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    ORGANO DEI- COOPANNO XSpediz.nin a

    BOLLETTINOSALESIANO

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  • IN QUESTO NUMERO :

    Il più vasto e vivo incontro di laici che la Chiesa ricordi

    Cosa vuol dire credere ? Rispondono i giovani

    l Cardinali Carpino e de Furstenberg prendono possesso del loro Titolo

    San Francesco di Sales modello nell'apostolato stampa

    Una "grande pianta" divenuta realtà

    Monsignor Cimatti ritorna . . .

    Visita d'eccezione a tribù primitive dell'Alto Orinoco

    Pranzo con cinghiale per tutti: il gran capo si è fatto cristiano

    IN COPERTINA :

    Roma • Lo storico Presepio di Santa Maria in Aracoeli, una delle chiese più antiche di Roma, Roma • L'Auditorium Pio gremito di congressistial Campidoglio, sul luogo dove la Sibilla avrebbe predetto ad Augusto la venuta del Redentore . rappresentanti i laici di tutto il mondo, durante laIn essa si conserva questa veneratissima statua del Bambino Gesù, davanti alla quale i fanciulli seduta conclusiva del terzo Congresso mondialeromani nel periodo natalizio si avvicendano a recitare il —sermone'

    per l'apostolato dei laici

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  • « Ci siamo avvicinati di più al mondo, siamo pene-trati maggiormente nella Chiesa . . . » . Queste parole fu-rono pronunciate nell'ultima seduta del Congressomondiale per l'apostolato dei Laici, tenutosi a Romadall'11 al 18 ottobre, da una giovane donna che nonsi esprimeva in italiano. Non importavano del restoi lineamenti del volto, il colore della pelle, la prove-nienza di coloro che si susseguivano ai microfonidell'Auditorio di palazzo Pio, a qualche decina dimetri dalla cupola di Michelangelo . Essi parlavanoin rappresentanza di milioni di altri cristiani ai de-legati dei laici del mondo intero .

    Quella "voce" ha in qualche modo riassunto ciòche è stata la grande assemblea di cattolici militanti(2987, per l'esattezza storica, tra delegati nazionali einternazionali, osservatori . consulenti, esperti, udi-tori, giornalisti ; questi ultimi ben 531): il più vasto,il più vivo incontro che la Chiesa ricordi, dopo le as-sise del Concilio Vaticano II .

    Questo fronte di laici in prima linea per la diffusionedel regno di Dio, sotto tutti i paralleli del globo, ve-stiva in costumi delle più diverse nazioni della terra,parlava gli idiomi di tutti i popoli . Soprattutto eraportatore dei desideri, delle speranze, delle ansie e delleaspirazioni dei propri fratelli : un'immagine reale delPopolo di Dio, che è parte integrante e vivente dellaChiesa.

    APPASSIONANTE ANALISIDELLE NECESSITA DEL POPOLO DI DIO

    Indubbiamente il III Congresso mondiale per l'apo-stolato dei Laici ha avuto nel Concilio Vaticano IIla sua alta premessa storica e religiosa . Quell'aggior-namento, voluto da papa Giovanni XXIII, ha fattomolta presa su questa élite di laici impegnati nella

    IL PIU VASTOE VIVO INCONTRODI LAICICHE LA CHIESA RICORDI

    Chiesa; di coloro cioè che, secondo le parole di Paolo. VI,non intendono « essere cristiani di second'ordine, didubbia fedeltà o di scadente osservanza negli impegnisacrosanti del loro battesimo ». Nel Vaticano II, perla prima volta negli annali della cristianità, la piùalta assemblea si chinava con sollecitudine a studiareil posto e il ruolo dei laici nella Chiesa .

    Le voci dei congressisti, rappresentanti dei varicontinenti, sono state un chiaro, squillante impegnodi apertura al mondo, nel solco tracciato dal Con-cilio . Questi uomini e queste donne si sentono pasto-ralmente orientati alla ricerca dei mezzi e dei modiper aiutare i loro fratelli a raggiungere la propriasalvezza, mentre si affaticano per condurre gli altrialla stessa confortante realtà.

    L'analisi delle necessità del popolo di Dio nell'iti-nerario degli uomini (come diceva il tema generaledel congresso) è stata franca e appassionante . Maifinora la Chiesa aveva avuto a disposizione tantimezzi per un bilancio chiaro e impegnativo che è,nello stesso tempo, un segno dell'amore profondo cheessa porta verso questi suoi figli che si sono interrogati .Non è- stato un esame di coscienza relativo soltantoalla teologia, alla maniera di diffondere la parola diDio; ma anche la sociologia, l'economia, la scienza,la politica sono state chiamate in causa, quali "stru-menti" nelle mani degli uomini, per il bene degli altriuomini .

    I congressisti hanno vagliato con crescente interessela vita concreta dei propri simili ; quella di ciascunodi noi, inserita nel tempo e nel luogo che è il suo, manell'unità profonda della sua presenza attiva e respon-sabile nel mondo .

    La comunità cattolica sente l'assillo di non essereinoperante in problemi che incidono sulla vita d'ogni .giorno e soprattutto sul futuro delle generazioni . Itemi ricorrenti del congresso si sono inseriti nella realtà 1

  • IL PIU VASTOE VIVO INCONTRODI LAICICHE LA CHIESA RICORDI

    quotidiana del mondo intero o di qualche parte diesso: l'aridità, la meccanizzazione, la materializzazione ;la fame, l'ignoranza, l'isolamento, l'arretratezza so-ciale ; la guerra, la segregazione, il razzismo, l'odio . . .Di tutto questo si è parlato dai rappresentanti diogni lingua, di ogni classe sociale e culturale .

    Più specificatamente si è discusso delle offerte dellascienza all'uomo di fede, della situazione alimentaree dell'esplosione demografica, della guerra, della fa-miglia, dei rapporti fra uomo e donna, della dignitàdi quest'ultima e della salvaguardia della sua vitaaffettiva .

    Un rappresentante dell'America latina poneva l'ac-cento sui trenta milioni di contadini senza lavoro,senza casa, senza istruzione, mentre minaccia la guer-riglia .

    Un delegato americano di colore, Stanley Hebert,affermava : « Fino a quando il problema dell'immora-lità, delle ingiustizie raziali rimane insoluto, noi sa-remo distratti dal nostro sforzo di portare lo spiritodi rinnovamento nel popolo di Dio » .

    Un asiatico prospettava lo spettro di milioni di fan-ciulli «che non potranno mai essere nutriti a suffi-cienza . . . » .

    I A rivolgere uni ndirizzodiomaggioa Paolo VI, è stato un rappre-sentante delle nuove generazioni,Rienzie Rupasinghe, presidentedella JOC internazionale

    La Famiglia Salesiana ha presoparte al Congresso con una rap-presentanza internazionale dellesue organizzazioni, quali i Coo-peratori, gli Exallievi, la GioventùSalesiana

  • PERCHÉ LA GIOVENTÙAPì.NOONA !! !'R!STiANFS!MO

    La Famiglia Salesiana ha preso parte al Congressocon una nutrita rappresentanza di delegati nazionalie internazionali delle sue organizzazioni, quali i gio-vani, i cooperatori, gli exallievi . Essi hanno vistocon viva soddisfazione trattare nelle "lezioni" ufficialitemi che sono la forza delle sue istituzioni .

    Non solo sono stati presenti tra i delegati ufficiali(il prof. Augusto Vanistendael, deputato belga, exal-lievo, membro della commissione Justitia et pax, hatrattato della disorieutazione dei cristiani d'oggi edell'esasperazione delle masse di fronte agli squilibrieconomici e sociali), ma si sono sentiti a casa loroquando, in un incontro ad altissimo livello dedicatoall'insegnamento cristiano scolastico ed extrascolastico,si è indicata l'urgenza di tracciare nuove strade perl'educazione cristiana degli adolescenti .

    Anche nelle riunioni più ristrette dei carrefours inostri rappresentanti hanno preso parte attiva allediscussioni e hanno presentato una mozione perchèfossero messi in più chiara evidenza i problemi deigiovani .

    A rivolgere un indirizzo di omaggio a Paolo VI,al termine della imponente funzione in S . Pietro, èstato un rappresentante delle nuove generazioni,Rienzie Rupasinghe, presidente dello JOC interna-zionale .

    Sui giovani ha parlato, il primo giorno del congresso,l'olandese Thom Kerstiens . L'oratore, padre di quattrobambini, dopo aver affermato che non vi è nulla dipiù penoso che il trovarsi di fronte a un laico arrivatoa un alto grado nella vita professionale, ma che nellasua cultura religiosa è rimasto al livello di un elementarista, citava una parola del teologo Danielou,che ben si inserisce nel contesto del lavoro salesianonel mondo : « La proclamazione del messaggio evangelicoesige tipografie, stampa, radio, cinema. La formazionedei cristiani esige collegi, movimenti di gioventù, gruppidi adulti. Il tutto per avere un posto nel mondo delleidee: oggi e domani» .

    Rivolgendosi ai tremila congressisti, Thom Ker-stiens affermava poi con vigore che oggi i giovanisono meglio formati che non nel passato, si nutronomeglio, hanno meno problemi economici . Tuttavia- dichiarava testualmente - « i giovani si allontananodal cristianesimo non perchè lo trovano troppo esigente,

  • Dall'alto:

    Cordiale, fraterno incontrotra un congressista negro e uno bianco :

    provenienze e razze diverse,ma lo stesso ardore di fede operante

    Commoventela preghiera comune

    all'inizio e al termine delle adunanze :su una melodia conosciuta

    ciascuno pronunziava il testonella propria lingua,

    a voce spiegata

    ma perchè lo trovano troppo "borghese", non abbastanzaesigente, incapace di galvanizzare la loro generosità conideali validi ».

    Parole che ogni educatore, ogni amico di Don Boscodovrebbe meditare .

    UN FATTO NUOVONELLA STORIA DELLA CHIESA

    Quali le conclusioni, gli impegni duraturi del terzoCongresso mondiale dei Laici? Oltre quanto si è detto,emergono altri elementi di conforto dalle grandi gior-nate romane .

    Anzitutto si è rafforzato un clima di apertura totale,di leale e reciproca stima tra clero e laicato . Sonostati significativi a questo proposito gli incontri deidelegati dei Laici con i membri del Sinodo episcopalee la partecipazione di questi ultimi - c'era anche ilnostro Rettore Maggiore a una seduta plenariadei lavori del Congresso .

    È risaltato vivo, inoltre, il compito del «popolo diDio », animato dallo Spirito Santo, a interpretare isegni dei tempi, nel desiderio di portare il messaggioevangelico al mondo : un compito che è intriso di quel-l'ansia per le anime che deve essere di ogni battezzato .

    Esaltante inoltre e confortantissimo il fatto chemai nella storia della Chiesa si è avuto tanto vasto eprofondo interesse per le realtà religiose .

    I laici nel desiderio intenso di partecipare all'elabo-razione degli orientamenti e di essere effettivamenteassociati alle responsabilità inerenti all'evangelizza-zione del mondo, devono, per usare una parola delcardinal Suhard, « non più seguire, ma precedere ; nonpiù imitare, ma inventare » . Anche in questo caso ilcongresso ha detto una parola chiara : ha invitato cioèa portare nel mondo uno stile cristiano che si differenzi,nelle linee di condotta, dalle strutture degli uominiche nulla posseggono del fermento umano e spirituale .

    c

  • « E n« mUNUUCHE VOI DOVETI

    Commoventi, stimolanti le liturgie che hanno rit-mato i lavori del congresso : le celebrazioni eucaristiche,quelle penitenziali ed ecumeniche. Di particolare va-lore i canti all'inizio e al termine di ogni adunanza,dove su una melodia conosciuta ciascuno "proclamava"il testo nella propria lingua a voce dispiegata, con-vinta .

