Bollettino diSan Pietro - up-gesucapo.it · Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi vorrei...

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Bollettino di San Pietro SCHIO dicembre 2018 - gennaio 2019 S. Caterina S. Francesco Incoronata S. Nicolò Duomo S. Rocco Canossiane S. Giorgio Salesiani S. Maria in Valle S. Caterina al Soio S. Cuore La Casa S. Martino Valbella Giuseppine S. Giacomo S. Antonio

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BollettinodiSan PietroSCHIO

dicembre 2018 - gennaio 2019S. Caterina

S. Francesco IncoronataS. Francesco

S. Nicolò

Duomo

Incoronata

S. Rocco

Canossiane

S. Giorgio

Salesiani

CanossianeS. Maria in Valle

Canossiane

S. Caterina

S. Caterina

al Soio

S. Maria in Valle

S. Cuore

La Casa

S. MartinoValbella

Giuseppine

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Bollettino di San Pietro

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La parola del Papa

Il Natale del Signore gesú

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Oggi vorrei soffermarmi con voi sul significato del Natale del Signo-re Gesú, che in questi giorni stiamo vivendo nella fede e nelle celebra-zioni.La costruzione del presepe e, so-prattutto, la liturgia, con le sue Let-ture bibliche e i suoi canti tradizio-nali, ci hanno fatto rivivere «l’oggi» in cui «è nato per noi il Salvatore, il Cristo Signore» (Lc 2,11).Ai nostri tempi, specialmente in Europa, assistiamo a una specie di snaturamento del Natale: in nome di un falso rispetto che non è cri-stiano, che spesso nasconde la volontà di emarginare la fede, si elimina dalla festa ogni riferimen-to alla nascita di Gesú. Ma in re-altà questo avvenimento è l’unico vero Natale! Senza Gesú non c’è Natale; c’è un’altra festa, ma non il Natale. E se al centro c’è Lui, allo-ra anche tutto il contorno, cioè le luci, i suoni, le varie tradizioni locali, compresi i cibi caratteristici, tutto

concorre a creare l’atmosfera della festa, ma con Gesú al centro. Se to-gliamo Lui, la luce si spegne e tutto diventa finto, apparente. Attraverso l’annuncio della Chie-sa, noi, come i pastori del Vangelo(cfr Lc 2,9), siamo guidati a cerca-re e trovare la vera luce, quella di Gesú che, fattosi uomo come noi, si mostra in modo sorprendente: nasce da una povera ragazza sco-nosciuta, che lo dà alla luce in una stalla, col solo aiuto del marito... Il mondo non si accorge di nulla, ma in cielo gli angeli che sanno la cosa esultano! Ed è cosí che il Figlio di Dio si presenta anche oggi a noi: come il dono di Dio per l’umani-tà che è immersa nella notte e nel torpore del sonno (cfr Is 9,1). E ancora oggi assistiamo al fatto che spesso l’umanità preferisce il buio, perché sa che la luce svelerebbe tutte quelle azioni e quei pensieri che farebbero arrossire o rimorde-re la coscienza. Cosí, si preferisce rimanere nel buio e non sconvol-

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ve – è bello questo passo di Paolo – : «È apparsa la grazia di Dio, che porta la salvezza a tutti gli uomini e che ci insegna a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2,11-12). La gra-zia di Dio “è apparsa” in Gesú, vol-to di Dio, che la Vergine Maria ha dato alla luce come ogni bambino di questo mondo, ma che non è venuto “dalla terra”, è venuto “dal Cielo”, da Dio. In questo modo, con l’incarnazione del Figlio, Dio ci ha aperto la via della vita nuo-va, fondata non sull’egoismo ma sull’amore. La nascita di Gesú è il gesto di amore più grande del no-stro Padre del Cielo.E, infine, un ultimo aspetto impor-tante: nel Natale possiamo vedere come la storia umana, quella mossa dai potenti di questo mondo, viene visitata dalla storia di Dio. E Dio coinvolge coloro che, confinati ai margini della società, sono i primi destinatari del suo dono, cioè - il dono - la salvezza portata da Gesú. Con i piccoli e i disprezzati Gesú stabilisce un’amicizia che continua nel tempo e che nutre la speranza per un futuro migliore.A queste persone, rappresentate dai pastori di Betlemme, «apparve una grande luce» (Lc 2,9-12). Loro erano emarginati, erano malvisti, di-sprezzati, e a loro apparve la gran-

de notizia per prima. Con queste persone, con i piccoli e i disprez-zati, Gesú stabilisce un’amicizia che continua nel tempo e che nutre la speranza per un futuro migliore.A queste persone, rappresentate dai pastori di Betlemme, apparve una grande luce, che li condus-se dritti a Gesú. Con loro, in ogni tempo, Dio vuole costruire un mondo nuovo, un mondo in cui non ci sono più persone rifiutate, maltrattate e indigenti. Cari fratelli e sorelle, in questi gior-ni apriamo la mente e il cuore ad accogliere questa grazia. Gesú è il dono di Dio per noi e, se lo acco-gliamo, anche noi possiamo diven-tarlo per gli altri – essere dono di Dio per gli altri – prima di tutto per coloro che non hanno mai speri-mentato attenzione e tenerezza. Ma quanta gente nella propria vita mai ha sperimentato una carezza, un’attenzione di amore, un gesto di tenerezza… Il Natale di spinge a farlo. Cosí Gesú viene a nascere ancora nella vita di ciascuno di noi e, attraverso di noi, continua ad es-sere dono di salvezza per i piccoli e gli esclusi. ●

(Udienza generaledel 27 dicembre 2017)

gere le proprie abitudini sbagliate.Ci possiamo chiedere allora che cosa significhi accogliere il dono di Dio che è Gesú. Come Lui stesso ci ha insegnato con la sua vita, si-gnifica diventare quotidianamente un dono gratuito per coloro che si incontrano sulla propria strada. Ecco perché a Natale si scambiano i doni. Il vero dono per noi è Gesú,

e come Lui vogliamo essere dono per gli altri. E, siccome noi voglia-mo essere dono per gli altri, scam-biamo dei doni, come segno, come segnale di questo atteggiamento che ci insegna Gesú: Lui, inviato dal Padre, è stato dono per noi, e noi siamo doni per gli altri.L’apostolo Paolo ci offre una chia-ve di lettura sintetica, quando scri-

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SOTTO IL PRÒNAO DEL DUOMOSiamo nel periodo dell’ Avvento, in preparazio-ne al Natale, che arriva sempre puntuale, ogni anno.Quindi facciamo gli auguri sinceri di buon Natale e di felice Anno nuovo ai lettori del Bollettino e a tutti gli scledensi, agli amici vicini e lontani.Vorrei mandare un au-gurio particolare agli ex arcipreti del duomo, a mons. Lodovico Furian, in quel di Vicenza, al vescovo Adriano Tessarollo a Chioggia, a mons. Bruno Stenco a Tezze di Arzignano e dintorni. Un ricordo anche a parenti ed amici che hanno reso l’anima a Dio.

***Alla nostra povera Italia, già provata da non pochi malanni, il meteo au-tunnale ha «regalato» altre disgrazie contro persone e cose: paura, disagi, pioggia intensa, torrenti in piena, frane, alberi divelti da trombe d’aria nel Ve-neto, pesanti inondazioni in Liguria, in Sicilia. Nel Vicentino il vento impetuo-so e trombe d’aria, hanno distrutto alcuni boschi dell’altopiano di Asiago, mentre la vallata del Leogra è stata abbastanza fortunata, rispetto ad altre zone della regione.Unico vantaggio: finalmente se ne sono andati alcuni gruppi di lupi, dopo aver

sbranato pecore e mucche, animali man-sueti che però non sono proprietà degli animalisti, amici invece dei lupi e degli orsi.In Sicilia sono state co-struite case perfino nel-le fiumare, cioè nei lar-ghi letti di torrenti quasi sempre asciutti, che tut-tavia possono riempirsi di acqua impetuosa e detriti in rare circostan-

ze. Se ciò succede, è solo colpa dell’uo-mo, che ha voluto sfidare la natura.Una tragedia ancora piú grave potreb-be capitare a Napoli e dintorni assai popolosi, se il Vesuvio, un pericoloso vulcano, apparentemente tranquillo, dovesse svegliarsi improvvisamente, com’è avvenuto piú volte nel passato con esiti catastrofici. Alcuni commentatori, amanti del giu-stizialismo, hanno cercato i responsabi-li anche tra i boschi del Veneto. Che cosa si poteva fare? Trattenere tutte le piante con funi di acciaio?La colpa è soprattutto del clima, pro-fondamente mutato: sembra diventa-to un clima quasi tropicale, monsoni-co. Nel novembre del 1966 c’era stata un’alluvione paurosa con molta piog-gia, ma non si verificarono i vortici di vento e le trombe d’aria di quest’an-no. Quindi è colpa delle mutazioni climatiche e dell’uomo che inquina e

contribuisce a cambiare il clima. Un po’ di colpa è anche di coloro che fanno la guerra alla ferrovia, il mezzo di trasporto meno inquinante.Speriamo che tutti gli Stati, compresi gli USA di Trump che sembra non capire, siano convinti dell’importanza di aderi-re al protocollo di Kyoto e agli accor-di di Parigi per ridurre l’inquinamento atmosferico prodotto da carbone e petrolio. È un dovere verso il nostro pianeta e la vita dei suoi abitanti.

