune comporta, consapevoli che la comunità è davvero il luogo dove si impara ad amare, è la «scuola della carità»! Ben sappiamo che per nessuno è facile lasciare agire in se stessi lo Spirito del Signore, per essere resi da Lui fecondi nell’amore e di amore, con gesti di pace, di gioia, di benignità e di ogni altro valore

che crea e custodisce la fraternità.Per tal motivo è necessaria la preghiera, che è l’espressione più profonda dell’essere sorella e fratello, affinchè il cuore divenga capace di vedere Dio e di vederLo anche negli altri; è solo, infatti, attraverso un rapporto personale con Cristo che il dono

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della sorella e del fratello rivela tutta la sua preziosità!Il «segno» del vivere fraterno, per Chiara, deve essere assiduamente coltivato attraverso la ricerca del «bene comune» e soprattutto «nell’unità della scambievole carità» (espressioni, quest’ultime, molto ricorrenti negli Scritti di Chiara stessa), anche questi «dono» provenienti dal Signore da far fruttificare, attraverso l’impegno a viverli in gesti quotidiani, secondo le qualità essenziali del vivere insieme, quali, ad esempio, la sincerità, la delicatezza, l’educazione, la gentilezza, l’attenzione premurosa ai bisogni dell’altra, affrontando con misericordia le situazioni di conflitto , essere responsabili l’una della crescita dell’altra, essere aperte e disponibili a ricevere l’una il dono dell’altra, capaci di aiutare ed essere aiutate…La comunità (e non solo quella monastica)

è il luogo dove si impara a conoscere chi è Cristo, attraverso la sorella che mi è a fianco e, per accoglierla come sacramento di Cristo, ognuna di noi ha bisogno di uno sguardo nuovo su di lei e su noi stesse , da rinnovare continuamente, dato che la presenza dell’altra spesso si rivela ‘diversa’ da come l’avevamo pensata, immaginata e desiderata..Per concludere possiamo dire che «fraternità non si nasce, ma si costruisce insieme»: ciò deve avvenire ogni giorno, senza temere le fatiche che tale «edificazione» richiede e con la pace gioiosa del cuore di testimoniare che la presenza della sorella è un’arma potentissima dello spirito di Dio, se è accolta per quello che essa è: la strada privilegiata del nostro cambiamento personale, della nostra conversione, della nostra santità!

Le sorelle clarisse cappuccine

«Chiara, in quello che fu l’ultimo Nata-le della sua vita (Na-tale 1252) era grave-mente inferma, sì da non potersi muovere dal suo letticciolo nell’infermeria del Convento di S. Da-miano. Al freddo e al buio, si lamenta-va dolcemente col Signore di non pote-re assistere in chiesa alla funzione della Messa di Natale nel-la Notte Santa. Ed ecco che si aprì al suo sguardo l’intera Basilica di san Francesco e vide e poté udire il canto e il salmodiare dei frati e contemplare il Presepio. Vide e udì, non per potenza umana, ma per un prodigio consolatore del Signore, padrone degli spazi»

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“TUTTI SIANO UNA COSA SOLA” la comunione trinitaria nell’icona della Natività

Nella nostra tradizione cattolica si dice che il presepe sia nato ad opera di San Fran-cesco, ma egli certamente conosceva e riprodusse i motivi della composizione che la primitiva tradizione iconografica cristiana ha conservato nelle icone ortodosse. Tre sono i livelli di lettura principali nell’icona della natività: il primo, nella sfera superiore, si riferisce alla sfera del divino, il secondo, nella sfera di centro, riguarda il mistero dell’incarnazione, il terzo, nella sfera inferiore, illustra il livello dell’umanità. Lo sfondo della scena è quasi tutto occupato da tre grandi montagne tre montagne tutte uguali in altezza, che sim-boleggiano la Trinità. La prima montagna Dio Padre, come testimonia la presenza dei tre angeli, sarà anche il tema ricorrente per la rappresentazione della Trinità. La seconda, quella in cui sono iscritti i Magi, simboleggia lo Spirito Santo: “ nessuno può dire “Gesù è Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo.”(1 Cor. 12,3). La terza, la montagna messianica raffigura il Cristo. Il colore marrone è comune alla prima ed alla terza montagna: esso richiama la terra, per via dell’incarnazione appena avvenuta. Le montagne sono di uguale altezza perchè “chi ha visto me ha visto il padre”(Gv. 14,9). Al centro della scena campeggia la montagna verde dello Spirito datore di Vita: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Al-tissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”(Lc. 1,35). Il verde in effetti nelle Icone esprime la vita, la crescita, nella rappresentazione classica della Natività, le tre montagne sono il segno della Comunione Trinitaria che si manifesta in Cristo Gesù e si comunica come vita per l’umanità. E’ dalla Trinità che si diparte il progetto che si attua sulla terra e che vuole condurre l’umanità dispersa all’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

La montagna resta solidissima, ma la sua cima è “piegata”, perché per grazia di Dio la Salvezza è stata garantita agli uomini. Si noti che contestualmente anche le altre due mon-tagne appaiono ribassate personificando il mistero dell’Unità della Santissima Trinità. La Grotta e il Bambino.Al centro della montagna si apre la caverna oscura, la grotta del racconto di Luca, che qui si pone come un riferimento preciso alle fauci dell’abisso, degli Inferi (così come viene rappresentato anche nella icona della resurrezione). Il bambino è posto in una cul-la che sembra un sepolcro, avvolto in bende incrociate che rimandano alla sepoltura. “La luce splende nelle tenebre” (Gv 1,5) Tutto richiama ed indica la vittoria sulla morte e sugli inferi resa possibile dall’ incarnazione. La Madre di Dio.Fuori della grotta, in primo piano, è rap-presentata la madre di Dio, distesa su di un manto rosso fuoco - che è il simbolo del sangue, della vita e quindi dell’amore divino. La Madre, sfinita, poggia la testa sulla mano e ha lo sguardo perduto nella contemplazione del mistero. Non è rivol-ta verso il bambino, ma verso di noi: ci accoglie tutti e riconosce in noi la nascita di suo Figlio. Colei che ha generato il suo Creatore, rappresenta la nostra umanità. I pastori. I pastori rappresentano “il popolo che cam-minava nelle tenebre e vide una gran luce”( Is 9,1) l’umanità che riceve l’annuncio dell’avvenimento salvifico, che credono e seguono l’angelo. Ad essi, come a noi, si rivolge lo sguardo materno e pensoso di Maria.

