Bollettino Marzo

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n° 34 marzo - maggio 2013 C amminiamo insieme Periodico della Comunità dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato

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n° 34 marzo - maggio 2013

Camminiamo insiemeP e r i o d i c o d e l l a C o m u n i t à d e i S a n t i P i e t r o e P a o l o i n C a s t r e z z a t o

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Sommario

ISTANTANEE DA UNA VIA CRUCIS VIVENTE: Il CRISTO PORTACROCE

Nella Settimana Santa mol-te sono le rappresentazioni dal vivo della Passione del

Signore. Sono espressioni della devozione popolare e di una fede ancora radicata nei nostri paesi. Quando si sente la parola croce o croci, si pensa subito a Gesù, il quale- dopo aver portato il suo patibolo al Calvario- vi ha consu-mato il suo supremo sacrifi cio per la redenzione dell’umanità. Ma la croce non riguarda solo Gesù: ri-guarda anche tutti i suoi seguaci. I Sinottici (Matteo/ Marco/ Luca) ci riportano questa esigenza pe-rentoria di Gesù che non ammette “sconti” per nessuno. Dice – per esempio Gesù nel Vangelo di Mc. 8,34 “ E, chiamata a sé la molti-tudine con i suoi discepoli, disse: Se uno vuol venire dietro di me, rinunci a sé stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita la perderà, ma chi perderà la sua vita per Me e per il Vangelo, la salverà”. Le condizioni per seguire Gesù sono tre: Rinunciare a vive-re per sé stessi, cioè a mettere il proprio io al centro dell’interesse; Portare la propria croce, cioè avere disponibilità ad andare incontro anche alla morte; Seguire Gesù e camminare sulla sua strada di Fi-glio dell’uomo soff erente. Come si può notare, la rinuncia non vie-ne richiesta per se stessa, ma solo quale presupposto dell’adesione radicale al Signore. La Croce non è la meta ultima: essa è – per Cristo e per noi – la gloria, la risurrezione. Buona Pasqua a tutti.

don Mario

ommarioS

Camminiamo insieme

N. 34 marzo - maggio 2013

Periodico della Comunità parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato

Hanno collaborato a questo numero: mons. Mario Stoppani, don Claudio Chiecca, mons. Vittorio Formenti, Silvana Brianza, Suore delle Poverelle, P. Alberto Modonesi, Collaboratori Oratorio Pio XI, E. Maghini, Commissione Pastorale della Famiglia, Coro Don Arturo MoladoriContributi di: Quotidiano “Avvenire”, Settimanale “Città Nuova”, “Il Messaggero di Sant’Antonio”, Mis-sioni Consolata, A.C. Castrezzato, Segreteria Parrocchiale, Sez. Avis-Aido di CastrezzatoFotografi e: Erika ZaniSegreteria: Agostina CavalliImpaginazione: Giuseppe Sisinni

Lettera del Parroco3 Non è mai troppo tardi per Cristo

La rinuncia del PapaUn gesto d’amore che farà Storia

Papa FrancescoGesuita mite e umile fi glio di italiani andati in Argentina

Con la ChiesaLa domanda di una “nuova evangelizzazione”

Con la ChiesaCome va la famiglia così va la Chiesa e la società

Con la ChiesaTribolati ma non schiacciati

Con la DiocesiConcluso il Sinodo diocesano

Spazio missioniOltre le sbarre

Vita Cristiana“Ho pregato per te, perchè non venga meno la tua fede”

Con la ParrocchiaFamiglia, Chiesa domestica

Vita in ParrocchiaDiario storico delle attività delle Poverelle che hanno operato a Castrezzato

Vita in ParrocchiaGli interventi alla strutture parrocchiali

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In copertina

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Sommario

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Carissimi,conosciamo fi n dall’infanzia il racconto dei due malfatto-

ri crocifi ssi con Gesù, uno a destra e l’altro a sinistra. Avevano cam-minato lungo gli stessi sentieri di Palestina e, forse, avevano già in-crociato lo sguardo del Nazareno. Ora, i “tre crocifi ssi”, nel livido spet-tacolo del Golgota, sono irricono-scibili; ognuno preso e sfi gurato dagli spa-smi del proprio dolo-re. Fuori delle mura di Gerusalemme, sulla sommità della collina “luogo del cranio”, tri-ste e arido come può esserlo una vecchia cava di pietra, tre pa-tiboli striano e squar-ciano il cielo grigio. Da essi pendono un galileo, di Nazareth, con ai lati due “mal-fattori”; erano detti così, per marchiarli e disonorarli, i rivolu-zionari che si oppo-nevano al potere di occupazione romano. La crocifi ssione era la pena capitale riservata agli schia-vi ed ai ribelli: pena infamante e atroce. La tradizione popolare, confl uita nel vangelo apocrifo di Nicodemo, darà loro un nome: Di-sma (il buon ladrone) e Gesta (l’im-penitente). I capi religiosi derido-no e sfi dano Gesù con espressioni che portano l’eco delle tentazioni nel deserto: “Ha salvato altri: Salvi sé stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’e-letto!”. I due malfattori, nello stor-dimento del dolore, odono quello

strano compagno di sventura pro-ferire una inattesa, sconvolgente intercessione: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Condannato dai potenti, abbandonato da tutti, percosso, umiliato, intriso di sangue, Gesù prega e perdona. Chi può tanto, vi-cino alla morte? Chi si affi da a Dio, chiamandolo “Padre”, chiedendo

non vendetta, ma solo perdono nasconde un mistero grande. Non dev’essere solo un innocente, vit-tima di un errore giudiziario. Ha qualcosa di divino, contro tutte le evidenze umane. Disma lo per-cepisce, forse nell’istante in cui incrocia lo sguardo di Gesù. Uno sguardo disceso dal cielo che lo strappa al suo inferno. Alla luce di quegli occhi, rilegge tutta la pro-pria violenta, tormentata esisten-za. Partecipa al dolore innocente di Gesù, senza trincerarsi dietro a giustifi cazioni. E confessa la pro-

pria colpa. Quel ladrone è “buo-no” perché intimamente “pentito” e professa la sua incondizionata fi ducia nel Cristo (“Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo re-gno”!). Ri-cordati, cioè portami nel tuo cuore, non lasciarmi qui, strap-pami dalla croce per portarmi nell’amore che vedo in te. Questa è la radice del perdono: affi darsi a

Cristo. Gesù gli assicura “ Oggi, sarai con me in paradiso”. Il salvatag-gio è compiuto. Disma raggiunge una salvezza insperata e la sua sto-ria dolorosissima si tra-sforma e diviene storia bella, lieta. Abbiamo vissuto la Quaresima come tempo forte che prepara alla Pasqua di Risurrezione. Ormai vol-ge alla fi ne e sfocia nel-la luminosa Settimana Santa. Sapremo anche noi in questi giorni santi prendere coscienza di ciò che il male, voluto e

compiuto, rende? Ritornerà anche per noi l’opportunità e la grazia di fare l’esperienza di Dio che, per strapparci dal male, non ha pau-ra di mescolare le sue lacrime alle nostre? Sapremo ancòra far festa insieme, nell’abbraccio senza fi ne del perdono donato? “ Dio scampa dai pericoli al di là di ogni speran-za umana” ( diceva S.Basilio ai suoi cristiani). Cristo che muore e risor-ge per l’intera umanità ci doni il suo perdono e la sua pace. Buona Pasqua!

Vostro don Mario

Non è mai troppo tardi per Cristo

Prese un asciugamano e se lo cinse intorno alla vita e si mise a lavare i piedi dei discepoli (Gv 13, 4-5)

Lettera del Parroco

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Nessuno ha amore più gran-de di chi dà la vita per i propri amici». Benedetto

XVI, sin dall’inizio del suo ministe-ro, ci ha stupiti perché con la sem-plicità e la radicalità del Vangelo ha parlato del suo rapporto con Gesù, e del rapporto che in Gesù siamo chiamati a vivere tra noi, nei termini più belli e intensi della no-stra esperienza: l’amicizia. Il gesto inatteso con cui ha annunciato, nel corso del concistoro pubblico coi cardinali dell’11 febbraio, la sua rinuncia al ministero di vesco-vo di Roma e successore dell’apo-stolo Pietro, è il segno più elevato di questa amicizia di cui ci ha fat-to dono. Un gesto alto, che non solo mette un sigillo straordina-rio su questo pontifi cato, ma che apre anche a una stagione nuova nel modo di intendere e gestire il papato. Ci hanno sempre colpiti, in verità, la schiettezza e la fran-chezza di questo papa nello svol-gimento del suo servizio. Quelle parole con cui, il giorno della sua elezione, ha salutato la folla adu-nata in piazza San Pietro: «Sono un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore» non era-no solo parole, ma esprimevano l’animo con cui egli prendeva dal-le mani di Dio il gravoso compito che gli era chiesto appunto come un servizio di amore. A quasi otto anni da quel giorno, nello stesso spirito ha detto ai cardinali: «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie

Un gesto d’amore che farà storia

Papa Benedetto XVI rinuncia al ministero di vescovo di Roma

Maria Voce

«Le vogliamo e le vorremo sempre tanto bene»

La presidente del Movimento dei Focolari ha indirizzato al pontefi ce il seguente messaggio:

«Il Movimento dei Focolari si stringe a lei in un commosso e grande ringraziamento per tutto l’amore paterno da cui si è sempre sentito accompagnato e sostenuto.Vorremmo che ci sapesse al suo fi anco, in profonda e continua pre-ghiera per la nuova fase che si apre ora nella sua vita e nella vita della Chiesa, con la sicura fede nell’Amore di Dio a cui ci ha partico-larmente richiamati quest’anno.Le vogliamo e le vorremo sempre tanto bene».

La rinuncia del Papa al Ministero di Vescovo di Roma ha suscitato sentimenti di stupore e di gratitudine. Verità schiettezza e coraggio le doti che spiegano tale gesto.

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La rinuncia del Papa

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forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato í ministero petrino». E ciò, ha precisato, perchè «nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita del-la fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affi dato».Ma questo gesto, mi sembra, tra-valica il signifi cato, già per sé lu-minoso e intenso, della testimo-nianza personale e suggerisce qualcosa che ha una portata più vasta e che coinvolge lo stile della sequela di Gesù come Chiesa nel nostro tempo. Il papa non è una fi -gura sacrale al di fuori e al di sopra dei ritmi che scandiscono la vita e la missione dei discepoli di Gesù. Egli, come tutti noi, è semplice-mente un discepolo dell’unico Si-gnore e Maestro.Anche se scelto a quel ministero

vertiginoso che lo chiama a corri-spondere, con tutto se stesso, alla parola di Gesù: «E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratel-li», e alla sua esigente domanda: «Mi ami tu più di costoro?».Lo stupore che proviamo dunque, si apre alla gratitudine per l’umiltà e il coraggio di un atto d’amore che farà storia. E che, facendoci tutti sentire come mai vicini al cuore di Benedetto XVI, ci fa sentire anche più vicini gli uni agli altri sui sen-tieri di luce, di speranza e di servi-zio tracciati dal Concilio Vaticano II. Così che possiamo far nostre, in questa nuova tappa del cammino della Chiesa, le parole con cui egli chiudeva, quel 19 aprile del 2005, il suo primo saluto: «Nella gioia del Signore risorto fi duciosi nel suo aiuto permanente andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre starà dalla nostra parte. Grazie».Grazie anche a te, papa Bene-detto!

«È un grande!»

È la prima parola che mi è uscita dalla bocca alla notizia delle dimissioni di Benedetto XVI. Nel libro-intervista con il giornalista tedesco Peter See-wald, Luce del mondo, aveva già previsto questa possibi-lità: «Se un papa comprende di non essere più in grado fi -sicamente, psicologicamente e spiritualmente, di assolvere ai doveri del suo uffi cio, allora ha il diritto e, in alcune circo-stanze, anche l’obbligo di di-mettersi».

Nella lunga storia del ponti-fi cato romano si conoscono cinque o sei papi che hanno rinunciato alla loro carica, fa-mosissimo Celestino V. È una possibilità contemplata nel Codice di diritto canonico. Ep-pure si tratta di una circostan-za talmente rara e remota nel tempo che lascia tutti sorpresi.Sorpresi ed ammirati dalla lu-cidità e dell’umiltà della deci-sione. La presentazione che fece di se stesso all’inizio del pontifi cato come «semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore» non era retorica. Invera la richiesta di Gesù a “di-mettersi”, dopo aver lavorato per la sua causa, come “lavo-ratore che ha compiuto la sua missione”.

Sì, è un grande Benedetto XVI. Mostra a tutti che l’esercizio del potere è autentico servi-zio, al punto che quando non si hanno più le capacità per adempierlo, lo si lascia ad altri.

Fabio Ciardi

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La rinuncia del Papa

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Un uomo libero e mite

La mancanza di forze dietro la rinuncia di Papa Benedetto XVI

L’annuncio ha scosso il mondo. Dopo 700 anni un Papa lascia la sede di Pietro. L’età avanzata e la mancanza di forze necessarie per guidare la Chiesa in un mondo che cambia velocemente spingono Benedetto XVI, dal 28 febbraio, a servire in un modo diverso: nella preghiera, nel sacrifi cio, nel silenzio e nell’amore.

Ci è stato dato un Papa, Be-nedetto, che per otto anni ha servito la Chiesa come

vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale. Il primo atteg-giamento che la fede ci sugge-risce è il ringraziamento a Dio. È un dono, per la Chiesa, avere un vescovo che costituisce il centro della comunione cattolica, che conferma tutti gli altri vescovi nel-la fede, che dà a tutto il popolo di Dio la garanzia di essere sulla strada giusta, nella continuità con la fede che ci è stata trasmessa. Benedetto XVI ha svolto questo ministero in modo mirabile: nes-suno, nemmeno tra i laicisti più accaniti, ha mai potuto dubita-re della sincerità della sua fede, dell’autenticità della sua vita, della competenza del suo magistero. A un Papa non si chiede di risolvere tutti i problemi che la Chiesa si tro-va ad aff rontare nel mondo con-temporaneo; nessuno ha il potere di cambiare la testa alla gente, di raddrizzare tutte le idee storte che circolano, di sanare tutte le ferite che dolgono. A un Papa si chie-de, invece, che insegni il Vangelo con chiarezza in modo che chi lo desidera possa confermare la sua fede alla luce della fede del Papa; e questo Benedetto XVI lo ha fatto con precisione. Grazie, quindi, con tutto il cuore, papa Benedetto. Adesso, a 85 anni, Benedetto sen-te che le sue forze declinano; que-sto non dovrebbe sorprendere

nessuno. Sa, Benedetto - e lo ha ri-cordato ai cardinali proprio quan-do dava le dimissioni - che si fa il Papa insegnando e governando, ma anche pregando e soff rendo; questa modalità del suo servizio

può continuare a qualsiasi età, in qualsiasi condizione fi sica. Ma ha ritenuto - sono sempre le sue pa-role - che oggi nella Chiesa, in un mondo tormentato come quello in cui viviamo, ci sia bisogno di un Papa che abbia anche forze fi siche suffi cienti a portare il peso di un governo tutt’altro che leggero. Per questo ha deciso di dare le dimis-sioni e lasciare che i cardinali scel-gano un altro Papa, che continui la sua opera e possa agire con ener-gie integre.È una sua scelta? Certo: il Papa è assolutamente libero nelle scelte che riguardano il governo della Chiesa e nessuno lo può costrin-

gere. Ma Benedetto ha spiegato ai cardinali di avere scrutato più vol-te, con sincerità, la sua propria co-scienza. Questo non signifi ca che ha analizzato i suoi stati d’animo per vedere se gli piaceva più con-tinuare o smettere questo pesan-te servizio; signifi ca invece che ha cercato di comprendere che cosa Dio gli stesse chiedendo in questo momento preciso della sua vita.Ed è arrivato alla conclusione che sia venuto il momento, davanti a Dio, di lasciare il servizio. Che que-sto momento possa venire anche per un Papa, lo aveva già insegna-to il cardinal Ratzinger, prima didiventare Benedetto XVI. A un Papa possono venire a mancare le forze fi siche - Dio non è obbligato a fare un miracolo per conservarle sempre intatte; un Papa può valu-tare ci sia bisogno di forze superio-ri a quelle che gli rimangono per guidare effi cacemente la Chiesa; e allora, per amore della Chiesa, un Papa può decidere di lasciare il suo ministero. Questo insegnava il teologo. Ora quel teologo, di-ventato Papa, ha fatto quello che insegnava. C’è da rimanere ammi-rati per la coerenza, la chiarezza, il coraggio di un uomo così. C’è da accogliere la sua decisione con il silenzio della meditazione, con la riconoscenza dell’amore. C’è da fare il nostro esame di coscienza: nessuno è indispensabile; noi sia-mo solo degli umili operai nella vigna del Signore.