***Quest’anno abbiamo assistito a grandi celebrazioni, spesso retoriche, nel cen-tenario della vittoria dopo la Grande guerra (1915-18); la prima guerra mondiale che produsse all’Italia la morte, per me inutile, evitabile, di al-meno 600.000 giovani. Nessun rischio bellico invece per i tre (il re savoiardo, il Salandra e Sonnino) che decisero di partecipare alla guerra, senza convo-care il Parlamento, senza informare l’opinione pubblica, con l’appoggio degli interventisti, dei nazionalisti e di Benito Mussolini, convertitosi dal neu-tralismo alla guerra. Il saggio Giolitti rimase sempre neutralista, ancor piú dopo la visita a Roma del prussiano von Bülow, che aveva promesso gran-di vantaggi, anche territoriali, se l’Italia fosse rimasta neutrale. Il papa Bene-detto XV aveva assunto un atteggia-mento pacifista, decisamente contra-rio alla guerra, ma non tutti i cattolici erano d’accordo con il Papa. Allora e anche oggi si proclama la

grande vittoria dell’Italia. Ma a quale prezzo? Se l’Italia fosse rimasta neutra-le, com’era nel suo diritto, avremmo conservato la pace e avremmo potuto ottenere qualche vantaggio anche ter-ritoriale, senza mandare a morire un’in-tera generazione di giovani, evitando i gravi danni della guerra.L’unica guerra possibile, giustificabile, perfino accettabile è quella difensiva, mai quella offensiva, espansionistica, tipica dei prepotenti. Almeno questa è la mia opinione. Se fossi vissuto nel primo Novecento, sarei stato d’ac-cordo con il Papa e con Giolitti! Ma la storia non ci ha insegnato proprio nulla. Dopo circa un ventennio, abbia-mo partecipato con gioia, entusiasmo e stupida arroganza, anche alla secon-da guerra mondiale, dichiarata contro mezzo mondo, America compresa, il-lusi che sarebbe stata una guerra bre-ve, l’avremmo certamente stravinta e avremmo ottenuto immensi vantaggi!Anche per tale motivo sono un eu-ropeista convinto, al di là di ogni al-tra considerazione: dopo due guerre mondiali nel giro di un quarantennio, l’Europa ci ha garantito un lungo pe-riodo di pace. Basterebbe solo questo per essere europeisti!

***La parola duce è nata nella Roma an-tica: «dux, ducis» era il condottiero mi-litare, dal verbo «ducere» che significa condurre. Anche il dictator, il dittatore che assume pieni poteri civili e militari, proviene dal mondo latino. A Musso-

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lini fu dato il nome di duce, cioè con-dottiero, dopo la marcia su Roma. In Prussia è il kaiser, imperatore, dal lati-no “Caesar”, in Russia lo zar ancora dal latino “Caesar”, nella Germania nazista è il Führer, dal verbo “führer” = guida-re. In Russia c’è ancora lo zar, anche se ha cambiato nome, in Germania c’è il cancelliere, in Italia il Presidente della repubblica, ma il potere è nelle mani del Parlamento e del governo eletti dai cittadini.Tuttavia ogni tanto il popolo ha un ritorno di fiamma e sembra amare l’uomo forte, quello che comanda con decisione. Nel passato in Italia è capitato con il duce Benito Mussolini, in Germania con il führer Adolfo Hitler, ma anche in democrazia talora emer-ge qualche decisionista sicuro di sé il quale attira l’ammirazione del popolo. Che dire? È forse una segreta tenden-za popolare. Il popolo ama essere co-mandato da uno solo, magari illumina-to, che sappia dribblare la burocrazia, per ottenere subito ciò che serve. Personalmente preferisco sempre la democrazia, anche vivace e polemica, con maggioranza e minoranza.

***I non piú giovani ricorderanno quan-do fu decisa la costruzione del nuo-vo costoso ospedale di Santorso, a metà strada fra Thiene e Schio. È stata una spesa enorme, dal mio punto di vista è stato uno sperpero di danaro pubblico. Bastava migliorare il De Lel-lis, ma il progetto, commissionato dal

comune di Schio, fu scartato subito, anche se costava meno della metà del nuovo ospedale. Se il De Lellis fosse stato a Thiene, poteva andar bene. Quello di Schio è l’unico complesso della zona, nato e progettato come ospedale; con qualche modifica e la costruzione del nuovo blocco opera-torio, poteva essere il nuovo ospeda-le, dotato di posti letto piú numerosi rispetto a quello di Santorso, ma pur-troppo si trovava nel comune di Schio. Ora ci si accorge che i due vecchi complessi di Schio e Thiene, con l’ec-cezione di alcuni settori, sono inutili e stanno cadendo a pezzi. Tuttavia si poteva prevedere prima; non occor-reva essere grandi esperti per capire. Quando si spendono tanti soldi pub-blici, occorre pensare a lungo e preve-dere le conseguenze. O no?

***Una ragazza trova impiego in una gran-de ditta, famosa per la poca generosità degli stipendi. Passa il primo mese e la nuova impiegata riceve lo stipendio in una busta sigillata. Aperta la busta vi trova il magro stipendio e un biglietto che dice: «L’entità del suo stipendio è eccezionale per la nostra compagnia. Non ne faccia parola con alcuno».La ragazza ritorna alla cassa e resti-tuisce il biglietto, in calce al quale ha aggiunto: «Non preoccupatevi, state tranquilli non dirò una parola. Mi ver-gogno quanto voi». ●

Il direttoreGiuseppe Piazza

È tempo di rinnovare l’abbonamento

L’abbonamento per il 2019 è di 10 euroCon questo numero riprende la pubblicazione del Bollettino e le famiglie della nostra parrocchia sono invitate a sostenerlo con l’abbonamento e a migliorarlo con il consiglio e l’invio di proposte e commenti.

PERcHÉ FARE L’ABBONAMENTOÈ importante rendere più forti e convinti i nostri legami comunitari non solo ecclesiali, ma anche civili. È importante conoscere le nostre radici, comunicare le numerose iniziative in atto, informare su quelle che sono in programmazione, crescere nella consapevolezza di ciò che siamo e vogliamo essere, contribuire a rafforzare nelle nostre famiglie e nei nostri bambini, ragazzi e giovani un piú forte senso di appartenenza alla comunità.

QUANTO cOSTA L’ABBONAMENTO ANNUOAnche quest’anno i numeri del «Bollettino» saranno quattro pubblicati in coinci-denza con i tempi forti dell’anno pastorale. La quota di abbonamento, necessaria per coprire le spese di stampa, è 10 euro.Con questo numero sarà consegnato alle famiglie il calendario parrocchiale.

cOME FARE L’ABBONAMENTOI modi per abbonarsi sono vari:• pagare l’offerta della quota annuale direttamente alla zelatrice che passerà per

proporre l’abbonamento.• Portare la quota presso la canonica (via Cavour, 3) o presso la Buona Stampa

(via Cavour).• Versare su bollettino di conto corrente postale n. 20562484 intestato a:

Parrocchia San Pietro apostoloLa causale è Offerta per il rinnovo Bollettino anno 2017-2018.

Per coloro che abitano fuori Schio è possibile versare la quota di 10 euro (assieme a un contributo per le spese di spedizione di 10 euro) sul CCP n. 20562484 intestato a Parrocchia San Pietro apostolo.