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I MagiMagi rappresentano il popolo in cerca di Dio e della Sapienza.I tre sapienti con le proprie risorse cercano di scalare la “Montagna Sacra”, provano a spingersi in alto, verso la vetta più elevata, ma non riusciranno a fare altro che aggi-rarla per “attingere” direttamente al Cristo ancora in fasce. “ I Magi sono il simbolo dell’umanità alla ricerca del Paradiso perduto, dell’ascesa della mente verso Dio”.Il bue e l’asino.Nell’icona sono presenti anche degli elementi che non si trovano direttamente nei Vangeli dell’in-fanzia ma che provengono dai rac-conti dei Vangeli apocrifi. Il bue e l’asino, secondo gli autori cristiani simboleggiano i i pagani. E’ inte-ressante osservare come il bambino posto nella mangiatoia per l’asino ed il bue raffigura l’Agnello Eucaristico, come cibo per i nuovi uomini (i gentili ed i greci simboleggiati dai due animali). San Giuseppe.Nella parte inferiore si trova San Giuseppe rinchiuso anch’esso nel mantello dei propri pensieri, nel suo umanissimo dubbio di fron-te al mistero. Giuseppe, dunque, è l’uomo che si interroga davanti al mistero e di fronte a lui la tentazione del dubbio. Le donne.Nella parte inferiore, a destra, vi è anche un’altra scena: una o due donne preparano il bagno del Bambino: questo gesto sottolinea da un lato la perfetta umanità del Cristo, e

dall’altro è prefigurazione del battesimo, sacramento in cui il discendere nell’acqua ed il risalirne simboleggia la discesa agli Inferi e l’uscita da questi (Rm 6,1-4). Il Creato.Infine in tutta la scena ricorrono elementi vegetali e animali: alberi e arbusti, pecore e agnelli, talvolta un cane. Essi esprimo-no lo stupore del creato in quel momento prodigioso. Questa immobilità misteriosa e stupita si riproduce nel nostro presepe, nell’incanto leggiadro e poetico delle statu-ine che ci ricordano ancora quest’anno e in ogni notte di Natale, la grande tenerezza di Dio per gli uomini che Egli ama.

Comunione e comunità nel presepioL’ unione della Trinità, attraverso Cristo Gesù, diventa sorgente della comunità cri-stiana e dell’umanità. E’ il messaggio espresso nell’icona della natività e ripreso nel presepe che è allestito nella chiesa parrocchiale.

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SAN GIACOMONASCITA E CRESCITA DI UNA COMUNITA’

Ci si prepara a festeggiare due ricorrenze della nostra chiesa. Penso all’edificio ma soprattutto alla storia di sacerdoti che ci sta dietro. Penso a chi non c’è più, ma che rimane nel ricordo. Per primo a don Nicola, pioniere e tormentato auspice. Poi ad altre figure di sacerdoti e a collaboratori, anche laici, che l’hanno aiutato a concretizzare la chiesa ma soprattutto, insieme, lo spirito di “comunità”.Oggi si vede una chiesa completa di tutti gli arredi e affinata di opere. Ne siamo tutti compiaciuti. Ma son cose cui don Nicola neanche poteva, ai suoi tempi, mirare.

Il suo carattere austero – al di là della questione economica – gli ha interdetto drasticamente la strada verso simili, pur lecite, aspirazioni. Don Nicola mi ricordava l’indole di san Giovanni Crisostomo, padre della Chiesa, anima intrepida e illuminata dalla fede anche nelle prove più dure. Diceva: <<Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre è quello che sta fuori che ha bisogno di molta cura.>> Ma, chi è “quello che sta fuori”? Crisostomo continua e spiega: << Dico questo non per vietarvi di procurare

LA NASCITA DELLA COMUNITA’ CRISTIANA1970 – 1990 – 2010

40° di costruzione e 20° di consacrazione della Chiesa Parrocchiale

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addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri o, meglio, perchè questo sia fatto prima di quello>>. A don Nicola premeva soprattutto adeguarsi ogni giorno, ogni ora al discorso del Buon Pastore: <<...io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me...e dò la vita per le mie pecore >> (Giovanni, Cap 10). Così è stato. Nell’ovile prediligeva fanciulli, ammalati, deboli, sofferenti. Apriva la porta a chi cercava sostegno, aiuto. Non misurava mai quello che poteva fare per i corpi e per le anime. Mandato nell’oltre Mella dal Vescovo Tredici nel ’61, tribulò sette anni per arrivare al tetto della chiesa che, alla fine, sigillò con una “corona di spine” stampigliata sui vetri. Chiesa senza pavimento, altare di legno, seggiole provvisorie, confessionali senza porte, sacrestia di risulta. Unica aggiunta straordinaria: il Fonte battesimaleDisse che quello che c’era, era l’indispensabile. Sarebbe rimasto così fino al congedo; e così è stato.Penso poi a padre Pifferetti, primo coadiutore in Parrocchia. Di lui dirà il vescovo Morstabilini, al funerale, in questa chiesa: <<E’ passato facendo del bene a tutti>>. Lo ricordava anche come colui che “...aveva amato e servito con dedizione totale i poveri, i piccoli, gli educatori, gli handicappati e i sofferenti, in loro vedendo l’immagine viva di Cristo”. Dopo la guerra, primo missionario in via Chiusure, celebrava in una baracca da muratori; organizzò il

servizio religioso fino a che si stabilizzò la Parrocchia di padre Bevilacqua. E anni più tardi, trovatosi con don Nicola, Pifferetti – che viveva come un eremita presso l’antica San Giacomo del Ponte – si prodigò a dargli una mano nel far germogliare e a consolidare la nuova Chiesa come Comunità, secondo il richiamo paolino agli evangelizzatori: <<Voi siete edificio, di Dio...Non sapete che siete tempio di Dio?>> (1Cor. 3,9.16).E non penseremo a padre Masetti? Di lui “...presenza sicura e discreta...” hanno detto le Clarisse di via Arimanno. Invitato prima da da don Nicola poi da don Gino a