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La rinuncia del Papa

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Tutti avrebbero qualcosa da imparare

Intellettuali a confronto con la decisione di Benedetto XVI

«Ricordo la Cappella Paolina nella fase conclusiva del gran-

de restauro, negli anni fra il 2008 e il 2009» rac-conta al no-stro giornale il direttore dei Mu-sei Vaticani, Antonio Paolucci, commentando — con un ricor-do personale — le dimissioni di Bene-detto XVI. «Il Santo Pa-dre più di una volta ha visitato il cantiere, più di una volta ha dato consigli improntati a gran-de sensibilità liturgica e fi nez-za intellettuale. Per esempio quando ha voluto che venisse ripristinato l’assetto tradizio-nale dell’area presbiteriale, con una avvertenza tuttavia. Che l’altare della celebrazione euca-ristica fosse discostato dalla pa-rete absidale quel tanto suffi cien-te a consentire sia la messa versus cruce che quella versus populum». Della presenza di Benedetto XVI in Paolina, prosegue Paolucci, «un fatto è rimasto per me indimen-ticabile. Quel luogo, come tutti sanno, è celebre per gli aff reschi di Michelangelo che raffi gurano La Conversione di San Paolo e la Crocifi ssione di San Pietro. Ma non c’è solo Michelangelo in Paoli-na. La sua opera venne conclusa, molti anni dopo la sua morte, da altri pittori, importanti ma infi ni-tamente meno celebri. Si chiama-vano Federico Zuccari e Lorenzo Sabatini. Il nostro restauro aveva coinvolto i loro murali insieme a quelli del Buonarroti. Ebbene quando si trattò di scrivere in lati-

no la lapide memoriale che testi-monia, all’anno 2009, la conclu-sione del nostro lavoro, il Papa ha voluto modifi care di suo pugno un testo che nella stesura originaria celebrava soltanto Michelangelo. Quodque Michaelangelus mirabi-liter aliique artifi ces pinxerant: così ora sta scritto in epigrafe. Non solo il grande Buo narroti andava ricor-dato e onorato. Il testo voluto da Benedetto XVI si rivolge anche agli aliique artifi ces, a quelli che non hanno avuto in sorte la gloria e la fama. Lo scrupolo dello studioso, il rispetto della storia e la pietas del pastore, si incontrarono, quel gior-no, in Cappella Paolina».Oltre al direttore dei Musei Vati-cani, la decisione di Benedetto XVI è stata commentata dal mondo intellettuale e culturale, come te-

stimoniano i contributi compar-si su diverse testate che ripub-blichiamo, in stralci, in questa pagina.Dare anche solo sommariamen-te conto delle reazioni occor-se è impossibile. Ci limitiamo a ricordare qualche nome. Ad esempio, sul quotidiano bava-rese «Siiddeutsche Zeitung», Heribert Prantl ha scritto che «questo ritiro fa saltare in aria una tradizione di duemila anni, fa saltare in aria la stessa imma-gine che il papato cattolico ha di se stesso. Ma non ha toccato la catena della tradizione, l’ha raff orzata».

«Una decisione inaspettata e molto importante — scrive in-

vece padre Adam Boniecki, diret-tore emerito del settimanale di Cracovia Tygodnik Powszechny — . Bisogna essere grati a Benedetto XVI perché ha mostrato come ri-solvere il problema del ministero, della vecchiaia e della debolezza con una grande fede».«Un gesto fortissimo» lo defi ni-sce Antonio Preziosi, direttore del Giornaleradio Rai. «In un mondo nel quale prevale l’attaccamento alle poltrone, a ogni posizione di potere, Benedetto XVI dimostra che si può lasciare quando non ci si sente più in grado di compiere il proprio servizio. Un gesto di umil-tà, di umanità, ma anche di libertà, dal quale tutti — cattolici e laici — potrebbero avere qualcosa da imparare».

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La rinuncia del Papa

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Benedetto XVI secondo “Il Messaggero di Sant’Antonio”

Innovatore incompreso

Chi non ha mai capito la por-tata innovativa della fi gura e del pontifi cato di Joseph

Ratzinger, e ha continuato a ve-derlo e a interpretare le sue parole e le sue azioni come prova di con-servatorismo e rifi uto del nuovo, è stato smentito clamorosamente dalle sue improvvise e impreviste dimissioni, una innovazione asso-luta. Oltre che uno straordinario gesto di umiltà e di amore per la Chiesa. Perché Joseph Ratzinger è stato per molti versi nuovo: non c’è mai stato, almeno negli ultimi secoli, un Papa che fosse anche un grande intellettuale, capace di off rire interpretazioni nuove del momento storico che la Chiesa at-traversava e proporre coraggiose vie di intervento per i cattolici.Il suo pontifi cato infatti è stato caratterizzato innanzi tutto da un grande e profondo lavoro intel-lettuale di comprensione del pre-sente e di ricerca di nuove vie per rendere attuale il messaggio evan-gelico: non solo, infatti, i suoi tre libri dedicati a Gesù costituiscono una sintesi tra fede e ragione che permette un incontro con Gesù coerente e accettabile alla cultura del presente, ma molti dei suoi di-scorsi e delle sue catechesi getta-no una luce nuova sulla situazione attuale densa di signifi cati e ricca di proposte di intervento.Senza capire davvero cosa agita il mondo contemporaneo è diffi cile muoversi in qualsiasi direzione: è questo in sostanza il motivo della sua continua denuncia delle varie

forme di relativismo, dell’appello ad accompagnare sempre la fede con la ragione per non venire can-cellati dalla tendenza scientista in atto.Una costante volontà di capire che non ha escluso sorprese, come quando, davanti al Parlamento te-desco, ha elogiato le opinioni e le azioni di molti non credenti, che su certi temi sentiva più in sintonia di quelle dei cattolici.A cominciare dalla scelta del no-me, Benedetto, non si è stancato di segnalare come priorità la nuo-va evangelizzazione dell’Europa, di un continente che sta dimen-ticando le sue radici cristiane. La necessità di avviare un nuovo processo di evangelizzazione è stata infatti considerata da Ratzin-ger la priorità del suo pontifi cato, insieme con la purifi cazione della Chiesa, condizione più che mai in-dispensabile per ridare credibilità al messaggio cristiano.E proprio il tema della purifi cazio-ne — da lui enunciato come pro-gramma già prima di essere eletto — ha costituito il macigno che ha reso così pesante la sua azione di pontefi ce. Benedetto XVI ha do-vuto pagare gli errori di altri por-tando sulle sue spalle il peso del-lo scandalo della pedofi lia, da lui aff rontato sempre con coraggio e verità già da Prefetto della Con-gregazione della Fede. Con il me-desimo coraggio e ansia di verità ha continuato a denunciare, nei discorsi alla Curia, i velenosi eff etti delle lotte intestine per il potere

e il denaro. Questo è stato senza dubbio il tema più spinoso e insi-dioso che ha dovuto aff rontare: e, proprio questo tema lascia come esigente eredità al suo successore.Con il suo stile mite e dolce, scevro da ogni carisma superfi cialmente inteso, ha saputo parlare alle fol-le e scaldare i cuori, rinnovando la fede e l’entusiasmo di giovani e donne, anziani e sacerdoti. Con uno stile personalissimo, che è stato apprezzato e riconosciuto da tutti.Non c’è dubbio però che il signi-fi cato più forte del suo pontifi cato sta proprio in quest’ultimo gesto, una decisione che rivela fi no in fondo la sua straordinaria statura spirituale. E, soprattutto, la sua fi -ducia in Dio, nelle cui mani ha ri-messo il destino della Chiesa. La sua fi ducia che lo Spirito Santo saprà farsi sentire — come è stato fi nora nei conclavi dell’ultimo se-colo — spiazzando cordate e alle-anze, e portando i cardinali a sce-gliere sempre il migliore, l’uomo adatto a quel momento storico. Così, anche se l’inaspettata deci-sione di Benedetto XVI sembra la-sciare i cattolici che molto lo ama-no nella tristezza e un po’ anche nell’abbandono, si può guardare insieme a lui con speranza e fi du-cia a ciò che Dio riserva nel futuro della Chiesa.

Lucetta Scaraffi a

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La rinuncia del Papa

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Da ieri per il nuovo Pontefi -ce Jorge Mario Bergoglio, che ha commosso il mon-

do con il suo saluto dalla Loggia pontifi cia, sarà diffi cile soprattutto dire addio alla sua diocesi di ele-zione, Buenos Aires quella che lui ama chiamare l’Esposa, retta per quasi 15 anni, e vivere tra le mura della città leonina. Un distacco che signifi cherà per il Papa italo-argentino lasciare i luoghi a lui più cari, i preti e i poveri dei barrios della capitale, visitati tante volte e raggiunti a bordo di un autobus o in metropolitana, e proseguire lungo il cammino tracciato dal suo predecessore Benedetto XVI.Famoso per la sua austerità e per la sua reticenza a concedere inter-viste proprio nei giorni che hanno preceduto il conclave Bergoglio, - come aveva evidenziato il quoti-diano di Bueonos Aires Clarin - del suo predecessore aveva sottoli-neato «il coraggio di spazzare la sporcizia dentro la Chiesa». E pro-prio su questo fronte il nuovo Pon-tefi ce oltre a portare la ventata di novità del primo latino-americano sul Soglio di Pietro metterà al cen-tro le stesse preoccupazioni e la medesima tensione pastorale che hanno animato e contraddistinto lo stile di Joseph Ratzinger.Un fi lo rosso la piemontesità, lo stile austero e la comune appar-tenenza all’Ordine di Sant’Igna-zio lega idealmente Jorge Mario Bergoglio e Carlo Maria Martini: entrambi furono elettori di Bene-

detto XVI nel 2005. E toccante fu il ricordo di Bergoglio sul confratello biblista nel giorno della sua morte il 31 agosto del 2012: «Il cardina-le Martini era un uomo che sape-

va ascoltare ed ha rappresentato una grande intuizione di Giovanni Paolo II. E ha saputo ascoltare la complessità dell’arcidiocesi diven-tando il primo catechista».

Gesuita mite e umile fi glio di italiani andati in Argentina

Il Papa venuto dalla fi ne del mondo

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Papa Francesco

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Figlio di emigranti piemontesi, quattro fratelli, Bergoglio è nato a Buenos Aires il 17 dicembre del 1936, ha quindi 76 anni. Il padre Mario era un funzionario delle fer-rovie, la madre, Regina Sivori, una casalinga con sangue piemontese e genovese. Jorge viene descritto come un ragazzo semplice e schi-vo, studia da perito chimico, ha un lavoro e una fi danzata.A 22 anni la svolta religiosa: I’11 marzo del 1956 entra nel novizia-to dei gesuiti di Villa Devoto, si lau-rea in fi losofi a al Collegio Massimo San Josè de San Miguel e pochi giorni prima del suo trentatreesi-mo compleanno, nel 1969, viene ordinato sacerdote. Nel 1973 vie-ne eletto provinciale della Compa-gnia di Gesù, un incarico che eser-citerà per sei anni.Si tratta di un periodo molto tur-bolento per l’Argentina che spro-fonda nel vortice della repressione e della violenza. Ed anche per la Chiesa, tentata dall’opzione rivo-luzionaria sono anni di grandi con-vulsioni e di drammatiche spac-cature. Il giovane provinciale dei Gesuiti si mostrò aperto al dialogo ma fermo nelle sue decisioni. «Se non ci fosse stato Bergoglio a capo della congregazione, le diffi coltà sarebbero state molto più grandi», ha dichiarato alcuni anni fa al quo-tidiano La Nacion l’ex ministro per il culto Angel Miguel Centeno. Nel 1979 padre Bergoglio partecipa al vertice della Celam (Consiglio epi-scopale latino-americano) a Pue-bla ed è fra coloro che si oppongo-no decisamente alla teologia della liberazione, sostenendo la neces-sità che il continente latino-ame-ricano faccia i conti con la propria tradizione culturale e religiosa. È la caratteristica fondamentale di Bergoglio: grande attenzione ai poveri ed agli emarginati insieme con una rigorosa ortodossia dot-trinale. A quei tempi non era facile sostenere una simile posizione in America Latina. L’ex provinciale

gesuita si ritira nello studio. Vie-ne nominato rettore del Collegio Massimo e delle facoltà di fi loso-fi a e teologia. Poi va in Germania a completare il proprio dottorato. Tornato in Argentina sente forte il richiamo per l’attività pastorale che eserciterà in una parrocchia di Cordoba.Nel 1992 il cardinale Antonio Quarracino, primate d’Argentina, lo vuole al suo fi anco come ve-scovo ausiliare e poi coadiutore. E dopo la sua morte, avvenuta nel 1998, Bergoglio diventa arcivesco-vo di Buenos Aires. Nel 2001 viene creato cardinale da Giovanni Pao-lo II. Per sei anni (due mandati) ha guidato la conferenza episcopale argentina (2005-2011). Solo il 22 febbraio scorso Benedetto XVI aveva nominato il cardinale ar-gentino membro della Pontifi cia Commissione per l’America Latina.Bergoglio fi n dall’inizio del suo ministero episcopale ha scelto uno stile di vita semplice ed au-stero, quasi monacale. Abita in un piccolo appartamento, va in giro con la tonaca nera come un sem-plice prete e usa sempre autobus e metrò. E abituato ad alzarsi alle 4 e 30 di mattina, e dopo la San-ta Messa e le preghiere si dedica a rispondere personalmente alle lettere dei suoi fedeli. Di lui dico-no che «parla poco ma sa ascolta-re molto». Autore di vari libri che trattano soprattutto di pastorale sociale, ha una grande capacità d’improvvisare discorsi ed omelie, cogliendo d’istinto gli umori di chi gli sta intorno. Uomo dì grande cultura è un appassionato lettore di Borges e Dostojevski, Dante e Manzoni ama la musica classica ed il tango. Senza dimenticare la sua passione per la poesia di Holderin e le note di Beethoven. Tra i suoi fi lm preferiti, lo ha confessato lui stesso alcuni anni fa, c’è Il Pranzo di Babette. (Della fi gura di Bergo-glio rimase aff ascinato lo stesso Roberto Benigni durante una sua

visita in Argentina nel 2009, ndr.) Amatissimo nel suo Paese in un libro-intervista autobiografi co, divenuto un bestseller uscito nel 2010 Il Gesuita scritto da Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin il futu-ro Papa aveva spiegato le sfi de che attendevano la Chiesa moderna: «L’opzione fondamentale è scen-dere per le strade e cercare la gen-te: questa è la nostra missione. Il rischio che corriamo oggi è quella di una Chiesa autoreferenziale: si-mile al caso di molte persone che diventano persone paranoiche e autistiche, capaci di parlare solo a loro stesse».E, da buon sudamericano, strave-de per il calcio tifando per la squa-dra del San Lorenzo di Almagro da cui ha avuto in regalo una magliet-ta con gli autografi dei giocatori. Aperto al contatto con la gente, in tutti questi anni Jorge Bergoglio ha conquistato la stima e l’aff etto dei porteñi, soprattutto dei più poveri che se lo ritrovano parti-colarmente vicino quando, a par-tire dal 2001, l’Argentina precipita nella catastrofe economica. Ha sa-puto ridare credibilità e prestigio sociale alla Chiesa, mantenendo una distanza critica nei confronti del potere politico di qualsiasi co-lore. Qualche anno fa in Vaticano pensarono di affi dargli un impor-tante dicastero. Ma lui si schermì: «Per carità, se mi chiudete in Curia io muoio». Eletto ora 265° succes-sore di San Pietro porterà tra le mura dei Sacri Palazzi il suo stile di vescovo e di predicatore capace, come aveva già annunciato solo nei giorni scorsi durante le congre-gazioni generali del pre-conclave, di guardare a una Chiesa che si fa prossima alle persone là dove esse vivono portando ovunque «l’an-nuncio gioioso dell’amore e della misericordia di Dio».

Fonte “L’Avvenire”Luigi Geninazzi e Filippo Rizzi

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Se qualcuno aveva scambiato la sua mitezza per rassegna-zione, ebbene si dovette ri-

credere. Nel 2002, nel bel mezzo del crac dell’economia argentina, il cardinale Jorge Mario Bergoglio usò parole taglienti, denunciando «la corruzione generalizzata che mina l’unità della nazione e ci to-glie prestigio agli occhi del mon-do».Ci ricordiamo tutti le dimostrazio-ni di piazza del dicembre 2002 in Argentina, la rabbia della borghe-sia che si ritrova improvvisamente sul lastrico, la repressione delle forze dell’ordine. Dalla fi nestra del

suo piccolo appartamento, vicino al palazzo della curia, l’arcivesco-vo di Buenos Aires vide coi propri occhi le scene di violenza e chia-mò subito al telefono l’allora pre-sidente De La Rua chiedendogli di fermare le cariche della polizia.

Non ebbe un attimo di esitazione «il cardinale dei poveri». Attenzio-ne, però. Quel che più gli stava a cuore non era la protesta rumo-rosa e violenta dei contestatori politici ma quella silenziosa e af-franta dei padri e delle madri che piangono di notte, quando i fi gli dormono e nessuno può vedere la

loro cupa disperazione. «Piango-no come quando erano bambini e la mamma li consolava. Si, solo Maria nostra Madre può asciugare le loro lacrime», disse il cardinale Bergoglio in un’omelia commo-vente e appassionata. Non si limitò a pronunciare belle parole. Trami-te la Caritas diocesana organizzò immediatamente delle mense po-polari, distribuì aiuti, accorse do-vunque ci fosse bisogno della pre-senza materna e consolatrice della Chiesa. Ed alzò forte la sua voce a difesa di un popolo «strangolato dai meccanismi anonimi e perversi dell’economia speculativa».

Il cardinale dei poveri che visita le bidonville

Non seguitemi a Roma: i soldi del viaggio dateli ai poveri

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È lo stile pastorale del nuovo Pon-tefi ce: schierato decisamente a fi anco del poveri e degli emargi-nati, critico con il potere ma alie-no da posizioni ideologiche che riducono il cristianesimo a lotta di classe. In una delle sue rare inter-viste (Bergoglio non ha mai amato l’esposizione mediatica), confi da al settimanale Trenta dìas: «Anche l’attuale imperialismo del denaro mostra un volto idolatrico.E dove c’è idolatria si cancella Dio, si can-cella la dignità dell’uomo. Tanto le ideologie di sinistra quanto l’im-perialismo del denaro tendono ad eliminare l’originalità dell’incontro con Cristo».