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ANNO XLII – NUMERO 1 – DICEMBRE 2018 – GENNAIO 2019 Periodico della Parrocchia del Duomo di S. Pietro – SchioRegistrato dal Tribunale di Vicenza il 12 settembre 1978 al n. 375Proprietà di don Mariano Ronconi, amministratore parrocchialeDirettore responsabile: Giuseppe Piazza - Schio, via Milano, 34 – Tel. 0445 521425Sede della redazione: Canonica di San Pietro apostolo – via C. Cavour, 3 – 36015 Schio (VI)tel. 0445 521103 – e-mail: [email protected]

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IL SIgNORE AccOMPAgNIIL TUO cAMMINOOmelia dell’Arcivescovo di Ferrara

di Gesú scacciava i demoni nel suo nome. Gesú da questo fatto aiuta i di-scepoli a non sentirsi i soli beneficiari della grazia del Signore. Chiunque che fa un gesto buono, anche semplice come dare un bicchiere d’acqua nel suo nome è discepolo. Non lo è chi usa il nome del Signore per scandaliz-zare i piú piccoli, per fare del male e agire con violenza, chi fugge dagli im-pegni, chi non è discreto e prudente. Nelle beatitudini, poi, il Signore ricor-derà quali sono i gesti che rendono felici, beati, noi e gli altri, facendoci ri-conoscere, guardare in faccia Dio no-stro Padre. Mentre il male, nelle sue diverse forme, rende infelice la nostra vita, destinata alla Geenna.Caro Alessandro, oggi sei a un tornan-te importante della tua vita di fede e nel tuo cammino verso il sacerdozio. Da oggi la formazione spirituale deve farsi piú intensa, con la vita di preghie-ra e liturgica che sarà anche arricchi-ta successivamente dai ministeri del lettorato e dell’accolitato, fino all’al-

tra definitiva decisione di ricevere l’Ordine sacro, nel diaconato prima e nel presbiterato poi. Da oggi ciò che studi, ciò che leg-gi, la formazione culturale deve guardare, oltre che alla tua conoscenza non superficiale, ma critica e con metodo, al ministero che ha come destinazione il popolo di Dio. Da oggi la tua formazione uma-

na dovrà verificare gli atteggiamenti, i gesti e le parole, per non scanda-lizzare le persone che incontreremo, soprattutto i bambini, i ragazzi e i gio-vani con cui farai un cammino come educatore e testimone. Da oggi la tua formazione pastorale dovrà valoriz-zare la conoscenza e la relazione con i presbiteri, i consacrati, i laici e con loro imparare a costruire una comu-nità, che potrà non avere piú il volto di una parrocchia, ma il volto di un’unità pastorale, dove saranno importanti le relazioni con gli altri presbiteri, la partecipazione attiva dei fedeli laici, il riconoscimento del valore della vita consacrata. Da oggi tutto va orienta-to e verificato nella tua formazione guardando a questa nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio, a questo popo-lo di Dio, di cui sei chiamato ad es-sere servo. Il Signore accompagni il tuo cammino, perché la tua risposta sia piena. Ti accompagniamo con la nostra preghiera e la nostra amicizia paterna e fraterna. ●

Lo scorso 30 settembre nella corni-ce della cappella del seminario arci-vescovile di Ferrara, , l’arcivescovo del capoluogo emiliano, mons. Gian Carlo Perego, celebrava il rito di ammissione al sacerdozio del nostro parrocchiano Alessandro Ortalli. Nel corso della ce-lebrazione, al quale ha assistito anche una delegazione della parrocchia, il presule ha pronunciato questa breve, ma intensa, omelia.

Nella vita del Seminario il rito di am-

missione di un candidato al ministero presbiterale è un momento impor-tante, perché segnala la ‘decisione’ di un cristiano a fare il tratto finale di un cammino di fede e di servizio al Signore e alla Chiesa. Oggi a farci vi-vere questo momento importante è Alessandro. La pagina del Vangelo di Marco, l’evangelista che ci accompagna in quest’anno liturgico, ricorda nel dia-logo tra l’apostolo Giovanni e Gesú un fatto: uno che non era discepolo

I nostri seminaristi

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A SANTA BAKHITA ÈTUTTA UNA SORPRESA

suor Maria Carla Frison

Se lo scorso 8 settembre la visita dei vescovi giunti a Roma per la Visita ad Limina e poi a Schio per incontrare santa Bakhita, ci ha coinvolto in molti, lasciandoci nel cuore il dono lumi-noso di «pazienza e amore» oggi, ri-guardando gli scatti successivi a quella data, ci troviamo nuovamente stupite per l’abbondanza di novità che la vita dei santi ci dona.Il vescovo di El Obeid, mons. Tombe Trille, assente a settembre, ha vissuto un giorno di ritiro con santa Bakhi-ta lo scorso 12 novembre. Alla sera, durante la cena, presente anche don Mariano, ci ha consegnato le gioie ed il dolore del suo popolo. La sua diocesi è grande come l’Italia, in alcune parti l’acqua non si trova, e persone di altra fede gli hanno chiesto di ringraziare il Santo Padre per avere santificato Ba-khita, la loro «grande madre» (nonna si può tradurre). Ci ha poi parlato di un monumento in Sudan che ricorda i missionari morti tra loro e commen-tò che, in qualche modo, s. Bakhita ha ritornato a noi la grazia evangelica causata da questo sacrificio, facendo gioire chi l’ha accolta tra noi per il sa-crificio vissuto in Africa dai loro stessi figli. Abbiamo chiesto al vescovo Trille di trasmettere anche agli altri vescovi

il testamento di Bakhita per il suo po-polo, che madre Teresa Formolo (ora a Casa Caritas) ha custodito per tutta la vita. Quando nel 1946 era in par-tenza per l’Africa, Bakhita le chiese di cercare il suo popolo e di annunciare loro che «Io sono di Dio e consacrata come te». Non piú schiava, dunque, ma di Dio, del creatore delle stelle e dei fiori che sa custodire e far vivere con immenso amore; consacrata, ov-vero libera di portare frutto per Dio stesso, di donargli figli che lo ricono-scono e lo amano in umiltà. Mons. Trille, in Italia per preparare il Congresso eucaristico internazionale che si celebrerà nel 2020 in Ungheria, ci ha donato due tazze segno delle celebrazioni che per i prossimi due anni in Sudan vogliono dire grazie al Signore per il ritorno di Bakhita a casa 25 anni fa, quando san Giovanni Pao-lo II ne portò le reliquie. Il Congresso presenterà madre Moretta con nuo-ve preghiere e canti… La sua ascesa nei cuori continua!Anche a questo vescovo abbiamo of-ferto il cammino spirituale dell’ultima camminata vissuta lo scorso 6 ot-tobre da Vicenza a Schio sul tema: «i giovani, la fede e il discernimento vocazionale» del recente sinodo dei

Alcuni eventi all’istituto canossiano vescovi svoltosi dal 3 -28 ottobre che ha visto tutti i fedelissimi devoti di Ba-khita sfidare previsioni di pioggia! Ma, come sempre, le prove hanno un loro premio; i segreti della felicità condivisi da Bakhita nelle soste oranti del cam-mino continuano ad essere scoperti nella vita grazie alla sua ricetta fatta di consigli discreti, umili e sapienti.Non possiamo non dirvi la gioia pro-vata il 27 ottobre per il saluto datoci da Agostino Sartori un giovane di Valli del Pasubio che davanti a santa Bakhita ha fatto sempre piú sua la decisione di donarsi tutto al Signore nella vita claustrale. È entrato nel mo-nastero dell’Assunta Incoronata tra i monaci di Betlemme dell’Assunzione di Maria Vergine a Montecorona in

provincia di Perugia. Stiamo pregando per le vocazioni ed ecco che fiorisco-no ancora; per lui è la nostra preghie-ra e unione nello Spirito.Santa Bakhita, il 18 ottobre, ci ha fatte giungere a Pordenone per presentarne le testimonianze durante la settimana del libro cattolico. Inevitabile lo stupo-re di chi la ricorda o la scopre tanto vicina proprio nella quotidianità che ci

incalza e deruba spesso della speranza. Tante forme di nuove schiavitú guar-dano a lei con gli occhi della Speranza, dono teologale che Benedetto XVI ha illustrato con la vita di Bakhita stessa nell’enciclica Spe salvi al n° 3, mentre papa Francesco, al n° 32 della Gaudete et Exsultate, vede in lei l’invito ad esse-re piú vivi e piú umani. A Pordenone, la testimonianza di chi si ispira a Bakhita per un servizio di recupero dalla stra-da ha reso ancor piú significativa la sua esperienza di libertà realizzata come dono di sé stessa a Dio.Non poche le richieste di una criti-ca sul recente libro Bakhita di Ve-ronique Olmi. Un romanzo riflette sempre l’autore e le esperienze del lettore presente. Pur con un linguag-gio brillante ed una forte empatia la Olmi ha reso bene la forza di Bakhita di fare scelte libere, non le ha però motivate con il suo amore per Gesú. Non ha compreso il senso pieno del-le espressioni di Bakhita riconoscenti a Dio ed alla Vergine per l’essere stata preservata da stupri. Ha interpretato il suo giungere a Schio dovuto al bi-sogno di staccarla dalla sua forma-trice, ignorando del tutto il ruolo di san Pio X che, nell’esaminarla in vista dei suoi Voti, ne aveva colto la sete di preghiera per porgere, in questo modo, aiuto al suo popolo. La pro-spettiva della Olmi riflette il disordi-ne emotivo contemporaneo ma non trova riscontro nella storia di Madre Moretta costellata da scelte continue di lasciar andare persone amate pur