Progetti per la Chiesa Parrocchiale di San Giacomo

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collaborare in parrocchia alle domeniche e alle solennità, fu il confessore e spesso il celebrante dei nostri riti. E non solo. Ma preferiva anche lui “stare in un angolo”, non parlava mai di sè. S’interessava delle situazioni e dei problemi degli altri cercando, con delicatezza e cortesia, di stabilire un rassicurante rapporto con chiunque. Sempre accogliente, disponibile, sicuro consigliere, amico. Continuerà il suo servizio fino al 1996, richiamato in Curia dal Vescovo dopo aver offerto disponibilità a S. Giacomo per oltre venticinque anni. A Monsignor Masetti peraltro si devono diversi contributi finanziari per sostenere la soluzione di problemi relativi al completamento della chiesa.Quanto alla storia dell’edificio, del quale si commemora quest’anno una duplice ricorrenza, abbiamo scritto più volte in passato sul notiziario della Parrocchia, sia sulla fabbrica in generale, sia su arredi e abbellimenti e opere d’arte collocati in quarant’anni; vi sono puntuali resoconti anche sul presente fascicolo. Oggi, finalmente, vale la pena di accennare piuttosto all’aspetto strutturale-architettonico, della cui origine non ci si è

occupati in passato, ma che presenta spunti di interesse.Il tecnico scelto per l’ideazione e l’attuazione del progetto fu l’Ing. Antonio Zampini, già noto per essere stato l’autore della Parrocchiale nuova di San Polo a Brescia (Conversione di San Paolo – prima pietra:1959). La si vede percorrendo la strada per Mantova che rasenta il vecchio quartiere periferico a sud della città. Certo a don Nicola devono essere piaciuti, di quella chiesa, il profilo parabolico della facciata, lo slancio verticalistico interno della navata – marcata da costoloni rampanti in calcestruzzo – e il senso di raccoglimento che ricorda le chiese gotiche. Fra l’altro è una curiosità scoprire che l’autore della pala dipinta nella chiesa di S. Polo è lo stesso Oscar Di Prata che abbozzerà più tardi per don Nicola, a S. Giacomo, la scena absidale del “Trionfo di Cristo risorgente in visione cosmica” (realizzata in ferro da Cesare Maifredi). Vale la pena qui di supporre, per inciso, una coincidenza: quella che nascerebbe dall’antica amicizia tra padre Pifferetti e Di Prata, i quali erano stati compagni di prigionia in India. Probabilmente dalla vecchia confidenza

fra i due è nato l’invito al pittore perchè schiz-zasse un disegno per la pala di S. Giacomo. Oltre alla chiesa di San Polo don Nicola aveva probabilmente potuto poi vedere, nello studio dello stesso Zampini, anche gli schizzi preparatòri per la chiesa di San Giovanni Bosco a Rovato (12 ott.1969: prima pietra). Anche questa chiesa doveva sorgere

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su un’ossatura di arcate paraboliche. Le quali, diciamo pure, non erano una novità per la provincia di Brescia. Esse infatti erano già comparse nel 1948-49 (fatto del tutto nuovo in città) nella chiesa di S. Antonio in via Chiusure, su progetto dell’ing. Vittorio Montini. E lo stesso Montini le adotterà poi anche a Lumezzane per la Parrocchiale di S. Sebastiano. Ma la vera novità introdotta dall’ing. Zampini, invece, era un’altra: consisteva nel dare anche, esternamente, alla chiesa la stessa forma curvilinea corrispondente alla curvatura degli archi interni; così che anche da fuori e da lontano si notasse la singolarità dell’edificio che poteva essere individuato come un manufatto speciale e, quindi, distinguibile dagli altri. Ciò per una chiesa, soprattutto moderna, non è poco. Vedansi, per esempio, le già citate chiese di S. Polo e di Rovato. Per chiarire meglio la differenza con gli edifici sacri di Montini (S. Antonio e S. Sebastiano) è sufficiente far osservare che là, la pur gradevole struttura interna degli archi non è leggibile dall’esterno, in quanto dette chiese sono state finite esternamente con pareti verticali che, formando una quinta che nasconde alla vista gli elementi più interessanti, mostrano manufatti chiesastici di poco diversi da quelli già visti altre volte.Ma comunque, come si vede, trattasi del rigenerarsi a più riprese, e in diverse parti della diocesi, di un elemeno – il cemento armato – usato per reinterpretare con tecnica moderna alcuni effetti formali dell’ architettura in pietra del periodo detto appunto “gotico”. Questa architettura piacque evidentemente a don Nicola che la scelse per fare la “sua” chiesa. Ma i lavori tra il ’63 e il’69 attraversarono un periodo tremendo, come è risaputo, a causa delle incomprensioni – e della <<ostilità>> Lui diceva – delle autorità