Bergoglio è uno dei volti del nuovo del cattolicesimo latino-america-no che marca la sua distanza dalla vecchia teologia della liberazione, ma non arretra di un millimetro quando si tratta di difendere i di-ritti umani, sociali ed economici dei più deboli. Lo si è visto chiara-mente nei mesi drammatici della crisi. A fare emergere nel colle-gio cardinalizio e far conoscere al grande pubblico internazionale la fi gura di Bergoglio fu la sua parte-cipazione al sinodo dei vescovi del 2001 come relatore.

Sobrietà e incisività. Sono le carat-teristiche del nuovo Papa (il primo gesuita a salire sul soglio di San Pietro). Per Jorge Mario Bergoglio la preoccupazione per i poveri è sempre andata di pari passo con quella educativa. Subito dopo es-sersi insediato all’arcivescovado di Buenos Aires prese la decisione di creare un vicariato episcopale per l’educazione. Non una struttura burocratica, bensì un foro perma-nente per la formazione giovanile. «Il dramma della nostra epoca – ha detto una volta – è che l’adole-scente vive in un mondo che a sua volta non è uscito dall’adolescen-za. I ragazzi crescono in una socie-tà che non chiede loro nulla, non li

educa al sacrifi cio e al lavoro, non sa più cosa sia la bellezza e la ve-rità delle cose. Per questo l’adole-scente disprezza la storia passata ed è spaventato dal futuro. Tocca alla Chiesa riaprire i sentieri della speranza».Nel segno della povertà, quando nel febbraio 2001 venne elevato alla porpora cardinalizia, Bergo-glio non volle comprarsi una nuo-va talare e si fece adattare quella usata dal suo predecessore, il cardinale Quarracino. «Non è pro-prio la stessa taglia, ma pazienza», sbuff ò il sarto. Quando, nel febbra-io di quell’anno, riceve la porpora cardinalizia e i fedeli propongono di pagare il viaggio per la cerimo-nia di insediamento l’arcivescovo, colui che ama defi nirsi semplice-mente «Jorge Bergoglio prete», chiede agli argentini di restare a casa e distribuire i soldi ai poveri.

Certamente singolare di questo austero fi glio di Sant’Ignazio è stata sempre nel 2001 la scelta da parte di Giovanni Paolo II di assegnare il titolo come cardinale presbitero della chiesa romana di San Roberto Bellarmino: un luogo di culto quasi sempre affi dato a un cardinale gesuita latino-america-no; titolari di questa parrocchia ro-mana sono stati il primate del Perù e dell’Ecuador, gli ignaziani Augu-sto Vargas Azamora (1922-2000) e Pablo Munos Vega (1903-1994). Stella polare della vita e azione apostolica di Bergoglio in questi anni è stata la esortazione aposto-lica di Paolo VI Evangeli Nuntiandi. Il cardinale riprendendo le conclu-sioni del Consiglio episcopale lati-no-americano (Celam) di Apareci-da del 2007 ha suggerito la via di una nuova evangelizzazione alla luce della missionarietà e dell’im-pegno concreto di amministrare e, allo stesso tempo, facilitare il bat-tesimo e i sacramenti alle persone lontane da Dio, in maggioranza adulte ma anche bambini.

È stata questa una delle frontiere privilegiate del ministero di Ber-goglio nei barrios di Baires in que-sti 15 anni di ministero episcopale assieme ai suoi preti, a cominciare dal carismatico padre «Pepe» José Maria Di Paola. Di grande impatto è stata poi nel 2009 la decisione del cardinale di istituire un vicaria-to episcopale per la Pastorale delle «bidonville» nella capitale argenti-na.Un’emergenza quella di arrivare ai lontani che ha spesso spinto Ber-goglio a non dimenticare gli ultimi di Buenos Aires perché «un certo neo rigorismo clericale» tende ad allontanare – è la sua convinzione – «il popolo di Dio dalla salvezza».

Attento lettore della Bibbia ma soprattutto profondo conoscitore degli Esercizi Spirituali di Sant’I-gnazio, Bergoglio ha sempre sfer-zato la società argentina a com-battere i vizi capitali e si è sempre messo in guardia dai rischi di una secolarizzazione capace di sfi gu-rare il volto della Chiesa. «La cosa peggiore che può capitare è quel-lo che Henri de Lubac – ha raccon-tato in un’intervista a 30 Giorni di alcuni anni fa a Stefania Falasca – chiama “mondanità spirituale”. È il pericolo più grande per la Chiesa, per noi, che siamo nella Chiesa. “È peggiore”, dice De Lubac, “più disastrosa di quella lebbra infame che aveva sfi gurato la Sposa di-letta al tempo dei papi libertini”. La mondanità spirituale è mette-re al centro se stessi. È quello che Gesù vede in atto tra i farisei: “Voi vi date gloria. Che date gloria a voi stessi, gli uni gli altri”». C’è da giu-rarci che ora da Pontefi ce metterà in guardia tutto il suo gregge e la sua amata Chiesa dai rischi di una «mondanizzazione spirituale».

Fonte “L’Avvenire”Luigi Geninazzi e Filippo Rizzi

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Che cos’è la “ nuova evange-lizzazione”?

Il Beato Papa Giovanni Paolo II, nel primo discorso che avrebbe dato notorietà e risonanza a questo ter-mine, rivolgendosi ai vescovi del continente latino americano, così la defi nisce: «la commemorazione del mezzo millennio di evange-lizzazione avrà il suo pieno signi-fi cato se sarà un impegno vostro come Vescovi, assieme al vostro Presbiterio e ai vostri fedeli; impe-gno non certo di rievangelizzazio-ne, bensì di una nuova evangeliz-zazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressio-ni». Cambiano gli interlocutori e anche il tempo, e il Papa si rivolge alla Chiesa in Europa lanciandole un appello molto simile: «È emersa l’urgenza e la necessità della “nuo-va evangelizzazione“, nella consa-pevolezza che l’Europa non deve oggi semplicemente fare appello alla sua precedente eredità cristia-na: infatti che sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell’incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo».

Nel suo momento iniziale,la nuova evangelizzazione risponde ad una domanda che la Chiesa deve avere il coraggio di porsi, per osare un ri-lancio della propria vocazione spi-rituale e missionaria. Occorre che le comunità cristiane, segnate da-gli infl ussi che i forti cambiamenti sociali culturali in atto stanno ope-rando su di esse, trovino le energie

La domanda di una “nuova evangelizzazione”

Per decidere del proprio futuro nell’incontro con la persona e il messaggio di Cristo

e le strade per tornare ad ancorarsi in modo solido alla presenza del Risorto che le anima dal di dentro. Bisogna che si lascino guidare dal suo Spirito, che tornino a gustare in modo rinnovato il dono della comunione col Padre che in Gesù vivono, e tornino ad off rire agli uo-mini questa loro esperienza come il dono più prezioso che possiedo-no.Le risposte pervenute al testo del-la traccia di verifi ca si sono ritro-vate appieno in questa diagnosi di Papa Giovanni Paolo II. Rispon-dono a loro volta alla specifi ca do-manda – che cos’è la nuova evan-gelizzazione? – molte rifl essioni pervenute sono concordi nell’in-dicare che la nuova evangelizza-zione è la capacità da parte della Chiesa di vivere in modo rinnova-to la propria esperienza comuni-taria di fede e di annuncio dentro le nuove situazioni culturali che

si sono create in questi ultimi de-cenni. Il fenomeno descritto è il medesimo nel Nord e nel Sud del mondo, in Occidente e in Oriente, nei Paesi in cui l’esperienza cristia-na ha radici millenarie e nei Paesi evangelizzati da poche centina-ia di anni. In seguito al confl uire di fattori sociali e culturali – che convenzionalmente designiamo con il termine “globalizzazione” -, hanno avuto inizio processi di in-debolimento delle tradizioni e del-le istituzioni. Essi hanno intaccato molto velocemente i legami socia-li e culturali, la loro capacità di co-municare valori e di dare risposte alle domande di senso e di verità. Il risultato è una notevole perdita di unità della cultura e della sua capacità di aderire alla fede e di vivere con i valori da essa ispirati.I segni di questo clima sull’espe-rienza di fede e sulle forme di vita ecclesiale sono descritti in modo

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Con la Chiesa

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molto simile in tutte le risposte: debolezza della vita di fede delle comunità cristiane, riduzione del riconoscimento di autorevolez-za del magistero, privatizzazione dell’appartenenza alla Chiesa, di-minuzione della pratica religiosa, disimpegno nella trasmissione della propria fede alle nuove ge-nerazioni. Questi segnali, descritti in modo pressoché unanime dai vari episcopati, mostrano che è tutta la Chiesa a doversi misurare con questo clima culturale.In questo quadro, la nuova evan-gelizzazione vuole risuonare come un appello, una domanda fatta dalla Chiesa a se stessa per-ché raccolga le proprie energie spirituali e si impegni in questo nuovo clima culturale ad esse-re propositiva: riconoscendo il bene anche dentro questi nuovo scenari, dando vitalità alla pro-pria fede e al proprio impegno evangelizzatore. L’aggettivo “nuova“ fa riferimen-

to al mutato contesto culturale e rimanda al bisogno che la Chie-sa recuperi energie, volontà, fre-schezza e ingegno nel suo modo di vivere la fede e di trasmetterla. Le risposte giunte hanno mostrato che questo appello è stato raccol-to in modo diff erente nelle varie realtà ecclesiali, ma il tono gene-rale è di preoccupazione. Danno l’impressione che molte comuni-tà cristiane non abbiano ancora percepito appieno la portata della sfi da e l’entità delle crisi generate da questo clima culturale anche dentro la Chiesa. Al riguardo, ci si attende che il dibattito sinoda-le aiuti a prendere coscienza in modo maturo e approfondito del-la serietà di questa sfi da con cui ci stiamo misurando. Più profonda-mente ci si attende che continui la rifl essione sinodale sul fenomeno della secolarizzazione, sugli infl us-si positivi e negativi esercitati sul cristianesimo, sulle sfi de che pone alla fede cristiana.

Non tutti i segnali infatti sono ne-gativi. Segno di speranza e dono dello Spirito è per molte Chiese la presenza di forze di rinnovamen-to. Si tratta di comunità cristiane, più spesso di gruppi religiosi e di movimenti, in qualche caso di isti-tuzioni tecnologiche e culturali, che mostrano con la loro azione la possibilità reale di vivere la fede cristiana con il suo annuncio an-che dentro questa cultura. A que-ste esperienze, ai tanti giovani che le animano con la loro freschezza e il loro entusiasmo, le Chiese par-ticolari guardano con riconoscen-za e con attenzione. Esse sono pronte a riconoscere il loro dono, spingendo perché questo dono diventi patrimonio anche del resto del popolo cristiano. Sono attente a seguire la crescita di esperienze che hanno nella relativa giovane età il loro punto forte ma anche qualche limite.

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Parlare di formazione dei gio-vani alla vita matrimoniale è molto di più che un semplice

appello a frequentare i cosiddetti corsi prematrimoniali. Formarsi al matrimonio è un percorso che ini-zia presto, da ragazzi, educandosi all’amore. La formazione è sempre qualcosa di valoriale ed esisten-ziale, ha attinenza con la vita. La formazione, però, ha a che fare so-prattutto col dopo il matrimonio, perché se viene meno la continui-tà, allora è anche inutile il percorso

di formazione al matrimonio.Sono profondamente convinto che la formazione dei giovani alla vita matrimoniale sia la più im-portante formazione che si possa dare ai cristiani adulti. Perché la famiglia è decisiva, rappresenta il massimo punto di aggancio con la vita, con la quotidianità. Se la formazione dei giovani non è “ag-ganciata” alla famiglia che nasce dal matrimonio, è come “costruir-la” in modo molto più parziale per problemi, per patologie. La vita

concreta si gioca II, nella famiglia e portare il Vangelo nella vita quoti-diana e concreta vuol dire portarlo esattamente dove la gente vive la sua vita, che praticamente è la fa-miglia.Certi discorsi di formazione fatti negli ultimi mesi prima del ma-trimonio arrivano troppo tardi perché non incidono se non de-bolmente nel progetto di vita fa-miliare. L’attenzione della Chiesa, per fortuna, si sta anticipando all’adolescenza e alla giovinezza

Come va la famiglia così va la Chiesa e la società

Se la famiglia è solida anche la comunità umana, in senso ampio, è solida

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con preoccupazione e con inte-resse per formare alla aff ettività, alla sessualità e all’amore, tenen-do conto anche di un pregiudizio, largamente diff uso tra i giovani, che giudica ottusa e inadeguata la dottrina della Chiesa sull’amo-re. Ne parla esplicitamente anche il Papa Benedetto XVI nella sua prima Enciclica (Deus caritas est, n. 3), quando allude a «una perce-zione molto diff usa: la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Cre-atore, ci off re una felicità che ci fa pregustare qualcosa del Divino?».La formazione dei giovani nell’am-bito della sessualità, dell’aff etti-vità e dell’amore umano alla luce del Vangelo è l’ambito nel quale è ormai indispensabile una colla-borazione tra pastorale familiare, pastorale giovanile e pastorale vocazionale: è necessario aiutare i giovani a interpretare la sessualità e l’aff ettività alla luce di una voca-zione di amore che riguarda tutti, non soltanto coloro che sono chia-mati al matrimonio.Benedetto XVI nell’enciclica “Deus caritas est” aff erma che la Chie-sa non deprime, ma esalta l’eros e la sessualità. Oggi invece è un pregiudizio molto diff uso quello

di considerare la Chiesa nemica dell’amore umano e della gioia di vivere. Bisogna ripetere conti-nuamente, in ogni occasione op-portuna, che è vero esattamente il contrario. Il disegno di Dio sulla sessualità, sul matrimonio e sulla famiglia è meraviglioso.Gi esseri umani sono chiamati a far dono della propria persona, cioè a orientare tutte le loro energie, cor-poree e spirituali, al bene proprio e altrui nello stesso tempo, per re-alizzare la comunione interperso-nale, partecipando così realmente alla vita e alla gioia delle Tre Perso-ne divine che sono un solo Dio. Ma senza il dominio sull’istinto non è possibile integrare la sessualità nella dinamica dell’amore, inteso come dono di se.È pertanto indispensabile educare le persone alla castità attraverso un cammino progressivo, evitan-do almeno che si abituino al vizio e diventino insensibili alla gratuità e alla dedizione generosa a Dio e al prossimo.Lo scenario mostra gli esiti della cosiddetta “rivoluzione sessuale”: esercizio ludico della sessualità genitale; privatizzazione della fa-miglia; aumento dei singles, molti dei quali per scelta; aumento dei divorzi e delle separazioni (ci sono anche i cosiddetti “divorzi grigi” degli ultrasessantenni); molti tipi

di convivenze irregolari: di fatto, omosessuali, intermittenti, fami-glie ricostituite (Benedetto XVI: “fi gli orfani per troppi genitori”), famiglie monoparentali per scelta (donne che vogliono il fi glio, ma non il marito).II matrimonio è considerato obso-leto e destinato a sparire. C’è an-che chi avanza la proposta di ma-trimonio come contratto a tempo. Nel futuro il sesso sarà staccato dalla funzione riproduttiva, affi -data sempre più alla tecnologia. Possibilità di poli-amore e poli-famiglia. Ideologia del gender (il sesso biologico non ha importan-za come non ce l’ha il colore dei capelli. Conta solo il genere, cioè l’orientamento sessuale che si sce-glie e si costruisce e si può cambia-re).Crisi della natalità e invecchia-mento della popolazione (in Eu-ropa due terzi delle famiglie sono senza fi gli; in Italia i fi gli unici sono il 50%; nel mondo ogni anno circa 50 milioni di aborti); si diff onde la fecondazione artifi ciale; l’invec-chiamento della popolazione ha gravi conseguenze economiche, sociali, culturali; già adesso la so-cietà europea dà l’impressione di essere vecchia, statica, senza pro-getti strategici condivisi, senza ide-ali, senza gioia di vivere. La Chiesa punta molto sulla formazione dei giovani all’amore, perché crede nel ruolo essenziale, vitale e deci-sivo della famiglia. Giovanni Paolo II, durante l’Angelus del 5.10.1997 disse: ”Come va la famiglia così va la Chiesa e la società”. L’alternativa può essere la minaccia di Voltaire: “La nostra speranza si fonda sulla lussuria. Aff oghiamo il cristianesi-mo nel fango”. Oppure la profezia di Miguel de Unamuno: ”L’agonia della famiglia è l’agonia del cristia-nesimo”.

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È questo il titolo di un libro di Rodolfo Casadei (ed Lin-dau, Torino 2012), in cui

sono riportate le terribili storie di persecuzione perpetrate contro la comunità dei cristiani in terre lontane, dove ancora non è lecito professare liberamente il proprio credo religioso.

“La nostra Chiesa è considerata apostolica non solo perché fonda-ta dagli apostoli, ma perché è mar-tire come lo è stata la Chiesa degli apostoli. Speriamo che il sacrifi cio di 973 cristiani, fra loro un vescovo e cinque giovani preti, contribuirà ad un cambiamento dei cuori di tutti gli uomini, là dove la grazia divina avrà modo di esprimersi”. Questo la voce di Louis Sako, ar-civescovo caldeo di Kirkuk (città irachena, capitale del Governato-rato omonimo, la cui popolazione risulta composta da varie etnie, curdi, assiri, arabi) che ci sollecita a non dimenticare che le Chiese d’Oriente sono le radici della no-stra fede.I cristiani dell’Iraq non conoscono ancora pace: sottoposti a pressioni prima e dopo l’avvento dell’Islam, non usufruiscono di progetti con-creti da parte dei governanti per essere integrati in un’unica citta-dinanza con diritti comuni; infatti, gli uomini di potere, mussulmani sciiti e sunniti, considerano unico punto di riferimento per l’azione politica la propria religione. I cri-stiani sono valutati a tutti gli ef-fetti cittadini di seconda categoria e per loro è riservata una sorta di

tolleranza che nulla ha a che fare con la libertà e l’uguaglianza; è come se venisse loro ricordato in ogni istante “tu sei sbagliato, ma sopporto che tu esista”.