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di non perdere il Signore, il suo Pa-ron. In effetti l’autrice non sa rende-re le ragioni della santità di Bakhita, pur avendo scosso con il romanzo la curiosità e le coscienze di molti che, in crescente numero, giungono dalla Francia per avvicinarla e conoscerla. È positivo che nel cuore di molti si sia aperto un varco dal quale si in-travvede una via che, se percorsa con la Madre Moretta da noi conosciuta, porterà certamente a nuovi orizzonti.Un docufilm su m. Luisa Arlotti non poteva lasciare indifferenti gli animi piú sensibili alla giustizia ed alle scelte eroiche di questa sorella canossiana che sembra essere stata allenata, fin dall’infanzia, alle sfide piú dure. Scel-

se il battesimo da giovane e, poco dopo, lasciò la famiglia dove una matrigna non la sentiva figlia. Nella vita reli-giosa si consegnò a Dio ed al prossimo con il coraggio di chi sa vincere perdendo per-ché crede che solo salvando gli altri si può vivere. Ha cu-rato dei giovani partigiani ed altri, ha chiesto di non giusti-ziare chi l’aveva tradita con la

forza di una madre che può chiedere tutto ai figli che ama. E fu esaudita da chi, dopo la guerra, da partigiano era diventato un’autorità civile. Al palazzo Toaldi Capra, lo scorso 11 novembre, per la prima volta abbiamo incontrato i familiari di madre Luisa stessa. Dall’autore Ugo De Grandis, ai figli dei «suoi ragazzi», tutti si senti-vano onorati per il coraggio, integrità di vita e testimonianza religiosa da lei vissuta con radicalità, pur nella soffe-renza del cuore che cercava la sintesi tra legge e Spirito. M. Luisa compre-se che la vita era il dono supremo per tutti, si prodigò per giovani che con venerazione la ricordano anco-ra. Consapevole dei rischi fu pronta a portare il peso di decisioni inedite per cui conobbe la prigionia e la pos-sibilità della fucilazione. Questo il mo-tivo per cui oggi è tra quegli eroi che possiamo chiamare anche «santi della porta accanto» sostenuti da quella «mistica sotterranea» che «nella not-te piú oscura fa nascere i piú grandi profeti e i santi». (Cfr : GE 7,8,32). ●

Marcia Bakhita

Verso Santomio di Malo

San Pietro Schio

Chiesa San Tommaso Ap. Santomio di Malo

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I gIOvANI cHIEDONOADULTI cREDIBILI

don Alberto Maschio

Solitamente nelle pagine dedicate all’oratorio abbia-mo sempre inserito tante belle foto per descrive-re le attività e raccontare dei tanti ragazzi e giovani coinvolti. È sicuramente un modo bello e simpatico per parlare della vivacità e le cose positive di un am-biente educativo.Per questa volta cambiamo modali-tà… vorrei presentarvi alcune consi-derazioni, alcune riflessioni.Punto di partenza: il sinodo sui gio-vani che da poco si è concluso.Ne abbiamo sentito parlare tanto in

fase di preparazione, ora è terminato e nascono molte domande: a cosa è servito? Che cosa ci dirà? Sicuramente ci sarà biso-gno di tempo: il documento finale è da leggere…Il rischio per tutti noi po-trebbe essere proprio questo: la nostra comunità

parrocchiale, il consiglio pastorale parrocchiale, gli animatori o i capi scout… troveremo il tempo per leg-gere questo documento? Troveremo il tempo per meditarlo, per riflettere e capire quale direzione prendere, quali scelte fare?

Oratorio salesiano

gRUPPO PASTORALE DI S. NIcOLÒ

Il gruppo pastorale di S. Nicolò è nato negli anni ‘80 sulla spinta dell’al-lora curato P. Ivo Benato (all’epoca la zona dei Cappuccini era un a curazia); negli anni ’90 è stato ri-valorizzato da P. Mario Molena ed ha poi continuato la sua attività fino ai giorni nostri, at-traversando anche la partenza degli ultimi frati nel 2013. Da 5 anni lavora con due nuove sfide da affrontare: il ruolo dei laici nella Chiesa, in prima linea anche nella gestione della co-munità, e l’integrazione all’interno del contesto più ampio della nostra par-rocchia di San Pietro, anche in vista dell’Unità Pastorale che si andrà for-mando nei prossimi anni.

Di cosa si occupa il Gruppo Pasto-rale? Gli obiettivi che alle origini il gruppo si dava erano:• L’amicizia in Cristo: dedicare del

tempo alla preghiera e alla rifles-sione sulla Parola con l’obiettivo di approfondire la nostra fede.

• L’unità della Comunità: fare da le-gante e coordinamento tra tutti i gruppi e le esperienze che vivono nella comunità, valorizzandoli e col-laborando con loro.

• Il collegamento con il Territorio.Questi punti sono ancora attuali. Negli ultimi anni se n’è aggiunto un quarto:L’apostolato comunitario e il nuovo ruolo dei laici attraverso l’accoglienza, l’ascolto, la condivisione e la celebra-zione.Il giorno 26 novembre ci siamo ri-trovati per una nuova partenza con tutto l’entusiasmo e la gioia che ci dà vedere quanta ricchezza continua ad esserci nella nostra comunità.Al nostro gruppo, formato fino ad allora da 12 persone, se ne sono aggiunte altre 8; con loro ora tutti i 15 gruppi presenti nella comunità sono rappresentati. Essi sono (oltre al Gruppo Pastorale stesso):• CARITÀ E SERVIZIO:

San Vincenzo, Gruppo “Marte”, Gruppo Giardino, Gruppo Sagra,

Associazione Casa della Fraternità.• SPIRITUALITÀ E LITURGIA:

O.F.S. (Ordine Francescano Seco-lare), Gruppo Ascolto della Paro-la, Gruppo Effatà / Celebrazione, Coro Cappuccini.

• FAMIGLIA E GIOVANI:Gruppo Battesimi, Gruppo Fami-glie, Gruppo Catechismo (3a, 4a e 5a elementare e 1a media), Grup-po Mistagogia (2a Media), Gruppo Giovanissimi.

I componenti attuali del gruppo sono: Don Mariano Ronconi, Al-ber to Cavion, Augusta Golo, Bar-bara Stella, Davide Borga, Fabio Garbin, Elisa Pizza, Eufrasia Za-netti, Francesca Ceretta, Franco Borga, Franco Cortiana, Franco Roncolato, Gianfranco Gonzato, Giorgio Dalle Molle, Katia Zuc-colin, Magda Zambon, Mascia Sel-mo, Michele Rampon, MicheleStefani, Mirella Costa. ●