civili: Comune e Soprintendenza. Il progetto di Zampini prevedeva, peraltro un edificio con cupola, esattamente sopra l’altare, dove adesso c’è solo accennato il tiburio a base esagonale. Doveva essere, a giudicare dai pochi disegni rimasti, una ogiva alta una quindicina di metri; ma la proposta dovette essere ripresentata più volte, corretta, abbassata – in pratica: avvilita – per (disse la Commissione Edilizia) “esorbitanza in altezza”, dato che la zona intorno alla collina di Sant’Anna era, ed è, soggetta a vincolo paesistico (Legge 1497 del 1939) e non si potevano superare i dodici metri di altezza. Non ci fu nulla da fare: bisognò cambiare il progetto e rinunciare alla cupola. Tuttavia, pur convenendo che il primo progetto è stato messo alla gogna dalla legge – e forse da funzionari non illuminati certamente (forse che una cupola – per di più di un edificio pubblico, qual è una chiesa – può soffocare un paesaggio?) vista oggi, la navata appare soffusa di una certa letizia che deriva dalle molte aperture alla luce, un tempo abbagliante, oggi filtrata da una tavolozza in trine colorate che traducono il sole in episodi di biblica memoria, rendendo lo spazio più solenne.Probabilmente è stata una riscossa di Antonio Zampini questa: tramutare col traforo delle pareti un represso sconforto, ricercando un ulteriore aggancio con la luce e, quindi, con il cielo. Per il momento religioso il senso del cielo è determinante. Fin dall’ingresso qui è tutto un invito a guardare lo splendore delle vetrate, ora terminate, che irraggiano bellezza. Anche questo è un principio “gotico”, una caratteristica che, pur condizionata qui da un forzato ripiego, evoca la tensione delle antiche architetture a catturare, con la luce, il divino.

Fausto Simeoni

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Cronologia fondamentale –

Il Vescovo GiacintoTredici invia don Nicola nella nuova •“delegazione vescovile” dell’oltre Mella: 1961La Curia acquista l’area per il costruendo centro religioso 1962•Inizio degli scavi per la nuova chiesa nov 1962•Decreto vescovile che costituisce a tutti gli effetti •la Parrocchia 15 feb 1963Inizio dell’uso, nel sottochiesa, di Cappella e aule •per l’oratorio 23 dic 1963Periodo di interruzione dei lavori a causa di obiezioni al progetto•

da parte del Comune e della Sprintendenza ai Beni paesaggistici 1963-69Ripresa e conclusione dei lavori 1969-1970•Realizzazione del fonte battesimale 1970•Realizzazione in ferro del “Trionfo di Cristo in visione cosmica” come•pala di sfondo all’altare 1970Il Vescovo Luigi Morstabilini benedice la nuova chiesa che•

con lui si inaugura ufficialmente 6 dic 1970Costruzione e posa dell’organo a canne 1973•Don Nicola si ritira dal parrocchiato per motivi di salute 1979•Ingresso di Don Gino Porta come nuovo Parroco 1979•Posa del nuovo altare e del nuovo ambone in marmo 1981•Posa dei bassorilievi in marmo sui plutei dell’ambone •e della colonna eucaristica 1982Posa delle formelle in cotto della “Via Crucis” 1983•Costruzione del Centro parrocchiale con l’abitazione del curato 1984-85•Posa del nuovo pavimento di tutta la chiesa e del presbiterio con•

realizzazione delle sedi per il Clero 1986Nuove vetrate nello svaso absidale ai lati del presbiterio 1990•Applicazione delle 12 croci ai pilastri dell’Aula 1990•Il Vescovo Bruno Foresti dedica solennemente la chiesa •

con il rito della consacrazione dell’altare 25 nov 1990Due nuove vetrate per ognuno dei lati del transetto 1992•Ampliamento dell’organo 1993•Realizzazione della “Turris eburnea” della Madonna 1994•Nuove vetrate alla base del tiburio nel cielo dell’altare 1996•Costruzione del podio corale a lato dell’organo 1997•Don Porta lascia la Parrocchia per raggiunti limiti di età 2003•Ingresso di Don Fulvio Ghilardi come nuovo Parroco 2003•Due nuove vetrate nelle pareti maggiori dell’aula 2007•Rifacimento del tetto 2007•Formazione delle bussole e completamento delle vetrate 2009•

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“DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI”

Non è mai difficile raccontare le storie di persone, fortificate da grande fede e buona volontà, che hanno saputo far nascere e crescere una comunità nel difficile contesto temporale tra fine anni ’50 e inizio anni ’60. Anni duri nei quali la ripresa economica del Paese, iniziava ad ottenere le prime soddisfazioni tangibili allontanado pian piano i ricordi di miseria della tragedia bellica. Proprio in questo periodo la popolazione, affluita dalle campagne alla città industriale, contribuì alla formazione di nuovi quartieri periferici nell’hinterland cittadino. La Curia bresciana, alla cui guida era il Vescovo Luigi Morstabilini, decise la suddivisione della Parrocchia di S. Antonio, allora guidata dal noto Padre Bevilacqua, in ulteriori due zone: una, intitolata a S. Anna, venne affidata a don Vinicio Franceschini e un’altra, intitolata a S. Giacomo, venne affidata a don Nicola Gabusi. La scelta di quest’ultimo fu provvidenziale infatti, provenendo da Borgosatollo dove era stato il curato del parroco, arricchito da un’esperienza di aggregazione giovanile per la quale seguì anche la costruzione e l’organizzazione dell’oratorio del paese, nel 1961 comparve sulla scena del nostro quartier e con grande determinazione iniziò a coinvolgere alcune persone, per aiutarlo a preparare la formazione di una nuova comunità e, naturalmente, prospettando di edificare una nuova chiesa per tutti i suoi fedeli.Inizialmente don Nicola, che alloggiava in un appartamento in via Cucca di fronte all’area che il Comitato per le chiese di periferia aveva acquistato per la nuova parrocchia, riuniva i fedeli nell’antica chiesa di S.