Basta ricordare alcuni eventi san-guinosi per cogliere la tragicità della situazione.È il 31 Ottobre 2010 quando cin-que o sei terroristi, affi liati ad Al Qaeda attiva in Iraq, insanguina-no e devastano la chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, la cattedrale siro-cattolica di Bagh-dad: quattro ore e mezza di incu-bo, fra le 17 e le 21.30 in un quar-tiere dove la presenza di cristiani è signifi cativa. Per realizzare il loro intento, i terroristi attuano una serie di azioni diversive: attaccano la sede della Borsa nelle vicinanze; uccidono due guardie; fanno sal-tare con un telecomando la Jeep imbottita di esplosivo parcheg-giata all’altezza dell’abside. Entra-no infi ne nel cortile della chiesa prendendo alle spalle guardie e poliziotti che vigilano al cancel-lo d’entrata. All’interno sparano all’impazzata contro i fedeli che cercano di uscire; quindi uccidono a sangue freddo il diacono in capo della chiesa e i due sacerdoti che vi trovano; sparano ai giovani uo-mini lì in preghiera e contro quelle madri che non riescono a mettere a tacere i loro piccoli terrorizzati e intrappolati sotto i cadaveri dei padri; insultano, minacciano e fe-riscono a morte decine di cristia-ni dentro la cattedrale, lanciano granate nella sacrestia dove sono

asserragliate più di ottanta fedeli. Inoltre profanano la chiesa, di-struggono gli arredi, sparano con-tro le immagini e gli oggetti. Infi ne il tragico epilogo. Recitano le ulti-me due preghiere rituali dell’Islam, quella del tramonto e quella della notte e, quando le truppe speciali del Ministero degli Interni fanno irruzione dopo quattro ore e mez-za di assedio, si fanno esplodere con le loro stesse cinture esplosive o cadono sotto i colpi dei militari iracheni. Bilancio: cinquantasette le persone morte di cui quaran-tacinque cristiani presenti alla ce-lebrazione della messa. Questo lo scarno riassunto dell’incredibile episodio, ma i particolari raccon-tati dai superstiti lo rendono ancor più macabro.È presente in chiesa una coppia con una bambina di appena tre mesi in braccio alla madre; la pic-cola piange disperatamente, i ter-roristi inveiscono, il padre rispon-de che non è possibile calmare la bambina; per tutta risposta viene falciato a colpi di mitra insieme alla giovane moglie, alla neonata e al padre. Un altro uomo colpito da un pro-iettile, geme di dolore e da terra grida “Noi moriamo, però viva la croce!”; accorrono numerosi assa-litori che puntano le armi verso di lui e lo crivellano di colpi mentre grida ancora “Viva la croce!”Gli assalitori si rivolgono ai fede-li “Sporchi cristiani, noi andremo in Paradiso e voi all’Inferno!”, poi cercano i sacerdoti; padre Wassim esce dal confessionale e si off re

Tribolati ma non schiacciati

Storie attuali di persecuzione, fede e speranza

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come ostaggio in cambio della vita dei suoi parrocchiani, ma un terrorista gli spara al torace da di-stanza ravvicinata; quando viene a sapere di aver colpito un prete, fa partire una seconda raffi ca sul sa-cerdote agonizzante. Padre Tahir, che presiede la mes-sa, si trova nei pressi dell’altare al momento dell’irruzione, esorta i fedeli a rifugiarsi in sacrestia, si off re pure lui come ostaggio, inu-tilmente; va verso il fondo della chiesa, fa scudo con il proprio cor-po ai chierichetti, quando ad un certo punto i terroristi l’aff errano e lo trascinano, lo spintonano per farlo cadere. Quindi lo mitragliano sotto gli occhi di sua madre già ferita. I testimoni sono concordi nel raccontare la fi ne di questo sa-cerdote: caduto sulle ginocchia, si porta le mani al petto e pronuncia le stesse parole di Gesù sulla croce riportate nel Vangelo di Luca: “Nel-le tue mani, Signore, affi do il mio spirito”

Un’altra vicenda sconcertante è quella di May Chiadiac, defi nita “la martire vivente”, una giornalista conduttrice della LBC, il principa-le network televisivo libanese. Per anni ha animato il più importante spettacolo televisivo e condotto il tg in Libano, lanciando accuse contro l’occupazione siriana del Libano e contro le responsabilità siriane nell’omicidio del premier Rafi c Hariri, che voleva restituire al suo Stato la piena indipenden-za. Un giorno, qualcuno ha messo un chilo e mezzo di esplosivo nella sua auto, mentre lei era in chiesa a pregare, inginocchiata per l’ultima volta nella sua vita, poiché l’esplo-sione le ha strappato un braccio e una gamba, incendiato i vestiti e i capelli, causandole fratture in tutto il corpo. Era il settembre del 2005. Dopo aver lottato tre giorni contro la morte, è sopravvissuta; attualmente continua ad essere un personaggio pubblico di spic-

co, con una forte connotazione cristiana. Infatti, adesso la fede cri-stiana modella il suo modo di con-cepire la politica e se stessa dentro la politica. May crede fermamente di essere sopravvissuta a moti-vo di un miracolo: aveva pianto e pregato, sentiva Dio molto vicino il giorno dell’attentato. Quando è salita in auto, si è girata per de-porre sul sedile posteriore l’acqua benedetta e l’olio santo ricevuti nel santuario di San Charbel; quel movimento le ha salvato la vita.Spostando l’attenzione verso altri orizzonti, la persecuzione contro i cristiani non è meno violenta.In Sudan, i servizi di sicurezza ara-bi sono convinti che dietro le pro-teste degli studenti, che reclama-no maggior libertà, vi sia l’azione dei sacerdoti; quando i cortei di protesta vengono dispersi con manganellate e lacrimogeni, gli studenti cercano riparo nelle chie-se. I sacerdoti vengono arrestati e presi a calci e a pugni con le armi puntate addosso. Padre Nicholas viene arrestato con una trentina di prigionieri e accusato di esse-re un guerrigliero nascosto sotto l’abito talare per vigliaccheria; su-bisce pesanti interrogatori not-turni e minacce oltre che oltraggi e violenze. Gli si dice che l’unica via per uscire da quella prigionia assurda è la conversione all’Islam. Lui resiste con la forza della fede in Dio. Pregando devotamente, riesce a sconfi ggere la paura dei terribili interrogatori notturni, du-rante i quali gli vengono in men-te le parole di Gesù: “Quando vi interrogheranno nei loro sinedri, non preoccupatevi di quel che di-rete, perché io vi ispirerò quel che dovrete rispondere”. E succede proprio così: dà le risposte giuste senza bisogno di prepararsi; non riescono a metterlo in diffi coltà. Viene liberato fortunatamente dopo qualche mese su pressioni di ordine politico.Ad altri sacerdoti sono toccate sor-

ti ancor più devastanti in Sudan.Padre Lino Sebit, arrestato nel 1998 a Khartoum con l’incredibile accusa di preparare un attentato contro una linea ferroviaria, vie-ne liberato nel 2000 come gesto di distensione del governo nei confronti della Santa Sede in oc-casione del Giubileo. Durante la detenzione, subisce duri pestaggi e torture; inoltre lo fanno assistere più volte ai maltrattamenti infl itti ai suoi compagni di cella, fi no alla morte sotto i suoi occhi. Libero, padre Lino non è più lo stesso, in preda ad una psicosi che nessu-no riesce a guarire, neppure con terapie specializzate in Germania. Muore nel 2009, dopo aver vissuto i suoi ultimi anni nell’ombra della follia.

La testimonianza dei martiri di oggi deve diventare per ogni cri-stiano occasione per riscoprire le ragioni dell’amore a Cristo.Attraverso l’unità del corpo misti-co di Cristo, che è la Chiesa visibile ed invisibile, ciascuno di noi parte-cipa misteriosamente alla testimo-nianza resa dai nuovi martiri, cioè della loro attuazione del bene, a condizione che riconosciamo la nostra unità con loro nell’azione corredentrice.Mi piace terminare con una cita-zione del compianto cardinale Carlo Maria Martini che nelle sue “Conversazioni notturne a Geru-salemme” aff erma “… i cristiani che adottano l’opzione a favore dei poveri, devono aspettarsi per-secuzioni ancora oggi; l’incontro con i poveri e la battaglia contro la povertà sono il luogo d’elezione dell’incontro con Dio nel nostro mondo.”

Silvana Brianza

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Con la Chiesa

Page 19: Bollettino Marzo

Con la Chiesa

Domenica 9 dicembre scor-so si concludeva a Brescia il 29° Sinodo Diocesano,

centrato sulle Unità Pastorali. Ve-niva votato dai presenti il docu-mento fi nale, suddiviso in cinque capitoli e 103 numeri di riferimen-to. Ne riprendiamo velocemente solo alcuni e parziali, rimandando al testo completo che si può fa-cilmente reperire sul sito intemet della Diocesi. Queste aff ermazioni non sono vincolanti fi nché il Ve-scovo non le approverà e solo se le approverà, come pare verosimile.

Defi nizione di UP - 16 (=Unità Pastorale). L’UP è una particolare unione di più parrocchie affi date dal Vescovo a una cura pastora-le unitaria e chiamate a vivere un cammino condiviso e coordinato di autentica comunione, attraverso la realizzazione di un unico progetto pastorale missionario pluriennale aperto non solo al territorio, ma pure al mondo intero, in sintonia con le indicazioni pastorali dioce-sane.

Elementi essenziali - 19. Tra gli elementi di una UP sono da ritenersi essenziali: la nomina, da parte del Vescovo, di un pre-sbitero coordinatore responsabile dell’UP, cui compete: presiedere il Consiglio dell’Unità Pastorale (CUP), coordinare il gruppo di co-loro che esercitano un ministero, presiedere la commissione eco-nomica, guidare la progettazione della pastorale dell’UP e verifi car-ne l’attuazione, promuovere la co-

munione e forme di vita fraterna tra i presbiteri dell’UP, curare i rap-porti dell’UP con la comunità civi-le, la costituzione di un consiglio dell’UP, la progettazione pastorale comune, un Regolamento sulla base di un modello diocesano da adattare alle specifi che esigenze delle singole UP.

35. Attraverso il CUP (= Consiglio dell’Unità Pastorale), spetta all’UP il compito di una comune proget-tazione pastorale per l’annuncio, la vita liturgica e la carità nell’am-bito delle parrocchie che costitui-scono l’UP. In particolare, nella vita liturgica si dovranno ripensare in modo organico gli orari delle ce-lebrazioni eucaristiche cercando di garantire in ogni parrocchia una celebrazione eucaristica domeni-cale e curare la formazione degli animatori liturgici.

36. Nella catechesi si dovrà at-tuare il cammino dell’iniziazione cristiana secondo le disposizioni diocesane, prestando attenzione alla formazione dei genitori e dei catechisti. Quando risulti possibile e utile, la catechesi dei bambini e dei ragazzi sarà svolta nelle singo-le parrocchie. In questo caso, ogni parrocchia può prevedere incontri organizzativi per i propri catechisti.

42. Nella pastorale il volonta-riato e la gratuità sono valori da salvaguardare. In casi particolari e se necessario si potrà ricorrere a personale remunerato, che dia testimonianza di coerenza di vita

cristiana e di dedizione educati-va. L’incarico di tali persone nelle UUPP avvenga per mandato espli-cito del Vescovo.

44. ...b. È bene che in ogni parroc-chia, se possibile, si mantenga la presenza dell’oratorio, almeno con una struttura minima per il servizio del catechismo, delle at-tività connesse alla iniziazione cristiana e all’animazione dei ra-gazzi...

Commissione economica nell’UP - 85. Nell’UP si potrà costituire una commissione economica che cer-chi di ottimizzare le risorse presen-ti e di sensibilizzare le parrocchie a “sovvenire” alle necessità della Chiesa. Si invitano le comunità a studiare e ad avviare percorsi di comunione tra le parrocchie, so-prattutto in vista di un sostegno a quelle che si trovano in particola-re diffi coltà. Si potrà a tale scopo istituire un fondo comune dell’UP, affi dato al presbitero responsabile dell’UP. I Consigli per gli Aff ari Eco-nomici delle singole parrocchie siano riuniti periodicamente per favorire l’armonizzazione dell’u- tilizzo delle risorse in funzione del progetto pastorale delle UUPP.

86. Può essere utile che nell’UP ci sia un segretario economico, no-minato dal coordinatore dell’UP sentito il parere dell’eventuale commissione economica, che lo sollevi da alcune incombenze bu-rocratiche, giuridiche e ammini-strative nelle parrocchie...

Concluso il Sinodo diocesano (documento fi nale)

Brescia 1 - 2 e 8 - 9 dicembre 2012

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Con la Diocesi

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«Dalla mia cella posso vedere il mare; stase-ra c’è una luna piena

stupenda, bassa sul mare, rossa, con i fi occhi di nuvole davanti: tut-to uno spettacolo. Sono piccole cose che ti aiuta-no a “essere fuori”. Biso-gna saper accettare tut-to con semplicità come è nella dolce e terribile logica del Vangelo. Dio è amore, morto e risusci-tato e perciò: benedetti i puri di cuore, benedetti i poveri, benedetti voi che piangete, benedetti i perseguitati, benedet-ti i costruttori di pace». Così scrisse in una lettera dal carcere don Pierluigi Murgioni (1942-1993), sacerdote bresciano, missionario fi dei donum in Uruguay.La sua drammatica ma nel con- tempo straordi-naria vicenda umana è descritta nel libro pubbli-cato dall’Editrice Ave dal titolo: «Pierluigi Murgioni. Dalla mia cella posso ve-dere il mare».

Ne è autore il professore Anselmo Palini, docente di materie lettera-rie nella scuota superiore, che ha al suo attivo diverse pubblicazioni sui temi della pace, dell’obiezione di coscienza, dei diritti umani e della nonviolenza. In questo libro egli approfondisce la storia uma-

na e spirituale del prete bresciano, ingiustamente incarcerato e tortu-rato durante gli anni bui della dit-tatura militare in Uruguay, dove si trovava come fi dei donum in servi-

zio pastorale nella diocesi di Melo, all’interno del piccolo paese suda-mericano.La sua vicenda ricalca quella di tanti testimoni che incarnando lo spirito del Concilio Vaticano II e della Conferenza di Medellin, fe- cero la scelta dei poveri e di con-

seguenza denunciarono le ingiu- stizie strutturali che in maniera pervasiva stravolgevano la realtà sociale e civile di tutta l’America Latina. La teologia della liberazio-

ne diede a queste perso-ne i criteri evangelici per una corretta analisi della situazione e le Comunità di Base - autentica linfa vitale del cattolicesimo latinoamericano - die-dero spessore ecclesiale alle scelte di posizione che questi profeti del se-colo ventesimo facevano nella realtà in cui erano inseriti.Don Pierluigi era arrivato in Uru- guay nel 1968 nel contesto della coopera-zione e comunione tra le chiese che, sotto il pode-roso im- pulso dell’enci-clica Fidei Donum di Pio XII, aveva incrementato notevolmente il numero dei sacerdoti diocesani italiani impegnati nei vari paesi così detti di missio-ne.In Uruguay, in particola-re, approdarono sacer-doti delle diocesi di No-

vara, Bergamo, Brescia e Verona. Una perfetta miscela piemonte-se-lombardo-veneta che, se pur dispersa negli angoli più recon-diti dell’Uruguay, si ricompattava periodicamente attraverso degli incontri memorabili, capaci di ri-sollevare lo spirito e il morale ai missionari italiani, anche nei mo-

Oltre le sbarre

Don Pierluigi Murgioni: testimone

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Spazio missioni

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menti più duri, tale era l’amicizia, l’aff etto e l’unione reciproca che stava alla base di questo legame. Di questi incontri, don Pierluigi era un po’ l’anima; purtroppo un ama-ro destino aveva riservato per lui un’esperienza missionaria del tut-to particolare.Durante un’incursione notturna compiuta dai militari che avevano preso il potere tramite un golpe in cui avevano sospeso ogni garan-zia costituzionale, venne arrestato nel maggio del 1972, con l’accusa di appartenere al Movimento di liberazione nazionale Tupamaros e senza nessuna spiegazione, por-tato e incarcerato in un luogo sco-nosciuto. A suo carico non fu mai esibito lo straccio di una prova che avesse infranto la legge uruguaya-na; però era tale l’astio dei golpisti nei confronti della Chiesa schie-rata apertamente e decisamen-te dalla parte degli oppressi, che essi vollero, attraverso lui, dare un esempio a tutti gli altri sacerdoti, al fi ne di raff reddarne lo slancio evangelico e solidaristico con chi era coinvolto nei cammini di libe-razione sociali, civili e politici.Fu torturato sistematicamente, per il solo piacere sadico di infi e-rire su un ministro del culto catto-lico, che aveva manifestato sola-mente carità e solidarietà cristiana nei confronti degli appartenenti ai Tupamaros (cosa ben diversa dal condividere ideali e strategie di

lotta). Fu privato della possibilità di celebrare l’eucarestia in carcere e gli vennero tolti sia la Bibbia che il Breviario.Rapato a zero, con la casacca co- lor kaki di tela grezza, sulla quale era cucito il numero 756, che era diventato per imposizione dei suoi carcerieri un suo secondo nome, venne fatto scendere nel calabozo (prigione sotterranea) dove, insie-me ad altri ragazzi appartenenti alla miglior gioventù uruguayana, passò cinque lunghissimi anni del-la sua vita. Gli cambiarono cella e compagni diverse volte. Sistemati-camente, ogni due-tre mesi, veni-va fatto vestire con abiti civili, per fargli balenare la possibilità che «di lì a poco sarebbe stato riman-dato in Italia»; ma era una tragica farsa, studiata dagli specialisti del-la Cia che stavano dietro le quinte dei golpisti uruguayani, per fi ac-carne l’animo e lo spirito.Ma don Pierluigi fu forte, resistette a ogni tortura e condizionamen-to; i suoi compagni di sventura lo ricordano come colui che soste-neva la speranza di tutti, era un riferimento preciso nella disgrazia collettiva del carcere.Quando fu rilasciato, il 12 ottobre 1978, all’aeroporto di Montevideo, diversi furono i missionari italiani venuti a salutarlo e a ringraziarlo per la sua incrollabile testimonian-za di fede off erta nei lunghi anni di detenzione. Il lungo abbraccio che

ci scambiammo prima che lui sa-lisse sull’aereo resta uno dei ricor-di più belli e indelebili che tutt’ora mi porto nel cuore.Rientrato nella sua Brescia, don Pierluigi riprenderà il suo servizio sacerdotale come parroco in una suggestiva località sul lago di Gar-da, dove tra le altre cose porterà a termine la traduzione del Diario di mons. Oscar Romero.Anselmo Palini con questa sua fatica ha voluto raccogliere let-tere e testimonianze di persone che hanno condiviso la vicenda umana e spirituale di don Pier-luigi. Ne è uscito un libro ricco di pagine toccanti che aiutano a sco-prire i veri testimoni del Vangelo nei tempi in cui viviamo. Mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, bresciano come don Pierluigi, compagno di studi e di ordinazione sacerdotale, durante la presentazione del libro, avvenu-ta nell’Aula Magna dell’Istituto dei padri Comboniani di Brescia, il 24 ottobre 2012, ha detto che questi testimoni vanno tolti dalla cerchia degli aff etti familiari e territoria-li e fatti conoscere a un più vasto pubblico, specialmente giovanile, per mostrare la loro fede cristalli-na e la loro coerenza evangelica di vita, della quale sono portatori nel contesto storico ed ecclesiale dei nostri giorni.Sicuramente la lettura di questo libro aiuterà molti a ritrovare il gusto dell’appartenenza alla Chie-sa, proprio perché si scopriranno compagni di viaggio di testimoni che hanno saputo off rire la loro vita nell’annuncio del Vangelo e nella difesa dei diritti dell’uomo.