Zona pastorale di san Nicolò

NEL POMERIGGIO CI SARANNO DUE MOMENTI SPECIALI

La comunità di San Nicolò dei Cappuccini di Schio ti invita

Il gruppo LA SETTIMA CORDA e coro Cappuccini

Presentazione del libro di DON BATTISTA BORSATO

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Ho trovato interessante l’ar ticolo intervista a don Michele Falabret-ti (direttore del Servizio nazionale pastorale giovanile della Cei) dove racconta i venticinque giorni di Si-nodo vissuti in prima persona. Ec-cone alcuni stralci: «Non è inutile tor-nare al punto di partenza: cosa fare per ritrovare il legame con i giovani. È la percezione di una fatica che cre-sce nella Chiesa a generare una vita di fede. Sicuramente il fatto di poter-ne parlare con persone provenienti da tutto il mondo, aiuta a placare le ansie. Non perché si possa evitare il problema, ma perché uno sguardo più ampio rivela la possibilità di trovare qualche strada. (…) Il Sinodo ha messo in evidenza il “pa-radosso pedagogico” a cui oggi assi-stiamo. Gli adulti di oggi, giovani fino a ieri, sono cresciuti con uno schema ben preciso: i grandi sanno, quindi di-cono ai piccoli cosa devono fare; chi cresce è sguarnito, chi è maturo è at-trezzato. Per la prima volta, nella sto-ria, l’azione educativa deve prendere atto che non è piú cosí: chi è giovane ha già a disposizione molte delle in-formazioni che l’adulto vorrebbe con-

segnare. Anzi: sono i piú giovani che spesso hanno in mano le chiavi per comprendere questo tempo e per in-terpretarlo. Gli adulti sono abbastan-za spiazzati. Facciamo un esempio: la rete che la tecnologia mette a disposi-zione e le conseguenze sul piano delle relazioni. Per esorcizzare l’incapacità a districarsi nella grande matassa di informazioni che viaggiano nel web, gli adulti spesso descrivono con toni apo-calittici i pericoli connessi alla naviga-zione in internet o all’uso dei social. Non vogliamo essere ingenui: ma sia-mo sicuri che siano i ragazzi quelli che ci cascano per primi? La vita sociale e politica, a cui assistiamo ci dice che è il contrario: sono gli adulti che fanno fatica a mantenere lucida la propria capacità critica. Ammesso che i gio-vani non ne abbiano (e mi pare che non sia così, ma che sappiano “abita-re” questo mondo con piú anticorpi di noi adulti), nella migliore delle ipotesi essi non faranno altro che replicare ciò che vedono negli adulti. Non c’è con-vegno sul bullismo che vada deserto: ma ci siamo mai chiesti se ha senso desiderare di vedere preadolescenti e adolescenti nei panni di miti santarel-

lini, quando il mondo degli adulti non sa più confrontarsi se non attraverso un linguaggio e gesti pieni di violenza?Non si tratta di spostare il problema: si tratta di prendere atto che non abbia-mo piú a che fare con generazioni di piccoli ingenui (tale io non ho paura a definirmi, se ripenso alla mia giovinez-za). Dunque, proprio perché diciamo che la fede è questione di senso della vita, a maggior ragione la Chiesa deve seriamente porsi il problema di come si presenta a questo tempo e alle per-sone che lo vivono. Proprio per questo nel Sinodo sono emerse questioni ur-genti che riguardano gli adulti: la loro credibilità in tema di fede e di vita, la gestione delle strutture ecclesiali e la capacità di mostrare che il potere nella Chiesa deve essere anzitutto un servizio, il ruolo della donna all’interno di essa, l’accoglienza delle fragilità e marginalità nella cura dei piú poveri. E soprattutto la disponibilità (prima ancora che la capacità) a farsi com-pagni di viaggio che sanno ascoltare le domande dei giovani prima di correre a offrire risposte».È proprio su questo terreno che la Chiesa, anche la nostra chiesa di Schio, si gioca la partita… iniziamo ad accettare che noi potremo seria-mente educare i giovani se saremo disponibili anche a lasciarci educare da loro. Uscendo dall’ecclesialese: se non sapremo trovare una forma di vita comunitaria piú credibile e in essa la possibilità di vivere esperien-ze più fraterne (dunque con uno sti-

le anche critico nei confronti di un mondo che va nella direzione di un individualismo esasperato), potreb-be davvero essere compromessa la consegna del Vangelo alle nuove generazioni. Non si tratta di tecni-che animative o di metodi cattivanti per radunare giovani. Si tratta di una vera e propria conversione a cui noi adulti siamo chiamati. In fondo è l’appello più radicale del Vangelo; lo è fin dalle sue origini.«Un pensiero, davvero, consola al ter-mine di questo Sinodo: non è davvero mai troppo tardi per poter riannodare i fili della vita con la presenza di Gesú nella storia. Le depressioni pasto-rali non sono ammesse: ricordano troppo un aratro lasciato a terra».«La depressione pastorale non è ammessa»… invece di fermarsi agli episodi descritti nella stampa locale che raccontano di baby gang, invece di lamentarsi che i giovani non ven-gono piú a messa, guardiamo ai tanti giovani che vivono con impegno la propria vita, nella scuola, nello sport, nel volontariato… diamo loro fidu-cia e proviamo ad intercettarli, ad accompagnarli e soprattutto faccia-moli toccare con mano la bellezza di una fede vissuta con gioia.Il Sinodo è terminato… ora la pal-la passa a noi, non facciamo finta di niente, accogliamo con responsabi-lità ed entusiasmo l’invito di essere credibili, magari vivendo con auten-ticità e verità questo periodo liturgi-co che è l’Avvento. ●

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LE NOSTRE DEBOLEzzE NON vI ScORAggINO, LE FRAgILITà E I PEccATI NON SIANO OSTAcOLOALLA vOSTRA FIDUcIALettera dei padri Sinodali ai giovani

L’episodio che abbiamo ascoltato è l’ultimo che l’evangelista Marco nar-ra del ministero itinerante di Gesú, il quale poco dopo entrerà a Gerusa-lemme per morire e risorgere. Bar-timeo è così l’ultimo a seguire Gesú lungo la via: da mendicante ai bordi della strada a Gerico, diventa disce-polo che va insieme agli altri verso Gerusalemme. Anche noi abbiamo camminato insieme, abbiamo “fatto sinodo” e ora questo Vangelo suggella tre passi fondamentali per il cammino

della fede. Anzitutto guardiamo a Bar-timeo: il suo nome significa “figlio di Timeo”. E il testo lo specifica: «il figlio di Timeo, Bartimeo» (Mc 10,46). Ma, mentre il Vangelo lo ribadisce, emerge un paradosso: il padre è assente. Bar-timeo giace solo lungo la strada, fuori casa e senza padre: non è amato, ma abbandonato. È cieco e non ha chi lo ascolti; e quando voleva parlare lo fa-cevano tacere. Gesú ascolta il suo gri-do. E quando lo incontra lo lascia par-lare. Non era difficile intuire che cosa

La parola dei Vescovi avrebbe chiesto Bartimeo: è evidente che un cieco voglia avere o riavere la vista. Ma Gesú non è sbrigativo, dà tempo all’ascolto. Ecco il primo pas-so per aiutare il cammino della fede: ascoltare. È l’apostolato dell’orecchio: ascoltare, prima di parlare.Al contrario, molti di quelli che sta-vano con Gesú rimproveravano Bar-timeo perché tacesse (cfr v. 48). Per questi discepoli il bisognoso era un disturbo sul cammino, un imprevisto nel programma prestabilito. Preferiva-no i loro tempi a quelli del Maestro, le loro parole all’ascolto degli altri: seguivano Gesú, ma avevano in men-te i loro progetti. È un rischio da cui guardarsi sempre. Per Gesú, invece, il grido di chi chiede aiuto non è un disturbo che intralcia il cammino, ma una domanda vitale. Quant’è impor-tante per noi ascoltare la vita! I figli del Padre celeste prestano ascolto ai fratelli: non alle chiacchiere inutili, ma ai bisogni del prossimo. Ascoltare con amore, con pazienza, come fa Dio con noi, con le nostre preghiere spes-so ripetitive. Dio non si stanca mai, gioisce sempre quando lo cerchiamo. Chiediamo anche noi la grazia di un cuore docile all’ascolto. Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scu-sateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie. Come Chiesa di Gesú desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama

i giovani; e che la vostra vita è prezio-sa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti.Dopo l’ascolto, un secondo passo per accompagnare il cammino di fede: far-si prossimi. Guardiamo Gesú, che non delega qualcuno della «molta folla» che lo seguiva, ma incontra Bartimeo di persona. Gli dice: «Che cosa vuoi che io faccia per te?» (v. 51). Che cosa vuoi: Gesú si immedesima in Barti-meo, non prescinde dalle sue attese; che io faccia: fare, non solo parlare; per te: non secondo idee prefissate per chiunque, ma per te, nella tua situa-zione. Ecco come fa Dio, coinvolgen-dosi in prima persona con un amore di predilezione per ciascuno. Nel suo modo di fare già passa il suo messag-gio: così la fede germoglia nella vita.La fede passa per la vita. Quando la fede si concentra puramente sulle formulazioni dottrinali, rischia di par-lare solo alla testa, senza toccare il cuore. E quando si concentra solo sul fare, rischia di diventare moralismo e di ridursi al sociale. La fede invece è vita: è vivere l’amore di Dio che ci ha cambiato l’esistenza. Non possiamo essere dottrinalisti o attivisti; siamo chiamati a portare avanti l’opera di Dio al modo di Dio, nella prossimità: stretti a Lui, in comunione tra noi, vici-ni ai fratelli. Prossimità: ecco il segreto per trasmettere il cuore della fede, non qualche aspetto secondario.Farsi prossimi è portare la novità di Dio nella vita del fratello, è l’antido-to contro la tentazione delle ricette