Giacomo dei Romei, messa a disposizione dalla famiglia Rovetta che ne era e ne è tuttora proprietaria.Nel frattempo, con entusiasmo e personalità, don Nicola si mise subito al lavoro polarizzando attorno a sé un folto gruppo di collaboratori qualificati che si dedicarono, con grande generosità, a tutti i compiti necessari all’ avvio del centro parrocchiale.I soldi erano pochi ma si concretizzava il progetto globale, tramite l’ing. Antonio Zampini, per un nuovo tempio la cui prima fase di edificazione fu il seminterrato della nuova chiesa che diede spazio alle prime celebrazioni. I lavori di costruzione furono affidati all’impresa Fenaroli Luigi, uno dei parrocchiani; siamo nel 1963. Don Nicola pensò anche a come raccogliere i fondi necessari ad integrare quelli elargiti dalla Curia e dalle offerte che pervenivano

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travertino e l’edicola dedicato alla Madonna, disegnato dall’architetto Fauso Simeoni, realizzata con marmo statuario di Carrara: di Medici sono anche le stazioni della via Crucis in formelle di terracotta, poste sulle pareti perimetrali della chiesa. Una volta congedatosi don Gino Porta, per raggiunti limiti d’età, ci viene destinato don Fulvio Ghilardi che provenendo da una realtà parrocchiale prima cittadina e poi oratoriale in provincia, è riuscito a dare la svolta necessaria per entrare nella mentalità delle nuove generazioni promuovendo importanti opere relative allo sviluppo dell’oratorio come pure, nei confronti della chiesa, le indispensabili manutenzioni e adeguamenti, con il rifacimento della copertura e altri lavori di riqualificazione che hanno comportato il completamento delle finestrature con due grandi vetrate artistiche che venivano a completare l’opera di don Renato Lanfranchi, ( elementi cosmici , elementi angelici ed elementi storici) e l’intera vetratura che si sviluppa presso la porta principale e le porte laterali della chiesa su disegno e realizzazione dal progetto Arte Poli di Verona. Il progetto si è completato con la formazione delle bussole d’ingresso al tempio, in vetro temprato con incisioni decorative Si potrebbe dire che sostituendo i precedenti vetri alle finestre, aventi come segni le marcate croci volute da don Nicola in segno delle

difficoltà affrontate per la edificazione di questa chiesa, con l’avvento delle vetrate colorate, rappresentanti soggetti biblici, si è compiuto il ciclo, portando nel tempio e nei fedeli luci e colori che contribuiscono ad illuminare la nostra fede. Probabilmente don Nicola gioirà vedendo da lassù che il cammino da lui iniziato è stato ben continuato e, ci auguriamo continuerà ad assistere la parrocchia di S. Giacomo il cui cuore “ la chiesa”, ora compie quarant’anni di vita. E allora…

AUGURI DI BUON COMPLEANNO!

Dai ricordi della Famiglia Fenaroli

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ANNO 1962: UN FATICOSO INIZIODal diario di don Nicola

26 ottobre: Incontro ore 10 Ing. Zampini – don Nicola – Fenaroli per accordarsi sulla “ prova cantiere” Ore 12: doccia scozzese: Uff. Amm. Curia ordina: sospensione tutti i la-vori perché progetti devono essere spediti a Roma per approvazione e il contributo statale ( aspetta caval che l’erba cresca…)

27 ottobre ore 8,25 incontro S.E. Mons. Almici per sistemare la cosa. Non c’è via di uscita occorre un atto di autorità – appuntamento in curia ore 11,3030 ottobre ore 9,30 Mons. Montini e don Nicola in udienza da sua Ec. Mons. Almici il quale dice: A situazioni straordinarie, rimedi straordina-ri” Questo è un caso di eccezione con soluzione urgente. Hic digitus sui est ore 8 Inizio scavi ditta di Lumezzane ingaggiata dal Sig. Faustini Pierino.

2 Novembre Lettera curia per iniziare lavori di ”escavazione”. Complimenti: si mette a dura prova “ la Fede”

3 Novembre ore 10,30 In udienza da s.E. Mons. Almici per chiari-re l’equivoco “ epistolare” della curia – “ Procedi regolarmente – però por-tami in giornata i disegni di massima da approvare a Roma per il mutuo” ore 18 consegnato alla nipote di S.E.Mons. Almici i disegni da presentare a Roma.

5 Novembre cade e si infortuna il palista – guai – sospesi i lavori di scavo.

7 Novembre: Ing. Zampini: o iniziare i lavori con l’impresa o gli operai se ne vanno – ordine: iniziare! Complicazioni con la vecchia e la nuova ruspa.

8 novembre: via ai lavori di scavo

19 Novembre ore 11 Ufficio tecnico progetti – Sig. Geometra Capitanio comunica oral-mente parere negativo commissione progetti – ore 12 da Mons. Montini: comunico la novità – già al corrente mi tranquillizza: solite grane causate dal sig. mangiapreti contra-rio a costruire chiese. “ provvederemo a sistemare la procedura”.

26 novembre ore 11,30 incontro con S.E. Mons. Montini in partenza per Roma con gli elaborati della nostra chiesa

27 Novembre ore 14 telefona Mons. Montini di avvertire l’ing. Zampini di partire per Roma per i progetti

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UN COLLABORATORE FRA TANTI COLLABORATORI UNA TESTIMONIANZA TRA MILLE TESTIMONIANZE.

Il sorgere di una chiesa e soprattutto di una comunità non segue la via della magia ma della fattiva partecipazione e collaborazione da parte di tante persone. Una voce tra tante voci è quella del Sig. Leo Cataldo che ha portato la sua testimonianza. Sig. Cataldo come è successo che le sue giornate si sono incrociate con la chiesa di San Giacomo?Non mi è mai mancata la fede, ma personalmente non ho mai frequentato i sacerdoti e gli ambienti della chiesa, anche adesso quando entro in chiesa mi metto sempre in fondo. Quando ero ragazzo una mia professoressa aveva cercato di indirizzarmi all’oratorio; per obbedienza ci sono andato ma la permanenza era durata dieci minuti, il tempo che il sacerdote che mi aveva incontrato si girasse e me n’ero già andato anch’io. Sono arrivato in questo quartiere nel 1950, cominciavano a sorgere le prime case, le strade appena tracciate non erano illuminate e non c’era asfalto.Negli anni 60 si vedeva don Nicola ( che non conoscevo) girare alla ricerca di qualcuno che lo aiutasse ad avviare la parrocchia; c’era da costruire la chiesa e la comunità. Un pomeriggio, e non so perché, anzi adesso lo so e nessuno me lo toglie dalla mente che sia stato un disegno della Provvidenza, mi viene voglia di andare a conoscere don Nicola. Lo dico alla moglie che sorpresa mi dà del matto. Vado, incontro don Nicola che mi accoglie subito bene e il lunedì successivo mi arriva una lettera di convocazione per una riunione; si parla