Don Mario Bandera Direttore Missio Novara

Da 20 anni, il 24 marzo, anniversario dell’assassinio di Oscar Rome-ro (1880), arcivescovo di El Salvador, si celebra la «Giornata di pre- ghiera e di digiuno in memoria dei missionari martiri».Per tale giornata, presentiamo la fi gura di Pierluigi Murgioni, mis- sionario fi dei donum in Uruguay dal 1968 al 1977, durante la dit-tatura militare, quando predicare Vangelo e parlare di giustizia si- gnifi cava essere un pericoloso avversario del potere e si rischiava di essere messi a tacere. Don Pierluigi, infatti, fu imprigionato e tortu-rato per cinque anni e poi espulso dal paese. È morto a soli cinquan-tun anni, lasciandoci come ultimo regalo la traduzione in italiano del Diario di Oscar Romero,

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Spazio missioni

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Carissimi,vi scrivo dopo aver sapu-to della decisione del Papa

Benedetto di lasciare la responsa-bilita’ della guida della chiesa. Ho ammirato la sua scelta che e senza dubbio frutto dello Spirito e della sua umiltàLo so che sto facendo un parallelo che forse può sembrare indiscreto o addirittura irriverente, ma ormai mi sono compromesso e voglio esprimere un mio sogno.Quanto desidererei cioè che molti dei nostri capi del Medio Oriente (e del cosidetto mondo occiden-tale) seguissero lo stesso esempio.Quello che manca a questi capi in modo particolare è la capacità di mettersi in ascolto della voce della coscienza e dei lamenti di milio-ni di persone che vivono sull’orlo della fame, della disperazione.

Lettera di P. Alberto Modonesi

Ciò che rende la situazione più dolorosa è il fatto che la religione diviene un mezzo di sfruttamento e ingiustizia.Mi chiedo in continuità che signi-fi cato ha per me, missionario com-boniano, essere qui in Egitto.L’unica risposta che so darmi è quello di rivedere la mia esperien-za nel Sudan, (che ha fatto lo stes-so doloroso calvario dell’Egitto) econvincermi sempre più che per me, prete in questo paese, è suffi -ciente sentire e condividere le gio-ie e soprattutto i dolori di questo popolo.Non vedo nessun spiraglio di luce in questa atmosfera annebbiata dai gas lacrimogeni, dalla sete di potere, dal fanatismo religioso e dalla violenza. Il sapere dare spe-ranza e instillare la fi ducia là dove tutto sembra crollare è lo scopo

fondamentale del mio essere qui. Questa è un’impresa che solo il Si-gnore sa condurre a termine.La Pasqua di quest’anno è prece-duta quindi da una Quaresima do-lorosa, ma ridonerà certamente la forza di credere e la volontà di spe-rare, perchè siamo convinti che il cammino verso la libertà è fatto in Sua compagnia.La sua presenza rinfocolerà la fi ammella fumigante della nostra debole fede e darà a ciascuno di noi e a tutte le chiese del Medio Oriente in particolare, il coraggio di proclamare che Cristo è vera-mente risorto e che non possiamo più stare nel sepolcro a marcire.

Buona Pasqua.

P. Alberto Modonesimodonestalberto@gmailcom

Situazione ancora confusa in Egitto

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Spazio missioni

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Stiamo vivendo una Quaresi-ma unica, direi: storica. Una Quaresima che ci vede in

preghiera per accogliere il nuovo Pietro dopo che papa Benedetto XVI, immenso, ha concretizzato l’anno della fede col più inatteso e luminoso gesto che poteva com-piere un Pontefi ce: ricordare a tutti che è Cristo a guidare la Chiesa. Per questo motivo vorrei off rir-vi alcune rifl essioni a partire dal testo del Vangelo di Luca circa i rinnegamenti di Pietro durante la Passione del Signo-re.La narrazione dei rinnegamenti di Pietro nei confronti di Gesù contempla sullo sfondo una particolare situazio-ne che la Chiesa dei primi credenti, comunità dei discepoli del Signo-re, sta vivendo. Per la Chiesa è un contesto di prova, di diffi coltà nel mantenersi fedele, perseverante e assidua alla Parola del Maestro: molti sono tentati ormai di abban-donare il Vangelo! Per questi primi credenti l’evangelista Luca rievoca la vicenda di Pietro nella sua debo-lezza radicale, nel suo tradimento ripetuto, quasi un invito esplicito a vigilare, a stare attenti, a non essere ingenui davanti al mondo;

se ciò è avvenuto per il primo tra i chiamati al discepolato dietro a Gesù può verifi carsi anche per tut-ti gli altri.In secondo luogo, Luca ricorda alla comunità dei credenti che la pro-va fa parte del cammino dei disce-

poli del Vangelo; nemmeno essi sono esentati dalla tentazione e dalla possibilità di rinnegare il Ma-estro. A questa Chiesa che speri-menta la fatica della sequela, Luca ricorda il pentimento e il pianto di Pietro, ma ancor di più l’evangeli-sta mette l’accento sullo sguardo compassionevole del Signore sul suo discepolo amato. È da quello sguardo che scaturisce un cammi-no di ritorno, di conversione e di vera conoscenza del Signore Gesù e di chi lui è per le nostre vite.

Dopo l’arresto al Getsemani, nel-la notte Gesù è condotto nella casa del Sommo sacerdote per un primo interrogatorio e Pietro lo segue ‘da lontano’. Da questa pri-ma annotazione non si può certo aff ermare che Pietro manchi di

coraggio. Anche nella condizione di arrestato egli segue Gesù il Ma-estro; entra nel cortile del palazzo del Sommo Sacerdote; non si muo-ve di soppiatto, non si sottrae agli sguardi di quanti hanno arrestato Gesù con la complicità di Giuda, uno dei Do-dici.Di fatto, il testo di Luca ci narra che Pietro si siede in mezzo a loro in quanto nel cortile del palazzo è stato acceso un fuoco; anche Pietro sta con loro attorno alla fi amma. L’apostolo,

inoltre, occupa una posizione nel-la quale può intravedere Gesù, ma anche essere visto da lui. Dunque, Pietro non intende nascondersi o procedere nell’anonimato; in qualche modo si espone e si com-promette.In tale contesto, una donna fi ssa lo sguardo su di lui e richiamando l’attenzione degli astanti aff erma: ‘Anche questi era con lui’. Essa lo dichiara discepolo di Gesù ovve-ro facente parte di quella cerchia di persone che Gesù aveva scelte

I rinnegamenti di Pietro (LC 22,54-62)

“Ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede”

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Vita Cristiana

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e chiamate perché stessero ‘con lui’ (cfr. Lc 5,10-11). Alla provoca-zione Pietro risponde dichiarando di non appartenere a Gesù: ‘Non lo conosco’. In eff etti, Pietro non lo conosce ancora. Solo dopo lo sguardo compassionevole di Gesù e il pianto che ne scaturirà, l’apo-stolo incomincerà a conoscerlo. Non è stato suffi ciente, infatti, aver camminato con Gesù, aver condi-viso con il Maestro la tavola, aver visto i suoi segni, aver ascoltato le sue parabole, essere stato con lui al monte santo della trasfi gurazio-ne, essere stato con lui al Getse-mani nel giardino dell’arresto. In-fatti, sarà solo dopo la Pasqua che Pietro incomincerà a conoscere il Signore Gesù e ad appartenergli radicalmente.Trascorre un poco di tempo e un altro tra i presenti rimette in que-stione la posizione di Pietro dichia-randolo ‘dei discepoli’. Quest’uo-mo vede in Pietro un discepolo ovvero uno della fraternità – co-munità di Gesù. Anche a lui Pietro risponde senza esitare: ‘No. Non lo sono’. Pietro in questo caso, in real-tà, non rinnega solo Gesù, ma an-che la comunità di appartenenza,

i legami di fraternità che lo univa-no agli altri. Qui vi è nascosta una profonda verità: quando si mette in discussione l’appartenenza a Gesù il Signore, fondamento della Chiesa, non c’è più alcun motivo per il quale ci si senta legati alla sua comunità.Un altro incalza dopo un’ora ri-portando Pietro al centro di quel gruppo attorno al fuoco: ‘Anche questo era con lui; è anche lui un Galileo’. Oltre a riconoscere Pietro come un discepolo di Gesù, come aveva fatto la donna, quest’uomo aggiunge un particolare che ri-manda al suo territorio di origine, riconoscibile probabilmente dalla sua parlata. Ma la cosa diventava, di fatto, molto pericolosa e imba-razzante in quel contesto, perché ‘Galileo’ equivaleva a rivoluziona-rio, sovvertitore e violento. Anche in questa occasione la risposta di Pietro è decisa: ‘O uomo, non so quello che dici’.Pietro, dunque, rinnega anche la sua provenienza. Ora egli è nella sua più radicale solitudine. Non ha più una terra, un’identità, una fraternità. Pietro è solo nella sua povertà più miserevole; è abban-

donato a se stesso senza più punti di riferimento: né maestro, né ami-ci/fratelli, né comunità, né terra di appartenenza.Il quadro drammaticamente ri-sulta fosco se si considera anche l’annotazione del canto del gallo, come del resto Gesù aveva pre-annunciato in Lc 22,34. In quel momento, durante la cena ultima con i suoi, dopo aver annuncia-to il tradimento di Giuda uno dei dodici, Pietro aveva dichiarato di essere più forte di qualsiasi insi-dia di Satana e di essere pronto a dare la vita per Gesù il Maestro. A quell’entusiasmo di Pietro, Gesù aveva risposto che in quello stesso giorno (oggi) egli l’avrebbe rinne-gato tre volte (cfr. Lc 22,31-34); ma Gesù gli aveva anche assicurato che avrebbe pregato per lui (cfr. Lc 22,32), perché Pietro doveva, comunque, compiere una missio-ne: confermare i suoi fratelli nella fede.L’importanza che Lc attribuisce allo sguardo di Gesù nei confronti di Pietro è veramente straordina-ria.Anzitutto, si può notare come davanti al triplice rinnegamen-to dell’apostolo è Gesù stesso a prendere l’iniziativa e a volgere lo sguardo sul volto di Pietro. È una vera iniziativa compassionevole e misericordiosa quella di Gesù ver-so l’apostolo amato.In secondo luogo, non è ingenuo osservare come da quello sguardo scaturisce un duplice atteggia-mento: Pietro ‘si ricordò…’ e uscito dal cortile del palazzo del Sommo sacerdote ‘pianse amaramente’.Dallo sguardo di Gesù, dunque, scaturisce in Pietro, anzitutto, il ri-cordo. Quella di Gesù non è un’oc-chiata di giudizio, di condanna e nemmeno di denuncia fi ne a se stessa. È uno sguardo compas-sionevole che ravviva la memoria certamente del rinnegamento messo in atto dall’apostolo, ma anche e soprattutto la memoria di

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Vita Cristiana

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quanto Gesù stesso gli aveva pre-annunciato durante la cena: ‘Ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede’.Pietro, da un lato, è invitato a ri-fl ettere sul suo comportamento, sulle sue dichiarazioni e a pentirsi del suo triplice rinnegamento, ma soprattutto è chiamato a ricor-darsi della parola di Gesù, il qua-le non ha mai smesso di pregare per l’apostolo amico, anche nel tempo della prova e del tradimento. Tutto ciò rive-la il particolare interesse di Gesù per Pietro, l’apostolo che gli è caro e al quale ha affi dato una missione ben precisa all’interno della sua comunità.Nel racconto, però, c’è an-che un altro intento che sta a cuore all’evangelista, il quale ha davanti a sé una Chiesa che, come Pietro, è tentata di rinnegare e mi-sconoscere il suo Signore. Come è possibile superare la tentazione nel tempo della prova e della fatica del cammino? L’evangeli-sta risponde: ‘facendo me-moria’ continua della Paro-la-Promessa di Gesù.Pertanto, alla Chiesa co-munità dei discepoli del Signore, è dato di superare la prova della fede mante-nendo vivo il ricordo della parola effi cace del suo Si-gnore; questa parola è una promessa di vicinanza, di protezione provvidente e di pre-senza mai venuta meno.Dallo sguardo di Gesù a Pietro scaturisce anche il pianto di pen-timento, vero lavacro di purifi ca-zione che permette all’apostolo di incominciare un cammino di sequela dietro a lui. Il pianto e l’uscita di Pietro dal cortile del pa-lazzo del Sommo Sacerdote non è un fuggire, ma un cercare tempo e luogo in cui fare memoria vivifi -

cante di quello sguardo compas-sionevole del Maestro schernito, vilipeso e crocifi sso. Si tratta dell’i-nizio di un autentico cammino di conversione bagnato dalle lacrime non della disperazione, ma del ri-cordo amante del suo Signore che l’aveva chiamato per primo ad es-sere tra i suoi amici, ma che l’aveva costituito anche ‘roccia’ della sua Chiesa, punto di riferimento per il cammino e la fede dei suoi fratelli.

Nel cammino di sequela dietro a Gesù, il discepolo del Vangelo è chiamato a fare continuamente memoria della Parola del Maestro e non a confi dare su se stesso, sul-le proprie forze o sulle sue presun-te conoscenze a proposito di Gesù e del Vangelo. Non basta confessa-re una retta fede in Gesù il Signo-re; è necessario stare dietro a lui in umiltà e obbedienza imparando ogni giorno ad acquisire il pensie-

ro di Cristo servo (cfr. Mc 8,34).In Pietro, la roccia scossa dalla pro-va non calcolata né prevista, ogni credente è chiamato gradatamen-te ad imparare a conoscere sem-pre meno se stesso per appren-dere ad incontrare e conoscere il Signore della vita, fondamento della nostra speranza. Guardando a Pietro, illuminato dallo sguardo misericordioso di Gesù, anche noi impariamo a far memoria della

sua Parola, della sua Promessa e della sua Presenza amante che ci sostiene quando lo smar-rimento, lo sconforto e la delu-sione possono avere il soprav-vento su di noi.La fatica del cammino di ogni discepolo è costantemente sor-retta dalla parola fedele di Gesù: “Ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede”. Nel cammino non siamo lasciati soli a noi stessi; Gesù interces-sore grande e fedele presso il Padre prega per noi perché gli apparteniamo, siamo suoi e per noi tutti egli ha manifestato il suo amore consegnando inte-ramente se stesso, perché tutti abbiano vita defi nitiva nel suo nome.Dunque, un messaggio di spe-ranza traspare dalla narrazio-ne dei rinnegamenti di Pietro; questa speranza è consegnata alla Chiesa perché perseveri vigilante nella memoria della Parola del Signore che non l’ab-bandona nel tempo della pro-va, ma la sostiene con sguardo

di misericordia.

don Claudio

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Vita Cristiana

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Papa Ratzinger nei ricordi di don Vittorio Formenti

In Vaticano corre una battuta simpatica: sapete cos’è il “segre-to pontifi cio”? Sono le notizie

“riservate” che tutti conoscono ad eccezione del Papa. Ma, alme-no per una volta, il detto è stato smentito. La comunicazione del-le dimissioni di Benedetto XVI ha lasciato infatti stupiti ed increduli per primi i Cardinali presenti al Concistoro pubblico dell’11 feb-braio scorso, ma la decisione era stata presa da tempo, a disdoro di ipotesi giornalistiche legate a chissà quali pruriginosi dossier che contengono tutto e il contra-rio di tutto, ed era nota almeno ai vertici della Segreteria di Stato. Se vogliamo ipotizzare un segno premonitore, dobbiamo tornare alle immagini di Papa Benedetto il quale, il 4 luglio 2009, depone-va il pallio -uno dei segni della sua carica di Pontefi ce ricevuto al

momento dell’elezione- sulla tom-ba di Papa Celestino V a Sulmona. Dunque, per una volta, il “segreto pontifi cio” è rimasto rigorosamen-te tale. Quanto è successo subito dopo lo conosciamo tutti. La no-tizia ha travalicato seduta stante ogni confi ne ed ha avuto un’eco dirompente nei media di tutto il mondo. In ritardo è giunta anche in Cina, da dove è partito un timi-dissimo segnale di dialogo con la Chiesa di Roma.