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pronte. Chiediamoci se siamo cristia-ni capaci di diventare prossimi, di usci-re dai nostri circoli per abbracciare quelli che “non sono dei nostri” e che Dio ardentemente cerca. C’è sempre quella tentazione che ricorre tante volte nella Scrittura: lavarsi le mani. È quello che fa la folla nel Vangelo di oggi, è quello che fece Caino con Abele, è quello che farà Pilato con Gesú: lavarsi le mani. Noi invece vo-gliamo imitare Gesú, e come lui spor-carci le mani. Egli, la via (cfr Gv 14,6), per Bartimeo si è fermato lungo la strada; Egli, la luce del mondo (cfr Gv 9,5), si è chinato su un cieco. Ricono-sciamo che il Signore si è sporcato le mani per ciascuno di noi, e guardando la croce ripartiamo da lì, dal ricordar-ci che Dio si è fatto mio prossimo nel peccato e nella morte. Si è fatto

mio prossimo: tutto comincia da lì. E quando per amore suo anche noi ci facciamo prossimi diventiamo porta-tori di vita nuova: non maestri di tutti, non esperti del sacro, ma testimoni dell’amore che salva.Testimoniare è il terzo passo. Guar-diamo i discepoli che chiamano Bar-timeo: non vanno da lui, che mendi-cava, con un’acquietante monetina o a dispensare consigli; vanno nel nome di Gesú. Infatti gli rivolgono solo tre parole, tutte di Gesú: «Coraggio! Al-zati. Ti chiama» (v. 49). Solo Gesú nel resto del Vangelo dice coraggio!, per-ché solo Lui risuscita il cuore. Solo Gesú nel Vangelo dice alzati, per risa-nare lo spirito e il corpo. Solo Gesú chiama, cambiando la vita di chi lo se-gue, rimettendo in piedi chi è a terra, portando la luce di Dio nelle tenebre

della vita. Tanti figli, tanti giovani, come Bartimeo cercano una luce nella vita. Cercano amore vero. E come Barti-meo, nonostante la molta gente, invo-ca solo Gesú, così anch’essi invocano vita, ma spesso trovano solo promes-se fasulle e pochi che si interessano davvero a loro.Non è cristiano aspettare che i fratelli in ricerca bussino alle nostre porte; dovremo andare da loro, non portan-do noi stessi, ma Gesú. Egli ci manda, come quei discepoli, a incoraggiare e rialzare nel suo nome. Ci manda a dire ad ognuno: “Dio ti chiede di la-sciarti amare da Lui”. Quante volte, invece di questo liberante messag-gio di salvezza, abbiamo portato noi stessi, le nostre “ricette”, le nostre “etichette” nella Chiesa! Quante vol-te, anziché fare nostre le parole del Signore, abbiamo spacciato per paro-la sua le nostre idee! Quante volte la gente sente più il peso delle nostre istituzioni che la presenza amica di Gesú! Allora passiamo per una ONG, per una organizzazione parastatale, non per la comunità dei salvati che vivono la gioia del Signore.

Ascoltare, farsi prossimi, testimonia-re. Il cammino di fede nel Vangelo termina in modo bello e sorpren-dente, con Gesú che dice: «Va’, la tua fede ti ha salvato» (v. 52). Eppu-re Bartimeo non ha fatto professio-ni di fede, non ha compiuto alcuna opera; ha solo chiesto pietà. Sentirsi bisognosi di salvezza è l’inizio della fede. È la via diretta per incontrare Gesú. La fede che ha salvato Barti-meo non stava nelle sue idee chiare su Dio, ma nel cercarlo, nel volerlo incontrare. La fede è questione di incontro, non di teoria. Nell’incon-tro Gesú passa, nell’incontro palpita il cuore della Chiesa. Allora non le nostre prediche, ma la testimonianza della nostra vita sarà efficace.E a tutti voi che avete partecipato a questo “camminare insieme”, dico grazie per la vostra testimonianza. Abbiamo lavorato in comunione e con franchezza, col desiderio di ser-vire Dio e il suo popolo. Il Signore benedica i nostri passi, perché possia-mo ascoltare i giovani, farci prossimi e testimoniare loro la gioia della nostra vita: Gesú. ●

Riprende con la prima domenica d’Avvento la proposta di solidarietà per i fratelli piú in difficoltà. Nelle chiese durante le sante messe sarà possibile donare al momento dell’offertorio generi alimentari a lunga conservazione e di prima necessità: olio, biscotti, tonno, ecc…È un modo con cui possiamo rendere migliore la nostra preparazione al Natale.

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UN’ESPERIENzA DA RIPETERENatale Montanari

Gli orientamenti diocesani circa le Unità Pastorali (UP) presentano, al n. 26, pag. 50, questa indicazione: «Al fine di favorire la qualità delle relazioni nelle UP si prevedano, in talune circo-stanze o una volta al mese, celebra-zioni comunitarie in un’unica chiesa». Ad un cammino di questo tipo ci ha sicuramente orientato la Settimana Eucaristica che abbiamo vissuto dal 15 al 20 ottobre. Ogni giorno una sola chiesa è stata il cuore liturgico della nostra parrocchia di San Pietro, offren-do, dal pomeriggio a tarda serata, due celebrazioni eucaristiche, ore di ado-razione guidata e silenziosa e ampia possibilità di accedere al confessionale. Ciascuna chiesa ha riservato ai fede-li un’accoglienza propria e singolare, modulata sul tema scelto per la ri-flessione e la preghiera: a San Nico-lò Gesú ci ha chiamato «amici», fa-cendoci conoscere il significato della Missione; le Madri Canossiane hanno sapientemente collaborato a far com-prendere la Chiamata alla santità; nella chiesetta dell’Incoronata la Famiglia è stata affidata all’intercessione della Madre che esorta a fare quello che il Figlio dirà; nella chiesa di Sant’Anto-nio abate siamo stati aiutati a riflettere sulla Comunità, realtà necessaria per-ché si possa procedere uniti e portare frutto, facendo sí che il frutto rimanga.

I Padri Salesiani hanno offerto sugge-rimenti concreti per vivere la missio-ne facendosi testimoni attivi per la vita degli altri, mettendosi a disposizione della volontà di Dio, in ogni ambiente, non trascurando l’opportunità di an-nunciare Cristo all’intelligenza di chi non lo conosce. Infine, a conclusione dell’intenso percorso, in Duomo si è celebrato Il giorno del Signore. La no-stra fede cristiana ci chiede coerenza per essere testimoniata, e ha bisogno anche di qualche argomento convin-cente per essere rafforzata. Per que-sto è stata utilissima la lettura della testimonianza di san Giustino, martire del II secolo, che ci descrive il giorno in cui i cristiani facevano la loro adu-nanza (la domenica), celebrando, già allora, la liturgia della parola, seguita dal discorso di esortazione e ammo-nimento da parte di un «preposto», e la liturgia eucaristica trinitaria (ringra-ziamento e lode al Padre nel nome del Figlio e dello Spirito Santo), segui-ta dalla distribuzione, a tutti i presenti, del pane, del vino e dell’acqua consa-crati, che agli assenti venivano portati dai diaconi. La presenza assidua dei nostri sacerdoti in queste giornate è stata, oltre che fondamentale, assai gradita e vissuta dai fedeli in modo festoso e partecipato, come meritava. Un’esperienza da ripetere. ●

Zona pastorale di sant’Antonio Sud-est

Due momenti di festa presso il quartiere Sud Est della nostra parrocchia in occasione della festa dei nonni nello scorso mese di ottobre

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ripercorre l’intera vita del padre mis-sionario scledense, nella sua totale dedizione alle popolazioni della sel-va. Ne esce un quadro che fa capire la straordinaria forza di quest’uomo dal fisico gracile, ma dall’animo tena-ce e mai domo. Il libro consente di conoscere un missionario e un uomo straordina-rio, che un giorno potrebbe diventa-re il secondo santo di Schio. Il volume non si trova in vendita nel-

le librerie perché non è un’operazio-ne commerciale: padre Bolla ha fatto dono della sua vita agli altri, così il libro che parla di lui non poteva che essere un dono. Della parrocchia di San Pietro a chi vuole conoscere la storia di quello che Pascual Chavez Villanueva, rettor maggiore salesiano e nono successore di don Bosco, ha definito «uno dei più grandi missio-nari di tutti i tempi della congrega-zione salesiana». ●