di tutto ma non si conclude nulla; il lunedì successivo si ripete la stessa situazione: intervengo e chiedo che si formi un gruppo di persone preparate che possano dare il via alla costruzione di una chiesa. Da chi era composto il gruppo che si è formato e con quali compiti?Era un gruppo di 12 persone, in particolare e saranno i più attivi il Sig. Napoli, il Sig. Longhi, il Sig. Cetti, il Maestro Stagnoli il Sig. Bertolotto, il Sig. Ghidinelli il Sig. Prati, il Sig. Ragni e altri che non ricordo: un gruppo operativo! Ricordo un incontro con Mons. Almici che ci disse: “ Non pensate di mettervi in questo comitato per avere vantaggi!” Punto di incontro era la casa di Don Nicola al n° 20 di via CuccaBisognava fare i conti con le forze disponibili, i soldi che non c’erano, i disegni da realizzare e le ditte da contattare. Con noi era sempre l’Ing. Zampini coinvolto dal nostro entusiasmo. Abbiamo avuto tanta fortuna!

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E’ andato in crescendo anche l’entusiasmo e l’impegno della gente che ci ha aiutato; tanta gente disponibile e generosa.Che rapporto c’era con il quartiere?Questa era una zona di campagna e di discariche industriali, disabitata, non c’era niente. Ma si sa che il Signore si avvale dell’uomo per risolvere i problemi. Ricordo una sera che eravamo in riunione nel sottochiesa; dei politici del tempo chiesero di incontraci ( si era sotto le elezioni) don Nicola non voleva entrare in questione, ma noi potevamo e abbiamo chiesto non qualcosa per la chiesa ma che venissero

asfaltate e illuminate le strade; che si dessero al quartiere quei servizi necessari ad una vita dignitosa. Era stata promessa anche la posta e dei servizi sociali ma questo non si è realizzato.Che ricordo ha di quei momenti?E’ stato un bel periodo! Abbiamo avuto problemi ma anche tante soddisfazioni; il dispiacere più grande è stato quando per necessità di altri impegni di lavoro e famiglia ho dovuto lasciare. Mi è rimasta la certezza e la riconoscenza al Signore che, con la sua chiamata, mi ha fatto partecipe di questa bella avventura.

25 NOVEMBRE 1990:CONSACRAZIONE DELLA CHIESA PARROCCHIALE

Ci sono voluti più di vent’anni per poter fare la consacrazione della chiesa e dell’altare di San Giacomo. E la chiesa-edificio attende ancora qualche abbellimento e sistemazione…….. E il frutto della celebrazione deve essere il rinnovamento dell’edificio divino e spirituale delle anime. Facciamo festa per dedicare al Signore le mura della nostra chiesa. Ricordiamoci però la cosa più importante: ciascuno di noi può e deve diventare “ la casa di Dio”.Dal “Cari parrocchiani” di don Gino - bollettino parrocchiale del Dicembre 1990

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16 GENNAIO 2011:“Libertà reLigiosa, via per La paCe”

17 gennaio 2010: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”

L’esperienza nuova e avvincente per Brescia della prima marcia della pace sarà ripresa nel 2011. Il gruppo organizzatore, di cui fanno parte il centro missionario diocesano, il Tavolo della pace, don Fabio Corazzina, associazioni varie come l’AGESCI di Brescia, l’Acli ,Bimbo chiama bimbo ed alcune parrocchie, tra le quali S. Giacomo, sta preparando la giornata di domenica 16 gennaio.“Libertà religiosa, via per la pace” è il messaggio scelto dal Papa Benedetto XVI per la giornata della pace 2011, proprio mentre nel mondo si vedono forme di limitazione o negazione della libertà religiosa.Nel discorso all’ONU del 2008 il Papa diceva: “I diritti umani devono includere il diritto di libertà religiosa, come espressione di una dimensione che è, al tempo stesso individuale e comunitaria, una visione che manifesta l’unità della persona, pur distinguendo chiaramente fra la dimensione di cittadino e quella di credente.”Se vogliamo aderire alle indicazioni del Papa, considerando che l’uomo non può essere diviso da ciò in cui crede, come possiamo agire concretamente qui, nel nostro territorio, ed oggi?Dobbiamo accogliere l’altro senza misurarlo con noi stessi, ma aprendoci al dialogo, alla conoscenza e alla comprensione reciproca. La fede in Dio deve promuovere fra gli uomini relazioni di fraternità universale e di accoglienza, per superare ogni forma di intolleranza e di violenza, che, come ha scritto Benedetto XVI, non possono attribuirsi a nessuna religione, ma ai limiti culturali in cui esse sono vissute e si sono sviluppate nel tempo. In questa prospettiva, quali sono gli impegni delle nostre comunità parrocchiali? Quante volte abbiamo assistito in silenzio alle manifestazioni di intolleranza che usano la religione per dividere e discriminare, anziché per unire ed accogliere?Il 16 gennaio ci metteremo in cammino per testimoniare l’importanza del dialogo, della diversità, dell’amore per ogni uomo, nella consapevolezza che solo questa è la via per la pace.

GRAZIE RAGAZZIA nome del Gruppo Missionario Caritas vi ringrazio per l’aiuto prezioso che ci avete dato nella raccolta alimentare , per voi potrà sembrare una piccola cosa quello che avete fatto, ma sono le piccole cose che fanno diventare grandi chi le fa se vengono fatte con amore e carità .Ma il ringraziamento più grande è il sorriso che quelle persone meno fortunate di noi faranno quando troveranno qualcosa nel loro piatto!Vi saluto con una frase che mi ha colpito in particolar modo che ci ha detto Stefano quel “Barbone” che gira in bici dalle nostre parti quando gli volevamo dare del latte e biscotti: “Dateli a chi ne ha più bisogno di me”Vi aspetto ancora per altre iniziative Gianfranco G.M.C.S.G.

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graZie a tUtti voi ,NOI NON SIAMO PIU’ IN EMERGENZA…

e l’emergenza freddo continua!