    Di estrema efficacia e impegno le parole che rivol-geva ai congressisti Paolo VI, fatto vertice e tramitedel colloquio che i laici intendono allacciare con laChiesa nel mondo . Non aveva affermato l'avvocatoVittorino Veronese, parlando ai vescovi del Sinodoin rappresentanza della delegazione dei laici e citandoJean Guitton : « Unicamente vicino al Pontefice, ipionieri, i battistrada, gli audaci, i laici di punta pos-sono sentirsi maggiormente compresi? » .

    Dopo aver detto che « il mondo è il campo d'azionedei Laici » e che è necessario portare al « mondo d'oggile energie che gli permetteranno di avanzare sui sen-tieri del progresso e della libertà e di risolvere i suoigrandi problemi : la fame, la giustizia internazionale,la pace », Paolo VI dichiarava : « Voi non siete eremitiritirati dal mondo, per meglio dedicarvi a Dio . È nelmondo, nell'azione stessa, che voi dovete santificarvi . . .Solo la vostra unione personale, profonda con Cristoassicurerà la fecondità al vostro apostolato, qualunqueesso sia. Cristo, voi lo incontrate nella Scrittura, nellapartecipazione attiva sia alla liturgia della Parola siaalla liturgia Eucaristica . Voi lo incontrate nella preghierapersonale e silenziosa, insostituibile per assicurare ilcontatto dell'anima col Dio vivo, fonte di ogni grazia » .

    E nell'udienza generale che seguì il Congresso mon-diale dei Laici, ritornando sul tema, il Papa dichia-rava che la lezione del Congresso data a tutti i membridella Chiesa è questa : « Non basta essere cattolici dinome, di abitudine, di professione, di appartenenza tra-dizionale o sociologica ; bisogna essere cattolici operanti,cattolici militanti, cattolici apostoli » .

    In questo appassionante appello alla sincerità, al-l'autenticità, del successore di Pietro riecheggia ilpensiero di Don Bosco, che desiderava formare gio-vani e adulti per collocare sulle loro spalle la respon-sabilità di far avanzare il regno di Dio tra i fratelli,o come si dice dopo il Concilio, consacrare il mondoa Cristo .

    Oggi si parla molto di sviluppo, di promozione, dielevazione dei popoli. Ma tutto ciò per il battezzatodeve essere congiunto con l'impegno di diffondere ilmessaggio cristiano . L'ha affermato il Congressomondiale dei Laici : « Come cristiano, io promuovolo sviluppo ; poiché sono cristiano, io evangelizzo . . . » .

    Oggi - il III Congresso dei Laici l'ha ancora unavolta proclamato - questo è il compito di tutti icristiani al proprio posto di lavoro, purché credanonel regno di Dio . « E nel regno di Dio può credere - hascritto Dietrich Bonhtiffer, morto nei campi di concen-tramento nazisti - soltanto colui che va pellegrinoper i sentieri dell'umanità ; colui che ama il mondo eDio nello stesso tempo » .

    Dall'alto:L'incontro della fede con la scienza .L'astronauta americano Mc Divittoffre al Papauna riproduzione della "Gemini 4"

    Un sacerdotecon rappresentanti di vari popoli della terra(un africano, un'indiana,una giapponese, un'italiana) :anche nel lavoro dei laici è indispensabilela guida amorevoledei membri della gerarchia 5

  • Cosavuol direcredere?

    « Cosa vuol dire credere ? ». Questadomanda, già di per sè appassionante,è diventata di grande attualità conla proclamazione dell'Anno della Fede .Potremmo chiedere la risposta ai teo-logi, ma forse non è meno interessanterivolgerla ad altri, a coloro che lapossono ricavare spontaneamente dallaloro stessa esperienza personale. Lavita può farci intuire certe realtà piùluminosamente di quanto avvenga at-traverso una matura riflessione .A tale intento la nostra rivista

    Dimensioni, delle cui ricerche cisiamo valsi in un articolo precedente,si è indirizzata ai suoi lettori, ingran parte giovani che vanno versoi vent'anni o li hanno da poco supe-rati. Le risposte sono state numerosee seriamente impegnate . Ed è suffi-ciente leggerne alcune, scelte tracentinaia di interventi, per convincercidi una confortante realtà, che il pro-blema della fede è robustamente sen-tito e interpretato dai giovani .

    Certo non sono tutte affermazionida inserire nei trattati di teologiaquelle che questi giovani dedicanocon tanta passione e spontaneità aquesto "loro" problema vitale ; maciò non toglie che siano ricolme diuno straordinario senso cristiano, chedenota con quanta immediatezza eprofondità i giovani di oggi vivonol'appassionante ricerca della verità .

    La fedeè una conquista personale

    Cosa vuol dire, dunque, credereper tanti giovani con cui dividiamo,nel lavoro negli uffici nelle scuole, legioie e le delusioni della vita quoti-diana ?

    Ecco alcune riflessioni in proposito,frutto talora di sofferta meditazione .

    « Dopo parecchio tempo di ricerca- scrive un giovane - ho avuto lagioia di ritrovare la mia fede ; una fedediversa, più matura, diventata vera-mente personale . . .

  • Non so se riuscirò a esprimere ciòche ho scoperto, anche perchè sonoconvinto che la fede è frutto di unaconquista personale e che non la sipuò capire che trasformandola in vita .

    Io vedo la fede come un rapportovitale tra la mia persona e un'altrapersona : Cristo . È in questo rapportodi amicizia che si esprime la miafede. . . ».

    Giuliano - così si chiama lo scri-vente - accanto al nome aggiunge :« un giovane studente ventenne, felice divivere » e al termine della sua letteraafferma : « Per concludere vorrei citareuna frase scritta da una mia amicatedesca incontrata in Francia, tra ungruppo di giovani di cui ho fatto partequesta estate : "Sorridere è vedere glialtri con gli occhi di Cristo" » .

    Credere è amare

    Il nome e la persona del Salvatoreritornano con crescente insistenza traquesti giovani che parlano di fede .Stupendo ciò che scrive uno di Forlì :«Sto convincendomi che per poter cre-dere è necessario entrare, non fermarsisulla soglia e rimpiangere ciò che silascia fuori; entrare con impeto inCristo » .Un altro di Desenzano del Garda :

    « Per me credere vuol dire che un Uomoè nato un giorno sulla terra, è vissuto,ha detto e fatto grandi cose, è statoucciso e poi è ritornato vivo : cioè hadimostrato di essere qualche cosa dipiù di un uomo. . . ».

    Non è detto che il dubbio non as-salga talvolta anche questi adole-scenti che hanno così vivo il sensocristiano.Una signorina di Massa Marit-

    tima scrive che è forse il mondocontemporaneo che porta ad averetante incertezze, in quanto si tendead abolire i vecchi valori e i vecchiideali, senza averne trovati dei nuovi.Ma prosegue : « L'incertezza, il dubbio,l'attesa fanno parte di noi; anche

    RisDiuliloilo i DIOuaniperchè non c'è vera fede là dove nonsi pongono domande » .

    Per le nuove generazioni - lo do-cumenta l'inchiesta a cui ci rife-riamo - non ha più valore una fedefolcloristica, tradizionale - come an-nota un giovane di Aviano (Udine) -« ma quella sofferta e plasmata in conti-nuazione ». È lo stesso che sottolinea :« Credere non è un pensiero, ma Un'azio-ne; non è una preghiera, ma una vita » .

    Per alcuni la fede è «uno sguardosul mondo, conforme allo sguardo diDio, uno sguardo nuovo, preciso, vero »(una signorina di Albese, Como) ; eil cristianesimo è « la risposta esau-riente, più piena, più feconda alla pe-renne attesa, alla sete inesauribile del-l'umanità di ogni tempo e di ogniluogo, alla sete e all'attesa dell'Amoreinfinito» (una ragazza di Vittorio Ve-neto) .

    Per molti la fedi in Cristo e neifratelli è un atto di amore . Scriveuno da Catania : «Per me credere,oltre esse è una grazia, è un impegnocon l'Altro » . E uno da Mantova : « Sipossono fare tanti discorsi, ma alla finemi trovo sempre solo davanti a Dioche mi chiama» .

    Questi giovani manifestano il lorodisagio per dover vivere « tra gente chepensa solo a star bene, a vivere tran-quillamente, senza una responsabilità,senza un dovere di fronte agli altri» ;e traducono nella realtà di ogni giornoil dono della fede : «L'unica condottaragionevole di vita perchè la mia esi-stenza possa avere importanza, è sa-pere se essa vale per gli altri, se iofaccio qualche cosa per migliorare glialtri, per dar loro maggior libertàspirituale, culturale, fisica . . . Io hoscelto medicina per questo » (un giovanedi Torre Quartesolo, Vicenza) .È lo stesso giovane che si chiede

    come sia possibile, dopo tanti annidi cristianesimo, veder gente che siammazza, che soffre la fame, che fale guerre . . .

    Molti elementi di queste nuove levesi scrutano e si "auscultano" per ve-rificare se la fede «che si son trovata

    sulle spalle - come scrive uno diloro - sia autentica, e valga la penadi dare ad essa il pieno e deliberatoconsenso». Si chiedono «se sia giustorestare sempre soli, con il propriomondo interiore . . . » . Ma gridano al no-stro mondo che la fede - come annotòDunan - « non è nè teoria, nè dedu-zione, ma avvenimento, brusca e im-prevedibile invasione di una esistenzada parte di Dio che la conquista tuttaquanta » .

    Date un significatoalla vostra vita

    Un giovane di Comacchio lanciaun appello ai suoi coetanei, dopo averconfessato che sente un irrefrenabilebisogno di dare una risposta validaai suoi interrogativi e alla sua vita .Scrive : « Vorrei lanciare . un messaggioa quell'immensa massa di giovani chenon vive, ma vegeta nella civiltà delbenessere, senza porsi il problema reli-gioso : svegliatevi dal vostro torpore eguardate il mondo intorno a voi; dateun significato alla vostra esistenza .Non giungete alla fine della vostravita scoprendo irrimediabilmente diaverla sprecata e ingiuriata nella solaricerca ossessiva di un progressivo be-nessere e di una mera felicità, basatasul denaro e sull'egoismo . . . » .

    È confortante che i nostri giovanisiano giunti a queste affermazionisulla fede come vita oltre che comeatto di intelligenza, e che ancora unavolta possiamo cogliere in loro degliinteressi che ci fanno bene sperare .

    Noi li rileviamo perchè prima ditutto questi giovani non siano delusidalle nostre incoerenze e poi perchèsi sappia su quali solide basi possiamocontare per aiutarli a risolvere i loroproblemi .

    E vogliamo anche essere loro ri-conoscenti per la lezione che ci danno :essi ci ricordano che la fede è soprat-tutto rapporto personale con Dionell'amore .

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  • La domenica 15 ottobre, l'Em .moCardinale Francesco Carpino, Ar-civescovo di Palermo, ha presopossesso del suo "Titolo" dellachiesa di S . Maria Ausiliatrice alTuscolano. Il bel tempio mariano,elevato ora a Titolo Cardinalizio,era gremito di fedeli a ricevere de-gnamente l'Em.mo Titolare, accoltodal Rettore Maggiore don LuigiRicceri, dal Parroco don GiuseppePiemontese e da altre personalità .

    Dopo che il Protonotario Apo-stolico mors. Giuseppe Del Tonebbe letto la Bolla pontificia dinomina, il Rettor Maggiore rivolseal Porporato un devoto indirizzo diomaggio, rilevando che il tempio,nell'accogliere l'Arcivescovo di Pa-lermo quale primo Cardinale diSanta Maria Ausiliatrice, vivevauno dei suoi fasti .

    L'idea di affiancare all'IstitutoPio XI una chiesa parrocchiale- ha aggiunto - sebbene la nuo-va opera sorgesse in estrema peri-feria, fu dello stesso Pio XI, checon squisita delicatezza aveva det-to : « La dedicheremo a Maria Au-siliatrice » .