Ognuno si è fatto un’opinione sul-la storica decisione di Benedetto XVI, e ogni opinione va rispettata. Anche quella di coloro che si osti-nano a leggere ogni avvenimento che interessa la Santa Sede come il risultato di intrighi (parola so-vente ricorrente sulla stampa) e lotte intestine di potere e carrie-ra. Mi si consenta a proposito un

mio personalissimo parere, dopo trentatré anni di permanenza e di lavoro in Segreteria di Stato: ho assistito, a proposito di cose e vicende vaticane, a valutazioni di-verse, a discussioni, anche vivaci, come avvengono in ogni famiglia, ma non ho mai avuto la sensazio-ne di trovarmi in un campo di rovi e zizzania. Fra i mille pareri sulla decisione delle dimissioni espres-si da articoli di giornale, intervi-ste, cito quello di un fi losofo che si defi nisce non credente: Massi-mo Cacciari. “La Chiesa non deve adattarsi al mondo, deve trovare la capacità di dare scandalo con le sue proposte al mondo. Bene-detto XVI, con la sua scelta nobile politicamente e spiritualmente ha tolto il velo al dramma in cui si consuma la Chiesa”.

Molti non hanno creduto alla veri-dicità delle parole del Papa: “Dopo avere ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare il modo adeguato il ministero petrino”. Credo che Papa Benedetto non si sia mai nascosto dietro le parole. Lo testimoniano il coraggio con il quale ha aff rontato i problemi drammatici dei suoi diffi cili otto anni di pontifi cato, dalla pedofi lia alla crisi della fede e delle vocazio-ni nel mondo occidentale, dalla denuncia di un Islam violento ai temi che la Chiesa ritiene non ne-goziabili, dal rapporto tra religio-

Per amore della Chiesa

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Con la Chiesa

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ne e biotecnologie al ruolo della donna nel cattolicesimo, dalle fu-ghe in avanti nell’applicazione dei decreti del Concilio allo scisma dei Lefevriani.

Quando queste mie considera-zioni saranno stampate, avremo già il nuovo Pontefi ce, per il quale si sprecano, naturalmente, i pro-nostici di tuttologi, giornalisti e gente comune. Ma ora che Papa Benedetto ha scelto di continua-re a servire la Chiesa mediante la preghiera e la solitudine, vorrei ri-cordarlo come ho avuto la fortuna di conoscerlo e di servirlo, comin-ciando da un incontro che risale a prima del pontifi cato. Tornavo dalla Baviera, dove ero stato ad amministrare il sacramento della cresima a fi gli di emigrati italiani in occasione della Pentecoste. Al ritorno, all’aeroporto di Monaco trovai il Cardinale Ratzinger. Il caso volle che poi sull’aereo fossimo uno accanto all’altro. Dopo esser-mi presentato, gli manifestai la mia somma meraviglia: viaggiavamo con un vettore della Compagnia di bandiera tedesca. Gli dissi che quella Italiana non avrebbe giam-mai permesso che un cardinale di Santa Romana Chiesa viaggiasse in classe economica, nonostante il tipo di prenotazione. E lui, il già notissimo Cardinale Ratzinger, viaggiava tra… la plebe. Sorriden-do mi disse. “Vede, se fossi in bu-siness class sarei solo, mentre qui abbiamo la possibilità di conversa-re e di farci compagnia.” E comin-ciò tra noi un dialogo che conser-vo nella memoria del mio vissuto come un dono prezioso. Dopo lo spuntino off erto ai viaggiatori, mi chiese scusa e quasi il permesso di dedicare un po’ di tempo ad alcuni suoi appunti estratti dalla borsa di viaggio. Quando era Cardinale ci incrocia-vamo e ci salutavamo cordialmen-te ogni mattina in Piazza San Pie-tro. Camminava spedito con il suo

immancabile basco nero in testa. Ma il suo tempo, ed i suoi passi, erano cronometrati al secondo, come quelli del fi losofo tedesco Immanuel Kant, “l’orologio di Ko-nigsberg”. Durante uno dei ventiquattro de-fatiganti viaggi pastorali da lui compiuti nel mondo, gli venne off erto di ristorarsi ad una ricca selezione di vini, liquori, bevan-de e quant’altro. Lui rispose con semplicità disarmante: “Vorrei una Fanta”. È risaputo che egli pasteg-gia non a champagne come gli osannati personaggi del gossip mondano - la sua pensione vati-cana di “Vescovo emerito di Roma” di 2.500 Euro mensili (meditate, politici italiani!) forse non glielo consentirebbe - ma ad aranciata. Piccoli fl ash di quotidianità che confermano la sua autopresenta-zione al momento dell’elezione: un “umile servo nella vigna del Si-gnore”. Aggiungerei: una mente di teologo d’alto livello e di pensa-tore mite prestata alla guida della barca di Pietro.Durante l’intero pontifi cato ho avuto la singolare possibilità di incontrarlo personalmente ogni anno per la presentazione del mio lavoro, relativo alle dinamiche nu-meriche della Chiesa nel mondo. È stato sempre un vero godimento il parlare con lui: ti ascoltava con

interesse, ti guardava con gli occhi innocenti di un bambino ottan-tenne, curioso ed attento ad ogni dettaglio del discorso. “Sapesse - mi disse durante l’ultimo incontro nel febbraio 2012 - quante volte consulto il suo Annuario Pontifi -cio…”. Che emozione, gente!

Ora, dopo gli ultimi, commossi bagni di folla ed il congedo come Pontefi ce da tutti e singoli i Car-dinali, ha scelto di deporre l’abito bianco e di trascorrere l’ultimo segmento della sua vita nel silen-zio del monastero “Mater Eccle-siae”, voluto dal Beato Giovanni Paolo II al centro dei giardini va-ticani, un edifi cio trasudante la preghiera delle contemplative di quattro ordini monastici femmini-li che si sono alternati nell’ultimo ventennio. Il luogo mi è personal-mente caro: vi ho trascorso tanti “veglioni” di fi ne anno salmodian-do con le monache e aprendo l’al-ba degli anni nuovi celebrando per loro l’Eucaristia nella bella cap-pella mariana, ricordando anche la Comunità dove sono nato e sono stato generato alla vita cristiana.

Come bresciani, ci sia lecito un parallelo: le affi nità di Benedetto XVI con Paolo VI. Sono tante. An-che Papa Montini ipotizzò di dare le dimissioni se la salute non lo avesse sorretto, ed aveva anche individuato il suo cenobio: guarda caso il monastero di Montecassi-no, accanto alla tomba di un altro grande Benedetto, il patrono d’Eu-ropa. Affi nità di anime sublimi, che ci continuano ad accompagnare: Paolo VI dal cielo, in attesa della ormai prossima beatifi cazione, Sua Santità Padre Benedetto - così personalmente amerei chiamarlo - nella solitudine orante di un ro-mitorio dei tempi moderni.

Don Vittorio

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Con la Chiesa

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Spazio oratorio

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Mese della pace 2012

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Spazio oratorio

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Caro Gesù,anche quest’anno stai per fi nire in croce. Trentatre

anni di vita intensa, in una terra a dir poco inquieta e poi questo tra-dimento per trenta denari. È vero che poi risorgi e questo ci fa ben sperare ogni volta.Ma tutta quella soff erenza della Via Crucis, francamente, è dura da mandar giù. Chissà cosa starai pensando adesso, che sono tra-scorsi quasi duemila anni, eppure in Palestina continua a tirare una brutta aria e poco più in là, c’è gente che muore e che viene tra-dita, magari per qualche soldo in più, tenuto conto dell’infl azione e del prezzo del petrolio. Farisei in giro se ne vedono parecchi anche adesso, buoni samaritani un po’ meno.Di Maddalena non parlerei, anche perché, dalle nostre parti, il penti-mento di donne dall’esistenza vi-vace è oggetto di gossip più che di testi sacri. I bambini muoiono dal-le tue parti e non solo. Pensa che ci sono un mucchio di guerre nel mondo. Noi qui siamo abbastanza fortunati, ma non ce ne rendiamo del tutto conto. Siamo convinti di portare la croce ogni giorno e in-vece è soltanto un modo di dire. E poi, caro Gesù, mi sono accorto che quelli che soff rono davvero spesso lo fanno in assoluto silen-zio, senza protestare. Del resto an-che tu, quella volta, ti sei lasciato fl agellare e deridere, hai perdona-to, hai alzato gli occhi al cielo (ma almeno tu potevi rivolgerti diret-tamente a tuo padre). Chissà cosa

starai pensando adesso.Ci sono ragazzini che muoiono perché derisi e sbeff eggiati solo perché sono un po’ speciali, e io immagino che da piccolo ti avran-no preso in giro più di una volta, perché eri molto intelligente e sa-pevi cose che i tuoi coetanei igno-ravano.Ci sono padri che ammazzano le mogli perché scoprono che sono

Trova anche tu la pace interiore:

è l’augurio di Buona Pasqua

per te e per la tua famiglia

stati traditi, mentre tuo padre ter-reno, Giuseppe, si è comportato da vero uomo, credendo allo Spi-rito Santo e volendo un gran bene a Maria, che a dire il vero se lo me-ritava ampiamente. Ci sono mam-me che accompagnano i fi gli in macchina fi no all’università, men-tre Maria ti ha portato per qual-che anno a dorso d’asino e poi hai camminato da solo e tanto.Chissà cosa starai pensando ades-so. Spero che tu non ti sia pentito, che ancora adesso faresti il tuo percorso fi no alla fi ne, fi no al Cal-vario, per salvare I’ umanità intera. In fondo, la tua buona novella è un racconto di speranza per tutti.Cercherò i tuoi occhi, in queste sere, in quelli dei tanti poveri che percorrono le nostre ricche strade. Cercherò una spiegazione dentro di me. Cercherò di fermare il tem-po e di dare un senso e un ordine alle cose che accadono. Cercherò un po’ di pace dentro.

E. Maghini

Lettera a Gesù

Pensando alla Via Crucis

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Spiritualità

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Care famiglie,la chiesa domestica, ossia la famiglia cristiana fondata

sul sacramento del matrimonio, è simile alla Sacra Famiglia. La Fami-glia di Nazareth è speciale, Giusep-pe e Maria sembrano irraggiungi-bili, ma dobbiamo ricordarci che essi sono un uomo ed una donna che testimoniano con la vita un in-treccio di amore e di fede rispon-dendo al disegno di Dio. Tutti noi sposi nel Signore abbiamo accolto la chiamata ad essere con la vita familiare una comunità in dialogo con Dio, salvata e salvante.La Famiglia di Nazareth non è sta-ta risparmiata dalla fatica quoti-diana dell’educare, del lavorare, dell’essere ammalati, incompresi, soli, della fatica del dolore e del lutto. Maria e Giuseppe hanno vis-suto nel segno del dono di sé e del servizio, per questo sono il proto-tipo per ogni famiglia che “riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare con l’amore, quale ri-fl esso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la chiesa sua sposa” (F.C.17). E noi?A questo proposito, ci permettia-mo di proporvi una sorta di linea guida, suggerita dal nostro Vesco-vo Luciano nella lettera di Natale alle famiglie: Egli ci ha ribadito che le nostre case, fatte di legami di comunione e amore, abitate dal sorriso e dalle lacrime, possono diventare luogo ospitale per Gesù, grembo fecondo di crescita e di te-

stimonianza cristiana. Perché ciò si realizzi dobbiamo però condivide-re alcune certezze.1) La Vita: ”C’è bisogno di rico-

noscere con maggior forza e chiarezza che la vita è, prima di tutto, dono di Dio. Come tale, quindi, va accolta e alimenta-ta, secondo l’integralità di ogni persona (nel corpo e nello spi-rito), curandone la fragilità e accompagnandola in ogni mo-mento e situazione...”

2) La Comunione: “… La famiglia esiste in quanto comunione di persone che camminano all’in-terno di legami di alleanza…Ritornate a pensare alla gran-dezza della vostra vocazione! Divisioni e discordie non fanno la felicità e non portano a Dio..”

3) La Fedeltà: “… Senza fi ducia, affi damento e fedeltà non po-tremmo ne vivere, ne amare, come è vero che il respiro ha bisogno dei polmoni… voi fa-miglie siete portatrici di una chiamata originale e originaria per insegnare a crescere nella capacità di fi darsi ed affi darsi, nell’accompagnare cioè perso-ne degne di fi ducia.”

4) Misericordia e Perdono: “La misericordia e il perdono sono caratteristiche principali dell’i-dentità e dell’agire dei cristia-ni.. noi crediamo che sia pos-sibile perdonare ogni off esa ricevuta, ogni tradimento su-bito, memori della consegna di Gesù col segno della lavan-da dei piedi: “sapendo queste cose, sarete beati se le mettere-

te in pratica” (GV 13,17) …”In tempo di Quaresima non vo-gliamo però dimenticare quanto contenuto nel messaggio di Papa Benedetto XVI per la Quaresima 2013 che ha parlato di carità:- “…La fede è conoscere la verità

ed aderirvi, la carità è cammi-nare nella verità”

- “ Con la fede si entra in amicizia con il Signore, con la carità si vive e si coltiva questa amicizia”

- “La fede ci fa accogliere il co-mandamento del Signore e maestro; la carità ci dona la be-atitudine di metterlo in prati-ca.”

- “Nella fede siamo generati come fi gli di Dio; la carità ci fa perseverare concretamente nella fi gliolanza divina portan-do il frutto dello spirito santo.”

- “ La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affi da; la carità li fa fruttifi ca-re…”

Sperando che facciate tesoro di queste rifl essioni durante tutto il tempo della Santa Quaresima, di seguito vi diamo il resoconto della serata del 16 febbraio animata dai missionari della comunità di Villa Regia:È stata una serata stupenda, con una discreta partecipazione. Chi c’era ha vissuto un momento in-tenso guidato con estrema mae-stria dai nostri amici missionari di Villa Regia. Dopo le parole intro-duttive del nostro parroco Mons. Mario Stoppani, che ha ricordato le innumerevoli occasioni in cui

Ogni famiglia cristiana come la Sacra Famiglia

Famiglia, Chiesa domestica

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Con la Parrocchia

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il Papa Benedetto XVI ha parlato di Famiglia ( non ultimo l’Incon-tro mondiale delle famiglie), con lui abbiamo ringraziato Dio per averci donato un Capo spirituale di tanta capacità e umiltà. Padre Sergio ha iniziato l’incontro pro-ponendoci il passo del vangelo di Giovanni (Gv4), in cui la sama-ritana , recandosi al pozzo ad at-tingere acqua, incontra Gesù che le chiede di dargli da bere. Anche lei ha sete , ma soprattutto sete di amore che solo Gesù le può donare. Ma di quale acqua parliamo? Parlia-mo di quell’acqua che solo Dio può donarci. Non c’è uomo o donna che nella sua vita, non si trovi, come la donna di Samaria, accanto a un pozzo con un’anfora vuota, nella speranza di trovare l’esaudimento del desiderio più pro-fondo del cuore, quello che solo può dare si-gnifi cato pieno all’esi-stenza. Occorre quindi discernere i molti pozzi che si off rono alla sete dell’uomo per evitare di non cadere in preda a delusioni, che possono essere rovinose. Come Gesù al pozzo di Sicar, anche la chiesa sente di doversi sedere accanto agli uomi-ni e alle donne di questo tempo per rendere presente il Signore nella loro vita. Chi riceve la vita nuova dall’incontro con Gesù, a sua volta non può fare a meno di diventare annunciatore di verità e di speranza per gli altri. La chiesa è lo spazio che Cristo off re nella storia per poterlo incontrare. La serata è continuata con un bre-ve fi lmato dove si vedono molte persone che, dopo aver ricevuto un gesto gentile da sconosciuti, compiono a loro volta una buona

azione. Sta a noi rendere concre-tamente accessibili esperienze di Chiesa, moltiplicare i pozzi a cui invitare gli uomini e le donne , as-setati e lì far loro incontrare Gesù, off rendo oasi nei deserti della vita . Al termine del fi lmato Teresa, ci ha ricordato che la bellezza della fede deve risplendere nella cop-pia, prima cellula della chiesa. Nel-la coppia non esiste l’IO egocentri-

co, ma l’IO tu per me e l’IO io per te. Occorre quindi in una coppia, mettersi in relazione per comuni-care. Nelle famiglie tutti i nostri IO e i nostri TU, devono insieme for-mare un circolo al centro del quale c’è Dio. In questo modo nasce un nuovo rapporto tra TUTTI. Al cen-tro adesso c’è un NOI e non un IO né un TU, e Dio è presente in que-sta nuova maniera di vivere. Divisi poi in gruppi di circa sei persone, abbiamo toccato il punto più alto della serata, naturalmente sempre sotto la guida di Teresa (la carisma-

tica), ci siamo scambiati dei piccoli episodi di vita vissuta che ci ha col-pito in modo positivo e li abbiamo condivisi. Tenendoci per mano, abbiamo pregato per i nostri vici-ni di gruppo e con loro abbiamo ringraziato Dio per il momento in-tenso che stavamo vivendo. A fi ne serata, con un piccolo rinfresco si è concluso il momento di condi-visione della parola di Dio e con

il cuore colmo di buoni propositi siamo tornati alle rispettive dimore.Ringraziamo quanti ci hanno permesso di poter vivere questa stu-penda serata:i nostri sacerdoti Don Mario e Don Claudio, i nostri relatori padre Ser-gio e Teresa. Ma un gra-zie particolarmente af-fettuoso a Voi, che avete risposto al nostro invito partecipando con gioia alla serata, sperando di potervi rivedere anche nei prossimi incontri!