Sapendo che i parrochiani di S.Giacomo sono sempre attenti e disponibili nei confronti di chi è meno “fortunato” il G.M.C.S.G. aveva lanciato un appello perché venissero in soccorso per poter portare il cibo, che i nostri cuochi sapientemente cucinano, agli ospiti di Via Villa Glori, che non avendo casa trovano almeno un pasto e un posto caldo dove stare nelle fredde notti invernali.Questo non vuole essere un nostro ringraziamento ,ma un grazie che vi dicono loro. Spero che le persone che verranno possano provare le nostre stesse sensazioni e capire quanto il mondo oggi sia capace di cambiare da un giorno con l’altro, sia per noi che ci prestiamo, sia per chi tutto ad un tratto si trova a non arrivare a fine giornata.Grazie a chi si mette a disposizione avendo i capelli bianchi.Grazie a chi si mette a disposizione guardando semplicemente fuori dalla finestra di S.Giacomo.Grazie a chi si mette a disposizione anche se in Chiesa non ci va tanto volentieri.Grazie a chi mette a disposizione i locali per preparare tutto l’occorrente e fa di tutto per migliorare l’efficienza e l’efficacia delle strutture.Grazie a chi si mette a disposizione avendo anche altri impegni, altre possibilità e occasioni di volontariato.Grazie in fine a quei giovani che si vogliono mettere in gioco sapendo che il futuro è nelle loro mani ed è per questo che cercano di darsi da fare per cambiarlo.Noi facciamo questo per i “Cari Barboni”. Come sempre andiamo per dare, ma torniamo che abbiamo raccolto più di quello che abbiamo dato loro, allora siamo tutti noi che dobbiamo dire Grazie a loro.Concludiamo con una frase di Don A.Mazzi:“Quando al mondo scomparirà la gratuità non avremo più niente, perché solo così noi possiamo essere gli strumenti dove passa l’amore di Dio”

STORIE DI STRADA- Gli inquilini di via Senzatetto non rispondono mai al citofono. Perché se qualcuno “suona”, è solo per suonargliele. Quante volte Giuseppe è stato svegliato nel cuore della notte da un calcio nelle reni. Peggio, sui piedi. Sono delicati i piedi quando dormi per terra, sui cartoni. “Il freddo te li congela, sono rattrappiti, basta un colpetto per vedere le stelle”. Giuseppe l’ex giardiniere dorme in una rientranza del sottopasso tra l’atrio della stazione e il binario uno: anche di notte c’è sempre qualcuno che passa, lo vede, e gli allunga una pedata. Così, per riderci su due minuti, come quei bravi ragazzi di Rimini, quelli con l’accendino facile. E lui Giuseppe che fa? “Zitto. Non reagire mai, mai, mai.” Questo t’insegna la strada.

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DAL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALEDEL 20 OTTOBRE 2010

Dopo la lettura di un passo riguardante la nascita della comunità cristiana, tratto dalla lettera pastorale del Vescovo “Tutti siano una cosa sola”, ci siamo chiesti quali correzioni, conversioni, miglioramenti deve compiere la nostra comunità per essere segno dell’amore di Dio per il nostro territorio. Nella nostra comunità si nota che c’è armonia, ma manca il collegamento con la vita reale esterna; si tende a chiudersi nei propri ambiti, invece dovrebbe esserci maggiore attenzione alle esigenze della gente lontana dalla parrocchia. Del resto, non ci sono referenti, né associazioni che inducano a stimolare contatti con la realtà esterna, quali le Acli, il gruppo alpini, una scuola materna parrocchiale...Risulta difficile coinvolgere le persone lontane dalla parrocchia, appassionarle alla comunità, convincerle a mettersi in gioco in prima persona.In questo periodo in particolare la Chiesa è combattuta, è criticata , anche se è una struttura che aiuta tutti indistintamente. Dovremmo essere più visibili al di fuori...non basta FARE, occorre FAR VEDERE il volto di Gesù, SERVIRE per essere CREDUTI. Con l’iniziazione cristiana dei fanciulli c’é stato un segno positivo: genitori che frequentavano la parrocchia in modo non assiduo, una volta coinvolti nella catechesi, sono diventati essi stessi catechisti ed hanno apprezzato l’idea di trovare un ponte, una comunicazione con l’esterno. Le persone, entrate nella comunità, si sentono amate da Dio e gustano il tepore

dello stare insieme, il piacere di frequentare la vita dell’oratorio e della parrocchia.E’ difficile organizzare convegni perché oggi si sentono esigenze diverse di conoscenza: non più sulla ricerca di Dio, sulla Chiesa... ora i bisogni emergenti riguardano problematiche affettive, il senso di solitudine, la violenza dilagante, la mancanza di lavoro... Bisognerebbe uscire dalle proprie mura e trovare contatti diversi: piccole attività che incuriosiscano, suscitino entusiasmo...I nostri giovani mostrano poca apertura all’esterno, si sentono in competizione con le realtà giovanili delle parrocchie vicine. ..Potrebbe essere utile tener aperto l’oratorio al sabato sera, per far divertire i ragazzi? Non servirebbe perché comunque sarebbero attratti da altro. Del resto l’identità della parrocchia deve essere mantenuta diversa da quella dell’esterno. Se la comunità si rafforza all’interno ed assume responsabilmente il proprio compito testimonierà anche all’esterno l’entusiasmo di stare assieme. Fonda-mentale è accogliere tutte le persone e far sì che si sentano accettate ed invogliate a crescere spiritualmente, a partecipare ai momenti di formazione della comunità cristiana.Si cercherà di migliorare la comunicazione delle varie iniziative per informare ed invitare ad inserirsi nella comunità, ad incamminarsi verso la conversione ed a porre attenzione a Cristo, unico punto di riferimento.