    Recentemente il pittore salesia-no don Giuseppe Melle ne affre-scava le pareti, le volte, la cupola,ispirandosi alle grandezze di Mariae ai trionfi di Maria Ausiliatricenella Chiesa e nel mondo .

    Don Ricceri rilevava come lagrande bontà verso i figli di DonBosco e la devozione al santoFondatore di Sua Eminenza ave-vano realizzato un comune desi-derio. Infatti l'efficace interessa-mento del card. Carpino impetrava

    Il CardinaleCarpinoprende possessodel nuovo titolodi S. MariaAusiliatrice

    l'elevazione del tempio a Titolocardinalizio; e Sua Santità si com-piaceva di assegnarlo a chi conletizia salesiana veniva ora accoltonella sua chiesa, quale primo Car-dinale del titolo di Santa MariaAusiliatrice .

    ,LI cardinale Carpino ringraziavaper una così fervida accoglienza,evocava « il ricordo del caro e ve-nerato Don Bosco», inneggiava aMaria, Madre di Dio e degli uo-mini, e si compiaceva di dichia-rare : « Ho scelto questa chiesaquale Titolo cardinalizio, perchèscegliendo/a ho inteso eleggerequale stella della mia missione pa-storale nel 'Archidiocesi di Paler-mo la Madonna di Don Bosco, laMadonna Ausiliatrice, la MadonnaMediatrice di grazia » .

  • Il CardinaleDe Furstenbergprende possessodel nuovo titolo

    dei Sacro Cuore alCastro Pretorio

    Il 22 ottobre ('Em.mo Cardi-nale Massimiliano de Furstenbergha preso possesso del suo TitoloPresbiteriale del Sacro Cuore alCastro Pretorio .

    Il Porporato, all'entrata dellaBasilica, è stato accolto dal RettorMaggiore don Ricceri, dal Parrocodon Stefano Giua, da altre perso-nalità e da numerosi salesiani .

    Fatto l'ingresso nel tempio af-follato di fedeli, il Cardinale ado-rava il Santissimo, quindi, dopo lalettura della Bolla pontificia di no-mina fatta dal Protonotario Apo-stolico mons . Gioachino Sormanti,riceveva l'obbedienza della fami-glia salesiana .

    Successivamente il Rettor Mag-giore ha rivolto al Porporato undevoto indirizzo di omaggio, espri-mendo l'esultanza dei figli di DonBosco per l'elevazione a Titolo car-

    dinalizio della Basilica, eretta perincarico di Leone XIII dallo stessosanto Fondatore .

    Don Ricceri aggiungeva anchei sentimenti di ammirazione e digratitudine dei salesiani per il Por-porato, che nel corso delle suemissioni diplomatiche e pastoraliin Giappone, in Australia e in Por-togallo, sostenne sempre e inco-raggiò validamente la loro opera .

    Rispondendo al Rettor Mag-giore, il cardinale de Furstenbergrinnovava i suoi sentimenti di gra-titudine al Vicario' di Cristo peraverlo chiamato nel Collegio Car-dinalizio e per avergli assegnatoquale titolo la fiorente Basilica delSacro Cuore, un tempio - egliha detto - che pur non avendoun lungo passato, nei suoi ottantaanni di vita ha già una sua storiapiena di significato . Molto sapien-

    temente Leone XIII aveva invitatoDon Bosco a costruire il tempio,che in soli sette anni fu un fattocompiuto, e il Santo potè cele-brarvi la prima Messa tra lacrimedi commozione e di gioia . « Noioggi - ha esclamato il Cardinalede Furstenberg - abbiamo il privi-legio di trovarci in un tempio erettoda un Santo e da quale Santo!» .

    « È per me motivo di consola-zione - ha soggiunto - ritrovarequi i salesiani dopo averli cono-sciuti, ammirati e amati in Giap-pone sotto l'egida del veneratomonsignor Cimatti, poi in Australiae in Portogallo . La loro fedeltà allamissione educatrice della gioventùpopolare è una grazia : dappertuttonel mondo la formazione cristianaunita a una seria formazione arti-gianale e tecnica della gioventù èuna missione della Chiesa che nonpotrà essere loro tolta » .

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    SAN FRANCESCODI SALESMODELLO

    N ELL APOSTOLATOSTAMPA

    Il Rettor Maggiore don Luigi Ric-ceri negli « Atti del Consiglio Su-periore» diretti a tutti i Salesianiin occasione del IV centenario dellanascita del nostro Patrono, dopoaver presentato S . Francesco diSales come « Maestro di spiritua-lità e modello di educazione inclima di libertà, di dialogo, di amo-revolezza », propone alla imitazioneil suo esempio e quello di DonBosco in un apostolato sempre piùattuale: la stampa .

    Chi, entrando nel santuario diMaria Ausiliatrice, guarda alla se-conda cappella a sinistra, dedicatauna volta a San Francesco di Sales,vede in un grande affresco il nostroSanto Patrono in una stamperiatutto intento a correggere una bozza,mentre uno stampatore è in attodi presentargliene un'altra . Sottol'affresco, intorno all'arco che se-para la cappella da quella del SacroCuore, corre la seguente scritta inlatino : Francesco di Sales per difen-dere e promuovere la fede cattolicacon la pubblicazione di buoni libri

    aperse una stamperia e per questoviene riconosciuto come protettore del-l'arte della stampa .

    Si direbbe che tale scritta postasotto l'affresco del Rollini abbia sa-pore di profezia . L'artista ha cer-tamente voluto presentare S . Fran-cesco di Sales quale modello di DonBosco nell'apostolato della stampa ;non per nulla ha messo attorno alSanto dei giovani al lavoro . E cosìl'artista ha quasi anticipato ciò chePio XI e Pio XII avrebbero fattopiù tardi dichiarando S . Francescopatrono degli scrittori cattolici eDon Bosco patrono degli editori cat-tolici .

    L'accostamento dei nostri dueSanti in questo settore ha elementiprofondi. All'inizio della sua mis-sione nel Chiablese 5 . Francesco,che non riusciva a ottenere uditorimentre predicava la parola di Dio,trovò il modo di far arrivare, percosì dire, la sua predica a domicilio .Affidò a fogli volanti, da lui prepa-rati, le verità principali della fedecattolica. In quei fogli, semplici maperspicui, chiariva precisi punti con-troversi ; rispondeva alle obiezioni,scopriva calunnie e metteva benein chiaro l'eresia. I fogli accurata-mente stampati venivano distribuitigratuitamente e in larghissima co-pia, e, penetrando dappertutto, il-luminavano le menti, scioglievanodubbi ed ebbero tanta influenzanelle conversioni .

    Non diversamente Don Bosco, af-frontando una situazione analoga,cominciò con gli Avvisi ai Cattolici,la stampa delle Letture Cattolichee svolgendo man mano i tratti diuna apologetica popolare e praticavenne a formare Il Cattolico istruito,appunto come S . Francesco di Salesaveva, quasi senza avvedersene, com-posto le Controversie .

    La genialità del Fondatore, messaa servizio delle anime, non si fermòqui. Sappiamo infatti quanto il no-stro Padre, sulla scia del suo santoesemplare, abbia lavorato e sofferto

  • per dare incremento e allargare almassimo l'apostolato della stampa .

    Col suo intuito geniale e aposto-lico, comprese l'enorme potenza diquesto strumento di comunicazionesociale e capì che sarebbe sempre piùcresciuta in concomitanza con l'evo-luzione sociale nel mondo . E ap-punto perchè consapevole di questapotente influenza della stampa nellasocietà, lasciò in eredità ai suoi figliquesto apostolato, consacrandolo nel-le Costituzioni come uno dei finispecifici della Congregazione ; nonsolo, ma volle integrare questa con-

    San Francesco di Salespatrono degli scrittori cattolici

    (affresco del Reffonella Basilica di Maria Ausiliatrice

    in Torino)

    segna lasciata ai salesiani dandoo allasua terza Famiglia, ai Cooperatori,come esercizio di apostolato primariola diffusione della stampa (Rego-lamento dei Cooperatori, e . II, n. 3) .

    Ma sentiamo le parole del Padrenella lettera del 1885, che potremmochiamare il suo testamento-pro-gramma su questo argomento . Sonoparole vive e appassionate, di pal-pitante attualità, ancor più dopo ilDecreto conciliare sugli strumenti dicomunicazione sociale .

    « Fra i mezzi, per la gloria di Dioe la salute delle anime, quello che io

    intendo caldamente raccomcgndare èla diffusione dei buoni libri. Io nonesito a chiamare divino questo mezzo,poichè Dio stesso se ne giovò a rige-nerazione dell'uomo . Furono i librida esso ispirati che portarono in tuttoil mondo la retta dottrina . . .

    Tocca adunque a noi imitare l'o-pera del celeste Padre . I libri buonidiffusi nel popolo sono uno dei mezziatti a mantenere il regno del Salva-tore in tante anime . . .Fu questa una delle precise im-

    prese che m'affidò la Divina Prov-videnza, e voi sapete come io dovettioccuparmene con instancabile lena, no-nostante le mille altre mie occupa-zioni . . .

    Questa diffusione dei buoni libri èuno dei fini principali della nostra Con-gregazione. .. Le nostre pubblicazionitendono a formare un sistema ordinatoche abbraccia su vasta scala tutte leclassi che formano l'umana società . . .» .

    Questi pensieri del Padre ci fannoapprezzare la sua antiveggenza e lasua eccezionale sensibilità apostolica(pensiamo che furono scritti più di80 anni fa), ma in pari tempo ci ri-chiamano con grande autorevolezza ildovere di non lasciar decadere questoapostolato nella Congregazione . . .Sarò tanto lieto se la celebra-

    zione di questa ricorrenza "sale-siana" servirà a svegliare in ogniambiente della Congregazione la sen-sibilità e l'apprezzamento concretoper questo apostolato . Paolo VInella citata lettera apostolica Sa-baudiae Gemma, naturalmente peruna cerchia più ampia, si auguraappunto che l'esempio del santo Ve-scovo di Ginevra sia un efficace ri-chiamo a rendere operanti le preziosedirettive del decreto conciliare suglistrumenti di comunicazione sociale .

    Sono sicuro che il nostro Padrefarebbe a noi oggi lo stesso invitocon parole e sentimenti non menoappassionati di quelli espressi nellastorica lettera del 1885 . A noi ri-spondere con filiale apertura a tantipressanti e autorevoli appelli .

    i l

  • 12

    La Madonna visitava spessoDon Bosco nei sogni. E DonBosco li raccontava ai suoiragazzi per entusiasmarli, du-rante i primi anni difficili delsuo apostolato giovanile, quan-do non aveva ancora una casafissa in cui raccoglierli e glitoccava spesso sloggiare daun posto all'altro .

    « Non temete, miei cari fi-gliuoli, - diceva ; - è giàpreparato un edificio, bellis-simo, per voi ; presto ne ver-remo in possesso . Avremo unabella chiesa, una grande casa,spaziosi cortili ; e un numerosterminato di ragazzi verrannoa ricrearsi, a pregare e a la-vorare » .

    I giovani gli credevano e glisi affezionavano sempre dipiù. Molti anni dopo, ricor-dando i primi tempi belli etravagliati degli inizi, Don Bo-sco a chi gli chiedeva una ri-cetta sicura per attirare i gio-vani rispondeva con espres-sioni che si possono sinte-tizzare così : allegria, espan-sione, entusiasmo.

    • II filosofo pagano Platonediceva : Il giovane deve vi-vere in un clima di entu-siasmo . Niente di grande fumai compiuto senza entusia-smo. L'entusiasmo è una virtùmagica : stimola ad agire, ban-

    disce lo scoraggiamento e losconforto, vince la pigrizia .