Ricordare la Prima guerra mondiale dopo cento anni, impone una revisio-ne storiografica che allarghi la visuale, dalla storia italiana a una storia più generale e più europea delle vicende del tempo.Gianpaolo Romanato, professore di storia presso l’Università di Padova, ci ha descritto un altro volto della Prima guerra mondiale, che non fu la «gran-de guerra», ma la «grande tragedia» dell’Italia e soprattutto dell’Europa. Oltre a provocare un’ecatombe di

morti, invalidi, mutilati e dispersi, que-sta guerra sancì di fatto il crollo della centralità dell’Europa, a cui subentrò l’egemonia americana, e mutò pro-fondamente la vita di tutti i Paesi del continente, vincitori e vinti, che usci-rono dal conflitto sconvolti su tutti i piani, da quello politico ed economi-co a quello spirituale e sociale.Contro questa guerra si era levata la voce del pontefice Benedetto XV che, appena eletto Papa nel 1914, parlò di «suicidio» dell’Europa e dopo aver ri-

YÁNKUAM’ PADREDEL POPOLO AcHUAR

Stefano Tomasoni

Trent’anni di mis-sione tra gli Shuar e gli Achuar nella selva dell’Ecua-dor, e altri tren-ta tra gli Achuar del Perú nell’Alta Amazzonia. Ses-sant’anni di vita dedicata agli ulti-mi, per portare il Vangelo a popo-

lazioni che fino ad allora avevano co-nosciuto e seguito leggi ben diverse da quelle di Dio.Padre Luigi Bolla, nato a Schio nel 1932, era partito a soli 21 anni per quella terra di missione che già da anni sognava, fin da quando, bam-bino, si era sentito chiamato a quel destino nella cappella dell’oratorio dei Sale-siani. Per sessant’anni è rimasto tra gli indigeni della selva, diventando per loro un punto di riferimento fondamen-tale, fino alla morte, nel 2013. Ora, a cinque anni dalla scomparsa, i Sa-lesiani di Schio hanno

voluto che fosse pubblicato nella versione italiana un prezioso libro biografico su padre Bolla, scritto lo scorso anno in spagnolo (ed edito in Perú) da padre Vincenzo Santilli, uno dei salesiani che furono più vicini e amici di Luigi, lo stesso che sta coor-dinando la ricerca documentatia per avviare il processo di canonizzazione di padre Bolla. Il libro, arricchito da un prezioso apparato fotografico e completato con nuovi contenuti, si intitola Yánkuam’ padre del popolo Achuar (Yánkuam’ era il nome con il quale padre Luigi era chiamato) e porta il marchio dell’Ispettoria Sale-siana Italia Nord Est.In venti capitoli snelli ma ricchi di testimonianza viva e diretta, padre Santilli parte dall’infanzia di Luigi, e

Segnalazione libraria

PAcE E gUERRA DOPOLA gRANDE gUERRAIncontro con gianpaolo Romanato

Maria Pia Cenci Boschetti

CENTRO DI CULTURA «CARD. ELIA DALLA COSTA»

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L’UOMO DEI SOgNIMistero per due voci e un violoncelloscritto e diretto da Luca Mauceri

di Maria Pia Cenci Boschetti

CENTRO DI CULTURA «CARD. ELIA DALLA COSTA»

4 ottobre: non c’era giorno migliore per mettere in scena al Teatro Civico uno spettacolo dedicato a san Fran-cesco, che per i suoi esempi di vita, la sua passione, il suo testamento spiri-tuale, così bene rappresenta il tema culturale di quest’anno «Kalòs kai Agathòs (Il bello e il buono), volano per la pace».

«L’uomo dei sogni», scritto diretto e interpretato da Luca Mauceri, è co-struito come una sacra rappresenta-zione che ripercorre le tappe piú im-portanti della vita del Santo di Assisi.L’autore ha immaginato di volta in vol-ta i dialoghi che Francesco ebbe con il padre, il Papa, il lupo, il lebbroso e tut-te le altre figure che incontrò lungo il suo cammino, interpretate dall’attore

Riccardo Leonelli; sul palco c’era an-che Donato Cedrone che ha fornito l’accompagnamento musicale con il violoncello. Luca Mauceri, che da anni percorre un personale sentiero di ri-cerca attraverso musica e teatro, ha messo in luce un personaggio carico di un’energia travolgente, capace di scatenare un messaggio d’amore che

sorprende per la sua semplicità, per l’essen-zialità e per la man-canza di compromessi.I temi centrali del pen-siero di san Francesco erano amore, rispetto, accoglienza, argomen-ti di grande attualità in una società contem-poranea che quoti-dianamente calpesta

la dignità umana e tesse una rete di relazioni virtuali e digitali dove la per-sona e la personalità scompaiono, si annullano.Con «L’uomo dei sogni» Luca Mau-ceri ci ha lanciato un messaggio posi-tivo sulla vita e la testimonianza di chi si dedica agli altri gratuitamente; ci ha lasciato degli interrogativi e un’occa-sione per riflettere. ●

volto alle potenze belligeranti accora-te proposte di pace, inascoltato, con-cluse il suo appello con l’espressione profetica «inutile strage».La guerra non terminò nel 1918, ma continuò dopo i trattati di pace del 1919, tra gli Stati successori, sotto forma di guerra civile in quasi tutta l’Europa. Crollarono le democrazie, si instaurarono regimi forti e dittatoriali,

come il fascismo in Italia, che si con-clusero vent’anni dopo con un’altra guerra, ancor più tragica e sanguinosa. Alla conferenza di Parigi che stipulò i vari Trattati di Pace con i Paesi vinti, si commisero degli errori fatali. John Keynes, grande economista britanni-co che sedeva al tavolo dei vincitori,

valutando la gravità delle sanzioni economiche inflit-te alla Germania e ai Paesi austro-ungarici, così impo-veriti e depressi, denunciò con espressioni di un’incre-dibile pesantezza, la distru-zione del cuore pulsante dell’Europa, da sempre frontiera del continente

verso est e verso sud.Secondo Francesco Saverio Nitti, allo-ra ministro del tesoro e poi Presidente del Consiglio, anche i problemi politici e territoriali erano gravi: gli Stati suc-cessori di minoranze tedesche, creati dal nulla al tavolo della conferenza di pace, a null’altro avrebbero aspirato se non a ricongiungersi con la Germania, causando perenni focolai di disordini e di discordie in Europa. La Prima guerra mondiale segnò anche il disfacimento dei grandi imperi, tra cui l’Impero ot-tomano, da secoli multietnico e multi-religioso, che teneva sotto il suo con-trollo tutto l’attuale Medio Oriente. Dalla nascita dei vari nazionalismi arabi e sionisti, derivò la «questione medio-rientale» che tanto ha inciso e conti-nua ad incidere, non soltanto per la vi-cenda israeliana, nella storia successiva.Per tutti questi motivi esposti dal rela-tore, noi oggi dobbiamo considerare con uno sguardo meno nazionalistico, meno enfatico e piú attento al futu-ro la Prima guerra mondiale, che fu la «grande tragedia» che ha distrutto un mondo e non ne ha ricostruito un altro. ●

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SETTE STAgIONI, UNO zAINO E TANTA PROvvIDENzA, cOSì HO ATTRAvERSATO L’EUROPAUn itinerario di Fede attraverso l’EuropaA partire dal prossimo 8 dicembre e per tutto il tempo di Natale il sottocoro del Duomo ospiterà una mostra un po’ particolare. Si tratta di una serie di immagini fotografiche che segnano le tappe del pellegri-naggio di Francisco Sancho, spagno-lo di origine e vicentino d’adozione, che ha fatto del pellegrinaggio la sua espressione di vita cristiana. L’8 set-tembre 2015, in compagnia del suo fedele zaino, e sempre con il cuore colmo di fede è partito da Czesto-chowa con il sogno di unire tre fra i

più importanti luoghi di pellegrinag-gio del Medioevo: Roma, Santiago de Compostela e Trondheim in Norvegia.L’itinerario si è sviluppato per 13.000 Km e ha collegato trentacinque vec-chie vie di fede, da Czestochowa a Roma, da Roma a Santiago, da San-tiago a Frederickshavn e da Frede-rickshavn a Vicenza. Le mete raggiun-te in questo pellegrinaggio – che ha consumato cinque paia di scarpe – sono state più di 400.Il protagonista, in un recente incontro

a Schio, ha dichiarato: «L’altro cam-mino che ora intendo percorrere è un cammino di pura condivisione, portando i miei scatti più significativi in questa mostra itinerante, al solo scopo di trasmettere, o di cercare di farlo, tutto quello che di buono questa profonda esperienza mi ha portato in dono». Ha poi aggiunto: «Se anche un solo visitatore, dopo aver trascorso un po’ di tempo a cu-riosare fra le mie emozioni, sentirà nascere il desiderio di mettersi a sua volta in cammino, in cuor mio potrò dire di aver messo il seme che potrà sbocciare in ognuno, percorrendo piccoli o più importanti pellegrinaggi, con letizia e semplicità di cuore». ●

L’ingresso alla mostra è libero

Anche quest’anno lanciamo l’iniziativa «Il mio presepe». Proponiamo a tut-ti coloro che si sono impegnati a fare il presepe nella propria casa di par-tecipare.Che cosa bisogna fare? È molto semplice.Fotografare il presepe (meglio se con una macchina digitale e con una foto ad alta risoluzione), inserire la fotografia nel computer e inviarla all’indirizzo [email protected] assieme al proprio nome e cognome, indicando come oggetto «Il mio presepio». Le fotografie pervenute saran-no esposte in Duomo e pubblicate su un’apposita pagina nel sito vicariale www.vicariatoschio.it.