Carissimi sposi e fami-glie, augurandovi di cuore una serena Pa-squa speriamo che in-sieme possiamo acco-gliere di più e meglio Gesù, restituendo bel-lezza al nostro vivere quotidiano tra le stanze

della vita familiare. Con Lui in casa avremo sempre qualcuno in cui credere e a cui affi darsi. Buona Pasqua.

La commissione della Pastorale Familiare

Prossimo appuntamento Mercoledì 1 maggio Pellegrinaggio delle famiglie al Santuario Madonna della Corona

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Con la Parrocchia

Page 33: Bollettino Marzo

Elenco Suore delle Poverelle che hanno operato a Castrezzato

Suor Fedele Cefi s ...................................................... dal 29/01/1895...................................................................al 31/10/1909Suor alessandrina Valoti ........................................ dal 21/09/1908...................................................................al 19/06/1915Suor Giuseppa Morlotti ........................................... dal 21/11/1909...................................................................al 09/06/1918Suor Miriam Moreschi .............................................. dal 26/06/1915...................................................................al 09/06/1918Suor Giovannina Selini ............................................. dal 19/06/1918...................................................................al 04/06/1921Suor Aquilina Pellegrini ........................................... dal 19/06/1918...................................................................al 08/03/1922Suor Valeria Costardi ................................................. dal 11/06/1921 .................................................................al 30/05/1924Suor Modesta Bandelli ........................................... dal 30/05/1924....................................................................al /05/1927Suor Benvenuta Guerini .......................................... dal 16/05/1927 ..................................................................al /09/1927Suor Gregoria Svanera ............................................. dal 29/09/1927....................................................................al /10/1028 Suor Reparata Molari .............................................. dal 28/11/1928...................................................................al 21/04/1934Suor Malvina Vieceli.................................................. dal 30/09/1931...................................................................al 09/02/1938Suor Eletta Tedeschi ................................................. dal 29/04/1934...................................................................al 28/03/1940Suor Orante Monacelli ............................................. dal 09/04/1938...................................................................al 28/05/1949Suor Valburga Brembilla ........................................ dal 01/03/1939...................................................................al 30/06/1942Suor Annangela Lovato ........................................... dal 01.10.1939 ....................................................................al 30/04/1947Suor Fosca Lazzarotto .............................................. dal 05/09/1945 .................................................................al 08/09/1970Suor Annalina Marostica ........................................ dal 24/04/1950...................................................................al 01/09/1973Suor Ernestina Belotti ............................................. dal 30/04/1951...................................................................al /11/1957Suor Angelamaria Bonamin ................................. dal 30/09/1952...................................................................al 07/09/1956Suor Arcangela Belotti ............................................ dal 10/10/1957...................................................................al 28/05/1963Suor Lucrezia Sozzi .................................................. dal 29/05/1963...................................................................al /08/1969Suor Angelamaria Bonamin ................................. dal 19/08/1965...................................................................al 10/07/1970Suor Grazia Cattaneo .............................................. dal 28/08/1969...................................................................al 16/08/1972Suor Piercostanza Roscioli .................................... dal 28/09/1970...................................................................al 23/08/1979Suor Generosilla Seri ............................................... dal 17/08/1972...................................................................al 24/08/1975Suor Pinarosa Facheris ............................................ dal 15/09/1973...................................................................al 21/07/1976Suor Rosalinda Cassol ............................................. dal 28/09/1973...................................................................al 30/03/1975Suor Isagrazia Bertorelle ........................................ dal 27/08/1975...................................................................al 22/08/1981Suor Gianersilia Paccani ........................................ dal 20/08/1977...................................................................al 18/08/1985Suor Mariselda Massetti ......................................... dal 28/08/1979...................................................................al 17/08/1981Suor Piergiuditta Pedruzzi ..................................... dal 06/09/1981...................................................................al 06/09/1987Suor Gesualma Frigo ............................................... dal 22/08/1985...................................................................al 09/09/1988Suor Isagrazia Bertorelle ......................................... dal 23/08/1988...................................................................al 18/08/1991Suor Teresina Cassia ................................................ dal 15/10/1978...................................................................al 02/08/1986Suor Agripina Busi .................................................... dal 15/09/1972...................................................................al /06/1992Suor Eldarosa Medeghini ..................................... dal 02/09/1987...................................................................al 16/08/1993Suor Marisangela Bonfanti .................................... dal 25/08/1992.................................................................. al 0/00/1994Suor Generosina Tosca ........................................... dal 26/11/1992...................................................................al 27/09/1995Suor Flores Bonfanti ................................................ dal 16/08/1993.................................................................. al 0000/1994Suor Martina Gasparini .......................................... dal 29/09/1995...................................................................al 15/09/1997Suor Piergiuditta Pedruzzi ..................................... dal 16/09/1997................................................................... al 00/0/2006Suor Nunzialice Noli ................................................ dal 23/08/2000.................................................................. al 0000/2006Suor Eldina Buff oli .................................................... dal 02/09/2000................................................................... al 00/0/2005Suor Pierioseff a Bracca ........................................... dal 23/08/2002................................................................... al 00/0/2005

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Con la Parrocchia

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Diario storico delle attività delle Poverelle a Castrezzato

Pubblichiamo la prima parte del diario storico

La Direzione dell’Ospedale “Maggi“ di Castrezzato (BS), venuta a conoscenza del-

le opere di Don Luigi Palazzolo, fondatore dell’Istituto delle Suore Poverelle di Bergamo, chiese ed ottenne alcune Suore delle Pove-relle di Bergamo, alle quali venne affi data l’assistenza degli amma-lati. L’attività delle Suore Poverelle ebbe inizio il 29 gennaio 1890.La prima Madre delle Suore dell’o-spedale, dal 29 gennaio 1895 al 19 novembre 1909, fu Madre Fedele Cefi s, alla quale nel 1903 fu man-data una terza Suora perché si occupasse della cucina eonomica a pro dei numerosi poveri che si presentavano all’ospedale per la refezione.Le successe Madre Giuseppa Mor-lotti dal 21/11/1909 al 19/06/1918, indi Madre Aquilina Pellegrini dal 19/06/1918 all’8/03/1922.Frattanto in una stanza attigua all’ospedale, le Suore accoglie-vano alcuni bambini del paese ai quali venivano insegnate le prime verità della fede e preparati così a ricevere i Sacramenti della Confes-sione, dell’Eucarestia e della Cre-sima.A poco a poco il numero dei bam-bini aumentò e il primitivo raduno prese l’andamento funzionale di un Asilo Infantile.Sul luogo si formò una commis-

sione che ottenne da Bergamo un soggetto idoneo all’insegnamen-to nella Scuola Materna e nel 1908 si diede così uffi ciale inizio anche a questa nuova opera.L’asilo richiamò altre opere, qua-li l’Oratorio festivo e la Scuola di Lavoro. La Madre dell’Ospedale non poteva assumersi la Direzio-ne anche dell’Asilo e delle Opere Parrocchiali e i superiori decisero di suddividere le mansioni.La Direzione dell’Asilo fu quindi affi data alla Rev.da Madre Ales-sandrina Valoti dal 21/09/1908 al 19/06/1915, alla quale successero:Madre Miriam Moreschi dal 26/06/1915 al 09/06/1918, Madre Giovannina Selini dal 19/06/1918 al 04/06/1921, Madre Valeria Costardi dal 11/06/1921 al 30/05/1924.A quest’ultima fu affi data tempo-raneamente anche la Direzione delle Suore dell’Ospedale in un periodo di transizione per esso-Ripresero La Direzione del solo Asilo:Madre Modesta Bandelli dal 30/05/1924 al Maggio 1927,Madre Benvenuta Guerini dal 16/05/1927 al settembre 1927 (ritirata a Bergamo per malattia) le successe :Madre Gregoria Svanera dal 29/09/1927 all’ottobre 1928,Madre Reparata Molari dal 28/11/1928 al 21/04/1934,

Madre Eletta Tedeschi dal 29/04/1934 al 28/03/1940,Madre Annangela Lovato dal 01/05/1941 al 19/04/1947.Nel periodo di reggenza di quest’ultima Madre, periodo bel-lico, l’Asilo infantile fu occupato da ragazze dai 14 ai 20 anni, iscrit-te alla G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio), sfollata da Ferrara.L’occupazione avvenne il 17 luglio 1944. Le ragazze, sistemate così dalle Autorità Civili di allora, mise-ro a disagio le Suore per un tempo che non ci è possibile specifi care. Alla Madre Annangela succes-se Madre Ernestina Belotti dal 30/04/1951 al novembre 1957.IL 7 Gennaio 1952 è stata ritirata la Madre dell’Ospedale e lasciate le due Suore per l’assistenza degli ammalati.La direzione di detto Ospedale venne intanto affi data alla Rev.da Madre Ernestina, anno in cui le successe Madre Eustochio Berta per l’ Ospedale e Madre Arcange-la Belotti per l’Asilo.Fin qui la cronaca è sintetica per-ché prima dell’anno 1961 non è mai stata fatta.

Anno 1961Attualmente nell’Asilo Infantile di Castrezzato vi sono quattro Suore, compresa la Madre.Esse si dedicano all’educazione dei bimbi, alla scuola di lavoro e

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Vita in Parrocchia

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alle Opere Parrocchiali.Il contributo mensile dato a cia-scuna Suora dall’Amministrazione dell’Asilo è di £ 5.500 mensili. Le Suore godono dell’Assicurazione alla Previdenza Sociale.Nella scuola di lavoro le frequen-tanti sono 20, i bambini dell’Asilo sono 150, le frequentanti l’orato-rio festivo sono 110, quelle delle scuole di catechismo sono 120 suddivise in quattro classi.

Visita Canonica della Rev.ma Ma-dre GeneraleOggi, 8 Agosto 1961, abbiamo avuto la visita Canonica della Rev.ma Madre Generale Suor Angela Francoli, accompagnata dalla Se-gretaria Generale Suor Massimilla Bassi.Tale visita ci fu graditissima anche perché tanto desiderata. La Rev.ma Madre ha rilevato che la cucina ha bisogno di essere im-biancata e riordinata e la Cronaca della Casa aggiornata.La visita è stata breve, ma la Rev.ma Madre ci ha ricevute tutte e ci ha esortate al meglio per lo spirito e per l’apostolato.12/10/1961 fi rma: Suor Angela Franchi

Anno 1962La sera del 5 gennaio, vigilia della Solennità dell’Epifania s’è tenuto in casa un corso di S. Esercizi chiusi per le ragazze dai 16 anni in poi. Le partecipanti furono 80. Sono state abbastanza raccolte.Il giorno 18 sera al 20 dello stesso mese s’è fatto un altro corso per le adolescenti. Anche queste erano una sessantina. Sono state anche queste molto raccolte.

Anno 1963Il 29 Maggio 1963, a Madre Arcan-gela Belotti, successe Madre Lu-crezia Sozzi.

Anni 1964-1965Dal 01/11/1964 al 10/05/1965 si

è tenuto un corso di Ragioneria pratica, dattilografi a e stenografi a, hanno frequentato e conseguito il diploma 23 ragazze. Il giorno 5 giugno sera e il 6 giu-gno mattino si è tenuto nel nostro salone il ritiro per tutte le giovani dai 16 anni in poi; è stato seguito con vero impegno da 50 ragazze che hanno espresso la loro soddi-sfazione e il desiderio che questi ritiri fossero più frequenti.La sera del 6 giugno si è chiuso il mese della Madonna con l’off erta dei fi ori e fi oretti alla grotta con poesiole e canti in onore della Ma-donna e con la fi accolata alle ore 20,30 ben riuscita e commovente, anche se la pioggia ha smorzato un poco l’entusiasmo.Il giorno 27 maggio 1965, 108 bambine si sono portate Sotto il Monte, la Madonna del bosco e in casa Madre dal B. Fondatore, sono tornate tutte contente e piene di entusiasmo e hanno formulato i loro piccoli ma pratici propositi di bene.Marzo 1965 si è sistemato il cortile antistante alla casa ed è stata col-locata una piccola statua del Sacro Cuore.Gennaio 1965 è stato aumentato lo stipendio, su richiesta del Presi-dente Signor Pierino Magoni da £ 300.000 annue a £ 400.000 annue.Settembre 1965 è stato fatto l’im-pianto di riscaldamento.Ottobre 1965 Mediante l’interes-samento del Sindaco Gandolfi ni sono state arredate 3 aule dell’A-silo tutto off erto dalla Provincia di Brescia che ci ha pure fornito anche diversi utensili di cucina unitamente al servizio completo da tavola per 50 bambini, il ferro da stiro completo del cavalletto metallico.

05/12/1965 In preparazione alla festa del’Immacolata si è tenuto nel nostro salone un bellissimo ritiro dalle ore 8.00 alle ore 12.00; hanno frequentato più di 50 gio-

vani, sono state molto raccolte, silenziose ed alla fi ne molto sod-disfatte.

Anno 1966Da gennaio a giugno 1966 si è tenuto mensilmente il ritiro per giovani dai 14 anni in poi, frequen-tato da 50 ragazze che sono state veramente raccolte e silenziose ed hanno dimostrato di capire il valore e l’utile spirituale di questi ritiri. Dall’1 al 10 maggio 1966, nel no-stro salone si è tenuto un corso di conversazioni sul valore del ci-nema per le giovanissime in com-memorazione del loro ventennio. Hanno frequentato assiduamen-te 30 ragazze – si sono mostrate molto soddisfatte.Il 31 maggio vi è stato il solito incontro di tutte le giovani con la consacrazione alla Madonna, reci-tata davanti alla grotta. Alla sera alle 9 raduno di tutte le bambine per l’omaggio di fi ne mese alla Vergine S.S. La partecipazione è stata soddisfacente.Il 20 novembre si è tenuto l’incon-tro con le giovani della Parrocchia ed hanno partecipato oltre 100 giovani.L’undici dicembre si è tenuto, sem-pre nel nostro salone, il ritiro, le partecipanti sono state solo una trentina, però hanno partecipato con tanta serietà.Firmato da Suor Nandina Bonaci-na

(continua)

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Vita in Parrocchia

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Gli interventi alle strutture parrocchiali

Riepilogo cronologico dal 2004 al 2012

Come si era accennato nello scorso numero del Bollet-tino parrocchiale, il CPAE

(Consiglio amministrativo parroc-chiale) presenta la relazione degli interventi di manutenzione, re-stauro e costruzione degli ultimi otto anni, delle strutture parroc-chiali (da quando è entrato in ser-vizio l’attuale arciprete).

• Sistemazione dell’androne della sacrestia (che era perico-lante); degli ambienti annessi alla sacrestia (ripostiglio arredi sacri, stanze dei chierichetti ed atrio di accesso porta se-condaria della sacrestia, ser-ramenti, porte e fi nestrelle) ed al pavimento salone dell’ex-Salone Silvio Pellico, situato al I° piano.

• Restauro storico-artistico completo della facciata della chiesa parrocchiale ed im-pianto di allontanamento dei piccioni (ponteggio, opere edili e di pittura).

• Rilievo geometrico laser dell’immobile chiesa ed edifi ci annessi.

• Restauro completo dei sette fi nestroni della chiesa (120 mq).

• Rifacimento dell’impianto di riscaldamento ad aria forzata della chiesa parrocchiale (pas-saggio dalla caldaia a gasolio al gas metano)

• Restauro storico dei portoni esterni ed interni della chiesa (sei portoni minori e il portone centrale).

• Rifacimento del castello cam-

panario e suoneria della Tor-retta della chiesa.

• Restauro e rifunzionamento della piccola campana della chiesa di san Lorenzo.

• Sostituzione del generatore (caldaia) ad aria della chiesa di san Lorenzo, come richie-sto dalle norme di sicurezza vigenti.

• Nuovo impianto di amplifi ca-zione nelle chiese di san Lo-renzo e di san Rocco al Cimi-tero.

• Restauro del portone e della porta laterale della chiesa di san Rocco (Cimitero) nonché dei mobili di sacrestia. Dipin-tura della sacrestia.

• Risistemazione manutentiva dell’impianto di illuminazione della chiesa parrocchiale.

• Restauro dell’aff resco della Pietà nell’ex-sacrestia, dell’an-tico mobile rustico ivi custodi-to e dell’ambiente secentesco dov’è posizionato l’aff resco (stucchi e pavimento).

• Restauro completo dei due grandi confessionali chiusi della chiesa parrocchiale.

• Restauro del portone d’ingres-so della chiesa di san Pietro e del portone di accesso alla tor-re di san Pietro.

• Restauro inginocchiatoio spo-si, basi e pedane per statue.

• Restauro totale delle statue lignee dei quattro evangelisti, di san Giuseppe, di sant’An-tonio di Padova, di san Luigi

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Vita in Parrocchia

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Gonzaga e relativi mobili di sostegno (restauratore Gior-gio Manenti).

• Acquisto di Mobili artistici in stile dell’atrio della sacrestia per i paramenti sacri.

• Restauro dell’intonaco della facciata dell’edifi cio destinato alla Caritas prospiciente piaz-za Pavoni.