    • L'entusiasmo è comu-nicativo . Se ne accorgeva-no i ragazzi quando sentivanoDon Bosco parlare del Para-diso o della Madonna. Neparlava in termini così incan-descenti che il suo entusia-smo li contagiava . L'entusia-smo è la condizione per ap-passionarsi a qualche cosa, eper appassionarvisi veramente .Quando voi parlate con entu-siasmo ai ragazzi di una deter-minata cosa, state certi che nefate sprizzare scintille .

    • Per vivere nell'entusia-smo, occorre immergersianima e corpo in quelloche si sta facendo . Oc-corre essere tutto lì, nel pre-sente. I bimbi istintivamentevivono immersi nel loro pre-sente. Crescendo, essi per-dono questa magnifica dote ;occorre rieducarli . Schope-nhauer, il filosofo del pessi-mismo, era solito dire chequasi tutti gli uomini perdonoil loro entusiasmo perchè sonodei "taglialegna" . E spiegava :«Succede agli uomini quelloche succede ai taglialegna .Quando attraversano una bellaforesta pensano : Quanto puòrendermi quest'albero? Quantimetri cubi di legname potrà

    fornire? L'anno scorso hoguadagnato tanto : quest'annodevo guadagnare di più . Vi-vono sempre nel passato onel futuro, mai nel presente» .

    • Dice un educatore moderno :L'entusiasmo ha bisognodi essere continuamenteattizzato . E dove i ragazzi at-tizzano il loro entusiasmo? Allavita divina della grazia . Unragazzo che viva in grazia diDio è sempre allegro ed entu-siasta. Un ragazzo che nonha la grazia di Dio, è triste escontento. « Chi vive nell'en-tusiasmo, vive nell'aurora del-l'eternità » .

    • Ricche fonti inesploratedi energia esistono in ognu-no di noi . Di tanto in tantosi entra in contatto con questemisteriose riserve : e allora sisentono scaturire slanci di fi-ducia, di bontà, di forza crea-tiva . Poi bruscamente il cir-cuito si interrompe e ci sisente trascinati all'indolenza ealla pigrizia. Occorre teneresempre aperto il circuito del-l'entusiasmo. I ragazzi entu-siasti sono più vitali, più di-namici, più fattivi e più vividegli altri . Raramente sonostanchi ; quasi mai scorag-giati . Il loro segreto? L'entu-siasmo che nasce dall'anima ingrazia .

  • L'ADDIO AI MISSIONARI PARTENTI

    UNA "GRANDE PIANTA"DIVENUTA REALTA

    L'arma del missionario,il crocifisso,simbolo insiemedi olocausto e di vittoria

    per la novantatreesima volta, la domenica 8 ottobre,si è rinnovata nella Basilica di Maria Ausiliatrice la

    commovente cerimonia dell'addio ai missionari partenti .La prima volta - l' i i novembre 1875 - Don Boscoaveva detto :

  • 14

    di Maria Ausiliatrice . Provengono da diversi Paesieuropei : Italia, Spagna, Irlanda, Germania, Jugoslavia,Inghilterra . . . e sono destinati all'America latina (Pata-gonia, Terra del Fuoco, Brasile, Cile, Ecuador, Messico,Paraguay, Venezuela), all'Asia (Hong Kong, Filippine,Corea, Timor), all'Africa (Congo, Ruanda), all'Australia .Nelle vacanze che precedettero la partenza della

    prima spedizione missionaria, Don Bosco aveva convo-cato i prescelti nel collegio di Varazze, affinchè atten-dessero allo studio della lingua spagnola e alla loro pre-parazione specifica di evangelizzatori qualificati .

    Anche quest'anno, la preparazione per l'inserimentorapido ed efficace di questi giovani missionari nel"mondo" che sarà il loro, è stata curata conforme alleesigenze dell'epoca postconciliare mediante un corsodi lezioni organizzato per loro a Bagnolo Piemonte.

    Le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno atteso alla loropreparazione frequentando l'Istituto Internazionale diPedagogia e Scienze religiose che ha sede in Torino .

    Oggi ai salesiani sono assegnati sedici territori dimissione vera e propria : nove nell'America latina, seiin Asia e uno in Africa . Sono in tutto 135 "residenze",disseminate in territori di oltre un milione e mezzo dichilometri quadrati, con una popolazione complessivadi oltre 25 milioni di abitanti . Ma i missionari salesianisvolgono il loro apostolato anche in altre regioni, speciein Paesi asiatici, con altri 164 centri . Complessivamentesono 2617 i figli di Don Bosco che lavorano oltre oceanocome portatori della Buona Novella. Le Figlie di MariaAusiliatrice completano questa attività missionaria conaltri 126 centri di missione e 959 suore nelle missionipropriamente dette .

    Dall'alto:

    II prefetto generale don Albino Fedrigotticonsegna il crocifissoa un giovane missionario coadiutore

    L'abbraccio dei Superiori Maggioriai missionari partenti .In primo piano il catechista generaledon Modesto Bellido

    Ogni anno all'apostolato dei missionari salesianisi affianca l'opera preziosadelle missionarie Figlie di M . Ausiliatrice

  • MonsignorCimatoritorna ...

    I 1 6 ottobre scorso segnava il se-condo anniversario della morte diquell'ardente e infaticabile missio-nario che fu mons . Vincenzo Cimatti,fondatore delle Opere salesiane inGiappone .Due anni sono trascorsi, ma per

    mons. Cimatti il tempo non è statonemico come per la maggior partedegli uomini, e non ha fatto affie-volire il ricordo di questa figurastraordinaria di uomo, di studioso, dimissionario e di santo ; anzi, come peri santi e per gli eroi, il tempo è statocome una lente potente che ha messoa fuoco le opere di bene, il cuorevasto, le virtù religiose e civili chein mons. Cimatti eccelsero, ma chedurante la vita erano rimaste velatedalla sua umiltà .

    Don Cimatti, come desiderava es-sere chiamato, in questo anniversariodella sua nascita al cielo, è tornatotra i suoi figli con le sue spogliemortali, esumate dal cimitero co-mune, per riposare o meglio, per con-tinuare a comunicare loro colla suapresenza quella carità che fu il suoinsegnamento- e il suo esempio diogni giorno .

    Il 5 ottobre u . s., la sua veneratasalma rientrava nel Seminario diChofu-Tokyo . Dopo le esequie officiateda mons. Pietro Shirayanagi, vescovoausiliare di Tokyo, a cui assistette . ilPro-Nunzio Apostolico mons . BrunoWustenberg con un folto gruppo disalesiani, di Figlie di Maria Ausilia-trice, di Suore della Carità di Miya-zaki e di rappresentanti di tante con-

    Sotto il busto di mons . Cimatti(opera del salesiano don Paolo Faroni)sostano il Pro-Nunzio Apostolico mons. Bruno Wustenberg (al centro),l'Ausiliare di Tokyo mons . Pietro Shirayanagi,e il direttore dello studentato don Alfonso Crevacore

    gregazioni maschili e femminili dellacapitale, venne murata nella criptadella nuova chiesa .

    Questa chiesa che gli amici, allievie benefattori di don Cimatti, sparsinel mondo, per l'interessamento deldirettore del Seminario salesiano diChofu don Alfonso Crevacore, hannovoluto fosse eretta in sua memoria,è bella nella semplicità delle sue lineemoderne . Nel loculo accanto allabara è stata posta una pergamenache dice : «Questa chiesa è stata edi-ficata dagli amici e ammiratori dimons. Vincenzo Cimatti per ricordarele sue virtù e dimostrargli la loro rico-noscenza . Mons . Cimatti nacque aFaenza il 16 luglio 1879 . A tre anni,in braccio alla mamma, vide Don Bosco .Come salesiano, fu ripieno dello spirito 15

  • Estratto dal Comunicato A .N.S.A .

    Tokyo, ottobre 6. - « . . . un santo, lo ripeto, un verosanto - ci ha detto l'ex ufficiale della Marina MilitareItaliana Giuseppe Bonati, che fu internato in Giapponesubito dopo l'8 settembre ed è attualmente impiegatopresso l'Ambasciata d'Italia in Tokyo -. Infatti se nonci fosse stato mons. Cimatti a sfamarci di nascosto congravissimo rischio per la sua vita e la sua libertà perso-nale, nonostante fosse oberato di analogo pesante onereper provvedere a tutti i Salesiani e Missionari, i militarie i marittimi della Mercantile Italiani internati in Tokyosubito dopo l'armistizio dei 1943 sarebbero tutti mortidi stenti, ma soprattutto di fame. Quello che ha fattomons. Cimatti per tutti noi ha dei sovrumano ed è assolu-tamente indimenticabile : gli dobbiamo tutti la nostra vita » .

    del Fondatore e dedicò tutta la vitaall'educazione e cura delle anime. Nel1926 venne in Giappone e per 4o annicon ardore indomabile lavorò per lagloria di Dio e la salvezza delle anime,finchè si consumò in olocausto per l'a-mato Paese di adozione. Voi tutti chepellegrinate a questa chiesa, vogliaterichiamare alla mente la sua soavefigura e rinnovate il proposito d'imi-tarlo. "Siate miei imitatori come iodi Cristo" » (I Cor., 4, i6) .Ne seguì la Messa celebrata da

    mons. Shirayanagi con la partecipa-zione del Pro-Nunzio mons . Bruno Wu-

    Tokyo . La facciata della nuova chiesa .A sinistra l'entrata alla criptache custodisce la salma veneratadi mons . Cimatti

    stenberg. Alla fine il Padre Kawaguci,uno dei primi allievi di mons . Ci-matti nel Piccolo Seminario di Miya-zaki, volle rendergli pubblica testi-monianza del bene che da lui avevaricevuto. Disse tra l'altro : « Il Padrelwashita dice che più si sale il monteFuji, e più ci si accorge della sua al-tezza ; ora, dopo tanti anni di camminoe con un po' di esperienza, ho potutocapire a quale altezza sia arrivatoquesto Servo di Dio. Ho semprecercato di scoprire in lui delle debo-lezze, ma devo confessare che maici sono riuscito . "Kan wo òte, Notosadamaru", dice un proverbio cinese,e cioè "dopo la morte si conoscel'uomo" . La figura di mons . Cimattiappare ora, dopo la sua morte, nellagiusta realtà e balza imponente egrande nella grandezza della carità ."Se il chicco di grano, caduto in terra,non muore, resta esso solo ; ma semuore porta molto frutto" . Monsi-gnore, come il chicco di frumento,ora porta molto più frutto di quandoera in vita » .

    Il 6 ottobre, alla presenza di unfolto gruppo d'invitati tra cui si no-tavano molte autorità civili e religiose,mons. Wustenberg consacrò la nuovaChiesa e concelebrò con mons. Shi-rayanagi e una quindicina di salesiani .

    Alla funzione religiosa seguì lacommemorazione ufficiale .

    Il primo discorso fu tenuto dalNunzio Apostolico, che presentòdon Cimatti come il prototipo delMissionario . « Don Cimatti - disse --vide tutte le sue opere in funzionedella predicazione, dell'apostolato eri-

    stiano, e le sue opere non furono nèpoche nè piccole ; per accennare soloa qualcuna, pensò subito all'erezionedi un piccolo seminario per le voca-zioni indigene, aprì la prima Scuolaprofessionale a Tokyo e a Miyazaki,quella che in seguito divenne laTanki Daigaku, la vostra Universitàdi Miyazaki. Alle opere di educa-zione seguirono quelle sociali a favoredei più poveri, che sono sempre statiuna delle preoccupazioni principalidella Famiglia Salesiana, e che ren-dono sempre attuale la vostra opera » .Sua Eccellenza accennava quindi agliOratori, alle preoccupazioni di don Ci-matti per l'apostolato della stampa,alla sua elezione a Prefetto Apostolicodi Miyazaki . Il Nunzio concludeva :«Questo apostolo così generoso, questolavoratore instancabile e modesto, que-sto prototipo di Missionario assurge asimbolo, esempio e monito per tutti noiche lavoriamo in Giappone come mis-sionari » .