A tutti i partecipanti sarà consegnato un piccolo, ma significativo «segno di riconoscimento» durante la celebrazione della S. Messa in Duomo, alle ore 11 di domenica 13 gennaio 2019.Ricordate: perché la partecipazione sia valida occorre che la foto-grafia giunga non oltre il giorno dell’Epifania, domenica 6 gennaio 2019. Che ne dite? Forza allora, al lavoro…

Una proposta nuova per Natale

Il mio presepe

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DICEMBRE 2018

Domenica 2 I domenica d’Avvento: inizia l’anno liturgico.Ciclo delle letture nei giorni festivi: san Luca.

Lunedí 3 Alle ore 20.30 a palazzo Boschetti consiglio pastorale parrocchiale.

Giovedí 6 Memoria di san Nicola, vescovo: Solennità del titolare della chiesadi San Nicolò.

Venerdí 7 A Sant’Antonio abate giornata di adorazione eucaristica e preghieraper le vocazioni.

Sabato 8 Solennità dell’immacolata concezione della beata Vergine Maria.Festa dell’adesione dell’Azione cattolica.

Domenica 9 II domenica d’Avvento: a San Giacomo ore 17 “concerto di Natale”della Schola Cantorum «Santa Cecilia».

Mercoledí 12: All’Oratorio salesiano alle ore 17 corona d’Avvento.

Sabato 15: Alle ore 15.30 a palazzo Boschetti catechesi di Avvento aperta a tutti, organizzata dall’OFS, con padre Massimo Tedoldi.

Domenica 16 III domenica d’Avvento (domenica Gaudete) alle sante Messe benedizionedelle statuine del Bambin Gesú. Inizia la novena di Natale.

Martedí 18 Alle 20.30 a Sant’Antonio abate celebrazione comunitaria della Riconciliazione.

Domenica 23 IV domenica d’Avvento.

Lunedí 24 All’Oratorio salesiano alle ore 21: veglia e santa messa.In Duomo alle ore 22.30: veglia, benedizione del presepio, kalenda e santa messa. A San Nicolò alle ore 24: veglia e santa messa di Natale.

APPUNTAMENTI DEL MESEConcerto santa Cecilia

Domenica 18 ottobre in Duomo si è svolto il tradizionale concerto in onore di santa Cecilia, patrona della musica sacra, organizzato dalla nostra Schola cantorum «Santa Cecilia» e giunto alla XXVII edizione. La Schola, diretta da Luciana Silvestri, si è alternata con il coro femminile Volinvoce di Pieve di Cadore, diretto da Gabriella Genova, nell’esecuzione di un repertorio che ha spaziato dalla polifonia classica a quella contemporanea.La Schola cantorum ora dà appuntamento per il concerto di Natale del prossimo 9 dicembre a San Giacomo.

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Bollettino di San Pietro

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Bollettino di San Pietro dicembre 2018 - gennaio 2019 dicembre 2018 - gennaio 2019

Martedí 25 Solennità del Natale del Signore. In Duomo alle ore 11 messa solenne.

Mercoledí 26 Festa di Santo Stefano, sante messe ore 8.30 a Sant’Antonio,alle ore 10 a San Nicolò e alle ore 11 a San Giacomo.

Giovedí 27 Festa di san Giovanni evangelista. Dopo la messa delle 8, a San Giacomo,recita del Rosario da parte dell’associazione del rosario perpetuo.

Domenica 30 Festa della santa famiglia di Gesú, Maria e Giuseppe: solennità del titolodella chiesa delle Canossiane.

Lunedí 31 Ultimo giorno dell’anno civile sante messe e canto del Te Deumalle ore 8 a San Giacomo, alle ore 17 a San Nicolò e alle ore 18 a Sant’Antonio.

GENNAIO 2019

Martedí 1 Solennità di Maria santissima madre di Dio.Inizia l’anno civile: buon anno! 52a Giornata mondiale della pace.In Duomo a fine messa delle 11 canto del Veni Creator.

Mercoledí 2 alle ore 20.30 santa messa a San Nicolò.

Venerdí 4 A Sant’Antonio abate giornata di adorazione eucaristica e preghieraper le vocazioni.

Sabato 5 Al Sacro Cuore riunione dei consigli pastorali di San Pietroe dell’unità pastorale Schio Ovest.

Domenica 6 Solennità dell’Epifania di nostro Signore.199° anniversario della dedicazione del Duomo (1820). In Duomo ore 11 benedizione dei bambini. Giornata dell’infanzia missionaria.

Mercoledí 9 A San Nicolò alle ore 20.15 incontro di preghiera (OFS), e alle ore 20.30 santa messa. Incontro degli adulti di AC alle ore 20.30 presso palazzo Boschetti.

Giovedí 10 Alle ore 20.30 a San Nicolò ascolto della Parola.

Domenica 13 Festa del Battesimo del Signore in Duomo ore 11 celebrazione del battesimo comunitario. Finisce il tempo di Natale. Premiazione del concorso «il mio presepio».Primo incontro di “SOC – Corso per fidanzati”.

Lunedí 14 Alle ore 20.30 a Palazzo Boschetti: consiglio pastorale parrocchiale.

Mercoledí 16 Alle ore 20.30 a San Nicolò santa messa.

Giovedí 17 Memoria di sant’Antonio abate: solennità del titolare di Sant’Antonio abate. Alle ore 20.45 a San Nicolò: Effatà. Primo incontro con i ministri straordinari dell’Eucaristia.

Venerdí 18 Inizia la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Domenica 20 Giornata diocesana del seminario. A Sant’Antonio abate: veglia di preghiera per l’unità dei cristiani. Secondo incontro “SOC – Corso per fidanzati”.

Mercoledí 23 Alle ore 20.30 a San Nicolò: santa messa

Giovedí 24 Alle ore 20.30 a San Nicolò: ascolto della parola.

Venerdí 25 Festa della conversione di san Paolo.Si conclude la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Domenica 27 60a giornata dei malati di lebbra.Terzo incontro “SOC – Corso per fidanzati”.

Mercoledí 30 Alle ore 20.30 a San Nicolò: santa messa.

Giovedí 31 Memoria di san Giovanni Bosc. Dopo la messa delle 8, nella chiesadi San Giacomo, recita del Rosario da parte dell’Associazione del rosario perpetuo. All’Oratorio salesiano ore 18.30: messa al Palazzetto. Alle ore 20.30 a San Nicolò: ascolto della Parola.

Bollettino di San Pietro

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dicembre 2018 - gennaio 2019

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RINATI NEL BATTESIMO31. Luca Edoardo Perca di Claudiu e Adriana Perca (6 ottobre)32. Elisabeth-Aurora Eva di Pavel Felix e Mirela-Roxana Eva (13 ottobre)33. Enrico Sartori di Riccardo e Francesca Cavion (28 ottobre)34. Matilde Bonato di Alessandro e Rita Todeschini (28 ottobre)35. Federico Toniato di Alessandro e Laura Tieso (28 ottobre)36. Giovanni Sortino di Alberto e Valentina Palessa (28 ottobre)37. Nives Raumer di Enrico e di Ilaria Montagnoli (28 ottobre)

UNITI NEL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO11. Riccardo Battistella e Federica De Vivo (29 settembre)

RITORNATI AL PADRE45. Antonio Sella (1936), coniugato46. Antonio Rosponi (1928), coniugato47. Rosa Anna Bettio (1921), vedova48. Pierina Restello (1928), vedova49. Marcella Guerra (1925), vedova50. Enrico Ferasin (1940), celibe51. Antonio Saggin (1928), coniugato

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