FESTA ANNIVERSARI MATRIMONIO - DOMENICA 30 GENNAIODiamo appuntamento a tutte le coppie che celebrano anniversari significativi di matri-monio alla S.Messa delle ore 11,15 per rinnovare il patto coniugale e chiedere forza per continuare con tenacia e gioia il cammino che ci aspetta. Al termine della celebrazione sarà possibile fermarsi insieme in oratorio per il pranzo. Prenotazioni in Oratorio

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ANAGRAFE PARROCCHIALE dal 20 – 09 al 30 – 11 – 2010

Dona la pace, signore, ai defunti

ADRIANA MARIOTTINI Nata il 23 – 06 – 1926 morta il 10 – 10 – 2010

FRANCO ANTONIO NAVONI Nato il 02 – 08 – 1932 morto il 20 – 10 – 2010

ROMILDA RIFANI Nata il 18 – 01 – 1917 morta il 01 – 11 – 2010

LILIANA SOLDI Nata il 26 – 08 – 1942 morta il 17 – 11 – 2010

BARBARINA PRATI Nata il 17 – 03 – 1934 morta il 28 – 11 - 2010

INFORMAZIONI UTILI

Visita il nuovo sito parrocchiale:www.parrsangiacomo.it

Don Fulvio - Parroco:Telefono 030.315504email: [email protected]

Gli ambienti dell’oratorio sono disponibili ad ospitare feste di compleanno e riunioni di condominioPer prenotazione telefonarea Ugo 030.321442Per l’uso del campo sportivo telefonare a Carlo 339.6604816

CELEBRAZIONI DEI BATTESIMI

Incontri di preparazione che si terran-no presso la parrocchia di S.Antonio alle ore 15,30: 2 e 6 Gennaio – 20 e 27 Febbraio - 29 Maggio e 5 Giugno

Celebrazioni dei battesimi: Domenica 13 Marzo – Notte( veglia pasquale) o giorno di Pasqua – 12 Giugno

I genitori interessati prendano contatto con il parroco almeno un paio di mesi prima della celebrazione.

A PROPOSITO DI FUNERALIMi succede con una certa frequenza, specialmente nella celebrazione dei funerali di persone che sono passate attraverso un percorso di malattia e di sofferenza, di dover ini-ziare la riflessione constatando di non conoscere e di non aver mai incontrato il defunto. Certamente dovrei fare molto di più per andare ad incontrare le famiglie, ma ricono-sco anche che viene sempre meno la segnalazione da parte dei familiari di ammalati da visitare. Capisco che in città i rapporti tra le persone si fanno sempre più difficili e il chiudersi nel privato è sempre più marcato, tuttavia, accanto a tanta indifferenza, qualcuno si sta rendendo conto di quanto sia stridente il contrasto tra la richiesta del funerale religioso e l’assenza di rapporti con la comunità cristiana. Forse è meglio pensarci prima e impegnarci tutti maggiormente perché la sofferenza, la malattia e la morte siano sostenute dalla fede. Don Fulvio

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GRUPPO SPORTIVOAnche quest’anno il gruppo sportivo di San Giacomo organizza un’iniziativa per festeggiare il Natale insieme a tutti coloro che partecipano alle attività del gruppo. Il “Natale dello sportivo” si svolgerà domenica 19 dicembre 2010. Alle 11.15 è prevista la celebrazione eucaristica insieme alla comunità, nello spirito della lettera pastorale del Vescovo per quest’anno (“Tutti siano una cosa sola”). Al termine della funzione sacerdoti, presidente, dirigenti, allenatori, giocatori e famigliari si incontreranno per lo scambio degli auguri nel salone adiacente al campo di calcio.E’ l’occasione per riaffermare la centralità del messaggio di Gesù nell’attività di ogni gruppo che anima l’oratorio e quindi anche del gruppo sportivo che, nella vicinanza ai ragazzi e giovani durante attività ricreative, cerca di portare i valori cristiani nella vita quotidiana. Buon Avvento e Buon Natale a tutti.

Qualche giorno fa, per motivi di lavoro, mi sono recato in un centro commerciale cittadino, sì quello che nel nome ha il rosso e la freccia… In attesa della persona con cui devo parlare vengo attirato dalle luminarie e dagli addobbi,

ormai pronti già da troppo tempo e che rammentano in qualche modo, a noi frettolosi e sempre più distratti passanti,

la prossima festa natalizia, festa fin troppo svenduta ai mercanti del business… un albero senza significato troneggia al centro

di un’anonima piazza virtuale, incrocio comunque di tanta umanità che ha bisogno di re-imparare a sorridere. Un oggetto, in particolare, attira la mia attenzione ai piedi dell’albero: una bella e grande sedia dorata e rivestita di velluto rosso sulla quale siederà, al momento opportuno, un panciuto babbo natale interessato dispensatore di doni e dolciumi. Improvvisamente, però, un bambinetto, abbandonata per un attimo la mano dalla mamma, corre, salta sulla poltrona sprofondando beato nel soffice cuscino. Quell’atmosfera un po’ grigia, troppo uguale a se stessa, noiosa e senza emozioni immediatamente cambia… il piccolo, con la sua gioiosa e inaspettata presenza, riporta per un attimo al vero senso del Natale, alla festa che quel Bambino nascendo alla vita ha organizzato per tutti noi donandoci la salvezza e la vera umanità: “Se non ritornerete come bambini …” . E Internet ? Vorrei quest’anno indicare qualche bel sito che racconta, con il linguaggio delle immagini, la grande spiritualità che tanti grandi artisti, in questi duemila anni, hanno espresso sulle tele per “raccontare” il Natale dell’Amore. Iniziamo con questo sito dove potrete vedere tantissime opere d’arte tutte dedicate alla festività: http://www.ariberti.it/scuola/irc/natale/arte/index.html: i Magi di S.Apollinare in Classe, la natività di Sandro Botticelli o la strage degli innocenti di Guido Reni. Consiglio anche tre video in Youtube che si intitolano Galleria Natale nell’arte 1, 2, 3 (Cercali direttamente nella ricerca di Youtube). Sono video completi di audio che carrellano su grandi opere d’arte. Interessante anche una galleria di Presepi medievali: http://web.tiscali.it/artegiove/Galleria/Natale/Ricordo sempre il sito parrocchiale www.parrsangiacomo.it Un Natale di pace per tutti!

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