    Il Governo Italiano era rappresen-tato dal Ministro d'Italia dott . AldoConte Marotta, che ringraziando laFamiglia salesiana a nome del Go-verno per il contributo di civiltà edi fede dei missionari salesiani sparsinel mondo, accostò l'umile don Ci-matti alla serafica figura del Poverellod'Assisi, ambedue geni ed eroi del-l'amore cristiano.

    Il deputato Aikawa Katsuroku, noncristiano, ex prefetto di Miyazaki, ri-cordava con parole commosse l'amoredi don Cimatti per il Giappone e peri Giapponesi e tra l'altro diceva :« Ricordo la suonata per piano chemons. Cimatti compose io anni faper il 26oo° anniversario della fonda-zione dell'Impero giapponese, suonatache fu trasmessa per radio a tutta lanazione. Quella musica aveva profon-damente scosso il cuore di noi giap-ponesi . Colui che aveva saputo inte-nerire il cuore dei Giapponesi, nonpoteva non amare profondamente ilGiappone e i Giapponesi ».

    Il senatore Kuroki Toshikatsu,anche lui non cristiano, nativo diMiyazaki, confessava che tutto il suolavoro per le Opere sociali aveva avutoinizio nel suo cuore di adolescente

    4

  • Nella luminosa chiesa eretta dagli amici di mons . Cimatti,dopo la consacrazione, il Nunzio mons . Wustenbergconcelebrò con mons . Shirayanagi e numerosi salesiani

    per il contatto che aveva avuto conmons. Cimatti. Perciò ora con com-mozione ringraziava questo suo grandebenefattore, che gli era stato maestronella scienza più necessaria all'uomo :la carità .

    Il senatore Kuroki, benché noncristiano, è un'anima naturalmentecristiana . Ha come suo consigliere ilsalesiano don Emi . Il senatore è ungrande benefattore di tutte le Operesociali cattoliche ed è stato recente-mente insignito dalla Santa Sededella Commenda con placca di S . Sil-vestro .

    Infine l'Ispettore salesiano don Ste-fano Dell'Angela ringraziava tutti perl'amore e la stima che avevano dimo-strato all'indimenticabile monsignoree terminava con una frase chemons. Cimatti amava ripetere : Scò-modati sempre per gli altri .

    La sera del 6 ottobre la compagniamusicale del sig. Jigunji volle presen-tare in uno dei grandi teatri diTokyo l'opera Gracia Fujin, musicata

    da mons. Cimatti più di 25 anni fasu libretto di un altro conosciutissimomissionario, il P. Herman Heuvers,gesuita. Fu un successo e nello stessotempo una dimostrazione del geniodi colui che della musica aveva fattouno strumento per amare e far amareDio .

    A sintesi di tutto ecco uno stralciodella lettera che il Rettor Maggioredon Luigi Ricceri inviò per l'occa-sione ai salesiani del Giappone : « Lavenerazione per il grande patriarcascomparso supera oggi l'ammirazionedi cui fu circondato per tutta la vita .La profonda religiosità della sua anima,unita alla cordiale bontà verso tutti,la dedizione infaticabile alla causa delregno di Dio, l'ardimento e la origina-lità della sua impresa missionaria,fanno apparire più luminosamente inLui, col procedere del tempo, una dellefigure più complete e alte fra quantihanno abbracciato l'ideale salesiano » .

    DON G. MANTEGAZZAmissionario salesiano

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    17

  • Realizzandola « Populorum Progressio »

    UncentrcsociaaBelémnelRr!2c :l

    Nel numero di ottobre, sotto il titolo « Oggi a Belém comeieri a Valdocco», abbiamo presentato la « Scuola Salesianadel Lavoro » sorta nel sobborgo « Sacramenta » alla periferiadi Belém do Parà nel Brasile, per togliere dall'abbandono edall'ozio la gioventù maschile di quel popoloso sobborgo,segnato dalla miseria materiale e morale .Abbiamo anche fatto cenno all'Opera creata dalle Figlie diMaria Ausiliatrice per la gioventù femminile . E il provviden-ziale « Centro Sociale Auxilium» di cui oggi possiamo daremaggiori notizie .Già da qualche anno le suore del collegio « S . G . Bosco »di Belém vi si recavano al sabato per i Catechismi e l'Ora-torio e vi si trattenevano fino al lunedì, tornando semprecol cuore stretto per non poter fare di più .Due anni fa, in una riunione di Religiose, l'Arcivescovo,presentando il quadro lacrimevole delle periferie, invitavaogni Congregazione a prendersi cura d'un sobborgo, facen-dovi sorgere un'opera adatta .Le Figlie di Maria Ausiliatrice pensarono subito al sob-borgo « Sacramenta », il più misero di tutti ; e accogliendonella parola dell'Arcivescovo l'invito stesso di Dio, si det-tero d'attorno e riuscirono, con l'appoggio dei salesiani, adacquistarvi un appezzamento di terreno . Bussando poi atutte le porte, con l'aiuto del Governatore, delle altre Auto-rità e della benefica fondazione « Giovanni XXIII», miseromano alla costruzione di un vasto padiglione .Non pensarono a un pur modesto alloggio per sè, poichèpotevano bastare le due povere casette di legno nelle qualiavevano trovato rifugio fin dagli inizi, ma ai bisogni immensidella popolazione . Più urgente si presentava quello dellascuola per la massa di ragazze sui quindici, sedici anni epiù, che avendo lasciato la scuola troppo presto, non po-tevano continuarla per le leggi scolastiche, che determi-nano per ogni classe un limite di età . Quindi, ignoranza eozio, con tutte le conseguenze di facile via al vizio .

    18 Appena aperta la scuola nell'ampio padiglione in muratura,

    NEL MONDOSALESIANO

    affluirono oltre 500 ragazze dalla 3a alla 6a classe . Si do-vettero organizzare tre turni al giorno per accoglierle tutte,e pensare alle maestre impegnandosi a farle retribuire dalGoverno. Presentemente vi insegnano diciassette studentesseuniversitarie, delle quali parecchie exallieve .I turni scolastici si alternano con quelli di laboratorio, ditaglio e cucito, che completano la formazione delle allieve .Alla domenica si contano a centinaia le ragazze piccole egrandi che accorrono all'Oratorio, e con esse non meno diduecento mamme povere e ignoranti, felici di avere l'inse-gnamento catechistico adatto a loro.Apposite riunioni per i genitori del primo centinaio di neo-comunicande rivelarono il grande numero di famiglie fondatesenza il matrimonio cristiano, e quindi la necessità di una de-licata opera per illuminare e portare a Dio tanta povera gente .A tutte queste Opere, sorte in meno di un anno, si sono ag-giunti i Corsi professionali o di artigianato, che si possonodire impiantati dalla Provvidenza . Un signore ha offertospontaneamente per un anno cinque grandi telai e tuttal'attrezzatura e il necessario avviamento per fabbricare infibra di palma cizal amache, tappeti, borse e altri oggetti .Un bel gruppo di ragazze vi si sono già addestrate, renden-dosi capaci di confezionare, dopo le ore di scuola, cinquereti per amache al giorno, mentre altre seguono i corsi dimaglieria e di ricamo, e altre ancora sono indirizzate a man-sioni agricole .Così tutte trovano lavoro ; e sono più di 700 tolte dalla stradache passano l'intera giornata in quella che è divenuta or-mai la loro casa .«Saper leggere e scrivere, acquistare una formazione pro-fessionale, è riprendere fiducia in se stessi e scoprire chesi può progredire insieme agli altri . . . » . Le parole del SantoPadre nella « Populorum Progressio » hanno nel « Centro So-ciale Auxilium » di Belém una risposta e una conferma dallostesso sorriso di gioia e di speranza che fiorisce in tuttequelle giovinezze aperte cristianamente alla vita .

  • RomaConferenza stampasul volume« L'ateismocontemporaneo »

    Martedì, 17 ottobre, nella Sala dei Cavalieri del Santo Se-polcro, è stato presentato in una conferenza stampa il volumeL'ateismo contemporaneo edito dalla Società Editrice In-ternazionale (SEI) . Erano presenti i cardinali Marella, Gar-rone e Silva, Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede,il Rettor Maggiore dei Salesiani don Luigi Ricceri, nume-rosi Docenti universitari e un vasto pubblico . Dopo un in-dirizzo di saluto del comm . Pagliassotti, Consigliere Delegatodella SEI, il Segretario del cardinale Kónig, arcivescovo di

    La domenica 17 settembre scorso al Castello di Monte Gri-dolfo (Forlì) il vescovo di Rimini mons. Emilio Biancheri in-coronava solennemente l'Immagine della Vergine Ausiliatrice .La devozione a Maria Ausiliatrice a Monte Gridolfo fu por-tata nel 1922 dal salesiano don Giulio Parazzini, nativo delCastello . La devozione andò crescendo fino a diventare inquesti ultimi anni la festa religiosa più importante dellazona. Quest'anno si è voluto incoronare l'Immagine dellaMadonna con corone d'oro offerte -dalla popolazione, cona capo lo zelante parroco . L'incoronazione si dovette farenella piazza, perchè la chiesa non avrebbe contenuto lafolla . Benedette le corone, il vescovo le imponeva sullatesta del Bambino Gesù e della Madonna e adornava lasacra effigie con lo scettro e il fermaglio del manto, pure d'oro .Quando la folla vide brillare sulla fronte dell'Ausiliatrice edel Bambino le due corone, scoppiò in un delirante applausoe in grida di Evviva Maria Ausiliatrice . Molti piangevanodi gioia . Il vescovo, visibilmente commosso, tenne unvibrante discorso sul significato della cerimonia e presie-dette la Processione di chiusura . A sera il Castello apparivatutto un mare di luce a onore della Vergine Ausiliatrice .

    Vienna, ha letto la presentazione del volume redatta dal Car-dinale stesso. Il Rettor Magnifico dell'Università Gregoriana,P. Hervé Carrier, ha commentato l'opera definendola una dellemanifestazioni culturali più importanti del nostro tempo . Succes-sivamente don Giulio Girardi, direttore dell'opera, ha risposto ainumerosi interventi dei giornalisti . Ci ripromettiamo di presen-tare in seguito taluni problemi prospettati dal volume edito dallaSEI, mentre plaudiamo all'intento pastorale, oltre che scientifico,perseguito con riconosciuto successo dagli autori dell'opera .

    Incoronazione di Maria Ausiliatrice al Castello di Monte Gridolfo (Forlì)

  • 20

    (jrUa=MATO GROSSI

    un gesto cristiano di amor diDio e del prossimo, tanto nelle

    dimensioni della « Populorum Progres-sio » quanto nella tradizione salesiana,questo: fare dei giovani non sola-mente dei cristiani, ma anche degliapostoli .

    Cosa dice un veterano delle Missioni sulla

    In attesa di intervistare i trenta volontari reduci da Poxoreu, pubbli-chiamo queste riflessioni di un veterano delle Missioni dei Mato Grosso .Don G . B. Duroure è stato fino all'anno scorso parroco a Poxoreu, èquindi più di ogni altro in grado di valutare l'opera dei giovani prota-gonisti della "Operazione Mato Grosso" . Don Duroure è membro del-l'Istituto Storico del Mato Grosso (Brasile) e attualmente sta scrivendola storia delle Missioni del Mato Grosso .

    L'essere stata la prima a suscitare,in tali proporzioni, l'ideale e la rea-lizzazione di un così stupendo pro-gramma apostolico, è una gloria perla nostra Congregazione .

    Al loro ritorno i giovani dell'« O-perazione Mato Grosso» meritano

    I nostri volontaricon i ragazzi di Poxoreu,in una breve sostadal lavoro

    che sia loro conferito in forma solenneil diploma di Cooperatori Salesiani,poichè lo sono di fatto. Ben guidati,essi saranno nostri collaboratori pre-ziosi .