• Messa in sicurezza totale dell’edifi cio storico denomina-to “Cascina dell’Oratorio” ; rifa-cimento del portone d’ingres-so da Via Circonvallazione); sistemazione del cortile della cascina.

• Nuova cucina dell’Oratorio po-sizionata parzialmente dell’ex-corte della cascina

• (costruzione, pavimenti, im-pianti elettrico, idraulico e di riscaldamento, porte, fi nestre, imbianchino e soprattutto at-trezzature tecnologiche ed arredo della cucina vera e pro-pria).

L’elenco è necessariamente som-mario, ma è quasi completo. Non comprende alcuni arredi signifi -cativi donati alla Parrocchia (pul-pito in S. Lorenzo; il nuovo am-bone liturgico intagliato e dorato; due grandi angeli lignei collocati nell’abside; sedie e sede centra-le per il celebrante nella chiesa parrocchiale; ovviamente le risor-se - pur notevoli - destinate alle opere vive di carità e di solidarie-tà missionarie, nonché le uscite permanenti della vita ordinaria (utenze, assicurazioni ecc…) Il grazie lo dobbiamo innanzi tutto

Maifredi Santina, ha conseguito la Laurea in Scienze della for-mazione primaria con voto fi nale di 106/110.

Alla dottoressa Maifredi i nostri complimenti e l’augurio che possa aver assaporato nel successo scolastico solo la prima del-le grandi gioie che la vita ci può regalare.

Complimenti alla Squadra dell’Oratorio che sta facendo un ottimo campionato provinciale ANSPI Amatori girone “G”.

Formazione in piedi da sinistra: Vescovi Daniel (allenatore), Bianchi Francesco, Pasinelli Stefano, Piantoni Massimiliano, Casaletti Rober-to, Noci Luca, Nava Marco, Venturi Matteo, Panizzi Gianluca.Seduti da sinistra: Briceno Gerald, Bergomi Antonio, Bosetti Andrea, Ranghetti Dario, Xhafa Denis, Nicolini Cristian, Locatelli Michele, Zammarchi Claudio (presidente).Inoltre: Serina Andrea, Bonelli Michele, Alghisi Giovanni.

In evidenza la squadra di calcio dell’oratorio

al buon Dio che ci assiste e a tanti parrocchiani generosi che hanno sostenuto con amore e fedeltà la loro Parrocchia. A tutti va il nostro grazie convinto e cordiale. A chi si è sobbarcato l’onere - spesso na-scosto - di seguire da vicino questi lavori (con gli annessi grattacapi)

va la nostra più viva riconoscenza. Ai benefattori Defunti il nostro ri-cordo nella preghiera. Se qualcosa abbiamo dimenticato, ne chiedia-mo venia.

Il Parroco con Il C.P.A.E della Parrocchia

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Vita in Parrocchia

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Il Coro don Arturo Moladori

Alla ricerca di voci nuove

Far parte di un coro è un’espe-rienza bellissima se la si vive con lo spirito richiesto, vale a

dire lo spirito della “coralità”: tutti insieme a servizio del coro per un unico risultato condiviso.Con questa disponibilità, ed un di-rettore con i requisiti necessari, si ottengono risultati eccezionali.Il nostro Maestro Direttore Giu-seppe Gelmini è considerato da tutti noi del coro uno dei maestri più quotati della provincia, infat-ti sotto la sua accurata e raffi nata direzione, abbiamo ottenuto suc-cessi importanti in ogni luogo che ha ospitato le nostre esecuzioni. Brescia, Milano, Parma, Genova,

Venezia, Firenze, Roma…. in tut-te queste città abbiamo sorpreso chi ci ascoltava per il livello di ese-cuzione. Infatti i nostri concerti, ascoltati da persone competenti, vengono recensiti come meritevo-li di plauso.Non siamo un coro di professioni-sti, non facciamo grande selezio-ne: basta una discreta voce una buona intonazione e tanta voglia di fare!Nel nostro ci sono coristi con spic-cate qualità canore, altri un po’ meno, ma con lo spirito che dice-vo prima. Tutti insieme riusciamo ad ottenere risultati che ci rendo-no orgogliosi di far parte del coro

“Don Arturo Moladori” di Castrez-zato.L’impegno però a volte risulta gra-voso, soprattutto quando si è in pochi a sostenerlo, allora subentra la poca voglia di fare, l’insoff eren-za e l’incomprensione. Abbiamo bisogno di forze fresche, di voci nuove che diano vigore ed entu-siasmo ad un gruppo che in questi vent’anni ha dato tanto.

Spero che questo mio appello possa far crescere in voi, che mi avete letto, il desiderio di aiutarci a riprendere slancio per il bene del coro e di tutta Castrezzato.

Il Coro “Don Arturo Moladori” durante un’esecuzione nel Duomo di Milano il 15 settembre 2010.

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Vita in Parrocchia

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L’anno vecchio, pur-troppo segnato da gravi lutti per la no-

stra comunità, si è portato via, tra tante persone giova-ni, anche una cara, anziana “quercia” del nostro paese: Eugenia Turra, morta il 16 ottobre scorso all’età di 94 anni. Molti in paese conservano di lei un ricordo vivo e in-tenso, testimoniato dalle numerosissime, commosse visite di commiato presso la sua casa.Veramente toccanti i ricordi e i racconti densi di parti-colari di quanti, soprattutto mamme e donne di ogni età, hanno reso omaggio alla sua salma. Racconti di quasi un secolo di vita castrezza-tese…In queste occasioni, così cariche di calore umano, ci si rende perfetta-mente conto di quanto bene una persona semplice, ma ecceziona-le come lei, abbia fatto per la sua numerosa famiglia, ma anche per l’intera comunità, alla quale Euge-nia era profondamente legata.La precoce vedovanza la orientò subito ad una stile di intrapren-denza e fortezza. Il suo amore alle quattro fi glie era modulato ogni giorno dalla fatica del lavoro quo-tidiano, dalla preghiera sincera e genuina, dalla semplicità dei modi e dello stile di vita. Dopo la perdita del caro sposo Italo, un altro gravissimo lutto la

colpì: la morte della sua piccola, dolcissima bimba Itala, di soli 6 anni, dopo una tremenda malat-tia durata due anni. È soprattutto dopo questo fatto doloroso che la fede di Eugenia diventò più pro-fonda: non uno strato superfi ciale di credenze appiccicate alla vita reale, ma una vera forza interiore, un respiro dell’anima che la affi nò al colloquio personale con Cristo. La sua fede è stata quindi genui-na, sostanziata di opere buone, espressa nel lavoro, nell’accoglien-za serena dei suoi cari, e nel servire gli altri con altruismo e bontà. Tanti la ricordano, in tempi duri e di diffi coltà economiche di tante famiglie, condurre con grande di-sponibilità e generosità un nego-zietto di alimentari e generi vari,

collocato in piazza Mons. A. Zammarchi.La stessa fede ha mosso Eu-genia a testimoniare e la-vorare come catechista, im-pegnandosi con energia e positività come “Delegata” dell’Azione Cattolica del pa-ese. “Premurosa, materna e atten-tissima al numeroso gruppo di bambini che seguiva in oratorio e durante le varie funzioni religiose di Castrez-zato”; così la ricorda oggi uno dei tanti adulti che era stato, allora, un suo “fanciullo”…. Spirito sereno, libero e in-telligente, nella sua vita ha dimostrato una rara e tena-ce capacità di accoglienza, soprattutto verso i bambini.

Dei piccoli si è sempre circondata volentieri, fi no alla fi ne della sua lunga vita: pur con la piena lucidi-tà mentale, ma nell’infermità fi sica e tra mille acciacchi, si dimostrava nei loro confronti benevole e ben disposta ad un dialogo educati-vo vivace e spontaneo, avviando sempre al “bene” anche i più esu-beranti.Carissima nonna Genia, la tua vita ha reso Castrezzato più bello e la Chiesa più materna e trasparente. Sei stata un esempio per molti e chi ha avuto la fortuna di cono-scerti ha percepito, attraverso di te, qualcosa del grande cuore di Dio. Grazie Genia. Non ti dimentichere-mo mai!

Grazie Genia

In ricordo della cara nonna Eugenia

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Vita in Parrocchia

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In questi ultimi mesi, la nostra comunità piange la perdita di due giovani vite stroncate una

da un tragico incidente, l’altra da un’impietosa malattia. Entrambe si chiamavano Michela ed entram-be, morendo, hanno donato al prossimo una parte di loro stesse che ancora continua ad esistere in chi si trovava in una situazione di grande bisogno e che sarà loro eternamente grato per il dono ri-cevuto. Infatti, le famiglie Lupatini e Tognoli hanno acconsentito all’e-spianto degli organi permettendo così ad altri, in condizione di estre-ma soff erenza fi sica, di continuare a vivere.Quando una persona cara ci lascia, qualcosa sopravvive sempre in quanti l’hanno conosciuta: il ricor-do di un momento felice, di un’e-mozione provata, di un sorriso o anche solo di uno sguardo.

Alle famiglie di Michela Lupatini e Michela Tognoli va il sincero rin-graziamento della comunità ca-strezzatese perché nel momento della disperazione, anche davanti alla morte, hanno saputo scegliere la vita. Permettere l’espianto degli organi è un gesto di grande civiltà e solidarietà che va oltre l’egoismo personale e oltre la grande soff e-renza del momento. E’ un gesto che vuole dare ancora più senso alle vite che si sono spente e che non sono transitate su questa ter-ra solo di passaggio ma hanno la-sciato così un’impronta concreta: un cuore che continua a battere, dei polmoni che continuano a re-spirare, degli occhi che continua-no a vedere …Per le persone che hanno ricevuto questi doni, le nostre concittadi-ne sono diventate gli “angeli del-la salvezza” che hanno permesso loro di uscire dall’incubo della ma-lattia.Ogni anno, nel mondo, muoiono migliaia di persone, soprattutto bambini, poiché non vi sono orga-ni disponibili per il trapianto che salverebbe loro la vita. La cultura della solidarietà deve crescere af-fi nché tutti possano capire l’im-portanza della donazione a fi ni terapeutici: la donazione del san-gue, del midollo e degli organi. La vita è un diritto, ma per alcune persone è solo un lista d’attesa in-terminabile per un trapianto che non arriverà mai.L’Italia è uno dei primi paesi al mondo per la donazione degli organi e Castrezzato conta un nu-

mero di iscritti all’A.I.D.O. (associa-zione italiana donatori organi) tra i più alti della zona. Dunque la no-stra è una comunità che risponde ai bisogni del prossimo in modo positivo e ciò deve essere motivo di orgoglio ma soprattutto esem-pio positivo e costruttivo per le generazioni future, nonché stimo-lo ad un continuo miglioramento perché, quando si tratta di solida-rietà, si può sempre fare di meglio.L’associazione A.I.D.O. di Castrez-zato, oltre a Michela Lupatini e a Michela Tognoli, vuole ricordare anche gli altri concittadini che in passato hanno donato gli organi: Ombretta Zammarchi, la prima giovane donatrice, di cui la sezio-ne locale porta il nome, Iole Ca-valli, Flora Pontoglio e Giuseppe Goffi . Questi nomi resteranno scritti nei nostri cuori.

Due vite che continuano anche oltre la morte

Due donne che hanno saputo donare se stesse

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Vita in Parrocchia

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In memoria di Vincenzo Cuneo

I nipoti ricordano il nonno Vin-cenzo per la sua disponibilità verso il prossimo.

Il 23 dicembre dopo una de-terminata battaglia contro il cancro è venuta a mancare

la nostra grande Michela.Nei giorni di grande dolore per tutta la nostra famiglia la vicinanza di tutte le persone venute a dare l’ultimo saluto è stata per noi una grande forza.

È stato bello sentirsi parte di una grande famiglia dove un semplice abbraccio e dei sem-plici gesti ci hanno fatto capire che anche una persona mera-vigliosa come lei è riuscita a seminare tanto amore.Amore che nonostante le sue grandi diffi coltà e le tante as-senza per i vari ricoveri, è stata per Edoardo una mamma con la M maiuscola, riuscendo a

La famiglia Tognoli ringrazialasciare in lui un bellissimo ri-cordo: il suo amore e la voglia di sorridere sempre.

Vogliamo anche ringraziare tutte le persone che con picco-li e grandi gesti aiutano il no-stro piccolo Edoardo. Grazie di cuore.

La famiglia Tognoli ed il piccolo Edoardo

Una mamma con la M maiuscola

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Vita in Parrocchia

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Calendario liturgico pastoraleMarzo23 (sabato): Nel pomeriggio i ragazzi dell’orato-

rio iniziano le Quarantore con l’adorazione al Santissimo Sacramento in chiesa

24 Domenica delle Palme. S.S. Messe Ore 8,00- 10,30-18,00. Quarantore.Ore10 Raduno nel cortile dell’oratorio per la processione verso la chiesa parrocchiale. Be-nedizione dei rami di ulivo.Ore 10,30: S. Messa solenne pro populo. Pro-clamazione della Passione.Ore 14,30 Adorazione degli adulti

25 Lunedì santo. Quarantore. Messe alle ore 8,00- 9,30-20,00. Adorazione (dopo le messe).

26 Martedì santo. Quarantore. Messe alle ore 8,00- 9,30-20,00 (seguita dalla processione Eucaristica secondo l’itinerario tradizionale: Piazza S. Maria - Piazza Zammarchi - Via Bat-tisti - Vicolo Abbandonato - Via Risorgimento - Via Torri - Chiesa parrocchiale.

27 Mercoledì santo. Ore 9,30 Messa (Pasqua dell’ammalato - alla Casa di Riposo)

28 Giovedì santo. Ore 7,30: Uffi cio delle Letture Ore 20,30 S. Messa solenne in Cena Domini e adorazione fi no alle Ore 23,00.

29 Venerdì santo. Giorno di astinenza e di digiu-no.Ore 7,30: Uffi cio delle Letture e lodi. Tempo utile per le confessioni.Ore 15,00: Azione liturgica in morte Domini. Adorazione della Croce.Ore 20,30: Liturgia della Parola e Processione solenne con il Cristo Morto.

30 Sabato santo. Ore 7,30 Uffi cio delle Letture e Lodi. Giornata destinata alle confessioni e Bacio a Cristo Morto.Ore 20,30 Solenne Veglia Pasquale in Pascha Domini.

31 Pasqua di Risurrezione. Sante Messe Ore 8,00-9,30-11,00 e 18,00. N.B. Ore 17,30: Vespri di Pasqua.

Aprile01 Lunedì dell’Angelo. Messe con orario festivo.02 Martedì dell’Ottava di Pasqua. Da oggi entra

in vigore l’orario estivo delle sante messe:Feriali: Ore 8,00 e 20,00 Festiva della Vigilia: Ore 18,30 Festive: Ore 8,00-9,30-11,00-18,30.

07 Domenica II di Pasqua (Divina Misericordia)14 Domenica III di Pasqua. Battesimi comunitari.21 Domenica IV di Pasqua. 50° Giornata mondia-

le di preghiera per le Vocazioni.23 S. Giorgio martire.25 S. Marco Evangelista.28 Domenica V di Pasqua. Ore 9,30 Celebra

Mons. Voltolini Vescovo missionario.29 S. Caterina da Siena.

Maggio01 Pellegrinaggio parrocchiale per le famiglie

alla Madonna della Corona.Ore 20,30: S. Rosario e inizio del mese di mag-gio in chiesa. N.B. Dal 2 maggio prende avvio la recita del S. Rosario nelle varie santelle e Rioni del paese.

03 Festa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo.05 Domenica VI di Pasqua.12 Solennità dell’Ascensione del Signore13 Nostra Signora di Fatima.14 S. Mattia Apostolo.19 Solennità della Pentecoste. S. Cresime in Par-

rocchia( Ore11,00)20 S. Bernardino da Siena.22 S. Rita da Cascia.24 Festa di Maria Ausiliatrice.26 Solennità della S.S. Trinità.31 Festa della Visitazione della Beata Vergine

Maria. Ore 20,30: conclusione del mese di Maggio in chiesa.

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Calendario liturgico

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Anagrafe parrocchiale

Nella luce di Cristo (defunti)Rinati in Cristo (battesimi)

Lanza Valentina di Alessio e Sala SimonaRubaga Monica di Massimo e Zucchetti PaolaVigani Edoardo Marco di Marco e Mazzoleni Luisa NerisRonchi Mattia di Oliviero e Zanardelli AnnaVermi Giulia di Roberto e Vizzardi ClaudiaFacconi Filippo di Andrea e Nicolini CarlaPresti Ester di Ugo e Gervasoni Sara

Tognoli Michela di anni 40Torriani Paolina di anni 75Bombardieri Faustina di anni 85Festa Dante di anni 76Abiendi Cesare di anni 59Mambretti Francesca di anni 72Boldini Marilena di anni 53Vezzoli Rosa di anni 89Pisciali Virginia di anni 88Platto Antonio di anni 80Facchetti Santina di anni 90Cannatella Eduardo di anni 75Garbellini Ester di anni 69Donna Savina di anni 84Arrighetti Ferdinando di anni 51Sala Angela (Lina) di anni 88Zini Maddalena di anni 92Cominardi Veronica di anni 91Coelli Marina ved. Fra di anni 90Zanini Emanuele di anni 59ParmaMaria Antonia di anni 88

Uniti in Cristo (matrimoni)

Ferrari Marco con Lancini Eleonora

Auguri alla Comunità per una Santa PasquaL a redazione di “Camminiamo Insieme” e i collaboratori tutti,augurano ai lettori e alla Comunità parrocchiale i migliori auguri di una Santa Pasqua di resurrezione

43Camminiamo insieme n. 34 marzo - maggio 2013

Anagrafe parrocchiale

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GraziePapa Benedetto XVI