    L'« Operazione Mato Grosso » servea far meglio conoscere le Missioni ea suscitare simpatia per esse . Pensoall'esempio che ci offre l'Ospedale cheospita don Ugo : tutti, indistinta-mente, medici, infermieri, suore, am-malati, pregano, offrono il loro la-voro, le loro elemosine, le loro soffe-renze per la Missione. Don Boscodeve sorridere di compiacenza nelvedere giovani che fanno sbocciaresui loro passi tali fiori di amorecristiano .

    I giovani della « Operazione » tor-neranno essi stessi arricchiti di unaesperienza che inciderà profonda-mente sulla loro vita .

    Il missionario, questo sconosciutoche tante volte ha l'impressione - enon soltanto l'impressione - di es-sere abbandonato, ritrova il suo en-tusiasmo a contatto con giovani checomprendono e condividono con tantoamore la sua vita di sacrificio e didonazione .

    E i giovani di Poxoreu ? Quale im-pressione vedere giovani distinti, piùistruiti di loro, che vengono da cosìlontano per lavorare gratuitamenteper loro, vivendo in pieno e senza ri-spetto umano la loro vita cristiana!

    In fine si realizza per la Missioneun vecchio sogno, fino a ieri irrea-lizzabile: « A Casa da crianFa » (laCasa della gioventù) .

    Come vecchio missionario che co-nosce le difficoltà e le sofferenze dellavita di missione, oso aprire rispettosa-mente un dialogo con i Superioriresponsabili. Chiedo a Dio di illu-minarli perchè questa « Operazione »si rinnovi e si moltiplichi - e nonsoltanto nel Mato Grosso - ; ma ciòavvenga sotto la direzione di sacerdoticome don Ugo e don Luigi, affinchèun'opera intrapresa per amore di Dioe del prossimo non diventi un'im-presa di turismo o di avventure.

    DON G. B. DUROURE

  • .

    -_.__._-m.iDue membri del Consiglio Supe-riore, l'Economo generale don Rug-giero Pilla e il Consigliere per lapastorale giovanile don GaetanoScrivo, nella loro visita ai Wuaicasnella Missione dell'Alto Orinoco(Venezuela) hanno vissuto ore diprofonde esperienze, in mezzo anuclei umani tra i più primitivi diquanti ancora esistono sul nostroglobo, e hanno ammirato l'operache tra quelle tribù svolgono i mis-sionari in condizioni d'ambientedurissime e con una carica di sere-nità, di sacrificio e di abnegazioneche solo la carità di Cristo può dare .

    a. M1111

    _doma

    Dall'aeroporto cittadino di Cara-cas il piccolo bimotore si sollevòcome una rondine nell'aria tersa efresca del mattino . Il bravo pilotacon' la carta del Venezuela sottogli occhi drizzava la rotta verso SanFerdinando, uno degli ultimi scaliaerei di quell'immensa e disabitataregione meridionale in grado di of-frire una qualche assistenza al volodi piccoli apparecchi. Qui fu fattoun provvidenziale pieno, che avrebbeconsentito la massima autonomia divolo, e furono meglio registrati ifreni, che proprio in quel primo at-

    Visita d'eccezionea tribù primitivedell'Alto Orinoco

    terraggio non avevano troppo sod-disfatto il pilota . Egli pensava aquello che il velivolo avrebbe dovutoaffrontare in un corto campo difortuna, aperto alla meglio nellaselva sconfinata .

    Eravamo diretti a visitare la Mis-sione salesiana dell'Alto Orinoco,che si articola in quattro residenze,nell'estremo sud dell'Amazzonia vene-zuelana incuneata in quella brasi-liana .Lo scopo della nostra presenza

    nell'America latina non era questavisita, ma un programma di lavoro

    Tre Superiori Maggiori in visita ai Wuaicas .Da sinistra : don Rosalio Castillo,

    recentemente eletto membro del Consiglio Superiore ;don Ruggiero Pilla, Economo generale ;

    don Gaetano Scrivo, Consigliere generaleper la pastorale giovanile

    già esaurito. Prima a Buenos Airese poi a Caracas avevo convocatogli Economi ispettoriali salesianidelle due Americhe, e tra l'una el'altra riunione avevo visitato no-stre Opere del Brasile, dell'Argen-tina, del Cile, della Colombia e delVenezuela .

    Il Consigliere generale per la pa-storale giovanile, don Gaetano Scrivo,compiuto nel Cile un ciclo di con-ferenze e di riunioni tra il vivointeresse di quei confratelli, eragiunto il giorno innanzi a Caracas .Rimaneva solo una puntata nella 21

  • 22

    Ispettoria di New York, ove ciavrebbe accompagnato l'economoispettoriale don Perozzi, rimastocon noi .

    Nessuna radio rispondeva

    « Non si può partire dal Ve-nezuela - aveva detto l'ispettoredon Rosalio Castillo, oggi membrodel Consiglio Superiore,- senza unavisita alla Missione tra i Wuaicas,anche per rendere omaggio al sa-crificio eroico di quei missionari,così soli in tante privazioni e di-sagi, e per portare loro una paroladi incoraggiamento » .

    Detto e deciso. La sera innanzi,via radio, era stato avvertito donCocco, l'apostolo dei Wuaicas, cheaveva subito dato l'allarme ai quat-tro gruppi missionari, scaglionatilungo le più alte anse dell'Orinoco .

    Ed ora eravamo lì don Scrivo,don Castillo, don Perozzi e io, im-barcati in quel guscio di noce, chesfrecciava nel cielo sempre più in-fuocato. Sotto, pianeggiante, com-patta, d'un cupo verde variegato,si perdeva, in tutto il giro dell'oriz-zonte, la foresta, solcata qua e làda sinuosi nastri d'argento . Ognitanto c'ingoiavano densi strati dinubi. E fu proprio in uno di questistrati che vedemmo all'improvviso,a un centinaio di metri sulla nostradestra, due irte cime di monti, chesi alzavano quasi verticalmente dallaselva. Il pilota sgranò gli occhi e

    noi ci sentimmo accapponare lapelle. Se le avessimo avute di fronte,sarebbe stato impossibile evitarle .

    Da un rapido sguardo alla cartadeducemmo di essere ormai nonlontani dalla catena del Duida, chedoveva indicarci una pronunziataansa dell'Orinoco con il piccolocampo di Esmeralda, la prima dellequattro residenze . Di qui dirot-tando a est e seguendo il fiume,avremmo incontrato, dopo una die-cina di minuti, il campo di fortunacreato da don Cocco .Ma non fu così . Avvistammo

    l'Orinoco, lo raggiungemmo, dirot-tammo a sinistra, ma dopo quasiun'ora eravamo ancora alla ricerca diEsmeralda. Consultammo l'orologio :era già passato mezzogiorno . Sipregò, mentre una celata inquie-tudine invadeva gli animi di tutti .Il pilota chiamava insistentementeper radio, ma nessuna stazione ri-spondeva. La scorta di carburantenon ci permetteva di tornare in-dietro. In caso disperato bisognavatentare la discesa sul fiume : nonc'era altra via d'uscita . Si pensòper un attimo ai voracissimi piranas,che in mezz'ora spolpano un bue!

    Ma ecco finalmente profilarsi, lon-tano innanzi a noi, tra il grigiored'una cortina di nubi, un gruppo dimonti con la cima più alta prospi-ciente l'Orinoco . « Non c'è più dub-bio » esclama il pilota in vigorosocastigliano « è quello il Duida e difronte Esmeralda, che credevamo di

    Don Pilladistribuisce caramelle ai Wuaicas .« Tutti tendevano la manocon sguardo amico ;ma, tranne i ragazzettiche ci venivano intorno,nessuno lasciava la sua posizione »

    aver lasciata alle spalle » . Ormaidalla voce rinfrancata di tutti sicapiva che ognuno respirava a pienipolmoni .

    In men di mezz'ora fummo sulcampo dei Wuaicas, che si scorge-vano ai margini, intorno a due vestibianche di missionari .

    Tra gli esseri umanipiù primitivi

    Dopo un'ardita planata a suoloradente per misurare la pista, ilpilota ci fa prendere contatto conla terra che, sebbene tra sobbalzi,salutiamo gioiosamente . Il caro donCocco, il volto riarso e ruvido, sca-pigliato e arruffato nell'ampia barbapaglierina, ci abbraccia : gli occhisprizzano lampi di felicità. Assiemea lui don Berno, venuto appostadalla residenza vicina, più contenutocome la sua barba brizzolata, maprofondamente commosso, ci sa-luta con effusione . Anche le Figliedi Maria Ausiliatrice, che affian-cano l'opera dei missionari, ci ac-colgono lietamente .In un attimo il gruppo degli

    Indios è intorno a noi e con la mas-sima disinvoltura, specie i bambini,ci porgono la mano . « Como tellamas? » è la domanda dei bam-bini, che sotto la paziente guidadelle suore incominciano a impararelo spagnolo. È una vera presenta-zione, che continua mentre ci av-viamo verso le misere capanne .

  • Tutti avevano qualche "cosa"addosso, forse per la presenza delmissionario e per il nostro arrivo .Più tardi, dopo esserci rifocillaticon cacciagione della selva, pescedell'Orinoco e frutta tropicale, pre-parati dalle suore, restituimmo lavisita alle loro capanne . Queste sonomolto ampie, perchè accolgono pa-recchi nuclei familiari, ognuno deiquali occupa determinati spazi, senzaalcuna divisione tra di loro . Hannole pareti di staccionata piantata sullanuda terra, che fa da pavimento,•

    la copertura quasi sempre di lar-ghe foglie della flora tropicale. L'aria• la luce penetrano solo dalle fes-sure della staccionata . L'interno èdel tutto spoglio e quando i Wuaicassi spostano portando con sè le ama-che, gli archi, le lunghe frecce,qualche arnese e il fuoco alimentatoda un legno speciale, la capannaappare vuota e abbandonata .

    Le amache, sospese a meno di unmetro da terra, formano dei trian-goli, tra i quali durante la nottearde per terra il fuoco, che illumina• riscalda . Qua e là qualche reci-piente di legno e in alto, appesi acorde orizzontali di liana, qualchegrappolo di banane e qualche pezzodi selvaggina . Null'altro .

    Passammo da una capanna al-l'altra accompagnati da don Cocco,che si comportava come uno di fa-miglia e aveva per tutti una parola,che noi, dal tono e da come venivaaccolta, interpretavamo di incorag-giamento e di saluto . Uomini, donne,bambini erano chi accoccolato, chiseduto per terra, chi, ed erano ipiù, si cullava adagiato nella pro-pria amaca .

    Distribuimmo le caramelle . Tuttitendevano la mano con uno sguardoamico, ma, tranne i ragazzetti checi venivano intorno e ci seguivano,nessuno lasciava la sua posizione .

    I Wuaicas, sparsi in questa im-mensa selva dell'Alto Orinoco, sonopoche migliaia e non tutti i gruppi,che prendono varie denominazioni,hanno avuto contatti con il missio-nario o con i bianchi in generale .Frazionati in piccole tribù, spessomolto distanti tra loro, di un cen-

    « Si perforano i lobidelle orecchie,

    e le donne ancheil setto nasale e le guance

    intorno alla bocca .Nei fori infilano

    delle cannucce benlevigate »

    tinaio ciascuna, vivono alla giornata,di pesca, di caccia (scimmie, tapiri,serpenti, rospi . . .) e di frutta tro-picale. Della banana, che è il ciboabituale, curano anche una rudi-mentale coltivazione .

    La loro razza e i loro costumisono gli stessi di quelli che vivonolungo il Rio Negro nel Brasile : iYanoama . Sono tra i nuclei umanipiù primitivi di quanti ancora esi-stono sul nostro globo ignari del-l'odierna civiltà. Figli della selvaamano una vita quasi nomade espostano di tanto in tanto la lororesidenza . Questa, dove non c'èstata l'influenza del missionario, ècostituita da un'unica palizzata cir-colare con uno o due ingressi dal-l'esterno e con una copertura difoglie spiovente solo verso l'esternoa mo' di pagliaio e completamenteaperta verso lo spiazzo rotondodell'interno, che è la piazza dellapiccola tribù. Tutto intorno è fittaforesta, perchè la residenza è rica-vata col taglio circolare dell'intri-cata vegetazione . Dall'aereo apparecome una chierica sulla folta capi-gliatura d'un prete .

    La pittoresca toelettadei Wuaicas

    I Wuaicas hanno il senso dell'o-rientamento e raggiungono le meteche si prefiggono . Camminano nellaselva anche per parecchie settimane,senza mai perdere la giusta direzione .

    Non hanno bisogno di portare scorte :lungo il percorso si nutrono di fruttaselvatica, di cacciagione, uccisa confrecce a volte avvelenate di curaro,e si dissetano ai numerosi corsid'acqua, che incontrano lungo ilcammino. Durante le soste, specienotturne, si riparano con piccole tet-toie di foglie (tapiri), allestite ra-pidamente, e sotto le quali tendonoalte le loro amache .

    I Wuaicas sentono molto vivii vincoli di parentela e di sangue,fino a portare per mesi e mesi co-sparsa sul volto la cenere rappresadi lacrime, che esprime il doloreper un parente scomparso ; fino amangiarne le ossa triturate in unimpasto di banane, durante la ceri-monia del rearo, a cui partecipanotutti i componenti della tribù e in-vitano altre tribù amiche . Ma sonoaltrettanto spietati nella vendetta einesorabili contro le tribù nemiche,fino a distruggersi . Una delle causepiù frequenti che porta all'insorgeredi un odio profondo e insanabile èil rapimento delle giovani donne,che i rapitori prendono per mogli .Non c'è una vera poligamia, ma

    non pochi, specie i più valorosi (iwaiteri), hanno più di una moglie .Il nucleo familiare è quasi stabilee duraturi sono i legami che conquesto si creano .L'amicizia tra le tribù porta a

    frequenti scambi d'inviti a feste,alle quali gli invitati intervengono,affrontando faticose giornate di sgu- 23

  • 24

    « Presentano il labbro inferioremolto prominente, perchè tengono abitualmenteuna foglia di tabacco arrotolataintorno alla corona inferiore dei denti»

    sciamenti tra le intricate magliedella vegetazione tropicale e i pe-ricoli delle belve . In prossimità dellameta si fermano e sfoggiano accon-ciature e ornamenti di gran galacon una toletta non di abiti, ma dilucidi corpi pittorescamente striatidi vari colori ricavati da succhi dipiante e con cannucce piumate in-filate in fori praticati nelle orecchiee sul volto . Quando invece gli uo-mini muovono all'attacco di unatribù, hanno il corpo tinto tutto dinero, che è il colore della sfida edella guerra .

    I Wuaicas, dalla pelle fortementeabbronzata e rossiccia, hanno unastatura più bassa della media, ma unfisico robusto e ben formato . Sonoimberbi. Si radono i capelli lisci enerissimi alla foggia di un frateminore con un filo tagliente di canna .Occhi lievemente a mandorla. Pre-sentano il labbro inferiore moltoprominente, perchè tengono abitual-mente una foglia di tabacco arroto-lata intorno alla corona inferioredei denti. Si perforano i lobi delleorecchie, e le donne anche il settonasale e le guance intorno alla bocca .Nei fori, che hanno cura di allar-gare progressivamente, infilano perornamento delle cannucce ben le-vigate e sormontate da piume vario-pinte .

    Non è facile avere un'idea delloro patrimonio intellettuale e reli-gioso, perchè non se ne conosce afondo la lingua, di cui tuttavia sonogià stati catalogati circa cinquemilavocaboli . Scarseggiano le idee astratte•

    prevalgono i concetti concreti epratici .

    I Wuaicas credono che lo spiritodel defunto non ha pace finché nonse ne consumano le ossa . Praticanouna certa forma di stregoneria conla invocazione degli hekurà, spiritiche invadono gli individui per li-berarli dalle malattie, dar loro gioie•

    piaceri e difenderli dai mali .

    Una forza che Dio solopuò dare

    Sono dieci anni che i nostri mis-sionari hanno agganciato alcuni nu-clei di questi selvaggi, ma ancoranon si possono misurare i frutti delloro lavoro . Le difficoltà che si in-contrano sono inimmaginabili : dif-ficoltà di organizzazione, di mezzi,di lingua. di ambiente e di caratterepsicologico. Si richiede un sacri-ficio e una costanza senza limiti eche solo l'amore di Dio può ali-mentare .

    Recentemente don Cocco ci co-municava la sua gioia per le visiteeccezionali ricevute in quest'ultimotempo, tra cui quella dell'Amba-sciatore d'Italia nel Venezuela primadella nostra, e poco dopo quelladel Nunzio Apostolico .

    Egli ci aveva già fatto leggere inmissione con visibile soddisfazionela lettera dell'Ambasciatore, che èuna vera testimonianza dell'opera deisalesiani in quest'angolo isolato dellaterra, ove la Chiesa è presente,come ovunque, a estendere l'azioneredentrice di Cristo .

    « Sono stato veramente felice di averfatto questo viaggio - scriveva -• di aver passato quei due giorniassieme a lei . Sono stati momentiricchi, come pochi altri, di profondeesperienze quali raramente avvienedi viverne . L'opera che svolgete incondizioni di ambiente così dure enei confronti di tribù così primitive

    non può che essere ispirata da unaCarità, cui Dio solo può dare tantaforza, tanta serenità e tanta abnega-zione nel sacrificio .

    Come italiano, e che per di più hol'onore di rappresentare l'Italia inquesto paese, mi sono sentito orgo-glioso : perchè non è di tutti i popoliesprimere queste virtù e portare nelmondo così alto contributo missio-nario. Ho sentito che laggiù batte-vano dei cuori italiani, la cui vitadedicata ad un ideale di carità cri-stiana si richiama però anche e sem-pre alla patria, alle sue virtù mi-gliori, in un felice binomio di altovalore, sul piano spirituale e suquello umano. È, come lei ben ri-cordava, l'esempio tracciato da SanGiovanni Bosco, cui si ispira la suagrande Famiglia spirituale » .

    Leggevamo queste righe e ne spe-rimentavamo con immediatezza lacommovente verità, mentre in quellostesso pomeriggio con due fuori-bordo solcavamo il placido letto del-l'Orinoco per recarci a visitare altredue residenze, ove si ripeterono lescene del primo incontro . Tornammoa notte fonda, quando il letto delfiume si confondeva con l'oscuritàdella foresta addensata e straripantelungo le sponde e mentre una pioggiapersistente ci batteva sul viso e ciinzuppava i leggeri indumenti, rin-frescandoci e alleviando la nostrastanchezza .

    All'indomani, prima di spiccare ilvolo di ritorno, concelebrammo nellamodesta cappella della missione .presenti alcuni Indios e tra il giron-zolare ordinato e premuroso di pa-recchi indietti, felici di indossare lerosse vesti del piccola clero, anche senon ancora in grado di comprendereil significato del rito e del loro ser-vizio . Fu certo la prima concele-brazione sotto quel remoto lembo dicielo, in prossimità dell'equatore .

    Lì, in unione di menti e di cuori .chiedemmo al Signore di far prestogermogliare i semi gettati dai mis-sionari . Pregammo che l'immola-zione di Gesù sulla croce, rinnovataquotidianamente anche in quellaterra, diventi fonte di salvezza ancheper quei poveri Indios .

  • il gran capo si è fatto cristiano

    Pranzo con cinghiale per tutti:

    Si chiama Kiniama, ha novant'anni e i libri dì storia parlano di lui; mail suo maggior merito è di aver accolto la prima missione salesiananel Congo . Il Signore ora lo ha premiato con il dono della fede

    A circa 120 chilometri da Lubumba-shi, dové il fiume Kafubu si gettanel Luapula, si estende una pianuraverdeggiante di culture e di boschi :è la terra di Kiniama, sede dellaprima missione salesiana di Sakania .Questa terra era in altri tempi ilfiorente regno dei fieri Baushi e delloro sovrano, il grande capo KiniamaMofya. Egli era ancora un giova-notto quando i primi europei penetra-rono nel Katanga meridionale . Oggiha 9o anni .

    Quando nel 1914 don Sak, il futuroprefetto e vicario apostolico di Sa-kania venne per la prima volta aKiniama per studiare la posizione invista della fondazione della primamissione salesiana del Congo, ilgrande capo lo ricevette assai cordial-mente e con tutti i segni di rispetto 25

  • Dall'alto:"Entra nel tempio di Dio. . ."L'illustre neofita entra nella chiesa, sorretto da Moe dal suo padrino, il catechista Alfonso Matandikc

    'Alberto, io ti battezzonel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito SaiII grande Capo volle prendere il nome di Albertoin memoria di re Alberto I del Belgio

    destra:i grande folla, soprattutto di uominisuoi uomini -no assistito al Battesimo del gran capo

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    orto Kiniama Mofva

    riservati ai visitatori importanti . Equando il missionario definì il luogodella missione, il capo mise il terrenoa disposizione dei missionari .

    S'imponeva il problema del tra-sporto dei materiali : bisognava portarea spalla d'uomo legno da costruzione,lamiere ondulate, porte e finestre . Aquei tempi la strada carrozzabile Eli-sabethville-Kiniama non esisteva an-cora: non vi era che una pista indi-gena che serpeggiava attraverso pia-nure e foreste per oltre cento chilo-metri . Ma non ci fu da preoccuparsi :il grande capo diede ordine al suointendente di convocare cento uo-mini tra i più robusti . Quindi invitòdon Sak a venirli a vedere e gli disse :« Ecco i miei uomini : sono ai vostriordini ». Di fatto cento uomini ga-gliardi stavano allineati davanti almissionario .

    Il giorno dopo partivano per Elisa-bethville, l'attuale Lubumbashi . Im-piegarono tre giorni per andare e tregiorni per tornare, portando ciascunosul capo chi una porta, chi una fi-nestra, chi una lamiera. Così si potèfondare la prima missione salesiananel Congo .

    Il capo Kiniama fu uno dei piùassidui uditori dei missionari . Daanni egli desiderava il battesimo, mai costumi pagani nei quali egli sitrovava impigliato per la sua posi-zione di capo, in particolare la poli-gamia, gli impedivano di riceverlo .Finalmente ebbe il coraggio di supe-rare tutte le difficoltà .

    Quando, preparandolo al Battesimo,gli domandai se rinunziava veramenteai suoi feticci, il gran capo risposeche non ci credeva più affatto e chenon aveva fede che in Dio, Creatoredi tutte le cose . Egli stesso convocòtutti i notabili per discutere sull'ab-battimento dei piccoli templi erettipresso la sua casa . Questi templiagli occhi dei pagani sono come deimonumenti innalzati agli antenati :sono l'incarnazione della tribù, tantodal punto di vista nazionale quantoda quello religioso. La conversionedi Kiniama è tanto più meritoria perlui, che era il grande sacerdote paganodella sua tribù . La sua autorità mo-rale sulla popolazione è rimasta indi-scussa nonostante l'età avanzata .

    Effettivamente nel volume Balubaet Balubaises du Katanga (ediz. Ve-rhulpen, p . 392) si legge: a L'antenatodei Baushi è Makumba . Makumba

  • giunse con due capi : Mirambo eKiniama, che dovevano essere i suoigrandi sacerdoti : Mirambo rimasenella Rodesia (Zambia) e Kiniama sistabilì nel Congo con la sua tribù,i Bena Mumba. I Bena Mumbadella Rodesia del nord (Zambia) pa-garono già tributo al capo Kiniamae, sebbene ora siano divenuti indi-pendenti, essi lo riconoscono ancorasempre come loro gran capo» .

    Grande fu quindi il concorso e lapartecipazione del popolo di Kiniamaquando il gran capo ricevette il bat-tesimo. Anche la Zambia era rappre-sentata da una forte delegazione diBaushi condotti dal loro capo Ma-tanda. Come di rito, la prima partedelle cerimonie battesimali si svolsenel vestibolo della chiesa, fino al mo-mento in cui il vescovo presentò illembo della sua stola al venerandoneofita. Sostenuto dal suo padrino,il più anziano catechista della mis-sione, Alfonso Matandiko, egli feceil suo ingresso nel santuario, mentretutta l'assemblea recitava il Credo eil Padre Nostro. Egli avanzò così finoal presbiterio, dove doveva averluogo il battesimo davanti all'assem-blea. Una cattedra era stata erettaper lui di fronte al trono del vescovo .

    Nonostante l'età avanzata e la vistadebole, il capo seguì tutto con calmae piena lucidità . Momento emozio-nante fu quello in cui l'acqua batte-simale scese sulla sua fronte . Eglivolle prendere il nome di Alberto inmemoria di re Alberto I del Belgio,che aveva conosciuto nel Congo .

    Dopo il battesimo, mons. Lehaencelebrò la Messa, assistito dal superioredella missione don Frans Goossens.Fu una messa dialogata in Cibemba,accompagnata da canti appropriati,eseguiti in parte dai fedeli venutidalla lontana Zambia . Dopo l'o-melia il vescovo conferì la cresimaal novello battezzato . Quando la messagiunse alla comunione, il nuovo cri-stiano Alberto Kiniama Mofya fecela sua prima comunione . La moglie,Elisabetta Kifita, cristiana da varianni, si accostò alla sacra mensa dopodi lui, seguita da una grande folladi fedeli, desiderosi di comunicarsicol loro capo divenuto discepolo diCristo .

    All'uscita dalla chiesa il gran caporicevette gli omaggi e i doni che lasua gente gli offerse. Erano presenticon la massa di popolo tutte le auto-rità locali, che assistettero al ricevi-mento. In esso le felicitazioni, i di-

    scorsi, i complimenti si fusero felice-mente con i canti di circostanza .

    Nella sua risposta il capo ebbe ladelicatezza di ricordare i missionaridella prima ora, i pionieri, citandoliper nome, e li ringraziò insieme contutti i missionari per il bene fattoal suo popolo in più di mezzo secolo .« I missionari - concluse - sono stativeramente i miei padri nel Signore .E così debbono considerarli i Baushi » .Qualche giorno prima un caccia-

    tore aveva ucciso un ippopotamo ene aveva regalato una buona parte allatribù. La missione aggiunse altracaccia abbondante, sicchè si mangiòe si bevve con molta allegria fino atarda sera.

    Il rappresentante dei Baushi, par-lando a nome di tutti, aveva detto :« Ora il nostro paese è veramente cri-stiano perchè il nostro gran capo Ki-niama è battezzato! » . C'è da crederlo :l'esempio di quest'uomo, rappresen-tante di una civiltà ormai tramontata,ma alla quale egli aveva dato l'ultimosplendore, trascinerà i più giovani sudi una via sempre più degna, piùumana e più recettiva dei valori dicui solo Cristo è la sorgente .Kiniama (Katanga)

    P. JEAN-BAPTISTE ANTOINE

    27

  • L'apparecchioaveva preso fuoco

    Sono di ritorno da Huanuco, dovela nostra Ausiliatrice volle darci unaprova sensibile della sua protezione .L'aereo su cui viaggiavamo, al mo-mento di atterrare, prese fuoco . Ipasseggeri non se n'erano accorti ;si sentiva solo un gran caldo, e nonsi sapeva spiegare come, toccandoqua e là, tutto scottasse . Ma ce neaccorgemmo al campo di atterraggiodove la direttrice e un gruppo dialunne che stavano aspettandomi,videro sgomente che l'aereo di sottoera avvolto dalle fiamme . Impres-sionatissime, invocarono con granfede Maria Ausiliatrice, prevedendocon angoscia che, toccando terra,l'apparecchio si sarebbe incendiatodel tutto. Invece, grazie alla bontàdi Maria Ausiliatrice, avvenne ilcontrario : radendo il suolo le fiammesi spensero, e tutti potemmo uscirecompletamente illesi, rendendoci con-to del gravissimo pericolo da cui,in modo cosí prodigioso, eravamostati preservati . Fu unanime perciòun sentimento di profonda ricono-scenza alla nostra Ausiliatrice .Lima (Perù) SUOR ANTONIETTA BH05M

    Ispettrice delle Figlie di M . Ausiliatrice

    Era in pericolo grave di cecità

    Premetto che la nostra devozionea Maria Ausiliatrice ha le sue radiciin quella di mia madre. Sento inoltreil dovere di sottolineare che la miasalvezza morale e fisica durante edopo l'ultimo conflitto (le mie tra-versie hanno del miracoloso) è do-vùta alle preghiere che mia madrerivolge costantemente a Maria Ausi-liatrice e a Don Bosco di cui, lodico con orgoglio, sono exallievoe cooperatore .

    Mia moglie, lo scorso luglio, vennecolpita improvvisamente da una uvei-te acuta che i sanitari ritenevanopericolosissima per la conseguenzaestrema : la cecità .

    L'intercessione di Maria Ausi-28 liatrice e di Don Bosco, unitamente

    agito anni faIl 9 dicembre 1867 Don Bosco giungeva a Mornese ricevuto al suonofestivo delle campane dal parroco, dal municipio e dall'intera popolazione,memore della visita che il Santo vi aveva fatto nel 1864 . Nei tre giorniche vi passò fu una festa di gioia e di pubblica esultanza . Don Bosco ap-pariva profondamente commosso per l'affetto e la generosità delle offertedi quella buona gente dei campi . Il giorno 10, sotto i portici del collegioche Don Bosco era andato a inaugurare per le Figlie dell'immacolata (lefuture Figlie di Maria Ausiliatrice), si radunò una grande assemblea . TuttiIo accolsero con grandi applausi e gli offrirono abbondanti doni in natura,mentre un notabile del paese ne dava questa spiegazione :Noi siamo debitori di grandi cose alla santa Vergine Ausiliatrice. L'annoscorso molti di questo paese, dovendo andare a/la guerra, si posero tuttisotto alla protezione di María Ausiliatrice mettendosi per lo più una me-daglia al collo, andarono coraggiosamente, e dovettero affrontare i piùgravi pericoli, ma niuno restò vittima di quel flagello del Signore. Inoltrenei paesi confinanti fu strage di colera, della grandine, della siccità, e noifummo affatto risparmiati. Quasi nulla è la vendemmia dei nostri vicini,e noi siamo stati benedetti con tale abbondanza che da venti anni nonsi è più vista . Per questi motivi noi siamo lieti di poter manifestare in talmodo la incancellabile nostra gratitudine verso la grande Protettrice delgenere umano . Credo essere fedele interprete dei miei concittadini as-serendo che quanto abbiamo fatto ora, lo faremo anche in avvenire, per-suasi così di renderci sempre più degni delle celesti benedizioni .Don Bosco ringraziò a nome della Madonna, benedisse la generosità deiloro cuori, promise Che avrebbe pregato per loro .

    (Mem. Biogr. VIII, p . 1012)

    one .N

    alle cure dei medici, hanno scon-giurato questa disgrazia, portan-dola in tempo brevissimo alla guari-

    Quanto sopra dichiaro a gloriain io .

    Bolzano

    GIAN FRANCO VILLANI

    Il camion precipitadall'altezza di dieci metri

    Ho un camion col quale qualchevolta trasporto materiale per la casasalesiana di S. Fernando. Un giorno,dopo aver scaricato un carico dipaglia, salimmo io con i miei dueaiutanti . Nel metterlo in moto, peruna distrazione, invece di fare mar-cia in avanti, feci marcia indietro,precipitando da un'altezza quasi ver-ticale di dieci metri . Vista la malaparata, saltammo giù dal camiontutti e tre senza farci la minimascalfittura . Ma la cosa più singolarefu che il camion nel cadere avrebbe

    dovuto fracassarsi ; invece rimaseintatto ; e quando provai a metterloin marcia funzionò perfettamente .Attribuisco questa grazia a MariaAusiliatrice, la cui immagine portoe venero nel veicolo, e a San GiovanniBosco, di cui sono fervente Coope-ratore .Madrid (Spagna)

    TOMMASO MARTÍN

    « Tutti siamo convinti che è stataMaria Ausiliatrice a salvarci »

    Eravamo andati a Cesarò perpassare alcune ore con la nonna .Messici in cammino col buio inol-trato, cercammo di guadagnare tempoper non arrivare molto tardi a Ca-tania, ma in un rettilineo chi guidava,per una momentanea distrazione, nonebbe il tempo di abbordare la curva,sicchè andammo a schiantarci controun pilone di cemento che, volandoper l'urto, ci mandava fuori stradacon la macchina tutta sconquassata .

    ,,

  • Visto il pericolo, invocai subito MariaAusiliatrice ed ella mi ha materna-mente ascoltato . Tutti abbiamo fati-cato a uscire dalla macchina, maeravamo salvi e solo con qualchegraffio e ammaccatura. Siamo con-vinti che la Madonna ci ha salvatala vita . II giorno dopo abbiamo fattocelebrare una Messa in ringrazia-mento per attestarle la nostra filialericonoscenza .Catania CH. ANTONIO TRECCARICHI

    «Se il miracolo lo vuoi fare,perchè non lo fai subito? »

    Da tre anni affetta da stenosimitralica, pur essendo consigliatadai dottori di evitare nuove mater-nità, nel gennaio del I96o attendevola nascita dell'ottavo figlio . Ero fer-mamente decisa a dare la mia vitaper quella del nascituro, viste leserie preoccupazioni dei medici . Lanotte precedente l'entrata in ospe-

    dale, ove sarei rimasta sotto attentocontrollo di specialisti cardiologi,quasi presentendo la grazia, mirivolsi alla Madonna attraverso l'in-tercessione di San Domenico Savioe le dissi : « Maria Ausiliatrice, ilbambino che deve nascere sarà cer-tamente frutto di un miracolo. Sedunque il miracolo lo vuoi fare,perchè non lo fai subito, evitandomila degenza all'ospedale? » . Era mez-manotte e mi addormentai . Alle 2di notte mi svegliai . Alle 2,30 ilbambino era nato in casa mia . Ildottore, chiamato d'urgenza, osservò :# Il suo cuore, signora, è come senon avesse partecipato alla fatica diquesto evento » .Dopo sette anni mi decido ad

    adempiere la promessa fatta di ren-dere pubblica la grazia, mentre assi-curo che da allora il cuore mi hapermesso di adempiere i miei doveridi madre .Delia (Caltanissetta)CONIUGI GRAZIA E GIUSEPPE BAUCHERI

    La Madonnafu pronta a intervenire

    La mia cara mamma, ferventedevota di Maria Ausiliatrice, soffe-rente da vari mesi di calcoli renali,andava soggetta a dolori lancinanti .Nessun rimedio era valso a calmarei suoi spasimi . Il medico curanteaveva consigliato il ricovero in ospe-dale per un eventuale interventochirurgico, ma le precarie condi-zioni della degente non ne permet-tevano l'esecuzione. Ci rivolgemmoallora con piú fede alla VergineAusiliatrice, e la Madonna fu prontaa intervenire . Un calcolo, causa, ditanti dolori, venne espulso senza latemuta operazione e da quel giornoi dolori cessarono d'incanto . Lamamma e noi tutti di famiglia diciamodi cuore grazie all'Ausiliatrice einviamo una modesta . offerta.Molfetta (Bari) ROSA TATULLI